In
questi giorni di fine 2012 le grandi banche internazionali, soprattutto
quelle europee, sembrano infastidite. Si lamentano dei controlli più
attenti, ma da loro ritenuti troppo invadenti, da parte degli organi di
vigilanza.
L’ultimo
caso riguarda l’UBS, la più grande banca svizzera, che ha accettato di
patteggiare e di pagare oltre un miliardo e mezzo di dollari di multa
per chiudere il caso dello scandalo-truffa del Libor!
In
merito si ricordi che alcuni mesi fa, la SEC, la lenta e burocratica
agenzia di controllo americana, e l’inglese British Financial Service
Authority denunciarono una ventina di banche internazionali per aver
manipolato il famoso London Interbank Offered Rate (Libor), cioè il
tasso che stabilisce la base per definire tutti gli altri tassi di
interesse applicati sui mercati finanziari. Erano quelle del cosiddetto
cartello delle “too big to fail”: le inglesi Barclays, HSBC, Royal Bank
of Scotland, la Deutsche Bank tedesca e le americane, JP Morgan,
Citigroup e Bank of America.
Dal
2005 al 2007 le banche in questione avevano gonfiato i loro dati per
far salire il Libor e incassare sui tassi alti. Dopo lo scoppio della
crisi hanno invece giocato i loro dati al ribasso per mascherare le
proprie difficoltà e abbassare il costo dei prestiti di cui avevano
bisogno per sopravvivere. Hanno quindi semplicemente fornito
informazioni fasulle a proprio profitto.
Sei
mesi fa, la Barclays, ritenuta una delle capofila di tale “frode
organizzata”, ha pagato 450 milioni di dollari di multa per chiudere la
faccenda. Adesso è toccato all’UBS.
Di
primo acchito le multe sembrano molto salate. In realtà, per tali
banche sono solo dei fastidiosi esborsi, a fronte degli enormi profitti
incassati negli anni della “grande truffa”.
Si
stima infatti che circa 800 trilioni di dollari di prodotti finanziari,
a cominciare dai derivati Otc, siano legati all’andamento del Libor.
Perciò la sola manipolazione di uno 0,01% equivale mediamente a 80
miliardi di dollari all’anno di profitti da spartire tra i grandi
operatori finanziari.
Inoltre,
come sappiamo dai dati della Banca dei Regolamenti Internazionali di
Basilea e dell’Office of the Comptroller of the Currency (Occ)
americano, sono state, e lo sono tuttora, sempre le stesse banche
indagate per la truffa del Libor a controllare la quasi totalità delle
operazioni finanziarie globali.
Vi
sono poi le indagini nei confronti della Deutsche Bank, i cui uffici
sono stati “visitati” per ben due volte in pochi giorni dagli
investigatori delle polizia tedesca che ha sequestrato montagne di
documenti.
Uno
degli scandali-truffa riguarda una evasione fiscale per circa 300
milioni di euro frutto del commercio dei certificati CO2 nei mesi a
cavallo del 2009-10. Uno schema tristemente noto anche in Italia, su cui
sarebbe doveroso indagare.
Per
l’intera Europa l’Europol stima una truffa ed una evasione fiscale
legata ai certificati CO2 per oltre 5 miliardi di euro! Oramai si
specula e si truffa anche sull’aria che respiriamo!
A
seguito di accordi internazionali e dei tanti movimenti e dibattiti
sulle questioni ambientali e climatiche, l’UE ha stabilito un “Emissions
Trading System” che assegna un tetto di emissione di anidride carbonica
ad ogni impresa e ad ogni impianto di produzione di energia. In pratica
si è creato un mercato per acquistare certificati-permessi per maggiori
emissioni e per vendere eventuali surplus. Su ciò si è innestato anche
un mercato di derivati.
I
casi della Barclays, dell’UBS, della Deutsche Bank, così come quello
precedente dell’inglese HSBC coinvolta anche nel riciclaggio dei soldi
della droga tra Messico e Stati Uniti, sembrano assegnare un ruolo
centrale nel malaffare alle banche europee. Ma in realtà sappiamo quanto
pesantemente siano state coinvolte le maggiori banche americane nelle
truffe dei mutui sub prime e dei prodotti finanziari strutturati.
Tutte
queste banche continuano a giocare sul ricatto di essere “too big to
fail” per sottrarsi alle indagini ed a ogni forma di regolamentazione.
Le frodi venute alla luce provano che il loro comportamento, già
responsabile della crisi finanziaria ed economica globale, non è
minimamente cambiato.
In
relazione a ciò ed al progressivo peggioramento della situazione
economica e finanziaria delle economie degli Usa e dell’Europa saranno
determinanti le decisioni che il rieletto presidente Obama prenderà
entro i prossimi mesi.
Se,
con l’indispensabile collaborazione dell’UE, saprà operare con la
stessa determinazione di Franklin Delano Roosevelt del 1933 nel mezzo
della Grande Depressione allora potremo costruire la necessaria riforma
della finanza e dell’economia e rimettere in moto la ripresa del sistema
produttivo.
Se
invece il presidente americano sarà tenuto sotto scacco dalle lobby di
Wall Street e dei vari “gattopardi”, come è avvenuto nel suo primo
mandato, allora dovremo essere consapevoli che una seconda e più
violenta crisi sistemica potrà verificarsi.
Di questo ovviamente dovranno preoccuparsi anche il prossimo governo e le autorità europee.
di Mario Lettieri e Paolo Raimondi
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