30 agosto 2012

Meglio gli sfascisti sfanculatori di Grillo degli sfasciatori patinati dello Stato

In nome della sobrietà parlamentare e dell’austerità nazionale stiamo scomparendo dalla faccia dell’Europa continentale, non quella dei falsi riti istituzionali e dei vuoti miti sociali (cooperativi e solidali cioè inesistenti ed ineffettuali), ma quella dei rapporti di forza dove se la potenza non insiste alla prepotenza altrui non si resiste. Verrebbe da dire ben ci sta, popolo di beoti, incantati da quattro imbecilli di governo patentati, individuati dal peggior Presidente della Repubblica mai nominato. Eppure, noi italiani, figli dei romani e di grandi letterati e scienziati, avremmo dovuto essere svezzati a tali forme di raggiro che nascondono la codardia e l’ottusità di una classe dirigente schiavizzata dai dogmi economici del presente, dall’assenza di visione del futuro e dalla dimenticanza di un passato glorioso e puntualmente calpestato. Ora come ora non si tratta più di difendere il puttaniere bandanato dalle puttane di Stato, abituate a vivere di cheque firmati col sangue dei contribuenti. Adesso, si deve dire chiaramente dove ci ha fatto sprofondare questo stile politicamente corretto ed economicamente succube di totem liberisti e di tabù autonomisti. Siamo passati dallo scambio libero berlusconiano che, tuttavia, fino ad un certo momento qualche soddisfazione in politica estera ci aveva dato, al liberoscambio dei finti moralisti, dei servi della finanza, degli associati alle massonerie mondiali e ai potentati atlantici che fanno del calarsi le braghe al cospetto di Usa ed Ue una professione di vita più deleteria del mestiere più vecchio del mondo. Siamo stati feriti dal moralismo di facciata (ancora ieri sera Di Pietro ripeteva, ospite di una trasmissione di Mentana su La7, che quando c’era Berlusconi arrossiva all’estero, di fronte all’internazionale dei banchieri e dei burocrati filibustieri) che è soltanto l’altra faccia della medaglia di una vergognosa sudditanza, ora giunta alle sue estreme conseguenze politiche, economiche e sociali. E sia chiaro, come da sempre afferma il pensiero liberale, il quale quando non gli conviene sa come argomentare, che così come la libertà se ne va a ramengo se dirottata a suon di regolamento, con sprezzo dell’arbitrio individuale, lo stesso vale per il corpo sociale continuamente colpito nel suo benessere allorché le sue scelte vengono quotidianamente conculcate con gabelle atte a modificare i suoi usi e consumi: le sigarette, le bibite gassate e i cibi grassi tassati per svuotarci il portafoglio con il pretesto di proteggerci dai malanni e dalle cattive abitudini. Perché di proibizioni, sebbene in altra forma, si parla, con l’aggravio che a loro della nostra salute non importa un fico secco, a meno che non si deve far secco il nostro patrimonio. Dove sono finiti i protettori del liberopensiero che ci gonfiano i coglioni da mane a sera con la civiltà, i diritti e la democrazia esclusivamente se si discute dell’Iran, dell’Afghanistan e della Siria? E i nostri dittatorelli professorali dove li mettiamo, nell’alveo dei cristiani o dei talebani che scannano i connazionali? Chiuderò questo breve pezzo con una riflessione sulle prossime elezioni, se mai ci saranno e se non s’inventeranno qualche altra emergenza per impedire al popolo di mandarli a quel Paese di offese senza più pretese, scorte o emolumenti (e poi attenti alle vostre terga, dementi!). Ma prima voglio proporvi un breve brano di Vilfredo Pareto, tratto dal Mito Virtuista, che sconfessa i nostri immondi puritani di gabinetto accompagnati in questo cesso epocale da quei pusillanimi di partito che hanno scelto appunto degli imbecilli per essere sicuri di rovinare tutto a tempo indeterminato. “…Tale è il nuovo senso della parola “libertà”. L’uomo è tanto più “libero” quante più cose gli sono proibite. In questo modo il massimo della libertà tocca al prigioniero chiuso in cella….Gli storici lodano il tempo passato; ma quando si tratta di testimoniare sul tempo in cui vivono la scena cambia e sono piuttosto portati ad oscurarne spesso le tinte. In ogni caso, se crediamo alle testimonianze dei contemporanei, è impossibile ammettere che siano i buoni costumi dei popoli, e ancora meno dei loro capitani, che abbiano assicurato le vittorie. Ecco, per esempio, la ritirata dei diecimila; ciò che li salva, è la loro perfetta disciplina, la loro obbedienza agli strateghi; quanto ai loro costumi, lasciano molto a desiderare. Vedete ciò che accade quando gli strateghi decidono d’allontanare tutte le bocche inutili; i soldati sono costretti ad obbedire, «eccetto alcuni che sottraggono o un giovinetto o una bella donna ai quali sono attaccati». Quanto a Senofonte, i suoi costumi possono essere stati i più casti, ma il suo linguaggio non è tale nel Convito; e se si fosse astenuto da questo genere di letteratura, il mondo non vi avrebbe perduto nulla. Val meglio non parlare dei costumi di Filippo il Macedone e delle persone che l’attorniavano. Allorché la battaglia di Cheronea abbatté la potenza ateniese e asservì la Grecia, non si può veramente dire che fu la castità che riportò la vittoria. Filippo, oltre le concubine senza numero, prendeva donne dovunque ne trovava. Né le cause della sua morte possono onestamente raccontarsi. Passiamo rapidamente sui costumi dei valenti capitani, come Demetrio Poliorcete (il conquistatore di città), perché il meno che si possa dire è che furono infami. Alcibiade era pure lontano, molto lontano, dall’avere buoni costumi; tuttavia, se egli avesse comandato in Sicilia, al posto di quell’onesto ed imbecille Nicia, forse Atene avrebbe evitato un disastro irreparabile. I bacchettoni ateniesi che intentarono un’azione penale ad Alcibiade, sotto pretesto della mutilazione delle Erme, furono probabilmente la causa della rovina della loro patria. Più tardi ad Egospotami, se i generali greci avessero seguito il consiglio di Alcibiade, avrebbero salvato la flotta ateniese e la loro città. I generali avevano forse costumi migliori di Alcibiade — ciò non era veramente difficile — ma, quanto all’arte della guerra, gli erano molto inferiori e si fecero battere vergognosamente. Se passiamo ai romani, ci è difficile scorgere virtuisti nei cittadini che, ai giuochi Floreali, facevano comparire sulla scena cortigiane interamente nude. Un giorno che Catone di Utica — il virtuoso Catone — assisteva ai giuochi Floreali, il popolo non osava, in sua presenza, domandare che le mime si spogliassero dei loro vestiti. Un amico avendo fatto osservare ciò a Catone, questi lasciò il teatro onde permettere al popolo di godere lo spettacolo abituale. Se Catone fosse stato un virtuista, sarebbe rimasto al teatro per impedire quello scandalo; ma Catone era solamente un uomo di costumi austeri adstricti continentia mores. I complici di Catilina avevano cattivissimi costumi; si sarebbe soddisfatti poter dire che erano vili; disgraziatamente la verità è il contrario. Sallustio ci narra come caddero nella battaglia di Fiesole. «Ma fu quando la battaglia finì che si poté veramente vedere quale audacia, quale forza d’animo vi fosse nell’esercito di Catilina. Perché ciascuno, dopo la sua morte, copriva con il corpo il luogo che aveva occupato durante la pugna. Un piccolo numero solamente, che era stato disperso dalla coorte pretoriana, era caduto un poco diversamente, ma tutti erano stati feriti davanti.» Non è sicuro che tutti i virtuisti avrebbero fatto altrettanto… Napoleone I non era casto; i suoi marescialli, i suoi generali e i suoi soldati, ancora meno. Essi riportarono tuttavia molte vittorie e, in quanto alla disfatta che ebbero in Russia, sarebbe difficile di vedervi un trionfo dei buoni costumi sui cattivi. Maurizio di Sassonia, che salvò la Francia dalla invasione straniera, era un grande capitano, ma aveva costumi molto cattivi. Sarebbe stato meglio per la Francia che egli fosse stato virtuista e che si fosse fatto battere a Fontenoy? Nelson, il vincitore di Trafalgar, era lontano dall’esser molto casto. I suoi amori con Lady Hamiltonsono conosciuti. Invece del Nelson, sarebbe stato meglio per l’Inghilterra, avere un ammiraglio virtuista, ma che avesse perduto le battaglie navali d’Aboukir e di Trafalgar?” Chi ama il Loden li segua e precipiti pure con loro nella sentina della Storia. Stante la gravità della situazione, come dicevamo in principio, è opportuno che deflagri una bomba elettorale affinché i piani di questi lestofanti saltino irreparabilmente. Sapete bene cosa pensiamo di Grillo e del suo movimento o di Di Pietro e del suo gruppo di forcaioli, tuttavia, in questa particolare congiuntura politica, potremmo essere costretti a sperare, almeno tatticamente, in una loro forte affermazione cosicché qualcosa si muova davvero in questa morta gora italica che rischia di desertificarsi del tutto. Certo, costoro non sono paragonabili agli Arditi del popolo di un’altra fase storica (non stiamo dunque proponendo nessun dialogo con questi) ma il loro ardimento populistico e distruttivo, lo sfascismo sfanculistico e liberatorio della panza, può scompaginare le cose e porre fine a questo sfacelo patinato messo in atto dagli attuali protagonisti sfasciatori dello Stato. A buon intenditor …insomma meglio il corpo sciolto di Grillo & Co del corpo sociale morto di Napolitano & Compagni. di Gianni Petrosillo

29 agosto 2012

COME FUNZIONA IL SISTEMA MONETARIO INTERNAZIONALE

Oltre il 90% della moneta totale transita dalle famiglie e dalle imprese (anche criminali) verso le banche che hanno “autorizzato” prestiti, fidi e mutui e che, così, vedono arrivare tale moneta sotto forma di versamenti; con l’abbandono della legge Glass-Steagall degli anni ’30 (in Italia la legge bancaria del ’36) – che faceva tenere ben distinta l’attività bancaria dagli istituti che operavano sul mercato finanziario e speculativo – anche i depositi e i conti correnti sono stati utilizzati dalle banche (quali soggetti finanziari) per operazioni speculative. Prima dell’abbandono della Glass Steagall (ma anche dopo e fino alla crisi delle borse nella primavera del 2001) le banche hanno prestato danaro alle famiglie per fronteggiare il calo di reddito derivante dalla flessibilizzazione del lavoro; finchè le borse hanno manifestato un costante rialzo (soprattutto nei titoli migliori) parte dei guadagni andavano alle banche che avevano “prestato” e parte al sostegno delle spese delle famiglie. Dopo il 2001, le famiglie hanno continuato a indebitarsi facendo leva sulla loro ricchezza soprattutto immobiliare e le banche hanno cominciato a speculare su tutti i titoli possibili, in tutti i modi e ottenendo – nel breve come nel medio/lungo termine – perdite di liquidità ingentissime. Così, il credito per le imprese veniva ingessato dalle disposizioni cosiddette Basilea 2 e soprattutto 3, le famiglie continuavano a perdere (salari più bassi e disoccupazione) e il totale del flusso monetario da famiglie e imprese verso le banche diventava minore delle perdite bancarie sul fronte delle attività speculative. Di qui la crisi di liquidità aggravata dalla situazione degli immobili una volta che la bolla si sgonfiava fino al dilagare dei casi di “under water” (quando il valore del mutuo supera quello dell’appartamento). In questa situazione il “sistema” è tenuto a galla dalle immissioni massicce di moneta autorizzata dalle due principali banche centrali (BCE e FED che parlano di appoggio illimitato a sostenere le esigenze di liquidità delle banche miste). Il comportamento delle banche centrali non comporta una cura del sistema (e nemmeno delle singole 40 grandi banche più coinvolte nello squilibrio) ovvero una trasformazione di esso; a meno che l’appoggio “illimitato” non sia veramente tale. Se non può essere “illimitato” ma solo massiccio ed esagerato perché le perdite delle banche come soggetti speculativi riguardano 4 quadrilioni di dollari e, quindi, considerando un’esigenza di liquidità pari al 10%, si ottiene una somma che è pari a 400 trilioni (da cui sottrarre ciò che onesti e disonesti versano alle banche stesse a vario titolo) ovvero 6-7 volte il PIL di tutto il mondo ovvero 10 volte di più di quanto le banche centrali dovrebbero autorizzare tra il 2009 e il 2014. Nel caso in cui l’appoggio delle banche centrali non sia veramente “illimitato” – e illimitato vuol dire 400 trilioni (meno qualche decina dei nostri poveri versamenti) – allora c’è da aspettarsi il crollo dell’attuale sistema: più probabile una corsa incontrollata alla liquidità che non una botta iperinflattiva (forse, a questo punto, un male minore che rimetterebbe “in pari” i debitori). Nel caso contrario, allora delle due l’una: o ce ne sarà un pochino (di autorizzazioni monetarie) per la ripresa (investimenti e consumi), gli ammortizzatori sociali, i redditi delle famiglie ed il credito alla produzione e, allora, il “sistema” andrà avanti proponendo un arricchimento dei ricchi (grande) e un miglioramento per il 98% della popolazione (modesto ma sufficiente); oppure la condizione del citato 98% della popolazione andrà peggiorando fino ad un limite di rottura sociale. Il problema è che per veicolare il passaggio da mezzi monetari (destinabili alla ripresa) a domanda effettiva (la ripresa è un mix di più consumi e più investimenti), occorre l’intervento o, almeno, la regia dello Stato (nazionale, federale, continentale…) mentre quelli che governano e debbono prendere decisioni sono tutti contro lo Stato da oltre trent’anni. di Antonino Galloni * Antonino Galloni, economista, ha svolto incarichi di rilievo presso il Ministero del Lavoro e il gruppo ENI. E’ autore di numerosi libri di argomento politico ed economico. E’ membro del Comitato Scientifico di “Eurasia. Rivista di Studi Geopolitici”.

28 agosto 2012

Il ritorno dei non allineati

Dopo un periodo nel quale il Movimento aveva quasi fatto perdere le sue tracce, oggi torna a fare notizia La settimana prossima i leader dei 120 paesi membri e altri 21 in qualità d’osservatori si riuniranno a Teheran. LE ORIGINI - Il Movimento dei Non Allineati è nato su impulso del presidente dell’allora Jugoslavia Josip Tito, del (primo) primo ministro indiano Nehru, del (secondo) presidente egiziano Nasser, del (primo) presidente indonesiano Sukarno e del (primo) presidente del Ghana Nkrumah nel 1961. Erano gli anni della Guerra Fredda e delle decolonizzazioni e l’idea era quella di creare un movimento di paesi che sfuggisse alla logica dei due blocchi. L’OSTRACISMO OCCIDENTALE - Il NAM (Non-Aligned Movement) non ha mai goduto di molta attenzione da parte dei media del blocco atlantico, che gli hanno sempre mostrato un’evidente ostilità. Il movimento oltre a porsi come estraneo alla logica dei due blocchi si poneva come foro di quelli che all’epoca potevano essere quasi tutti considerati paesi in via di sviluppo e quasi tutti i membri avevano acquisito la sovranità nazionale in tempi recentissimi dopo la liberazione dalla colonizzazione, praticata a loro danno quasi esclusivamente dai paesi del blocco atlantico. IL BATTESIMO DI SANGUE - A fare le spese del clima dell’epoca fu persino il Segretario Generale dell’ONU, lo svedese Dag Hammarskjold, che trovò la morte nel 1961 dopo aver presenziato proprio la prima riunione del gruppo. L’aereo che lo trasportava sui cieli del Congo precipitò in circostanze per l’epoca misteriose e ora note, che videro il primo presidente del grande paese africano, Patrice Lumumba, ucciso per ordine degli Stati Uniti dai militari belgi ancora presenti nell’ex colonia e la condanna a morte di Hammarskjold da parte dell’Union Minière, la società belga che fino ad allora aveva avuto il monopolio sulle immense risorse minerarie del paese. Secondo quanto reso noto da documenti ufficiali americani sui quali è stato tolto il segreto, la CIA ordinò l’assasinio di Lumumba, eseguito poi dai belgi. Uno dei suoi assassini ha vissuto in Italia e all’alba del 2000 non ha avuto alcun problema a raccontare come, dopo aver ucciso a fucilare il presidente congolese, si occupò di strappargli e rubargli due denti d’oro e insieme a un altro distrusse il suo corpo, facendolo prima a pezzi e poi immergendo questi in un bidone dove furono sciolti versando l’acido da batterie. La fine del Segretario Generale dell’ONU fu meno splatter, il suo aereo venne abbattuto senza che si sapesse mai da chi, ma non certo da qualche fazione congolese, nessuna delle quali possedeva aerei. TENTATIVI D’ALTERNATIVA - Con un tale viatico il movimento rafforzò la sua convinzione e all’epoca molti legarono la morte di Hammarskjold all’esordio del NAM invece che alla questione congolese, anche se i sospetti caddero comunque sui veri autori del suo assassinio. Con lo sfumare della Guerra Fredda il movimento, che si poneva prima di tutto la ricerca da parte dei paesi del Sud del mondo di un’alternativa al modello economico incarnato dagli ex-colonizzatori e dalla Banca Mondiale che controllavano, perse di slancio e non riuscì a produrre modelli ideologici ed economici alternativi al neoliberismo e al dominio ormai unipolare degli Stati Uniti. L’ATTUALITA’ - Con l’emergere dei paesi cosiddetti BRICS negli ultimi anni la musica è cambiata e, pur continuando ad essere censurato dai media (soprattutto) dei paesi atlantici, il NAM ha riacquistato fiducia e vigore. Oggi l’India ha un’economia importante ed avanzata, ed è una potenza nucleare, il Brasile ha l’ottava economia al mondo, diversi paesi asiatici sono all’avanguardia nell’economia, nella scienza e nella tecnica e per di più, tutti i paesi sudamericani hanno smesso di essere sotto il giogo di dittature sostenute e dirette da Washington. WASHINGTON RINGHIA ANCORA - L’arroganza con la quale il Nord del mondo trattava il NAM da tempo è stata sostituita dall’indifferenza, ma quest’anno ci sono di nuovo scintille che provengono dagli Stati Uniti, perché l’incontro si tiene a Teheran. Ed è in effetti con un atto di straordinaria aroganza che il portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland, rivolgendosi al Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon, ha fatto presente che Washington considera l’Iran un posto inappropriato per il meeting, concludendo che il summit e la presenza di Ban “mandano un segnale molto strano in merito al supporto dell’ordine internazionale“. Intervento arrogante perché è dal 1961 che i segretari dell’ONU presenziano a tutti gli incontri, che si sono tenuti ogni 3/4 anni per 13 volte e anche perché offende chiaramente la volontà dei 141 paesi che hanno ritenuto di presenziare. IL MASTINO ISRAELIANO - Washington non aveva osato tanto neppure nel 2006, quando il summit si tenne a Cuba in una cornice nella quale i più vocali nemici di Washington non risparmiarono attacchi, critiche e condanne alla potenza americana, che mal sopporta che il suo processo di “costruzione del nemico” sia macchiato dall’arrivo delle delle delegazioni di 141 paesi a Teheran. Ad acuire il diffuso fastidio c’è stato anche l’intervento del primo ministro Netanyahu, che nonostante goda ormai del solo aperto sostegno di Washington, non ha trovato di meglio che esprimersi con la frase: “Signor Segretario Generale, il suo posto non è a Teheran”. L’INSOFFERENZA GENERALE - Proprio quello che ci voleva per mettere pepe all’incontro e per rafforzare il fastidio in decine di paesi che negli anni hanno subito simili dimostrazioni d’arroganza da parte del blocco atlantico e degli ex colonizzatori. Un’arroganza alla quale chi può risponde con indifferenza, come l’India, che approfitterà dell’occasione per discutere con Teheran il modo migliore per acquistare il petrolio iraniano aggirando le sanzioni fortemente volute da Washington. Un’attività sulla quale gli americani non s’esprimono per non irritare gli indiani, ottimo partner commerciale al quale Washington vende anche una discreta quantità di armamenti avanzati di ogni genere, oltre a tecnologia spaziale e nucleare della più sensibile e costosa. Così come non hanno nemmeno provato a far pressione sui paesi latinoamericani, sempre meno disposti ad accettare ingerenze e lezioni di diplomazia internazionale del Dipartimento di Stato. di Mazzetta

27 agosto 2012

10 regole per riconoscere il Casini che è in voi…

Signore e signori, è inutile fare i vaghi: c’è un po’ di Casini in ognuno di voi. Il morbo è subdolo, attacca anche d’estate: ecco il decalogo per riconoscerne i sintomi, e debellarlo per sempre. 1. Maledetta sobrietà Siete al party di fine estate organizzato dalla vostra amica racchia ma con tante amiche carine. Una di queste vi si avvicina per sorbire il cocktail della staffa ma voi esplodete in un imbarazzante “no, cara, ho bevuto abbastanza”. È il primo sintomo di moderazione, la sobrietà vi sta dando alla testa. Non vi agitate, non ce n’è motivo. Però tenete sotto osservazione il fenomeno. 2. Alleanze troppo variabili Nel pieno di una accesa discussione sul calciomercato, un vostro amico si inalbera per l’ultimo acquisto della Roma e con lo sguardo vivace cerca la vostra approvazione. Fate sì con la testa. A quel punto l’antagonista inviperito rilancia con tono deciso e butta l’occhio verso di voi: trova lo stesso cenno di assenso. Vi illudete di essere equidistanti, invece avete appena guadagnato due nemici. La situazione si fa seria. 3. Due forni, ma con juicio Scatta il momento del cornettone, dopo una notte brava in cui come al solito non avete concluso nulla. Si va tutti da Gigi al Laurentino, che fa i danesi buoni buoni, con sommo disappunto di Angelino, che vorrebbe andare da Mario. Per non scontentare quest’ultimo, prima di rincasare, fate il bis. Sale l’indice di glicemia. La politica dei due forni vi ingolosisce molto, ma attenti al diabete. 4. Buonsenso a vanvera È nota come sindrome di La Palice, ma in alcuni soggetti si configura con sintomatologie molto più importanti. Consiste nell’elencazione gratuita di luoghi comuni eticamente inoppugnabili: il capo dello Stato è il presidente di tutti, le leggi le fa il Parlamento, il latte è bianco, la mucca fa mu. Premuratevi di portare il conto: se superate il limite di tre ovvietà al giorno, fatevi un esame di coscienza. Se non avete più la coscienza, siete in una sezione dell’Udc. 5. Il vostro pantheon Tutti i vostri compagni, impenitenti e nostalgici, dormono ancora sotto i poster del Che, del Quarto Stato, del Duce e di Madonna. Voi sotto quelli di De Gasperi e Cuffaro. Scelta originale, ma forse un po’ troppo. Domandatevi se questa eccentricità non celi disagi più gravi. Meglio un Kandinskij: banale, ma risolve il problema. 6. Quel “messaggero” sospetto Arriva l’autunno, tempo di scuola, università e gagliarde occupazioni. I vostri coetanei si esercitano da capipopolo col megafono e il manifesto sotto il braccio. Voi cercate di imitarli: indossate il basco e un’orrenda camicia a quadri di vostro padre, ma dalla borsa a tracolla spunta una copia del Messaggero. Inutile fare i vaghi, vi hanno sgamato. Almeno non fate la figuraccia di chiamare il preside. 7. Là dove c’era l’erba La vostra profonda fede ecologista vacilla. Il sogno hippie di trasformare le tragiche periferie romane in immense oasi immerse nel verde ha lasciato il posto all’imperativo “costruire costruire costruire”. In architettura si chiama funzionalismo, se invece avete parenti con interessi del mattone si chiama paraculaggine. Per sciogliere il dilemma consultate l’albero genealogico delle vostre famiglie. Qualcosa troverete. 8. Grande “zentro” Ecco l’oziosa discussione sulla vita di paese e la vita di città. Parte la filippica sull’aria sana dei borghi antichi, sui sapori di una volta e tutte quelle menate sui casolari in campagna che si vedono nei film di Bertolucci. Voi, che siete uomini emancipati ed evoluti, non vi lasciate incantare: il vostro sogno è il “grande centro”. Anzi, il grande zentro. Continuate a sognare, i sogni sono gratis. 9. Addio a Monti? Vi siete svegliati nervosi, capita a tutti. Ma oggi sentite di non avere più certezze. Persino Monti non vi va più a genio e cominciate a chiamare il suo governo in modi diversi: di larghe intese, tecnico, di solidarietà nazionale, di salute pubblica, di salvezza nazionale, istituzionale, del premier, del presidente, di unità nazionale, di responsabilità, di garanzia. Sembra giunto il momento per dare una svolta alla vostra vita, invece a fine giornata vi passa tutto. Peccato. Odiate il bipolarismo ma siete bipolari. 10. Lessico famigliare Siete divorziati ma fingete di credere nell’unico e imprescindibile nucleo affettivo riconosciuto da santa romana chiesa, quello composto da uomo e donna che mettono al mondo dei figli. In pratica continuate ad affermare che per voi “la famiglia è una sola”, frase che si legge bene sia con la o aperta che con la o chiusa. Se avete capito la battuta, sorridete. Se non l’avete capita siete nei Casini. di Alessandro Antonelli

17 agosto 2012

Più di così non si può produrre

La finanza non è la causa della crisi che sta travolgendo il mondo occidentale, ne è solo l’aspetto più evidente contro cui è comodo e facile scagliarsi per evitare di dirsi la verità. Perché la crisi autentica è quella della cosiddetta ‘economia reale’, cioè di un modello di sviluppo basato sul meccanismo produzione-consumo (oggi addirittura ribaltatosi in un ‘consumare per produrre’) e sull’illusione delle crescite esponenziali che, come ho detto altre volte, esistono in matematica ma non in natura. La locomotiva chiamata Rivoluzione Industriale, partita dall’Inghilterra a metà del Settecento, ha percorso a velocità sempre crescente, che con la maturazione della globalizzazione (che mosse i suoi primi passi proprio allora, essendo i due fenomeni strettamente collegati) è diventata folle, due secoli e mezzo, ma ora è arrivata al suo limite. Non si può più crescere. Non si può produrre di più di quanto abbiamo già prodotto. Prendiamo, a mo’ di esempio, l’automobile. A chi si può vendere oggi un’automobile? A dei mercati marginali. Certo la si può vendere anche in India e in Cina, ma con una crescita a due cifre anche questi Paesi (che nel frattempo stanno saturando definitivamente i nostri mercati) arriveranno presto ai limiti cui siamo giunti noi. Certo si possono inventare ancora nuove tecnologie e loro applicazioni soprattutto nel campo del virtuale, ma dopo il computer, il cellulare, Internet, l’iPhone, l’iPad che altro ancora? Come c’è una bolla immobiliare c’è, su scala planetaria, una superbolla produttiva. Sbaglia però chi predica, come mi pare facciano, sia pur con molte differenze, i firmatari del famoso Appello contro ‘il pensiero unico’, una riconversione al marxismo. Figli della Rivoluzione Industriale liberismo e marxismo sono in realtà facce della stessa medaglia: l’industrialismo appunto, che è il vero nocciolo della questione e che nessuno mette in discussione. Sono entrambi modernisti, illuministi, ottimisti, economicisti, produttivisti, hanno entrambi il mito del lavoro (che per Marx è ‘l’essenza del valore’ – non per nulla Stakanov è un eroe dell’Unione Sovietica – e per i liberisti quel fattore che, combinandosi col capitale, dà il famoso ‘plusvalore’), tutti e due pensano che industria e tecnologia produrranno una tal cornucopia di beni da rendere felici tutti gli uomini (Marx) o, più realisticamente, la maggior parte di essi (i liberisti). Questa utopia bifronte ha fallito. Perché ha alle sue radici gli stessi ‘idola’: industrialismo, produzione, consumo, crescita, sviluppo. I firmatari dell’Appello stanno quindi totalmente dentro il ‘pensiero unico’ che è quello di chi ritiene, a destra come a sinistra, che lo Sviluppo, in un modo o nell’altro, sia irrinunciabile. Chi ne sta fuori sono coloro che ritengono che invece di crescere sia necessario decrescere (produrre di meno, consumare di meno) sia pur in modo graduale, limitato e ragionato per ritrovare non solo una stabilità economica, che non ci renda schiavi della dittatura anonima dei ‘mercati’, ma una vita più semplice e più umana, senza stress, depressione, nevrosi, anomia, tumori psicosomatici, cardiopatie che, com’è noto, sono tutte malattie della Modernità. Sono quindi gli Antimodernisti i veri antagonisti del ‘pensiero unico’ ed è ai loro danni che si consuma un ‘furto di informazione’ perché sono costantemente ignorati, altro che i signori Gallino, Lunghini, Tronti, Asor Rosa e persino Guido Viale promosso a economista. di Massimo Fini

16 agosto 2012

Simon Johnson spaventa i senatori sulla polveriera degli Euro-derivati

I membri del Senato USA riuniti alla Commissione Esteri per i Rapporti Europei il 1 agosto sul "futuro dell'eurozona: situazione e lezioni" sono rimasti sbigottiti quando l'ex funzionario del Fondo Monetario Internazionale Simon Johnson ha insistito ripetutamente durante la sua audizione che l'Euro non durerà nella sua forma attuale, e che sta per esplodere la "polveriera" dei derivati legati all'Euro, quindi non sono affatto credibili le rassicurazioni del ministro del Tesoro Usa Tim Geithner o del presidente della BCE Draghi. Johnson ha aggiunto che Draghi e gli altri si illudono: la BCE non potrà emettere abbastanza credito per salvare tutti, e più credito emette, più mina la credibilità di quel debito. L'Euro entra nella sua fase più pericolosa in cui domina il "rischio di dissoluzione" e come può chiunque firmare un contratto se non sa se esisterà l'Euro tra un anno, ha ammonito Johnson. Siamo seduti "su una polveriera di transazioni in derivati opache, fuori bilancio" legate all'Euribor per centinaia di trilioni di Euro, ha detto Johnson, e nessuno sa quale sia l'esposizione americana a questo, o che effetto avrà l'uscita della Grecia dall'Euro, che secondo Johnson è probabile al 90% prima della fine di quest'anno. La Sen. Jeanne Shaheen, che presiedeva l'audizione, era chiaramente interdetta. Ha chiesto a Johnson come mai Geithner "assicuri costantemente" che l'esposizione del sistema bancario americano all'Europa è "limitata". Johnson ha ribadito quello che aveva detto in vari momenti della sua audizione: la complessità dei derivati è tale che neanche gli istituti che li detengono sanno quale sia la loro esposizione. Non è possibile che Geithner o altri membri del governo sappiano quale sia la vera esposizione. Ha citato l'esempio della JP Morgan, che nel suo "testamento biologico", pubblicato prima della perdita di 6 miliardi di dollari, stimava che una perdita di 30 miliardi di dollari li avrebbe mandati in bancarotta. La bancarotta della JP Morgan sarebbe un evento sistemico, e gli stress test condotti dalle agenzie federali di regolamentazione non hanno neanche preso in considerazione gli eventi a cui oggi assistiamo. Ha invitato i senatori a leggere il "testamento" della Morgan che è pubblico. Johnson, che in altre occasioni si era detto favorevole alla legge Glass-Steagall, durante questa audizione ha purtroppo perso l'opportunità di raccomandare la separazione bancaria, anche quando gli è stato chiesto che fare delle banche europee ed americane "too big to fail" (troppo grosse per fallire). by (MoviSol)

L'incubo di Draghi: nascondere alla gente il segreto della moneta

È bastato che Draghi dicesse: «La BCE è pronta a fare tutto il necessario per salvare l’euro, e credetemi sarà abbastanza», perchè «i mercati» esultassero, le Borse salissero gioiose, lo spread calasse un po’ (mica tanto però). Perchè tutti hanno interpretato quelle mezze frasi sibilline come una promessa che la Banca Centrale farà, in un modo o nell’altro, quantitative easing. S’intende che la monetizzazione del debito, sul piano intellettuale, è la sola cosa da fare per i debitori del Sud-Europa. Premessa: a debiti colossali si fa’ fronte storicamente in due modi: 1) smettendo di pagarli (default) oppure 2) «pagandoli» con moneta creata apposta in sovrappiù, monetizzandoli cioè. In un periodo come quello che attraversiamo – niente crescita, forte disoccupazione e in aumento, e con famiglie e imprese che stanno dis-indebitandosi, ossia riducendo i loro debiti – il potere pubblico deve creare moneta per evitare di entrare dalla recessione alla depressione – come sta già avvenendo. In Europa la monetizzazione è necessaria per evitare che la depressione si estenda, dalla Grecia alla Spagna e all’Italia (già fatto), e al di là al resto dei Paesi europei, a cominciare dalla Francia; e in questo contesto la monetizzazione non è nemmeno inflazionista, in quanto non farebbe che contrastare gli effetti di deflazione del dis-indebitamento degli attori economici privati. Ora, però, i «mercati» aspettano di vedere: come farà, Draghi? Non solo perchè monetizzare è vietato dal regolamento della BCE, non solo per la netta contrarietà dei tedeschi, i padroni di fatto, ostinati ad esigere che i meridionali attuino i loro programmi di risanamento dei debiti, a forza di austerità. È anche che tutte le altre misure indirette tese più o meno a questo scopo – acquisto dei titoli dei Paesi indebitati sul mercato secondario, tagli del tasso primario, LTRO (il mega-prestito alle banche) – sono stati già tentate, senza effetto. Le banche riempite di denaro dalla BCE all’1% non hanno creato moneta-credito, se la sono tenuta (e in parte, i privati non l’hanno chiesta). Stavolta, la BCE dovrebbe – come facevano ai bei tempi le banche centrali, quando erano organi di Stati sovrani – monetizzare direttamente al Tesoro, ossia comprare i titoli di debito del Tesoro italiano, spagnolo eccetera non sul mercato secondario ma direttamente dallo Stato emettitore, con moneta creata a questo scopo, e magari al tasso dell’1% fatto alle banche. Il problema dello spread sarebbe eliminato all’istante, perchè Spagna e Italia non avrebbero più bisogno di offrire tassi alti ai mercati per farsi prestare da loro i soldi. Ma…. Orrore! Tabù! Non si fa’! Soprattutto, questa cosa rischia di rivelare alla gente comune il segreto del denaro che deve ad ogni costo essere celato alle grandi masse: che il denaro di oggi, «fiat money», la banca centrale lo può «stampare» in qualunque quantità(1). E chi lavorerebbe più, sapendolo? Chi pagherebbe più le tasse, anzichè pretendere che i poteri pubblici si coprano le spese stampando moneta? Come convincere i popoli che le spese dello Stato vanno bilanciate con le entrate, che bisogna «risanare le finanze», e riportare il debito pubblico al 60% del Pil? Chi accetterebbe più accuse del tipo: «avete vissuto al disopra dei vostri mezzi, ora tirate la cinghia?». Chi accetterebbe le austerità e i «compiti a casa»? Stampate, stampate, direbbero le masse magari attizzate dai demagoghi; i politici demagoghi griderebbero alla banca: stampate, stampate! (l’hanno già fatto).Tutti pretenderebbero di vivere con stipendioni, come quelli di cui godono solo le minoranze privilegiate, gli attuali parassiti pubblici collettivamente detti «La Casta», e i banchieri, finanzieri e speculatori (che sono al corrente del segreto). E sarebbe la rovina: della moneta, dell’economia e della morale stessa. Tutto finirebbe in anarchia, crollo della produzione, e un’inflazione tipo Weimar, o Zimbabwe (230 milioni per cento). Così, tutto ciò che stiamo passando – spread alle stelle, rincaro del costo del debito, austerità, tagli allo stato sociale, obbligo di pareggio del bilancio scritto in Costituzione – ha, in fondo, un grande scopo: far credere alla gente comune che denaro disponibile, per lei, non ce n’è. Non ci credete? Posso citarvi un passo di Paul Samuelson – economista Nobel – che lo ammette. La credenza che il bilancio dev’essere equilibrato in permanenza, dice, è «una superstizione»; ma una superstizione utile, perchè se la gente smette di crederci, «si perde la difesa che ogni società deve avere contro la spesa fuori controllo». Samuelson la paragona ai miti con cui «la religione spaventava la gente per indurla a comportarsi come esige il mantenimento a lungo termine della civiltà». (Blaug Mark, John Maynard Keynes: Life, Ideas, Legacy, St. Martin’s Press, New York, 1990, 95 p., p. 63– 64) Il segreto deve dunque essere mantenuto ad ogni costo. Riservato a pochi iniziati (che ne approfitteranno per arricchirsi smodatamente). È il motivo per cui i banchieri centrali si esprimono, come l’oracolo di Delfo, con frasi sibilline, ambigue e anfibole (a doppio senso); che si ammantano di maestà da Venerati Maestri, e sacralità da sacerdoti, coltivano il più assoluto riserbo, e compiono le loro operazioni impegnando tutti i presenti al silenzio dei mysteria antichi. Draghi si comporta appunto così. Il guaio è che la secolarizzazione dilagante intacca anche questo tipo di sacrum. In passato, i banchieri centrali facevano le loro manipolazioni e moltiplicazioni monetarie sotto il velame del tabù che i pochi media non osavano violare; l’economia monetaria era materia esoterica, che i giornali non spiegavano mai; ma oggi c’è internet e ci sono i blog alternativi, che spifferano e dissacrano, e riconoscono immediateamente, sotto i panni augusti del Venerato Maestro, il Solito Stronzo o il Ben Noto Marpione. Si aggiunga che proprio in tempi di emergenza come questi, i giocolieri devono fare operazioni dove il trucco rischia di vedersi. Tipico esempio, lo LTRO fatto da Mario Draghi. Come abbiamo detto, tutti gli inghippi, i limiti legali e la «indipendenza» della Banca Centrale servono a far credere alla gente comune che di denaro, per lei, non ce n’è. Ma come farglielo credere, dopo che la gente ha visto Draghi dare1000 miliardi alle banche all’1%? Vero è che la BCE ha fatto finta di sborsare quei soldi facendosi dare dalle banche, in cambio, titoli posseduti da queste, titoli di credito; ma di tale bassa qualità, e così dubbia esigibilità, che un politico tedesco, Frank Schaeffler, ha sibilato rabbioso: «Se continua così, la BCE accetterà in garanzia anche vecchie biciclette». Insomma, s’è visto che quella era creazione monetaria ex nihilo bella ed buona, fatta in quel modo indiretto per consentire un profitto alle banche private, che con quei soldi all’1 dovevano comprare i Bot al 5 o al 7%; in modo da «aiutare», prestando loro ad interesse, gli Stati che s’erano indebitati fino all’insolvenza per aiutare le loro banche, accollandosi (cioè accollandoli al contribuente) i buchi delle loro follie… La ragione fornita è che la Banca Centrale europea ha il divieto di prestare direttamente agli Stati. Banca d’Inghilterra e Federal Reserve hanno invece creato dal nulla fondi, in parte per comprare debiti sovrani dei loro Stati; ciò che va a profitto della collettività, perchè il debito costa meno caro ai contribuenti. La regola generale implicita dei divieti, dei miti e dei terrorismi («Austerità, o il default e l’uscita dall’euro!»), è quella: prima le banche. Per questo la promessa di Draghi di «fare tutto ciò che serve per salvare l’euro», può anche suonare: «Lotteremo finché sarete tutti morti». Spagna e Italia devono chiedere soldi ai mercati, e pagare tassi del 7%. La Grecia, del 30%. Inevitabile, ci dicono, altrimenti non avranno i soldi per pagare gli stipendi, o – come minacciano i mascalzoni che sgovernano le provincie – «non potremo riaprire le scuole» (se ci provano, uno Stato normale li arresterebbe); oppure dovremo svendere i patrimoni nazionali, privatizzarli. Quello che non ci dicono, è che questa umiliante situazione è del tutto artificiale. Conseguenza della perdita di sovranità. Una banca centrale che detiene la stampante dei soldi non può essere a corto di denaro. Per uno Stato che dispone del monopolio dell’emissione di moneta – e usa questo potere con la testa sul collo – , non c’è problema di solvibilità. Si finanzia con la propria moneta, creandola, senza bisogno di altre fonti di approvvigionamento. Tutto ciò che occorre è che accetti di essere pagato con la sua moneta, sostanzialmente la accetti in pagamento delle tasse. Questa è infatti una funzione delle tasse, forse la prima: creare domanda per questa moneta. Se le imposte sono da pagare in questa moneta, diventa utile procurarsela, anche se è solo carta. In teoria, lo Stato non avrebbe bisogno di tassare i cittadini per procurarsi i soldi, visto che può stamparli. Ma – a parte il fatto che anche lo Stato sovrano deve far credere che, per i cittadini, il denaro è scarso e costa sudore – qui interviene l’altra funzione della torchia fiscale: regolare la massa monetaria presente nell’economia. Finchè ci sono da finanziare scambi supplementari, finchè c’è da finanziare risparmio, si può far girare la stampatrice, senza tassare. Ma quando ha fatto girare troppo la macchina stampa-soldi, nell’economia reale resta massa monetaria eccedente, che non trova utilizzo e di cui dunque l’economia si scarica facendo rincarare i beni. È l’inflazione. Per continuare ad offrire beni e servizi senza inflazione, bisogna dunque ritirare questa massa di moneta in eccesso tassandola. Ma torniamo al discorso: uno Stato che ha il monopolio dell’emissione non ha problemi d’insolvenza. Chi dice che non è possibile, che presto o tardi quella moneta sarà deprezzata sui mercati mondiali o travolta dall’inflazione fino a fare di quello Stato un paria (come la Grecia?), sorvola sull’esempio del Giappone. Vent’anni fa, il Giappone entrò nella sua crisi ormai ventennale (da bolla finanziaria-immobiliare) con un debito pubblico pari al 50% del suo Pil. Oggi il debito è al 230%. In tutto questo periodo non solo non ha conosciuto alcuna iper-inflazione (anzi, è in leggera deflazione: i prezzi calano), ma lo yen non s’è deprezzato tragicamente. Non ha subito alcun attacco speculativo, mai ha dovuto pagare ai «mercati» interessi altissimi per convincerli a comprare i suoi titoli del debito pubblico; mai ha conosciuto, come noi, il problema dellospread. Anzi, il tasso d’interesse ha seguito molto da vicino il tasso direttore, quello sancito dalla sua Banca Centrale. Come mostra la grafica qui sotto: segreto moneta Dibattito sullEuro: Il Contributo di Maurizio Blondet (Lincubo di Draghi....) CLICCARE PER INGRANDIRE Il tasso del debito pubblico a lungo termine (rosso) segue il tasso direttore (blu) della Banca del Giappone, cioè quello che la banca centrale fa’ pagare alle banche private; i tassi a breve (verde, giallo) sono addirittura avvinghiati al tasso primario. Ciò significa che è la banca centrale d’emissione, e non i «mercati», a decidere quanto pagare d’interesse sul suo debito pubblico. È lo Stato che ha in pugno le banche, e non il contrario. Non c’è speculazione, non c’è «austerità» obbligatoria perchè altrimenti «il Giappone fa’ fatica a finanziarsi» e dovrà indebitarsi a più caro prezzo, «per trovare risparmiatori (investitori) disposti a prestargli». Anzi. Gli investitori fanno a gara per procurarsi buoni del tesoro giapponesi, anche se rendono modestamente. Ecco come funziona uno Stato che ha mantenuto il monopolio dell’emissione monetaria, governato da una dirigenza con la testa sul collo,che si sente responsabile verso il Paese. Naturalmente, i difensori ideologici dell’euro e di «più Europa» ribattono che il Giappone può fare così, perchè è la seconda potenza industriale del mondo e vende i suoi Bot ai suoi cittadini, non sui mercati esteri (2). Sarà. Ma a parte il fatto che anche gli italiani hanno dei risparmi e sono sempre stati propensi a comprare i titoli di Stato, con un decente interesse, chiediamoci se «fanno fatica a finanziarsi», se «sono aggrediti dalla speculazione», Paesi come gli Usa, la Svizzera, l’Australia, la Danimarca, l’Africa del Sud, la Nuova Zelanda, la Svezia, il Brasile, il Regno Unito, Taiwan, il Canada, eccetera eccetera. Sono Stati grandi e piccoli, ben governati e mal governati, economicamente forti o deboli. Hanno una sola cosa in comune: hanno il monopolio della propria emissione monetaria. Se uno di questi Stati smette di pagare i creditori, lo fa’ per sua decisione arbitraria, ossia sovrana. Non c’è alcuna forza esterna che possa farlo andare in bancarotta come la Grecia, presto la Spagna e fra poco l’Italia. Non solo: la Francia, tra le due guerre, ha avuto un debito pubblico pari al 140% del Pil, e tuttavia stabilizzò il franco senza particolari difficoltà. Perchè, quanto ai tassi d’interesse che deve versare sul debito pubblico, uno Stato sovrano li padroneggia, senza dover dipendere dai mercati: è propriamente il compito della sua Banca Centrale di regolare i tassi a cui si presta il denaro, attraverso il suo tasso primario. A questo punto, gli euro-ideologi e i loro maggiordomi mediatici ricorrono al terrorismo. Tornare alla sovranità monetaria? Ma la lira si svaluterebbe tragicamente, i vostri risparmi sarebbero decurtati catastroficamente, perdereste potere d’acquisto; nessuno farà più credito al Paese; l’inflazione galopperà. Nessuno afferma che il ritorno alla lira sarà una passeggiata. La correzione di un grande errore richiede grandi sforzi e sacrifici: sacrifici al fondo dei quali però c’è la sicura ripresa, al contrario dei sacrifici attuali dettatici da Monti e Merkel, senza fine e senza prospettive. Qui preme sfatare due dei concetti che ci vengono terroristicamente presentati per dissuaderci. La moltiplicazione di moneta dal nulla per comprare i buoni del Tesoro gonfierà i bilanci delle banche e riverserà una valanga di crediti sull’economia reale, creando altra moneta (oggi sono le banche che la creano indebitando), e provocando iper-inflazione. Ma no. Non è così facile che il denaro arrivi nelle tasche dei consumatori. Perchè la valanga del credito si verifichi, occorre che sia chiesto e voluto dal settore privato, e che le banche giudichino affidabili quelli che lo chiedono. Come vediamo, i mille miliardi prestati da Draghi alle banche hanno clamorosamente mancato di riversarsi nell’economia reale provocando l’orgia del credito. E il Giappone, benchè ci abbia provato fino ad avere quel debito pubblico enorme, «non è riuscito» a produrre quel po’ d’inflazione che gli servirebbe per far uscire la sua economia dalla deflazione-depressione. L’inflazione comincia ad alzare la testa quando si raggiunge il pieno impiego e le imprese lavorano al 100% della loro capacità produttiva; non è certo questo, oggi, il caso (se oggi una certa c’è inflazione, è dovuta alle materia prime importate, e alla massa eccessiva di parassiti pubblici che in Italia consumano senza produrre). Tanto più che la BCE, come qualunque Banca Centrale, ha cura di «neutralizzare» questi suoi interventi. Ma come lo fa, oggi? Tenetevi forte: facendosi imprestare dalla banche private il denaro che essa stessa ha creato, ossia pagando loro un interesse per ritirarlo (3). Questo è un obbligo scritto in lettere di bronzo sugli statuti. Forse non c’è prova più chiara del fatto che l’interesse delle banche è sempre in primo piano: ma è uno dei segreti che non si devono rivelare. C’è un modo gratuito di riassorbire il denaro in più? Certo. Uno Stato sovrano può lasciarlo semplicemente creare, e tassarlo in tempo utile. L’altro mito terrorizzante da demistificare è il seguente: «Se torniamo alla liretta svalutata, magari dopo aver fatto default, i mercati ci puniranno, non ci faranno più credito». La realtà è che oggi i mercati tendono a non farci più credito, temendo il nostro default – a causa dell’euro. La Spagna già è in bilico: i suoi buoni non trovano compratori, e per questo deve chiedere i soccorsi europei, che glieli comprino al posto dei «mercati». Si può star certi che, appena avessimo svalutato, avremmo alla porta file di investitori pronti a prestarci denaro: e chi non farebbe credito a un’Italia (del Nord) che a quel punto avrebbe riacquistato tutta la sua competitività? Dove l’attività sarebbe in febbrile ripresa, le cui fabbriche sarebbero tornate a ronzare per soddisfare gli ordinativi, e a portar via le fette di mercato che la Germania ci ha defraudato? Ed anche i Bot e i BTP, una volta subita la svalutazione, tornerebbero appetibili proprio per questo. Non è una speranza, è una certezza. Il ministro argentino dell’epoca della bancarotta, l’economista Roberto Lavagna, l’ha raccontato in varie interviste:a poche ore dal default, già una grossa banca d’affari internazionale gli telefonava proponendogli di ricominciare ad indebitare lo Stato, perchè a quel punto i bond argentini erano tornati convenienti. Fu Lavagna a rifiutare, per non ricominciare subito il giro dell’indebitamento. I terroristi che ci vogliono tenere legati alla macina da mulino chiamata euro, altrimenti sarà l’inferno, hanno mancato di notare un recente studio di Merrill Lynch intitolato «Game theory and euro breakup risk premium». Uno studio molto originale, che usa la teoria dei giochi per stabilire quale Paese dell’eurozona abbia il maggior «incentivo» ad uscire , s’intende «ordinatamente», dalla moneta unica; analizzando tutti i pro e i contro, i guadagni e le perdite per ciascun Paese. Ovviamente tenendo conto del «Paesi con grandi bisogni di finanziamento (come il nostro) sarebbero più vulnerabili», e «avrebbero un accesso limitato per qualche tempo ai mercati di capitali e ai finanziamenti esteri», fatti negativi da bilanciare però con «l’impatto sulla crescita» che verrebbe dall’uscita. Non ve lo spiego perchè sarebbe complicato, chi vuole può andarselo a leggere qui: Game theory and euro breakup risk premium. Vi dò solo le conclusioni. Secondo Merrill Lynch, a perderci di più sarebbe la Germania, che subirebbe un apprezzamento del nuovo marco del 14%, e un taglio del suo Pil del -7%. In Grecia, la neo-dracma si svaluterebbe del 12. Per l’Italia, la neo-lira (dopo magari oscillazioni drammatiche) si deprezzerebbe dell’11%, sicchè la differenza tra lira e marco sarebbe del 25%, abbastanza da danneggiare gravemente l’export tedesco. Ma quali sono i Paesi in deficit che, tornando alla moneta nazionale, vedrebbero un clamoroso aumento dell’export? Al primo posto c’è l’Irlanda, che guadagnerebbe il 7% del Pil. Al secondo posto – sorpresa sorpresa – l’Italia, il cui Pil salirebbe del 3% del Pil. Seguita a ruota da Grecia e Spagna. I problemi del Club Med sarebbero in via di rapida soluzione. Dalla recessione alla ripresa e alla crescita. La Germania non potrebbe più spacciare i titoli del suo debito pubblico a tassi zero o sotto-zero: il costo dell’indebitamento salirebbe, per Berlino, di quasi 1 punto (80 punti-base). La Repubblica federale perderebbe lo status di «rifugio» per i capitali in fuga. Per l’Italia, dato il suo enorme debito, il vantaggio su questo sarebbe modesto: -20 punti-base. Ma il Portogallo vedrebbe una diminuzione del costo per indebitarsi di quasi il 6%, l’Irlanda del 4%, e la Spagna quasi l’1% in meno. Persino la Grecia farebbe economia sul costo del debito (anche senza contare la possibilità recuperata di monetizzarlo), visto che lo vedrebbe calare di un 22%. Ma è soprattutto l’uscita dell’Italia – più grossa dell’Irlanda e più industrializzata di tutti – che la Germania deve temere, valuta Merill Lynch. Tanto più che l’Italia è quella che dopo la piccola Irlanda, ha la maggior convenienza ad uscire. Al punto che lo studio si domanda: Can Germany bribe Italy to stay? Ossia: La Germania pagherà una bustarella all’Italia per farla restare nell’euro? Possiamo rispondere tranquillamente di no. La Germania non ha bisogno di pagarci, perchè a farci restare nell’euro – e gratis – ci pensano Monti, Napolitano, Draghi . Tutti pronti a «fare tutto quel che serve per salvare l’euro», fino a che saremo tutti morti. Post Scriptum: quel che abbiamo scritto sopra non vuole essere una giustificazione per non ridurre l’immane debito pubblico, nè una scusa offerta alla classe politico-parassitaria che ci pesa sul collo per non tagliare le enormi spese improduttive, provincie, comuni, Regioni, tangenti della Sanità, con cui ha alimentato le clientele, fino a distorcere la struttura stessa del sistema economico. È questa classe che ci ha portato al punto in cui siamo. Ciò che abbiamo detto sopra serve solo a dimostrare i tecnocrati e banchieri, che si sono impadroniti del potere sulla moneta con la scusa che i politici sono corrotti e inclini alla spesa pubblica senza freno, non hanno dato miglior prova. Nè di competenza, nè di onestà. Come ho detto, il potere di monetizzare richiede una classe politica con la testa sul collo, capace di usarlo cum grano salis ed un forte senso di responsabilità e lealtà verso la comunità, anche quella futura. Restituire la sovranità monetaria allo Stato, finchè è governato da questi qua, sarebbe assurdo. Bisogna prima eliminarli. 1) Gli accorgimenti che probabilmente Draghi adotterà saranno altri acquisti sul mercato secondario (liberando le banche di titoli marci); si ventila l’idea di attribuire al Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM) lo status di banca, ciò che permetterebbe allo ESM di finanziarsi presso la BCE, ossia avere fondi senza limiti con cui poi comprare titoli spagnoli e italiani. Questi metodi indiretti e macchinosi (perchè non dare agli Stati , allora, lo statuto di banche, onde possano poppare alla mammella BCE senza intermediari?) servono essenzialmente a nascondere il gran segreto: che la moneta ex nihilo si crea a volontà. 2) Un altro argomento contro il modello giapponese, sostiene che nonostante la larghezza monetaria, il governo nipponico non ha avuto successo nel far uscire la sua economia dalla stagnazione. Rettifichiamo: il Giappone non ha avuto successo con il quantitative easing; ritorno alla «austerità» è stato un fallimento; però stava avendo successo con la monetizzazione del debito. Il ritorno alla normalità è stato rovinato dalla crisi finanziaria mondiale innescata dai subprime (americani) nel 2007. Poi c’è stato il tragico tsunami. Per chi vuole approfondire questo tema: Le point sur le Japon. 3) Da un sito francese traggo questo esempio: 1) Siete una banca che ha 1000 titoli spagnoli (o italiani) ed ha paura di perderci troppo. 2) Per calmare la vostra ansia di banchiere – non sia mai che ci perdiate del denaro – la BCE vi raccatta questi titoli, dandovi in cambio i soldi all’1%. 3) Si è dunque passati da una situazione: «banca privata 1000 obbligazioni discutibili/BCE 0», a «banca privata 1000 di liquidità utilizzabile/BCE 1000 di titoli discutibili». Se ci si ferma qui, si vede che la BCE ha creato moneta dal nulla, e questo può creare inflazione, ciò che è contrario agli statuti della BCE. 4) Allora la BCE, per neutralizzare l’emissione, chiede in prestito alle banche private il denaro che ha creato. 5) Situazione finale. Banca privata: credito di 1000 sulla BCE non utilizzabile/ BCE: 1000 obbligazioni marcescenti più 1000 di liquidità, menogli interessi versati alla banca privata. «Alla fine – commenta il sito – non c’è creazione monetaria, ma ‘solo’ la BCE che rimpie il suo bilancio di attivi marci, e in più paga degli interessi su questo… o detto in altro modo, la BCE ha tolto una spina dal piede della banca privata, e paga per questo. È bella la vita delle banche private! E beninteso, tutti i particolari sulle banche beneficate, sui titoli raccattati, sugli interessi versati, sono segreti». di Maurizio Blondet

06 agosto 2012

L’amore al tempo della connessione tecnologica

Tra lui e lei quasi sempre, c’è un altro. La sua presenza non fa bene al rapporto, lo indebolisce sempre di più. Ruba attenzione, concentrazione, distrae. Non si tratta però di una persona fisica, ma di un gadget tecnologico: generalmente un cellulare, uno smart phone, un tablet. La sua presenza, sempre più invadente, sta profondamente trasformando i rapporti di coppia. Il discorso, l’intimità, il silenzio è sempre più spesso rotto da uno squillo, un sms, una schermata sul mondo, fuori. Non è un cambiamento da poco. L’innamoramento, il corteggiamento, lo stare insieme è sempre meno una vicenda dei due della coppia, e sempre di più un fatto sociale, nel quale entrano in continuazione altre persone, informazioni, notizie. Tutta roba che mette in fuga quello che una volta veniva definito l’incanto dell’amore. L’agghiacciante statistica secondo la quale circa un quarto delle americane sposate parla al cellulare durante i rapporti sessuali può essere messa sul conto delle patologie che si sviluppano nei matrimoni in crisi, come illustrato nelle serie televisive dedicate alle casalinghe disperate. Ma questo è solo il risultato di molte cose che sono già accadute prima, quando i due hanno cominciato a frequentarsi. E’ durante quei “magic moments”, illustrati de una canzone evergreen degli anni 60, che si può sentire se davvero si è fatti l’uno per l’altro. Per questo, però, è necessario essere totalmente presenti alla situazione, all’altro, vederlo veramente, e lasciarsi vedere, fin nel profondo. Serve insomma concentrazione, profondità. Persino silenzio, oppure colonne sonore adatte all’ascolto e accoglimento dell’altro, come erano le musiche diffuse, o eseguite dal vivo nei piano bar dove ci si corteggiava e ci si innamorava prima dell’avvento della connessione perenne. A quei luoghi ovattati sono da tempo subentrati gli happy hour, gli “aperitivi” squillanti di cento suonerie, luoghi dove l’intimità e l’ascolto dell’altro sono sovrastati dall’esibizione, il mostrarsi, il dover essere “brillanti” nella compagnia, più che interessanti e interessati all’altro che potrebbe amarti. La “connessione” col mondo ha così scavalcato l’attenzione all’altro. Lei risponde allo squillo dell’amica, o della mamma, lui non resiste a controllare dal tablet gli ultimi sviluppi della partita. La tensione amorosa si trasforma in scambi episodici, curiosità , qualche battuta. Il sentimento sbiadisce e il desiderio rimane come espressione del sistema nervoso, più che come slancio del cuore. Non tutto, nella trasformazione informatica dell’innamoramento, è però da buttare. La presenza continua degli altri, della società, delle informazioni sul mondo, ad esempio, rende più difficile quel chiudersi nella coppia frequente negli adolescenti timidi o in difficoltà, che fino a non molto tempo fa sequestrava gli innamorati separandoli dagli altri e dal loro tempo, e metteva così in pericolo il loro benessere psicologico successivo. La connessione ti aiuta a non perderti completamente nella tua fiaba d’amore. Ma se non la tieni a bada impedisce del tutto che la fiaba nasca, trasformando la persona che potrebbe amarti in una conoscenza come le altre. di Claudio Risé

05 agosto 2012

Note olimpiche…

Si sono aperte le Olimpiadi di Londra, precedute da una lunga messe di servizi televisivi e articoli giornalistici che hanno ribadito cose che ormai sono di dominio pubblico, tanto da risultare noiose e stucchevoli. Il doping, non certo da quest’anno, sembra essere la piaga costante di tutti gli sport. I controlli si susseguono e le evoluzioni delle varie droghe che tentano costantemente di sfuggirgli riempiono le cronache e le aule dei tribunali. Le squalifiche sono all’ordine del giorno, le sospensioni si moltiplicano, le revoche di record e vittorie ormai sono numerosissime e disorientano lo spettatore che non saprà mai, a fine gara, se quello che ha visto sarà il vero ordine d’arrivo. Sembra che la politica proibizionista non dia risultati sensibili. Il professionismo degli atleti, contrapposto agli eterni principi decoubertiani, non fa più cassetta. Scontato che gli atleti di rango debbano interpretare le loro discipline sportive come dei veri e propri lavori retribuiti. Di maggior successo, invece, i reportage sulle retribuzioni degli sportivi presenti ai Giochi. Non desta certo sorpresa apprendere che il tennista Roger Federer, tra montepremi e sponsor, si porta a casa qualcosa di molto simile a 50 milioni d’euro l’anno. Così come gli stellari campioni della NBA statunitense, che vantano medie intorno ai 30 milioni l’anno, che non si stupiscono di guadagnare tanto, visto che sono totalmente impegnati a scacciare dalle loro menti i fasti di quello che rimarrà il primo e unico Dream Team della Storia e che mai potranno emulare. Non tiene più banco la questione Pistorius, quell’atleta con arti in carbonio, che approda, dopo tante polemiche, sulle piste di atletica londinese, forte del suo tempo minimo raggiunto. Non si sono fugate tutte le perplessità circa la possibilità che atleti “bionici” siano atleti regolari ma in un articolo del CorSera, Eva Cantarella, insigne accademica, ci ha ricordato come non mi ricordo più quale atleta nell’Antica Grecia, corse, vincendo una gara podistica, provvisto di una spalla in avorio che sostituiva quella mancante, introducendo così la bioingegneria già allora. I greci, si sa, hanno inventato, detto, scritto tutto quello che si poteva inventare, dire, scrivere. Solo la Merkel e la BCE fingono di non saperlo, ritenendola indegna dell’Europa che in realtà ha fondato e riempito di senso. Ma le due notizie più intriganti sulla questione, bionico sì, bionico no, che vanno lette sinotticamente, sono comparse ancora sul CorSera di sabato 28 luglio. La prima ci informa che si cimenterà nella gara di tiro con l’arco individuale, un atleta sud coreano ipovedente. Con una vista che non supera i 2/10, vedendo solo i colori del bersaglio, è capace di fare centro. Intervistato, ha dichiarato che lui il bersaglio non lo vede, se non in una nebbia di colori concentrici, lui il bersaglio lo sente e così fa centro. La seconda è che è stata messa a punto una tecnica, già sfruttata dall’esercito USA per i suoi piloti da caccia, che permette, con un’operazione sulla cornea, di portare la normale vista umana (i famosi 10/10 di chi ci vede bene) a 15/10, con la capacità, testimonia l’articolo, di vedere una mosca, nei suoi dettagli, ad una distanza da nove metri. E che magari, all’insaputa di tutti, è già stata utilizzata per qualche atleta tiratore. Mi sono immaginato una sfida tra il sudcoreano ipovedente, forte solo della sua sensazione che guida il dardo al bersaglio e un’infallibile cecchino, forte di questo nuovo ritrovato della Tecnica, guarda caso targato USA e guarda caso già utilizzata dall’esercito per rendere i suoi uomini ancora più mortalmente infallibili. Un’interessante contrapposizione tra Oriente e Occidente e i loro diversi modi di intendere la via da percorrere. L’Oriente. Al lettore accorto non sarà certo sfuggito il volumetto che Adelphi, molti anni fa, ha inserito nelle sue collane Lo zen e il tiro con l’arco di Herrigel, in cui è esplicitato il pensiero sintetico del sudcoreano. Solo attraverso un esercizio che è in primo luogo lavoro mentale, si può ottenere la fusione tra il soggetto e l’oggetto, tra l’arciere, il dardo e il bersaglio. È solo attraverso questa fusione che si può realizzare quel momento in cui le differenze si annullano in uno sfolgorante bagliore che è il Satori. Un’illuminazione individuale che è unica via che non si può insegnare (se non nei suoi primi passi che corrispondono alla disciplina dell’arco) e che permettono di raggiungere il centro del bersaglio. L’Occidente. Di contro la Tecnica occidentale, che ormai ha preso il sopravvento, non ha nessun presupposto nel sentimento, nella visione interiore, nel “sentire”. Freddamente manipola, trasforma, si fa creazione, piega il soggetto alla sua demonia, sostituendolo, brano a brano, con pezzi artificiali, spersonalizzandolo ma realizzando per lui l’ennesimo sogno faustiano. È l’eterna lotta tra la Qualità non tramandabile e la Quantità codificabile, che ha sancito il trionfo del pensiero occidentale, condannandolo, nel contempo, al giogo coatto di una forza ingovernabile quando diventa divinità. È la contrapposizione, che ben ha descritto Pirsig nel classico assoluto Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, tra visione classica (occidentale) e visione romantica (orientale), propendendo per quella classica, a me così almeno pare, che narra una bellezza soggiacente che a suo dire non sarebbe percepita dai romantici. Sarebbe utile ritornarci e non lasciare che quei due articoli marciscano nel cestino dell’oblio. Poi ci sono, a compimento di questa diarrea mediatica, le sperticate lodi alla manifestazione d’inaugurazione. I maggiori complimenti sono andati all’autoironia degli inglesi che hanno preso in giro se stessi con la presenza di Mr. Bean e soprattutto con la performance della Regina che, a fianco dell’ultimo James Bond, si è prestata a fare la Bond girl, piombando dal cielo in paracadute sullo stadio olimpico. Non lasciatevi abbindolare, è la solita, nota e più volte sottolineata ipocrisia inglese. È il facile sberleffo di chi credendosi ancora un dominatore e infarcito di un senso patologico di superiorità, nei confronti dell’intero globo terraqueo, sa di potersi permettere, in tempo di carnevale, delle licenze senza incrinare l’immagine che ha di se. Alla fine, mi viene restituita l’immagine di un grande spettacolo, divertente ma completamente inconsistente. Un enorme affare che poco ha a che fare con lo sport, che si rappresenta con una cerimonia imbarazzante, piena di morti viventi (come Sir. Paul McCartney), che non mitiga ma esalta il senso di baracconata planetaria che la TV riprende. E da tutto ciò il mio pensiero di sempre riaffiora. Se non si tratta di sport ma di una grande spettacolo per fa soldi e divertire, allora sarebbe giusto permettere tutti i doping a disposizione, permettere tutte le sperimentazioni bioniche conosciute, trapiantare arti di gazzella negli sprinter, innestare bulbi oculari aquilini nei tiratori, inserire fegati di merluzzo per migliorare l’acquaticità dei nuotatori. Bisognerebbe, per sostenere il vertiginoso giro di scommesse sulle gare e per renderle meno scontate, permettere di truccarle a piacimento, corrompere atleti per perdere e pagare allenatori pe rivelare i segreti dei propri assistiti. Tutto in nome dello spettacolo. Non ci vuole immaginazione per questo, basta guardarsi intorno. L’esempio del Palio di Siena è didascalico. Basterebbe applicarlo, lasciando lo sport vero, quello amatoriale (purtroppo ormai anch’esso compromesso in molto) a chi lo vuole praticare in santa pace. Senza record, senza classifiche, senza falsi miti da rincorrere. di Mario Grossi

04 agosto 2012

Com'e' cattiva la Merkel!

"I tedeschi non sono disposti a fare da bancomat per la classe politica italiana, non sono disposti a coprire i debiti che gli italiani hanno contratto. La storia degli eurobond è qualcosa per cui ci si indebita insieme e poi si paga insieme, peccato che chi si indebita di più, in questi casi, sarebbe l’Italia. I tedeschi sanno bene come funziona la politica in Italia, sanno bene che se diventassero un rubinetto che "se si apre ecco i soldi", questi finirebbero sì in Italia, ma finirebbero di nuovo ai vari Penati, Formigoni, Belsito e simili e ai loro compari." Beppe Scienza Il bancomat dei politici italiani Saluti agli amici del blog di Beppe Grillo, sono Beppe Scienza, insegno al dipartimento di matematica dell’Università di Torino, mi occupo di risparmio. Argomento caldo perché i risparmiatori italiani sono molto preoccupati di cosa capita ai loro soldi e ai loro titoli di Stato. Si sta assistendo da qualche mese a una recita da parte di politici e degli economisti di regime secondo un canovaccio abbastanza classico, per nascondere le magagne di casa propria si dà la colpa allo straniero, ora per fortuna non si fanno le guerre, almeno in Europa, ma qualcosa ricorda il nazionalismo di decenni passati. La colpa sarebbe di entità estere come le società di rating, gli speculatori internazionali, ovvero le colpe sono degli stranieri e si sentono alti richiami all’amor di patria finanziaria per cui emettono titoli come i Btp Italia che devono essere sottoscritti con tutta la stampa che li pompa. Diciamo le cose come stanno, se alcuni Btp sono scesi a 60 rispetto a 100 e parecchi a 80/70, se c’è sfiducia nel debito pubblico italiano, i tassi di interesse che l’Italia paga sono più alti di quelli che pagano altri Stati o di quelli che l’Italia stessa pagava fino a un anno fa in una situazione effettivamente molto tranquilla, anche troppo tranquilla, le colpe sono tutte italiane. Un debito pubblico che nel 2007 era sceso a 102%, 103% adesso è risalito a 120% e quest’anno addirittura a 123%. Se il debito pubblico tra l’altro è salito in Italia in parallelo a un taglio della spesa sociale, è salito grazie ai vari Penati, Formigoni, Belsito etc., non è salito perché sono stati regalati soldi ai cittadini. Uno dei nemici sarebbe la Germania, in particolare Angela Merkel accusata di cecità, stupidità. I tedeschi non sono disposti a fare da bancomat per la classe politica italiana, non sono disposti a coprire i debiti che gli italiani hanno contratto e soprattutto che sono ancora disposti a contrarre. La storia degli eurobond sarebbe qualcosa per cui ci si indebita insieme e poi si paga insieme, peccato che chi si indebita di più, in questi casi, sarebbe l’Italia. I tedeschi sanno bene come funziona la politica in Italia, sanno bene che se loro diventassero un rubinetto che "se si apre ecco i soldi", questi finirebbero di nuovo ai vari Penati, Formigoni, Belsito e simili e loro compari. L’idea, non infondata, è che una garanzia europea, sui debiti degli italiani servirebbe a riassumere a tutto spiano nuovi dipendenti pubblici, inutili, a elargire nuovi soldi a strane fondazioni. Adesso è per esempio in discussione il meccanismo europeo di stabilità noto anche come ESM European Stability Meccanism, deciso per aiutare gli Stati in difficoltà. Fatti di costume Ora la posizione della Germania è che va bene aiutare gli Stati in difficoltà, ma bisogna porre un qualche limite a questo, mentre invece l’ultima trovata è che questo ESM dovrebbe avere lo status di banca. Cosa vuole dire avere lo status di banca? Vuole dire che può comperare i titoli di stato italiani e spagnoli, sicuramente anche altri, darli in garanzia alla BCE, e farsi prestare soldi all’1%, con questi comprare di nuovo i titoli di stato italiani e spagnoli e portoghesi, darli in garanzia ancora alla BCE e così via fino al crack finale. Ora è chiaro che nè Monti, nè Hollande vogliono il crack finale. Certo, il meccanismo è molto pericoloso, perché se i soldi per aiutare gli Stati malconci sono limitati, c’è il rischio di esaurirli e trovarsi in situazione di grave crisi, se sono illimitati c’è il rischio di tirare giù tutta la baracca. Il punto è che dare lo status di banca al meccanismo europeo di stabilità apre un varco a questo rischio. La banca centrale tedesca, la famigerata Bundesbank è molto attenta ai soldi dei risparmiatori tedeschi. Il sindacato tedesco a differenza di qualche industria per prendere i soldi dai Tfr dei lavoratori ha protestato per il rischio associato ai risparmi dei cittadini tedeschi. In Germania c’è qualche aneddoto per capire com’è diverso lo stile. Sembrano fatti di costume e non sono fatti di costume. L’ultimo scandalo è stato quello cosiddetto del "tappeto volante", del tappeto di un certo Dirk Niebel, Ministro della cooperazione tedesca, che è andato con una delegazione del governo tedesco in Afghanistan, ha comperato con i suoi soldi un tappeto pagandolo circa 1.000 Euro, sono tornati in Germania con la delegazione e il tappeto. Uno scandalo a non finire. "Come? Ti porti il tappeto sull’aereo dell’aviazione pubblica e non paghi il trasporto? Non paghi l’Iva, la dogana?" Un grosso scandalo. Per fortuna il suo avvocato ha scoperto che una normativa europea esenta dall’Iva alcuni Stati come l’Afghanistan, quindi la cosa si è risolta. Christian Wulff, il presidente della Repubblica, si è dimesso per avere avuto un mutuo a tassi agevolati, in Italia tutti i parlamentari hanno di base mutui a tassi bassissimi. Ernst Welteke, il governatore della Banca centrale tedesca, nel 2004 si è dimesso perché a Berlino hanno pagato la stanza d’albergo al figlio che era lì con la fidanzata, per tenere il bambino dello stesso Welteke, cosette! Da noi Fazio per dimettersi ha dovuto aspettare che arrivassero per arrestarlo o quasi! Altre cose, la Margot Kaessmann, l’equivalente per i luterani, parlo per i cattolici, si è dimessa dalla sua carica perché l’hanno fermata mentre guidava tornando a casa la sera, hanno scoperto che aveva un tasso alcolico un po’ più alto, senza nessun incidente! Sfiducia nei titoli di Stato I tedeschi hanno questo stile nella politica, conoscono gli stili italiani, è comprensibile che abbiano forti esitazioni a mettere la foro firma per garantire debiti che verrebbero poi gestiti da una classe politica che noi italiani conosciamo bene, e quindi l’idea di diventare il nostro bancomat . A questo punto si capisce perché di fronte a queste cose gli italiani abbiano loro stessi sfiducia nei titoli del proprio Stato, loro stessi arrivano a venderli spaventati, si domandino cosa fare. Il problema in Italia resta quello grosso dell’enorme debito pubblico, poi le società di rating possono avere fatto qualche carta falsa, ma il problema non parte dalla speculazione, anche la teoria del contagio, il contagio viene non perché uno Stato è in difficoltà, ma perché tanti Stati sono in difficoltà. L’Italia è messa male perché comunque ha un debito pubblico molto alto e non si vede come riuscirà a tornare in una condizione di equilibrio. Quindi uno può trovare antipatica la lingua tedesca perché ha molte consonanti, è difficile, uno può non amare la cucina tedesca, può trovare i tedeschi un po’ rigidi e sicuramente lo sono, ma in questo caso le colpe sono in Italia, e sono nella classe politica italiana. Bisogna però chiarire un punto: la Germania, i politici tedeschi, non vuole assolutamente il fallimento dell’Italia, per questo non c’è contraddizione tra tante preoccupazioni che ho elencato prima e vedere prima invece Angela Merkel e Mario Monti d’amore e d’accordo, collaborare insieme. La Germania vuole evitare altri fallimenti nell’area dell’Euro dopo quella della Grecia che addirittura viene camuffato perché appaia meno grave. C’è il timore semplicemente da parte del Parlamento tedesco, che un crack, un'insolvenza dell’Italia avvenga trascinando anche la Germania. Il primo fine sicuramente della politica tedesca è evitare altre insolvenze nell’area dell’Euro. di Beppe Scienza

01 agosto 2012

La BCE difende l'Euro, le banche, ma non gli europei

Paradossalmente, l’agonia dell’Euro, del debito pubblico, dello spread, con tutti i sacrifici, la recessione e le tasse che ad essa conseguono, è voluta e mantenuta dai poteri europei: infatti dipende dalla scelta di proibire alla BCE di comperare le emissioni di debito pubblico sul mercato primario, alle aste, cioè da fare da vera banca centrale di emissione, così da impedire alla radice la speculazione. I Brics, gli USA, il Giappone, hanno banche centrali che fanno le banche centrali; perciò, sebbene gravati da debiti pubblici anche molto più alti dell’Italia, non hanno problemi con la speculazione, perché le loro banche centrali garantiscono l’acquisto. La pseudo-banca centrale detta BCE è voluta in quanto fa gioco agli speculatori finanziari, per ragioni di profitto; agli USA, per ragioni geostrategiche; alla Germania, perché ne trae benefici finanziari, competitivi, egemonici; al capitalismo in generale, perché gli consente di minacciare le nazioni con lo spauracchio dei tassi e del default per costringerle ad abbattere lo stato sociale, i diritti dei lavoratori e dei risparmiatori; a smantellare il ruolo economico del settore pubblico; e in generale a affidare definitivamente la politica ai banchieri. Questo dato di fatto sarebbe la prima cosa da dire nell’informazione economica, ma i mass media ne parlano con molta cautela. La linea della BCE è quanto di meno trasparente e di meno democratico si possa concepire: interviene comperando sul mercato secondario, in deroga al proprio statuto, ogniqualvolta i tassi sui bond di un paese eurodebole salgono tanto che il paese colpito potrebbe uscire dall’Eurosistema, ma niente fa per rimediare alle cause strutturali delle impennate dei tassi, né dei crescenti squilibri delle bilance commerciali intracomunitarie, né del costante peggioramento del pil, dell’occupazione, dell’economia reale, di molti Stati membri. Una difesa sostanziale, la BCE la fa solo in favore delle banche europee, finanziandole a bassi tassi (1%), molto largamente, e senza curarsi che almeno una quota degli oltre 1000 miliardi prestati loro vada a finanziare l’economia reale anziché attività speculative, magari rivolte contro Stati eurodeboli. Pare proprio che l’obiettivo della BCE sia di trattenere le rane nella casseruola finché non siano cotte, dispensando loro una boccata di ossigeno e generose rassicurazioni quando si sentono scottare e pensano di saltar fuori, come è avvenuto ad esempio oggi, allorché nella mattinata lo spread btp/Bund è schizzato oltre 530 p.b., e Draghi ha reagito dichiarando che uscire dall’Eurosistema è impensabile, che recentemente si sono fatti molti passi avanti, e che la BCE farà tutto ciò che occorre per impedirlo – al che lo spread è presto sceso a 470 p.b., e la borsa italiana ha recuperato il 5%, mentre l’Euro è risalito a 1,23 sul Dollaro. Pare, insomma, che si voglia tenere i paesi eurodeboli in un meccanismo che aggrava i loro problemi e svuota le loro economie reali, ma al contempo li mantiene artificialmente in vita con una fleboclisi monetaria, aumentando la loro dipendenza da organismi autocratici giuridicamente irresponsabili e di tipo bancario, come la BCE e il nascente MES, Meccanismo Europeo di Stabilità. Da simili fatti traspare un disegno superiore, oligarchico, dirigistico, che non viene dichiarato, ma viene portato avanti senza interesse per le condizioni di vita delle nazioni, bensì con interesse centrato sul piano finanziario: espressione del fatto che, per l’odierna strutturazione del potere reale, l’economia della produzione e dei consumi, quindi gli stessi popoli, che di quell’economia costituiscono gli attori, sono divenuti superflui – ed è questa la vera rivoluzione che introduce il nuovo millennio. di Marco Della Luna

30 agosto 2012

Meglio gli sfascisti sfanculatori di Grillo degli sfasciatori patinati dello Stato

In nome della sobrietà parlamentare e dell’austerità nazionale stiamo scomparendo dalla faccia dell’Europa continentale, non quella dei falsi riti istituzionali e dei vuoti miti sociali (cooperativi e solidali cioè inesistenti ed ineffettuali), ma quella dei rapporti di forza dove se la potenza non insiste alla prepotenza altrui non si resiste. Verrebbe da dire ben ci sta, popolo di beoti, incantati da quattro imbecilli di governo patentati, individuati dal peggior Presidente della Repubblica mai nominato. Eppure, noi italiani, figli dei romani e di grandi letterati e scienziati, avremmo dovuto essere svezzati a tali forme di raggiro che nascondono la codardia e l’ottusità di una classe dirigente schiavizzata dai dogmi economici del presente, dall’assenza di visione del futuro e dalla dimenticanza di un passato glorioso e puntualmente calpestato. Ora come ora non si tratta più di difendere il puttaniere bandanato dalle puttane di Stato, abituate a vivere di cheque firmati col sangue dei contribuenti. Adesso, si deve dire chiaramente dove ci ha fatto sprofondare questo stile politicamente corretto ed economicamente succube di totem liberisti e di tabù autonomisti. Siamo passati dallo scambio libero berlusconiano che, tuttavia, fino ad un certo momento qualche soddisfazione in politica estera ci aveva dato, al liberoscambio dei finti moralisti, dei servi della finanza, degli associati alle massonerie mondiali e ai potentati atlantici che fanno del calarsi le braghe al cospetto di Usa ed Ue una professione di vita più deleteria del mestiere più vecchio del mondo. Siamo stati feriti dal moralismo di facciata (ancora ieri sera Di Pietro ripeteva, ospite di una trasmissione di Mentana su La7, che quando c’era Berlusconi arrossiva all’estero, di fronte all’internazionale dei banchieri e dei burocrati filibustieri) che è soltanto l’altra faccia della medaglia di una vergognosa sudditanza, ora giunta alle sue estreme conseguenze politiche, economiche e sociali. E sia chiaro, come da sempre afferma il pensiero liberale, il quale quando non gli conviene sa come argomentare, che così come la libertà se ne va a ramengo se dirottata a suon di regolamento, con sprezzo dell’arbitrio individuale, lo stesso vale per il corpo sociale continuamente colpito nel suo benessere allorché le sue scelte vengono quotidianamente conculcate con gabelle atte a modificare i suoi usi e consumi: le sigarette, le bibite gassate e i cibi grassi tassati per svuotarci il portafoglio con il pretesto di proteggerci dai malanni e dalle cattive abitudini. Perché di proibizioni, sebbene in altra forma, si parla, con l’aggravio che a loro della nostra salute non importa un fico secco, a meno che non si deve far secco il nostro patrimonio. Dove sono finiti i protettori del liberopensiero che ci gonfiano i coglioni da mane a sera con la civiltà, i diritti e la democrazia esclusivamente se si discute dell’Iran, dell’Afghanistan e della Siria? E i nostri dittatorelli professorali dove li mettiamo, nell’alveo dei cristiani o dei talebani che scannano i connazionali? Chiuderò questo breve pezzo con una riflessione sulle prossime elezioni, se mai ci saranno e se non s’inventeranno qualche altra emergenza per impedire al popolo di mandarli a quel Paese di offese senza più pretese, scorte o emolumenti (e poi attenti alle vostre terga, dementi!). Ma prima voglio proporvi un breve brano di Vilfredo Pareto, tratto dal Mito Virtuista, che sconfessa i nostri immondi puritani di gabinetto accompagnati in questo cesso epocale da quei pusillanimi di partito che hanno scelto appunto degli imbecilli per essere sicuri di rovinare tutto a tempo indeterminato. “…Tale è il nuovo senso della parola “libertà”. L’uomo è tanto più “libero” quante più cose gli sono proibite. In questo modo il massimo della libertà tocca al prigioniero chiuso in cella….Gli storici lodano il tempo passato; ma quando si tratta di testimoniare sul tempo in cui vivono la scena cambia e sono piuttosto portati ad oscurarne spesso le tinte. In ogni caso, se crediamo alle testimonianze dei contemporanei, è impossibile ammettere che siano i buoni costumi dei popoli, e ancora meno dei loro capitani, che abbiano assicurato le vittorie. Ecco, per esempio, la ritirata dei diecimila; ciò che li salva, è la loro perfetta disciplina, la loro obbedienza agli strateghi; quanto ai loro costumi, lasciano molto a desiderare. Vedete ciò che accade quando gli strateghi decidono d’allontanare tutte le bocche inutili; i soldati sono costretti ad obbedire, «eccetto alcuni che sottraggono o un giovinetto o una bella donna ai quali sono attaccati». Quanto a Senofonte, i suoi costumi possono essere stati i più casti, ma il suo linguaggio non è tale nel Convito; e se si fosse astenuto da questo genere di letteratura, il mondo non vi avrebbe perduto nulla. Val meglio non parlare dei costumi di Filippo il Macedone e delle persone che l’attorniavano. Allorché la battaglia di Cheronea abbatté la potenza ateniese e asservì la Grecia, non si può veramente dire che fu la castità che riportò la vittoria. Filippo, oltre le concubine senza numero, prendeva donne dovunque ne trovava. Né le cause della sua morte possono onestamente raccontarsi. Passiamo rapidamente sui costumi dei valenti capitani, come Demetrio Poliorcete (il conquistatore di città), perché il meno che si possa dire è che furono infami. Alcibiade era pure lontano, molto lontano, dall’avere buoni costumi; tuttavia, se egli avesse comandato in Sicilia, al posto di quell’onesto ed imbecille Nicia, forse Atene avrebbe evitato un disastro irreparabile. I bacchettoni ateniesi che intentarono un’azione penale ad Alcibiade, sotto pretesto della mutilazione delle Erme, furono probabilmente la causa della rovina della loro patria. Più tardi ad Egospotami, se i generali greci avessero seguito il consiglio di Alcibiade, avrebbero salvato la flotta ateniese e la loro città. I generali avevano forse costumi migliori di Alcibiade — ciò non era veramente difficile — ma, quanto all’arte della guerra, gli erano molto inferiori e si fecero battere vergognosamente. Se passiamo ai romani, ci è difficile scorgere virtuisti nei cittadini che, ai giuochi Floreali, facevano comparire sulla scena cortigiane interamente nude. Un giorno che Catone di Utica — il virtuoso Catone — assisteva ai giuochi Floreali, il popolo non osava, in sua presenza, domandare che le mime si spogliassero dei loro vestiti. Un amico avendo fatto osservare ciò a Catone, questi lasciò il teatro onde permettere al popolo di godere lo spettacolo abituale. Se Catone fosse stato un virtuista, sarebbe rimasto al teatro per impedire quello scandalo; ma Catone era solamente un uomo di costumi austeri adstricti continentia mores. I complici di Catilina avevano cattivissimi costumi; si sarebbe soddisfatti poter dire che erano vili; disgraziatamente la verità è il contrario. Sallustio ci narra come caddero nella battaglia di Fiesole. «Ma fu quando la battaglia finì che si poté veramente vedere quale audacia, quale forza d’animo vi fosse nell’esercito di Catilina. Perché ciascuno, dopo la sua morte, copriva con il corpo il luogo che aveva occupato durante la pugna. Un piccolo numero solamente, che era stato disperso dalla coorte pretoriana, era caduto un poco diversamente, ma tutti erano stati feriti davanti.» Non è sicuro che tutti i virtuisti avrebbero fatto altrettanto… Napoleone I non era casto; i suoi marescialli, i suoi generali e i suoi soldati, ancora meno. Essi riportarono tuttavia molte vittorie e, in quanto alla disfatta che ebbero in Russia, sarebbe difficile di vedervi un trionfo dei buoni costumi sui cattivi. Maurizio di Sassonia, che salvò la Francia dalla invasione straniera, era un grande capitano, ma aveva costumi molto cattivi. Sarebbe stato meglio per la Francia che egli fosse stato virtuista e che si fosse fatto battere a Fontenoy? Nelson, il vincitore di Trafalgar, era lontano dall’esser molto casto. I suoi amori con Lady Hamiltonsono conosciuti. Invece del Nelson, sarebbe stato meglio per l’Inghilterra, avere un ammiraglio virtuista, ma che avesse perduto le battaglie navali d’Aboukir e di Trafalgar?” Chi ama il Loden li segua e precipiti pure con loro nella sentina della Storia. Stante la gravità della situazione, come dicevamo in principio, è opportuno che deflagri una bomba elettorale affinché i piani di questi lestofanti saltino irreparabilmente. Sapete bene cosa pensiamo di Grillo e del suo movimento o di Di Pietro e del suo gruppo di forcaioli, tuttavia, in questa particolare congiuntura politica, potremmo essere costretti a sperare, almeno tatticamente, in una loro forte affermazione cosicché qualcosa si muova davvero in questa morta gora italica che rischia di desertificarsi del tutto. Certo, costoro non sono paragonabili agli Arditi del popolo di un’altra fase storica (non stiamo dunque proponendo nessun dialogo con questi) ma il loro ardimento populistico e distruttivo, lo sfascismo sfanculistico e liberatorio della panza, può scompaginare le cose e porre fine a questo sfacelo patinato messo in atto dagli attuali protagonisti sfasciatori dello Stato. A buon intenditor …insomma meglio il corpo sciolto di Grillo & Co del corpo sociale morto di Napolitano & Compagni. di Gianni Petrosillo

29 agosto 2012

COME FUNZIONA IL SISTEMA MONETARIO INTERNAZIONALE

Oltre il 90% della moneta totale transita dalle famiglie e dalle imprese (anche criminali) verso le banche che hanno “autorizzato” prestiti, fidi e mutui e che, così, vedono arrivare tale moneta sotto forma di versamenti; con l’abbandono della legge Glass-Steagall degli anni ’30 (in Italia la legge bancaria del ’36) – che faceva tenere ben distinta l’attività bancaria dagli istituti che operavano sul mercato finanziario e speculativo – anche i depositi e i conti correnti sono stati utilizzati dalle banche (quali soggetti finanziari) per operazioni speculative. Prima dell’abbandono della Glass Steagall (ma anche dopo e fino alla crisi delle borse nella primavera del 2001) le banche hanno prestato danaro alle famiglie per fronteggiare il calo di reddito derivante dalla flessibilizzazione del lavoro; finchè le borse hanno manifestato un costante rialzo (soprattutto nei titoli migliori) parte dei guadagni andavano alle banche che avevano “prestato” e parte al sostegno delle spese delle famiglie. Dopo il 2001, le famiglie hanno continuato a indebitarsi facendo leva sulla loro ricchezza soprattutto immobiliare e le banche hanno cominciato a speculare su tutti i titoli possibili, in tutti i modi e ottenendo – nel breve come nel medio/lungo termine – perdite di liquidità ingentissime. Così, il credito per le imprese veniva ingessato dalle disposizioni cosiddette Basilea 2 e soprattutto 3, le famiglie continuavano a perdere (salari più bassi e disoccupazione) e il totale del flusso monetario da famiglie e imprese verso le banche diventava minore delle perdite bancarie sul fronte delle attività speculative. Di qui la crisi di liquidità aggravata dalla situazione degli immobili una volta che la bolla si sgonfiava fino al dilagare dei casi di “under water” (quando il valore del mutuo supera quello dell’appartamento). In questa situazione il “sistema” è tenuto a galla dalle immissioni massicce di moneta autorizzata dalle due principali banche centrali (BCE e FED che parlano di appoggio illimitato a sostenere le esigenze di liquidità delle banche miste). Il comportamento delle banche centrali non comporta una cura del sistema (e nemmeno delle singole 40 grandi banche più coinvolte nello squilibrio) ovvero una trasformazione di esso; a meno che l’appoggio “illimitato” non sia veramente tale. Se non può essere “illimitato” ma solo massiccio ed esagerato perché le perdite delle banche come soggetti speculativi riguardano 4 quadrilioni di dollari e, quindi, considerando un’esigenza di liquidità pari al 10%, si ottiene una somma che è pari a 400 trilioni (da cui sottrarre ciò che onesti e disonesti versano alle banche stesse a vario titolo) ovvero 6-7 volte il PIL di tutto il mondo ovvero 10 volte di più di quanto le banche centrali dovrebbero autorizzare tra il 2009 e il 2014. Nel caso in cui l’appoggio delle banche centrali non sia veramente “illimitato” – e illimitato vuol dire 400 trilioni (meno qualche decina dei nostri poveri versamenti) – allora c’è da aspettarsi il crollo dell’attuale sistema: più probabile una corsa incontrollata alla liquidità che non una botta iperinflattiva (forse, a questo punto, un male minore che rimetterebbe “in pari” i debitori). Nel caso contrario, allora delle due l’una: o ce ne sarà un pochino (di autorizzazioni monetarie) per la ripresa (investimenti e consumi), gli ammortizzatori sociali, i redditi delle famiglie ed il credito alla produzione e, allora, il “sistema” andrà avanti proponendo un arricchimento dei ricchi (grande) e un miglioramento per il 98% della popolazione (modesto ma sufficiente); oppure la condizione del citato 98% della popolazione andrà peggiorando fino ad un limite di rottura sociale. Il problema è che per veicolare il passaggio da mezzi monetari (destinabili alla ripresa) a domanda effettiva (la ripresa è un mix di più consumi e più investimenti), occorre l’intervento o, almeno, la regia dello Stato (nazionale, federale, continentale…) mentre quelli che governano e debbono prendere decisioni sono tutti contro lo Stato da oltre trent’anni. di Antonino Galloni * Antonino Galloni, economista, ha svolto incarichi di rilievo presso il Ministero del Lavoro e il gruppo ENI. E’ autore di numerosi libri di argomento politico ed economico. E’ membro del Comitato Scientifico di “Eurasia. Rivista di Studi Geopolitici”.

28 agosto 2012

Il ritorno dei non allineati

Dopo un periodo nel quale il Movimento aveva quasi fatto perdere le sue tracce, oggi torna a fare notizia La settimana prossima i leader dei 120 paesi membri e altri 21 in qualità d’osservatori si riuniranno a Teheran. LE ORIGINI - Il Movimento dei Non Allineati è nato su impulso del presidente dell’allora Jugoslavia Josip Tito, del (primo) primo ministro indiano Nehru, del (secondo) presidente egiziano Nasser, del (primo) presidente indonesiano Sukarno e del (primo) presidente del Ghana Nkrumah nel 1961. Erano gli anni della Guerra Fredda e delle decolonizzazioni e l’idea era quella di creare un movimento di paesi che sfuggisse alla logica dei due blocchi. L’OSTRACISMO OCCIDENTALE - Il NAM (Non-Aligned Movement) non ha mai goduto di molta attenzione da parte dei media del blocco atlantico, che gli hanno sempre mostrato un’evidente ostilità. Il movimento oltre a porsi come estraneo alla logica dei due blocchi si poneva come foro di quelli che all’epoca potevano essere quasi tutti considerati paesi in via di sviluppo e quasi tutti i membri avevano acquisito la sovranità nazionale in tempi recentissimi dopo la liberazione dalla colonizzazione, praticata a loro danno quasi esclusivamente dai paesi del blocco atlantico. IL BATTESIMO DI SANGUE - A fare le spese del clima dell’epoca fu persino il Segretario Generale dell’ONU, lo svedese Dag Hammarskjold, che trovò la morte nel 1961 dopo aver presenziato proprio la prima riunione del gruppo. L’aereo che lo trasportava sui cieli del Congo precipitò in circostanze per l’epoca misteriose e ora note, che videro il primo presidente del grande paese africano, Patrice Lumumba, ucciso per ordine degli Stati Uniti dai militari belgi ancora presenti nell’ex colonia e la condanna a morte di Hammarskjold da parte dell’Union Minière, la società belga che fino ad allora aveva avuto il monopolio sulle immense risorse minerarie del paese. Secondo quanto reso noto da documenti ufficiali americani sui quali è stato tolto il segreto, la CIA ordinò l’assasinio di Lumumba, eseguito poi dai belgi. Uno dei suoi assassini ha vissuto in Italia e all’alba del 2000 non ha avuto alcun problema a raccontare come, dopo aver ucciso a fucilare il presidente congolese, si occupò di strappargli e rubargli due denti d’oro e insieme a un altro distrusse il suo corpo, facendolo prima a pezzi e poi immergendo questi in un bidone dove furono sciolti versando l’acido da batterie. La fine del Segretario Generale dell’ONU fu meno splatter, il suo aereo venne abbattuto senza che si sapesse mai da chi, ma non certo da qualche fazione congolese, nessuna delle quali possedeva aerei. TENTATIVI D’ALTERNATIVA - Con un tale viatico il movimento rafforzò la sua convinzione e all’epoca molti legarono la morte di Hammarskjold all’esordio del NAM invece che alla questione congolese, anche se i sospetti caddero comunque sui veri autori del suo assassinio. Con lo sfumare della Guerra Fredda il movimento, che si poneva prima di tutto la ricerca da parte dei paesi del Sud del mondo di un’alternativa al modello economico incarnato dagli ex-colonizzatori e dalla Banca Mondiale che controllavano, perse di slancio e non riuscì a produrre modelli ideologici ed economici alternativi al neoliberismo e al dominio ormai unipolare degli Stati Uniti. L’ATTUALITA’ - Con l’emergere dei paesi cosiddetti BRICS negli ultimi anni la musica è cambiata e, pur continuando ad essere censurato dai media (soprattutto) dei paesi atlantici, il NAM ha riacquistato fiducia e vigore. Oggi l’India ha un’economia importante ed avanzata, ed è una potenza nucleare, il Brasile ha l’ottava economia al mondo, diversi paesi asiatici sono all’avanguardia nell’economia, nella scienza e nella tecnica e per di più, tutti i paesi sudamericani hanno smesso di essere sotto il giogo di dittature sostenute e dirette da Washington. WASHINGTON RINGHIA ANCORA - L’arroganza con la quale il Nord del mondo trattava il NAM da tempo è stata sostituita dall’indifferenza, ma quest’anno ci sono di nuovo scintille che provengono dagli Stati Uniti, perché l’incontro si tiene a Teheran. Ed è in effetti con un atto di straordinaria aroganza che il portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland, rivolgendosi al Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon, ha fatto presente che Washington considera l’Iran un posto inappropriato per il meeting, concludendo che il summit e la presenza di Ban “mandano un segnale molto strano in merito al supporto dell’ordine internazionale“. Intervento arrogante perché è dal 1961 che i segretari dell’ONU presenziano a tutti gli incontri, che si sono tenuti ogni 3/4 anni per 13 volte e anche perché offende chiaramente la volontà dei 141 paesi che hanno ritenuto di presenziare. IL MASTINO ISRAELIANO - Washington non aveva osato tanto neppure nel 2006, quando il summit si tenne a Cuba in una cornice nella quale i più vocali nemici di Washington non risparmiarono attacchi, critiche e condanne alla potenza americana, che mal sopporta che il suo processo di “costruzione del nemico” sia macchiato dall’arrivo delle delle delegazioni di 141 paesi a Teheran. Ad acuire il diffuso fastidio c’è stato anche l’intervento del primo ministro Netanyahu, che nonostante goda ormai del solo aperto sostegno di Washington, non ha trovato di meglio che esprimersi con la frase: “Signor Segretario Generale, il suo posto non è a Teheran”. L’INSOFFERENZA GENERALE - Proprio quello che ci voleva per mettere pepe all’incontro e per rafforzare il fastidio in decine di paesi che negli anni hanno subito simili dimostrazioni d’arroganza da parte del blocco atlantico e degli ex colonizzatori. Un’arroganza alla quale chi può risponde con indifferenza, come l’India, che approfitterà dell’occasione per discutere con Teheran il modo migliore per acquistare il petrolio iraniano aggirando le sanzioni fortemente volute da Washington. Un’attività sulla quale gli americani non s’esprimono per non irritare gli indiani, ottimo partner commerciale al quale Washington vende anche una discreta quantità di armamenti avanzati di ogni genere, oltre a tecnologia spaziale e nucleare della più sensibile e costosa. Così come non hanno nemmeno provato a far pressione sui paesi latinoamericani, sempre meno disposti ad accettare ingerenze e lezioni di diplomazia internazionale del Dipartimento di Stato. di Mazzetta

27 agosto 2012

10 regole per riconoscere il Casini che è in voi…

Signore e signori, è inutile fare i vaghi: c’è un po’ di Casini in ognuno di voi. Il morbo è subdolo, attacca anche d’estate: ecco il decalogo per riconoscerne i sintomi, e debellarlo per sempre. 1. Maledetta sobrietà Siete al party di fine estate organizzato dalla vostra amica racchia ma con tante amiche carine. Una di queste vi si avvicina per sorbire il cocktail della staffa ma voi esplodete in un imbarazzante “no, cara, ho bevuto abbastanza”. È il primo sintomo di moderazione, la sobrietà vi sta dando alla testa. Non vi agitate, non ce n’è motivo. Però tenete sotto osservazione il fenomeno. 2. Alleanze troppo variabili Nel pieno di una accesa discussione sul calciomercato, un vostro amico si inalbera per l’ultimo acquisto della Roma e con lo sguardo vivace cerca la vostra approvazione. Fate sì con la testa. A quel punto l’antagonista inviperito rilancia con tono deciso e butta l’occhio verso di voi: trova lo stesso cenno di assenso. Vi illudete di essere equidistanti, invece avete appena guadagnato due nemici. La situazione si fa seria. 3. Due forni, ma con juicio Scatta il momento del cornettone, dopo una notte brava in cui come al solito non avete concluso nulla. Si va tutti da Gigi al Laurentino, che fa i danesi buoni buoni, con sommo disappunto di Angelino, che vorrebbe andare da Mario. Per non scontentare quest’ultimo, prima di rincasare, fate il bis. Sale l’indice di glicemia. La politica dei due forni vi ingolosisce molto, ma attenti al diabete. 4. Buonsenso a vanvera È nota come sindrome di La Palice, ma in alcuni soggetti si configura con sintomatologie molto più importanti. Consiste nell’elencazione gratuita di luoghi comuni eticamente inoppugnabili: il capo dello Stato è il presidente di tutti, le leggi le fa il Parlamento, il latte è bianco, la mucca fa mu. Premuratevi di portare il conto: se superate il limite di tre ovvietà al giorno, fatevi un esame di coscienza. Se non avete più la coscienza, siete in una sezione dell’Udc. 5. Il vostro pantheon Tutti i vostri compagni, impenitenti e nostalgici, dormono ancora sotto i poster del Che, del Quarto Stato, del Duce e di Madonna. Voi sotto quelli di De Gasperi e Cuffaro. Scelta originale, ma forse un po’ troppo. Domandatevi se questa eccentricità non celi disagi più gravi. Meglio un Kandinskij: banale, ma risolve il problema. 6. Quel “messaggero” sospetto Arriva l’autunno, tempo di scuola, università e gagliarde occupazioni. I vostri coetanei si esercitano da capipopolo col megafono e il manifesto sotto il braccio. Voi cercate di imitarli: indossate il basco e un’orrenda camicia a quadri di vostro padre, ma dalla borsa a tracolla spunta una copia del Messaggero. Inutile fare i vaghi, vi hanno sgamato. Almeno non fate la figuraccia di chiamare il preside. 7. Là dove c’era l’erba La vostra profonda fede ecologista vacilla. Il sogno hippie di trasformare le tragiche periferie romane in immense oasi immerse nel verde ha lasciato il posto all’imperativo “costruire costruire costruire”. In architettura si chiama funzionalismo, se invece avete parenti con interessi del mattone si chiama paraculaggine. Per sciogliere il dilemma consultate l’albero genealogico delle vostre famiglie. Qualcosa troverete. 8. Grande “zentro” Ecco l’oziosa discussione sulla vita di paese e la vita di città. Parte la filippica sull’aria sana dei borghi antichi, sui sapori di una volta e tutte quelle menate sui casolari in campagna che si vedono nei film di Bertolucci. Voi, che siete uomini emancipati ed evoluti, non vi lasciate incantare: il vostro sogno è il “grande centro”. Anzi, il grande zentro. Continuate a sognare, i sogni sono gratis. 9. Addio a Monti? Vi siete svegliati nervosi, capita a tutti. Ma oggi sentite di non avere più certezze. Persino Monti non vi va più a genio e cominciate a chiamare il suo governo in modi diversi: di larghe intese, tecnico, di solidarietà nazionale, di salute pubblica, di salvezza nazionale, istituzionale, del premier, del presidente, di unità nazionale, di responsabilità, di garanzia. Sembra giunto il momento per dare una svolta alla vostra vita, invece a fine giornata vi passa tutto. Peccato. Odiate il bipolarismo ma siete bipolari. 10. Lessico famigliare Siete divorziati ma fingete di credere nell’unico e imprescindibile nucleo affettivo riconosciuto da santa romana chiesa, quello composto da uomo e donna che mettono al mondo dei figli. In pratica continuate ad affermare che per voi “la famiglia è una sola”, frase che si legge bene sia con la o aperta che con la o chiusa. Se avete capito la battuta, sorridete. Se non l’avete capita siete nei Casini. di Alessandro Antonelli

17 agosto 2012

Più di così non si può produrre

La finanza non è la causa della crisi che sta travolgendo il mondo occidentale, ne è solo l’aspetto più evidente contro cui è comodo e facile scagliarsi per evitare di dirsi la verità. Perché la crisi autentica è quella della cosiddetta ‘economia reale’, cioè di un modello di sviluppo basato sul meccanismo produzione-consumo (oggi addirittura ribaltatosi in un ‘consumare per produrre’) e sull’illusione delle crescite esponenziali che, come ho detto altre volte, esistono in matematica ma non in natura. La locomotiva chiamata Rivoluzione Industriale, partita dall’Inghilterra a metà del Settecento, ha percorso a velocità sempre crescente, che con la maturazione della globalizzazione (che mosse i suoi primi passi proprio allora, essendo i due fenomeni strettamente collegati) è diventata folle, due secoli e mezzo, ma ora è arrivata al suo limite. Non si può più crescere. Non si può produrre di più di quanto abbiamo già prodotto. Prendiamo, a mo’ di esempio, l’automobile. A chi si può vendere oggi un’automobile? A dei mercati marginali. Certo la si può vendere anche in India e in Cina, ma con una crescita a due cifre anche questi Paesi (che nel frattempo stanno saturando definitivamente i nostri mercati) arriveranno presto ai limiti cui siamo giunti noi. Certo si possono inventare ancora nuove tecnologie e loro applicazioni soprattutto nel campo del virtuale, ma dopo il computer, il cellulare, Internet, l’iPhone, l’iPad che altro ancora? Come c’è una bolla immobiliare c’è, su scala planetaria, una superbolla produttiva. Sbaglia però chi predica, come mi pare facciano, sia pur con molte differenze, i firmatari del famoso Appello contro ‘il pensiero unico’, una riconversione al marxismo. Figli della Rivoluzione Industriale liberismo e marxismo sono in realtà facce della stessa medaglia: l’industrialismo appunto, che è il vero nocciolo della questione e che nessuno mette in discussione. Sono entrambi modernisti, illuministi, ottimisti, economicisti, produttivisti, hanno entrambi il mito del lavoro (che per Marx è ‘l’essenza del valore’ – non per nulla Stakanov è un eroe dell’Unione Sovietica – e per i liberisti quel fattore che, combinandosi col capitale, dà il famoso ‘plusvalore’), tutti e due pensano che industria e tecnologia produrranno una tal cornucopia di beni da rendere felici tutti gli uomini (Marx) o, più realisticamente, la maggior parte di essi (i liberisti). Questa utopia bifronte ha fallito. Perché ha alle sue radici gli stessi ‘idola’: industrialismo, produzione, consumo, crescita, sviluppo. I firmatari dell’Appello stanno quindi totalmente dentro il ‘pensiero unico’ che è quello di chi ritiene, a destra come a sinistra, che lo Sviluppo, in un modo o nell’altro, sia irrinunciabile. Chi ne sta fuori sono coloro che ritengono che invece di crescere sia necessario decrescere (produrre di meno, consumare di meno) sia pur in modo graduale, limitato e ragionato per ritrovare non solo una stabilità economica, che non ci renda schiavi della dittatura anonima dei ‘mercati’, ma una vita più semplice e più umana, senza stress, depressione, nevrosi, anomia, tumori psicosomatici, cardiopatie che, com’è noto, sono tutte malattie della Modernità. Sono quindi gli Antimodernisti i veri antagonisti del ‘pensiero unico’ ed è ai loro danni che si consuma un ‘furto di informazione’ perché sono costantemente ignorati, altro che i signori Gallino, Lunghini, Tronti, Asor Rosa e persino Guido Viale promosso a economista. di Massimo Fini

16 agosto 2012

Simon Johnson spaventa i senatori sulla polveriera degli Euro-derivati

I membri del Senato USA riuniti alla Commissione Esteri per i Rapporti Europei il 1 agosto sul "futuro dell'eurozona: situazione e lezioni" sono rimasti sbigottiti quando l'ex funzionario del Fondo Monetario Internazionale Simon Johnson ha insistito ripetutamente durante la sua audizione che l'Euro non durerà nella sua forma attuale, e che sta per esplodere la "polveriera" dei derivati legati all'Euro, quindi non sono affatto credibili le rassicurazioni del ministro del Tesoro Usa Tim Geithner o del presidente della BCE Draghi. Johnson ha aggiunto che Draghi e gli altri si illudono: la BCE non potrà emettere abbastanza credito per salvare tutti, e più credito emette, più mina la credibilità di quel debito. L'Euro entra nella sua fase più pericolosa in cui domina il "rischio di dissoluzione" e come può chiunque firmare un contratto se non sa se esisterà l'Euro tra un anno, ha ammonito Johnson. Siamo seduti "su una polveriera di transazioni in derivati opache, fuori bilancio" legate all'Euribor per centinaia di trilioni di Euro, ha detto Johnson, e nessuno sa quale sia l'esposizione americana a questo, o che effetto avrà l'uscita della Grecia dall'Euro, che secondo Johnson è probabile al 90% prima della fine di quest'anno. La Sen. Jeanne Shaheen, che presiedeva l'audizione, era chiaramente interdetta. Ha chiesto a Johnson come mai Geithner "assicuri costantemente" che l'esposizione del sistema bancario americano all'Europa è "limitata". Johnson ha ribadito quello che aveva detto in vari momenti della sua audizione: la complessità dei derivati è tale che neanche gli istituti che li detengono sanno quale sia la loro esposizione. Non è possibile che Geithner o altri membri del governo sappiano quale sia la vera esposizione. Ha citato l'esempio della JP Morgan, che nel suo "testamento biologico", pubblicato prima della perdita di 6 miliardi di dollari, stimava che una perdita di 30 miliardi di dollari li avrebbe mandati in bancarotta. La bancarotta della JP Morgan sarebbe un evento sistemico, e gli stress test condotti dalle agenzie federali di regolamentazione non hanno neanche preso in considerazione gli eventi a cui oggi assistiamo. Ha invitato i senatori a leggere il "testamento" della Morgan che è pubblico. Johnson, che in altre occasioni si era detto favorevole alla legge Glass-Steagall, durante questa audizione ha purtroppo perso l'opportunità di raccomandare la separazione bancaria, anche quando gli è stato chiesto che fare delle banche europee ed americane "too big to fail" (troppo grosse per fallire). by (MoviSol)

L'incubo di Draghi: nascondere alla gente il segreto della moneta

È bastato che Draghi dicesse: «La BCE è pronta a fare tutto il necessario per salvare l’euro, e credetemi sarà abbastanza», perchè «i mercati» esultassero, le Borse salissero gioiose, lo spread calasse un po’ (mica tanto però). Perchè tutti hanno interpretato quelle mezze frasi sibilline come una promessa che la Banca Centrale farà, in un modo o nell’altro, quantitative easing. S’intende che la monetizzazione del debito, sul piano intellettuale, è la sola cosa da fare per i debitori del Sud-Europa. Premessa: a debiti colossali si fa’ fronte storicamente in due modi: 1) smettendo di pagarli (default) oppure 2) «pagandoli» con moneta creata apposta in sovrappiù, monetizzandoli cioè. In un periodo come quello che attraversiamo – niente crescita, forte disoccupazione e in aumento, e con famiglie e imprese che stanno dis-indebitandosi, ossia riducendo i loro debiti – il potere pubblico deve creare moneta per evitare di entrare dalla recessione alla depressione – come sta già avvenendo. In Europa la monetizzazione è necessaria per evitare che la depressione si estenda, dalla Grecia alla Spagna e all’Italia (già fatto), e al di là al resto dei Paesi europei, a cominciare dalla Francia; e in questo contesto la monetizzazione non è nemmeno inflazionista, in quanto non farebbe che contrastare gli effetti di deflazione del dis-indebitamento degli attori economici privati. Ora, però, i «mercati» aspettano di vedere: come farà, Draghi? Non solo perchè monetizzare è vietato dal regolamento della BCE, non solo per la netta contrarietà dei tedeschi, i padroni di fatto, ostinati ad esigere che i meridionali attuino i loro programmi di risanamento dei debiti, a forza di austerità. È anche che tutte le altre misure indirette tese più o meno a questo scopo – acquisto dei titoli dei Paesi indebitati sul mercato secondario, tagli del tasso primario, LTRO (il mega-prestito alle banche) – sono stati già tentate, senza effetto. Le banche riempite di denaro dalla BCE all’1% non hanno creato moneta-credito, se la sono tenuta (e in parte, i privati non l’hanno chiesta). Stavolta, la BCE dovrebbe – come facevano ai bei tempi le banche centrali, quando erano organi di Stati sovrani – monetizzare direttamente al Tesoro, ossia comprare i titoli di debito del Tesoro italiano, spagnolo eccetera non sul mercato secondario ma direttamente dallo Stato emettitore, con moneta creata a questo scopo, e magari al tasso dell’1% fatto alle banche. Il problema dello spread sarebbe eliminato all’istante, perchè Spagna e Italia non avrebbero più bisogno di offrire tassi alti ai mercati per farsi prestare da loro i soldi. Ma…. Orrore! Tabù! Non si fa’! Soprattutto, questa cosa rischia di rivelare alla gente comune il segreto del denaro che deve ad ogni costo essere celato alle grandi masse: che il denaro di oggi, «fiat money», la banca centrale lo può «stampare» in qualunque quantità(1). E chi lavorerebbe più, sapendolo? Chi pagherebbe più le tasse, anzichè pretendere che i poteri pubblici si coprano le spese stampando moneta? Come convincere i popoli che le spese dello Stato vanno bilanciate con le entrate, che bisogna «risanare le finanze», e riportare il debito pubblico al 60% del Pil? Chi accetterebbe più accuse del tipo: «avete vissuto al disopra dei vostri mezzi, ora tirate la cinghia?». Chi accetterebbe le austerità e i «compiti a casa»? Stampate, stampate, direbbero le masse magari attizzate dai demagoghi; i politici demagoghi griderebbero alla banca: stampate, stampate! (l’hanno già fatto).Tutti pretenderebbero di vivere con stipendioni, come quelli di cui godono solo le minoranze privilegiate, gli attuali parassiti pubblici collettivamente detti «La Casta», e i banchieri, finanzieri e speculatori (che sono al corrente del segreto). E sarebbe la rovina: della moneta, dell’economia e della morale stessa. Tutto finirebbe in anarchia, crollo della produzione, e un’inflazione tipo Weimar, o Zimbabwe (230 milioni per cento). Così, tutto ciò che stiamo passando – spread alle stelle, rincaro del costo del debito, austerità, tagli allo stato sociale, obbligo di pareggio del bilancio scritto in Costituzione – ha, in fondo, un grande scopo: far credere alla gente comune che denaro disponibile, per lei, non ce n’è. Non ci credete? Posso citarvi un passo di Paul Samuelson – economista Nobel – che lo ammette. La credenza che il bilancio dev’essere equilibrato in permanenza, dice, è «una superstizione»; ma una superstizione utile, perchè se la gente smette di crederci, «si perde la difesa che ogni società deve avere contro la spesa fuori controllo». Samuelson la paragona ai miti con cui «la religione spaventava la gente per indurla a comportarsi come esige il mantenimento a lungo termine della civiltà». (Blaug Mark, John Maynard Keynes: Life, Ideas, Legacy, St. Martin’s Press, New York, 1990, 95 p., p. 63– 64) Il segreto deve dunque essere mantenuto ad ogni costo. Riservato a pochi iniziati (che ne approfitteranno per arricchirsi smodatamente). È il motivo per cui i banchieri centrali si esprimono, come l’oracolo di Delfo, con frasi sibilline, ambigue e anfibole (a doppio senso); che si ammantano di maestà da Venerati Maestri, e sacralità da sacerdoti, coltivano il più assoluto riserbo, e compiono le loro operazioni impegnando tutti i presenti al silenzio dei mysteria antichi. Draghi si comporta appunto così. Il guaio è che la secolarizzazione dilagante intacca anche questo tipo di sacrum. In passato, i banchieri centrali facevano le loro manipolazioni e moltiplicazioni monetarie sotto il velame del tabù che i pochi media non osavano violare; l’economia monetaria era materia esoterica, che i giornali non spiegavano mai; ma oggi c’è internet e ci sono i blog alternativi, che spifferano e dissacrano, e riconoscono immediateamente, sotto i panni augusti del Venerato Maestro, il Solito Stronzo o il Ben Noto Marpione. Si aggiunga che proprio in tempi di emergenza come questi, i giocolieri devono fare operazioni dove il trucco rischia di vedersi. Tipico esempio, lo LTRO fatto da Mario Draghi. Come abbiamo detto, tutti gli inghippi, i limiti legali e la «indipendenza» della Banca Centrale servono a far credere alla gente comune che di denaro, per lei, non ce n’è. Ma come farglielo credere, dopo che la gente ha visto Draghi dare1000 miliardi alle banche all’1%? Vero è che la BCE ha fatto finta di sborsare quei soldi facendosi dare dalle banche, in cambio, titoli posseduti da queste, titoli di credito; ma di tale bassa qualità, e così dubbia esigibilità, che un politico tedesco, Frank Schaeffler, ha sibilato rabbioso: «Se continua così, la BCE accetterà in garanzia anche vecchie biciclette». Insomma, s’è visto che quella era creazione monetaria ex nihilo bella ed buona, fatta in quel modo indiretto per consentire un profitto alle banche private, che con quei soldi all’1 dovevano comprare i Bot al 5 o al 7%; in modo da «aiutare», prestando loro ad interesse, gli Stati che s’erano indebitati fino all’insolvenza per aiutare le loro banche, accollandosi (cioè accollandoli al contribuente) i buchi delle loro follie… La ragione fornita è che la Banca Centrale europea ha il divieto di prestare direttamente agli Stati. Banca d’Inghilterra e Federal Reserve hanno invece creato dal nulla fondi, in parte per comprare debiti sovrani dei loro Stati; ciò che va a profitto della collettività, perchè il debito costa meno caro ai contribuenti. La regola generale implicita dei divieti, dei miti e dei terrorismi («Austerità, o il default e l’uscita dall’euro!»), è quella: prima le banche. Per questo la promessa di Draghi di «fare tutto ciò che serve per salvare l’euro», può anche suonare: «Lotteremo finché sarete tutti morti». Spagna e Italia devono chiedere soldi ai mercati, e pagare tassi del 7%. La Grecia, del 30%. Inevitabile, ci dicono, altrimenti non avranno i soldi per pagare gli stipendi, o – come minacciano i mascalzoni che sgovernano le provincie – «non potremo riaprire le scuole» (se ci provano, uno Stato normale li arresterebbe); oppure dovremo svendere i patrimoni nazionali, privatizzarli. Quello che non ci dicono, è che questa umiliante situazione è del tutto artificiale. Conseguenza della perdita di sovranità. Una banca centrale che detiene la stampante dei soldi non può essere a corto di denaro. Per uno Stato che dispone del monopolio dell’emissione di moneta – e usa questo potere con la testa sul collo – , non c’è problema di solvibilità. Si finanzia con la propria moneta, creandola, senza bisogno di altre fonti di approvvigionamento. Tutto ciò che occorre è che accetti di essere pagato con la sua moneta, sostanzialmente la accetti in pagamento delle tasse. Questa è infatti una funzione delle tasse, forse la prima: creare domanda per questa moneta. Se le imposte sono da pagare in questa moneta, diventa utile procurarsela, anche se è solo carta. In teoria, lo Stato non avrebbe bisogno di tassare i cittadini per procurarsi i soldi, visto che può stamparli. Ma – a parte il fatto che anche lo Stato sovrano deve far credere che, per i cittadini, il denaro è scarso e costa sudore – qui interviene l’altra funzione della torchia fiscale: regolare la massa monetaria presente nell’economia. Finchè ci sono da finanziare scambi supplementari, finchè c’è da finanziare risparmio, si può far girare la stampatrice, senza tassare. Ma quando ha fatto girare troppo la macchina stampa-soldi, nell’economia reale resta massa monetaria eccedente, che non trova utilizzo e di cui dunque l’economia si scarica facendo rincarare i beni. È l’inflazione. Per continuare ad offrire beni e servizi senza inflazione, bisogna dunque ritirare questa massa di moneta in eccesso tassandola. Ma torniamo al discorso: uno Stato che ha il monopolio dell’emissione non ha problemi d’insolvenza. Chi dice che non è possibile, che presto o tardi quella moneta sarà deprezzata sui mercati mondiali o travolta dall’inflazione fino a fare di quello Stato un paria (come la Grecia?), sorvola sull’esempio del Giappone. Vent’anni fa, il Giappone entrò nella sua crisi ormai ventennale (da bolla finanziaria-immobiliare) con un debito pubblico pari al 50% del suo Pil. Oggi il debito è al 230%. In tutto questo periodo non solo non ha conosciuto alcuna iper-inflazione (anzi, è in leggera deflazione: i prezzi calano), ma lo yen non s’è deprezzato tragicamente. Non ha subito alcun attacco speculativo, mai ha dovuto pagare ai «mercati» interessi altissimi per convincerli a comprare i suoi titoli del debito pubblico; mai ha conosciuto, come noi, il problema dellospread. Anzi, il tasso d’interesse ha seguito molto da vicino il tasso direttore, quello sancito dalla sua Banca Centrale. Come mostra la grafica qui sotto: segreto moneta Dibattito sullEuro: Il Contributo di Maurizio Blondet (Lincubo di Draghi....) CLICCARE PER INGRANDIRE Il tasso del debito pubblico a lungo termine (rosso) segue il tasso direttore (blu) della Banca del Giappone, cioè quello che la banca centrale fa’ pagare alle banche private; i tassi a breve (verde, giallo) sono addirittura avvinghiati al tasso primario. Ciò significa che è la banca centrale d’emissione, e non i «mercati», a decidere quanto pagare d’interesse sul suo debito pubblico. È lo Stato che ha in pugno le banche, e non il contrario. Non c’è speculazione, non c’è «austerità» obbligatoria perchè altrimenti «il Giappone fa’ fatica a finanziarsi» e dovrà indebitarsi a più caro prezzo, «per trovare risparmiatori (investitori) disposti a prestargli». Anzi. Gli investitori fanno a gara per procurarsi buoni del tesoro giapponesi, anche se rendono modestamente. Ecco come funziona uno Stato che ha mantenuto il monopolio dell’emissione monetaria, governato da una dirigenza con la testa sul collo,che si sente responsabile verso il Paese. Naturalmente, i difensori ideologici dell’euro e di «più Europa» ribattono che il Giappone può fare così, perchè è la seconda potenza industriale del mondo e vende i suoi Bot ai suoi cittadini, non sui mercati esteri (2). Sarà. Ma a parte il fatto che anche gli italiani hanno dei risparmi e sono sempre stati propensi a comprare i titoli di Stato, con un decente interesse, chiediamoci se «fanno fatica a finanziarsi», se «sono aggrediti dalla speculazione», Paesi come gli Usa, la Svizzera, l’Australia, la Danimarca, l’Africa del Sud, la Nuova Zelanda, la Svezia, il Brasile, il Regno Unito, Taiwan, il Canada, eccetera eccetera. Sono Stati grandi e piccoli, ben governati e mal governati, economicamente forti o deboli. Hanno una sola cosa in comune: hanno il monopolio della propria emissione monetaria. Se uno di questi Stati smette di pagare i creditori, lo fa’ per sua decisione arbitraria, ossia sovrana. Non c’è alcuna forza esterna che possa farlo andare in bancarotta come la Grecia, presto la Spagna e fra poco l’Italia. Non solo: la Francia, tra le due guerre, ha avuto un debito pubblico pari al 140% del Pil, e tuttavia stabilizzò il franco senza particolari difficoltà. Perchè, quanto ai tassi d’interesse che deve versare sul debito pubblico, uno Stato sovrano li padroneggia, senza dover dipendere dai mercati: è propriamente il compito della sua Banca Centrale di regolare i tassi a cui si presta il denaro, attraverso il suo tasso primario. A questo punto, gli euro-ideologi e i loro maggiordomi mediatici ricorrono al terrorismo. Tornare alla sovranità monetaria? Ma la lira si svaluterebbe tragicamente, i vostri risparmi sarebbero decurtati catastroficamente, perdereste potere d’acquisto; nessuno farà più credito al Paese; l’inflazione galopperà. Nessuno afferma che il ritorno alla lira sarà una passeggiata. La correzione di un grande errore richiede grandi sforzi e sacrifici: sacrifici al fondo dei quali però c’è la sicura ripresa, al contrario dei sacrifici attuali dettatici da Monti e Merkel, senza fine e senza prospettive. Qui preme sfatare due dei concetti che ci vengono terroristicamente presentati per dissuaderci. La moltiplicazione di moneta dal nulla per comprare i buoni del Tesoro gonfierà i bilanci delle banche e riverserà una valanga di crediti sull’economia reale, creando altra moneta (oggi sono le banche che la creano indebitando), e provocando iper-inflazione. Ma no. Non è così facile che il denaro arrivi nelle tasche dei consumatori. Perchè la valanga del credito si verifichi, occorre che sia chiesto e voluto dal settore privato, e che le banche giudichino affidabili quelli che lo chiedono. Come vediamo, i mille miliardi prestati da Draghi alle banche hanno clamorosamente mancato di riversarsi nell’economia reale provocando l’orgia del credito. E il Giappone, benchè ci abbia provato fino ad avere quel debito pubblico enorme, «non è riuscito» a produrre quel po’ d’inflazione che gli servirebbe per far uscire la sua economia dalla deflazione-depressione. L’inflazione comincia ad alzare la testa quando si raggiunge il pieno impiego e le imprese lavorano al 100% della loro capacità produttiva; non è certo questo, oggi, il caso (se oggi una certa c’è inflazione, è dovuta alle materia prime importate, e alla massa eccessiva di parassiti pubblici che in Italia consumano senza produrre). Tanto più che la BCE, come qualunque Banca Centrale, ha cura di «neutralizzare» questi suoi interventi. Ma come lo fa, oggi? Tenetevi forte: facendosi imprestare dalla banche private il denaro che essa stessa ha creato, ossia pagando loro un interesse per ritirarlo (3). Questo è un obbligo scritto in lettere di bronzo sugli statuti. Forse non c’è prova più chiara del fatto che l’interesse delle banche è sempre in primo piano: ma è uno dei segreti che non si devono rivelare. C’è un modo gratuito di riassorbire il denaro in più? Certo. Uno Stato sovrano può lasciarlo semplicemente creare, e tassarlo in tempo utile. L’altro mito terrorizzante da demistificare è il seguente: «Se torniamo alla liretta svalutata, magari dopo aver fatto default, i mercati ci puniranno, non ci faranno più credito». La realtà è che oggi i mercati tendono a non farci più credito, temendo il nostro default – a causa dell’euro. La Spagna già è in bilico: i suoi buoni non trovano compratori, e per questo deve chiedere i soccorsi europei, che glieli comprino al posto dei «mercati». Si può star certi che, appena avessimo svalutato, avremmo alla porta file di investitori pronti a prestarci denaro: e chi non farebbe credito a un’Italia (del Nord) che a quel punto avrebbe riacquistato tutta la sua competitività? Dove l’attività sarebbe in febbrile ripresa, le cui fabbriche sarebbero tornate a ronzare per soddisfare gli ordinativi, e a portar via le fette di mercato che la Germania ci ha defraudato? Ed anche i Bot e i BTP, una volta subita la svalutazione, tornerebbero appetibili proprio per questo. Non è una speranza, è una certezza. Il ministro argentino dell’epoca della bancarotta, l’economista Roberto Lavagna, l’ha raccontato in varie interviste:a poche ore dal default, già una grossa banca d’affari internazionale gli telefonava proponendogli di ricominciare ad indebitare lo Stato, perchè a quel punto i bond argentini erano tornati convenienti. Fu Lavagna a rifiutare, per non ricominciare subito il giro dell’indebitamento. I terroristi che ci vogliono tenere legati alla macina da mulino chiamata euro, altrimenti sarà l’inferno, hanno mancato di notare un recente studio di Merrill Lynch intitolato «Game theory and euro breakup risk premium». Uno studio molto originale, che usa la teoria dei giochi per stabilire quale Paese dell’eurozona abbia il maggior «incentivo» ad uscire , s’intende «ordinatamente», dalla moneta unica; analizzando tutti i pro e i contro, i guadagni e le perdite per ciascun Paese. Ovviamente tenendo conto del «Paesi con grandi bisogni di finanziamento (come il nostro) sarebbero più vulnerabili», e «avrebbero un accesso limitato per qualche tempo ai mercati di capitali e ai finanziamenti esteri», fatti negativi da bilanciare però con «l’impatto sulla crescita» che verrebbe dall’uscita. Non ve lo spiego perchè sarebbe complicato, chi vuole può andarselo a leggere qui: Game theory and euro breakup risk premium. Vi dò solo le conclusioni. Secondo Merrill Lynch, a perderci di più sarebbe la Germania, che subirebbe un apprezzamento del nuovo marco del 14%, e un taglio del suo Pil del -7%. In Grecia, la neo-dracma si svaluterebbe del 12. Per l’Italia, la neo-lira (dopo magari oscillazioni drammatiche) si deprezzerebbe dell’11%, sicchè la differenza tra lira e marco sarebbe del 25%, abbastanza da danneggiare gravemente l’export tedesco. Ma quali sono i Paesi in deficit che, tornando alla moneta nazionale, vedrebbero un clamoroso aumento dell’export? Al primo posto c’è l’Irlanda, che guadagnerebbe il 7% del Pil. Al secondo posto – sorpresa sorpresa – l’Italia, il cui Pil salirebbe del 3% del Pil. Seguita a ruota da Grecia e Spagna. I problemi del Club Med sarebbero in via di rapida soluzione. Dalla recessione alla ripresa e alla crescita. La Germania non potrebbe più spacciare i titoli del suo debito pubblico a tassi zero o sotto-zero: il costo dell’indebitamento salirebbe, per Berlino, di quasi 1 punto (80 punti-base). La Repubblica federale perderebbe lo status di «rifugio» per i capitali in fuga. Per l’Italia, dato il suo enorme debito, il vantaggio su questo sarebbe modesto: -20 punti-base. Ma il Portogallo vedrebbe una diminuzione del costo per indebitarsi di quasi il 6%, l’Irlanda del 4%, e la Spagna quasi l’1% in meno. Persino la Grecia farebbe economia sul costo del debito (anche senza contare la possibilità recuperata di monetizzarlo), visto che lo vedrebbe calare di un 22%. Ma è soprattutto l’uscita dell’Italia – più grossa dell’Irlanda e più industrializzata di tutti – che la Germania deve temere, valuta Merill Lynch. Tanto più che l’Italia è quella che dopo la piccola Irlanda, ha la maggior convenienza ad uscire. Al punto che lo studio si domanda: Can Germany bribe Italy to stay? Ossia: La Germania pagherà una bustarella all’Italia per farla restare nell’euro? Possiamo rispondere tranquillamente di no. La Germania non ha bisogno di pagarci, perchè a farci restare nell’euro – e gratis – ci pensano Monti, Napolitano, Draghi . Tutti pronti a «fare tutto quel che serve per salvare l’euro», fino a che saremo tutti morti. Post Scriptum: quel che abbiamo scritto sopra non vuole essere una giustificazione per non ridurre l’immane debito pubblico, nè una scusa offerta alla classe politico-parassitaria che ci pesa sul collo per non tagliare le enormi spese improduttive, provincie, comuni, Regioni, tangenti della Sanità, con cui ha alimentato le clientele, fino a distorcere la struttura stessa del sistema economico. È questa classe che ci ha portato al punto in cui siamo. Ciò che abbiamo detto sopra serve solo a dimostrare i tecnocrati e banchieri, che si sono impadroniti del potere sulla moneta con la scusa che i politici sono corrotti e inclini alla spesa pubblica senza freno, non hanno dato miglior prova. Nè di competenza, nè di onestà. Come ho detto, il potere di monetizzare richiede una classe politica con la testa sul collo, capace di usarlo cum grano salis ed un forte senso di responsabilità e lealtà verso la comunità, anche quella futura. Restituire la sovranità monetaria allo Stato, finchè è governato da questi qua, sarebbe assurdo. Bisogna prima eliminarli. 1) Gli accorgimenti che probabilmente Draghi adotterà saranno altri acquisti sul mercato secondario (liberando le banche di titoli marci); si ventila l’idea di attribuire al Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM) lo status di banca, ciò che permetterebbe allo ESM di finanziarsi presso la BCE, ossia avere fondi senza limiti con cui poi comprare titoli spagnoli e italiani. Questi metodi indiretti e macchinosi (perchè non dare agli Stati , allora, lo statuto di banche, onde possano poppare alla mammella BCE senza intermediari?) servono essenzialmente a nascondere il gran segreto: che la moneta ex nihilo si crea a volontà. 2) Un altro argomento contro il modello giapponese, sostiene che nonostante la larghezza monetaria, il governo nipponico non ha avuto successo nel far uscire la sua economia dalla stagnazione. Rettifichiamo: il Giappone non ha avuto successo con il quantitative easing; ritorno alla «austerità» è stato un fallimento; però stava avendo successo con la monetizzazione del debito. Il ritorno alla normalità è stato rovinato dalla crisi finanziaria mondiale innescata dai subprime (americani) nel 2007. Poi c’è stato il tragico tsunami. Per chi vuole approfondire questo tema: Le point sur le Japon. 3) Da un sito francese traggo questo esempio: 1) Siete una banca che ha 1000 titoli spagnoli (o italiani) ed ha paura di perderci troppo. 2) Per calmare la vostra ansia di banchiere – non sia mai che ci perdiate del denaro – la BCE vi raccatta questi titoli, dandovi in cambio i soldi all’1%. 3) Si è dunque passati da una situazione: «banca privata 1000 obbligazioni discutibili/BCE 0», a «banca privata 1000 di liquidità utilizzabile/BCE 1000 di titoli discutibili». Se ci si ferma qui, si vede che la BCE ha creato moneta dal nulla, e questo può creare inflazione, ciò che è contrario agli statuti della BCE. 4) Allora la BCE, per neutralizzare l’emissione, chiede in prestito alle banche private il denaro che ha creato. 5) Situazione finale. Banca privata: credito di 1000 sulla BCE non utilizzabile/ BCE: 1000 obbligazioni marcescenti più 1000 di liquidità, menogli interessi versati alla banca privata. «Alla fine – commenta il sito – non c’è creazione monetaria, ma ‘solo’ la BCE che rimpie il suo bilancio di attivi marci, e in più paga degli interessi su questo… o detto in altro modo, la BCE ha tolto una spina dal piede della banca privata, e paga per questo. È bella la vita delle banche private! E beninteso, tutti i particolari sulle banche beneficate, sui titoli raccattati, sugli interessi versati, sono segreti». di Maurizio Blondet

06 agosto 2012

L’amore al tempo della connessione tecnologica

Tra lui e lei quasi sempre, c’è un altro. La sua presenza non fa bene al rapporto, lo indebolisce sempre di più. Ruba attenzione, concentrazione, distrae. Non si tratta però di una persona fisica, ma di un gadget tecnologico: generalmente un cellulare, uno smart phone, un tablet. La sua presenza, sempre più invadente, sta profondamente trasformando i rapporti di coppia. Il discorso, l’intimità, il silenzio è sempre più spesso rotto da uno squillo, un sms, una schermata sul mondo, fuori. Non è un cambiamento da poco. L’innamoramento, il corteggiamento, lo stare insieme è sempre meno una vicenda dei due della coppia, e sempre di più un fatto sociale, nel quale entrano in continuazione altre persone, informazioni, notizie. Tutta roba che mette in fuga quello che una volta veniva definito l’incanto dell’amore. L’agghiacciante statistica secondo la quale circa un quarto delle americane sposate parla al cellulare durante i rapporti sessuali può essere messa sul conto delle patologie che si sviluppano nei matrimoni in crisi, come illustrato nelle serie televisive dedicate alle casalinghe disperate. Ma questo è solo il risultato di molte cose che sono già accadute prima, quando i due hanno cominciato a frequentarsi. E’ durante quei “magic moments”, illustrati de una canzone evergreen degli anni 60, che si può sentire se davvero si è fatti l’uno per l’altro. Per questo, però, è necessario essere totalmente presenti alla situazione, all’altro, vederlo veramente, e lasciarsi vedere, fin nel profondo. Serve insomma concentrazione, profondità. Persino silenzio, oppure colonne sonore adatte all’ascolto e accoglimento dell’altro, come erano le musiche diffuse, o eseguite dal vivo nei piano bar dove ci si corteggiava e ci si innamorava prima dell’avvento della connessione perenne. A quei luoghi ovattati sono da tempo subentrati gli happy hour, gli “aperitivi” squillanti di cento suonerie, luoghi dove l’intimità e l’ascolto dell’altro sono sovrastati dall’esibizione, il mostrarsi, il dover essere “brillanti” nella compagnia, più che interessanti e interessati all’altro che potrebbe amarti. La “connessione” col mondo ha così scavalcato l’attenzione all’altro. Lei risponde allo squillo dell’amica, o della mamma, lui non resiste a controllare dal tablet gli ultimi sviluppi della partita. La tensione amorosa si trasforma in scambi episodici, curiosità , qualche battuta. Il sentimento sbiadisce e il desiderio rimane come espressione del sistema nervoso, più che come slancio del cuore. Non tutto, nella trasformazione informatica dell’innamoramento, è però da buttare. La presenza continua degli altri, della società, delle informazioni sul mondo, ad esempio, rende più difficile quel chiudersi nella coppia frequente negli adolescenti timidi o in difficoltà, che fino a non molto tempo fa sequestrava gli innamorati separandoli dagli altri e dal loro tempo, e metteva così in pericolo il loro benessere psicologico successivo. La connessione ti aiuta a non perderti completamente nella tua fiaba d’amore. Ma se non la tieni a bada impedisce del tutto che la fiaba nasca, trasformando la persona che potrebbe amarti in una conoscenza come le altre. di Claudio Risé

05 agosto 2012

Note olimpiche…

Si sono aperte le Olimpiadi di Londra, precedute da una lunga messe di servizi televisivi e articoli giornalistici che hanno ribadito cose che ormai sono di dominio pubblico, tanto da risultare noiose e stucchevoli. Il doping, non certo da quest’anno, sembra essere la piaga costante di tutti gli sport. I controlli si susseguono e le evoluzioni delle varie droghe che tentano costantemente di sfuggirgli riempiono le cronache e le aule dei tribunali. Le squalifiche sono all’ordine del giorno, le sospensioni si moltiplicano, le revoche di record e vittorie ormai sono numerosissime e disorientano lo spettatore che non saprà mai, a fine gara, se quello che ha visto sarà il vero ordine d’arrivo. Sembra che la politica proibizionista non dia risultati sensibili. Il professionismo degli atleti, contrapposto agli eterni principi decoubertiani, non fa più cassetta. Scontato che gli atleti di rango debbano interpretare le loro discipline sportive come dei veri e propri lavori retribuiti. Di maggior successo, invece, i reportage sulle retribuzioni degli sportivi presenti ai Giochi. Non desta certo sorpresa apprendere che il tennista Roger Federer, tra montepremi e sponsor, si porta a casa qualcosa di molto simile a 50 milioni d’euro l’anno. Così come gli stellari campioni della NBA statunitense, che vantano medie intorno ai 30 milioni l’anno, che non si stupiscono di guadagnare tanto, visto che sono totalmente impegnati a scacciare dalle loro menti i fasti di quello che rimarrà il primo e unico Dream Team della Storia e che mai potranno emulare. Non tiene più banco la questione Pistorius, quell’atleta con arti in carbonio, che approda, dopo tante polemiche, sulle piste di atletica londinese, forte del suo tempo minimo raggiunto. Non si sono fugate tutte le perplessità circa la possibilità che atleti “bionici” siano atleti regolari ma in un articolo del CorSera, Eva Cantarella, insigne accademica, ci ha ricordato come non mi ricordo più quale atleta nell’Antica Grecia, corse, vincendo una gara podistica, provvisto di una spalla in avorio che sostituiva quella mancante, introducendo così la bioingegneria già allora. I greci, si sa, hanno inventato, detto, scritto tutto quello che si poteva inventare, dire, scrivere. Solo la Merkel e la BCE fingono di non saperlo, ritenendola indegna dell’Europa che in realtà ha fondato e riempito di senso. Ma le due notizie più intriganti sulla questione, bionico sì, bionico no, che vanno lette sinotticamente, sono comparse ancora sul CorSera di sabato 28 luglio. La prima ci informa che si cimenterà nella gara di tiro con l’arco individuale, un atleta sud coreano ipovedente. Con una vista che non supera i 2/10, vedendo solo i colori del bersaglio, è capace di fare centro. Intervistato, ha dichiarato che lui il bersaglio non lo vede, se non in una nebbia di colori concentrici, lui il bersaglio lo sente e così fa centro. La seconda è che è stata messa a punto una tecnica, già sfruttata dall’esercito USA per i suoi piloti da caccia, che permette, con un’operazione sulla cornea, di portare la normale vista umana (i famosi 10/10 di chi ci vede bene) a 15/10, con la capacità, testimonia l’articolo, di vedere una mosca, nei suoi dettagli, ad una distanza da nove metri. E che magari, all’insaputa di tutti, è già stata utilizzata per qualche atleta tiratore. Mi sono immaginato una sfida tra il sudcoreano ipovedente, forte solo della sua sensazione che guida il dardo al bersaglio e un’infallibile cecchino, forte di questo nuovo ritrovato della Tecnica, guarda caso targato USA e guarda caso già utilizzata dall’esercito per rendere i suoi uomini ancora più mortalmente infallibili. Un’interessante contrapposizione tra Oriente e Occidente e i loro diversi modi di intendere la via da percorrere. L’Oriente. Al lettore accorto non sarà certo sfuggito il volumetto che Adelphi, molti anni fa, ha inserito nelle sue collane Lo zen e il tiro con l’arco di Herrigel, in cui è esplicitato il pensiero sintetico del sudcoreano. Solo attraverso un esercizio che è in primo luogo lavoro mentale, si può ottenere la fusione tra il soggetto e l’oggetto, tra l’arciere, il dardo e il bersaglio. È solo attraverso questa fusione che si può realizzare quel momento in cui le differenze si annullano in uno sfolgorante bagliore che è il Satori. Un’illuminazione individuale che è unica via che non si può insegnare (se non nei suoi primi passi che corrispondono alla disciplina dell’arco) e che permettono di raggiungere il centro del bersaglio. L’Occidente. Di contro la Tecnica occidentale, che ormai ha preso il sopravvento, non ha nessun presupposto nel sentimento, nella visione interiore, nel “sentire”. Freddamente manipola, trasforma, si fa creazione, piega il soggetto alla sua demonia, sostituendolo, brano a brano, con pezzi artificiali, spersonalizzandolo ma realizzando per lui l’ennesimo sogno faustiano. È l’eterna lotta tra la Qualità non tramandabile e la Quantità codificabile, che ha sancito il trionfo del pensiero occidentale, condannandolo, nel contempo, al giogo coatto di una forza ingovernabile quando diventa divinità. È la contrapposizione, che ben ha descritto Pirsig nel classico assoluto Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, tra visione classica (occidentale) e visione romantica (orientale), propendendo per quella classica, a me così almeno pare, che narra una bellezza soggiacente che a suo dire non sarebbe percepita dai romantici. Sarebbe utile ritornarci e non lasciare che quei due articoli marciscano nel cestino dell’oblio. Poi ci sono, a compimento di questa diarrea mediatica, le sperticate lodi alla manifestazione d’inaugurazione. I maggiori complimenti sono andati all’autoironia degli inglesi che hanno preso in giro se stessi con la presenza di Mr. Bean e soprattutto con la performance della Regina che, a fianco dell’ultimo James Bond, si è prestata a fare la Bond girl, piombando dal cielo in paracadute sullo stadio olimpico. Non lasciatevi abbindolare, è la solita, nota e più volte sottolineata ipocrisia inglese. È il facile sberleffo di chi credendosi ancora un dominatore e infarcito di un senso patologico di superiorità, nei confronti dell’intero globo terraqueo, sa di potersi permettere, in tempo di carnevale, delle licenze senza incrinare l’immagine che ha di se. Alla fine, mi viene restituita l’immagine di un grande spettacolo, divertente ma completamente inconsistente. Un enorme affare che poco ha a che fare con lo sport, che si rappresenta con una cerimonia imbarazzante, piena di morti viventi (come Sir. Paul McCartney), che non mitiga ma esalta il senso di baracconata planetaria che la TV riprende. E da tutto ciò il mio pensiero di sempre riaffiora. Se non si tratta di sport ma di una grande spettacolo per fa soldi e divertire, allora sarebbe giusto permettere tutti i doping a disposizione, permettere tutte le sperimentazioni bioniche conosciute, trapiantare arti di gazzella negli sprinter, innestare bulbi oculari aquilini nei tiratori, inserire fegati di merluzzo per migliorare l’acquaticità dei nuotatori. Bisognerebbe, per sostenere il vertiginoso giro di scommesse sulle gare e per renderle meno scontate, permettere di truccarle a piacimento, corrompere atleti per perdere e pagare allenatori pe rivelare i segreti dei propri assistiti. Tutto in nome dello spettacolo. Non ci vuole immaginazione per questo, basta guardarsi intorno. L’esempio del Palio di Siena è didascalico. Basterebbe applicarlo, lasciando lo sport vero, quello amatoriale (purtroppo ormai anch’esso compromesso in molto) a chi lo vuole praticare in santa pace. Senza record, senza classifiche, senza falsi miti da rincorrere. di Mario Grossi

04 agosto 2012

Com'e' cattiva la Merkel!

"I tedeschi non sono disposti a fare da bancomat per la classe politica italiana, non sono disposti a coprire i debiti che gli italiani hanno contratto. La storia degli eurobond è qualcosa per cui ci si indebita insieme e poi si paga insieme, peccato che chi si indebita di più, in questi casi, sarebbe l’Italia. I tedeschi sanno bene come funziona la politica in Italia, sanno bene che se diventassero un rubinetto che "se si apre ecco i soldi", questi finirebbero sì in Italia, ma finirebbero di nuovo ai vari Penati, Formigoni, Belsito e simili e ai loro compari." Beppe Scienza Il bancomat dei politici italiani Saluti agli amici del blog di Beppe Grillo, sono Beppe Scienza, insegno al dipartimento di matematica dell’Università di Torino, mi occupo di risparmio. Argomento caldo perché i risparmiatori italiani sono molto preoccupati di cosa capita ai loro soldi e ai loro titoli di Stato. Si sta assistendo da qualche mese a una recita da parte di politici e degli economisti di regime secondo un canovaccio abbastanza classico, per nascondere le magagne di casa propria si dà la colpa allo straniero, ora per fortuna non si fanno le guerre, almeno in Europa, ma qualcosa ricorda il nazionalismo di decenni passati. La colpa sarebbe di entità estere come le società di rating, gli speculatori internazionali, ovvero le colpe sono degli stranieri e si sentono alti richiami all’amor di patria finanziaria per cui emettono titoli come i Btp Italia che devono essere sottoscritti con tutta la stampa che li pompa. Diciamo le cose come stanno, se alcuni Btp sono scesi a 60 rispetto a 100 e parecchi a 80/70, se c’è sfiducia nel debito pubblico italiano, i tassi di interesse che l’Italia paga sono più alti di quelli che pagano altri Stati o di quelli che l’Italia stessa pagava fino a un anno fa in una situazione effettivamente molto tranquilla, anche troppo tranquilla, le colpe sono tutte italiane. Un debito pubblico che nel 2007 era sceso a 102%, 103% adesso è risalito a 120% e quest’anno addirittura a 123%. Se il debito pubblico tra l’altro è salito in Italia in parallelo a un taglio della spesa sociale, è salito grazie ai vari Penati, Formigoni, Belsito etc., non è salito perché sono stati regalati soldi ai cittadini. Uno dei nemici sarebbe la Germania, in particolare Angela Merkel accusata di cecità, stupidità. I tedeschi non sono disposti a fare da bancomat per la classe politica italiana, non sono disposti a coprire i debiti che gli italiani hanno contratto e soprattutto che sono ancora disposti a contrarre. La storia degli eurobond sarebbe qualcosa per cui ci si indebita insieme e poi si paga insieme, peccato che chi si indebita di più, in questi casi, sarebbe l’Italia. I tedeschi sanno bene come funziona la politica in Italia, sanno bene che se loro diventassero un rubinetto che "se si apre ecco i soldi", questi finirebbero di nuovo ai vari Penati, Formigoni, Belsito e simili e loro compari. L’idea, non infondata, è che una garanzia europea, sui debiti degli italiani servirebbe a riassumere a tutto spiano nuovi dipendenti pubblici, inutili, a elargire nuovi soldi a strane fondazioni. Adesso è per esempio in discussione il meccanismo europeo di stabilità noto anche come ESM European Stability Meccanism, deciso per aiutare gli Stati in difficoltà. Fatti di costume Ora la posizione della Germania è che va bene aiutare gli Stati in difficoltà, ma bisogna porre un qualche limite a questo, mentre invece l’ultima trovata è che questo ESM dovrebbe avere lo status di banca. Cosa vuole dire avere lo status di banca? Vuole dire che può comperare i titoli di stato italiani e spagnoli, sicuramente anche altri, darli in garanzia alla BCE, e farsi prestare soldi all’1%, con questi comprare di nuovo i titoli di stato italiani e spagnoli e portoghesi, darli in garanzia ancora alla BCE e così via fino al crack finale. Ora è chiaro che nè Monti, nè Hollande vogliono il crack finale. Certo, il meccanismo è molto pericoloso, perché se i soldi per aiutare gli Stati malconci sono limitati, c’è il rischio di esaurirli e trovarsi in situazione di grave crisi, se sono illimitati c’è il rischio di tirare giù tutta la baracca. Il punto è che dare lo status di banca al meccanismo europeo di stabilità apre un varco a questo rischio. La banca centrale tedesca, la famigerata Bundesbank è molto attenta ai soldi dei risparmiatori tedeschi. Il sindacato tedesco a differenza di qualche industria per prendere i soldi dai Tfr dei lavoratori ha protestato per il rischio associato ai risparmi dei cittadini tedeschi. In Germania c’è qualche aneddoto per capire com’è diverso lo stile. Sembrano fatti di costume e non sono fatti di costume. L’ultimo scandalo è stato quello cosiddetto del "tappeto volante", del tappeto di un certo Dirk Niebel, Ministro della cooperazione tedesca, che è andato con una delegazione del governo tedesco in Afghanistan, ha comperato con i suoi soldi un tappeto pagandolo circa 1.000 Euro, sono tornati in Germania con la delegazione e il tappeto. Uno scandalo a non finire. "Come? Ti porti il tappeto sull’aereo dell’aviazione pubblica e non paghi il trasporto? Non paghi l’Iva, la dogana?" Un grosso scandalo. Per fortuna il suo avvocato ha scoperto che una normativa europea esenta dall’Iva alcuni Stati come l’Afghanistan, quindi la cosa si è risolta. Christian Wulff, il presidente della Repubblica, si è dimesso per avere avuto un mutuo a tassi agevolati, in Italia tutti i parlamentari hanno di base mutui a tassi bassissimi. Ernst Welteke, il governatore della Banca centrale tedesca, nel 2004 si è dimesso perché a Berlino hanno pagato la stanza d’albergo al figlio che era lì con la fidanzata, per tenere il bambino dello stesso Welteke, cosette! Da noi Fazio per dimettersi ha dovuto aspettare che arrivassero per arrestarlo o quasi! Altre cose, la Margot Kaessmann, l’equivalente per i luterani, parlo per i cattolici, si è dimessa dalla sua carica perché l’hanno fermata mentre guidava tornando a casa la sera, hanno scoperto che aveva un tasso alcolico un po’ più alto, senza nessun incidente! Sfiducia nei titoli di Stato I tedeschi hanno questo stile nella politica, conoscono gli stili italiani, è comprensibile che abbiano forti esitazioni a mettere la foro firma per garantire debiti che verrebbero poi gestiti da una classe politica che noi italiani conosciamo bene, e quindi l’idea di diventare il nostro bancomat . A questo punto si capisce perché di fronte a queste cose gli italiani abbiano loro stessi sfiducia nei titoli del proprio Stato, loro stessi arrivano a venderli spaventati, si domandino cosa fare. Il problema in Italia resta quello grosso dell’enorme debito pubblico, poi le società di rating possono avere fatto qualche carta falsa, ma il problema non parte dalla speculazione, anche la teoria del contagio, il contagio viene non perché uno Stato è in difficoltà, ma perché tanti Stati sono in difficoltà. L’Italia è messa male perché comunque ha un debito pubblico molto alto e non si vede come riuscirà a tornare in una condizione di equilibrio. Quindi uno può trovare antipatica la lingua tedesca perché ha molte consonanti, è difficile, uno può non amare la cucina tedesca, può trovare i tedeschi un po’ rigidi e sicuramente lo sono, ma in questo caso le colpe sono in Italia, e sono nella classe politica italiana. Bisogna però chiarire un punto: la Germania, i politici tedeschi, non vuole assolutamente il fallimento dell’Italia, per questo non c’è contraddizione tra tante preoccupazioni che ho elencato prima e vedere prima invece Angela Merkel e Mario Monti d’amore e d’accordo, collaborare insieme. La Germania vuole evitare altri fallimenti nell’area dell’Euro dopo quella della Grecia che addirittura viene camuffato perché appaia meno grave. C’è il timore semplicemente da parte del Parlamento tedesco, che un crack, un'insolvenza dell’Italia avvenga trascinando anche la Germania. Il primo fine sicuramente della politica tedesca è evitare altre insolvenze nell’area dell’Euro. di Beppe Scienza

01 agosto 2012

La BCE difende l'Euro, le banche, ma non gli europei

Paradossalmente, l’agonia dell’Euro, del debito pubblico, dello spread, con tutti i sacrifici, la recessione e le tasse che ad essa conseguono, è voluta e mantenuta dai poteri europei: infatti dipende dalla scelta di proibire alla BCE di comperare le emissioni di debito pubblico sul mercato primario, alle aste, cioè da fare da vera banca centrale di emissione, così da impedire alla radice la speculazione. I Brics, gli USA, il Giappone, hanno banche centrali che fanno le banche centrali; perciò, sebbene gravati da debiti pubblici anche molto più alti dell’Italia, non hanno problemi con la speculazione, perché le loro banche centrali garantiscono l’acquisto. La pseudo-banca centrale detta BCE è voluta in quanto fa gioco agli speculatori finanziari, per ragioni di profitto; agli USA, per ragioni geostrategiche; alla Germania, perché ne trae benefici finanziari, competitivi, egemonici; al capitalismo in generale, perché gli consente di minacciare le nazioni con lo spauracchio dei tassi e del default per costringerle ad abbattere lo stato sociale, i diritti dei lavoratori e dei risparmiatori; a smantellare il ruolo economico del settore pubblico; e in generale a affidare definitivamente la politica ai banchieri. Questo dato di fatto sarebbe la prima cosa da dire nell’informazione economica, ma i mass media ne parlano con molta cautela. La linea della BCE è quanto di meno trasparente e di meno democratico si possa concepire: interviene comperando sul mercato secondario, in deroga al proprio statuto, ogniqualvolta i tassi sui bond di un paese eurodebole salgono tanto che il paese colpito potrebbe uscire dall’Eurosistema, ma niente fa per rimediare alle cause strutturali delle impennate dei tassi, né dei crescenti squilibri delle bilance commerciali intracomunitarie, né del costante peggioramento del pil, dell’occupazione, dell’economia reale, di molti Stati membri. Una difesa sostanziale, la BCE la fa solo in favore delle banche europee, finanziandole a bassi tassi (1%), molto largamente, e senza curarsi che almeno una quota degli oltre 1000 miliardi prestati loro vada a finanziare l’economia reale anziché attività speculative, magari rivolte contro Stati eurodeboli. Pare proprio che l’obiettivo della BCE sia di trattenere le rane nella casseruola finché non siano cotte, dispensando loro una boccata di ossigeno e generose rassicurazioni quando si sentono scottare e pensano di saltar fuori, come è avvenuto ad esempio oggi, allorché nella mattinata lo spread btp/Bund è schizzato oltre 530 p.b., e Draghi ha reagito dichiarando che uscire dall’Eurosistema è impensabile, che recentemente si sono fatti molti passi avanti, e che la BCE farà tutto ciò che occorre per impedirlo – al che lo spread è presto sceso a 470 p.b., e la borsa italiana ha recuperato il 5%, mentre l’Euro è risalito a 1,23 sul Dollaro. Pare, insomma, che si voglia tenere i paesi eurodeboli in un meccanismo che aggrava i loro problemi e svuota le loro economie reali, ma al contempo li mantiene artificialmente in vita con una fleboclisi monetaria, aumentando la loro dipendenza da organismi autocratici giuridicamente irresponsabili e di tipo bancario, come la BCE e il nascente MES, Meccanismo Europeo di Stabilità. Da simili fatti traspare un disegno superiore, oligarchico, dirigistico, che non viene dichiarato, ma viene portato avanti senza interesse per le condizioni di vita delle nazioni, bensì con interesse centrato sul piano finanziario: espressione del fatto che, per l’odierna strutturazione del potere reale, l’economia della produzione e dei consumi, quindi gli stessi popoli, che di quell’economia costituiscono gli attori, sono divenuti superflui – ed è questa la vera rivoluzione che introduce il nuovo millennio. di Marco Della Luna