28 luglio 2006

Il racket della guerra


DI SMEDLEY BUTLER (1881-1940)
(Maggior Generale - Corpo della Marina degli Stati Uniti)

La GUERRA è un racket. Lo è sempre stato.

Forse il più vecchio, facilmente il più profittevole, sicuramente il più crudele. L'unico ad essere internazionale nel suo scopo. L'unico in cui i profitti vengono stimati in dollari e le perdite in vite umane.

Un racket è meglio descritto, ritengo, come qualcosa che non è ciò che sembra alla maggioranza delle persone. Solo un piccolo gruppo "interno" sa di cosa si tratta. Viene condotto per il beneficio di pochi, a spese di molti. Da una guerra, poche persone traggono delle grandi fortune.

Nella Prima Guerra Mondiale, fu solo una piccola manciata di individui a trarre dei profitti da questo conflitto. Durante questo periodo nacquero negli Stati Uniti circa 21.000 nuovi milionari e miliardari. Molti di questi presentarono i loro guadagni colossali nella dichiarazione dei redditi. Quanti siano gli altri milionari arricchiti dalla guerra che falsificarono la loro dichiarazione, nessuno lo sa.

Quanti tra questi milionari avevano portato un fucile sulle spalle? Quanti tra loro hanno mai scavato una trincea? Quanti tra loro sapevano che cosa significava sentire i morsi della fame in un rifugio sotterraneo infestato dai topi? Quanti tra loro hanno passato delle notti intere senza dormire, nel terrore, abbassando la testa ogni volta per ripararsi dagli esplosivi, dalle raffiche dei mitra e delle mitragliatrici? Quanti tra loro sono riusciti a schivare la lama della baionetta di un nemico? Quanti tra loro sono rimasti feriti o uccisi in battaglia?

In una guerra, le nazioni si impossessano di un nuovo territorio, se tornano vittoriose. Tutto qui: se lo prendono. Questo nuovo territorio conquistato sarà allora immediatamente sfruttato da quei pochi - la stessa piccola manciata di individui che spremono tutti i soldi che possono da una guerra. E tutto il grande pubblico si porta sulle spalle il conto.

E il conto qual'è?

Questo conto si traduce in un orribile rendiconto. Tante nuove lapidi. Corpi dilaniati. Menti distrutte. Cuori e case distrutti. Instabilità economica. Depressione e tutte le miserie che ne conseguono. Imposte massacranti per generazioni e generazioni.

Per un bel po' di anni, come soldato, avevo il sospetto che la guerra fosse un racket; ma fu solo quando ritornai alla vita civile che me ne resi pienamente conto. Ora, vedendo avvicinarsi le nuvole di una nuova guerra internazionale, è bene affrontare la questione.

Hanno di nuovo scelto di formare degli schieramenti. La Francia e la Russia si sono accordate per stare fianco a fianco. L'Italia e l'Austria si sono affrettate nel concludere un accordo analogo. La Polonia e la Germania si sono fatte gli occhi dolci, dimenticandosi per l'occasione [un'occasione unica] della disputa sul Corridoio Polacco.

L'assassinio del re Alessandro di Jugoslavia ha complicato i problemi. La Jugoslavia e l'Ungheria, da tempo acerrime nemiche, stavano per saltarsi alla gola. E l'Italia pronta per intromettersi. Ma la Francia stava aspettando. E così la Cecoslovacchia. Tutti pronti per cominciare una guerra. Non i popoli - non quelli che combattono, pagano e muoiono - ma solo quelli che fomentano le guerre e poi se ne stanno comodi in casa facendo profitti.

Oggi ci sono 40 milioni di uomini sotto le armi, e i nostri statisti e diplomatici hanno pure il coraggio di dire che non si sta attuando nessuna guerra.

Siamo impazziti? E questi 40 milioni di uomi allora che cosa fanno? Si stanno addestrando per fare i ballerini?

Certo non in Italia. Il premier Mussolini lo sa benissimo per che cosa si stanno addestrando. Lui, almeno, è abbastanza franco da dirlo. Solo l'altro giorno, il Duce, ne "Conciliazione Internazionale", una pubblicazione del Carnegie Endowment for International Peace [Donazione Carnegie per la Pace Internazionale, ndt], ha detto:

"E soprattutto il Fascismo, che considera e osserva il futuro e lo sviluppo dell'umanità non legato alle considerazioni politiche del momento, non crede né alla possibilità né tanto meno all'utilità di una pace perpetua... Solo la guerra può portare al massimo della sua tensione l'umana energia, e lasciare il segno della nobiltà sui popoli che hanno il coraggio di abbracciarla".

Herr Hitler, con il suo riarmo della Germania e le sue continue richieste per sempre più armi, è un'altra grande minaccia per la pace. E la Francia proprio recentemente ha aumentato la durata del servizio militare per la sua gioventù da un anno a diciotto mesi.

Sì, dappertutto, le nazioni stanno preparando le loro armate. Le ostilità in Europa sono ormai a briglia sciolta. Ad oriente gli armamenti vengono organizzati più abilmente. Nel 1904, quando combattevano Russia e Giappone, siamo riusciti ad espellere la Russia appoggiando i giapponesi. Poi i nostri banchieri internazionali così generosi finanziarono il Giappone. Ora invece la propensione è quella di avere il dente avvelenato nei loro confronti. Che cosa significa per noi la politica delle "porte aperte" alla Cina? Il nostro commercio con la Cina è di circa 90 milioni di dollari all'anno. E le isole delle Filippine? Abbiamo speso circa 600 milioni di dollari nelle Filippine in 35 anni, e ora abbiamo da quelle parti (i nostri banchieri, industriali e speculatori) degli investimenti privati per poco meno di 200 milioni di dollari. Poi, per proteggere questo commerciodi $90.000.000 con la Cina o quello degli investimenti privati nelle Filippine di quasi $200.000.000, conciteranno nuovamente le masse portandole a odiare il Giappone e a muovergli guerra - una guerra che potrebbe benissimo costarci decine di milardi di dollari, centinaia di migliaia di vite americane, e altre centinaia di migliaia di uomini fisicamente e mentalmente menomati, irreparabilmente a pezzi.

Naturalmente, per questa perdita ci sarebbe un profitto che compensa - qualcuno accumulerebbe delle grandi fortune. Milioni e miliardi di dollari a formare delle montagne. Per pochi. Per i trafficanti d'armi. Per i banchieri. Per i costruttori di navi. Per i produttori. Per l'industria della carne in scatola. Per gli speculatori. Loro ci mangerebbero sopra per bene.

È così, si stanno preparando per un'altra guerra. Perché non dovrebbero? Otterrebbero degli alti dividendi.

Ma che profitto rende agli uomini che vengono uccisi? Che profitto rende alle loro madri e alle loro sorelle, alle loro mogli e a chi li ama? Che profitto rende ai loro bambini?

Chi mai ne trarrà dei profitti se non che quello sparuto gruppo di persone per cui la guerra significa solo un enorme profitto?

Proprio così. E che profitto ne otterrà la nazione?

Prendiamo il nostro caso. Fino al 1898 non possedevamo nessun territorio al di fuori della terraferma nordamericana. A quel tempo il nostro debito nazionale era poco più di un miliardo di dollari. Poi siamo diventati "internazionalmente aperti". Abbiamo dimenticato, o messo da parte, il consiglio del Padre del nostro paese. George Washington ci aveva messi in guardia sulle "alleanze imbriglianti". Siamo andati in guerra. Abbiamo acquisito dei territori esterni. Alla fine della Guerra Mondiale, come risultato diretto dei nostri giochetti con gli affari internazionali, il nostro debito nazionale aveva raggiunto i 25 miliardi di dollari. La bilancia commerciale positiva durante il periodo di 25 anni ammontava a 24 miliardi di dollari. Quindi, su una semplice base contabile, siamo pure tornati un po' indietro, anno dopo anno, e il commercio con l'estero poteva tornarci molto utile pure senza le guerre.

Sarebbe stato molto più economico (e più sicuro), per lo statunitense medio che paga le bollette, starsene fuori da queste alleanze. Per una minoranza, questo racket, nella fattispecie il contrabbando e il racket della malavita, portano grossi profitti, ma il costo delle operazioni viene sempre trasferito al popolo - che di profitto non ne trae nemmeno un po'.
Non sono così idiota da pensare che la guerra sia una cosa del passato. So che il popolo la guerra non la vuole, ma non ha senso pensare che non potremo essere trasportati in un'altra guerra.

Guardando indietro, Woodrow Wilson venne rieletto presidente nel 1916 basando la campagna sul fatto che "ci aveva tenuti fuori dalla guerra", e sulla promessa implicita che avrebbe continuato a tenercene fuori. Poi chiese al Congresso, solo 5 mesi dopo la sua elezione, di dichiarare guerra alla Germania.

In questo arco di cinque mesi non venne chiesto al popolo se per caso avesse cambiato idea sulla guerra. Ai 4 milioni di giovani uomini che indossarono le uniformi e marciarono o salparono oltreoceano non si chiese se intendevano andare avanti, incontrando sofferenza e morte.

Allora che cosa fece cambiare così improvvisamente idea al nostro governo?

Il denaro.

Una commissione di alleati, qualcuno ricorderà, si incontrò con noi poco prima della dichiarazione di guerra e fece visita al presidente. Il presidente convocò un gruppo di consiglieri. Il capo della commissione parlò. Spoglio da ogni formalità diplomatica, questo è quanto il presidente e il suo gruppo si sentirono dire:

"È inutile che continuiamo a farci delle illusioni. La causa degli alleati è persa. Ora vi dobbiamo [a voi banchieri, fabbricanti d'armi, produttori, speculatori, esportatori degli Stati Uniti] 5 o 6 miliardi di dollari.

Se perdiamo (e senza l'aiuto degli Stati Uniti perderemo) noi, l'Inghilterra, la Francia e l'Italia, non potremo ripagarvi questo denaro... e il debito non ce lo estinguerà certo la Germania.

Quindi..."

Se il mantenimento del segreto fosse stato illegale, durante queste negoziazioni, e se la stampa fosse stata invitata ad essere presente durante la conferenza, o se la radio avesse trasmesso questi discorsi, gli Stati Uniti non sarebbero mai entrati nella Guerra Mondiale. Ma questa conferenza, come tutte le discussioni di guerra, si tenne nella più massima segretezza. Quando i nostri ragazzi vennero mandati al fronte, venne detto che "era per creare un mondo più sicuro e più democratico" e che era la "guerra per chiudere tutte le guerre".

A distanza di diciotto anni, il mondo è meno democratico di quanto lo fosse prima. Ma poi, cosa dovrebbe interessare a noi se la Russia o la Germania o la Francia o l'Italia o l'Austria vivono sotto un regime democratico o monarchico? Se sono paesi fascisti o comunisti? Il nostro compito è quella di preservare la democrazia nel nostro paese.

E poco è stato fatto, se non nulla, per garantirci che la Guerra Mondiale sarebbe stata davvero la guerra per chiudere tutte le guerre.

Sì, abbiamo avuto le conferenze sul disarmo e sull'uso limitato delle armi. Non significano nulla. Una è stata fallimentare: un'altra ha dato risultati che sono stati vanificati. Spediamo i nostri soldati e i nostri marinai professionisti e i nostri politici e i nostri diplomatici a queste conferenze. E cosa succede?

Questi soldati e marinai professionisti non vogliono il disarmo. Nessun ammiraglio vuole essere senza la sua nave. Nessun generale vuole essere senza comando. Entrambi significano uomini senza lavoro. Loro non sono per il disarmo. Non possono essere a favore dell'uso limitato delle armi. E a tutte queste conferenze, distanti dalla scena principale ma provvisti di grande potere, troviamo i sinistri agenti di coloro che traggono profitti dalla guerra. Che sanno bene che queste conferenze non contribuiranno al disarmo e non limiteranno seriamente gli armamenti.

Lo scopo principale delle persone di potere, a qualunque di queste conferenze, non è stato quello di ottenere il disarmo, o di prevenire una guerra, ma piuttosto di avere più armi per loro e meno per ogni loro avversario.

Esiste una sola strada realmente praticabile per ottenere il disarmo. Consiste in una coalizione di tutte le nazioni in cui ognuna di esse demolisca tutte le navi, tutte le armi da fuoco, tutti i fucili, tutti i carri armati, e tutti i piani di guerra. E anche così, se mai succedesse, non sarebbe sufficiente.

La prossima guerra, secondo gli esperti, sarà combattuta non con delle corazzate, non dall'artiglieria, non con dei fucili e non con delle mitragliatrici. Sarà combattuta con gas e sostanze chimiche mortali.

Di nascosto, ogni nazione sta studiando e perfezionando metodi sempre più letali per annientare tutti i suoi avversari. Sì, si continuerà a costruire le navi, perché i costruttori non vogliono smettere di guadagnare. E si continueranno a produrre anche le armi da fuoco, e gli esplosivi, e i fucili, perché anche i fabbricanti di munizioni non vogliono smettere di guadagnare. E i soldati, naturalmente, devono indossare le uniformi, visto che nemmeno i fabbricanti di uniformi vogliono privarsi dei loro profitti di guerra.

Ma la vittoria e la sconfitta sarà ormai determinata dalla preparazione e dall'ingenuità dei nostri scienziati.

Se li mettiamo al lavoro facendoli inventare nuovi gas velenosi e nuovi diabolici strumenti meccanici e distruttivi esplosivi, non avranno più tempo per un lavoro costruttivo, per garantire maggiore prosperità a tutta la popolazione. Con un lavoro costruttivo, tutti noi potremmo ottenere dei guadagni in nome della pace e fuori dalla guerra - pure i fabbricanti d'armi.

Quindi... vi dico, AL DIAVOLO LA GUERRA.

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28 luglio 2006

Il racket della guerra


DI SMEDLEY BUTLER (1881-1940)
(Maggior Generale - Corpo della Marina degli Stati Uniti)

La GUERRA è un racket. Lo è sempre stato.

Forse il più vecchio, facilmente il più profittevole, sicuramente il più crudele. L'unico ad essere internazionale nel suo scopo. L'unico in cui i profitti vengono stimati in dollari e le perdite in vite umane.

Un racket è meglio descritto, ritengo, come qualcosa che non è ciò che sembra alla maggioranza delle persone. Solo un piccolo gruppo "interno" sa di cosa si tratta. Viene condotto per il beneficio di pochi, a spese di molti. Da una guerra, poche persone traggono delle grandi fortune.

Nella Prima Guerra Mondiale, fu solo una piccola manciata di individui a trarre dei profitti da questo conflitto. Durante questo periodo nacquero negli Stati Uniti circa 21.000 nuovi milionari e miliardari. Molti di questi presentarono i loro guadagni colossali nella dichiarazione dei redditi. Quanti siano gli altri milionari arricchiti dalla guerra che falsificarono la loro dichiarazione, nessuno lo sa.

Quanti tra questi milionari avevano portato un fucile sulle spalle? Quanti tra loro hanno mai scavato una trincea? Quanti tra loro sapevano che cosa significava sentire i morsi della fame in un rifugio sotterraneo infestato dai topi? Quanti tra loro hanno passato delle notti intere senza dormire, nel terrore, abbassando la testa ogni volta per ripararsi dagli esplosivi, dalle raffiche dei mitra e delle mitragliatrici? Quanti tra loro sono riusciti a schivare la lama della baionetta di un nemico? Quanti tra loro sono rimasti feriti o uccisi in battaglia?

In una guerra, le nazioni si impossessano di un nuovo territorio, se tornano vittoriose. Tutto qui: se lo prendono. Questo nuovo territorio conquistato sarà allora immediatamente sfruttato da quei pochi - la stessa piccola manciata di individui che spremono tutti i soldi che possono da una guerra. E tutto il grande pubblico si porta sulle spalle il conto.

E il conto qual'è?

Questo conto si traduce in un orribile rendiconto. Tante nuove lapidi. Corpi dilaniati. Menti distrutte. Cuori e case distrutti. Instabilità economica. Depressione e tutte le miserie che ne conseguono. Imposte massacranti per generazioni e generazioni.

Per un bel po' di anni, come soldato, avevo il sospetto che la guerra fosse un racket; ma fu solo quando ritornai alla vita civile che me ne resi pienamente conto. Ora, vedendo avvicinarsi le nuvole di una nuova guerra internazionale, è bene affrontare la questione.

Hanno di nuovo scelto di formare degli schieramenti. La Francia e la Russia si sono accordate per stare fianco a fianco. L'Italia e l'Austria si sono affrettate nel concludere un accordo analogo. La Polonia e la Germania si sono fatte gli occhi dolci, dimenticandosi per l'occasione [un'occasione unica] della disputa sul Corridoio Polacco.

L'assassinio del re Alessandro di Jugoslavia ha complicato i problemi. La Jugoslavia e l'Ungheria, da tempo acerrime nemiche, stavano per saltarsi alla gola. E l'Italia pronta per intromettersi. Ma la Francia stava aspettando. E così la Cecoslovacchia. Tutti pronti per cominciare una guerra. Non i popoli - non quelli che combattono, pagano e muoiono - ma solo quelli che fomentano le guerre e poi se ne stanno comodi in casa facendo profitti.

Oggi ci sono 40 milioni di uomini sotto le armi, e i nostri statisti e diplomatici hanno pure il coraggio di dire che non si sta attuando nessuna guerra.

Siamo impazziti? E questi 40 milioni di uomi allora che cosa fanno? Si stanno addestrando per fare i ballerini?

Certo non in Italia. Il premier Mussolini lo sa benissimo per che cosa si stanno addestrando. Lui, almeno, è abbastanza franco da dirlo. Solo l'altro giorno, il Duce, ne "Conciliazione Internazionale", una pubblicazione del Carnegie Endowment for International Peace [Donazione Carnegie per la Pace Internazionale, ndt], ha detto:

"E soprattutto il Fascismo, che considera e osserva il futuro e lo sviluppo dell'umanità non legato alle considerazioni politiche del momento, non crede né alla possibilità né tanto meno all'utilità di una pace perpetua... Solo la guerra può portare al massimo della sua tensione l'umana energia, e lasciare il segno della nobiltà sui popoli che hanno il coraggio di abbracciarla".

Herr Hitler, con il suo riarmo della Germania e le sue continue richieste per sempre più armi, è un'altra grande minaccia per la pace. E la Francia proprio recentemente ha aumentato la durata del servizio militare per la sua gioventù da un anno a diciotto mesi.

Sì, dappertutto, le nazioni stanno preparando le loro armate. Le ostilità in Europa sono ormai a briglia sciolta. Ad oriente gli armamenti vengono organizzati più abilmente. Nel 1904, quando combattevano Russia e Giappone, siamo riusciti ad espellere la Russia appoggiando i giapponesi. Poi i nostri banchieri internazionali così generosi finanziarono il Giappone. Ora invece la propensione è quella di avere il dente avvelenato nei loro confronti. Che cosa significa per noi la politica delle "porte aperte" alla Cina? Il nostro commercio con la Cina è di circa 90 milioni di dollari all'anno. E le isole delle Filippine? Abbiamo speso circa 600 milioni di dollari nelle Filippine in 35 anni, e ora abbiamo da quelle parti (i nostri banchieri, industriali e speculatori) degli investimenti privati per poco meno di 200 milioni di dollari. Poi, per proteggere questo commerciodi $90.000.000 con la Cina o quello degli investimenti privati nelle Filippine di quasi $200.000.000, conciteranno nuovamente le masse portandole a odiare il Giappone e a muovergli guerra - una guerra che potrebbe benissimo costarci decine di milardi di dollari, centinaia di migliaia di vite americane, e altre centinaia di migliaia di uomini fisicamente e mentalmente menomati, irreparabilmente a pezzi.

Naturalmente, per questa perdita ci sarebbe un profitto che compensa - qualcuno accumulerebbe delle grandi fortune. Milioni e miliardi di dollari a formare delle montagne. Per pochi. Per i trafficanti d'armi. Per i banchieri. Per i costruttori di navi. Per i produttori. Per l'industria della carne in scatola. Per gli speculatori. Loro ci mangerebbero sopra per bene.

È così, si stanno preparando per un'altra guerra. Perché non dovrebbero? Otterrebbero degli alti dividendi.

Ma che profitto rende agli uomini che vengono uccisi? Che profitto rende alle loro madri e alle loro sorelle, alle loro mogli e a chi li ama? Che profitto rende ai loro bambini?

Chi mai ne trarrà dei profitti se non che quello sparuto gruppo di persone per cui la guerra significa solo un enorme profitto?

Proprio così. E che profitto ne otterrà la nazione?

Prendiamo il nostro caso. Fino al 1898 non possedevamo nessun territorio al di fuori della terraferma nordamericana. A quel tempo il nostro debito nazionale era poco più di un miliardo di dollari. Poi siamo diventati "internazionalmente aperti". Abbiamo dimenticato, o messo da parte, il consiglio del Padre del nostro paese. George Washington ci aveva messi in guardia sulle "alleanze imbriglianti". Siamo andati in guerra. Abbiamo acquisito dei territori esterni. Alla fine della Guerra Mondiale, come risultato diretto dei nostri giochetti con gli affari internazionali, il nostro debito nazionale aveva raggiunto i 25 miliardi di dollari. La bilancia commerciale positiva durante il periodo di 25 anni ammontava a 24 miliardi di dollari. Quindi, su una semplice base contabile, siamo pure tornati un po' indietro, anno dopo anno, e il commercio con l'estero poteva tornarci molto utile pure senza le guerre.

Sarebbe stato molto più economico (e più sicuro), per lo statunitense medio che paga le bollette, starsene fuori da queste alleanze. Per una minoranza, questo racket, nella fattispecie il contrabbando e il racket della malavita, portano grossi profitti, ma il costo delle operazioni viene sempre trasferito al popolo - che di profitto non ne trae nemmeno un po'.
Non sono così idiota da pensare che la guerra sia una cosa del passato. So che il popolo la guerra non la vuole, ma non ha senso pensare che non potremo essere trasportati in un'altra guerra.

Guardando indietro, Woodrow Wilson venne rieletto presidente nel 1916 basando la campagna sul fatto che "ci aveva tenuti fuori dalla guerra", e sulla promessa implicita che avrebbe continuato a tenercene fuori. Poi chiese al Congresso, solo 5 mesi dopo la sua elezione, di dichiarare guerra alla Germania.

In questo arco di cinque mesi non venne chiesto al popolo se per caso avesse cambiato idea sulla guerra. Ai 4 milioni di giovani uomini che indossarono le uniformi e marciarono o salparono oltreoceano non si chiese se intendevano andare avanti, incontrando sofferenza e morte.

Allora che cosa fece cambiare così improvvisamente idea al nostro governo?

Il denaro.

Una commissione di alleati, qualcuno ricorderà, si incontrò con noi poco prima della dichiarazione di guerra e fece visita al presidente. Il presidente convocò un gruppo di consiglieri. Il capo della commissione parlò. Spoglio da ogni formalità diplomatica, questo è quanto il presidente e il suo gruppo si sentirono dire:

"È inutile che continuiamo a farci delle illusioni. La causa degli alleati è persa. Ora vi dobbiamo [a voi banchieri, fabbricanti d'armi, produttori, speculatori, esportatori degli Stati Uniti] 5 o 6 miliardi di dollari.

Se perdiamo (e senza l'aiuto degli Stati Uniti perderemo) noi, l'Inghilterra, la Francia e l'Italia, non potremo ripagarvi questo denaro... e il debito non ce lo estinguerà certo la Germania.

Quindi..."

Se il mantenimento del segreto fosse stato illegale, durante queste negoziazioni, e se la stampa fosse stata invitata ad essere presente durante la conferenza, o se la radio avesse trasmesso questi discorsi, gli Stati Uniti non sarebbero mai entrati nella Guerra Mondiale. Ma questa conferenza, come tutte le discussioni di guerra, si tenne nella più massima segretezza. Quando i nostri ragazzi vennero mandati al fronte, venne detto che "era per creare un mondo più sicuro e più democratico" e che era la "guerra per chiudere tutte le guerre".

A distanza di diciotto anni, il mondo è meno democratico di quanto lo fosse prima. Ma poi, cosa dovrebbe interessare a noi se la Russia o la Germania o la Francia o l'Italia o l'Austria vivono sotto un regime democratico o monarchico? Se sono paesi fascisti o comunisti? Il nostro compito è quella di preservare la democrazia nel nostro paese.

E poco è stato fatto, se non nulla, per garantirci che la Guerra Mondiale sarebbe stata davvero la guerra per chiudere tutte le guerre.

Sì, abbiamo avuto le conferenze sul disarmo e sull'uso limitato delle armi. Non significano nulla. Una è stata fallimentare: un'altra ha dato risultati che sono stati vanificati. Spediamo i nostri soldati e i nostri marinai professionisti e i nostri politici e i nostri diplomatici a queste conferenze. E cosa succede?

Questi soldati e marinai professionisti non vogliono il disarmo. Nessun ammiraglio vuole essere senza la sua nave. Nessun generale vuole essere senza comando. Entrambi significano uomini senza lavoro. Loro non sono per il disarmo. Non possono essere a favore dell'uso limitato delle armi. E a tutte queste conferenze, distanti dalla scena principale ma provvisti di grande potere, troviamo i sinistri agenti di coloro che traggono profitti dalla guerra. Che sanno bene che queste conferenze non contribuiranno al disarmo e non limiteranno seriamente gli armamenti.

Lo scopo principale delle persone di potere, a qualunque di queste conferenze, non è stato quello di ottenere il disarmo, o di prevenire una guerra, ma piuttosto di avere più armi per loro e meno per ogni loro avversario.

Esiste una sola strada realmente praticabile per ottenere il disarmo. Consiste in una coalizione di tutte le nazioni in cui ognuna di esse demolisca tutte le navi, tutte le armi da fuoco, tutti i fucili, tutti i carri armati, e tutti i piani di guerra. E anche così, se mai succedesse, non sarebbe sufficiente.

La prossima guerra, secondo gli esperti, sarà combattuta non con delle corazzate, non dall'artiglieria, non con dei fucili e non con delle mitragliatrici. Sarà combattuta con gas e sostanze chimiche mortali.

Di nascosto, ogni nazione sta studiando e perfezionando metodi sempre più letali per annientare tutti i suoi avversari. Sì, si continuerà a costruire le navi, perché i costruttori non vogliono smettere di guadagnare. E si continueranno a produrre anche le armi da fuoco, e gli esplosivi, e i fucili, perché anche i fabbricanti di munizioni non vogliono smettere di guadagnare. E i soldati, naturalmente, devono indossare le uniformi, visto che nemmeno i fabbricanti di uniformi vogliono privarsi dei loro profitti di guerra.

Ma la vittoria e la sconfitta sarà ormai determinata dalla preparazione e dall'ingenuità dei nostri scienziati.

Se li mettiamo al lavoro facendoli inventare nuovi gas velenosi e nuovi diabolici strumenti meccanici e distruttivi esplosivi, non avranno più tempo per un lavoro costruttivo, per garantire maggiore prosperità a tutta la popolazione. Con un lavoro costruttivo, tutti noi potremmo ottenere dei guadagni in nome della pace e fuori dalla guerra - pure i fabbricanti d'armi.

Quindi... vi dico, AL DIAVOLO LA GUERRA.

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