29 agosto 2011

Modello di sviluppo avviato verso l’apocalisse finanziaria

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Tutto sembra come al solito. Guardo dalla finestra le macchine che sfrecciano sul largo viale della Liberazione, poche perché fa un caldo becco e a Milano c’è rimasto solo chi non può fare altrimenti. In quest’atmosfera rovente gli operai, in slip, continuano a lavorare al grattacielo che si innalzerà per 35 piani davanti a casa mia. La Cgil ha proclamato uno sciopero. Nei rari bar aperti, la gente fa progetti. Il campionato di calcio sta per cominciare. Nessuno sembra rendersi conto che fra non molto si troverà di fronte al seguente siparietto.
Un elegante signore percorre di notte una superstrada nel sud del Paese. Ha assoluto bisogno di fare benzina. Ha trovato tutti gli autogrill chiusi. È normale, è una superstrada ed è notte. Finalmente le luci di un distributore, si avvicina il benzinaio, un giovane sui trent’anni.
"100 euro di verde":
"Euro? Mi dia piuttosto una gallina, un coniglio, delle uova o anche degli attrezzi".
"Gallina... attrezzi. Mi sta prendendo in giro?"
"Nient’affatto".
"Cos’è? Una nuova forma di proposta?"
"Ma allora non sa nulla?"
"No, non ho letto i giornali. Il chiosco era chiuso".
"Per forza. I giornali non escono".
"Scioperano anche loro?"
"No"
"E allora cosa sta succedendo?"
"Senta, lei mi sembra una persona colta. Lo ero anch’io. Mi sono laureato in Scienza delle comunicazioni. Poi, non trovando lavoro mi son messo a fare il benzinaio".
"Ebbene?"
"Ha presente Weimar?"
"Certo, la grande inflazione tedesca del 1922. Quando un francobollo costava 4 miliardi di marchi".
"Ecco, siamo a quel punto lì. Solo che non riguarda la Germania, ma tutto il mondo industrializzato. È crollato il sistema del denaro".
"Senta, io sono una persona previdente, avevo comprato dell’oro, il classico bene-rifugio. Ho dei Luigi del ’700. Mi sembra un buon affare per un mezzo pieno di benzina".
"Ah, ah. Ma allora non ha capito niente. Ricorda il mito di Re Mida? Si può mangiare l’oro? Comunque è inutile che prosegua. Intorno alle città troverà mostruosi ingorghi di macchine. Vuote. I passeggeri sono scesi e si sono diretti verso le campagne. È in atto una sanguinosa guerra civile fra urbanizzati e contadini che li respingono a colpi di kalashnikov. Qui, per ora, ci salviamo perché è una terra povera e tutti hanno conservato un piccolo pezzo di terra da coltivare".
"E io?"
"Che lavoro faceva?"
"Il manager".
"Non ci servono manager. Ma chi sa dare di zappa o anche maniscalchi, idraulici, falegnami. Mi spiace".
La gente non si rende conto che questa crisi, che sussegue ad altre degli ultimi anni (bancarotta del Messico del 1996; tracollo delle "piccole tigri" del ’97, "subrime" del 2008 con continui rimbalzi e controrimbalzi fra Stati Uniti, Europa e Asia), segna il punto di arrivo di un modello di sviluppo basato sulle crescite esponenziali. Lo si sapeva da tempo.
Ma le leadership mondiali si sono ostinate ad "andare avanti", nella stessa direzione. Si sono comportate come chi, arrivato con una potente macchina davanti a un muro invalicabile, si intestardisca a forzare il motore rimanendo inesorabilmente fermo, invece di fare una prudente retromarcia per vedere se si poteva imboccare qualche via alternativa. E così la fusione del motore avverrà di colpo. Apocalipse dixit.
di Massimo Fini

28 agosto 2011

Il privato è anche peggio del pubblico


di Uriel

Faccio una proposta provocatoria: adeguiamo le retribuzioni dei politici a quelle dei manager del "privato".

Ultimamente arrivano sempre piu' prediche circa lo stato che deve dimagrire. E' ovviamente lecito che il cittadino, cui vengono chiesti sacrifici, pretenda che lo stato diventi piu' efficiente. Ma ultimamente si e' unito al coro qualcuno, qualcuno che invece dovrebbe nascondere la faccia sotto un bel paio di mutande: il mondo del "privato". Mi spiego meglio.

Ovviamente mi risponderete: ma che, sei pazzo? Un CEO uscente porta a casa una ventina di milioni di euro di buonuscita, e come se non bastasse guadagna PIU' di un politico. Un capufficio del pubblico impiego guadagna MENO di un "middle manager" con un team di 5 persone. Se adeguassimo le paghe dei politici a quelle dei manager del "privato", dovremmo dare loro DI PIU'.

Capite che se il CEO di un'azienda che ha partecipato al disastro del 2008 se ne esce con 40 milioni di dollari di buonuscita, questa e' circa la cifra che dovremmo dare al candidato PERDENTE delle elezioni: se Berlusconi venisse sconfitto e quindi venisse sostituito da un nuovo eletto, secondo le regole dei "manager del privato", e in particolar modo del mondo della finanza, dovremmo dargli qualche milioncino di euro di buonuscita.

Lo stesso vale per tutti gli impiegati statali. E' vero tutto quanto si dice dello stato. Ci sono problemi di efficienza, di formazione, di maleducazione degli addetti, di gerarchismo, di burocrazia. Aha. Dov'e' l'errore che denuncio? E' semplice: NEL PRIVATO LE COSE NON VANNO MEGLIO.

Se osservate gli andamenti di borsa, osserverete che a perdere valore non sono solo le banche e la finanza. Sono anche colossi industriali. Ora, se una banca che e' piena di titoli a rischio , diciamo btp italiani, perde valore possiamo dire che la colpa sia del debito pubblico.

Ma nelle borse occidentali NON stanno perdendo valore solo le finanziarie. Ho scritto che il valore azionistico e' un valore convenzionale che viene fatto coincidere col valore materiale. Vero.

Ma non e' TUTTA la verita'. Supponiamo che voi stiate investendo soldi. E supponiamo che un'azienda che vende, che so io, cibo sia in attivo. Ora, se volete un rifugio, perche' non finanziate , che so io, un'azienda che fa alimentari, che so io Nestle'? Se il problema fosse SOLO il debito pubblico dello stato, gli investitori sarebbero rimasti in occidente, muovendosi verso quelle aziende e quelle industrie che in ultima analisi NON possiedono titoli del tesoro. Voglio dire, se produci bulloni perche' mai dovrebbe fregartene?

Il problema e' che il mondo del privato, invece, perde valore a sua volta. Il manufatturiero perde valore. Perche' il manufatturiero perde valore come lo stato (fiducia nel debito) e cio' che gli sta attorno?

La risposta e' semplice:

PERCHE' IL GRANDE PRIVATO HA GLI STESSI PROBLEMI DELLO STATO.

Le aziende occidentali hanno, mutatis mutandis, gli stessi identici problemi del pubblico impiego.

Se il pubblico impiego ha il problema delle raccomandazioni, il privato usa dei metodi di assunzione che oscillano tra la stregoneria e la fiducia nelle teorie di Lombroso. Sempre meno aziende , almeno grandi aziende, fanno fare prove tecniche. Che cosa si fa ai colloqui? Si legge un CV e si parla con il candidato: se per qualche lombrosiana teoria il candidato appare essere il tipo giusto, viene assunto.

Quando dico lombrosiana intendo dire che conta l'aspetto piu' della sostanza. Ormai un buon vestito conta piu' degli studi, e la persona delle HR guarda a come vi sapete presentare piu' che a quello che sapete fare. Il meccanismo dei concorsi del pubblico impiego e' tutto sommato efficace, in confronto.

La mia azienda mi invita a presentare persone in gamba. Aha. Fichissimo, perche' si sa che se tu sei in gamba allora le persone che presenti saranno in gamba. Ma io pago se presento un brocco? No. Lo fanno anche TUTTI i nostri concorrenti, e anche i nostri clienti.

Se proponessimo un meccanismo di cooptazione simile nel privato, verremmo accusati di fomentare la raccomandazione. Lo stesso dicasi , e sta succedendo, nel mitologico "privato".

Voi direte: ma se le aziende si comportano cosi', allora "iniziano ad andare male e alla fine chiudono". Bene cocchi, svegliatevi: le aziende STANNO andando male e chiudono. Dice niente?

Quale altro difetto della pubblica amministrazione vogliamo menzionare? La scarsa produttivita'? Ma la produttivita' delle aziende italiane e' sotto la norma europea da anni, ormai, ed e' a livelli patetici.

Assenteismo? Oh, c'e' anche nel privato, non vi preoccupate. Sapete come si fa l'assenteismo nel grande privato? E' semplice: cattiva pianificazione. C'e' un'attivita' che si potrebbe fare in , diciamo, 15 giorni. Il vostro manager non sa programmare, non vuole rischi, e ne mette in conto 40. 25 giorni li passerete in riunioni, "esco un momento", due chiacchiere alla macchinetta del caffe', un'oretta di pausa per andare a prendere il bambino, (tanto siete SEMPRE nei tempi di progetto), eccetera.

Sprechi? Oh, a iosa. Gli uffici acquisti sono una mafia che non immaginate. Mi trovo a lavorare su prodotti concepiti per fare altro per una semplice ragione: qualcuno ha venduto il prodotto ad un manager che NON sapeva di cosa si stesse parlando. Se rabbrividite sui costi dello stato, non dovreste vedere quanto le aziende sprechino soldi.

Voi direte: ma quelli solo soldi dell'azienda, e se li vuole sprecare li spreca. L'azienda deve rispondere solo al mercato.

Non e' cosi' che la pensate quando annunciano il VOSTRO licenziamento. Allora vi viene da pensare che forse le aziende dovrebbero rispondere anche alla societa', chiamate i sindacalisti (ma non rispondevano solo al mercato), invocate l'intervento del governo e della regione (ma non rispondevano solo al mercato?) ma specialmente, dovete capire che tutto questo finisce regolarmente nel prezzo di beni e servizi che pagate. Voi, di tasca vostra.

Ma specialmente, succede che le aziende lavorano sempre peggio. Stanno lavorando sempre peggio. HP non riesce piu' a produrre un tablet in tempo e anziche' ristrutturarsi molla il campo. E' solo un esempio. Un esempio di come le nostre aziende, quelle quotate in borsa, abbiano GLI STESSI problemi dello stato.

LE GRANDI AZIENDE DEVONO DIMAGRIRE

QUANTO LO STATO, SE NON DI PIU'.

Troppi manager, e troppo pagati. Troppo , rispetto ai compensi monacali dei politici: monacali rispetto a quelli dei "manager", of course.

Ancora piu' eccesso di MIDDLE manager, i piccoli caporali che passano la vita a "comunicare" e "gestire": patetiche esistenze inconcludenti il cui unico merito e' di saper usare Outlook, vestire una cravatta e parlare un idioma da pizzaiolo di Brooklyn. Sono migliaia, e sono ormai in un rapporto di 60/40 con i settori produttivi. Degli statali si lamenta l'incompetenza. Non avete mai avuto a che fare con una grossa corporation. Il mio diretto superiore NON sa usare il calendario di Exchange, e per invitare ad una riunione manda una email tipo "Please join the meeting ....". E facciamo IT.

Presso il cliente, sono in un'isola (quattro scrivanie accorpate) che contiene 4 tecnici. Bene. Il mio gruppo ha UN INTERO PIANO di "project manager". Un intero piano fa 22 persone. Ventidue persone "dirigono" quattro tecnici. VENTIDUE persone si occupano di comunicazione, quando io e i miei tre colleghi possiamo comunicare semplicemente dicendo "Hey, how many time we need for this and that, more or less?".

Mi e' gia' capitato, piu' di una volta, di alzarmi insieme ai colleghi, andare su di qualche piano, e andare a fare un meeting. Con la stessa identica gente che c'era quando ci siamo alzati. Cioe' in un openspace ci sono dieci persone. Ad un certo punto tutti e dieci si alzano, vanno in una stanza diversa a parlare. Perche' vanno in una stanza diversa anziche' riunirsi sul posto? Perche' presso il mio cliente c'e' una segretaria che si occupa esclusivamente di gestire la prenotazione e il catering delle stanze dei meeting: lei fa trovare penne, bloc notes, acqua minerale, biccheri, ovviamente prenota le stanze, e magari ti alloca il bridge per la videoconferenza.

Ora, si potrebbe anche stare nella stessa stanza. Per parlare un'ora (dieci persone in un meeting di un'ora parleranno, in media, sei minuti a testa!) non mi serve catering e di solito HO GIA' una penna ed un bloc notes per lavorare. Ma questo vi fa capire quanto idiotica sia la "grande multinazionale". Dilbert e' un documentario, e spesso e' anche ottimistico. Vi assicuro che il mio capo, anche se e' molto piu' bello (sospetto che a sceglierli sia una donna o un tizio gay (1) ) , non e' molto piu' intelligente del capo dai capelli a punta.

Si dice che "si ma il governo appare confuso, frammentato e privo di idee". Avete mai assistito ad una riunione di "creativi" e di "Project Managers"? Ho assistito al design di un nuovo prodotto. Lo sto vedendo crescere in questi giorni. Non conoscevo il processo 'creativo", o meglio lo conoscevo benissimo. Ma lo chiamavo in un altro modo: "bambini, che cosa volete per merenda?".

Nel processo di creazione di un nuovo prodotto, arrivano innanzitutto "i creativi" e "il marketing". Ma non quello che mi passa i forecast per il traffico di rete, che sa anche di cosa si parli. No, parlo di quelli che fanno "evangelism" , quelli che hanno "le idee". Avete mai invitato tutti gli amici dei vostri figli a cena, quando avevano quattro anni? Ecco, l'effetto e' quello.

Un branco di spastici pederasti vestiti come idioti disegnati da Platinette in persona eccentrici creativi si metteranno a discutere, e il processo sara' esattamente quello che succede quando avete dieci bambini a casa e chiedete "allora, cosa volete per merenda?". Lo chiamano "brainstorming". Volete sapere come la penso? Il Governo Berlusconi e', in confronto, tale sopraffina e sofisticata apoteosi di processo gestionale e creativo che il mondo delle multinazionali dovrebbe solo inchinarsi, folgorato, di fronte a tale sublime illuminazione, succhiare e cosi' saziarsi di Anticristo.

Il processo con cui nasce un nuovo prodotto e', diciamo, circa cosi':
Prima fase: ogni creativo presenta una novita':


La tesi.

ognuna di queste novita' e' quanto di piu' scontato, noioso, gia' visto, gia' sperimentato, gia' obsoleto esista. A quel punto, inizia la discussione:

  • Aaaah, maddai, ancora il Cremlino? Con quelle torri, poi! Sembra Disneyland!
  • E tu? Guarda che ormai il Taj Mahal non incanta piu' nessuno, siamo nell' epoca del Dhio Majal adesso.
  • Si, in effetti quella statua con la fiaccola potrebbe andare, ma insomma, tutte quelle pieghette....
  • ...
  • Ma quelle piramidi non sono un pochino scontate? E poi, i triangoli sono gia' brevettati da Apple.....

Dopo circa due ore, si arriva a questo:


L'antitesi.

Che viene passato in mano ai grafici, e dopo qualche "ritocco con Photoshop" diventa questo:

La sintesi.

Il prodotto di cui parlo non e' Google Plus, sia chiaro, ma qualcosa che uscira' per il mondo della telefonia. Qualcosa che giudicherete geniale, e lo farete solo perche' NON avrete assistito al processo IDIOTICAMENTE ANTI-UMANO che ne presiede la "creazione".

Vi racconto una storia. Un'azienda , una grossa telco straniera, due anni fa, ha investito 60 milioni di euro per scrivere un software che producesse servizi online di tipo telco/IP. Il progetto, quando nacque, era cosi' terrificante che i concorrenti (2) dovettero indire riunioni di emergenza per capire come ribattere a quella proposta. Ma il progetto, uscito dalle mani dei creativi, aveva alcune pecche. Per esempio, di essere irrealizzabile. I nostri geniali creativi , per dirne una, avevano in mente la distinzione tra "Utente mobile", "utente internet", e "utente wifi". Use case diversi con comportamenti diversi.

Adesso vi sarete chiesti (se siete informatici): ma che differenza c'e', dal punto di vista del server, tra "wifi" e "internet"? Capisco che conoscendo gli SGSN, i GGSN e manipolando il traffico si possa capire se l'utente sia collegato attraverso la rete telefonica, di cui come telco possediamo gli APN e/o gli MSP. Ma come facciamo a sapere se arriva da una "wifi" o da "internet", un tizio che si collega dall'altra parte del mondo?

Questo non e' strano: i prodotti arrivano da perfetti incompetenti che scrivono cose come: "l'automobile del futuro deve produrre benzina anziche' consumarla e deve andare sempre piu' veloce dei concorrenti ma rispettando i limiti di velocita' " . Dopodiche' ai requisiti si fa una cosa che si chiama "descoping", cioe' si mettono "out of scope" alcuni requisiti che potrei definire "imbarazzanti". Niente auto che producono benzina, niente cellulari che si collegano ad internet usando la rete 3G per segnalare che si stanno spegnendo, -durante lo shutdown- , niente software per cellulari che funzionano "in the cloud" anziche' "sulla rete mobile". Non scherzo: requisiti scritti da aziende di consulenza che scrivono nuove idee per le telco.Nel caso del prodotto -60 milioni di euro- di cui parlo, il processo di descoping ha , diciamo, "un pochino esagerato". Una feature , diciamo "core" , cioe' una chiave di volta che teneva tutto l'arco , e' stata "descoped".

Immaginate di avere un tizio che legge un preventivo per un arco. E legge: dodici pietre, 300 euro cadauna. Chiave di volta, 1000 euro. Ehi, ma la chiave di volta e' solo un'altra pietra, e costa tre volte le altre! Via quella merda, e' troppo costosa.

Ecco, quell'idiota che ha preso in mano le specifiche tecniche era uno dei soliti spastici pederasti vestiti come idioti disegnati da Platinette in persona "Product manager", e ha messo out of scope una "feature", una cosina che veniva descritta come "indicatore di presenza online". Peccato che l' "indicatore di presenza online", diciamo conoscere il pdpcontext, era "vagamente essenziale" per un prodotto 3G. Perche' lo ha fatto? Perche' c'era scritto che l'indicatore di presenza online era un preciso segno grafico vicino ad un nome in rubrica. E quello ha detto: "cazzo, tutti questi soldi per quello scarabocchio?". In realta' lo scarabocchio implicava e richiedeva una infrastruttura capace di conoscere lo stato 3G (il pdpcontext e blablabla) di ogni utente in rubrica di un dato cellulare.

Il risultato e' stato che quando il prodotto e' arrivato alla fase che google chiamerebbe "beta ad invito", faceva tutto, tranne funzionare. Ma nessuno se ne accorse. No, non e' una presa in giro: forse non sapete come avvengono i test. Esiste un "testbook" cioe' una lista di test descritti come "accendere il cellulare. aspettate che si avvii. cliccate sul tasto 'telefono verde'. Cliccate su "web". ...." . Si, spesso ci sono i disegnini. Non scherzo. Lo scopo di ogni singolo test era ed e' quello di verificare la SINGOLA feature. Icona verde, scritta "yes" , "terms&conditions", Che "copyright" sia seguito da 2005 anziche' da 2004, eccetera.Le funzionalita' vennero implementate secondo una logica "agile". (Agile means confusion.). Ogni singola funzionalita' veniva trattata come un universo a parte, scritto su un postit piazzato su una lavagna. E testata a parte.

Cosi', i testers (al divino ritmo di 2.5 test al giorno) non si accorsero che il prodotto NON funzionava per circa un anno di test di fila. Le icone c'erano. No, non sto scherzando.
Quando avete sul mercato un iPhone che funziona solo con la mano sinistra e' perche' NESSUNO ha informato la scimmia che testa il prodotto che deve provare ad usarlo ANCHE con la mano destra.
Per dirvi che succede ANCHE nelle migliori famiglie: non e' diverso per Apple, il design "minimal" oggi e' l'esigenza di aziende che non hanno risorse intellettuali per andare oltre il "minimal".

Quando si accorsero che mancava il prodotto (anche se le icone, i menu, i font, la navigazione, la velocita' con cui funzionava sui 75 cellulari testati) , chiesero ai tester che cazzo avessero testato. E si sentirono rispondere che era Q&A che doveva trovare i bachi. Loro dovevano solo seguire i test e verificare che esistesse l'implementazione di ogni singolo elemento dell'interfaccia.
Cosi' si rivolsero a Q&A. Ma Q&A rispose semplicemente che a differenza dei tester loro testano solo le feature, e QUELLA feature era stata "descoped".

Risultato: due anni di lavoro e 60 milioni di euro di investimenti PERSI. Il prodotto NON ha MAI visto la luce. Non lo avete MAI visto sul mercato. Ed era ge-nia-le. 60 milioni di euro gettati.

Capite ora quanto e' BELLO , FUNZIONALE, INTELLIGENTE, EFFICACE, EFFICIENTE , BEN GESTITO, BEN ORGANIZZATO, COMPETENTE, RESPONSABILE, SERIO,

L' INAIL DI PESCARA?

Che cosa vi voglio dire? Voglio dire che vi state illudendo.

Se pensate che replicando i processi delle grandi aziende e che mettendo grandi manager di grandi aziende alla guida dello stato MIGLIORERETE lo stato,

SBAGLIATE DI GROSSO.

Se le grandi aziende quotate in borsa perdono valore non e' perche' c'e' il debito pubblico. E non e' neanche del tutto un torto della finanza, o del tutto un problema di delocalizzazione.

E' perche', essenzialmente,

Le aziende molto grandi hanno gli STESSI IDENTICI problemi che ha lo stato, ma MOLTIPLICATI PER MILLE.
Servirebbe loro la stessa cura che i loro "grandi manager" vanno predicando per lo stato, ma moltiplicata per mille.

Sapete perche' non ve ne accorgete? Perche' la storia che vi sto raccontando e' "confidential". Ho tolto il nome del prodotto, ho tolto il nome dell'azienda, ho modificato dei dettagli in modo da mandarvi fuori strada se provaste ad indovinare. NON POSSO dirvi , non POSSO fare i nomi. Ho cambiato tutto perche' ho firmato degli NDA. Non Disclosure Agreement. Cosi' non ci sono riferimenti chiari a cose e fatti realmente accaduti. Ma le storie sono vere. (la cifra sprecata in verita' e' molto piu' grande).

Mentre voi avete il diritto, o cosi' credete, di sapere perche' diavolo un ospedale appena costruito debba chiudere senza MAI aprire, le aziende dicono esplicitamente ai dipendenti ed ai consulenti che le magagne NON possono venire rivelate al pubblico. Sapete che un cellulare Apple si poteva usare solo con una mano, ma NON sapete quale catastrofico processo ha portato un difetto macroscopico sul mercato.
Se lo sapeste, se fosse possibile avere per le grandi aziende la stessa trasparenza che avete con lo stato, capireste che si, INAIL di Pescara E' (probabilmente) piu' efficiente di Apple. E scrivo "probabilmente" perche' Pescara l'ho vista di passaggio e senza visitare INAIL.

Credete che non ci sia nepotismo nelle grandi aziende? Aha? Almeno in politica potete sapere se tizio e' nipote di caio. Aha. Perche' non provate a cercare le parentele dentro le grandi aziende italiane? Ci avete mai provato?

Nessun giornale lo fara' MAI. Queste grandi aziende sono i loro clienti , pagano la pubblicita'. Voi saprete che il tale professore universitario, barone, ha fatto avere la cattedra alla studentessa succhiacazzi o al nipote. Ma non saprete MAI di una segretaria dal meraviglioso culo, assunta SOLO per registrare le salette usate per le riunioni, il cui solo pregio e' di stendersi in orizzontale su richiesta, e accompagnare il boss durante le convention. I giornali non ve lo diranno mai.

I giornali vi diranno che E' UNO SCANDALO se lo stato deve chiudere un ospedale che ha appena costruito. SPRECO! SPRECO! SPRECO!

Ma NESSUNO gridera' allo SCANDALO se HP non riesce, nonostante investimenti immani, a produrre un tablet in tempo utile.

Sapete perche'? Perche HP spende un sacco di soldi in pubblicita'. Soldi che finiscono nelle tasche dei giornali. Eppure, quel fallimento costera'. E non sono soldi "privati". Costera' migliaia di posti di lavoro se Samsung rilevera' il settore. Delocalizzati. Costera' al contribuente, o meglio al consumatore, che in qualche modo dovra' ripianare i bilanci quando compra. Costera' al contribuente in ammortizzatori sociali.

Lo stato funziona male, sia chiaro. Non sono mai stato gentile, e mi siete testimoni, con gli statali. Penso che il cittadino abbia DIRITTO di avere uno stato piu' efficiente e di avere qualcosa di meglio. Ma ultimamente si sono uniti al coro degli indignati dei personaggi, DELLE FACCE DA CULO, provenienti da grandi aziende quotate -che sono state mie clienti in alcuni casi- i quali personaggi hanno IL CORAGGIO di parlare scandalizzati della spesa pubblica. Questo non mi va bene, invece. Perche' chi vuole dare di lezioni di efficienza allo stato dovrebbe invece PRENDERE lezioni di efficienza dallo stato. E non perche' lo stato sia efficiente.

La spesa pubblica e' scandalosa. Vero. Ma gli uffici acquisti delle grandi aziende sono qualcosa al cui confronto lo stato e' di un'innocenza quasi ingenua.

Allora, sono perfettamente d' ACCORDO col cittadino che si lamenta delle inefficienze dello stato. Ma vedere FACCE DA CULO provenienti dal mondo della finanza e delle grandi aziende quotate che si mettono a dare lezioncine e' davvero TROPPO.

Prendete un mappamondo. Guardare il madagascar. Quella e', circa, la "carbon footprint" di alcuni consulenti. Circa due-trecento che vedo. Sono i miei colleghi non residenti in Germania. C'e' un mondo che ogni cazzo di settimana prende un aereo il lunedi' e riempie un grosso grattacielo, qui. E poi torna a casa il venerdi'. Paga tutto il cliente: vitto, alloggio, viaggi, tutto quanto, piu' trasferta. Sapete che cosa fa il mio cliente, tra le altre cose? Decine e decine di miei colleghi arrivano, il lunedi' mattina, con il loro trolley in ufficio: tutti hanno nel trolley una bella etichetta di aereoporto. Sapete cosa fa, il cliente, tra le altre cose?

SISTEMI PER IL TELELAVORO.

"Your office is where YOU are" dice la sua pubblicita' in Canada. Capite il punto? Un'azienda che fa, tra le altre cose, sistemi per il telelavoro e che offre al cliente la possibilita' di lavorare senza andare in ufficio paga ogni settimana due voli, la casa, le utenze domestiche, la donna delle pulizie, le spese a pie' di lista, piu' la trasferta, per muovere gente di 2000KM e chiamarla a lavorare in ufficio.

Queste sono le grandi multinazionali quotate in borsa, gente. Quelli che danno lezioni allo stato. Quando la mia azienda mi dice "beh, allora creiamo una unita' in Germania e muoviamo li' la gente (se accetta), gli altri tornano a casa", per questi "grandi industriali delle grandi multinazionali" e' quasi un'azienda di ALIENI. Se lo racconto mi guardano con occhi strani. Cos'hanno, le aziende italiane, questi fornitori, contro il pendolarismo internazionale? Forse non paghiamo noi?

Questi sono i managerz, gente: finche' hanno il "budget", NESSUNO SPRECO E' DAVVERO UNO SPRECO.

Non fanno tagli perche' vedono sprechi. Fanno tagli SOLO quando gli diminuisce il budget.

Se c'e' il budget,e finche' c'e' il budget, gli sprechi non-vengon-visti.

Non fate quello sbaglio. Non credete a questi saccenti professoroni, come i Montezemolo(3), come la Mercegaglia e i suoi soci, come tutti quelli che vengono dal "mondo della finanza" a dire quanto sono bravi. Beh, non fate l'errore di crederci, non fate l'errore di affidare LO STATO a gente del genere. L'avete gia' fatto con Berlusconi, ricordate?

Le loro aziende NON sono ben gestite , e la perdita di valore che hanno nelle borse e' un sintomo. I loro continui tagli mostrano solo l'incapacita' di gestire l'azienda con investimenti. La loro delocalizzazione mostra solo il fallimento della loro organizzazione produttiva. Essi sono PEGGIORI dei manager dello stato, sono PIU' COSTOSI dei manager dello stato, sono MENO EFFICIENTI dei manager dello stato. Sono sopravvissuti al mercato semplicemente tagliando i costi del personale , delocalizzando e facendo cartello.

Non votate ancora grandi "imprenditur" che vengono dal posto di CEO, non credete loro quando si atteggiano a maestri di buona gestione,

PERCHE' LE GRANDI AZIENDE QUOTATE IN BORSA AVREBBERO BISOGNO DELLA STESSA MEDICINA DI TAGLI E DI RAZIONALIZZAZIONI DI CUI HA BISOGNO LO STATO. E NE AVREBBERO BISOGNO ANCHE PIU' DELLO STATO STESSO.

Come questi personaggi abbiano il coraggio di salire sul pulpito e di fare prediche alla cattiva gestione di uno stato CHE E' GESTITO MEGLIO DELLE LORO AZIENDE e', onestamente, un chiaro esempio di "HANNO LA FACCIA UGUALE AL CULO". Oddio, se poi volete uno stato che paga un consulente straniero per venire a lavorare ogni settimana in aereo , e gli paga pure casa, donna delle pulizie e tutto quanto (se lo fa lo stato per un funzionario sono "privilegi", giusto?) , e proprio in una sezione che in teoria produce anche sistemi per lavorare da remoto, fate pure. Vi faccio pero' una controproposta dalla Germania, vi dico una cosa strana che vi sembrera' "crucca":

CARI ITALIANI, CHE NE DITE DI RICOMINCIARE A VOTARE PER DEI POLITICI , INVECE DI ASCOLTARE OGNI "IMPRENDITORE", "FINANZIERE", "INDUSTRIALE" &CO?

Vi sembra un'idea troppo strana?

Uriel



(1) Tempo fa lavoravo al tredicesimo piano di un palazzo. Avevo una collega (che all'epoca lavorava anche lei in quell'edificio e per quel cliente) che veniva a trovarmi in continuazione. Oggettivamente, devo ammettere che Armani a volte ha un concetto peggiore di "bella presenza maschile". Definire "di bella presenza" i miei colleghi dell'epoca era un eufemismo. Sospetto che fosse la stessa giuria che ha scelto il mio attuale cliente-capo.

24 agosto 2011

Perché gli Eurobond sono sbagliati e inutili


Nell'analizzare le decisioni e le azioni dei leader e delle istituzioni europee nell'ultima settimana, non bisogna dimenticare nemmeno per un secondo che l'attuale sistema è irrimediabilmente in bancarotta. Gli sforzi di salvare un sistema carico di milioni di miliardi di debito speculativo può solo condurre a politiche che schiacciano la popolazione e alimentano un incendio iperinflazionistico che alla fine distruggerà ogni valore finanziario e monetario.

Autorizzando la BCE ad acquistare su vasta scala titoli di stato in mano alle banche, la Giunta EU ha accelerato proprio quella tendenza iperinflazionistica. E riservando il trattamento greco al governo italiano, complice Mario Draghi, la stessa Giunta ha esteso un regime di brutale austerità su sessanta milioni di italiani. Anche se il governo ha evitato di tagliare pensioni e sanità, il nuovo pacchetto di 45,5 miliardi, che si aggiunge ai tagli di 48 miliardi di luglio, è stato dettato dalla BCE e da Francia e Germania, che hanno di fatto commissariato il governo.

Mentre queste misure da "lacrime e sangue" saranno completamente inutile, la prossima crisi è già iniziata in Francia, dove le banche e i titoli di stato sono finiti nel mirino della speculazione. Il divieto di vendite allo scoperto, tardivo e incompleto (non riguarda i CDS), è più che altro una reazione di panico.

Queste misure sono inutili perché il collasso finanziario è determinato dal "deleveraging", e cioè dallo sgonfiarsi dell'effetto leva nel sistema bancario ombra, una progressione geometrica di sgonfiamento della bolla che non può essere fermata. Il sistema bancario "regolare" è coinvolto perché esso non ha cambiato il suo modus operandi dall'inizio della crisi. Le banche dipendono tuttora da finanziamenti a leva finanziaria rinnovati giorno per giorno sul mercato interbancario. Quando la qualità del collaterale necessario per il finanziamento deteriora, la leva si sgonfia. È accaduto con la retrocessione del debito UE e con quella, recente, del debito USA.

L'UE ha aggiunto il suo tocco di insanità al processo, con il famoso patto per la "competitività" o "Euro-plus" stipulato nel marzo scorso, che ha ridotto il già assurdo parametro del deficit al 3% azzerandolo, e ponendo agli stati membri il traguardo del 2014 per raggiungere l'obiettivo. Questo target, che non ha base legale (la legge europea in vigore è il Trattato di Lisbona che parla di deficit al 3%) può essere raggiunto solo aggirando le istituzioni democratiche, come mostra il caso italiano. E tutto questo per salvare le banche.

Ora crescono le pressioni per adottare un bilancio europeo, attraverso la creazione dei cosiddetti "Eurobonds". Questo schema, se verrà adottato, significherà un passo gigantesco verso la dittatura e l'iperinflazione. Infatti, il vero scopo degli Eurobond, o titoli di stato europei, è quello di rifinanziare il debito marcio del sistema bancario. Anche se qualcuno sostiene che gli Eurobond saranno usati per finanziare gli investimenti, questa è una pia illusione. Finché il sistema bancario non sarà ripulito dai titoli tossici, le garanzie illimitate concesse dai governi costringeranno quest'ultimi a rifinanziare le banche, tagliando gli investimenti e i programmi sociali. Solo una separazione bancaria secondo i criteri Glass-Steagall può risolvere il problema, limitando le garanzie al settore commerciale e scaricando il resto.

Una volta fatto ciò, non ci sarà bisogno di eurobond ed euro dittature.

by (MoviSol)

23 agosto 2011

Per un Governo di "resurrezione"


La Banca centrale europea chiede liberalizzazioni per gli speculatori; una banca nazionale avrebbe protetto il lavoro.

- L'economista e politico americano Lyndon LaRouche denuncia da anni la necessità per ogni nazione del pianeta di dotarsi di sistemi autenticamente sovrani dal punto di visto economico. Per farlo, è necessario abbandonare il sistema monetarista controllato dalle banche centrali ed instaurare un sistema creditizio centrato su banche nazionali sotto la direzione di governi democraticamente eletti. D'altra parte LaRouche denuncia da anni che l'attuale sistema monetarista speculativo avrebbe inevitabilmente distrutto le economie nazionali a tutto vantaggio di una ristretta oligarchia finanziaria internazionale. Anche per i più distratti, i fatti di questi giorni, non sono altro che il progressivo avverarsi dell'analisi di LaRouche.

Il prof. James Galbraith, figlio del più noto economista John Kenneth Galbraith in un'intervista a Il Messaggero, nei giorni scorsi, ha risposto alla domanda su "chi governi oggi se non i governi?" in questi termini: "Abbiamo una tecnocrazia, anzi una tutor-crazia, una situazione in cui gli Usa sono sotto la tutela di un pugno di burocrati finanziari, e l'Europa nelle mani di una banca centrale non legittima. I burocrati sono i membri delle agenzie di rating, la Standard and Poor's ad esempio, che con le loro visioni vogliono plasmare la vita politica di questo Paese, e magari approfittare di questa presunta crisi del debito per disfarsi una volta per tutte del Welfare State. In Europa avete una Banca Centrale che non risponde a nessuno ...".

In questi giorni, pur all'interno di un contrasto sempre più evidente tra i due, sia il Presidente del Consiglio che il Ministro Tremonti hanno più volte sottolineato il fatto che l'attuale manovra correttiva ci venga imposta dalla Banca centrale europea (BCE) come condizione per l'acquisto da parte di questa dei titoli di Stato italiani, onde evitare che questi siano alla mercé dei mercati ed i relativi tassi di interesse vadano alle stelle. Tra le condizioni poste dalla BCE vi sarebbe in particolare quella di rendere ancor più deregolamentato il mercato del lavoro italiano e quella di deregolamentare (attraverso liberalizzazioni e privatizzazioni) quei pochi settori dell'economia italiana ancora regolamentati (i servizi pubblici locali e le professioni intellettuali). In sostanza, la BCE chiede all'Italia (ed invero a tutti i paesi membri della UE) uno di quegli ingredienti della ricetta avvelenata che il Fondo monetario internazionale ha imposto per decenni alle economie sottosviluppate dell'Africa (sottosviluppandole ancor più!), a quelle che erano in via di sviluppo nell'America Latina (Cile ed Argentina in particolare), ed a quelle che erano state protagoniste di rilevanti fasi di sviluppo, come quelle del Sud-est asiatico. Per ognuna di esse il risultato è sempre stato il medesimo: assoggettamento delle economie a ristrette oligarchie finanziarie, progressivo impoverimento della popolazione, indebolimento delle economie nazionali.

Ma perché la BCE tiene così tanto a liberalizzare e privatizzare le economie europee? La BCE è una banca centrale che come dice il prof. Galbraith non risponde ad organismi democraticamente eletti; essa risponde alle banche centrali che la partecipano, che a loro volta rispondono molto più alle banche private che non ai relativi governi. L'attuale sistema finanziario internazionale è funzionale, a partire dai primi anni '70, alla creazione di una stratosferica bolla speculativa. Essa necessita continuamente di esser rifinanziata (pena altrimenti la sua definitiva esplosione); così ogni operatore finanziario, ogni banca, deve poter ancorare progressivamente i propri impieghi, attraverso partecipazioni finanziarie, a nuove voci dell'economia reale. Quest'ultime fungono da sottostante per la creazione di nuovi aggregati finanziari che costituiscono le nuove micro-bolle speculative che sostituiscono quelle scoppiate in seguito alla "presa di coscienza" dei mercati (quella della frode dei titoli della new economy, quella immobiliare e dei mutui facili, quella del credito al consumo facile, quella dei debiti sovrani insolvibili di questi giorni).

Il Presidente Berlusconi ha tenuto a sottolineare che l'attuale debito è frutto delle politiche adottate tra il 1978 ed il 1992, ma non ha evidenziato una questione centrale di cui si parla troppo poco: nel luglio 1981 l'Italia procede alla "denazionalizzazione" della Banca d'Italia, separandola dal controllo dell'allora Ministero del Tesoro. Da lì, la parabola del debito pubblico cresce esponenzialmente perché i nostri titoli di stato si trovano esposti ai capricci dei mercati speculativi piuttosto che trovare nella banca nazionale la controparte obbligata ad acquistarli. Ecco perché oltre ad una legge che reintroduca il principio di separazione tra banche commerciali e banche d'affari (standard Glass-Steagall) che impedisca di fare speculazioni con i depositi dei cittadini, un nuovo sistema monetario e finanziario fondato su cambi fissi (una Nuova Bretton Woods), abbiamo anche bisogno di una banca nazionale (banca hamiltoniana ) alle dirette dipendenze del Governo, come insegnato dall'autentico sistema americano di economia politica . Altro che obbligo di pareggio di bilancio! All'interno di questo quadro di regole ben definito, la mission dei governi non sarà più quella di rispondere all'oligarchia finanziaria, ma quello di perseguire il bene comune utilizzando il credito nazionale per finanziare la creatività umana, attraverso infrastrutture e produzioni al più alto livello tecnologico-scientifico consentito.

L'Italia è di fronte ad un bivio: restare dentro il Titanic della supremazia della speculazione sulla vita della gente, limitandosi a cercare un'inutile cabina viaggio de luxe, oppure scendere dal Titanic – partendo dall'abbandono dell'euro – per salire su una nave che non sia destinata ad affondare. Abbiamo bisogno di un Governo di "resurrezione".

Claudio Giudici
Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà

20 agosto 2011

Uomo morto non parla: Gli US Navy SEALs distrutti per coprire la bufala dell’esecuzione di bin Laden?



http://t1.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTMw8b1sZaXrfhr0ag507BTuJWonXPw9GWckNrxC5MqFw_iGke9RAL’eliminazione di 30 uomini delle forze speciali degli Stati Uniti nello schianto di un elicottero Chinook in Afghanistan arriva in un periodo in cui la versione ufficiale di Washington sul modo in cui è stata eseguita l’uccisione di Osama bin Laden stava crollando sotto i colpi dell’incredulità. Tra i 38 morti nel disastro dell'elicottero - la più grande perdita di vite statunitensi avvenuta in una singola occasione nel corso della decennale guerra di occupazione dell'Afghanistan - si pensa che vi siano molti dei 17 Navy Seals coinvolti nell'esecuzione di Osama bin Laden all’inizio di maggio. Tra i morti sono compresi anche altri membri delle forze speciali USA e dei commando afghani.

I primi servizi dei media occidentali indicavano che il Chinook potrebbe essere stato coinvolto in una considerevole operazione militare contro dei militanti afghani, al momento in cui è stato abbattuto nella provincia di Wardak, poco a ovest della capitale Kabul, alle prime ore di sabato.
Si è riferito che alcune fonti fra i taliban hanno affermato che i loro militanti hanno abbattuto il Chinook con un lancio di razzi.

Funzionari militari statunitensi dichiarano che stanno indagando sulle cause dello schianto.
Tuttavia, appare significativo che fonti anonime USA abbiano raccontato agli organi di informazione che ritenevano che l'elicottero sia stato abbattuto. Questo sorta di conferenza stampa non ufficiale degli USA appare alquanto strana. Perché le fonti militari statunitensi vogliono offrire ai combattenti nemici un così spettacolare colpo propagandistico?
Forse giova gli interessi degli USA distrarre dal motivo e dalla causa reali dello schianto dell'elicottero, sia stato esso colpito o meno da un razzo.

Funzionari statunitensi hanno ammesso che i Navy Seals deceduti facevano parte dell'unità Team 6 che avrebbe eseguito l'assassinio, lo scorso maggio, della presunta mente dell'11/9, Osama bin Laden.

Fin dai primordi, il resoconto di Washington in merito al modo in cui le sue forze speciali hanno ammazzato Bin Laden presso il suo complesso residenziale di Abbottabad, nel nord del Pakistan, era squarciato dalle contraddizioni. Perché mai, una volta liquidato, Bin Laden è stato seppellito in mare in fretta e furia? Come ha potuto il "Terrorista N°1" a livello mondiale risiedere, senza essere notato, ad appena poche miglia dal quartier generale militare pakistano di Rawalpindi?
In tutta evidenza, diverse fonti ben informate sono convinte che Bin Laden sia morto per cause naturali dieci anni fa. L'autore Ralph Schoenman ha respinto la presunta esecuzione dei Navy SEALs come "una grande bugia". Dalle indagini condotte nel corso di vari anni in Pakistan, Schoenman ha dichiarato a Global Research: «Ho intervistato vari membri dei servizi segreti pakistani e diversi militanti, e tutti hanno confermato che Bin Laden è morto per insufficienza renale oltre dieci anni fa».

Più di recente, come riferisce Paul Craig Roberts,[1] i pakistani del luogo hanno affermato che l'operazione dei Navy SEALs ad Abbottabad è finita in un disastro, con uno dei tre elicotteri USA che esplodeva appena decollato dal terreno vicino al complesso. Gli altri due elicotteri non sono atterrati e, secondo i testimoni, sono volati via dalla scena immediatamente dopo l'esplosione. Come Roberts sottolinea, questo vuol dire che non c'era alcun cadavere di Bin Laden da smaltire in mare, come Washington asserisce.
Le persone chiave che conoscerebbero la verità sull'incredibile assassinio di Bin Laden da parte di Washington, sono ora indisponibili ai commenti. Caso chiuso.

di Finian Cunningham - globalresearch.ca.
(Tratto da http://www.megachip.info/finestre/zero-11-settembre/6589-uomo-morto-non-parla-gli-us-navy-seals-distrutti-per-coprire-la-bufala-dellesecuzione-di-bin-laden-.html

Finian Cunningham è corrispondente di Global Research da Belfast, Irlanda.
cunninghamfin@yahoo.com
Fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25923

Traduzione per Megachip a cura di Dario Tanzi.

Nota di Pino Cabras per Megachip
Subito dopo i fatti di Abbottabad gli esponenti del sito Infowars.com avevano ragionato e profetizzato intorno a uno scenario inquietante: alludevano a un provvidenziale incidente militare che nel giro di poco tempo avrebbe eliminato dalla scena i Navy SEALs coinvolti nella misteriosa operazione che aveva depennato ufficialmente Bin Laden dagli attori del grande show della guerra. Citavano analoghi casi – per i servizi americani come per quelli russi e di altri paesi - in cui le operazioni coperte venivano ulteriormente coperte sacrificandone i protagonisti.
L’articolo di Finian Cunningham offre perciò un’interpretazione suggestiva del tragico incidente occorso al Team 6 dei Navy SEALs. L’interpretazione non è tuttavia suffragata da prove, mentre funzionari governativi USA «hanno dichiarato all’agenzia Associated Press che ritengono che nessuno dei Navy SEALs che sono morti nello schianto di un elicottero in Afghanistan avesse preso parte al raid che ha ucciso Osama bin Laden, sebbene fossero della stessa unità che ha eseguito la missione bin Laden.»[2]
Non potendo affatto ancora raggiungere conclusioni su questa vicenda, ci limitiamo a riprendere comunque le testimonianze a caldo raccolte fra i residenti di Abbottabad dai reporter di CCTV. Gli abitanti del luogo non credevano che Osama bin Laden fosse mai stato in quel complesso residenziale e si ritenevano tranquillamente sicuri che quella strana operazione fosse una bufala. La stessa squadra antiterrorismo del Pakistan non era in grado di confermare l’uccisione, in base a quanto veniva riferito

19 agosto 2011

Intrigo internazionale, le verità che non si sono mai potute dire



intrigo internazionale
'Intrigo Internazionale' cerca di fare luce sulla sanguinosa storia italiana degli ultimi quarant’anni da una prospettiva diversa

Uscito nel maggio dello scorso anno per Chiare Lettere, Intrigo Internazionale è un libro che cerca di fare luce sulla sanguinosa storia italiana degli ultimi quarant’anni da una prospettiva diversa rispetto a quella utilizzata sinora.

Il tentativo viene attuato da un personaggio più che qualificato per svolgere questo compito: si tratta del giudice Rosario Priore, magistrato inquisitore con un’esperienza di lungo corso che ha partecipato alle indagini sui più importanti avvenimenti della recente storia italiana, dal sequestro Moro alla strage di Ustica. A interrogarlo è il giornalista Giovanni Fasanella, coautore del libro, che attraverso l’agile forma dell’intervista ripercorre gli scenari all’interno dei quali il giudice Priore si è trovato a operare nel corso della sua trentennale carriera.

Dicevamo della diversa prospettiva. L’usanza comune infatti, da parte sia degli addetti ai lavori che di quella fetta dell’opinione pubblica meno formata, è quella di leggere questi accadimenti con una chiave interpretativa che Priore considera ristretta, inadatta e quindi incapace di avvicinarsi alla verità. Una verità, quella che viene raccontata nel libro, che non è giudiziaria bensì storica, politica e umana, perché libero finalmente dalle incombenze e dalle forzature cui spesso l’opera del magistrato è soggetta, prima fra tutte l’obbligo di surrogare le proprie conclusioni con prove tangibili e concrete, Priore delinea un quadro esaustivo e completo, tessuto attraverso la ricostruzione del contesto storico, politico ma soprattutto geopolitico in cui era collocata l’Italia negli anni settanta (e per molti aspetti ancora oggi).

Tuttavia, le sue non sono semplici supposizioni di una persona informata sui fatti, bensì le conclusioni di chi ha indagato per anni sui più oscuri misteri della storia italiana, intravedendo la verità, a volte potendola toccare con mano, ma perdendo quell’appoggio costituito dalla prova che gli ha sempre impedito di confermarla anche sul piano giudiziario. Com’è facile intuire, la mancata apposizione di questo ultimo tassello non dipende né dalle scarse capacità degli inquirenti, né da sfortuna o casualità.

rosario priore
Il giudice Rosario Priore ha partecipato alle indagini sui più importanti avvenimenti della recente storia italiana

Come racconta Priore, incalzato da Fasanella, sono innumerevoli i casi di depistaggio, dalla sparizione di verbali o file sospetti all’eliminazione fisica di testimoni, come per esempio alcuni personaggi chiave del processo di Ustica – i piloti Nadini e Nutarelli che avevano assistito all’abbattimento del DC9 dal vivo o il capitano e il maresciallo della base di Poggio Ballone, che l’avevano seguito sul radar – morti tutti in circostanze misteriose prima di poter deporre.

La minuziosità dei particolari, la sapienza con cui viene delineato il contesto storico-politico in cui si sono svolti i fatti, la pertinenza delle considerazioni in merito, contribuiscono però a dare credibilità alle interpretazioni di Priore anche in assenza della decisiva prova giudiziale. Sarebbe come dire che il disegno di un mosaico composto da migliaia di tessere è intuibile, se non addirittura facilmente visibile, anche se c’è un ammanco di qualche pezzo.

La completezza del quadro delineato da Intrigo Internazionale è raggiungibile anche grazie all’abilità di Priore nel combinare le numerose nozioni acquisite durante la sua attività inquisitoria con una cultura storica e politica che permette di vedere i fatti nella loro interezza. Buona parte del libro è infatti dedicata alla ricostruzione dei rapporti di potere fra i vari paesi dello scacchiere geopolitico europeo e internazionale, procedendo per gradi, descrivendo la strutturazione prima delle maggiori realtà eversive dei vari paesi – dalla RAF tedesca alle BR italiane, passando per Feltrinelli e il centro studi Hyperion –, poi dei più efficienti servizi segreti, scoprendo fra l’altro un cordone ombelicale che lega i due tipi di organizzazioni.

gheddafi berlusconi
Un elemento chiave del libro è il rapporto fra il governo italiano e quello libico

Fondamentale è anche il quadro dei rapporti politici ed economici che viene fatto: un elemento chiave – che è peraltro estremamente attuale anche in questi giorni – è per esempio il rapporto fra il governo italiano e quello libico, così come il lodo Moro contribuisce a chiarire la situazione delle relazioni fra le varie organizzazioni terroristiche mediorientali e l’Italia. Non si tratta tuttavia solo di una disamina sui contesti più 'caldi': grande attenzione, arricchita dal racconto di esperienze personali maturate nel corso delle indagini, Priore la dedica anche ai paesi atlantici, la Germania, gli Stati Uniti, l’Inghilterra e soprattutto la Francia.

Questa opera, che si colloca più sul piano storico che su quello giudiziario, è per il magistrato molto importante, poiché la chiave interpretativa non può prescindere da un’attenta analisi del contesto. Stimolato da Fasanella sull’argomento infatti, Priore rifiuta le tesi troppo semplicistiche con cui sono sempre stati spiegati i grandi fatti di sangue della nostra storia recente. È riduttivo parlare di 'servizi deviati', così com’è irrealistico addossare tutte le responsabilità a qualche singolo gruppo terroristico, incapace di compiere azioni tanto efferate e militarmente complesse senza aiuti esterni.

Forti dubbi vengono sollevati anche nei confronti della 'strategia della tensione', che nell’opinione del giudice è un pretesto creato per mascherare le vere ingerenze che hanno insanguinato l’Italia negli anni settanta e ottanta, ingerenze internazionali, rapporti di forza consumati attraverso una lotta silente, così come 'silenti' sono considerate da Priore le stragi italiane che dopo decenni di indagini sono ancora senza colpevoli. L’interpretazione di tutto ciò, agghiacciante ma tremendamente realistica, è una sorta di scambio di messaggi fra potenze, un codice di sangue che possono capire solo i mandanti e i destinatari ma di cui hanno fatto le spese centinaia di persone innocenti.

strage bologna
Non è possibile trovare una causa precisa che possa stare all’origine di tragedie come le stragi di Ustica e di Bologna, il caso Moro e altri drammatici avvenimenti

Non è possibile trovare una causa precisa che possa stare all’origine di tragedie come le stragi di Ustica e di Bologna, il caso Moro, le tante morti degli anni di piombo e molti altri drammatici avvenimenti, però la consapevolezza che Intrigo Internazionale riesce a creare è già un passo avanti per uscire dall’omertà e dalla nebbia che avvolge quegli anni.

Nel capitolo conclusivo poi, Fasanella chiede a Priore quale sia la molla che ha spinto e spinge ancora oggi tante persone – politici, giudici, agenti dei servizi segreti, rappresentanti istituzionali, periti, militari – a negare delle risposte che gli italiani aspettano da trent’anni. “La ragion di stato” è la risposta di Priore. Tuttavia, il magistrato tiene a fare una precisazione: la ragion di stato in molti paesi è più radicata, è veramente una causa superiore, la salus rei publicae dei romani per cui era lecito contravvenire alle leggi dello stato stesso.

Nazioni che hanno una tradizione, una coesione e un senso d’identità particolarmente spiccati, ereditati da una lunga e solida storia unitaria. L’Italia però non è fra queste, sia perché il nostro è una paese relativamente giovane, frutto di una unificazione che si potrebbe definire un po’ artificiale, sia soprattutto perché è radicata in noi italiani l’eterna divisione, il campanilismo, la faziosità, sentimenti questi esacerbati da un sistema politico marcio e clientelare, in mano a partiti che spesso perseguono interessi eminentemente personalistici.

Così, verità scomode e destabilizzanti vengono usate come merce di scambio politico o economico e diventano protagoniste di ricatti che da un lato favoriscono il permanere della coltre di mistero, dall’altro alimentano il marciume della classe politica (e non solo) italiana.

In questi tempi in cui si parla tanto di unità nazionale, sarebbe forse opportuno rivangare le dolorose ferite lasciate da quegli anni e ancora prima di sventolare un tricolore, far risuonare le note di Mameli e lasciarsi andare a pomposi festeggiamenti bisognerebbe riflettere su tutto ciò che non ha funzionato, su come l’Italia sia stata per anni terreno di scontro fra potenze internazionali, governata da istituzioni che non hanno saputo né voluto proteggere i propri cittadini, coinvolta in una guerra silente in cui non ci sono né attaccanti né attaccati ma solo troppi morti innocenti.

di Francesco Bevilacqua

18 agosto 2011

I rapporti Angelides e Levin-Coburn sulle agenzie di rating

osì come le agenzie di rating sono ora strumentali per imporre la dittatura dei mercati di Londra e Wall Street sugli USA e sull'Europa, esse sono state centrali nella creazione della bolla speculativa e nel suo crac sotto GW Bush e Tony Blair. Come si legge nei rapporti Angelides (FCIC) e Levin-Coburn:

Le agenzie di rating erano pagate dalle banche per ottenere i rating sulle Mortgage Backed Securities (MBS) e sulle Obbligazioni di Debito Collateralizzate (CDO, che impacchettavano le MBS). Così facendo, "le agenzie hanno indebolito i loro criteri e ognuna era in competizione per fornire il rating più favorevole per ottenere clienti e allargare la quota di mercato. Il risultato è stata una corsa verso il basso" (Angelides).

Moody's e S&P hanno assegnato la tripla A a decine di migliaia di MBS e CDO negli anni duemila, e i loro profitti sono andati alle stelle. Ad esempio, "Moody's ha venduto 230 ratings nel 2004, 363 nel 2005, 749 nel 2006 e 717 nel 2007. I ricavi di Moody's dai prodotti strutturati sono cresciuti dai 199 milioni di dollari del 2000, o il 33% delle entrate totali, a 887 milioni del 2006, o il 44%" (Levin).

Quando questi derivati hanno dato segni di crollo, nel 2006, le agenzie hanno continuato ad assegnare la tripla A per sei mesi. Poi, nel luglio 2007, quando la bolla è scoppiata, hanno improvvisamente abbassato il rating alla maggior parte di essi, costringendo molte banche, fondi pensione e altri a scaricarli sul mercato con grandi perdite, a causa di leggi che imponevano il possesso solo di titoli con la tripla A. (Il governo ha poi comprato la spazzatura al 100% del suo valore nominale).

"Gli analisti hanno determinato che oltre il 90 per cento dei ratings AAA assegnati a cartolarizzazioni MBS subprime create nel 2006 e 2007 sono stati successivamente retrocessi dalle agenzie a junk" (Angelides).

17 agosto 2011

Il crollo non si può fermare nell'attuale sistema


La nuova fase del collasso sistemico, che la scorsa settimana ha polverizzato capitali per un valore equivalente all'economia giapponese sulle borse globali, non può essere fermata. La reazione a catena è già avviata e, come nelle fasi precedenti, l'epicentro della crisi è il sistema bancario. La causa del problema attuale è la folle decisione, presa nel 2008, di estendere garanzie illimitate all'intero settore finanziario privato, invece di sottoporlo ad una procedura fallimentare ordinata.

Prendiamo l'Italia: l'attacco speculativo che ha aumentato i costi del debito in Italia ha portato il sistema transatlantico sull'orlo del baratro. Perché? L'Italia non rischia l'insolvenza. Se i tassi di interesse resteranno al 7% nei prossimi mesi, il debito italiano aumenterà di 3 miliardi entro la fine dell'anno. E se perdureranno per tutto il 2012, il costo finale saranno altri 15 miliardi, meno dell'1% del PIL.

Il problema è che il 50% del debito italiano è nelle mani delle banche internazionali che lo usano come collaterale per ottenere liquidità a breve termine. Un declassamento del collaterale rischia di scatenare una crisi grave, soprattutto perché la Banca Centrale Europea (BCE) non può accollarsi un debito finanziario così alto - almeno fino a ieri.

Lo stesso vale per il debito americano. Finora la Federal Reserve ha acquistato i titoli del Tesoro USA sul mercato secondario, ma il declassamento costringerà la Fed ad aumentare massicciamente la dimensione di un bilancio già in rosso. "Se la Fed e la BCE apriranno di nuovo i boccaporti, come hanno indicato di voler fare, il sistema finanziario globale evaporerà rapidamente nell'iperinflazione," ha ammonito Helga Zepp-LaRouche, presidente di Movisol tedesco, in una dichiarazione del 5 agosto.

Colti dal panico, i leader transatlantici hanno deciso proprio di fare questo, dopo frenetiche consultazioni durante il week-end. Prima, Obama, Sarkozy e la Merkel hanno costretto il governo italiano ad un voltafaccia umiliante sulla sua intenzione di non anticipare le misure di austerità previste dalla manovra 2011-2014. Poi il governo francese e tedesco hanno emesso una dichiarazione congiunta in cui approvano la decisione italiana ed annunciano che entro settembre i due paesi ratificheranno le delibere UE del 21 luglio che stabiliscono l' EFSF (il fondo europeo di stabilità) come il prestatore di ultima istanza, col potere di acquistare i titoli sovrani e prestare soldi a stati e banche. Questa dichiarazione era stata richiesta dalla BCE, che ha quindi annunciato che avrebbe acquistato i titoli di stato italiani e spagnoli.

Di particolare rilievo è il fatto che tra le condizioni dettate dalla BCE all'Italia ci sia la clausola del pareggio di bilancio nella Costituzione. Tale clausola era contenuta in una lettera inviata da Trichet e Draghi al Presidente del Consiglio Berlusconi, ed è stata richiesta pubblicamente dal galoppino della BCE Olli Rehn (commissario economico UE). Accettando questa clausola il governo italiano ha commesso lo stesso tradimento commesso dall'amministrazione Obama, con il golpe che ha scavalcato il Congresso.

Tuttavia, come abbiamo scritto, anche l'EFSF allargato è totalmente insufficiente. Il suo capitale dovrebbe essere triplicato per poter avere effetto. E anche l'effetto di tale gigantesca iniezioni di liquidità sarebbe di breve vita, dopo aver distrutto l'economia reale e vite umane.

by MoviSol

16 agosto 2011

Le sanguisughe del ventunesimo secolo


Poi si scopre che la Endemol, la società di produzione televisiva internazionale che ci ha regalato Il Grande Fratello (di nome e di fatto) non solo è controllata per un terzo dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, tramite Mediacinco Cartera (controllata per il 25% da Mediaset Investment e per il 75% da Telecinco), ma per un altro terzo dalla Goldman Sachs di Romano Prodi (ex Presidente del Consiglio e candidato sempre verde), di Mario Draghi (governatore della Banca d'Italia e Presidente della BCE a giorni), di Mario Monti (candidato alla Presidenza del Consiglio del governo tecnico dal Corriere della Sera), di Gianni Letta (membro dell'Advisory Board e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), di Massimo Tononi (sottosegretario all'Economia del governo Prodi), della speculazione sui derivati sul cibo alla radice della carestia tra il 2006 e il 2008 eccetera eccetera. Il tutto attraverso la Edam Acquisition, che opera come holding di investimento, detenuta per il restante terzo da John De Mol, il tycoon dei media olandese che ha inventato il format, e che ha sede in Flevolaan 41A, Naarden, 1411, Olanda.

La stessa Endemol, oltre a Chi vuol esser milionario?, Affari tuoi, Centrovetrine, il nuovo Baila di Barbara D'Urso ed altre amenità culturali, curiosamente poi vende Che tempo che fa alla Rai di Fabio Fazio. Quindi c'è stato almeno un contratto RAi in bilico (Fazio minacciava di trasferirsi su LA7), per la cui censura si additava il centro-destra, che era in realtà prodotto proprio da "Edam - Endemol - Mediaset - Silvio Berlusconi - PdL - Letta - Prodi - Draghi" eccetera eccetera.

E' evidente a chiunque non abbia le fette di salame sugli occhi, anzi di mortadella, che niente potrà mai cambiare finché avremo finanzieri al governo. Speculano, alzano i debiti sovrani, gridano al default, si propongono come i salvatori della patria abbassando i tassi, immettendo liquidità, emettendo Buoni del Tesoro in qualità di ministri dell'economia e poi acquistandoli in qualità di banche centrali in una moderna e titanica riedizione del vecchio signoraggio monetario (sembra che ti facciano un favore, ma creano ulteriore debito con il quale ti tengono per le palle), si rendono necessari e impoveriscono culturalmente i popoli affinché possano discutere del nulla. Così sono pure liberi di governare!

Non abbiamo bisogno di un governo tecnico, ma di un governo di cittadini con un diploma di ragioneria che tiri una riga e tagli tutti i ponti con queste sanguisughe del ventunesimo secolo.

Anzi no: le sanguisughe hanno anche delle proprietà curative.
di Claudio Messora

13 agosto 2011

Il ritorno della plutocrazia

Ormai sono in pochi a negare che i regimi democratici stiano attraversando una crisi senza precedenti, o siano quanto meno esposti a sfide assai ardue da superare. Naturalmente, si tratta di sfide e problemi ben diversi da quelli che nella prima metà del Novecento condussero, in determinati paesi, alla tragedia dei fascismi. Questa volta la malattia è diversa, ma non meno grave. Anzi, per certi versi essa appare ancora più insidiosa, se non altro perché si presenta ovunque, fin dentro il cuore di quelli che siamo abituati a considerare i baluardi del mondo sviluppato e della cultura liberaldemocratica, gli stessi che seppero fronteggiare sia la sfida della democratizzazione rivolta ai regimi liberali "monoclasse", e resistere così alla reazione fascista, sia la sfida comunista, a cui risposero con la dichiarazione della guerra fredda e con l’istituzione dei moderni sistemi di welfare state.

Oggi le sfide con cui si devono confrontare le liberaldemocrazie sono altre: la globalizzazione che svuota le vecchie sovranità nazionali e rende difficile il controllo delle élite, il multiculturalismo che minaccia le omogeneità identitarie delle popolazioni, le comunicazioni di massa che stravolgono la partecipazione e l’informazione politica dei cittadini, il fondamentalismo e il terrorismo internazionale che rovesciano sulle comunità politiche occidentali e sui loro equilibri istituzionali tutta la rabbia e la disperazione accumulata dai popoli dominati. Sfide che si presentano, inoltre, in un contesto in cui non c’è più l’antagonista sovietico a fare da contraltare e da stimolo per gli stati capitalistici sviluppati, favorendo una qualche armonizzazione degli interessi in campo internazionale come all’interno delle singole società nazionali.

Tra le varie modalità con cui queste sfide si presentano politicamente, ve ne sono alcune che destano particolare preoccupazione. L’attenzione degli studiosi si è per lo più rivolta, negli ultimi anni, ai fenomeni del populismo, o del direttismo, e dell’antipolitica, che convergono nel minare gli aspetti rappresentativi e liberali dei regimi democratici. Ritornano qui le tematiche evocate a suo tempo da Tocqueville e dai padri del liberalismo, quando parlavano del rischio della “tirannia della maggioranza” e della necessità di limitarne il potere. Una chiave di lettura che viene riproposta oggi, alla luce delle nuove tendenze plebiscitarie e delle manipolazioni dell’opinione pubblica favorite dalla crisi delle strutture di rappresentanza e dall’amplificazione del potere mediatico, e che coglie indubbiamente processi reali. Ma c’è un’altra chiave di lettura che comincia a farsi strada e che, pur non essendo in contrasto con quella dominante, delinea una spiegazione diversa, quanto ad approccio e implicazioni, della crisi della democrazia. Mi riferisco alla problematica della plutocrazia.

Il concetto di plutocrazia ha una storia che andrebbe ripercorsa attentamente, perché mai come in questo caso si metterebbe in luce il legame di continuità che può esistere tra parole, nozioni e realtà. Non è questa la sede per farlo, ma può essere utile richiamarne almeno qualche passaggio. Cominciando dall’origine del concetto, che di solito si fa risalire – come per i più importanti concetti politici – all’antichità, forse a causa della sua etimologia inequivocabile (dal greco ploutokratía, composto di plôutos "ricchezza" e -kratía "potere"), ma che in realtà fu usato assai raramente in quell’epoca e comunque mai in maniera sistematica e teoricamente perspicua. Infatti il termine si è diffuso solo in epoca moderna, e in ambito anglosassone, trovando una naturale collocazione negli Stati Uniti dal XIX secolo in poi. Furono i movimenti populista e progressista di fine Ottocento, in particolare, ad adottare con insistenza e a diffondere ampiamente la critica della plutocrazia, che ritenevano dominasse la scena politica americana attraverso una forte collusione tra politici di partito e uomini d’affari. Una critica che, pur ottenendo scarsi risultati pratici, se non quelli di una certa moralizzazione e di un drastico (e definitivo) indebolimento dei partiti, sedimentò tuttavia un sentimento durevole, anche se quasi sempre marginale, e soprattutto una ben definita immagine della politica americana che ha resistito sino ad oggi.

E’ dagli Stati Uniti che il concetto di plutocrazia arrivò, per una breve e incerta vita, nel continente europeo. Esso, ostacolato dal radicamento delle teorie marxiste, che davano conto a loro modo del fondamento economico del potere politico, ebbe in Europa minore fortuna. Solo nei primi decenni del Novecento andò diffondendosi, per merito degli studiosi élitisti e realisti (ivi compresi Weber e Gramsci), specialmente ad opera dell’ultimo Pareto, secondo il quale “Il reggimento dei popoli occidentali, che si dice democratico, è in realtà quello di una plutocrazia democratica, che inclina ora alla plutocrazia demagogica” (il passo è del 1920, ma il concetto fu ulteriormente sviluppato nel suo Trasformazione della democrazia). Com’è noto, il termine finì poi per essere incorporato, e in definitiva bruciato, dal fascismo e dal nazismo. Nella loro ideologia, a parte le qualificazioni anti-semite, la plutocrazia era identificata con le liberaldemocrazie, soprattutto con il modello americano, e affiancata al bolscevismo in un dualismo che talora veniva fatto risalire alla stessa matrice “giudaica”, ma che in ogni caso voleva accreditare l’immagine del fascismo come terza via propriamente “europea”.

Non meraviglia, quindi, che dopo la guerra e l’affermazione dell’egemonia americana in Europa la parola stessa diventasse un tabù. Bisognerà aspettare gli effetti dell’ondata di mobilitazione degli anni sessanta per ritrovarne traccia nel discorso politico e politologico. Il tentativo più serio, da questo punto di vista, verrà fatto dal pioniere della nuova scienza politica europea, Maurice Duverger, che nel suo libro più anomalo (Janus, les deux faces de l’Occident, 1972) criticava, da una posizione radicale ma non marxista, i regimi liberaldemocratici, definiti come “plutodemocrazie”. In questo modo, lo studioso francese andava a ricongiungersi con un filone politico-sociologico che già da qualche tempo aveva rimesso in campo un tentativo analogo negli Stati Uniti. Mi riferisco alla scuola cosiddetta neo-élitista, il cui “manifesto” può essere considerato The Power Elite di Wright Mills, ma che si dispiegava in una serie di ricerche diverse (vi possiamo far rientrare anche studiosi come Schattschneider e Lowi), la cui linea comune stava nella critica dell’ideologia pluralista, considerata puramente apologetica, e nella risposta alla domanda Who Rules America?, che dà il titolo a due bei libri di G. William Dohmoff e più o meno esplicitamente è: la plutocrazia.

Negli ultimi anni il concetto di plutocrazia sta vivendo una nuova fioritura, tanto in America quanto in Europa, e sembra che stia perfino acquisendo, del tutto spontaneamente, una maggiore connotazione rispetto al passato. Lo ritroviamo sempre più di frequente sia nel linguaggio politologico che in quello politico e giornalistico. Certo, esso continua ad essere in una certa misura il distintivo delle culture marginali che se ne ritengono storicamente depositarie, cioè dei nostalgici del populismo americano e dell’estrema destra europea, non solo di ascendenza fascista (è il caso del leghismo italiano), che tra l’altro ha cercato di rinverdire il proprio strumentario sostituendo nuovi aggettivi (es: mondialista) a quelli che accompagnavano classicamente il concetto (giudaica, massonica). Ma ultimamente ha fatto il suo ingresso anche nel linguaggio e nella cultura di sinistra, nei partiti e nei movimenti. Oggi negli Stati Uniti i paladini della lotta contro la plutocrazia sono Ralph Nader e vari esponenti del partito democratico. E in Italia, sulla spinta del fenomeno Berlusconi, hanno iniziato a preoccuparsi del problema uomini politici tutt’altro che radicali come Giuliano Amato, mentre storici come Salvadori riscoprono in questo senso gli scritti del sociologo liberale americano William G. Sumner. Comunque la sensibilità verso il tema della plutocrazia sembra aver trovato il suo terreno più fertile nell’ambito dei nuovi movimenti, a cominciare da quelli no global e pacifisti, che si oppongono alla globalizzazione neoliberista e alle sue implicazioni sia in campo politico-sociale che nell’ambito delle relazioni internazionali.

L’immagine della società internazionale che si ricava dai documenti e dai discorsi dei no global è quella un po’ semplificata di un sistema dominato dalle imprese multinazionali: una “corporatocrazia”. La stessa immagine, del resto, viene usata efficacemente per descrivere il cuore di questo sistema, cioè gli Stati Uniti. Non è difficile, in effetti, evidenziare in quale misura quella che si presenta come una democrazia liberale sia stata corrotta dalla politica delle corporation (corporate money politics). Basta pensare al ruolo del denaro nelle campagne elettorali, in cui vincono i candidati che spendono di più (nel 94% dei casi al Congresso), in cui il costo per essere eletti è mediamente di 900 mila dollari per la Camera, di quasi 5 milioni per il Senato e di ben 186 milioni per la presidenza. Basta considerare il trattamento speciale che ottengono dai parlamentari le aziende e i gruppi di interesse in cambio di finanziamenti elettorali. Basta guardare all’attuale amministrazione, voluta fortemente dal big business, eletta a dispetto del voto popolare e composta da persone legate a filo doppio con le grandi corporation, se non proprio loro espressione diretta.

Insomma, pur limitandosi a questi pochi indicatori, la definizione di plutocrazia sembra adattarsi perfettamente al sistema politico americano. Vista da questo punto di vista, la crisi della democrazia assume una luce ben più inquietante di quanto si evinca dagli approcci di tipo liberale a cui accennavo all’inizio. Quel che mi sembra più proficuo di questa chiave di lettura, è che essa ci libera da una prospettiva tutto sommato conservatrice, in cui si tratterebbe semplicemente di difendere le garanzie e gli equilibri giuridico-istituzionali oggi minacciati (anzitutto dal potere mediatico) per ristabilire l’assetto genuinamente democratico prodotto a suo tempo dalla miracolosa congiunzione fra sovranità popolare e costituzionalismo liberale. Al contrario, la categoria di “plutocrazia” ha il merito di richiamare la grande acquisizione teorica dell’élitismo in modo tale da supportare l’analisi realistica dello stato e delle tendenze dei regimi liberaldemocratici con una critica della democrazia. Questa sarebbe davvero una novità.

Detto questo, non bisogna nascondersi, naturalmente, i limiti cui va incontro un approccio del genere. Il concetto di plutocrazia non dà conto della relazione complessa che sussiste tra potere politico e sistema socio-economico (classi). Non a caso esso può essere confuso con un marxismo semplicistico, come quello che si riassume nella formula del governo “comitato d’affari della borghesia”, mentre è del tutto estraneo al marxismo scientificamente più avvertito, com’è stato ad esempio quello di matrice althusseriana. Eppure, non è necessariamente incompatibile con quest’ultimo, a condizione di saper distinguere a quale livello della scala di astrazione il concetto si collochi. Quello di “plutocrazia” è infatti un concetto molto empirico, che definisce una data forma del potere politico dell’élite dominante, dando conto di un certo tipo di classe politica e del suo reclutamento, di un certo tipo di rapporti effettivi tra politica e interessi, di un certo tipo di strutturazione e dislocazione dei poteri tra le varie istituzioni e organizzazioni politiche, ecc. Questo vuol dire, in altre parole, che non tutti i regimi liberaldemocratici sono plutocratici, ma lo sono quelli che vedono un intervento diretto delle imprese nel processo di governo e di reclutamento del personale politico.

Non so quale sia la strada per contrastare un sistema plutocratico. Ma, se vogliamo attestarci sull’esperienza passata, forse un’indicazione ci può venire dal confronto tra il modello americano e quello europeo del Novecento. Da essi emerge l’importanza del ruolo dei partiti di massa. Mentre il loro smantellamento in America ha aperto la strada alla plutocrazia, la partitocrazia europea del secondo dopoguerra consentì alle classi subordinate di bilanciare in qualche misura il potere del denaro, ottenendone benefici concreti non indifferenti. Purtroppo oggi, per ragioni che non è possibile esporre in questa sede, rimane ben poco di questo modello. Anche l’Europa sembra essersi incamminata verso il modello plutocratico, con il nostro paese a fare da battistrada. Può darsi che alla fine si prenda un’altra strada, che difficilmente potrà essere quella di un ritorno al passato, ma se è davvero alla democrazia che ci si vorrà ispirare dovrà essere di sicuro una strada ancora una volta contrassegnata dalla partecipazione e dalla rappresentanza del popolo.

di Enrico Melchionda


11 agosto 2011

L'INCONSISTENZA DELLA POLITICA E IL SOGNO DEL CAMBIAMENTO


"Totalmente inadeguata. Sostanzialmente i partiti politici italiani sono come i polli di Lorenzo nel Romanzo "I Promessi Sposi" di Alessandro Manzoni che si beccano l'uno con l'altro senza capire che stanno finendo entrambi in padella.
Questo progetto di risanamento è una dichiarazione di guerra dei governi e del Governo europeo nei confronti dei popoli europei, questa è l'unica definizione possibile. Stanno pensando e progettando di far pagare alla gente europea, a tutti i popoli europei, in primo luogo ai greci, a noi, agli spagnoli, ai portoghesi, il disastro che la finanza mondiale ha compiuto. Non ci sono più dubbi in merito. La finanza mondiale ha letteralmente spolpato la ricchezza del pianeta a cominciare da quella americana, seguita naturalmente e fedelmente dalle posizioni assunte dalla Banca centrale europea, la quale ha, insieme alla Federal Reserve americana, praticamente salvato tutte le banche che erano andate in fallimento nel 2007/2008, indebitando tutti gli stati oltre ogni limite. Quindi, sostanzialmente noi stiamo pagando il disastro creato da Wall Street e dalle banche di investimento mondiali, tra cui molte banche europee e adesso pretenderebbero di imporci un programma di risanamento che significa letteralmente "spolpare" i redditi e il welfare state, o quello che ne resta, delle popolazioni europee: questa è la vera spiegazione e non ci dovrebbero essere discussioni in merito. In realtà, i partiti e i governi che hanno autorizzato questo disastro, sono tutti corresponsabili: questo non è un programma di risanamento, questa è la guerra dei finanzieri, della finanza, contro le popolazioni, si chiama così, questa è una dichiarazione di guerra della finanza europea e internazionale contro le popolazioni.
La mia proposta è molto semplice, non accettare questo ricatto, perché chi deve pagare sono i responsabili. Ci hanno detto e ci hanno ripetuto fino alla nausea che il mercato ha delle leggi, se queste leggi valgono, loro devono pagare perché avendo fatto male i banchieri ed essendo andati in fallimento, devono rispondere, non siamo noi che dobbiamo rispondere, prima di tutto perché non siamo noi cittadini che abbiamo preso queste scelte perché non sapevamo nulla di quello che stavano facendo, prima questione fondamentale. In secondo luogo, poiché nessuno era informato di ciò che è accaduto, loro hanno potuto fare quello che volevano, e adesso non possono chiedere a noi di pagare. Aggiungo questo piccolo dettaglio, noi siamo stati tutti educati negli ultimi 30 anni a consumare e a dilapidare tutte le risorse perché ci hanno detto che bisognava consumare e indebitarsi, adesso ci accusano di esserci indebitati e di avere consumato? Ma se ogni giorno da ogni televisione ci viene ripetuto che dobbiamo continuare a oltranza a consumare, come possono chiedere a noi di essere responsabili del fatto che milioni di persone hanno consumato? Io sto parlando dell'Europa ma l'America è 10 volte peggio da questo punto di vista, l'America è costretta di fatto a essere ormai in bancarotta, perché? Ma perché hanno consumato molto di più di quello che potevano consumare, è molto semplice, quindi tutta questa è una grande commedia, è una grande commedia che viene recitata in parte da veri e propri farabutti che sono i grandi detentori della finanza mondiale, veri e propri criminali, lo dico senza mezzo termine a cominciare da Alan Greenspan, che dopo avere trascinato il mondo intero nel disastro ha detto in un'intervista al New York Times circa un anno fa: "Scusatemi mi sono sbagliato". Se si è sbagliato una volta bisognerebbe dirgli di non parlare più per favore, questa gente dovrebbe andare tutta in galera direttamente.
Peraltro, i governi hanno consentito alle banche di emettere denaro più di quello che ne avevano, le banche non hanno nessun obbligo di mantenere delle riserve adeguate, prestano soldi che non hanno e su questi soldi che non hanno, chiedono l'interesse e in questo modo le banche hanno moltiplicato e ingigantito, parlo delle grandi banche naturalmente, la massa monetaria, interamente falsa. Noi stiamo vivendo la crisi che loro hanno creato letteralmente minuto per minuto negli ultimi 10 anni, quindi la gente deve essere capace di rispondere e di reagire organizzandosi, rifiutando di pagare e quindi anche ricorrendo a tutte le forme di difesa della propria esistenza e del proprio territorio, come stanno facendo per esempio quelli che si difendono contro l'alta velocità in Val di Susa, faccio questo esempio specifico che è esattamente la stessa cosa, è proprio questo che bisogna fare, bisogna dirgli: voi siete una manica di irresponsabili, noi non accettiamo le vostre decisioni e difendiamo la nostra vita e il nostro territorio, il nostro cervello, le nostre vite, i nostri corpi, la nostra salute, l'educazione dei nostri figli, i nostri ospedali, le nostre città. Noi questo dobbiamo dire, tutti insieme, e questa è una proposta politica.

Anche in Italia, come a Londra, c'è il rischio di uno scontro sociale?

"Io sono certo che questo scontro sociale sta per esplodere perché fino adesso noi non abbiamo ancora visto niente. Ho letto un editoriale di un certo Sensini, un economista, il quale addirittura dice: "Beh, bisogna abolire le pensioni di anzianità". Questa gente ci sta dichiarando guerra sul serio, stanno dichiarando che devono togliere le pensioni di anzianità a milioni di persone, il che vuol dire che praticamente un terzo della popolazione verrà gettata sul lastrico, se arrivano a fare queste proposte, vuol dire che sono convinti di potercela fare, bisogna spiegargli che non ce la faranno.
Io ritengo che quello che è successo e sta succedendo in Grecia è soltanto l'inizio, quando la gente a milioni verrà posta di fronte a condizioni insostenibili, si ribellerà, è evidente che si ribellerà, in che forma avverrà non lo so, a Londra sta avvenendo nella forma di una jacquerie assolutamente senza obiettivo, perché sfortunatamente non ci sono forze politicamente capaci di guidare questo movimento, dal momento che tutte le forze politiche sinistra, destra e centro sono tutte implicate in questa operazione. Quindi, siccome non ci sono forze politiche che guidano in modo responsabile un movimento di protesta, sfortunatamente questa protesta sarà violenta. Io non propongo di fare proteste violente, ma temo fortemente che quando queste misure verranno messe in atto, ci saranno risposte violente perché la gente non essendo organizzata e diretta, reagirà in modo immediato e spontaneo e quindi si andrà a degli scontri sociali di grandi proporzioni. La politica della Bce e dei governi centrali che sostengono quella linea sta incendiando l'Europa, le conseguenze sono interamente nelle loro mani e la loro responsabilità è in questo senso assoluta."

Le soluzioni proposte da alcuni esponenti dell'opposizione, come le elezioni anticipate o un governo di responsabilità nazionale, sono strade valide e percorribili?

"Questa intanto non è un'opposizione, perché non fa opposizione a niente. In sostanza cosa dice? Dice che, se dovessero sostituire l'attuale governo, faranno esattamente le cose che gli sono state imposte dall'Unione Europea e da Francia e Germania, questo è quello che dicono. Quindi se va al governo un'altra coalizione, farà esattamente le stesse cose che ha fatto questa, probabilmente le farà addirittura con maggiore spregiudicatezza, fidandosi del fatto che potranno dire di avere "il consenso" popolare, quindi non ho nessuna fiducia nell'opposizione e nelle loro proposte.
Naturalmente non ho neanche nessuna fiducia nei confronti di questo governo, la mia proposta è: via tutti questi cialtroni dalla direzione politica del Paese: ci vuole un gruppo di saggi al quale venga affidato il compito di gestire il rapporto con la popolazione italiana, di gestire il patto sociale che si regge sulla Costituzione, rifiutando innanzitutto le modifiche costituzionali che ci vengono imposte da questa Europa che è l'Europa dei banchieri. La soluzione politica in questo contesto, con queste forze non c'è, quindi bisogna trovare un'altra coalizione, un'altra forza politica che sia espressione della volontà popolare. E non mi si venga a dire che l'opposizione che dovesse andare al governo al posto di Berlusconi rappresenta questa forza popolare, perché non la rappresenta."
di Giulietto Chiesa -

29 agosto 2011

Modello di sviluppo avviato verso l’apocalisse finanziaria

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Tutto sembra come al solito. Guardo dalla finestra le macchine che sfrecciano sul largo viale della Liberazione, poche perché fa un caldo becco e a Milano c’è rimasto solo chi non può fare altrimenti. In quest’atmosfera rovente gli operai, in slip, continuano a lavorare al grattacielo che si innalzerà per 35 piani davanti a casa mia. La Cgil ha proclamato uno sciopero. Nei rari bar aperti, la gente fa progetti. Il campionato di calcio sta per cominciare. Nessuno sembra rendersi conto che fra non molto si troverà di fronte al seguente siparietto.
Un elegante signore percorre di notte una superstrada nel sud del Paese. Ha assoluto bisogno di fare benzina. Ha trovato tutti gli autogrill chiusi. È normale, è una superstrada ed è notte. Finalmente le luci di un distributore, si avvicina il benzinaio, un giovane sui trent’anni.
"100 euro di verde":
"Euro? Mi dia piuttosto una gallina, un coniglio, delle uova o anche degli attrezzi".
"Gallina... attrezzi. Mi sta prendendo in giro?"
"Nient’affatto".
"Cos’è? Una nuova forma di proposta?"
"Ma allora non sa nulla?"
"No, non ho letto i giornali. Il chiosco era chiuso".
"Per forza. I giornali non escono".
"Scioperano anche loro?"
"No"
"E allora cosa sta succedendo?"
"Senta, lei mi sembra una persona colta. Lo ero anch’io. Mi sono laureato in Scienza delle comunicazioni. Poi, non trovando lavoro mi son messo a fare il benzinaio".
"Ebbene?"
"Ha presente Weimar?"
"Certo, la grande inflazione tedesca del 1922. Quando un francobollo costava 4 miliardi di marchi".
"Ecco, siamo a quel punto lì. Solo che non riguarda la Germania, ma tutto il mondo industrializzato. È crollato il sistema del denaro".
"Senta, io sono una persona previdente, avevo comprato dell’oro, il classico bene-rifugio. Ho dei Luigi del ’700. Mi sembra un buon affare per un mezzo pieno di benzina".
"Ah, ah. Ma allora non ha capito niente. Ricorda il mito di Re Mida? Si può mangiare l’oro? Comunque è inutile che prosegua. Intorno alle città troverà mostruosi ingorghi di macchine. Vuote. I passeggeri sono scesi e si sono diretti verso le campagne. È in atto una sanguinosa guerra civile fra urbanizzati e contadini che li respingono a colpi di kalashnikov. Qui, per ora, ci salviamo perché è una terra povera e tutti hanno conservato un piccolo pezzo di terra da coltivare".
"E io?"
"Che lavoro faceva?"
"Il manager".
"Non ci servono manager. Ma chi sa dare di zappa o anche maniscalchi, idraulici, falegnami. Mi spiace".
La gente non si rende conto che questa crisi, che sussegue ad altre degli ultimi anni (bancarotta del Messico del 1996; tracollo delle "piccole tigri" del ’97, "subrime" del 2008 con continui rimbalzi e controrimbalzi fra Stati Uniti, Europa e Asia), segna il punto di arrivo di un modello di sviluppo basato sulle crescite esponenziali. Lo si sapeva da tempo.
Ma le leadership mondiali si sono ostinate ad "andare avanti", nella stessa direzione. Si sono comportate come chi, arrivato con una potente macchina davanti a un muro invalicabile, si intestardisca a forzare il motore rimanendo inesorabilmente fermo, invece di fare una prudente retromarcia per vedere se si poteva imboccare qualche via alternativa. E così la fusione del motore avverrà di colpo. Apocalipse dixit.
di Massimo Fini

28 agosto 2011

Il privato è anche peggio del pubblico


di Uriel

Faccio una proposta provocatoria: adeguiamo le retribuzioni dei politici a quelle dei manager del "privato".

Ultimamente arrivano sempre piu' prediche circa lo stato che deve dimagrire. E' ovviamente lecito che il cittadino, cui vengono chiesti sacrifici, pretenda che lo stato diventi piu' efficiente. Ma ultimamente si e' unito al coro qualcuno, qualcuno che invece dovrebbe nascondere la faccia sotto un bel paio di mutande: il mondo del "privato". Mi spiego meglio.

Ovviamente mi risponderete: ma che, sei pazzo? Un CEO uscente porta a casa una ventina di milioni di euro di buonuscita, e come se non bastasse guadagna PIU' di un politico. Un capufficio del pubblico impiego guadagna MENO di un "middle manager" con un team di 5 persone. Se adeguassimo le paghe dei politici a quelle dei manager del "privato", dovremmo dare loro DI PIU'.

Capite che se il CEO di un'azienda che ha partecipato al disastro del 2008 se ne esce con 40 milioni di dollari di buonuscita, questa e' circa la cifra che dovremmo dare al candidato PERDENTE delle elezioni: se Berlusconi venisse sconfitto e quindi venisse sostituito da un nuovo eletto, secondo le regole dei "manager del privato", e in particolar modo del mondo della finanza, dovremmo dargli qualche milioncino di euro di buonuscita.

Lo stesso vale per tutti gli impiegati statali. E' vero tutto quanto si dice dello stato. Ci sono problemi di efficienza, di formazione, di maleducazione degli addetti, di gerarchismo, di burocrazia. Aha. Dov'e' l'errore che denuncio? E' semplice: NEL PRIVATO LE COSE NON VANNO MEGLIO.

Se osservate gli andamenti di borsa, osserverete che a perdere valore non sono solo le banche e la finanza. Sono anche colossi industriali. Ora, se una banca che e' piena di titoli a rischio , diciamo btp italiani, perde valore possiamo dire che la colpa sia del debito pubblico.

Ma nelle borse occidentali NON stanno perdendo valore solo le finanziarie. Ho scritto che il valore azionistico e' un valore convenzionale che viene fatto coincidere col valore materiale. Vero.

Ma non e' TUTTA la verita'. Supponiamo che voi stiate investendo soldi. E supponiamo che un'azienda che vende, che so io, cibo sia in attivo. Ora, se volete un rifugio, perche' non finanziate , che so io, un'azienda che fa alimentari, che so io Nestle'? Se il problema fosse SOLO il debito pubblico dello stato, gli investitori sarebbero rimasti in occidente, muovendosi verso quelle aziende e quelle industrie che in ultima analisi NON possiedono titoli del tesoro. Voglio dire, se produci bulloni perche' mai dovrebbe fregartene?

Il problema e' che il mondo del privato, invece, perde valore a sua volta. Il manufatturiero perde valore. Perche' il manufatturiero perde valore come lo stato (fiducia nel debito) e cio' che gli sta attorno?

La risposta e' semplice:

PERCHE' IL GRANDE PRIVATO HA GLI STESSI PROBLEMI DELLO STATO.

Le aziende occidentali hanno, mutatis mutandis, gli stessi identici problemi del pubblico impiego.

Se il pubblico impiego ha il problema delle raccomandazioni, il privato usa dei metodi di assunzione che oscillano tra la stregoneria e la fiducia nelle teorie di Lombroso. Sempre meno aziende , almeno grandi aziende, fanno fare prove tecniche. Che cosa si fa ai colloqui? Si legge un CV e si parla con il candidato: se per qualche lombrosiana teoria il candidato appare essere il tipo giusto, viene assunto.

Quando dico lombrosiana intendo dire che conta l'aspetto piu' della sostanza. Ormai un buon vestito conta piu' degli studi, e la persona delle HR guarda a come vi sapete presentare piu' che a quello che sapete fare. Il meccanismo dei concorsi del pubblico impiego e' tutto sommato efficace, in confronto.

La mia azienda mi invita a presentare persone in gamba. Aha. Fichissimo, perche' si sa che se tu sei in gamba allora le persone che presenti saranno in gamba. Ma io pago se presento un brocco? No. Lo fanno anche TUTTI i nostri concorrenti, e anche i nostri clienti.

Se proponessimo un meccanismo di cooptazione simile nel privato, verremmo accusati di fomentare la raccomandazione. Lo stesso dicasi , e sta succedendo, nel mitologico "privato".

Voi direte: ma se le aziende si comportano cosi', allora "iniziano ad andare male e alla fine chiudono". Bene cocchi, svegliatevi: le aziende STANNO andando male e chiudono. Dice niente?

Quale altro difetto della pubblica amministrazione vogliamo menzionare? La scarsa produttivita'? Ma la produttivita' delle aziende italiane e' sotto la norma europea da anni, ormai, ed e' a livelli patetici.

Assenteismo? Oh, c'e' anche nel privato, non vi preoccupate. Sapete come si fa l'assenteismo nel grande privato? E' semplice: cattiva pianificazione. C'e' un'attivita' che si potrebbe fare in , diciamo, 15 giorni. Il vostro manager non sa programmare, non vuole rischi, e ne mette in conto 40. 25 giorni li passerete in riunioni, "esco un momento", due chiacchiere alla macchinetta del caffe', un'oretta di pausa per andare a prendere il bambino, (tanto siete SEMPRE nei tempi di progetto), eccetera.

Sprechi? Oh, a iosa. Gli uffici acquisti sono una mafia che non immaginate. Mi trovo a lavorare su prodotti concepiti per fare altro per una semplice ragione: qualcuno ha venduto il prodotto ad un manager che NON sapeva di cosa si stesse parlando. Se rabbrividite sui costi dello stato, non dovreste vedere quanto le aziende sprechino soldi.

Voi direte: ma quelli solo soldi dell'azienda, e se li vuole sprecare li spreca. L'azienda deve rispondere solo al mercato.

Non e' cosi' che la pensate quando annunciano il VOSTRO licenziamento. Allora vi viene da pensare che forse le aziende dovrebbero rispondere anche alla societa', chiamate i sindacalisti (ma non rispondevano solo al mercato), invocate l'intervento del governo e della regione (ma non rispondevano solo al mercato?) ma specialmente, dovete capire che tutto questo finisce regolarmente nel prezzo di beni e servizi che pagate. Voi, di tasca vostra.

Ma specialmente, succede che le aziende lavorano sempre peggio. Stanno lavorando sempre peggio. HP non riesce piu' a produrre un tablet in tempo e anziche' ristrutturarsi molla il campo. E' solo un esempio. Un esempio di come le nostre aziende, quelle quotate in borsa, abbiano GLI STESSI problemi dello stato.

LE GRANDI AZIENDE DEVONO DIMAGRIRE

QUANTO LO STATO, SE NON DI PIU'.

Troppi manager, e troppo pagati. Troppo , rispetto ai compensi monacali dei politici: monacali rispetto a quelli dei "manager", of course.

Ancora piu' eccesso di MIDDLE manager, i piccoli caporali che passano la vita a "comunicare" e "gestire": patetiche esistenze inconcludenti il cui unico merito e' di saper usare Outlook, vestire una cravatta e parlare un idioma da pizzaiolo di Brooklyn. Sono migliaia, e sono ormai in un rapporto di 60/40 con i settori produttivi. Degli statali si lamenta l'incompetenza. Non avete mai avuto a che fare con una grossa corporation. Il mio diretto superiore NON sa usare il calendario di Exchange, e per invitare ad una riunione manda una email tipo "Please join the meeting ....". E facciamo IT.

Presso il cliente, sono in un'isola (quattro scrivanie accorpate) che contiene 4 tecnici. Bene. Il mio gruppo ha UN INTERO PIANO di "project manager". Un intero piano fa 22 persone. Ventidue persone "dirigono" quattro tecnici. VENTIDUE persone si occupano di comunicazione, quando io e i miei tre colleghi possiamo comunicare semplicemente dicendo "Hey, how many time we need for this and that, more or less?".

Mi e' gia' capitato, piu' di una volta, di alzarmi insieme ai colleghi, andare su di qualche piano, e andare a fare un meeting. Con la stessa identica gente che c'era quando ci siamo alzati. Cioe' in un openspace ci sono dieci persone. Ad un certo punto tutti e dieci si alzano, vanno in una stanza diversa a parlare. Perche' vanno in una stanza diversa anziche' riunirsi sul posto? Perche' presso il mio cliente c'e' una segretaria che si occupa esclusivamente di gestire la prenotazione e il catering delle stanze dei meeting: lei fa trovare penne, bloc notes, acqua minerale, biccheri, ovviamente prenota le stanze, e magari ti alloca il bridge per la videoconferenza.

Ora, si potrebbe anche stare nella stessa stanza. Per parlare un'ora (dieci persone in un meeting di un'ora parleranno, in media, sei minuti a testa!) non mi serve catering e di solito HO GIA' una penna ed un bloc notes per lavorare. Ma questo vi fa capire quanto idiotica sia la "grande multinazionale". Dilbert e' un documentario, e spesso e' anche ottimistico. Vi assicuro che il mio capo, anche se e' molto piu' bello (sospetto che a sceglierli sia una donna o un tizio gay (1) ) , non e' molto piu' intelligente del capo dai capelli a punta.

Si dice che "si ma il governo appare confuso, frammentato e privo di idee". Avete mai assistito ad una riunione di "creativi" e di "Project Managers"? Ho assistito al design di un nuovo prodotto. Lo sto vedendo crescere in questi giorni. Non conoscevo il processo 'creativo", o meglio lo conoscevo benissimo. Ma lo chiamavo in un altro modo: "bambini, che cosa volete per merenda?".

Nel processo di creazione di un nuovo prodotto, arrivano innanzitutto "i creativi" e "il marketing". Ma non quello che mi passa i forecast per il traffico di rete, che sa anche di cosa si parli. No, parlo di quelli che fanno "evangelism" , quelli che hanno "le idee". Avete mai invitato tutti gli amici dei vostri figli a cena, quando avevano quattro anni? Ecco, l'effetto e' quello.

Un branco di spastici pederasti vestiti come idioti disegnati da Platinette in persona eccentrici creativi si metteranno a discutere, e il processo sara' esattamente quello che succede quando avete dieci bambini a casa e chiedete "allora, cosa volete per merenda?". Lo chiamano "brainstorming". Volete sapere come la penso? Il Governo Berlusconi e', in confronto, tale sopraffina e sofisticata apoteosi di processo gestionale e creativo che il mondo delle multinazionali dovrebbe solo inchinarsi, folgorato, di fronte a tale sublime illuminazione, succhiare e cosi' saziarsi di Anticristo.

Il processo con cui nasce un nuovo prodotto e', diciamo, circa cosi':
Prima fase: ogni creativo presenta una novita':


La tesi.

ognuna di queste novita' e' quanto di piu' scontato, noioso, gia' visto, gia' sperimentato, gia' obsoleto esista. A quel punto, inizia la discussione:

  • Aaaah, maddai, ancora il Cremlino? Con quelle torri, poi! Sembra Disneyland!
  • E tu? Guarda che ormai il Taj Mahal non incanta piu' nessuno, siamo nell' epoca del Dhio Majal adesso.
  • Si, in effetti quella statua con la fiaccola potrebbe andare, ma insomma, tutte quelle pieghette....
  • ...
  • Ma quelle piramidi non sono un pochino scontate? E poi, i triangoli sono gia' brevettati da Apple.....

Dopo circa due ore, si arriva a questo:


L'antitesi.

Che viene passato in mano ai grafici, e dopo qualche "ritocco con Photoshop" diventa questo:

La sintesi.

Il prodotto di cui parlo non e' Google Plus, sia chiaro, ma qualcosa che uscira' per il mondo della telefonia. Qualcosa che giudicherete geniale, e lo farete solo perche' NON avrete assistito al processo IDIOTICAMENTE ANTI-UMANO che ne presiede la "creazione".

Vi racconto una storia. Un'azienda , una grossa telco straniera, due anni fa, ha investito 60 milioni di euro per scrivere un software che producesse servizi online di tipo telco/IP. Il progetto, quando nacque, era cosi' terrificante che i concorrenti (2) dovettero indire riunioni di emergenza per capire come ribattere a quella proposta. Ma il progetto, uscito dalle mani dei creativi, aveva alcune pecche. Per esempio, di essere irrealizzabile. I nostri geniali creativi , per dirne una, avevano in mente la distinzione tra "Utente mobile", "utente internet", e "utente wifi". Use case diversi con comportamenti diversi.

Adesso vi sarete chiesti (se siete informatici): ma che differenza c'e', dal punto di vista del server, tra "wifi" e "internet"? Capisco che conoscendo gli SGSN, i GGSN e manipolando il traffico si possa capire se l'utente sia collegato attraverso la rete telefonica, di cui come telco possediamo gli APN e/o gli MSP. Ma come facciamo a sapere se arriva da una "wifi" o da "internet", un tizio che si collega dall'altra parte del mondo?

Questo non e' strano: i prodotti arrivano da perfetti incompetenti che scrivono cose come: "l'automobile del futuro deve produrre benzina anziche' consumarla e deve andare sempre piu' veloce dei concorrenti ma rispettando i limiti di velocita' " . Dopodiche' ai requisiti si fa una cosa che si chiama "descoping", cioe' si mettono "out of scope" alcuni requisiti che potrei definire "imbarazzanti". Niente auto che producono benzina, niente cellulari che si collegano ad internet usando la rete 3G per segnalare che si stanno spegnendo, -durante lo shutdown- , niente software per cellulari che funzionano "in the cloud" anziche' "sulla rete mobile". Non scherzo: requisiti scritti da aziende di consulenza che scrivono nuove idee per le telco.Nel caso del prodotto -60 milioni di euro- di cui parlo, il processo di descoping ha , diciamo, "un pochino esagerato". Una feature , diciamo "core" , cioe' una chiave di volta che teneva tutto l'arco , e' stata "descoped".

Immaginate di avere un tizio che legge un preventivo per un arco. E legge: dodici pietre, 300 euro cadauna. Chiave di volta, 1000 euro. Ehi, ma la chiave di volta e' solo un'altra pietra, e costa tre volte le altre! Via quella merda, e' troppo costosa.

Ecco, quell'idiota che ha preso in mano le specifiche tecniche era uno dei soliti spastici pederasti vestiti come idioti disegnati da Platinette in persona "Product manager", e ha messo out of scope una "feature", una cosina che veniva descritta come "indicatore di presenza online". Peccato che l' "indicatore di presenza online", diciamo conoscere il pdpcontext, era "vagamente essenziale" per un prodotto 3G. Perche' lo ha fatto? Perche' c'era scritto che l'indicatore di presenza online era un preciso segno grafico vicino ad un nome in rubrica. E quello ha detto: "cazzo, tutti questi soldi per quello scarabocchio?". In realta' lo scarabocchio implicava e richiedeva una infrastruttura capace di conoscere lo stato 3G (il pdpcontext e blablabla) di ogni utente in rubrica di un dato cellulare.

Il risultato e' stato che quando il prodotto e' arrivato alla fase che google chiamerebbe "beta ad invito", faceva tutto, tranne funzionare. Ma nessuno se ne accorse. No, non e' una presa in giro: forse non sapete come avvengono i test. Esiste un "testbook" cioe' una lista di test descritti come "accendere il cellulare. aspettate che si avvii. cliccate sul tasto 'telefono verde'. Cliccate su "web". ...." . Si, spesso ci sono i disegnini. Non scherzo. Lo scopo di ogni singolo test era ed e' quello di verificare la SINGOLA feature. Icona verde, scritta "yes" , "terms&conditions", Che "copyright" sia seguito da 2005 anziche' da 2004, eccetera.Le funzionalita' vennero implementate secondo una logica "agile". (Agile means confusion.). Ogni singola funzionalita' veniva trattata come un universo a parte, scritto su un postit piazzato su una lavagna. E testata a parte.

Cosi', i testers (al divino ritmo di 2.5 test al giorno) non si accorsero che il prodotto NON funzionava per circa un anno di test di fila. Le icone c'erano. No, non sto scherzando.
Quando avete sul mercato un iPhone che funziona solo con la mano sinistra e' perche' NESSUNO ha informato la scimmia che testa il prodotto che deve provare ad usarlo ANCHE con la mano destra.
Per dirvi che succede ANCHE nelle migliori famiglie: non e' diverso per Apple, il design "minimal" oggi e' l'esigenza di aziende che non hanno risorse intellettuali per andare oltre il "minimal".

Quando si accorsero che mancava il prodotto (anche se le icone, i menu, i font, la navigazione, la velocita' con cui funzionava sui 75 cellulari testati) , chiesero ai tester che cazzo avessero testato. E si sentirono rispondere che era Q&A che doveva trovare i bachi. Loro dovevano solo seguire i test e verificare che esistesse l'implementazione di ogni singolo elemento dell'interfaccia.
Cosi' si rivolsero a Q&A. Ma Q&A rispose semplicemente che a differenza dei tester loro testano solo le feature, e QUELLA feature era stata "descoped".

Risultato: due anni di lavoro e 60 milioni di euro di investimenti PERSI. Il prodotto NON ha MAI visto la luce. Non lo avete MAI visto sul mercato. Ed era ge-nia-le. 60 milioni di euro gettati.

Capite ora quanto e' BELLO , FUNZIONALE, INTELLIGENTE, EFFICACE, EFFICIENTE , BEN GESTITO, BEN ORGANIZZATO, COMPETENTE, RESPONSABILE, SERIO,

L' INAIL DI PESCARA?

Che cosa vi voglio dire? Voglio dire che vi state illudendo.

Se pensate che replicando i processi delle grandi aziende e che mettendo grandi manager di grandi aziende alla guida dello stato MIGLIORERETE lo stato,

SBAGLIATE DI GROSSO.

Se le grandi aziende quotate in borsa perdono valore non e' perche' c'e' il debito pubblico. E non e' neanche del tutto un torto della finanza, o del tutto un problema di delocalizzazione.

E' perche', essenzialmente,

Le aziende molto grandi hanno gli STESSI IDENTICI problemi che ha lo stato, ma MOLTIPLICATI PER MILLE.
Servirebbe loro la stessa cura che i loro "grandi manager" vanno predicando per lo stato, ma moltiplicata per mille.

Sapete perche' non ve ne accorgete? Perche' la storia che vi sto raccontando e' "confidential". Ho tolto il nome del prodotto, ho tolto il nome dell'azienda, ho modificato dei dettagli in modo da mandarvi fuori strada se provaste ad indovinare. NON POSSO dirvi , non POSSO fare i nomi. Ho cambiato tutto perche' ho firmato degli NDA. Non Disclosure Agreement. Cosi' non ci sono riferimenti chiari a cose e fatti realmente accaduti. Ma le storie sono vere. (la cifra sprecata in verita' e' molto piu' grande).

Mentre voi avete il diritto, o cosi' credete, di sapere perche' diavolo un ospedale appena costruito debba chiudere senza MAI aprire, le aziende dicono esplicitamente ai dipendenti ed ai consulenti che le magagne NON possono venire rivelate al pubblico. Sapete che un cellulare Apple si poteva usare solo con una mano, ma NON sapete quale catastrofico processo ha portato un difetto macroscopico sul mercato.
Se lo sapeste, se fosse possibile avere per le grandi aziende la stessa trasparenza che avete con lo stato, capireste che si, INAIL di Pescara E' (probabilmente) piu' efficiente di Apple. E scrivo "probabilmente" perche' Pescara l'ho vista di passaggio e senza visitare INAIL.

Credete che non ci sia nepotismo nelle grandi aziende? Aha? Almeno in politica potete sapere se tizio e' nipote di caio. Aha. Perche' non provate a cercare le parentele dentro le grandi aziende italiane? Ci avete mai provato?

Nessun giornale lo fara' MAI. Queste grandi aziende sono i loro clienti , pagano la pubblicita'. Voi saprete che il tale professore universitario, barone, ha fatto avere la cattedra alla studentessa succhiacazzi o al nipote. Ma non saprete MAI di una segretaria dal meraviglioso culo, assunta SOLO per registrare le salette usate per le riunioni, il cui solo pregio e' di stendersi in orizzontale su richiesta, e accompagnare il boss durante le convention. I giornali non ve lo diranno mai.

I giornali vi diranno che E' UNO SCANDALO se lo stato deve chiudere un ospedale che ha appena costruito. SPRECO! SPRECO! SPRECO!

Ma NESSUNO gridera' allo SCANDALO se HP non riesce, nonostante investimenti immani, a produrre un tablet in tempo utile.

Sapete perche'? Perche HP spende un sacco di soldi in pubblicita'. Soldi che finiscono nelle tasche dei giornali. Eppure, quel fallimento costera'. E non sono soldi "privati". Costera' migliaia di posti di lavoro se Samsung rilevera' il settore. Delocalizzati. Costera' al contribuente, o meglio al consumatore, che in qualche modo dovra' ripianare i bilanci quando compra. Costera' al contribuente in ammortizzatori sociali.

Lo stato funziona male, sia chiaro. Non sono mai stato gentile, e mi siete testimoni, con gli statali. Penso che il cittadino abbia DIRITTO di avere uno stato piu' efficiente e di avere qualcosa di meglio. Ma ultimamente si sono uniti al coro degli indignati dei personaggi, DELLE FACCE DA CULO, provenienti da grandi aziende quotate -che sono state mie clienti in alcuni casi- i quali personaggi hanno IL CORAGGIO di parlare scandalizzati della spesa pubblica. Questo non mi va bene, invece. Perche' chi vuole dare di lezioni di efficienza allo stato dovrebbe invece PRENDERE lezioni di efficienza dallo stato. E non perche' lo stato sia efficiente.

La spesa pubblica e' scandalosa. Vero. Ma gli uffici acquisti delle grandi aziende sono qualcosa al cui confronto lo stato e' di un'innocenza quasi ingenua.

Allora, sono perfettamente d' ACCORDO col cittadino che si lamenta delle inefficienze dello stato. Ma vedere FACCE DA CULO provenienti dal mondo della finanza e delle grandi aziende quotate che si mettono a dare lezioncine e' davvero TROPPO.

Prendete un mappamondo. Guardare il madagascar. Quella e', circa, la "carbon footprint" di alcuni consulenti. Circa due-trecento che vedo. Sono i miei colleghi non residenti in Germania. C'e' un mondo che ogni cazzo di settimana prende un aereo il lunedi' e riempie un grosso grattacielo, qui. E poi torna a casa il venerdi'. Paga tutto il cliente: vitto, alloggio, viaggi, tutto quanto, piu' trasferta. Sapete che cosa fa il mio cliente, tra le altre cose? Decine e decine di miei colleghi arrivano, il lunedi' mattina, con il loro trolley in ufficio: tutti hanno nel trolley una bella etichetta di aereoporto. Sapete cosa fa, il cliente, tra le altre cose?

SISTEMI PER IL TELELAVORO.

"Your office is where YOU are" dice la sua pubblicita' in Canada. Capite il punto? Un'azienda che fa, tra le altre cose, sistemi per il telelavoro e che offre al cliente la possibilita' di lavorare senza andare in ufficio paga ogni settimana due voli, la casa, le utenze domestiche, la donna delle pulizie, le spese a pie' di lista, piu' la trasferta, per muovere gente di 2000KM e chiamarla a lavorare in ufficio.

Queste sono le grandi multinazionali quotate in borsa, gente. Quelli che danno lezioni allo stato. Quando la mia azienda mi dice "beh, allora creiamo una unita' in Germania e muoviamo li' la gente (se accetta), gli altri tornano a casa", per questi "grandi industriali delle grandi multinazionali" e' quasi un'azienda di ALIENI. Se lo racconto mi guardano con occhi strani. Cos'hanno, le aziende italiane, questi fornitori, contro il pendolarismo internazionale? Forse non paghiamo noi?

Questi sono i managerz, gente: finche' hanno il "budget", NESSUNO SPRECO E' DAVVERO UNO SPRECO.

Non fanno tagli perche' vedono sprechi. Fanno tagli SOLO quando gli diminuisce il budget.

Se c'e' il budget,e finche' c'e' il budget, gli sprechi non-vengon-visti.

Non fate quello sbaglio. Non credete a questi saccenti professoroni, come i Montezemolo(3), come la Mercegaglia e i suoi soci, come tutti quelli che vengono dal "mondo della finanza" a dire quanto sono bravi. Beh, non fate l'errore di crederci, non fate l'errore di affidare LO STATO a gente del genere. L'avete gia' fatto con Berlusconi, ricordate?

Le loro aziende NON sono ben gestite , e la perdita di valore che hanno nelle borse e' un sintomo. I loro continui tagli mostrano solo l'incapacita' di gestire l'azienda con investimenti. La loro delocalizzazione mostra solo il fallimento della loro organizzazione produttiva. Essi sono PEGGIORI dei manager dello stato, sono PIU' COSTOSI dei manager dello stato, sono MENO EFFICIENTI dei manager dello stato. Sono sopravvissuti al mercato semplicemente tagliando i costi del personale , delocalizzando e facendo cartello.

Non votate ancora grandi "imprenditur" che vengono dal posto di CEO, non credete loro quando si atteggiano a maestri di buona gestione,

PERCHE' LE GRANDI AZIENDE QUOTATE IN BORSA AVREBBERO BISOGNO DELLA STESSA MEDICINA DI TAGLI E DI RAZIONALIZZAZIONI DI CUI HA BISOGNO LO STATO. E NE AVREBBERO BISOGNO ANCHE PIU' DELLO STATO STESSO.

Come questi personaggi abbiano il coraggio di salire sul pulpito e di fare prediche alla cattiva gestione di uno stato CHE E' GESTITO MEGLIO DELLE LORO AZIENDE e', onestamente, un chiaro esempio di "HANNO LA FACCIA UGUALE AL CULO". Oddio, se poi volete uno stato che paga un consulente straniero per venire a lavorare ogni settimana in aereo , e gli paga pure casa, donna delle pulizie e tutto quanto (se lo fa lo stato per un funzionario sono "privilegi", giusto?) , e proprio in una sezione che in teoria produce anche sistemi per lavorare da remoto, fate pure. Vi faccio pero' una controproposta dalla Germania, vi dico una cosa strana che vi sembrera' "crucca":

CARI ITALIANI, CHE NE DITE DI RICOMINCIARE A VOTARE PER DEI POLITICI , INVECE DI ASCOLTARE OGNI "IMPRENDITORE", "FINANZIERE", "INDUSTRIALE" &CO?

Vi sembra un'idea troppo strana?

Uriel



(1) Tempo fa lavoravo al tredicesimo piano di un palazzo. Avevo una collega (che all'epoca lavorava anche lei in quell'edificio e per quel cliente) che veniva a trovarmi in continuazione. Oggettivamente, devo ammettere che Armani a volte ha un concetto peggiore di "bella presenza maschile". Definire "di bella presenza" i miei colleghi dell'epoca era un eufemismo. Sospetto che fosse la stessa giuria che ha scelto il mio attuale cliente-capo.

24 agosto 2011

Perché gli Eurobond sono sbagliati e inutili


Nell'analizzare le decisioni e le azioni dei leader e delle istituzioni europee nell'ultima settimana, non bisogna dimenticare nemmeno per un secondo che l'attuale sistema è irrimediabilmente in bancarotta. Gli sforzi di salvare un sistema carico di milioni di miliardi di debito speculativo può solo condurre a politiche che schiacciano la popolazione e alimentano un incendio iperinflazionistico che alla fine distruggerà ogni valore finanziario e monetario.

Autorizzando la BCE ad acquistare su vasta scala titoli di stato in mano alle banche, la Giunta EU ha accelerato proprio quella tendenza iperinflazionistica. E riservando il trattamento greco al governo italiano, complice Mario Draghi, la stessa Giunta ha esteso un regime di brutale austerità su sessanta milioni di italiani. Anche se il governo ha evitato di tagliare pensioni e sanità, il nuovo pacchetto di 45,5 miliardi, che si aggiunge ai tagli di 48 miliardi di luglio, è stato dettato dalla BCE e da Francia e Germania, che hanno di fatto commissariato il governo.

Mentre queste misure da "lacrime e sangue" saranno completamente inutile, la prossima crisi è già iniziata in Francia, dove le banche e i titoli di stato sono finiti nel mirino della speculazione. Il divieto di vendite allo scoperto, tardivo e incompleto (non riguarda i CDS), è più che altro una reazione di panico.

Queste misure sono inutili perché il collasso finanziario è determinato dal "deleveraging", e cioè dallo sgonfiarsi dell'effetto leva nel sistema bancario ombra, una progressione geometrica di sgonfiamento della bolla che non può essere fermata. Il sistema bancario "regolare" è coinvolto perché esso non ha cambiato il suo modus operandi dall'inizio della crisi. Le banche dipendono tuttora da finanziamenti a leva finanziaria rinnovati giorno per giorno sul mercato interbancario. Quando la qualità del collaterale necessario per il finanziamento deteriora, la leva si sgonfia. È accaduto con la retrocessione del debito UE e con quella, recente, del debito USA.

L'UE ha aggiunto il suo tocco di insanità al processo, con il famoso patto per la "competitività" o "Euro-plus" stipulato nel marzo scorso, che ha ridotto il già assurdo parametro del deficit al 3% azzerandolo, e ponendo agli stati membri il traguardo del 2014 per raggiungere l'obiettivo. Questo target, che non ha base legale (la legge europea in vigore è il Trattato di Lisbona che parla di deficit al 3%) può essere raggiunto solo aggirando le istituzioni democratiche, come mostra il caso italiano. E tutto questo per salvare le banche.

Ora crescono le pressioni per adottare un bilancio europeo, attraverso la creazione dei cosiddetti "Eurobonds". Questo schema, se verrà adottato, significherà un passo gigantesco verso la dittatura e l'iperinflazione. Infatti, il vero scopo degli Eurobond, o titoli di stato europei, è quello di rifinanziare il debito marcio del sistema bancario. Anche se qualcuno sostiene che gli Eurobond saranno usati per finanziare gli investimenti, questa è una pia illusione. Finché il sistema bancario non sarà ripulito dai titoli tossici, le garanzie illimitate concesse dai governi costringeranno quest'ultimi a rifinanziare le banche, tagliando gli investimenti e i programmi sociali. Solo una separazione bancaria secondo i criteri Glass-Steagall può risolvere il problema, limitando le garanzie al settore commerciale e scaricando il resto.

Una volta fatto ciò, non ci sarà bisogno di eurobond ed euro dittature.

by (MoviSol)

23 agosto 2011

Per un Governo di "resurrezione"


La Banca centrale europea chiede liberalizzazioni per gli speculatori; una banca nazionale avrebbe protetto il lavoro.

- L'economista e politico americano Lyndon LaRouche denuncia da anni la necessità per ogni nazione del pianeta di dotarsi di sistemi autenticamente sovrani dal punto di visto economico. Per farlo, è necessario abbandonare il sistema monetarista controllato dalle banche centrali ed instaurare un sistema creditizio centrato su banche nazionali sotto la direzione di governi democraticamente eletti. D'altra parte LaRouche denuncia da anni che l'attuale sistema monetarista speculativo avrebbe inevitabilmente distrutto le economie nazionali a tutto vantaggio di una ristretta oligarchia finanziaria internazionale. Anche per i più distratti, i fatti di questi giorni, non sono altro che il progressivo avverarsi dell'analisi di LaRouche.

Il prof. James Galbraith, figlio del più noto economista John Kenneth Galbraith in un'intervista a Il Messaggero, nei giorni scorsi, ha risposto alla domanda su "chi governi oggi se non i governi?" in questi termini: "Abbiamo una tecnocrazia, anzi una tutor-crazia, una situazione in cui gli Usa sono sotto la tutela di un pugno di burocrati finanziari, e l'Europa nelle mani di una banca centrale non legittima. I burocrati sono i membri delle agenzie di rating, la Standard and Poor's ad esempio, che con le loro visioni vogliono plasmare la vita politica di questo Paese, e magari approfittare di questa presunta crisi del debito per disfarsi una volta per tutte del Welfare State. In Europa avete una Banca Centrale che non risponde a nessuno ...".

In questi giorni, pur all'interno di un contrasto sempre più evidente tra i due, sia il Presidente del Consiglio che il Ministro Tremonti hanno più volte sottolineato il fatto che l'attuale manovra correttiva ci venga imposta dalla Banca centrale europea (BCE) come condizione per l'acquisto da parte di questa dei titoli di Stato italiani, onde evitare che questi siano alla mercé dei mercati ed i relativi tassi di interesse vadano alle stelle. Tra le condizioni poste dalla BCE vi sarebbe in particolare quella di rendere ancor più deregolamentato il mercato del lavoro italiano e quella di deregolamentare (attraverso liberalizzazioni e privatizzazioni) quei pochi settori dell'economia italiana ancora regolamentati (i servizi pubblici locali e le professioni intellettuali). In sostanza, la BCE chiede all'Italia (ed invero a tutti i paesi membri della UE) uno di quegli ingredienti della ricetta avvelenata che il Fondo monetario internazionale ha imposto per decenni alle economie sottosviluppate dell'Africa (sottosviluppandole ancor più!), a quelle che erano in via di sviluppo nell'America Latina (Cile ed Argentina in particolare), ed a quelle che erano state protagoniste di rilevanti fasi di sviluppo, come quelle del Sud-est asiatico. Per ognuna di esse il risultato è sempre stato il medesimo: assoggettamento delle economie a ristrette oligarchie finanziarie, progressivo impoverimento della popolazione, indebolimento delle economie nazionali.

Ma perché la BCE tiene così tanto a liberalizzare e privatizzare le economie europee? La BCE è una banca centrale che come dice il prof. Galbraith non risponde ad organismi democraticamente eletti; essa risponde alle banche centrali che la partecipano, che a loro volta rispondono molto più alle banche private che non ai relativi governi. L'attuale sistema finanziario internazionale è funzionale, a partire dai primi anni '70, alla creazione di una stratosferica bolla speculativa. Essa necessita continuamente di esser rifinanziata (pena altrimenti la sua definitiva esplosione); così ogni operatore finanziario, ogni banca, deve poter ancorare progressivamente i propri impieghi, attraverso partecipazioni finanziarie, a nuove voci dell'economia reale. Quest'ultime fungono da sottostante per la creazione di nuovi aggregati finanziari che costituiscono le nuove micro-bolle speculative che sostituiscono quelle scoppiate in seguito alla "presa di coscienza" dei mercati (quella della frode dei titoli della new economy, quella immobiliare e dei mutui facili, quella del credito al consumo facile, quella dei debiti sovrani insolvibili di questi giorni).

Il Presidente Berlusconi ha tenuto a sottolineare che l'attuale debito è frutto delle politiche adottate tra il 1978 ed il 1992, ma non ha evidenziato una questione centrale di cui si parla troppo poco: nel luglio 1981 l'Italia procede alla "denazionalizzazione" della Banca d'Italia, separandola dal controllo dell'allora Ministero del Tesoro. Da lì, la parabola del debito pubblico cresce esponenzialmente perché i nostri titoli di stato si trovano esposti ai capricci dei mercati speculativi piuttosto che trovare nella banca nazionale la controparte obbligata ad acquistarli. Ecco perché oltre ad una legge che reintroduca il principio di separazione tra banche commerciali e banche d'affari (standard Glass-Steagall) che impedisca di fare speculazioni con i depositi dei cittadini, un nuovo sistema monetario e finanziario fondato su cambi fissi (una Nuova Bretton Woods), abbiamo anche bisogno di una banca nazionale (banca hamiltoniana ) alle dirette dipendenze del Governo, come insegnato dall'autentico sistema americano di economia politica . Altro che obbligo di pareggio di bilancio! All'interno di questo quadro di regole ben definito, la mission dei governi non sarà più quella di rispondere all'oligarchia finanziaria, ma quello di perseguire il bene comune utilizzando il credito nazionale per finanziare la creatività umana, attraverso infrastrutture e produzioni al più alto livello tecnologico-scientifico consentito.

L'Italia è di fronte ad un bivio: restare dentro il Titanic della supremazia della speculazione sulla vita della gente, limitandosi a cercare un'inutile cabina viaggio de luxe, oppure scendere dal Titanic – partendo dall'abbandono dell'euro – per salire su una nave che non sia destinata ad affondare. Abbiamo bisogno di un Governo di "resurrezione".

Claudio Giudici
Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà

20 agosto 2011

Uomo morto non parla: Gli US Navy SEALs distrutti per coprire la bufala dell’esecuzione di bin Laden?



http://t1.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTMw8b1sZaXrfhr0ag507BTuJWonXPw9GWckNrxC5MqFw_iGke9RAL’eliminazione di 30 uomini delle forze speciali degli Stati Uniti nello schianto di un elicottero Chinook in Afghanistan arriva in un periodo in cui la versione ufficiale di Washington sul modo in cui è stata eseguita l’uccisione di Osama bin Laden stava crollando sotto i colpi dell’incredulità. Tra i 38 morti nel disastro dell'elicottero - la più grande perdita di vite statunitensi avvenuta in una singola occasione nel corso della decennale guerra di occupazione dell'Afghanistan - si pensa che vi siano molti dei 17 Navy Seals coinvolti nell'esecuzione di Osama bin Laden all’inizio di maggio. Tra i morti sono compresi anche altri membri delle forze speciali USA e dei commando afghani.

I primi servizi dei media occidentali indicavano che il Chinook potrebbe essere stato coinvolto in una considerevole operazione militare contro dei militanti afghani, al momento in cui è stato abbattuto nella provincia di Wardak, poco a ovest della capitale Kabul, alle prime ore di sabato.
Si è riferito che alcune fonti fra i taliban hanno affermato che i loro militanti hanno abbattuto il Chinook con un lancio di razzi.

Funzionari militari statunitensi dichiarano che stanno indagando sulle cause dello schianto.
Tuttavia, appare significativo che fonti anonime USA abbiano raccontato agli organi di informazione che ritenevano che l'elicottero sia stato abbattuto. Questo sorta di conferenza stampa non ufficiale degli USA appare alquanto strana. Perché le fonti militari statunitensi vogliono offrire ai combattenti nemici un così spettacolare colpo propagandistico?
Forse giova gli interessi degli USA distrarre dal motivo e dalla causa reali dello schianto dell'elicottero, sia stato esso colpito o meno da un razzo.

Funzionari statunitensi hanno ammesso che i Navy Seals deceduti facevano parte dell'unità Team 6 che avrebbe eseguito l'assassinio, lo scorso maggio, della presunta mente dell'11/9, Osama bin Laden.

Fin dai primordi, il resoconto di Washington in merito al modo in cui le sue forze speciali hanno ammazzato Bin Laden presso il suo complesso residenziale di Abbottabad, nel nord del Pakistan, era squarciato dalle contraddizioni. Perché mai, una volta liquidato, Bin Laden è stato seppellito in mare in fretta e furia? Come ha potuto il "Terrorista N°1" a livello mondiale risiedere, senza essere notato, ad appena poche miglia dal quartier generale militare pakistano di Rawalpindi?
In tutta evidenza, diverse fonti ben informate sono convinte che Bin Laden sia morto per cause naturali dieci anni fa. L'autore Ralph Schoenman ha respinto la presunta esecuzione dei Navy SEALs come "una grande bugia". Dalle indagini condotte nel corso di vari anni in Pakistan, Schoenman ha dichiarato a Global Research: «Ho intervistato vari membri dei servizi segreti pakistani e diversi militanti, e tutti hanno confermato che Bin Laden è morto per insufficienza renale oltre dieci anni fa».

Più di recente, come riferisce Paul Craig Roberts,[1] i pakistani del luogo hanno affermato che l'operazione dei Navy SEALs ad Abbottabad è finita in un disastro, con uno dei tre elicotteri USA che esplodeva appena decollato dal terreno vicino al complesso. Gli altri due elicotteri non sono atterrati e, secondo i testimoni, sono volati via dalla scena immediatamente dopo l'esplosione. Come Roberts sottolinea, questo vuol dire che non c'era alcun cadavere di Bin Laden da smaltire in mare, come Washington asserisce.
Le persone chiave che conoscerebbero la verità sull'incredibile assassinio di Bin Laden da parte di Washington, sono ora indisponibili ai commenti. Caso chiuso.

di Finian Cunningham - globalresearch.ca.
(Tratto da http://www.megachip.info/finestre/zero-11-settembre/6589-uomo-morto-non-parla-gli-us-navy-seals-distrutti-per-coprire-la-bufala-dellesecuzione-di-bin-laden-.html

Finian Cunningham è corrispondente di Global Research da Belfast, Irlanda.
cunninghamfin@yahoo.com
Fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25923

Traduzione per Megachip a cura di Dario Tanzi.

Nota di Pino Cabras per Megachip
Subito dopo i fatti di Abbottabad gli esponenti del sito Infowars.com avevano ragionato e profetizzato intorno a uno scenario inquietante: alludevano a un provvidenziale incidente militare che nel giro di poco tempo avrebbe eliminato dalla scena i Navy SEALs coinvolti nella misteriosa operazione che aveva depennato ufficialmente Bin Laden dagli attori del grande show della guerra. Citavano analoghi casi – per i servizi americani come per quelli russi e di altri paesi - in cui le operazioni coperte venivano ulteriormente coperte sacrificandone i protagonisti.
L’articolo di Finian Cunningham offre perciò un’interpretazione suggestiva del tragico incidente occorso al Team 6 dei Navy SEALs. L’interpretazione non è tuttavia suffragata da prove, mentre funzionari governativi USA «hanno dichiarato all’agenzia Associated Press che ritengono che nessuno dei Navy SEALs che sono morti nello schianto di un elicottero in Afghanistan avesse preso parte al raid che ha ucciso Osama bin Laden, sebbene fossero della stessa unità che ha eseguito la missione bin Laden.»[2]
Non potendo affatto ancora raggiungere conclusioni su questa vicenda, ci limitiamo a riprendere comunque le testimonianze a caldo raccolte fra i residenti di Abbottabad dai reporter di CCTV. Gli abitanti del luogo non credevano che Osama bin Laden fosse mai stato in quel complesso residenziale e si ritenevano tranquillamente sicuri che quella strana operazione fosse una bufala. La stessa squadra antiterrorismo del Pakistan non era in grado di confermare l’uccisione, in base a quanto veniva riferito

19 agosto 2011

Intrigo internazionale, le verità che non si sono mai potute dire



intrigo internazionale
'Intrigo Internazionale' cerca di fare luce sulla sanguinosa storia italiana degli ultimi quarant’anni da una prospettiva diversa

Uscito nel maggio dello scorso anno per Chiare Lettere, Intrigo Internazionale è un libro che cerca di fare luce sulla sanguinosa storia italiana degli ultimi quarant’anni da una prospettiva diversa rispetto a quella utilizzata sinora.

Il tentativo viene attuato da un personaggio più che qualificato per svolgere questo compito: si tratta del giudice Rosario Priore, magistrato inquisitore con un’esperienza di lungo corso che ha partecipato alle indagini sui più importanti avvenimenti della recente storia italiana, dal sequestro Moro alla strage di Ustica. A interrogarlo è il giornalista Giovanni Fasanella, coautore del libro, che attraverso l’agile forma dell’intervista ripercorre gli scenari all’interno dei quali il giudice Priore si è trovato a operare nel corso della sua trentennale carriera.

Dicevamo della diversa prospettiva. L’usanza comune infatti, da parte sia degli addetti ai lavori che di quella fetta dell’opinione pubblica meno formata, è quella di leggere questi accadimenti con una chiave interpretativa che Priore considera ristretta, inadatta e quindi incapace di avvicinarsi alla verità. Una verità, quella che viene raccontata nel libro, che non è giudiziaria bensì storica, politica e umana, perché libero finalmente dalle incombenze e dalle forzature cui spesso l’opera del magistrato è soggetta, prima fra tutte l’obbligo di surrogare le proprie conclusioni con prove tangibili e concrete, Priore delinea un quadro esaustivo e completo, tessuto attraverso la ricostruzione del contesto storico, politico ma soprattutto geopolitico in cui era collocata l’Italia negli anni settanta (e per molti aspetti ancora oggi).

Tuttavia, le sue non sono semplici supposizioni di una persona informata sui fatti, bensì le conclusioni di chi ha indagato per anni sui più oscuri misteri della storia italiana, intravedendo la verità, a volte potendola toccare con mano, ma perdendo quell’appoggio costituito dalla prova che gli ha sempre impedito di confermarla anche sul piano giudiziario. Com’è facile intuire, la mancata apposizione di questo ultimo tassello non dipende né dalle scarse capacità degli inquirenti, né da sfortuna o casualità.

rosario priore
Il giudice Rosario Priore ha partecipato alle indagini sui più importanti avvenimenti della recente storia italiana

Come racconta Priore, incalzato da Fasanella, sono innumerevoli i casi di depistaggio, dalla sparizione di verbali o file sospetti all’eliminazione fisica di testimoni, come per esempio alcuni personaggi chiave del processo di Ustica – i piloti Nadini e Nutarelli che avevano assistito all’abbattimento del DC9 dal vivo o il capitano e il maresciallo della base di Poggio Ballone, che l’avevano seguito sul radar – morti tutti in circostanze misteriose prima di poter deporre.

La minuziosità dei particolari, la sapienza con cui viene delineato il contesto storico-politico in cui si sono svolti i fatti, la pertinenza delle considerazioni in merito, contribuiscono però a dare credibilità alle interpretazioni di Priore anche in assenza della decisiva prova giudiziale. Sarebbe come dire che il disegno di un mosaico composto da migliaia di tessere è intuibile, se non addirittura facilmente visibile, anche se c’è un ammanco di qualche pezzo.

La completezza del quadro delineato da Intrigo Internazionale è raggiungibile anche grazie all’abilità di Priore nel combinare le numerose nozioni acquisite durante la sua attività inquisitoria con una cultura storica e politica che permette di vedere i fatti nella loro interezza. Buona parte del libro è infatti dedicata alla ricostruzione dei rapporti di potere fra i vari paesi dello scacchiere geopolitico europeo e internazionale, procedendo per gradi, descrivendo la strutturazione prima delle maggiori realtà eversive dei vari paesi – dalla RAF tedesca alle BR italiane, passando per Feltrinelli e il centro studi Hyperion –, poi dei più efficienti servizi segreti, scoprendo fra l’altro un cordone ombelicale che lega i due tipi di organizzazioni.

gheddafi berlusconi
Un elemento chiave del libro è il rapporto fra il governo italiano e quello libico

Fondamentale è anche il quadro dei rapporti politici ed economici che viene fatto: un elemento chiave – che è peraltro estremamente attuale anche in questi giorni – è per esempio il rapporto fra il governo italiano e quello libico, così come il lodo Moro contribuisce a chiarire la situazione delle relazioni fra le varie organizzazioni terroristiche mediorientali e l’Italia. Non si tratta tuttavia solo di una disamina sui contesti più 'caldi': grande attenzione, arricchita dal racconto di esperienze personali maturate nel corso delle indagini, Priore la dedica anche ai paesi atlantici, la Germania, gli Stati Uniti, l’Inghilterra e soprattutto la Francia.

Questa opera, che si colloca più sul piano storico che su quello giudiziario, è per il magistrato molto importante, poiché la chiave interpretativa non può prescindere da un’attenta analisi del contesto. Stimolato da Fasanella sull’argomento infatti, Priore rifiuta le tesi troppo semplicistiche con cui sono sempre stati spiegati i grandi fatti di sangue della nostra storia recente. È riduttivo parlare di 'servizi deviati', così com’è irrealistico addossare tutte le responsabilità a qualche singolo gruppo terroristico, incapace di compiere azioni tanto efferate e militarmente complesse senza aiuti esterni.

Forti dubbi vengono sollevati anche nei confronti della 'strategia della tensione', che nell’opinione del giudice è un pretesto creato per mascherare le vere ingerenze che hanno insanguinato l’Italia negli anni settanta e ottanta, ingerenze internazionali, rapporti di forza consumati attraverso una lotta silente, così come 'silenti' sono considerate da Priore le stragi italiane che dopo decenni di indagini sono ancora senza colpevoli. L’interpretazione di tutto ciò, agghiacciante ma tremendamente realistica, è una sorta di scambio di messaggi fra potenze, un codice di sangue che possono capire solo i mandanti e i destinatari ma di cui hanno fatto le spese centinaia di persone innocenti.

strage bologna
Non è possibile trovare una causa precisa che possa stare all’origine di tragedie come le stragi di Ustica e di Bologna, il caso Moro e altri drammatici avvenimenti

Non è possibile trovare una causa precisa che possa stare all’origine di tragedie come le stragi di Ustica e di Bologna, il caso Moro, le tante morti degli anni di piombo e molti altri drammatici avvenimenti, però la consapevolezza che Intrigo Internazionale riesce a creare è già un passo avanti per uscire dall’omertà e dalla nebbia che avvolge quegli anni.

Nel capitolo conclusivo poi, Fasanella chiede a Priore quale sia la molla che ha spinto e spinge ancora oggi tante persone – politici, giudici, agenti dei servizi segreti, rappresentanti istituzionali, periti, militari – a negare delle risposte che gli italiani aspettano da trent’anni. “La ragion di stato” è la risposta di Priore. Tuttavia, il magistrato tiene a fare una precisazione: la ragion di stato in molti paesi è più radicata, è veramente una causa superiore, la salus rei publicae dei romani per cui era lecito contravvenire alle leggi dello stato stesso.

Nazioni che hanno una tradizione, una coesione e un senso d’identità particolarmente spiccati, ereditati da una lunga e solida storia unitaria. L’Italia però non è fra queste, sia perché il nostro è una paese relativamente giovane, frutto di una unificazione che si potrebbe definire un po’ artificiale, sia soprattutto perché è radicata in noi italiani l’eterna divisione, il campanilismo, la faziosità, sentimenti questi esacerbati da un sistema politico marcio e clientelare, in mano a partiti che spesso perseguono interessi eminentemente personalistici.

Così, verità scomode e destabilizzanti vengono usate come merce di scambio politico o economico e diventano protagoniste di ricatti che da un lato favoriscono il permanere della coltre di mistero, dall’altro alimentano il marciume della classe politica (e non solo) italiana.

In questi tempi in cui si parla tanto di unità nazionale, sarebbe forse opportuno rivangare le dolorose ferite lasciate da quegli anni e ancora prima di sventolare un tricolore, far risuonare le note di Mameli e lasciarsi andare a pomposi festeggiamenti bisognerebbe riflettere su tutto ciò che non ha funzionato, su come l’Italia sia stata per anni terreno di scontro fra potenze internazionali, governata da istituzioni che non hanno saputo né voluto proteggere i propri cittadini, coinvolta in una guerra silente in cui non ci sono né attaccanti né attaccati ma solo troppi morti innocenti.

di Francesco Bevilacqua

18 agosto 2011

I rapporti Angelides e Levin-Coburn sulle agenzie di rating

osì come le agenzie di rating sono ora strumentali per imporre la dittatura dei mercati di Londra e Wall Street sugli USA e sull'Europa, esse sono state centrali nella creazione della bolla speculativa e nel suo crac sotto GW Bush e Tony Blair. Come si legge nei rapporti Angelides (FCIC) e Levin-Coburn:

Le agenzie di rating erano pagate dalle banche per ottenere i rating sulle Mortgage Backed Securities (MBS) e sulle Obbligazioni di Debito Collateralizzate (CDO, che impacchettavano le MBS). Così facendo, "le agenzie hanno indebolito i loro criteri e ognuna era in competizione per fornire il rating più favorevole per ottenere clienti e allargare la quota di mercato. Il risultato è stata una corsa verso il basso" (Angelides).

Moody's e S&P hanno assegnato la tripla A a decine di migliaia di MBS e CDO negli anni duemila, e i loro profitti sono andati alle stelle. Ad esempio, "Moody's ha venduto 230 ratings nel 2004, 363 nel 2005, 749 nel 2006 e 717 nel 2007. I ricavi di Moody's dai prodotti strutturati sono cresciuti dai 199 milioni di dollari del 2000, o il 33% delle entrate totali, a 887 milioni del 2006, o il 44%" (Levin).

Quando questi derivati hanno dato segni di crollo, nel 2006, le agenzie hanno continuato ad assegnare la tripla A per sei mesi. Poi, nel luglio 2007, quando la bolla è scoppiata, hanno improvvisamente abbassato il rating alla maggior parte di essi, costringendo molte banche, fondi pensione e altri a scaricarli sul mercato con grandi perdite, a causa di leggi che imponevano il possesso solo di titoli con la tripla A. (Il governo ha poi comprato la spazzatura al 100% del suo valore nominale).

"Gli analisti hanno determinato che oltre il 90 per cento dei ratings AAA assegnati a cartolarizzazioni MBS subprime create nel 2006 e 2007 sono stati successivamente retrocessi dalle agenzie a junk" (Angelides).

17 agosto 2011

Il crollo non si può fermare nell'attuale sistema


La nuova fase del collasso sistemico, che la scorsa settimana ha polverizzato capitali per un valore equivalente all'economia giapponese sulle borse globali, non può essere fermata. La reazione a catena è già avviata e, come nelle fasi precedenti, l'epicentro della crisi è il sistema bancario. La causa del problema attuale è la folle decisione, presa nel 2008, di estendere garanzie illimitate all'intero settore finanziario privato, invece di sottoporlo ad una procedura fallimentare ordinata.

Prendiamo l'Italia: l'attacco speculativo che ha aumentato i costi del debito in Italia ha portato il sistema transatlantico sull'orlo del baratro. Perché? L'Italia non rischia l'insolvenza. Se i tassi di interesse resteranno al 7% nei prossimi mesi, il debito italiano aumenterà di 3 miliardi entro la fine dell'anno. E se perdureranno per tutto il 2012, il costo finale saranno altri 15 miliardi, meno dell'1% del PIL.

Il problema è che il 50% del debito italiano è nelle mani delle banche internazionali che lo usano come collaterale per ottenere liquidità a breve termine. Un declassamento del collaterale rischia di scatenare una crisi grave, soprattutto perché la Banca Centrale Europea (BCE) non può accollarsi un debito finanziario così alto - almeno fino a ieri.

Lo stesso vale per il debito americano. Finora la Federal Reserve ha acquistato i titoli del Tesoro USA sul mercato secondario, ma il declassamento costringerà la Fed ad aumentare massicciamente la dimensione di un bilancio già in rosso. "Se la Fed e la BCE apriranno di nuovo i boccaporti, come hanno indicato di voler fare, il sistema finanziario globale evaporerà rapidamente nell'iperinflazione," ha ammonito Helga Zepp-LaRouche, presidente di Movisol tedesco, in una dichiarazione del 5 agosto.

Colti dal panico, i leader transatlantici hanno deciso proprio di fare questo, dopo frenetiche consultazioni durante il week-end. Prima, Obama, Sarkozy e la Merkel hanno costretto il governo italiano ad un voltafaccia umiliante sulla sua intenzione di non anticipare le misure di austerità previste dalla manovra 2011-2014. Poi il governo francese e tedesco hanno emesso una dichiarazione congiunta in cui approvano la decisione italiana ed annunciano che entro settembre i due paesi ratificheranno le delibere UE del 21 luglio che stabiliscono l' EFSF (il fondo europeo di stabilità) come il prestatore di ultima istanza, col potere di acquistare i titoli sovrani e prestare soldi a stati e banche. Questa dichiarazione era stata richiesta dalla BCE, che ha quindi annunciato che avrebbe acquistato i titoli di stato italiani e spagnoli.

Di particolare rilievo è il fatto che tra le condizioni dettate dalla BCE all'Italia ci sia la clausola del pareggio di bilancio nella Costituzione. Tale clausola era contenuta in una lettera inviata da Trichet e Draghi al Presidente del Consiglio Berlusconi, ed è stata richiesta pubblicamente dal galoppino della BCE Olli Rehn (commissario economico UE). Accettando questa clausola il governo italiano ha commesso lo stesso tradimento commesso dall'amministrazione Obama, con il golpe che ha scavalcato il Congresso.

Tuttavia, come abbiamo scritto, anche l'EFSF allargato è totalmente insufficiente. Il suo capitale dovrebbe essere triplicato per poter avere effetto. E anche l'effetto di tale gigantesca iniezioni di liquidità sarebbe di breve vita, dopo aver distrutto l'economia reale e vite umane.

by MoviSol

16 agosto 2011

Le sanguisughe del ventunesimo secolo


Poi si scopre che la Endemol, la società di produzione televisiva internazionale che ci ha regalato Il Grande Fratello (di nome e di fatto) non solo è controllata per un terzo dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, tramite Mediacinco Cartera (controllata per il 25% da Mediaset Investment e per il 75% da Telecinco), ma per un altro terzo dalla Goldman Sachs di Romano Prodi (ex Presidente del Consiglio e candidato sempre verde), di Mario Draghi (governatore della Banca d'Italia e Presidente della BCE a giorni), di Mario Monti (candidato alla Presidenza del Consiglio del governo tecnico dal Corriere della Sera), di Gianni Letta (membro dell'Advisory Board e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), di Massimo Tononi (sottosegretario all'Economia del governo Prodi), della speculazione sui derivati sul cibo alla radice della carestia tra il 2006 e il 2008 eccetera eccetera. Il tutto attraverso la Edam Acquisition, che opera come holding di investimento, detenuta per il restante terzo da John De Mol, il tycoon dei media olandese che ha inventato il format, e che ha sede in Flevolaan 41A, Naarden, 1411, Olanda.

La stessa Endemol, oltre a Chi vuol esser milionario?, Affari tuoi, Centrovetrine, il nuovo Baila di Barbara D'Urso ed altre amenità culturali, curiosamente poi vende Che tempo che fa alla Rai di Fabio Fazio. Quindi c'è stato almeno un contratto RAi in bilico (Fazio minacciava di trasferirsi su LA7), per la cui censura si additava il centro-destra, che era in realtà prodotto proprio da "Edam - Endemol - Mediaset - Silvio Berlusconi - PdL - Letta - Prodi - Draghi" eccetera eccetera.

E' evidente a chiunque non abbia le fette di salame sugli occhi, anzi di mortadella, che niente potrà mai cambiare finché avremo finanzieri al governo. Speculano, alzano i debiti sovrani, gridano al default, si propongono come i salvatori della patria abbassando i tassi, immettendo liquidità, emettendo Buoni del Tesoro in qualità di ministri dell'economia e poi acquistandoli in qualità di banche centrali in una moderna e titanica riedizione del vecchio signoraggio monetario (sembra che ti facciano un favore, ma creano ulteriore debito con il quale ti tengono per le palle), si rendono necessari e impoveriscono culturalmente i popoli affinché possano discutere del nulla. Così sono pure liberi di governare!

Non abbiamo bisogno di un governo tecnico, ma di un governo di cittadini con un diploma di ragioneria che tiri una riga e tagli tutti i ponti con queste sanguisughe del ventunesimo secolo.

Anzi no: le sanguisughe hanno anche delle proprietà curative.
di Claudio Messora

13 agosto 2011

Il ritorno della plutocrazia

Ormai sono in pochi a negare che i regimi democratici stiano attraversando una crisi senza precedenti, o siano quanto meno esposti a sfide assai ardue da superare. Naturalmente, si tratta di sfide e problemi ben diversi da quelli che nella prima metà del Novecento condussero, in determinati paesi, alla tragedia dei fascismi. Questa volta la malattia è diversa, ma non meno grave. Anzi, per certi versi essa appare ancora più insidiosa, se non altro perché si presenta ovunque, fin dentro il cuore di quelli che siamo abituati a considerare i baluardi del mondo sviluppato e della cultura liberaldemocratica, gli stessi che seppero fronteggiare sia la sfida della democratizzazione rivolta ai regimi liberali "monoclasse", e resistere così alla reazione fascista, sia la sfida comunista, a cui risposero con la dichiarazione della guerra fredda e con l’istituzione dei moderni sistemi di welfare state.

Oggi le sfide con cui si devono confrontare le liberaldemocrazie sono altre: la globalizzazione che svuota le vecchie sovranità nazionali e rende difficile il controllo delle élite, il multiculturalismo che minaccia le omogeneità identitarie delle popolazioni, le comunicazioni di massa che stravolgono la partecipazione e l’informazione politica dei cittadini, il fondamentalismo e il terrorismo internazionale che rovesciano sulle comunità politiche occidentali e sui loro equilibri istituzionali tutta la rabbia e la disperazione accumulata dai popoli dominati. Sfide che si presentano, inoltre, in un contesto in cui non c’è più l’antagonista sovietico a fare da contraltare e da stimolo per gli stati capitalistici sviluppati, favorendo una qualche armonizzazione degli interessi in campo internazionale come all’interno delle singole società nazionali.

Tra le varie modalità con cui queste sfide si presentano politicamente, ve ne sono alcune che destano particolare preoccupazione. L’attenzione degli studiosi si è per lo più rivolta, negli ultimi anni, ai fenomeni del populismo, o del direttismo, e dell’antipolitica, che convergono nel minare gli aspetti rappresentativi e liberali dei regimi democratici. Ritornano qui le tematiche evocate a suo tempo da Tocqueville e dai padri del liberalismo, quando parlavano del rischio della “tirannia della maggioranza” e della necessità di limitarne il potere. Una chiave di lettura che viene riproposta oggi, alla luce delle nuove tendenze plebiscitarie e delle manipolazioni dell’opinione pubblica favorite dalla crisi delle strutture di rappresentanza e dall’amplificazione del potere mediatico, e che coglie indubbiamente processi reali. Ma c’è un’altra chiave di lettura che comincia a farsi strada e che, pur non essendo in contrasto con quella dominante, delinea una spiegazione diversa, quanto ad approccio e implicazioni, della crisi della democrazia. Mi riferisco alla problematica della plutocrazia.

Il concetto di plutocrazia ha una storia che andrebbe ripercorsa attentamente, perché mai come in questo caso si metterebbe in luce il legame di continuità che può esistere tra parole, nozioni e realtà. Non è questa la sede per farlo, ma può essere utile richiamarne almeno qualche passaggio. Cominciando dall’origine del concetto, che di solito si fa risalire – come per i più importanti concetti politici – all’antichità, forse a causa della sua etimologia inequivocabile (dal greco ploutokratía, composto di plôutos "ricchezza" e -kratía "potere"), ma che in realtà fu usato assai raramente in quell’epoca e comunque mai in maniera sistematica e teoricamente perspicua. Infatti il termine si è diffuso solo in epoca moderna, e in ambito anglosassone, trovando una naturale collocazione negli Stati Uniti dal XIX secolo in poi. Furono i movimenti populista e progressista di fine Ottocento, in particolare, ad adottare con insistenza e a diffondere ampiamente la critica della plutocrazia, che ritenevano dominasse la scena politica americana attraverso una forte collusione tra politici di partito e uomini d’affari. Una critica che, pur ottenendo scarsi risultati pratici, se non quelli di una certa moralizzazione e di un drastico (e definitivo) indebolimento dei partiti, sedimentò tuttavia un sentimento durevole, anche se quasi sempre marginale, e soprattutto una ben definita immagine della politica americana che ha resistito sino ad oggi.

E’ dagli Stati Uniti che il concetto di plutocrazia arrivò, per una breve e incerta vita, nel continente europeo. Esso, ostacolato dal radicamento delle teorie marxiste, che davano conto a loro modo del fondamento economico del potere politico, ebbe in Europa minore fortuna. Solo nei primi decenni del Novecento andò diffondendosi, per merito degli studiosi élitisti e realisti (ivi compresi Weber e Gramsci), specialmente ad opera dell’ultimo Pareto, secondo il quale “Il reggimento dei popoli occidentali, che si dice democratico, è in realtà quello di una plutocrazia democratica, che inclina ora alla plutocrazia demagogica” (il passo è del 1920, ma il concetto fu ulteriormente sviluppato nel suo Trasformazione della democrazia). Com’è noto, il termine finì poi per essere incorporato, e in definitiva bruciato, dal fascismo e dal nazismo. Nella loro ideologia, a parte le qualificazioni anti-semite, la plutocrazia era identificata con le liberaldemocrazie, soprattutto con il modello americano, e affiancata al bolscevismo in un dualismo che talora veniva fatto risalire alla stessa matrice “giudaica”, ma che in ogni caso voleva accreditare l’immagine del fascismo come terza via propriamente “europea”.

Non meraviglia, quindi, che dopo la guerra e l’affermazione dell’egemonia americana in Europa la parola stessa diventasse un tabù. Bisognerà aspettare gli effetti dell’ondata di mobilitazione degli anni sessanta per ritrovarne traccia nel discorso politico e politologico. Il tentativo più serio, da questo punto di vista, verrà fatto dal pioniere della nuova scienza politica europea, Maurice Duverger, che nel suo libro più anomalo (Janus, les deux faces de l’Occident, 1972) criticava, da una posizione radicale ma non marxista, i regimi liberaldemocratici, definiti come “plutodemocrazie”. In questo modo, lo studioso francese andava a ricongiungersi con un filone politico-sociologico che già da qualche tempo aveva rimesso in campo un tentativo analogo negli Stati Uniti. Mi riferisco alla scuola cosiddetta neo-élitista, il cui “manifesto” può essere considerato The Power Elite di Wright Mills, ma che si dispiegava in una serie di ricerche diverse (vi possiamo far rientrare anche studiosi come Schattschneider e Lowi), la cui linea comune stava nella critica dell’ideologia pluralista, considerata puramente apologetica, e nella risposta alla domanda Who Rules America?, che dà il titolo a due bei libri di G. William Dohmoff e più o meno esplicitamente è: la plutocrazia.

Negli ultimi anni il concetto di plutocrazia sta vivendo una nuova fioritura, tanto in America quanto in Europa, e sembra che stia perfino acquisendo, del tutto spontaneamente, una maggiore connotazione rispetto al passato. Lo ritroviamo sempre più di frequente sia nel linguaggio politologico che in quello politico e giornalistico. Certo, esso continua ad essere in una certa misura il distintivo delle culture marginali che se ne ritengono storicamente depositarie, cioè dei nostalgici del populismo americano e dell’estrema destra europea, non solo di ascendenza fascista (è il caso del leghismo italiano), che tra l’altro ha cercato di rinverdire il proprio strumentario sostituendo nuovi aggettivi (es: mondialista) a quelli che accompagnavano classicamente il concetto (giudaica, massonica). Ma ultimamente ha fatto il suo ingresso anche nel linguaggio e nella cultura di sinistra, nei partiti e nei movimenti. Oggi negli Stati Uniti i paladini della lotta contro la plutocrazia sono Ralph Nader e vari esponenti del partito democratico. E in Italia, sulla spinta del fenomeno Berlusconi, hanno iniziato a preoccuparsi del problema uomini politici tutt’altro che radicali come Giuliano Amato, mentre storici come Salvadori riscoprono in questo senso gli scritti del sociologo liberale americano William G. Sumner. Comunque la sensibilità verso il tema della plutocrazia sembra aver trovato il suo terreno più fertile nell’ambito dei nuovi movimenti, a cominciare da quelli no global e pacifisti, che si oppongono alla globalizzazione neoliberista e alle sue implicazioni sia in campo politico-sociale che nell’ambito delle relazioni internazionali.

L’immagine della società internazionale che si ricava dai documenti e dai discorsi dei no global è quella un po’ semplificata di un sistema dominato dalle imprese multinazionali: una “corporatocrazia”. La stessa immagine, del resto, viene usata efficacemente per descrivere il cuore di questo sistema, cioè gli Stati Uniti. Non è difficile, in effetti, evidenziare in quale misura quella che si presenta come una democrazia liberale sia stata corrotta dalla politica delle corporation (corporate money politics). Basta pensare al ruolo del denaro nelle campagne elettorali, in cui vincono i candidati che spendono di più (nel 94% dei casi al Congresso), in cui il costo per essere eletti è mediamente di 900 mila dollari per la Camera, di quasi 5 milioni per il Senato e di ben 186 milioni per la presidenza. Basta considerare il trattamento speciale che ottengono dai parlamentari le aziende e i gruppi di interesse in cambio di finanziamenti elettorali. Basta guardare all’attuale amministrazione, voluta fortemente dal big business, eletta a dispetto del voto popolare e composta da persone legate a filo doppio con le grandi corporation, se non proprio loro espressione diretta.

Insomma, pur limitandosi a questi pochi indicatori, la definizione di plutocrazia sembra adattarsi perfettamente al sistema politico americano. Vista da questo punto di vista, la crisi della democrazia assume una luce ben più inquietante di quanto si evinca dagli approcci di tipo liberale a cui accennavo all’inizio. Quel che mi sembra più proficuo di questa chiave di lettura, è che essa ci libera da una prospettiva tutto sommato conservatrice, in cui si tratterebbe semplicemente di difendere le garanzie e gli equilibri giuridico-istituzionali oggi minacciati (anzitutto dal potere mediatico) per ristabilire l’assetto genuinamente democratico prodotto a suo tempo dalla miracolosa congiunzione fra sovranità popolare e costituzionalismo liberale. Al contrario, la categoria di “plutocrazia” ha il merito di richiamare la grande acquisizione teorica dell’élitismo in modo tale da supportare l’analisi realistica dello stato e delle tendenze dei regimi liberaldemocratici con una critica della democrazia. Questa sarebbe davvero una novità.

Detto questo, non bisogna nascondersi, naturalmente, i limiti cui va incontro un approccio del genere. Il concetto di plutocrazia non dà conto della relazione complessa che sussiste tra potere politico e sistema socio-economico (classi). Non a caso esso può essere confuso con un marxismo semplicistico, come quello che si riassume nella formula del governo “comitato d’affari della borghesia”, mentre è del tutto estraneo al marxismo scientificamente più avvertito, com’è stato ad esempio quello di matrice althusseriana. Eppure, non è necessariamente incompatibile con quest’ultimo, a condizione di saper distinguere a quale livello della scala di astrazione il concetto si collochi. Quello di “plutocrazia” è infatti un concetto molto empirico, che definisce una data forma del potere politico dell’élite dominante, dando conto di un certo tipo di classe politica e del suo reclutamento, di un certo tipo di rapporti effettivi tra politica e interessi, di un certo tipo di strutturazione e dislocazione dei poteri tra le varie istituzioni e organizzazioni politiche, ecc. Questo vuol dire, in altre parole, che non tutti i regimi liberaldemocratici sono plutocratici, ma lo sono quelli che vedono un intervento diretto delle imprese nel processo di governo e di reclutamento del personale politico.

Non so quale sia la strada per contrastare un sistema plutocratico. Ma, se vogliamo attestarci sull’esperienza passata, forse un’indicazione ci può venire dal confronto tra il modello americano e quello europeo del Novecento. Da essi emerge l’importanza del ruolo dei partiti di massa. Mentre il loro smantellamento in America ha aperto la strada alla plutocrazia, la partitocrazia europea del secondo dopoguerra consentì alle classi subordinate di bilanciare in qualche misura il potere del denaro, ottenendone benefici concreti non indifferenti. Purtroppo oggi, per ragioni che non è possibile esporre in questa sede, rimane ben poco di questo modello. Anche l’Europa sembra essersi incamminata verso il modello plutocratico, con il nostro paese a fare da battistrada. Può darsi che alla fine si prenda un’altra strada, che difficilmente potrà essere quella di un ritorno al passato, ma se è davvero alla democrazia che ci si vorrà ispirare dovrà essere di sicuro una strada ancora una volta contrassegnata dalla partecipazione e dalla rappresentanza del popolo.

di Enrico Melchionda


11 agosto 2011

L'INCONSISTENZA DELLA POLITICA E IL SOGNO DEL CAMBIAMENTO


"Totalmente inadeguata. Sostanzialmente i partiti politici italiani sono come i polli di Lorenzo nel Romanzo "I Promessi Sposi" di Alessandro Manzoni che si beccano l'uno con l'altro senza capire che stanno finendo entrambi in padella.
Questo progetto di risanamento è una dichiarazione di guerra dei governi e del Governo europeo nei confronti dei popoli europei, questa è l'unica definizione possibile. Stanno pensando e progettando di far pagare alla gente europea, a tutti i popoli europei, in primo luogo ai greci, a noi, agli spagnoli, ai portoghesi, il disastro che la finanza mondiale ha compiuto. Non ci sono più dubbi in merito. La finanza mondiale ha letteralmente spolpato la ricchezza del pianeta a cominciare da quella americana, seguita naturalmente e fedelmente dalle posizioni assunte dalla Banca centrale europea, la quale ha, insieme alla Federal Reserve americana, praticamente salvato tutte le banche che erano andate in fallimento nel 2007/2008, indebitando tutti gli stati oltre ogni limite. Quindi, sostanzialmente noi stiamo pagando il disastro creato da Wall Street e dalle banche di investimento mondiali, tra cui molte banche europee e adesso pretenderebbero di imporci un programma di risanamento che significa letteralmente "spolpare" i redditi e il welfare state, o quello che ne resta, delle popolazioni europee: questa è la vera spiegazione e non ci dovrebbero essere discussioni in merito. In realtà, i partiti e i governi che hanno autorizzato questo disastro, sono tutti corresponsabili: questo non è un programma di risanamento, questa è la guerra dei finanzieri, della finanza, contro le popolazioni, si chiama così, questa è una dichiarazione di guerra della finanza europea e internazionale contro le popolazioni.
La mia proposta è molto semplice, non accettare questo ricatto, perché chi deve pagare sono i responsabili. Ci hanno detto e ci hanno ripetuto fino alla nausea che il mercato ha delle leggi, se queste leggi valgono, loro devono pagare perché avendo fatto male i banchieri ed essendo andati in fallimento, devono rispondere, non siamo noi che dobbiamo rispondere, prima di tutto perché non siamo noi cittadini che abbiamo preso queste scelte perché non sapevamo nulla di quello che stavano facendo, prima questione fondamentale. In secondo luogo, poiché nessuno era informato di ciò che è accaduto, loro hanno potuto fare quello che volevano, e adesso non possono chiedere a noi di pagare. Aggiungo questo piccolo dettaglio, noi siamo stati tutti educati negli ultimi 30 anni a consumare e a dilapidare tutte le risorse perché ci hanno detto che bisognava consumare e indebitarsi, adesso ci accusano di esserci indebitati e di avere consumato? Ma se ogni giorno da ogni televisione ci viene ripetuto che dobbiamo continuare a oltranza a consumare, come possono chiedere a noi di essere responsabili del fatto che milioni di persone hanno consumato? Io sto parlando dell'Europa ma l'America è 10 volte peggio da questo punto di vista, l'America è costretta di fatto a essere ormai in bancarotta, perché? Ma perché hanno consumato molto di più di quello che potevano consumare, è molto semplice, quindi tutta questa è una grande commedia, è una grande commedia che viene recitata in parte da veri e propri farabutti che sono i grandi detentori della finanza mondiale, veri e propri criminali, lo dico senza mezzo termine a cominciare da Alan Greenspan, che dopo avere trascinato il mondo intero nel disastro ha detto in un'intervista al New York Times circa un anno fa: "Scusatemi mi sono sbagliato". Se si è sbagliato una volta bisognerebbe dirgli di non parlare più per favore, questa gente dovrebbe andare tutta in galera direttamente.
Peraltro, i governi hanno consentito alle banche di emettere denaro più di quello che ne avevano, le banche non hanno nessun obbligo di mantenere delle riserve adeguate, prestano soldi che non hanno e su questi soldi che non hanno, chiedono l'interesse e in questo modo le banche hanno moltiplicato e ingigantito, parlo delle grandi banche naturalmente, la massa monetaria, interamente falsa. Noi stiamo vivendo la crisi che loro hanno creato letteralmente minuto per minuto negli ultimi 10 anni, quindi la gente deve essere capace di rispondere e di reagire organizzandosi, rifiutando di pagare e quindi anche ricorrendo a tutte le forme di difesa della propria esistenza e del proprio territorio, come stanno facendo per esempio quelli che si difendono contro l'alta velocità in Val di Susa, faccio questo esempio specifico che è esattamente la stessa cosa, è proprio questo che bisogna fare, bisogna dirgli: voi siete una manica di irresponsabili, noi non accettiamo le vostre decisioni e difendiamo la nostra vita e il nostro territorio, il nostro cervello, le nostre vite, i nostri corpi, la nostra salute, l'educazione dei nostri figli, i nostri ospedali, le nostre città. Noi questo dobbiamo dire, tutti insieme, e questa è una proposta politica.

Anche in Italia, come a Londra, c'è il rischio di uno scontro sociale?

"Io sono certo che questo scontro sociale sta per esplodere perché fino adesso noi non abbiamo ancora visto niente. Ho letto un editoriale di un certo Sensini, un economista, il quale addirittura dice: "Beh, bisogna abolire le pensioni di anzianità". Questa gente ci sta dichiarando guerra sul serio, stanno dichiarando che devono togliere le pensioni di anzianità a milioni di persone, il che vuol dire che praticamente un terzo della popolazione verrà gettata sul lastrico, se arrivano a fare queste proposte, vuol dire che sono convinti di potercela fare, bisogna spiegargli che non ce la faranno.
Io ritengo che quello che è successo e sta succedendo in Grecia è soltanto l'inizio, quando la gente a milioni verrà posta di fronte a condizioni insostenibili, si ribellerà, è evidente che si ribellerà, in che forma avverrà non lo so, a Londra sta avvenendo nella forma di una jacquerie assolutamente senza obiettivo, perché sfortunatamente non ci sono forze politicamente capaci di guidare questo movimento, dal momento che tutte le forze politiche sinistra, destra e centro sono tutte implicate in questa operazione. Quindi, siccome non ci sono forze politiche che guidano in modo responsabile un movimento di protesta, sfortunatamente questa protesta sarà violenta. Io non propongo di fare proteste violente, ma temo fortemente che quando queste misure verranno messe in atto, ci saranno risposte violente perché la gente non essendo organizzata e diretta, reagirà in modo immediato e spontaneo e quindi si andrà a degli scontri sociali di grandi proporzioni. La politica della Bce e dei governi centrali che sostengono quella linea sta incendiando l'Europa, le conseguenze sono interamente nelle loro mani e la loro responsabilità è in questo senso assoluta."

Le soluzioni proposte da alcuni esponenti dell'opposizione, come le elezioni anticipate o un governo di responsabilità nazionale, sono strade valide e percorribili?

"Questa intanto non è un'opposizione, perché non fa opposizione a niente. In sostanza cosa dice? Dice che, se dovessero sostituire l'attuale governo, faranno esattamente le cose che gli sono state imposte dall'Unione Europea e da Francia e Germania, questo è quello che dicono. Quindi se va al governo un'altra coalizione, farà esattamente le stesse cose che ha fatto questa, probabilmente le farà addirittura con maggiore spregiudicatezza, fidandosi del fatto che potranno dire di avere "il consenso" popolare, quindi non ho nessuna fiducia nell'opposizione e nelle loro proposte.
Naturalmente non ho neanche nessuna fiducia nei confronti di questo governo, la mia proposta è: via tutti questi cialtroni dalla direzione politica del Paese: ci vuole un gruppo di saggi al quale venga affidato il compito di gestire il rapporto con la popolazione italiana, di gestire il patto sociale che si regge sulla Costituzione, rifiutando innanzitutto le modifiche costituzionali che ci vengono imposte da questa Europa che è l'Europa dei banchieri. La soluzione politica in questo contesto, con queste forze non c'è, quindi bisogna trovare un'altra coalizione, un'altra forza politica che sia espressione della volontà popolare. E non mi si venga a dire che l'opposizione che dovesse andare al governo al posto di Berlusconi rappresenta questa forza popolare, perché non la rappresenta."
di Giulietto Chiesa -