31 maggio 2010

La freedom flotilla va avanti!


Larnaka/Nicosia,Cipro

Mentre ci apprestiamo a "festeggiare" l' anniversario del primo
ingresso di PBC a Gaza,alla guida della Carovana della Speranza,
avvenuto proprio un anno fa, cominciamo ad avere maggiori informazioni
sulla nostra missione.
Abbiamo cambiato albergo poiche' hanno sistemato tutti partecipanti,
prima sparsi in vari alloggi, in un unico hotel in modo da essere
pronti al momento della partenza e per poter fornire eventuali
aggiornamenti in tempo reale. In mattinata siamo andati a Nicosia, la
capitale, dove abbiamo conosciuto altri nostri compagni di viaggio,
provenienti dall' Irlanda, dalla Norvegia, dalla Svezia, dalla
Bulgaria, dall' Inghilterra, dagli USA e dalla Russia (oltre a due
cittadini israeliani che condividono la necessita' di fermare l'
atroce assedio contro la Striscia).
Gli organizzatori ci hanno spiegato come averra' la partenza (preparo
il pezzo dedicato, che per ragioni di sicurezza sara' pubblicato solo
dopo l' avvenuto imbarco) e sara' un'operazione...davvero
rocambolesca! Non potremo portare le nostre valigie, ma dobbiamo
attrezzarci con il minimo necessario per qualche giorno (la sosta a
Gaza e' prevista per due soli giorni) e con eventuali medicinali.
Fortunatamente c'e' una bella notizia: ci ricongiungeremo con Anglea
Lano (Infopal) sulla stessa imbarcazione della European Campaign to
end the siege on Gaza, unificando di fatto la delegazione italiana.
Ci aspettano quattro tipi di scenari, uno solo del quale e'
entusiasmante: l'arrivo a Gaza per sabato dopo una traversata in mare
di poco piu di un giorno. Ma tenuto conto di quanto fermamente Israele
abbia ribadito il proprio impegno a contrastare duramente la missione
umanitaria, c' e' poco da sperare in una simile situazione. Gli
organizzatori ci hanno fatto sottoscrivere un foglio con il quale ci
assumiamo l'intera responsabilita' per cio' che ci accadra',
osservando l'impegno a mantenere un atteggiamento non violento di
fornte a qualunque tipo di provocazione israeliana. Le prospettive
vanno dal 'fermo in mare' (ovvero potrebbero bloccare le imbarcazioni
per vari giorni in mare), al sequestro dei cargo, all'assalto delle
navi (con cannoni ad acqua o con altro tipo di minacce), sino
all'arresto e alla detenzione, per non dimenticare che altri mezzi di
Free Gaza sono stati pesantemente attaccati con armi da fuoco e
danneggiati irreparabilmente. I giornali israeliani in questi giorni
riportano addirittura la notizia che Israele avrebbe provveduto alla
preparazione di un campo di detenzione per gli attivisti della
Freedom Flotilla ad Ashkelon. Ci sono state date indicazioni in merito
ai nostri diritti e all'atteggiamento che dovremo seguire in caso di
arresto e/o interrogatorio e ci hanno fornito i numeri di emergenza e
informazioni sull'avvocato che nell'eventualita' gli organizzatori
metterebbero immediatamente a nostra disposizione.
In ogni caso siamo sereni: sappiamo che Israele fara' di tutto per
minacciarci e spaventarci, ma sappiamo che stiamo compiendo una
missione importantissima di aiuto e solidarieta' con un intero popolo:
la Turchia accompagnera' la carovana via mare e avremo un telefono
satellitare in nave in caso di emergenza. Vogliamo fare la nostra
parte: gli aiuti (materiali da costruzione, generatori di corrente,
generi alimentari per bambini, sedie a rotelle elettriche, medicinali,
materiali per le scuole) ora ammontano a quasi 10.000 tonnellate!!! La
mia speranza e' quella di poter testimoniare questa avventura,
dimostrando la crudelta' (che polverizza ogni parola di propaganda che
in questi giorni si sta spendendo allegramente su blog, siti, commenti
ad articoli di stampo indiscutibilmente filosionista) del governo e
dell'esercito israeliano verso Gaza, ma soprattutto consegnando aiuti
fondamentali per i cittadini palestinesi. Se non fosse drammatico, ci
sarebbere da ridere dei Governi italiani che si sono avvicendati,
sottoscrivendo ed approvando accordi militari di cooperazione con
Israele...saranno proprio i soldi dei cittadini italiani, il denaro
pubblico del nostro paese, che sara' utilizzato per tentare di
fermarci ed eventualmente detenerci in campi israeliani! L'Italia che
butta nel cesso i quattrini dei propri cittadini, per ubbidire all'
odio feroce dei sionisti: chissa' cosa ne penserebbero i disoccupati,
i ricercatori universitari, le aziende in crisi, le forze di polizia
senza benzina per la lotta contro la criminalita'...Ma ovviamente il
regime politico e mediatico italiano non fara' passare una sola riga
su questa missione umanitaria e sui rischi che sta correndo: meglio
non parlarne...e' il modo migliore per dimostrare che non esiste.
Noi di Per il bene comune, invece, ci siamo e faremo del nostro
meglio, insieme a tanti rappresentanti di paesi europei, dell' Asia,
dell' America (Latina, ma anche USA): e' una spedizione di portata
mondiale e credo che, mentre non basteranno i colpi di arma da fuoco
degli Israeliani a svegliare chi finge di dormire, la nostra missione
potra' svegliare le coscienze assopite che riusciranno ad averne
informazione. Per la giustizia, per l'interesse, per il bene
comune...noi andiamo avanti!

di Monia Benini

Purtroppo nessuna poteva immaginare il bagno di sangue versato dagli israeliani. Qualsiasi commento al momento è superfluo.

30 maggio 2010

La crisi monarchica e, battere la moneta

Se vogliamo cercare di capire la crisi, dovremmo capire dove siamo e come ci siamo arrivati. Per fare questo, occorrerebbe guardare con disincanto al secolo scorso. Alcuni commentatori fanno risalire le origini del secolo orrendo, quello delle guerre più spietate, alla fondazione della famigerata Federal Reserve. E’ così che saremmo arrivati all’ipocrisia delle “missioni di pace” dove si vorrebbe esportare il nostro modello corrotto, perché qua sta saltando, con contorno di scorie radioattive, in posti sperduti del pianeta. Se la teoria della eversiva Federal Reserve, quella che fa bonifici in altri Paesi, in periodo elettorale, fosse giusta, allora occorrerebbe rileggere le motivazioni che stanno dietro il secondo conflitto mondiale.

Non è nemmeno troppo arduo: l’accordo di Bretton Woods risale al 1944, un anno prima che finisse la guerra... Il nemico da abbattere, allora, era l’asse RO-BER-TO: Roma, Berlino e Tokyo. Cosa avevano in comune questi tre Paesi alla vigilia del conflitto? Avevano ritrovato la sovranità monetaria nazionale. Germania ed Italia emettevano la loro moneta, sotto forma di Biglietti di Stato a corso legale. Se lo facessimo ancora oggi, risparmieremmo circa 350 miliardi di euro all’anno. Soldi che oggi spendiamo per “servire” il debito pubblico. Bastava una tipografia, ed eravamo ricchi.

Bastava lasciare il compito di emettere le banconote al poligrafico di Stato ed impedire alle banche di mettere al passivo la massa monetaria che creano, tramite false scritture contabili, in modo da poter così prelevare una somma come rimborso della rendita monetaria allo Stato.

Non voglio passare per revisionista né per visionista (o sionista, tout court). Ma esiste un dovere che gli storici hanno dimenticato: raccontare i fatti. Non solo gli storici per la verità. Un po’ tutti - non avendo capito internet - si ostinano a divulgare una versione malata della realtà. Ed è ovvio che se si insiste a vivere in un mondo di fantasia, il paese delle meraviglie di Alice, allora tutto è possibile. Anche che falliscano le banche - uniche aziende che hanno il potere di creare denaro con la tastiera del computer… in cambio delle lacrime e sangue dei cittadini. Ovvio che su internet la verità dilaga.

Tra un po’ la insegneranno anche all’università, appena quei poveri malati che si ostinano ancora con la propaganda, non si renderanno conto che la loro guerra a bassa intensità - contro la realtà - è già persa in partenza.

Quindi, rileggiamo gli anni di piombo alla luce degli obiettivi raggiunti dai terroristi:

1982 - Divorzio tra ministero del Tesoro e Banca d’Italia.
1991 - Trattato di Maastricht. Piano piano tutto torna, tutto acquista un senso, alla luce della sovranità perduta. Ed è facile perderla la sovranità

- se si passa da monarchia a repubblica senza spiegare quali sono le prerogative del sovrano, tra cui c’è il batter moneta. Una volta capito che l’unità d’Italia è stata voluta per consolidare i debiti degli Stati-regioni che sono andati a formarla, e che la prima legge unitaria fu la creazione del Gran Libro del debito pubblico... non ci vuole mica John Nash per fare due più due. E’ evidente: si è lasciato quasi sempre - a parte il ventennio della rivoluzione fascista - il potere di batter moneta in mano a banchieri anarchici privati. Così si spiega come funziona il bidone vuoto delle famiglie italiane dell’élite: volgari falsari. Piegato lo Stato alla truffa del debito pubblico, le rendite dei nati stanchi sono assicurate.

Tutto il resto del Paese, sottomesso da uno Stato che appena si rivela nel suo pieno squallore - una specie di mafioso che estorce il pizzo del signoraggio privato ai suoi ignari cittadini - crolla da sè. Perché l'idea dello Stato si basa sulla fede. Una volta che la Guardia di Finanza - appoggiata da una magistratura oggi sonnacchiosa - si sveglia e capisce, altro che yacht di Flavio Briatore!

Dove hanno sbagliato i banchieri che pure avevano comprato tutta l’omertà possibile? Hanno sbagliato perché anche loro sono digiuni del concetto di sovranità moderna. Abituati da sempre a trattare con le corrotte famiglie monarchiche - dividendosi la torta alla faccia dei cittadini - non si sono resi conto che oggi è proprio con i cittadini che dovranno fare i conti.

Sarebbe stato facile - e forse lo è ancora - decidere di rimborsare alla cittadinanza almeno una quota del signoraggio depredato, magari sotto forma di reddito di cittadinanza. Oppure, chessò, la Banca Centrale Europea poteva tramite le sue occulte Operazione di Mercato Aperto, iniettare denaro direttamente ai correntisti - purché questi ultimi avessero rinunciato - in una nanoclausola del contratto d'apertura di conto corrente - alla gestione diretta della rendita monetaria.

Ma no. Per la Banca Centrale Europea siamo tutti fessi, persi come siamo dietro al campionato di calcio ed alle querelle infinite - quanto inutili - di destra contro sinistra e viceversa.

La BCE crede ancora che la gente creda che la gestione dell'emissione di denaro sia in mani rispettabili. In una élite di illuminati che - rigorosamente per il nostro bene - decide di allocare gran parte del credito nelle mani degli amici degli amici.

Secondo la BCE, le forze speciali non si accorgeranno mai che vengono mandate a morire in inutili guerre radioattive... vere e proprie missioni di usury-keeping. Per i marziani della Eurotower, il business può continuare come prima. Tanto, la truffa dura dal 1694, dalla fondazione della Banca d’Inghilterra, a parte qualche breve parentesi punita con assassinii mirati, tipo Kennedy, Allende e Che Guevara. O Mattei, Pasolini ed Aldo Moro, per rimanere da noi...
Quindi, alla Eurotower, la sede maestosa della BCE, il vero potere occulto, la spectre che ci sta affamando, il vertice della pirlamide bancaria, dormono sonni tranquilli.

Auguri e buona continuazione. Per il buon senso, c’è sempre tempo.

E poi, male che vada, che ci vuole a circondare la torre ed arrestare tutti?

Marco Saba

29 maggio 2010

«Così si nascondono i soldi»

Hervé Falciani
Hervé Falciani
NIZZA — A vederlo da vicino, camicina a righe, jeans e l’accento alla ispettore Clouseau, non diresti proprio che è lui Hervé Falciani: l’uomo che ha messo sotto scacco un colosso mondiale della finanza come la banca britannica Hsbc. Invece è proprio quel trentottenne lo stratega informatico che un giorno ha levato il velo sui segreti inconfessabili del principale istituto bancario privato al mondo.

Mentre lo racconta lo sguardo si accende, come quello del cane Toto mentre tira via la tenda e scopre il Mago di Oz. Ma su ciò che c’è dietro il velo Hervé Falciani mette in guardia: «I nomi degli evasori sono un piccolo problema. Ce n'è uno enorme. Le banche sono senza controlli reali. Non esistono più le valigie di soldi portate oltre frontiera. Ora basta un clic di computer e la somma viene trasferita. Il denaro è diventato una scrittura informatica. Ma l’informatica non ha controlli. Questo significa che la finanza, che senza l'informatica non esiste, non ha regole. Tutti lo sanno. Io l'ho provato. Non c'era protezione nemmeno per quei nomi ».

Ecco, appunto, chi c’è nella lista italiana? Lui alza le mani da pianista: «Ho il dovere di non dirlo. C’è il segreto bancario e le indagini». Ma non era indagato perché offriva i dati sottratti alla banca? «Falso. Mai venduto nulla. Mai stato in carcere. Io ho denunciato i meccanismi oscuri con cui le banche violano gli accordi internazionali. La mia banca non mi ha ascoltato. La polizia svizzera non ha fatto nulla. Allora l'ho denunciato alla brigade anticorruption francese e 10 mesi dopo la polizia svizzera mi ha arrestato per poche ore». E i politici di cui ha parlato? «Mai detto. Tutti si fermano ai nomi. Ma è stupido. Lì ci sono pesci piccoli. Non è questo. Se io premo un tasto il denaro va in Cina o in Malesia. Quando la polizia lo cerca è già altrove. Così può esserci il riciclaggio e la speculazione che ha portato alla crisi. Gli Stati non riescono a controllare. La finanza è internazionale anche le regole devono esserlo. Si può fare. È semplicissimo». C’è chi sospetta che sia una spia. «Andato via dalla banca ho aiutato molte indagini sul denaro sporco e anche i servizi. Poi si saprà. Ma sono nato in un paradiso fiscale: a Montecarlo. Lavoro da dieci anni in una banca svizzera, come mio padre e come tantimiei amici. Come si fa a nascondere il denaro, lo impariamo da piccoli come voi il football ». Resta l’enigma del perché lo ha fatto. «Ho visto che dati molto sensibili non erano protetti. Ho visto decine di migliaia di strutture off shore. Quelle utilizzate dalla criminalità. Davanti a quei numeri si poteva capire che l’opacità era voluta. Non era più artigianale come quella che avevo visto a Monaco, ma era diventata industria. La banca privata rappresenta la cassaforte della finanza e con i sistemi di garanzie bancarie si può speculare con più soldi di quanti ne hai. Il denaro dei clienti permette di emettere garanzie bancarie a chi partecipa alle speculazioni come gli Hedge Fund. Chi ha un milione di dollari può arrivare a spenderne fino a due miliardi. È qui che servono i controlli. E la tracciabilità totale del denaro. Basta vedere cosa è stato fatto con il fondo europeo. Sono 750 miliardi di euro, ma in garanzie bancarie. Serve a pagare i debiti dei Paesi, come la Grecia. Ma i debiti dove sono? Nelle banche. È come prendere da una tasca per metterla nell’altra. La differenza c’è. Sono gli interessi. Chi li paga? Noi cittadini. E a chi? Alla banca. Questo è la base del sistema finanziario che mette in pericolo l’economia. Questo ho visto. Non potevo chiudere un occhio. E chiunque io sia, vale la pena che il mondo li apra».

Virginia Piccolill

28 maggio 2010

Perché non una banca pubblica?



C’è una notizia che sicuramente non avrete letto nei principali mass media informativi: la nuova corrente che assale gli Stati Uniti (epicentro della crisi finanziaria globale) e che, visti i risultati trova un grande sostegno popolare, propone la creazione di banche pubbliche sia a livello statale che federale.

Ciò è in parte dovuto alla grande disistima di cui gode attualmente la banca privata in quel Paese.

Secondo gli ultimi sondaggi sono le banche le istituzioni meno affidabili nella società americana. Nonostante le enormi erogazioni di fondi pubblici che le banche hanno ricevuto, è ancora difficile per le piccole e medie imprese, nonché per la maggior parte dei privati cittadini, ottenere credito bancario.

Anzichè fare uso dei fondi pubblici, come la stessa parola dice, per compiere una funzione sociale, in questo caso l’offerta di credito, le grandi banche hanno adoperato gli aiuti statali per continuare le loro solite speculazioni (causa tra l’altro della odierna crisi) e per aumentare ancora di più i premi e gli stipendi dei loro dirigenti. Ne consegue una logica e forte insoddisfazione della popolazione verso le banche.

La risposta positiva che si riscontra in quegli Stati che usufruiscono già di queste realtà bancarie, e un’altra ragione per la quale ci sono sempre un maggior numero di politici che, dietro pressione degli elettori, propongono l’ attuazione di queste banche statali pubbliche.

La più conosciuta fra tutte è la Banca Statale dello stato del North Dakota, fondata novantuno anni fa, il cui capitale d’inizio furono i ricavati delle tasse statali e che sono ancora oggi la sua principale fonte di liquidità.

Lo statuto interno della banca proibisce qualunque tipo d’investimento in attività speculative ed esige oltretutto la riconversione degli utili nel proprio territorio. E’ stata una delle banche con più profitti e meno afflitta dalla crisi finanziaria che devasta il Paese. E’ stata anche una delle poche banche a prevenire la bolla immobiliare evitando di conseguenza di praticare ipoteche spazzatura (i mutui subprime).

Così come scrive Ellen Brown nel suo libro Web of Debt, questa banca pubblica è la diretta responsabile del fatto che nel North Dakota non ci sia stato il deficit di credito che hanno avuto la maggior parte degli stati USA.

E’ questo l’esempio che altri stati stanno pensando d’imitare.

Si sono create così un’ondata di proposte governative che in stati come il Vermont, Virginia, Michigan e Washington cercano di mettere in pratica la realizzazione a tutti gli effetti di queste banche statali.

Tutto ciò in risposta al malessere generale della popolazione che non ne può più dell'odierno sistema bancario e dello spreco di fondi pubblici. Davanti a questo diversi parlamentari hanno proibito che i depositi dello Stato vengano impiegati dalle banche d’investimento (Investiments Banks) che altro non fanno che mettere a rischio il denaro pubblico coi loro investimenti speculativi.

L’altro fatto importante che non ha trovato eco nei maggiori mezzi d’informazione e persuasione spagnoli è l’inizio del sorgere di voci che negli Stati Uniti trovano una grande ricettività nell'opinione pubblica e persino in alcuni settori del Congresso Statunitense, ma non ancora carpiti dalle lobbies bancarie. Tra queste, c’è quella del premio nobel per l’economia, Joseph Stiglitz, che in un recente articolo su The Nation, dichiarava che i 700.000 milioni di dollari spesi per aiutare le banche, avrebbero dovuto essere utilizzati per avviare una banca pubblica, evitando agli USA l’enorme problema di credito che oggi ha. Secondo Joseph Stiglitz questo capitale poteva significare la creazione di una banca pubblica, dalla quale sarebbe stato possibile realizzare un'attività creditizia di 7.000 milioni di dollari (seguendo così il criterio di sicurezza di 1 a 10, ancora più conservatore di quello di 1 a 30 che è la pratica bancaria più diffusa). Questo importo rappresenta una quantità molto più grande di quella di cui ha bisogno oggi il Paese. Stiglitz conclude nel suo articolo, che l’aiuto alle banche non è stato in realtà un mezzo per facilitare il credito, ma bensì un intervento statale il cui primordiale scopo era quello di salvare banchieri ed azionisti.

Queste notizie che non si sono lette nei più grandi mezzi d’informazione e persuasione spagnoli, sono molto importanti per la Spagna, dato che la stessa domanda dovrebbe essere fatta nel nostro Paese. Perché il governo spagnolo ha investito tanti soldi per riscattare le banche, con scarsi risultati nell’erogazione di credito? La popolazione, così come la piccola e media impresa (coloro che creano più posti di lavoro nel settore privato in Spagna), hanno grandi difficoltà a ottenere credito nonostante il fatto che il governo abbia investito somme enormi in aiuti alle banche. Sarebbe stato molto più efficace e solidale se lo Stato Spagnolo (con i soldi spesi ad aiutare i banchieri e i loro azionisti) avesse creato una banca pubblica, così come so per certo, il Sig. Stiligtz suggerì alle autorità spagnole e che a quanto pare, non ebbero nessuna risposta.

E il fatto di non aver tenuto conto del suggerimento è, ancora una volta, l’esempio lampante dell'importanza di cui godono le banche in Spagna (vera forza di potere nel nostro Paese) con a capo la Banca di Spagna, il cui governatore (nominato dal governo socialista) è il massimo esponente del pensiero liberista, pensiero che ha causato l'enorme crisi in atto, e che ancora oggi domina la cultura economica del Paese. La nazionalizzazione delle banche o la creazione di banche pubbliche è uno dei nostri più grandi tabù, uno dei tanti che abbiamo nella cultura politica ed informativa nel Paese, che dovrebbe sparire per poter consentire un vero e proprio dibattito sulla situazione bancaria spagnola, che contrariamente alla saggezza convenzionale che respira il Paese, avrebbe bisogno di attuare cambi radicali nei sistemi di proprietà, nei sistemi del governo e nelle sue funzioni.

Vicenç Navarro, cattedratico di Politiche Pubbliche. Università Pompeu Fabra. Professore di Public Policy nella The Johns Hopkins University.

Lo striscio di Stato

È nota la definizione della democrazia come sistema pieno di difetti ma di cui non si è ancora trovato nulla di meglio. Da questa ragionevole assunzione discende, per la maggior parte della gente, la convinzione errata che la democrazia (il migliore o il meno peggio dei sistemi di governo) sia quello per cui la maggioranza ha sempre ragione. Nulla di più falso. La democrazia è il sistema per cui, visto che è difficile definire in termini qualitativi chi abbia più ragione degli altri, si ricorre a un sistema bassamente quantitativo, ma oggettivamente controllabile: in democrazia governa chi prende più consensi. E se qualcuno ritiene che la maggioranza abbia torto, peggio per lui: se ha accettato i principi democratici deve accettare che governi una maggioranza che si sbaglia.

Una delle funzioni delle opposizioni è quella di dimostrare alla maggioranza che si era sbagliata. E se non ce la fa? Allora abbiamo, oltre a una cattiva maggioranza, anche una cattiva opposizione. Quante volte la maggioranza può sbagliarsi? Per millenni la maggioranza degli uomini ha creduto che il sole girasse intorno alla terra (e, considerando le vaste aree poco alfabetizzate del mondo, e il fatto che sondaggi fatti nei paesi più avanzati hanno dimostrato che moltissimi occidentali ancora credono che il sole giri) ecco un bel caso in cui la maggioranza non solo si è sbagliata ma si sbaglia ancora. Le maggioranze si sono sbagliate a ritenere Beethoven inascoltabile o Picasso inguardabile, la maggioranza a Gerusalemme si è sbagliata a preferire Barabba a Gesù, la maggioranza degli americani sbaglia a credere che due uova con pancetta tutte le mattine e una bella bistecca a pasto siano garanzie di buona salute, la maggioranza si sbagliava a preferire gli orsi a Terenzio e (forse) si sbaglia ancora a preferire "La pupa e il secchione" a Sofocle. Per secoli la maggioranza della gente ha ritenuto che esistessero le streghe e che fosse giusto bruciarle, nel Seicento la maggioranza dei milanesi credeva che la peste fosse provocata dagli untori, l'enorme maggioranza degli occidentali, compreso Voltaire, riteneva legittima e naturale la schiavitù, la maggioranza degli europei credeva che fosse nobile e sacrosanto colonizzare l'Africa.



In politica Hitler non è andato al potere per un colpo di Stato ma è stato eletto dalla maggioranza, Mussolini ha instaurato la dittatura dopo l'assassinio di Matteotti ma prima godeva di una maggioranza parlamentare, anche se disprezzava quell'aula «sorda e grigia». Sarebbe ingiusto giocare di paradossi e dire dunque che la maggioranza è quella che sbaglia sempre, ma è certo che non sempre ha ragione. In politica l'appello alla volontà popolare ha soltanto valore legale ("Ho diritto a governare perché ho ricevuto più voti") ma non permette che da questo dato quantitativo si traggano conseguenze teoriche ed etiche ("Ho la maggioranza dei consensi e dunque sono il migliore").

In certe aree della Sicilia e della Campania i mafiosi e i camorristi hanno la maggioranza dei consensi ma sarebbe difficile concluderne che siano pertanto i migliori rappresentati di quelle nobilissime popolazioni. Recentemente leggevo un giornalista governativo (ma non era il solo ad usare quell'argomento) che, nell'ironizzare sul caso Santoro (bersaglio ormai felicemente bipartisan), diceva che costui aveva la curiosa persuasione che la maggioranza degli italiani si fosse piegata di buon grado a essere sodomizzata da Berlusconi. Ora non credo che Berlusconi abbia mai sodomizzato qualcuno, ma è certo che una consistente quantità di italiani consente con lui senza accorgersi che il loro beniamino sta lentamente erodendo le loro libertà. Erodere le libertà di un paese significa di solito mettere in atto un colpo di Stato e instaurare violentemente una dittatura. Se questo avviene, gli elettori se ne accorgono e, se pure non hanno la forza di colpo di Stato che è con lui cambiata. Al colpo di Stato si è sostituito lo struscio di Stato. All'idea di una trasformazione delle strutture dello Stato attraverso l'azione violenta il genio di Berlusconi è stato ed è quello di attuarle con estrema lentezza, passettino per passettino, in modo estremamente lubrificato. Pensate alla inutile violenza con cui il fascismo, per fare tacere la voce scomoda di Matteotti, ha dovuto farlo ammazzare. Cose da medioevo. Non sarebbe bastato pagargli una buona uscita megagalattica (e tra l'altro non con i soldi del governo ma con quelli dei cittadini che pagano il canone)? Mussolini era davvero uomo rozzissimo. Quando una trasformazione delle istituzioni del Paese avviene passo per passo, e cioè per dosi omeopatiche, è difficile dire che ciascuna, presa di per sé, prefiguri una dittatura - e infatti quando qualche cassandra lo fa viene sbertucciata. Il fatto è che per un nuovo populismo mediatico la stessa dittatura è un sistema antiquato che non serve a nulla. Si possono modificare le strutture dello Stato a proprio piacere e secondo il proprio interesse senza instaurare alcuna dittatura.

Si può dire che il lodo Alfano prefiguri una tirannia? Sciocchezze. E calmierare le intercettazioni attenta davvero alla libertà d'informazione? Ma suvvia, se qualcuno ha delitto lo sapranno tutti a giudizio avvenuto, e l'evitare di parlare in anticipo di delitti solo presunti rispetta se mai la privatezza di ciascuno di noi. Vi piacerebbe che andasse sui giornali la vostra conversazione con l'amante, così che lo venisse a sapere la vostra signora? No, certo. E se il prezzo da pagare è che non venga intercettata la conversazione di un potente corrotto o di un mafioso in servizio permanente effettivo, ebbene, la nostra privatezza avrà bene un prezzo. Vi pare nazifascismo ridurre i fondi per la scuola pubblica? Ma dobbiamo risparmiare tutti, e bisogna pur dare l'esempio a cominciare dalle spese collettive. E se questo consegna il paese alle scuole private? Non sarà la fine del mondo, ce ne sono delle buonissime. È stalinismo rendere inguardabili i telegiornali delle reti pubbliche? No, se mai le vecchie dittature facevano di tutto per rendere la radio affettuosissima. Ma se questo va a favore delle reti private? Beh, vi risulta che Stalin abbia mai favorito le televisioni private?

Ecco, la funzione dei colpi di Stato striscianti è che le modificazioni costituzionali non vengono quasi percepite, o sono avvertite come irrilevanti. E quando la loro somma avrà prodotto non la seconda ma la terza Repubblica, sarà troppo tardi. Non perché non si potrebbe tornare indietro, ma perché la maggioranza avrà assorbito i cambiamenti come naturali e si sarà, per così dire, mitridatizzata. Un nuovo Malaparte potrebbe scrivere un trattato superbo su questa nuova tecnica dello struscio di Stato. Anche perché di fronte a essa ogni protesta e ogni denuncia perde valore provocatorio e sembra che chi si lamenta dia corpo alle ombre.

Pessimismo globale, dunque? No, fiducia nell'azione benigna del tempo e della sua erosione continua. Una trasformazione delle istituzioni che procede a piccoli passi può non avere tempo per compiersi del tutto, a metà strada possono avvenire smandrappamenti, stanchezze, cadute di tensione, incidenti di percorso. È un poco come la barzelletta sulla differenza tra inferno tedesco e inferno italiano. In entrambi bagno nella benzina bollente al mattino, sedia elettrica a mezzogiorno, squartamento a sera. Salvo che nell'inferno italiano un giorno la benzina non arriva, un altro la centrale elettrica è in sciopero, un altro ancora il boia si è dato malato… Tagliare la testa al re o occupare il Palazzo d'Inverno è cosa che si fa in cinque minuti. Avvelenare qualcuno con piccole dosi d'arsenico nella minestra prende molto tempo, e nel frattempo chissà, vedrà chi vivrà. Per il momento, resistere, resistere, resistere.

By Umberto Eco

26 maggio 2010

Blondet su LaRouche e Tremonti - Sulla verità come compagna

Maurizio Blondet, direttore del giornale elettronico Effedieffe.com, il 15 maggio rispondeva ad un lettore preoccupato per la sua solitudine nel condurre le sue battaglie e nel prevedere il crac in corso, raccontandogli della conferenza "Il futuro dell'economia: mercatismo o New Deal?", che il 6 giugno 2007 a Roma riunì allo stesso tavolo Lyndon LaRouche e Giulio Tremonti.

Sulla verità come compagna

Gent.mo Direttore
ho quasi finito di leggere il Suo Libro
Schiavi delle Banche alle pag. 138/142 (oltre che in tutti gli altri capitoli) descrive, credo ormai con 6 annidi anticipo, tutto quello che sta avvenendo, con una precisione che, se non fossi certo che Lei non è il "Nuovo Messia", nè ha una "palla di cristallo", ha quasi del prodigioso — mi sembra chiaro che 6 anni fa deve aver molto sofferto, per le derisioni o per la solitudine nella quale si è trovato, la cosa che mi sconvolge di più è che, ieri, oggi, da quando sono Suo abbonato, cerco di spiegare, di far capire come stanno veramente le cose, credendo di trovare una «platea» con un orecchio più sensibile ai problemi attuali - invece.., chi ha vinto l’isola dei famosi... l’assegno di Veronica Lario... chi vincerà i mondiali..., etc..., etc. Come è possibile? Come e quando è successo che ci hanno trasformato in questo modo? Ho paura di terminare il Suo libro perchè non so semi darà delle risposte, o se le risposte che ci sono non le voglio ascoltare, ho moglie e 4figli... credo in Dio... mi rasserena saperLa ancora lì, magari a leggere questa mia e-mail, con la quale Le voglio solo dire che Le sono vicino in questa Sua solitudine... Che Dio La benedica e Laprotegga sempre.
Aldo di Michele

No, caro lettore, non ho poi sofferto tanto. Nella solitudine, la verità è una buona compagna. Le anticipazioni che lei ha letto in Schiavi delle Banche, dov’è sostanzialmente prevista l’attuale crisi del capitalismo terminale (e forse della nostra società come la conosciamo) non testimoniano una mia qualche superiorità intellettuale. Centinaia di persone, economisti in primo luogo, ma politici e governanti, e potenti in genere hanno sicuramente un’intelligenza migliore: il che significa che sapevano la verità, ma non l’hanno voluta vedere nè provvedere in tempo. Il loro difetto non è la mancanza di testa, ma di coraggio morale ed onestà. Il che mostra che l’intelletto è una virtù del coraggio, della "fortezza" nel senso cristiano. Come pare abbia detto a Paolo Guzzanti Eugenio Scalfari, fondatore, editore e direttore miliardario di Repubblica, "A noi la verità non interessa".

Sono tanti ad essere così. E non sanno cosa si perdono: la verità è anche una buona amante, piena di sorprese e generosa di scoperte e avventure.

Però devo ammettere che c'è stato un momento in cui il cuore s'è allargato, in cui ci s'è accorti d’essere meno soli. Per me è stato nell'estate del 2007 (forse la data non è esatta), quando amici del movimento LaRouche (alcuni li conosco da trent'anni) mi invitarono a un dibattito pubblico che il loro capo, Lyndon LaRouche, avrebbe tenuto a Roma. "Viene anche Tremonti", mi dissero.

Non ci credetti, naturalmente. LaRouche è per il potere americano, e dunque per i media, una non-persona; in USA l'hanno persino cacciato in galera per le sue idee; farsi vedere accanto a lui è già per sè compromettente, ed inoltre le sue idee economiche, affascinanti, polemiche ed intellettualmente sempre sorprendenti, non sono prive di un ramo di follia molto americana.

Invece Tremonti venne. Scese da Montecitorio (allora era un vicepresidente della camera; Fini aveva preteto di scacciarlo dal ministero economico) e in pochi passi raggiunse la saletta dell'Hotel Nazionale affinata dai larouchiani. Si sedette accanto a LaRouche che già stava parlando della crisi imminente (la bolla del subprime sarebbe esplosa un mese dopo), ascoltò e parlò. Il succo di quel che disse, lo prendo dal comunicato del MoviSol (larouchiani italiani):

"Raramente si incontra un leader politico in grado di poter spaziare con riferimenti alla storia come ha fatto LaRouche stasera", ha detto Tremonti, "ed è auspicabile che il dibattito politico in genere presenti più occasioni del genere". Tremonti si è detto convinto che, se non un crollo del sistema, sicuramente sotto all’apparente normalità si stanno verificando cambiamenti storici; anche se non si sente in grado di giudicare se il paragone fatto da LaRouche con il crollo del XIV secolo (le banche dei Bardi e dei Peruzzi) sia quello giusto, è certo che i cambiamenti in corso avranno conseguenze profonde per tutto il mondo. Tremonti ha concluso affermando che l'idea larouchiana di un collegamento mondiale di grandi infrastrulture da costruire può apparire "la visione di un matto", ma "anche sulle visioni dei matti cammina la Storia". "Sicuramente, si tratta di idee che vanno diffuse", ha concluso.

Ma più che quel che disse, mi colpì il semplice fatto che Tremonti fosse lì. Ad ascoltare, sul serio. Senza restare appeso al telefonino come fanno di solito i politici, e senza attendere il suo turno telefonando, per poi dire la sua con un discorsetto preparato in anticipo su un foglio.

Non so se cogliete quanto il fatto fosse inaudito. Nessun politico italiano, e forse nemmeno straniero, va mai ad un convegno di gente senza potere e notoriamente senza soldi, da cui non può aspettarsi un compenso , se non mazzette e do-ut-des, almeno in voti elettorali.

Nessuna di queste cose hanno mai potuto dare i larouchiani. Eppure Tremonti era venuto ad ascoltare. Gli piaceva ascoltare questa storia dei Bardi e dei Peruzzi, e degli altri banchieri veneziani che provocarono la crisi del quattordicesimo secolo perché (come i Goldman e Soros d’oggi) estraevano "un tasso del 40%" col loro business finanziario di prestatori ai sovrani ed arbitratori dei corsi dell’oro e dell’argento, e finirono così per strangolare un’economia reale che, essendo pre-industriale, produceva il 3-4% annuo (tutto ciò lo trovate nel mio Schiavi delle Banche).

E gli piaceva sentire ancora una volta quell'idea del matto, di contrastare la crisi e la recessione globale imminente lanciando un grande piano internazionale per costruire ferrovie ad altissima velocità, a levitazione magnetica, dall'Europa all'Asia; qualche dozzina di Transiberiane a 500 chilometri l'ora. Idea folle, forse perfino sbagliata: ma seducente, e chi ha come amante la verità è sempre sedotto dalle idee grandi, nuove, arrischiate, politicamente scorrette. Perchè sa che la verità viene fuori non da "uno che la dice" come vangelo celeste, ma dallo stesso scambio intellettuale fra gente che non è sempre d’accordo su tutto, dalla polemica cordiale di chi sa — però — che l'altro sta cercando di dire la verità.

Così ho visto Tremonti quel giorno, e dunque mi perdonino gli anti-berlusconiani se ho un debole per lui. La fermezza che ha dimostrato in questi mesi, e che gli è riconosciuta anche dall'opposzione, era già in quel suo anticonformismo, coraggio di esporsi a fianco di un ex-galeotto americano troppo intelligente per non essere matto, e nel piacere così disinteressato a sentire vecchie storie economiche — perchè l'economia è essenzialmente storia, e non l’insieme di algoritmi truffatori e di idolatrie teoriche che passano oggi con questo nome per Giavazzi e Alesina.

Non escludo che come governante, possa anche sbagliare, non è Dio; so che sa ascoltare senz’altro fine che imparare qualcosa, che conosce la verità come piccante amante. Credetemi, non è poco. Ci si sente meno soli.

Tremonti, in questi giorni, è stato l'unico a dire pubblicamente che sotto l'attacco finanziario in corso l'economia non solo d'Europa, ma del mondo, è stata sul punto di rischiare "quel che gli inglesi chiamano il meltdown", parola che significa il tragico, inarrestabile fondersi su se stesso del nucleo di una centrale atomica in avaria, e di aggiungere che in quel caso i soldi nei nostri portafogli non sarebbero valsi più nulla, e ciò avrebbe provocato "gravi sofferenze alla gente".

I politici che sapevano cosa stava per succedere non l'hanno detto: fa perdere voti. E nemmeno ho mai sentito negli economisti cattedratici una preoccupazione per le sofferenze della gente. Anzi, ho sentito Alesina e Giavazzi rallegrarsi pubblicamente della "lezione" che "i mercati" stavano dando ai governi e alle società sottostanti. Godevano del tirare di cinghia, dei tagli salariali, delle fatiche senza prospettive di miglioramento che ci attendono — e non attendono mai i banchieri colpevoli.

Secondo me, è ai Giavazzi e agli Alesina che bisogna togliere la parola. Sono loro che devono diventare non-persone. E magari da mettere in galera, mica LaRouche.

E veniamo alla seconda parte della sua lettera, quella triste:

"Da quando sono Suo abbonato, cerco di spiegare, di far capire come stanno veramente le cose, credendo di trovare una 'platea' con un orecchio più sensibile ai problemi attuali — invece.., chi ha vinto l'isola dei famosi... l'assegno di Veronica Lario... chi vincerà i mondiali..., etc..., etc. Come è possibile? come e quando è successo che ci hanno trasformato in questo modo".

Sì, sono queste cose il vero problema. Non a caso (leggo un’agenzia) "I salari italiani sono tra i più bassi dell’area OCSE, del 16,5% sotto la media. In particolare, segnala il rapporto 'Taxing wages' dell'organizzazione parigina, lo stipendio annuale nello, a parità di potere d'acquisto, del lavoratore medio in Italia nel 2009, è risultato pari a 22.027 dollari, contro i 26.385 dollari della media OCSE e i 28.454 dollari della UE a 15. Nella classifica generale l'Italia si colloca al ventritreesimo posto preceduta non solo da colossi come Stati Uniti (30.977 dollari), Francia (25.977 dollari) e Gran Bretagna (38.054 dollari), ma anche da Paesi come Spagna (25.339 dollari), Grecia (25.583 dollari) e Irlanda (31.897 dollari). Al primo posto brilla la Corea del Sud con 40.190 dollari...".

Il primo impulso, a queste masse cretine che nei giorni del rischio meltdown si occupano dell'Isola dei Famosi e dei mondiali, sarebbe di dire: ve lo meritate. Ben vi sta. Già guadagnate meno dei greci e degli spagnoli, perché siete più ignoranti; avete mancato di studiare a scuola - in scuole che sono già le peggiori d'Europa - e vi pare di aver già imparato troppo, sicché pensate di non aver bisogno di imparare qualcosa di nuovo. Non avete formazione, né la minima idea della necessità della formazione permanente; la maggior parte di voi (il 70%) non ha più preso un libro in mano dopo il diploma o la laurea (perché siete perfino laureati).

Già oggi il vostro salario è fra i più miseri del mondo sviluppato. Il coreano del Sud prende 40mila all’anno e voi quasi la metà: ma avete idea di come studiano i coreani del Sud? Io li ho visti, gli studenti, dormire per qualche minuto sulle panche delle biblioteche universitarie, stroncati dalla fatica mentre preparavano l'esame, o due o tre esami a raffica. Li ho visti come lavorano nelle fabbriche, senza risparmio; ho visto la loro fermezza, la loro disciplina e il senso della nazione come una famiglia - e la loro curiosità del mondo, la loro voglia di imparare dallo straniero.

Voi avete la testa chiusa, piccina e provinciale, siete attaccati alle quattro idee impartitevi dal conformismo corrente; vi basta l’edonismo straccione e immaginario che leggete su Chi e vedete nella TV dei lustrini. Non avete alcuna curiosità ulteriore. Insomma, non siete più parte della civiltà, e dunque è profondamente giusto che siate avviati a ricevere la paga dei meno civilizzati. Siete avviati ad avere il salario del lavoratore cinese, e a vestirvi di stracci (già lo state facendo) come i miserabili asiatici di ieri, e a coprirvi di tatuaggi come i bantù hanno smesso di fare.

Voi convinti che basti il sesso televisivo a rendere piacevole la vita, e che si possa reggersi nel mondo con "la cucina italiana", con "i settori del lusso e del gusto". Ma quale "lusso" ma quale "gusto": fra poco vi farete infilare un osso al naso, come gli aborigeni australiani.

Negli anni '50, la TV italiana osava dare tragedie di Eschilo, Shakespeare, "I Promessi Sposi", "Delitto e Castigo" e l'Orlando Furioso sceneggiato. E guardate oggi cosa vi dà. La vostra decadenza salta agli occhi, come la vostra stupidità. E non è - credete - una mancanza di acutezza intellettuale. Quel che manca è la fibra morale: il senso di responsabilità verso la comunità, il senso di dignità verso voi stessi, la ferma convinzione che vivere richieda qualche sforzo costante, qualche desiderio di miglioramento.

Siete in vacanza dalla storia, italiani. Dunque campate coi 900 euro mensili, e domani con 500. Che cosa pretendete di più?

Ma poi mi pento. Fra questi italiani da 22 mila dollari annui, che prendono meno di greci (25.600) e irlandesi (32 mila) ce ne saranno chissà quanti che si sforzano, che imparano, che tirano la carretta per non far andare a fondo la piccola azienda nella tempesta mondiale; che vogliono mantenersi nella storia del mondo con la dignità di un popolo che ha avuto nel suo passato Roma e il Rinascimento. E altri che si occupano dei mondiali e dell’Isola dei Famosi perchè, in fondo, che cos’altro viene richiesto? Il lavoro non viene compensato, tanto vale puntare a fare le veline, sognare i "famosi" da quattro soldi mentre si affonda nella storica miseria di sottosviluppati.

È che, magari, avrebbero il diritto di guadagnare almeno come gli spagnoli (25.400). Viene il sospetto: che siano, che siamo, derubati di qualcosa. Da chi? Su Libero, Franco Bechis c'informa che ciascun ministro dell'attuale governo è proprietario - in media - di sei immobili. Adolfo Urso, viceministro al Commercio Estero, s'è comprato una casa vicino alla Corte di Cassazione (centralissima) di 9,5 vani. Per la quale sta pagando un mutuo trentennale di 1,6 milioni di euro, al tasso del 5,5%. Ora, un ministro prende circa 150 mila euro l'anno. Come fa Urso a pagare i ratei del mutuo? Ad occhio e croce, sono 7 mila al mese: una bella botta. E come fa TJrso ad essere sicuro di poter reggere un mutuo da settemila euro mensili per i prossimi trent’anni? Potrebbe perdere le prossime elezioni. Ha una cintura di salvataggio, una garanzia di perennità di emolumento? Chi gliela fornisce?

Mara Carfagna, anche lei ministra dalle ben note capacità, ha comprato casa: a Piazza Navona, non so se mi spiego. Quinto piano, vista grandiosa, 7,5 vani. Come? Dice lei: con un mutuo da 930 mila euro. Scusate, a piazza Navona, con 900 mila euro, non si prende nemmeno uno sgabuzzino. È lecito il sospetto che, come a Scaiola, qualcuno abbia regalato il resto senza che l'interessato lo sapesse?

La lista Anemone (il costruttore ammanicato) la dice lunga in questo senso. In un modo o nell'altro, sono soldi rubati. A chi, domandate?

Mentre aziende sane falliscono perché lo Stato ritarda i pagamenti delle fatture e dei rimborsi IVA di mesi ed anni, quelli si comprano appartamenti: a loro, niente ritardi di pagamento. Con mutui di banche, che rifiutano i fidi a chi sgobba.

Come si diceva: i morsi della "competizione globale", loro, non li sentono. Fallo sta che, se qualcuno deve cominciare a tirare la cinghia, magari si potrebbe cominciare da quelli. E dalle loro clientele.

Ultima parte della sua lettera:

"Ho paura di terminare il Suo libro perché non so se mi darà delle risposte: ho moglie e 4 figli.., credo in Dio... mi rasserena saperLa ancora lì, magari a leggere questa mia e-mail".

Ebbene, una cosa m'ha messo di miglior umore. Come saprà, Papa Ratzinger è andato a Fatima. E di fatto ha confermato quello che i caporioni ecclesiastici hanno ostinatamente negato: che la terza profezia della Vergine esiste, che non è stata ancora divulgata, che la profezia "si è realizzata nel passato" con il colpo di Ali Agca al Papa, ma che riguarda il futuro e, precisamente, le "sofferenze del Papa e della Chiesa che si annunciano", inflitte dal "peccato che esiste nella Chiesa".

Forse dobbiamo aspettarci un altro Papa suppliziato e ucciso nella "città mezza in rovina" e piena di corpi vista dai pastorelli. Ma è una buona notizia, sapere la verità anche se terrificante, perché (come ha scritto Socci) "non bisogna mai aver paura della verità, perché non si serve Dio con la menzogna". Siano pur tempi terribili quelli che ci attendono, è una buona notizia sapere che la Vergine non ce li ha taciuti, che ci ha avvertito. Inoltre, a Fatima, Benedetto XVI ha consacrato al cuore di Maria se stesso, i giovani preti che ha ordinato, e la gente: quella presente e quella nel mondo, tutti noi. Tuffi noi che sappiamo che l'aldiquà non è tutto siamo, dunque, ben protetti.

Combattiamo per essere degni della verità che disse la Signora "... e infine il mio cuore immacolato trionferà".

by Movisol

Ma i partiti sono sempre più ricchi



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Se per dare un giudizio dell’affidabilità dell’Italia i mercati utilizzassero la dinamica del finanziamento pubblico ai partiti anziché quella degli stipendi del pubblico impiego, allora non avremmo davvero speranza. La speculazione ci avrebbe già fatti a pezzi prima della Spagna, del Portogallo, della Grecia e dell’Irlanda, ovvero i Paesi che ci precedono nella graduatoria della crescita delle retribuzioni pubbliche.
Mentre fra il 1999 e il 2008 queste aumentavano in Italia, secondo l’Ocse, del 42,5%, gli incassi dei nostri partiti si moltiplicavano addirittura per undici: + 1.110%. Grazie a due colpi da maestro. Il primo nel 1999, quando i «rimborsi elettorali», la formula ipocrita con la quale si chiama adesso il vituperato finanziamento pubblico abrogato per finta dal referendum del 1993, furono portati in un sol colpo da 800 a 4 mila lire. II secondo nel 2002, quando si passò da 4 mila lire a 5 euro a legislatura (1 euro l’anno) per ogni italiano iscritto alle liste elettorali di Montecitorio: 5 euro per la Camera, 5 per il Senato, 5 per le europee e 5 per le regionali. Totale, 20 euro a cranio per ogni quinquennio, indipendentemente da quanti davvero vanno a votare. E siccome gli iscritti alle liste elettorali di Montecitorio sono 50 milioni tondi, la bolletta che gli italiani pagano ai partiti ha raggiunto la cifra stratosferica di un miliardo di euro per cinque anni: 200 milioni l’anno. Con l’aggiunta di un simpatico bonus, introdotto, anch’esso alla chetichella, nel 2006. Nel caso di fine anticipata della legislatura, infatti, i contributi elettorali continuano a correre.
Per il triennio che si conclude nel 2011, quindi, razione doppia per Camera e Senato. E invece di 200 milioni, eccone 300. Almeno sulla carta, perché c’è stato un taglio di cassa del 10%. Che ha provocato (l’avreste detto?) anche qualche vergognoso mugugno.
Per capire quanta ipocrisia abbiano messo nell’aver chiamato «rimborsi» questo fiume di denaro, basta leggere che cosa ha ripetutamente scritto la Corte dei conti nei suoi referti sulle spese elettorali, sottolineando come non esista alcuna relazione fra le somme spese per le campagne elettorali e quello che lo Stato dà ai partiti. Ma ben più eloquenti sono i numeri. Nel 1996 un partito come Forza Italia aveva speso per la campagna elettorale, considerando anche la Casa delle Libertà, 4 milioni 90.563 euro. Dieci anni più tardi, la spesa era arrivata a 62 milioni 490.854 euro: +1.427%. E i «rimborsi»? Da 14 milioni 707.526 a 128 milioni 42.335 euro: +770%. Se nel 1996 il partito di Silvio Berlusconi si era messo in tasca, puliti, lo milioni 616.963 euro, cioè la differenza fra la le spese e i «rimborsi», dieci anni dopo l’«utile» era salito a qualcosa come 65 milioni 551.481 euro. Due anni più tardi, nel 2008, con spese elettorali cresciute ancora del 10%, i rimborsi spettanti al Popolo della Libertà sono schizzati a 206 milioni 518.945 euro. Con un «utile» astronomico: 138 milioni 43.803 euro. Non che le cose siano andate peggio alla sinistra, nonostante l’ultima batosta elettorale. Secondo i dati pubblicati nel referto della Corte dei conti sulle politiche 2008, il Partito democratico di Walter Veltroni aveva investito in tutta la campagna elettorale 18 milioni 418.043 euro, meno di un terzo del Popolo della Libertà.
Acquisendo però il diritto a incassare una somma dieci volte superiore a quella investita: 180 milioni 231.506 euro. Cifra che ha perciò garantito a sua volta al Pd un «utile» ancora maggiore di quello del partito di Berlusconi:161 milioni 813.463 euro.
A conti fatti, le elezioni politiche del 2008 riverseranno nelle casse dei partiti introiti «puliti» per 367 milioni di euro. Ovvero la differenza fra 136 milioni di spese e 503 milioni di «rimborsi» per Camera e Senato, spalmati su cinque anni. Per ogni euro sborsato, dunque, ne sono tornati indietro quattro. Gli effetti di questo andazzo sono fin troppo facilmente intuibili. A cominciare dagli apparati di alcuni partiti, i quali hanno potuto evitare la pesante dieta dimagrante che si era profilata dopo il 1993. Per proseguire con l’abnorme incremento delle spese elettorali, che hanno raggiunto livelli senza precedenti. E finire con il risanamento di alcune difficili situazioni finanziarie. Se la pesante esposizione (si parla di 500 milioni di euro) di cui i Democratici di sinistra si erano fatti carico accollandosi i debiti dell’Unità si è ridotta a meno di un terzo, il merito è anche di quei generosissimi contributi. Che consentono oggi anche al Partito democratico, unica formazione politica ad avere un bilancio certificato, di chiudere i conti con un attivo di una quindicina di milioni. Per non parlare di altri «tesoretti» sulla cui destinazione si è discusso a lungo, ma senza costrutto: per esempio i «rimborsi» elettorali a cui hanno avuto diritto ancora sia i Ds sia la Margherita dopo la nascita del Pd.
Certo, ci sono anche situazioni dove i soldi non bastano mai. Forza Italia, per esempio, era arrivata nel 2006 a essere esposta per 157 milioni di euro con le banche. Garantiti da una fidejussione personale del Cavaliere. Per avere un’idea di quanto pure la dimensione economica di quel partito fosse personale, si consideri che nei conti c’era anche un debito di 14 milioni e mezzo con la Dolcedrago, società del premier che controlla la Immobilare Idra, cassaforte nella quale sonocustodite le ville di Arcore e Macherio, le proprietà sarde, la casa romana nella zona dell’Appia Antica dove abita Franco Zeffirelli, e altre ancora.
Possiamo immaginare la sofferenza dei tesorieri se davvero la minaccia di Giulio Tremonti, di tagliare i «rimborsi» da 5 euro a 2 euro e 50 per ogni legislatura e per ogni tornata elettorale, dovesse andare in porto. Si consolino comunque: pure dimezzati, i finanziamenti pubblici sarebbero pur sempre ancora più alti di quelli che toccano ai partiti di altri Paesi europei. Come Francia e Spagna...
di Sergio Rizzo

25 maggio 2010

La crisi economica mondiale, la Grande Depressione del XXI’ secolo.

In tutte le grandi regioni del mondo, la recessione economica è profonda e provoca la disoccupazione di massa,il fallimento dei programmi sociali degli stati e l’impoverimento di milioni di persone. La crisi economica si accompagna ad un processo mondiale di militarizzazione, ad “una guerra senza frontiere” condotta dagli Stati Uniti d’America e dai suoi alleati della NATO.

La condizione della “guerra lunga” del Pentagono è intimamente legata alla ristrutturazione dell’economia mondiale.

Non si tratta di una crisi economica o di una recessione ben definita.

L’architettura finanziaria mondiale mantiene degli obiettivi strategici e di sicurezza nazionale , mentre il programma militare USA-NATO serve ad avallare una potente élite di aziende, che nasconde e mina inesorabilmente le funzioni del governo civile.

Questo libro porta il lettore nei corridoi della Federal Riserve e del Council on Foreign Relation, dietro le porte chiuse della Banca dei regolamenti internazionali(BRI) e nel cuore delle sale delle riunioni corporative e facoltose di Wall Street, dove si effettuano correntemente le transazioni finanziarie di una certa portata con un solo clic che parte dai terminali informatici in linea con i grandi mercati borsistici.

Ogni autore alza il velo da una complessa tela di menzogne e di deformazioni mediatiche che servono a coprire gli ingranaggi del sistema economico mondiale i cui effetti devastanti si ribaltano sulla vita della gente. La nostra analisi si concentra sul ruolo dei potenti attori economici e politici in questo ambiente caratterizzato dalla corruzione, dalla manipolazione finanziaria e dalla frode.

Malgrado la diversità dei punti di vista e delle prospettive esposte in questo volume, gli autori arrivano all’unanime conclusione che l’umanità si trovi ora al bivio della più grave crisi economico-finanziaria della storia moderna.

Il tracollo dei mercati finanziari tra il 2008 e il 2009 è nato da una frode istituzionalizzata e dalla manipolazione finanziaria.

I “salvataggi delle banche, che ”sono stati messi in opera sotto l’egida di Wall Street, hanno condotto al più grande trasferimento di ricchezza monetaria della storia mai visto, creando nello stesso tempo un debito pubblico insormontabile.

Con il deterioramento planetario dei livelli di vita e la caduta delle spese di consumo, l’intera struttura del commercio internazionale delle derrate è potenzialmente compromessa.

Il sistema di pagamento delle transazioni monetarie è scombussolato.

Una volta crollato il mercato del lavoro , il pagamento dei salari è diventato più difficile e si è avviata di conseguenza una diminuzione delle spese legate ai beni e ai servizi essenziali.

Questo grave tracollo del potere d’acquisto si è poi ripercosso sul sistema della produzione dando come risultante una serie di azioni come i fallimenti e la chiusura delle fabbriche .

Esacerbata dal congelamento del credito, la diminuzione della domanda di beni di consumo ha contribuito a smobilitare le risorse umane e materiali.

Questo processo di declino economico cumulativo ha interessato ogni categoria della manodopera. I pagamenti dei salari non vengono più effettuati , il credito viene sviato e le spese d’investimento sono ad un punto morto. Nel frattempo, nei paesi occidentali la”rete di sicurezza sociale” ereditato dallo stato sociale che protegge i disoccupati durante il rallentamento economico, viene ugualmente messo in pericolo.

Il mito della ripresa economica.

Per quanto si riconosca spesso l’esistenza di una”Grande Depressione” simile a quella del 1930, questo aspetto viene mimetizzato da un consenso inflessibile:”L’economia è sulla via della ripresa”.

Mentre si parla della ripresa economica, i commentatori di Wall Street hanno intenzionalmente trascurato con tenacia il fatto che il fallimento finanziario non è solo determinato dalla bolla, quella del mercato dell’abitazione e dell’immobiliare,che era già scoppiata. In realtà la crisi è determinata da più bolle che sembrano diminuire l’importanza dello scoppio della bolla del 2008.

Per quanto non vi sia alcun disaccordo fondamentale tra gli analisti della corrente dominante che sostiene la presenza della ripresa economica , esiste un animato dibattito ad esempio sul come questa ripresa si manifesterà: se sarà all’inizio del prossimo trimestre o nel terzo trimestre dell’anno prossimo ecc.

Già ad inizio 2010 , la “ripresa” dell’economia statunitense era stata prevista e confermata da un flusso di disinformazione mediatica accuratamente formulato.

Durante quel periodo il pantano sociale di accresciuta disoccupazione, questo evento è stato accuratamente dissimulato negli Stati Uniti e gli economisti vedevano il fallimento come un fenomeno di micro economia.

Per quanto rivelassero delle realtà a livello locale riguardanti una o più fabbriche, i servizi relativi i fallimenti non davano una veduta d’insieme su ciò che stava succedendo a livello nazionale ed internazionale. Quando per tutto il paese si sono sommate queste chiusure simultanee di fabbriche nelle piccole e nelle grandi città, è emerso un quadro molto diverso poiché interi settori dell’economia nazionale avevano cessato la loro attività.

Si continua ad indurre in errore l’opinione pubblica per quel che riguarda le cause e le conseguenze della crisi economica , senza contare le soluzioni politiche.

La gente è portata a pensare che l’economia possieda una propria logica che dipenda dalla libera influenza reciproca delle forze del mercato e che in nessuna circostanza alcuni potenti attori finanziari tirino ancora le fila in seno alle riunioni lobbistiche per influenzare il corso degli eventi economici.

L’appropriazione accanita e fraudolenta della ricchezza è mantenuta come parte integrante del “sogno americano” come mezzo per propagare benefici per la crescita economica.

Così come è stato espresso da Michel Hudson , il seguente mito recita: ”senza ricchezza al vertice non ci sarebbero ricadute”. Una logica così inadempiente del ciclo economico nasconde una comprensione delle origini strutturali e storiche della crisi economica mondiale.

Frode finanziaria.


La disinformazione mediatica serve largamente gli interessi di una manciata di banche mondiali e di speculatori istituzionali che utilizzano il dominio sui mercati finanziari e su quello delle derrate per ammassare quantità impressionanti di ricchezza monetaria.

I settori dello stato sono controllati dall’ordine lobbistico stabilito degli speculatori. Nel frattempo i “ salvataggi bancari” presentati alla gente come necessari per la ripresa economica, hanno facilitato e legittimato un processo addizionale di appropriazione della ricchezza.


Una quantità importante di ricchezza monetaria viene acquisita dalla manipolazione finanziaria. L’apparato finanziario ha sviluppato sofisticati strumenti di manipolazione e di imbrogli puri e semplici, ai quali ci si riferisce con la definizione di”deregulation”.

Grazie ad informazioni privilegiate e ad una conoscenza preventiva , i grandi attori finanziari, che utilizzano gli strumenti delle transazioni speculative, hanno la capacità di falsificare e di truccare i movimenti dei mercati a loro vantaggio, di accelerare il fallimento di un competitore e di provocare danni alle economie dei paesi in via di sviluppo. Questi strumenti sono diventati elementi fondamentali dell’architettura finanziaria e sono intergrati nel sistema.

L’insuccesso della scienza economica dominante.

La professione dell’economista, in particolare in ambito universitario, affronta raramente il “mondo reale” che si correla al funzionamento del mercato. I concetti teorici, centrati su modelli matematici, servono a rappresentare un mondo astratto e fittizio in seno al quale gli individui sono tutti uguali. Non esiste distinzione teorica tra lavoratori, consumatori o imprese alle quali ci si riferisce senza distinzione come a dei “negoziatori individuali”.

Quindi, nessun individuo ha il potere o la capacità d’influenzare da solo il mercato e non ci possono essere dei conflitti tra lavoratori e capitalisti nel mondo astratto.

Omettendo di esaminare le azioni reciproche dei potenti attori economici nell’economia”reale”, si ignorano le tecniche della falsificazione dei mercati , della manipolazione finanziaria e della frode.

La concentrazione e la centralizzazione delle prese di decisione economiche, il ruolo delle élite finanziarie, i circoli di riflessione, le sale di consiglio: nessuna di queste richieste è stata esaminata nei programmi economici universitari. Il concetto teorico è disfunzionale: non può essere utilizzato per assicurare una comprensione della crisi economica.

La scienza economica è un concetto ideologico che serve a mimetizzare e a giustificare il nuovo ordine mondiale. Una parte dei postulati dogmatici contribuisce alla salvaguardia del capitalismo del libero mercato negando l’esistenza delle ineguaglianze sociali e la natura del sistema che si basa sul profitto. Il ruolo dei potenti attori economici e il modo che questi hanno di influenzare i meccanismi del mercato finanziario e delle merci non è oggetto di preoccupazione da parte dei teorici di questa disciplina. I poteri di manipolazione che servono all’appropriazione di importanti quantità di ricchezze monetarie sono raramente prese in considerazione. E quando sono riconosciute si considera che esse appartengono al dominio della sociologia o delle scienze politiche.

Questo significa che il quadro politico e istituzionale del sistema economico mondiale, modellato nel corso degli ultimi trent’anni, viene raramente analizzato dagli economisti della cultura dominante. Così accade che l’economia, in quanto disciplina, a parte qualche eccezione, non ha fornito l’analisi necessaria per la comprensione della crisi economica. In realtà, i suoi principali postulati del libero mercato negano l’esistenza di una crisi.

L’economia neoclassica è centrata sull’equilibrio, lo squilibrio e la”correzione del mercato” o “l’aggiustamento “ attraverso il meccanismo del mercato stesso, con lo scopo di rimettere l’economia ”sulla via della crescita autonoma” .

La povertà e le disuguaglianze sociali.

L’economia politica mondiale è un sistema che arricchisce una manciata di persone a scapito della stragrande maggioranza. La crisi economica ha contribuito all’aumento delle ineguaglianze sociali, anche all’interno dei paesi stessi. Nel capitalismo mondiale, la povertà non risulta dall’esiguità o dalla mancanza di risorse umane e materiali. E’ piuttosto vero il contrario: la depressione economica è caratterizzata da un processo di disimpegno delle risorse umane e del capitale fisico. La vita delle persone viene distrutta e la crisi economica è profonda.

Le strutture delle disuguaglianze sociali sono state consapevolmente rinforzate è ci hanno portato non solo ad un processo generalizzato di impoverimento, ma anche all’annientamento di gruppi di reddito medio e medio superiore .

Il consumatore della classe media, sul quale è basato li modello di sviluppo capitalistico incontrollabile, è anch’esso minacciato. I fallimenti hanno colpito parecchi tra i settori più vivi dell’economia consumista. Le classi medie occidentali dal canto loro, sono state assoggettate all’erosione della loro ricchezza materiale per parecchi decenni. Mentre la classe media esiste solo in teoria perchè si tratta di una classe costruita e preservata dall’indebitamento delle famiglie.

Al posto della classe media, i ricchi sono diventati rapidamente la classe consumista, e questo ha portato all’incessante crescita dell’economia dei prodotti di lusso.

In più, in seguito all’inaridimento dei mercati nei prodotti manifatturieri per la classe media, la struttura e la crescita economica hanno subito una svolta epocale decisiva.

Con il crollo dell’economia civile, lo sviluppo dell’economia di guerra degli Stati Uniti, sostenuta da un bilancio della Difesa mostruoso che si avvicina a bilioni di dollari, ha raggiunto nuovi picchi. Nel momento in cui i mercati sprofondano e la recessione si espande, gli appaltatori militari, le industrie di armi perfezionate, gli imprenditori per la sicurezza nazionale e le promettenti compagnie di mercenari, hanno conosciuto uno sviluppo fiorente delle loro differenti attività.

La guerra e la crisi economica.

La guerra è inestricabilmente legata all’impoverimento delle persone, nel paese in cui si effettua e in tutto il mondo. La militarizzazione e la crisi economica sono dunque intimamente legate.

Il rifornimento di prodotti e di servizi essenziali necessari al fabbisogno umano è stato sostituito da un”ordigno omicida” il cui scopo è solo il denaro che favorisce la”guerra mondiale al terrorismo”.

I poveri sono fatti/utilizzati per combattere i poveri.

Tuttavia, la guerra arricchisce la classe superiore che controlla l’industria, l’esercito, il petrolio e le banche.

In un’economia di guerra, la morte và bene per gli affari, la povertà và bene per la società e il potere và bene per la politica.

I paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, spendono centinaia di miliardi di dollari all’anno per assassinare creature innocenti in paesi poveri e lontani mentre i loro cittadini soffrono le disparità derivate dalla povertà ,dal fatto di appartenere ad una certa classe disagiata, di far parte di un certo genere di persone e infine dalle divisioni razziali.

Una”guerra economica” assoluta viene condotta dal libero mercato e causa la disoccupazione, la povertà e le malattie. La vita delle persone è in caduta libera ed il loro potere d’acquisto non esiste più. Negli ultimi vent’anni di “ libero mercato” mondiale la vita di milioni di persone è stata stravolta in maniera decisiva, generando la povertà e lo scollamento sociale.

Piuttosto di affrontare la catastrofe sociale imminente, i governi occidentali che sono al servizio degli interessi delle élite economiche, hanno edificato uno stato di polizia stile ”Grande Fratello” il cui solo scopo è il confronto e la repressione di ogni forma di opposizione e di dissenso sociale.

La crisi economica e sociale è lungi dall’aver raggiunto il suo parossismo e interi paesi sono in pericolo, tra questi la Grecia e l’Islanda. Non resta che osservare la crescita dei conflitti nel Medio Oriente e in Asia centrale e le minacce degli Stati Uniti e della NATO verso la Cina , la Russia e l’Iran per affermare che la guerra e l’economia sono strettamente legate.

L’analisi di quest’opera.

I collaboratori di questo libro rivelano la complessità del sistema bancario mondiale e della sua relazione insidiosa con il complesso apparato militare-industriale e i conglomerati industriali petroliferi.

Quest’opera rappresenta un approccio interdisciplinare e polivalente, e trasmette una comprensione di dimensioni storiche e istituzionali. Sottolinea anche le relazioni tra la crisi economica e la guerra, l’impero e la povertà mondiale.

Questa crisi ha veramente una portata planetaria e le sue ripercussioni si stanno propagando in tutti i paesi e in tutte le società

Nella prima parte del libro viene esposto l’insieme delle cause della crisi economica con gli insuccessi delle scienze economiche della cultura dominante. Michel Chossudovsky focalizza l’attenzione sulla storia della deregulation finanziaria e sulla speculazione.

Tanya Cariina Hsu analizza il ruolo dell’impero americano e la sua relazione con la crisi economica. John Bellamy Foster e Fred Magdoff offrono una disamina dell’economia politica della crisi spiegando il ruolo chiave della politica monetaria. James Petras e Claudia von Werlhof presentano una dettagliata critica sul neoliberismo mettendo l’accento sulle ripercussioni economiche, politiche e sociali delle riforme nel “libero mercato”.

Infine Shamus Cooke prende in esame il ruolo centrale dell’indebitamento, sia esso pubblico o privato.

Nella seconda parte, che comprende i capitoli di Michel Chossudovsky e di Peter Phillis , analizza l’ondata crescente di povertà e di disuguaglianza sociale risultante dalla Grande Depressione.

Grazie ai contributi di Michel Chossudovsky, Peter Dale Scott, Michael Hudson, Bill Van Auken,Tom Burghardt e Andrei Gavin Marshall, la terza parte osserva la correlazione tra la crisi economica, la sicurezza nazionale, la guerra condotta dagli Stati Uniti e la NATO e il governo mondiale.

In questo contesto, come viene espresso da Peter Dale Scott, la crisi economica crea le condizioni che favoriscono l’instaurazione della legge marziale.

La quarta parte è imperniata sul sistema monetario internazionale, sulla sua evoluzione e sulla trasformazione del suo ruolo. Andrei Gavin Marshall prende in considerazione la storia delle banche centrali così come le differenti iniziative che mirano a creare dei sistemi monetari regionali e internazionali. Ellen Brown si concentra sulla creazione di una banca centrale mondiale e di una divisa internazionale attraverso la BRI.

Infine Richard C.Cook studia il sistema monetario basato sul debito come sistema di controllo e offre una struttura per la democratizzazione del sistema monetario.

La quinta parte è centrata sui meccanismi del sistema bancario parallelo che ha scaturito il fallimento dei mercati finanziari nel 2008.

I capitoli di Mike Whitney e di Ellen Brown descrivono nel dettaglio come il sistema Ponzi di Wall Street è stato utilizzato per manipolare il mercato e trasferire miliardi di dollari nelle tasche dei banksters.

Siamo in debito con gli autori per la loro ricerca attentamente documentata, la loro analisi incisiva e soprattutto , per il costante impegno nella ricerca della verità.

Essi ci hanno consegnato con straordinaria chiarezza la comprensione di sistemi economici , sociali e politici che condizionano la vita di milioni di persone in tutto il mondo.

Grazie a: Tom Burghardt, Ellen Brown, Richard C. Cook, Shamus Cooke, John Bellamy Foster, Michael Hudson, Tanya Cariina Hsu, Fred Magdoff, James Petras, Peter Phillips, Peter Dale Scott, Mike Whitney, Bill Van Auken et Claudia von Werlhof, ont livré, et ce avec une extraordinaire clareté, une compréhension des processus économiques, sociaux et politiques complexes qui affectent la vie de millions de personnes dans le monde. Cook, Shamus Cooke, John Bellamy Foster, Michael Hudson, Tanya Hsu cariin Fred Magdoff, James Petras, Peter Phillips, Peter Dale Scott, Mike Whitney, Bill Van Auken e Claudia von Werlhof.

Michel Chossudovsky et Andrew Gavin Marshall, Montréal et Vancouver, mai 2010 Michel Chossudovsky Gavin e Andrew Marshall, Montreal e Vancouver, maggio 2010

24 maggio 2010

A proposito della questione sull’autenticità dei «Protocolli» dei Savi Anziani di Sion



Da quando hanno fatto la loro comparsa nella storia d’Europa (la prima traduzione italiana apparve nel 1921 a cura di Giovanni Preziosi), i «Protocolli dei Savi Anziani di Sion» non hanno cessato di polarizzare l’attenzione degli storici, dei politologi e dell’opinione pubblica intorno alla controversia sulla loro autenticità.
Il libro, apparso nella Russia di Nicola II all’interno di un’opera più vasta del mistico russo Sergej Nilus, è scritto in prima persona da un “grande vecchio” che rivolge le sue parole a un’assemblea di anziani ebrei, esponendo le linee guida di un piano strategico dalla straordinaria vastità di concezione e mirante, addirittura, alla conquista e alla sottomissione del mondo da parte degli Ebrei, il “popolo eletto”.
Infiltrandosi come una prodigiosa, efficientissima e segretissima quinta colonna nelle società cristiane, e segnatamente nei centri del potere economico, finanziario, culturale e dell’informazione, gli Ebrei - stando a questo testo - si porrebbero l’obiettivo dichiarato di indebolire la fibra morale di tutte le società non ebree, sovvertendo gradualmente, ma inesorabilmente, tutti i valori, tutte le certezze, tutte le tradizioni, fino a creare le condizioni adatte perché il mondo intero cada, come un frutto maturo, in potere dell’ebraismo internazionale, che agisce per mezzo di banchieri, uomini politici, giornalisti ed esponenti del mondo della cultura.
Dal momento che i «Protocolli» si prestano ad una lettura in chiave antisemita e che, effettivamente, essi entrarono a far parte del bagaglio propagandistico antisemita del nazismo (e, in misura molto più blanda, del fascismo, ma solo all’epoca delle leggi razziali del 1938), con tutto quello che ne è derivato, gli storici della seconda metà del Novecento hanno liquidato l’intera questione della loro autenticità, dichiarandoli un falso confezionato dalla «Ochrana», il servizio segreto zarista, probabilmente a Parigi e con lo scopo di creare una sorta di giustificazione morale per i “pogrom” che infuriavano, di quando in quando, in Russia, in Ucraina, in Polonia.
Anche il saggista Sergio Romano, col suo libro del 1992 «I falsi protocolli», ha impostato così tutta la problematica ad essi relativa, come già il titolo suggerisce chiaramente: come se, una volta assodata la loro non autenticità, venisse a cadere interamente l’altra questione, ad essa collegata, ma che nessuno osa anche soltanto accennare, tanto forte è il timore di essere accusati di antisemitismo o addirittura di simpatie per il nazismo: se, cioè, le cose espresse in quel documento possano corrispondere a dei fatti reali e se, inoltre, siano o meno in linea con la Legge ebraica e con il sentire ebraico nei confronti dei “gojm”, dei Gentili.
Ma torniamo al legame fra l’«Ochrana» e i «Protocolli».
Ora, a parte il fatto che si potrebbe discutere se tutti i “pogrom” fossero voluti e organizzati dagli ambienti antisemiti della Russia e dai servizi segreti zaristi, o se non possano ricondursi anche, almeno in parte, ad una manovra delle potenti lobbies ebraiche dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, proprio allo scopo di screditare il governo zarista (ne abbiamo già parlato nell’articolo «Possono darsi delle verità così tremende che nessuna voce umana riuscirebbe a pronunziarle», inserito sul sito di Arianna Editrice in data 28/02/10), forse sarebbe il caso di domandarsi se la questione della autenticità, affermata o negata che sia, costituisca davvero la questione centrale che ci si dovrebbe porre davanti a questo impressionante documento.
Infatti, posto e stabilito che nessuna seria società segreta lascia documenti scritti relativi ai suoi complotti (e, in questo senso, i «Protocolli», nella versione in cui li conosciamo, sono quasi certamente un falso), il punto è che non si dovrebbe guardare il dito che indica la Luna, ma la Luna in se stessa: si dovrebbe cioè vedere se, nello sviluppo della storia moderna e nelle prescrizioni e invocazioni della “Torah”, della “Mishna” e del “Talmud”, i concetti espressi nei «Protocolli» trovino corrispondenza, oppure no.
A proposito dell’intera questione, Julius Evola, autore della «Introduzione» all’edizione italiana del 1938 dei «Protocolli», curata dalla rivista di Giovanni Preziosi «La vita italiana», così si esprimeva (pp. 9-10):

«Due punti vengono particolarmente in risalto nei “Protocolli”. Il primo si riferisce direttamente alla questione ebraica. Il secondo ha una portata più generale e conduce ad affrontare il problema delle forze vere in atto nella storia. Perché il lettore si renda pienamente conto dell’uno e dell’altro punto, crediamo opportuno svolgere alcune considerazioni, indispensabili per un giusto orientamento.
Per un tale orientamento, occorre anzitutto affrontare il famoso problema della “autenticità” del documento, problema sul quale si è voluto tendenziosamente concentrare tutta l’attenzione e misurare la portata e la validità dello scritto. Cosa invero puerile. Si può infatti negare senz’altro l’esistenza di una qualunque direzione segreta degli avvenimenti storici. Ma ammettere, sia pure come semplice ipotesi, che qualcosa di simile possa darsi, non si può, senza dover riconoscere che, allora, s’impone un genere di ricerca ben diverso da quello basato sul “documento” nel senso più grossolano del termine. Qui sta precisamente – secondo la giusta osservazione del Guénon – il punto decisivo, che limita la portata della questione dell’”autenticità”: nel fatto, che NESSUNA ORGANIZZAZIONE VERAMENTE E SERIAMENTE SEGRETA, QUALE SI SIA LA SUA NATURA, LASCIA DIETRO DI SÉ DEI “DOCUMENTI” SCRITTI. Solo un procedimento “induttivo” può dunque precisare la portata di “testi”, come i “Protocolli”. IL CHE SIGNIFICA CHE IL PROBLEMA DELLA LORO “AUTENTICITÀ” È SECONDARIO E DA SOSTITUIRSI CON QUELLO, BEN PIÙ SERIO ED ESSENZIALE, DELLA LORO “VERIDICITÀ”. Giovanni Preziosi già sedici anni or sono, nel pubblicare per la prima volta il testo, aveva ben messo in rilievo questo punto. La conclusione seria e positiva di tutta la polemica, che nel frattempo si è sviluppata, è la seguente: CHE QUAND’ANCHE (cioè: dato e non concesso) I “PROTOCOLLI” NON FOSSERO AUTENTICI NEL SENSO PIÙ RISTRETTO, È COME SE ESSI LO FOSSERO, PER DUE RAGIONI CAPITALI E DECISIVE:
1) Perché i fatti ne dimostrano la verità;
2) Perché la loro corrispondenza con le idee-madre dell’Ebraismo tradizionale we moderno è incontestabile.»

Che l’antisemitismo di Evola non fosse di tipo biologico - e quindi razzista - è attestato, peraltro, dal seguente passaggio (che, ove ipotizza una strumentalizzazione degli stessi Ebrei da parte di poteri occulti corrispondenti ad un livello più alto, che potrebbe far capo a forze non interamente umane, ricorda, sia detto fra parentesi, la posizione sostenuta al presente da David Icke; op. cit., p. 21-22):

«Diciamo subito che noi personalmente non possiamo seguire, qui, un certo antisemitismo fanatico che, nel suo voler vedere dappertutto l’Ebreo come “deus ex machina”, finisce col cader esso stesso vittima di una specie di tranello. Infatti dal Guénon è stato rilevato che uno dei mezzi usati dalle forze mascherate per la loro difesa consiste spesso nel condurre tendenziosamente tutta l’attenzione dei loro avversari verso chi solo in parte è la causa reale di certi rivolgimenti: fattone così una specie di capro espiatorio, su cui si scarica ogni reazione, esse restano libere di continuare il loro giuoco. Ciò vale, in una certa misura, anche per la questione ebraica. La constatazione della parte deleteria che l’Ebreo ha avuto nella storia della civiltà non deve pregiudicare una indagine più profonda, atta a farci presentire forze di cui lo stesso Ebraismo potrebbe esser stato, in parte, solo lo strumento. Nei “Protocolli”, del resto, spesso si parla promiscuamente di Ebraismo e di Massoneria, si legge” cospirazione massonico-ebraica”, “la nostra divisa massonica, ecc., e in calce della loro prima edizione si legge: “firmato dai rappresentanti di Sion del 33 grado”. Poiché la tesi, secondo la quale la Massoneria sarebbe esclusivamente una creazione e uno strumento ebraico è, per varie ragioni, insostenibile, già da ciò appare la necessità di riferirsi ad una trama assai più vasta di forze occulte pervertitrici, che noi siamo perfino inclini a non esaurire in elementi puramente umani. Le principali ideologie consigliate dai “Protocolli” come strumenti di distruzione e effettivamente apparse con questo significato nella storia - liberalismo, individualismo, scientismo, razionalismo, ecc. - non sono, del resto, che gli ultimi anelli di una catena di cause, impensabili senza antecedenti, quali per esempio l’umanesimo, la Riforma, il cartesianismo: fenomeni dei quali però nessuno vorrà seriamente far responsabile una congiura ebraica, così come il Nilus, in appendice, mostra d credere, inquantoché fa retrocedere la congiura ebraica niente di meno che al 929 a. C. Bisogna invece restringere l’azione distruttrice positiva dell’internazionale ebraica ad un periodo assai più recente e pensare che gli Ebrei hanno trovato un terreno già minato da processi di decomposizione e d’involuzione, le cui origini risalgono a tempi assai remoti e che sui legano ad una catena assai complessa di cause: essi hanno utilizzato questo terreno, vi hanno, per così dire, innestato la loro azione, accelerando il ritmo di quei processi. La loro parte di esecutori del sovvertimento mondiale non può dunque essere assoluta. I “Savi Anziani” costituiscono invero un mistero assai più profondo di quanto lo possano supporre la gran parte degli antisemiti, e così pure, per un altro verso, coloro che invece fanno cominciare e finire ogni cosa nell’internazionale massonica, o simili.»

Per Evola, la questione dell’autenticità o meno è una falsa questione, perché quello che conta è la piena concordanza fra lo spirito della Legge ebraica e lo spirito che emerge dalle pagine dei «Protocolli; e, in particolare, l’idea della rivincita mondiale dell’ebraismo su tutto il resto dell’umanità, sui Gentili, considerati alla stregua di bestiame, se non di autentica spazzatura destinata, comunque, ad un ruolo totalmente subalterno nel “nuovo ordine mondiale” che verrà instaurato nel gran giorno (idem, pp. 24-26):

«Per ben inquadrare il problema ebraico e comprendere il vero pericolo dell’Ebraismo bisogna partire dalla premessa che alla base dell’Ebraismo non sta tabto la razza (in senso strettamente biologico), ma la Legge. La Legge è l’Antico Testamento, la “Torah”m, ma altresì, e soprattutto, i suoi ulteriori sviluppi, la “Mishna” e essenzialmente il “Talmud”. È stato giustamente detto che, come Adamo è stato plasmato da Jehova, così l’ebreo è stato plasmato dalla Legge: e la Legge, nella sua influenza millenaria attraverso le generazioni, ha destato speciali istinti, un particolar modo di sentire, di reagire, di comportarsi, è passata nel sangue, tanto da continuare ad agire anche prescindendo dalla coscienza diretta e dall’intenzione del singolo. È così che l’unità d’Israele permane attraverso la dispersione: in funzione di un’essenza, di un incoercibile modo d’essere. E insieme a tale unità sussiste e agisce sempre, fatalmente, o in modo atavico e inconscio, o in modo oculato e serpentino, il suo principio, la Legge ebraica, lo spirito talmudico.
È qui che interviene un’altra prova della veridicità dei “Protocolli” quale documento ebraico, inquantoché trarre da questa Legge tutte le sue logiche conseguenze nei termini di un piano d’azione significa – esattamente – venire più o meno a quanto di essenziale si trova nei “Protocolli”. Ed è essenziale questo punto, CHE MENTRE L’EBRAISMO INTERNAZIONALE HA IMPEGNATO TUTTE LE SUE FORZE PER DIMOSTRARE CHE I “PROTOCOLLI” SONO FALSI, ESSO HA SEMPRE E CON LA MASSIMA CURA EVITATO IL PROBLEMA DI VEDERE FINO A CHE PUNTO QUESTO DOCUMENTO, FALSO O VERO CHE SIA, CORRISPONDE ALLO SPIRITO EBRAICO. E proprio questo è il problema che ora vogliamo considerare. L’essenza della Legge ebraica è la distinzione radicale fra Ebreo e non-Ebreo più o meno negli stessi termini che fra uomo e bruto, fra eletti e schiavi; è la promessa, che il Regno universale d’Israele, prima o poi, verrà, e che tutti i popoli debbono soggiacere allo scettro di Giuda; è il dovere, per l’Ebreo, di non riconoscere in nessuna legge, che non sia la sua legge, altro che violenza e ingiustizia e accusare un tormento, una indegnità, dovunque il dominio, che egli ha, non sia l’assoluto dominio; è la dichiarazione di una doppia morale, che restringe la solidarietà alla razza ebraica, mentre ratifica ogni menzogna, ogni inganno, ogni tradimento nei rapporti fra Ebrei e non-Ebrei, facendo dei secondi una specie di fuori-legge; è, infine, la santificazione dell’oro e dell’interesse come strumenti della potenza dell’Ebreo, al quale soltanto, per promessa divina, appartiene ogni ricchezza della terra e che deve “divorare” iogni popolo che il Signore gli darà. Nel “Talmud” si arriva a dire: “Il migliore fra i non-Ebrei (“gojm”), uccidilo”. Nel “Shemoré Esré”, preghiera ebraica quotidiana, si legge: “Che gli apostati perdano ogni speranza, che i Nazzareni e i Minim (i Cristiani) periscano di colpo, siano cancellati dal libro della vita e non siano contati fra i giusti”. “ Ambizione senza limiti, ingordigia divoratrice, un desiderio spietato di vendetta e un odio intenso” si legge nei “Protocolli” (XI) e difficilmente si saprebbe dare una più adeguata espressione di ciò che risulta a chi penetri l’essenza ebraica. E mai è venuta meno, all’Ebreo, la speranza del Regno, è in essa che sta, anzi, in gran parte, il segreto della forza inaudita che ha tenuto in piedi ed ha conservato uguale a sé stesso Israele, tenace, caparbio, orgoglioso e vile ad un tempo, attraverso i secoli. Ancor oggi, annualmente, nella festa del Rosch Hassanah, tutte le comunità ebraiche evocano la promessa: “Innalzate le palme e acclamate, giubilando, Dio, poiché Jehova, l’altissimo, il terribile, sottometterà tutte le nazioni e le porrà sotto ai vostri piedi”.»

Le considerazioni di Evola ci sembrano non prive di un certo spessore concettuale e meritevoli, comunque, di essere prese seriamente in esame, piaccia o non piaccia la figura di colui che le ha formulate ed il ruolo da lui rivestito nella cultura antisemita dell’epoca.
La prima domanda che ci dovremmo porre è se una cospirazione globale sia possibile e verosimile e se sia dato di scorgerne non già le prove - abbiamo visto che nessuna società segreta ne lascerebbe alle proprie spalle -, ma almeno degli indizi abbastanza riconoscibili.
La seconda domanda è se sia possibile che non già gli Ebrei indiscriminatamente, ma alcuni gruppi ebraici potenti e sperimentati, facendo leva su una Legge che è stata loro inculcata per innumerevoli generazioni, non possano essersi prestati ad un disegno del genere, magari in collaborazione con altri centri di potere occulto.
Alla prima domanda ci sembra sia difficile rispondere in maniera assolutamente negativa.
Che i membri del “villaggio globale” si trovino in una condizione di vera e propria schiavitù psicologica e culturale, instupiditi da demenziali programmi radiofonici e televisivi, disinformati da una stampa asservita e fuorviati da sedicenti intellettuali che fanno a gara, ormai da lungo tempo, nel fare a pezzi ogni parvenza di valore tradizionale e nel descrivere la vita come decadenza, dolore, noia e disperazione: tutto questo è sotto gli occhi di tutti, se si possiedono ancora - beninteso - occhi per vedere e una mente per riflettere.
Ora, è difficile pensare che tutto questo sia frutto del caso o di una spontanea convergenza di circostanze; senza contare che l’esperienza ci insegna che i grandi gruppi finanziari e industriali non tralascerebbero alcuna strategia, alcuna manovra, alcuna bassezza, per quanto criminosa, nel perseguire i loro fini inconfessabili: che non consistono solamente nel vendere una quantità sempre crescente di prodotti inutili o addirittura nocivi, ma anche nel distruggere ogni residuo di spirito critico nel suddito-consumatore, in modo da renderlo il più simile possibile ad uno “zombie”: perché solo così si può essere certi che egli non prenderà consapevolezza della sua reale condizione e non tenterà di sottrarvisi.
Scatenare guerre e rivoluzioni, finanziare gruppi terroristici magari di opposta matrice ideologica, istigare colpi di stato, provocare crisi finanziarie, promuovere filosofie e movimenti artistici che inneggiano al nichilismo e alla distruzione della società: sono tutte azioni che un tale gruppo di potere occulto, attraverso le sue innumerevoli ramificazioni, non esiterebbe a mettere in atto e che non presentano, sotto il profilo tecnico, ostacoli insormontabili, specialmente se si dispone di possibilità finanziarie praticamente illimitate.
Alla seconda domanda ci sembra che si possa egualmente rispondere in maniera affermativa; o, quanto meno, che una risposta affermativa possa costituire una ragionevole ipotesi di lavoro sulla quale indagare.
Gruppi di potere occulto sappiamo che esistono, primo fra tutti la Massoneria, che affonda le proprie radici in una tradizione ormai plurisecolare e la cui regia nascosta è ormai accertata dietro fatti storici rilevanti, a cominciare da quelli riguardanti la nascita del nostro Stato nazionale, nel corso del Risorgimento.
Che, poi, esista una sorta di federazione tra tali gruppi, ciascuno dei quali persegue, in realtà, un proprio disegno egemonico e ciascuno dei quali spera di servirsi degli altri per realizzare i propri fini particolari: anche questo rientra nell’ambito del possibile e perfino del probabile; come suggerisce, ancora una volta, l’osservazione di fatti storici ormai noti, come la collaborazione che si instaura fra organizzazioni criminali internazionali, ciascuna delle quali particolarmente interessata ad un certo ambito delle attività illecite.
Che, infine, salendo di livello in livello, si giunga al vertice della piramide che nessuno ha mai potuto conoscere di persona, anche perché i suoi membri più importanti, i burattinai supremi del grande gioco, sono - forse - creature di origine non umana: ebbene, ciò può essere solo oggetto di speculazione teorica, mancando prove o anche indizi concreti tali, da poter dirimere la questione per via documentaria.
Chi studia il fenomeno della cospirazione mondiale non può servirsi dei normali metodi di ricerca dello storico professionista, perché la materia stessa è completamente diversa da quella della storia. Lo storico procede di documento in documento; ma lo studioso della cospirazione globale sa che non troverà mai dei “documenti” paragonabili a quelli di cui si servono i suoi colleghi della storia, chiamiamola così, profana.
Possiamo da ciò trarre la conclusione che non è cosa da persone serie mettersi a studiare la cospirazione globale, dato che, a rigore, non siamo affatto certi nemmeno del fatto che esista il soggetto di una tale ricerca?
Certamente no.
Il fatto che non esistano prove assolutamente certe e incontrovertibili di una costante presenza aliena sul nostro pianeta non è un argomento per squalificare gli studi che si possono fare in proposito o per denigrare quanti decidono di dedicarvisi; e la stessa osservazione può farsi per tutti quegli ambiti di studio che abbracciano materie prive di un riscontro materiale oggettivo, a cominciare dalle religioni.
Gli studiosi “seri”, però, temono il ridicolo: sono persone che ha molto amor proprio, anche se non esitano a mangiare nella greppia di istituzioni, giornali o televisioni che si aspettano da loro appunto quel tipo di “serietà” che consiste nel non fare mai, assolutamente mai, delle domande veramente scomode, ma nel blandire, al contrario, la pigrizia mentale del pubblico.
Ora, il ridicolo (o peggio) è quasi inevitabile per chiunque si addentri nel labirinto della cospirazione globale; e i più petulanti nel ridere alle spalle di un tale ricercatore sono, senza dubbio, proprio coloro i quali - ne siano consapevoli o no - hanno subito in dosi più massicce l’opera di omologazione e istupidimento perseguita dal Pensiero Unico dominante. Perché a quei signori pieni di sussiego e di serietà, magari baroni universitari con ampie gratificazioni professionali, non va molto a genio l’idea di prendere in esame la possibilità, anche solo teorica, di essere, né più né meno di chiunque altro, soltanto dei poveri burattini eterodiretti.
Come se non bastasse, fa parte, da sempre, della tecnica di tutti i gruppi di potere occulto, quella di operare una sistematica disinformazione, lasciando trapelare brandelli di verità, mescolati però a tali e tante inverosimiglianze, da confondere completamente le carte e da screditare anche il lavoro di quanti concentrano le proprie spassionate ricerche proprio su quei brandelli.
Certo, finché il conformismo intellettuale continuerà a dominare incontrastato, i signori dei poteri occulti potranno dormire sonni tranquilli ancora a lungo.
Finché qualcuno, un poco alla volta, comincerà a scuotersi dal torpore e a farsi delle domande scomode e politicamente scorrette: a farle a se stesso in primo luogo; e poi, in un secondo tempo, a farle anche agli altri.
Allora, i signori del Pensiero Unico cominceranno a non sentirsi più tanto tranquilli.
Avranno paura che la verità cominci a venir fuori: non quella mezza verità che essi stessi lasciano fuggire, di quando in quando, aprendo e chiudendo il rubinetto della disinformazione; ma la verità vera, quella che a loro non piace affatto, perché disturba i loro progetti e i loro affari.
Quel giorno, forse, si sta avvicinando.
Un principio di consapevolezza incomincia a soffiare, qua e là, nella stagnante palude in cui siamo sprofondati.
Speriamo che quella brezza si trasformi quanto prima in un vento impetuoso e che sia abbastanza forte da disturbare i piani e gli affari di chi ci vorrebbe eternamente schiavi, e sia pure schiavi di lusso, imprigionati mani e piedi con delle catene d’oro massiccio.

di Francesco Lamendola

31 maggio 2010

La freedom flotilla va avanti!


Larnaka/Nicosia,Cipro

Mentre ci apprestiamo a "festeggiare" l' anniversario del primo
ingresso di PBC a Gaza,alla guida della Carovana della Speranza,
avvenuto proprio un anno fa, cominciamo ad avere maggiori informazioni
sulla nostra missione.
Abbiamo cambiato albergo poiche' hanno sistemato tutti partecipanti,
prima sparsi in vari alloggi, in un unico hotel in modo da essere
pronti al momento della partenza e per poter fornire eventuali
aggiornamenti in tempo reale. In mattinata siamo andati a Nicosia, la
capitale, dove abbiamo conosciuto altri nostri compagni di viaggio,
provenienti dall' Irlanda, dalla Norvegia, dalla Svezia, dalla
Bulgaria, dall' Inghilterra, dagli USA e dalla Russia (oltre a due
cittadini israeliani che condividono la necessita' di fermare l'
atroce assedio contro la Striscia).
Gli organizzatori ci hanno spiegato come averra' la partenza (preparo
il pezzo dedicato, che per ragioni di sicurezza sara' pubblicato solo
dopo l' avvenuto imbarco) e sara' un'operazione...davvero
rocambolesca! Non potremo portare le nostre valigie, ma dobbiamo
attrezzarci con il minimo necessario per qualche giorno (la sosta a
Gaza e' prevista per due soli giorni) e con eventuali medicinali.
Fortunatamente c'e' una bella notizia: ci ricongiungeremo con Anglea
Lano (Infopal) sulla stessa imbarcazione della European Campaign to
end the siege on Gaza, unificando di fatto la delegazione italiana.
Ci aspettano quattro tipi di scenari, uno solo del quale e'
entusiasmante: l'arrivo a Gaza per sabato dopo una traversata in mare
di poco piu di un giorno. Ma tenuto conto di quanto fermamente Israele
abbia ribadito il proprio impegno a contrastare duramente la missione
umanitaria, c' e' poco da sperare in una simile situazione. Gli
organizzatori ci hanno fatto sottoscrivere un foglio con il quale ci
assumiamo l'intera responsabilita' per cio' che ci accadra',
osservando l'impegno a mantenere un atteggiamento non violento di
fornte a qualunque tipo di provocazione israeliana. Le prospettive
vanno dal 'fermo in mare' (ovvero potrebbero bloccare le imbarcazioni
per vari giorni in mare), al sequestro dei cargo, all'assalto delle
navi (con cannoni ad acqua o con altro tipo di minacce), sino
all'arresto e alla detenzione, per non dimenticare che altri mezzi di
Free Gaza sono stati pesantemente attaccati con armi da fuoco e
danneggiati irreparabilmente. I giornali israeliani in questi giorni
riportano addirittura la notizia che Israele avrebbe provveduto alla
preparazione di un campo di detenzione per gli attivisti della
Freedom Flotilla ad Ashkelon. Ci sono state date indicazioni in merito
ai nostri diritti e all'atteggiamento che dovremo seguire in caso di
arresto e/o interrogatorio e ci hanno fornito i numeri di emergenza e
informazioni sull'avvocato che nell'eventualita' gli organizzatori
metterebbero immediatamente a nostra disposizione.
In ogni caso siamo sereni: sappiamo che Israele fara' di tutto per
minacciarci e spaventarci, ma sappiamo che stiamo compiendo una
missione importantissima di aiuto e solidarieta' con un intero popolo:
la Turchia accompagnera' la carovana via mare e avremo un telefono
satellitare in nave in caso di emergenza. Vogliamo fare la nostra
parte: gli aiuti (materiali da costruzione, generatori di corrente,
generi alimentari per bambini, sedie a rotelle elettriche, medicinali,
materiali per le scuole) ora ammontano a quasi 10.000 tonnellate!!! La
mia speranza e' quella di poter testimoniare questa avventura,
dimostrando la crudelta' (che polverizza ogni parola di propaganda che
in questi giorni si sta spendendo allegramente su blog, siti, commenti
ad articoli di stampo indiscutibilmente filosionista) del governo e
dell'esercito israeliano verso Gaza, ma soprattutto consegnando aiuti
fondamentali per i cittadini palestinesi. Se non fosse drammatico, ci
sarebbere da ridere dei Governi italiani che si sono avvicendati,
sottoscrivendo ed approvando accordi militari di cooperazione con
Israele...saranno proprio i soldi dei cittadini italiani, il denaro
pubblico del nostro paese, che sara' utilizzato per tentare di
fermarci ed eventualmente detenerci in campi israeliani! L'Italia che
butta nel cesso i quattrini dei propri cittadini, per ubbidire all'
odio feroce dei sionisti: chissa' cosa ne penserebbero i disoccupati,
i ricercatori universitari, le aziende in crisi, le forze di polizia
senza benzina per la lotta contro la criminalita'...Ma ovviamente il
regime politico e mediatico italiano non fara' passare una sola riga
su questa missione umanitaria e sui rischi che sta correndo: meglio
non parlarne...e' il modo migliore per dimostrare che non esiste.
Noi di Per il bene comune, invece, ci siamo e faremo del nostro
meglio, insieme a tanti rappresentanti di paesi europei, dell' Asia,
dell' America (Latina, ma anche USA): e' una spedizione di portata
mondiale e credo che, mentre non basteranno i colpi di arma da fuoco
degli Israeliani a svegliare chi finge di dormire, la nostra missione
potra' svegliare le coscienze assopite che riusciranno ad averne
informazione. Per la giustizia, per l'interesse, per il bene
comune...noi andiamo avanti!

di Monia Benini

Purtroppo nessuna poteva immaginare il bagno di sangue versato dagli israeliani. Qualsiasi commento al momento è superfluo.

30 maggio 2010

La crisi monarchica e, battere la moneta

Se vogliamo cercare di capire la crisi, dovremmo capire dove siamo e come ci siamo arrivati. Per fare questo, occorrerebbe guardare con disincanto al secolo scorso. Alcuni commentatori fanno risalire le origini del secolo orrendo, quello delle guerre più spietate, alla fondazione della famigerata Federal Reserve. E’ così che saremmo arrivati all’ipocrisia delle “missioni di pace” dove si vorrebbe esportare il nostro modello corrotto, perché qua sta saltando, con contorno di scorie radioattive, in posti sperduti del pianeta. Se la teoria della eversiva Federal Reserve, quella che fa bonifici in altri Paesi, in periodo elettorale, fosse giusta, allora occorrerebbe rileggere le motivazioni che stanno dietro il secondo conflitto mondiale.

Non è nemmeno troppo arduo: l’accordo di Bretton Woods risale al 1944, un anno prima che finisse la guerra... Il nemico da abbattere, allora, era l’asse RO-BER-TO: Roma, Berlino e Tokyo. Cosa avevano in comune questi tre Paesi alla vigilia del conflitto? Avevano ritrovato la sovranità monetaria nazionale. Germania ed Italia emettevano la loro moneta, sotto forma di Biglietti di Stato a corso legale. Se lo facessimo ancora oggi, risparmieremmo circa 350 miliardi di euro all’anno. Soldi che oggi spendiamo per “servire” il debito pubblico. Bastava una tipografia, ed eravamo ricchi.

Bastava lasciare il compito di emettere le banconote al poligrafico di Stato ed impedire alle banche di mettere al passivo la massa monetaria che creano, tramite false scritture contabili, in modo da poter così prelevare una somma come rimborso della rendita monetaria allo Stato.

Non voglio passare per revisionista né per visionista (o sionista, tout court). Ma esiste un dovere che gli storici hanno dimenticato: raccontare i fatti. Non solo gli storici per la verità. Un po’ tutti - non avendo capito internet - si ostinano a divulgare una versione malata della realtà. Ed è ovvio che se si insiste a vivere in un mondo di fantasia, il paese delle meraviglie di Alice, allora tutto è possibile. Anche che falliscano le banche - uniche aziende che hanno il potere di creare denaro con la tastiera del computer… in cambio delle lacrime e sangue dei cittadini. Ovvio che su internet la verità dilaga.

Tra un po’ la insegneranno anche all’università, appena quei poveri malati che si ostinano ancora con la propaganda, non si renderanno conto che la loro guerra a bassa intensità - contro la realtà - è già persa in partenza.

Quindi, rileggiamo gli anni di piombo alla luce degli obiettivi raggiunti dai terroristi:

1982 - Divorzio tra ministero del Tesoro e Banca d’Italia.
1991 - Trattato di Maastricht. Piano piano tutto torna, tutto acquista un senso, alla luce della sovranità perduta. Ed è facile perderla la sovranità

- se si passa da monarchia a repubblica senza spiegare quali sono le prerogative del sovrano, tra cui c’è il batter moneta. Una volta capito che l’unità d’Italia è stata voluta per consolidare i debiti degli Stati-regioni che sono andati a formarla, e che la prima legge unitaria fu la creazione del Gran Libro del debito pubblico... non ci vuole mica John Nash per fare due più due. E’ evidente: si è lasciato quasi sempre - a parte il ventennio della rivoluzione fascista - il potere di batter moneta in mano a banchieri anarchici privati. Così si spiega come funziona il bidone vuoto delle famiglie italiane dell’élite: volgari falsari. Piegato lo Stato alla truffa del debito pubblico, le rendite dei nati stanchi sono assicurate.

Tutto il resto del Paese, sottomesso da uno Stato che appena si rivela nel suo pieno squallore - una specie di mafioso che estorce il pizzo del signoraggio privato ai suoi ignari cittadini - crolla da sè. Perché l'idea dello Stato si basa sulla fede. Una volta che la Guardia di Finanza - appoggiata da una magistratura oggi sonnacchiosa - si sveglia e capisce, altro che yacht di Flavio Briatore!

Dove hanno sbagliato i banchieri che pure avevano comprato tutta l’omertà possibile? Hanno sbagliato perché anche loro sono digiuni del concetto di sovranità moderna. Abituati da sempre a trattare con le corrotte famiglie monarchiche - dividendosi la torta alla faccia dei cittadini - non si sono resi conto che oggi è proprio con i cittadini che dovranno fare i conti.

Sarebbe stato facile - e forse lo è ancora - decidere di rimborsare alla cittadinanza almeno una quota del signoraggio depredato, magari sotto forma di reddito di cittadinanza. Oppure, chessò, la Banca Centrale Europea poteva tramite le sue occulte Operazione di Mercato Aperto, iniettare denaro direttamente ai correntisti - purché questi ultimi avessero rinunciato - in una nanoclausola del contratto d'apertura di conto corrente - alla gestione diretta della rendita monetaria.

Ma no. Per la Banca Centrale Europea siamo tutti fessi, persi come siamo dietro al campionato di calcio ed alle querelle infinite - quanto inutili - di destra contro sinistra e viceversa.

La BCE crede ancora che la gente creda che la gestione dell'emissione di denaro sia in mani rispettabili. In una élite di illuminati che - rigorosamente per il nostro bene - decide di allocare gran parte del credito nelle mani degli amici degli amici.

Secondo la BCE, le forze speciali non si accorgeranno mai che vengono mandate a morire in inutili guerre radioattive... vere e proprie missioni di usury-keeping. Per i marziani della Eurotower, il business può continuare come prima. Tanto, la truffa dura dal 1694, dalla fondazione della Banca d’Inghilterra, a parte qualche breve parentesi punita con assassinii mirati, tipo Kennedy, Allende e Che Guevara. O Mattei, Pasolini ed Aldo Moro, per rimanere da noi...
Quindi, alla Eurotower, la sede maestosa della BCE, il vero potere occulto, la spectre che ci sta affamando, il vertice della pirlamide bancaria, dormono sonni tranquilli.

Auguri e buona continuazione. Per il buon senso, c’è sempre tempo.

E poi, male che vada, che ci vuole a circondare la torre ed arrestare tutti?

Marco Saba

29 maggio 2010

«Così si nascondono i soldi»

Hervé Falciani
Hervé Falciani
NIZZA — A vederlo da vicino, camicina a righe, jeans e l’accento alla ispettore Clouseau, non diresti proprio che è lui Hervé Falciani: l’uomo che ha messo sotto scacco un colosso mondiale della finanza come la banca britannica Hsbc. Invece è proprio quel trentottenne lo stratega informatico che un giorno ha levato il velo sui segreti inconfessabili del principale istituto bancario privato al mondo.

Mentre lo racconta lo sguardo si accende, come quello del cane Toto mentre tira via la tenda e scopre il Mago di Oz. Ma su ciò che c’è dietro il velo Hervé Falciani mette in guardia: «I nomi degli evasori sono un piccolo problema. Ce n'è uno enorme. Le banche sono senza controlli reali. Non esistono più le valigie di soldi portate oltre frontiera. Ora basta un clic di computer e la somma viene trasferita. Il denaro è diventato una scrittura informatica. Ma l’informatica non ha controlli. Questo significa che la finanza, che senza l'informatica non esiste, non ha regole. Tutti lo sanno. Io l'ho provato. Non c'era protezione nemmeno per quei nomi ».

Ecco, appunto, chi c’è nella lista italiana? Lui alza le mani da pianista: «Ho il dovere di non dirlo. C’è il segreto bancario e le indagini». Ma non era indagato perché offriva i dati sottratti alla banca? «Falso. Mai venduto nulla. Mai stato in carcere. Io ho denunciato i meccanismi oscuri con cui le banche violano gli accordi internazionali. La mia banca non mi ha ascoltato. La polizia svizzera non ha fatto nulla. Allora l'ho denunciato alla brigade anticorruption francese e 10 mesi dopo la polizia svizzera mi ha arrestato per poche ore». E i politici di cui ha parlato? «Mai detto. Tutti si fermano ai nomi. Ma è stupido. Lì ci sono pesci piccoli. Non è questo. Se io premo un tasto il denaro va in Cina o in Malesia. Quando la polizia lo cerca è già altrove. Così può esserci il riciclaggio e la speculazione che ha portato alla crisi. Gli Stati non riescono a controllare. La finanza è internazionale anche le regole devono esserlo. Si può fare. È semplicissimo». C’è chi sospetta che sia una spia. «Andato via dalla banca ho aiutato molte indagini sul denaro sporco e anche i servizi. Poi si saprà. Ma sono nato in un paradiso fiscale: a Montecarlo. Lavoro da dieci anni in una banca svizzera, come mio padre e come tantimiei amici. Come si fa a nascondere il denaro, lo impariamo da piccoli come voi il football ». Resta l’enigma del perché lo ha fatto. «Ho visto che dati molto sensibili non erano protetti. Ho visto decine di migliaia di strutture off shore. Quelle utilizzate dalla criminalità. Davanti a quei numeri si poteva capire che l’opacità era voluta. Non era più artigianale come quella che avevo visto a Monaco, ma era diventata industria. La banca privata rappresenta la cassaforte della finanza e con i sistemi di garanzie bancarie si può speculare con più soldi di quanti ne hai. Il denaro dei clienti permette di emettere garanzie bancarie a chi partecipa alle speculazioni come gli Hedge Fund. Chi ha un milione di dollari può arrivare a spenderne fino a due miliardi. È qui che servono i controlli. E la tracciabilità totale del denaro. Basta vedere cosa è stato fatto con il fondo europeo. Sono 750 miliardi di euro, ma in garanzie bancarie. Serve a pagare i debiti dei Paesi, come la Grecia. Ma i debiti dove sono? Nelle banche. È come prendere da una tasca per metterla nell’altra. La differenza c’è. Sono gli interessi. Chi li paga? Noi cittadini. E a chi? Alla banca. Questo è la base del sistema finanziario che mette in pericolo l’economia. Questo ho visto. Non potevo chiudere un occhio. E chiunque io sia, vale la pena che il mondo li apra».

Virginia Piccolill

28 maggio 2010

Perché non una banca pubblica?



C’è una notizia che sicuramente non avrete letto nei principali mass media informativi: la nuova corrente che assale gli Stati Uniti (epicentro della crisi finanziaria globale) e che, visti i risultati trova un grande sostegno popolare, propone la creazione di banche pubbliche sia a livello statale che federale.

Ciò è in parte dovuto alla grande disistima di cui gode attualmente la banca privata in quel Paese.

Secondo gli ultimi sondaggi sono le banche le istituzioni meno affidabili nella società americana. Nonostante le enormi erogazioni di fondi pubblici che le banche hanno ricevuto, è ancora difficile per le piccole e medie imprese, nonché per la maggior parte dei privati cittadini, ottenere credito bancario.

Anzichè fare uso dei fondi pubblici, come la stessa parola dice, per compiere una funzione sociale, in questo caso l’offerta di credito, le grandi banche hanno adoperato gli aiuti statali per continuare le loro solite speculazioni (causa tra l’altro della odierna crisi) e per aumentare ancora di più i premi e gli stipendi dei loro dirigenti. Ne consegue una logica e forte insoddisfazione della popolazione verso le banche.

La risposta positiva che si riscontra in quegli Stati che usufruiscono già di queste realtà bancarie, e un’altra ragione per la quale ci sono sempre un maggior numero di politici che, dietro pressione degli elettori, propongono l’ attuazione di queste banche statali pubbliche.

La più conosciuta fra tutte è la Banca Statale dello stato del North Dakota, fondata novantuno anni fa, il cui capitale d’inizio furono i ricavati delle tasse statali e che sono ancora oggi la sua principale fonte di liquidità.

Lo statuto interno della banca proibisce qualunque tipo d’investimento in attività speculative ed esige oltretutto la riconversione degli utili nel proprio territorio. E’ stata una delle banche con più profitti e meno afflitta dalla crisi finanziaria che devasta il Paese. E’ stata anche una delle poche banche a prevenire la bolla immobiliare evitando di conseguenza di praticare ipoteche spazzatura (i mutui subprime).

Così come scrive Ellen Brown nel suo libro Web of Debt, questa banca pubblica è la diretta responsabile del fatto che nel North Dakota non ci sia stato il deficit di credito che hanno avuto la maggior parte degli stati USA.

E’ questo l’esempio che altri stati stanno pensando d’imitare.

Si sono create così un’ondata di proposte governative che in stati come il Vermont, Virginia, Michigan e Washington cercano di mettere in pratica la realizzazione a tutti gli effetti di queste banche statali.

Tutto ciò in risposta al malessere generale della popolazione che non ne può più dell'odierno sistema bancario e dello spreco di fondi pubblici. Davanti a questo diversi parlamentari hanno proibito che i depositi dello Stato vengano impiegati dalle banche d’investimento (Investiments Banks) che altro non fanno che mettere a rischio il denaro pubblico coi loro investimenti speculativi.

L’altro fatto importante che non ha trovato eco nei maggiori mezzi d’informazione e persuasione spagnoli è l’inizio del sorgere di voci che negli Stati Uniti trovano una grande ricettività nell'opinione pubblica e persino in alcuni settori del Congresso Statunitense, ma non ancora carpiti dalle lobbies bancarie. Tra queste, c’è quella del premio nobel per l’economia, Joseph Stiglitz, che in un recente articolo su The Nation, dichiarava che i 700.000 milioni di dollari spesi per aiutare le banche, avrebbero dovuto essere utilizzati per avviare una banca pubblica, evitando agli USA l’enorme problema di credito che oggi ha. Secondo Joseph Stiglitz questo capitale poteva significare la creazione di una banca pubblica, dalla quale sarebbe stato possibile realizzare un'attività creditizia di 7.000 milioni di dollari (seguendo così il criterio di sicurezza di 1 a 10, ancora più conservatore di quello di 1 a 30 che è la pratica bancaria più diffusa). Questo importo rappresenta una quantità molto più grande di quella di cui ha bisogno oggi il Paese. Stiglitz conclude nel suo articolo, che l’aiuto alle banche non è stato in realtà un mezzo per facilitare il credito, ma bensì un intervento statale il cui primordiale scopo era quello di salvare banchieri ed azionisti.

Queste notizie che non si sono lette nei più grandi mezzi d’informazione e persuasione spagnoli, sono molto importanti per la Spagna, dato che la stessa domanda dovrebbe essere fatta nel nostro Paese. Perché il governo spagnolo ha investito tanti soldi per riscattare le banche, con scarsi risultati nell’erogazione di credito? La popolazione, così come la piccola e media impresa (coloro che creano più posti di lavoro nel settore privato in Spagna), hanno grandi difficoltà a ottenere credito nonostante il fatto che il governo abbia investito somme enormi in aiuti alle banche. Sarebbe stato molto più efficace e solidale se lo Stato Spagnolo (con i soldi spesi ad aiutare i banchieri e i loro azionisti) avesse creato una banca pubblica, così come so per certo, il Sig. Stiligtz suggerì alle autorità spagnole e che a quanto pare, non ebbero nessuna risposta.

E il fatto di non aver tenuto conto del suggerimento è, ancora una volta, l’esempio lampante dell'importanza di cui godono le banche in Spagna (vera forza di potere nel nostro Paese) con a capo la Banca di Spagna, il cui governatore (nominato dal governo socialista) è il massimo esponente del pensiero liberista, pensiero che ha causato l'enorme crisi in atto, e che ancora oggi domina la cultura economica del Paese. La nazionalizzazione delle banche o la creazione di banche pubbliche è uno dei nostri più grandi tabù, uno dei tanti che abbiamo nella cultura politica ed informativa nel Paese, che dovrebbe sparire per poter consentire un vero e proprio dibattito sulla situazione bancaria spagnola, che contrariamente alla saggezza convenzionale che respira il Paese, avrebbe bisogno di attuare cambi radicali nei sistemi di proprietà, nei sistemi del governo e nelle sue funzioni.

Vicenç Navarro, cattedratico di Politiche Pubbliche. Università Pompeu Fabra. Professore di Public Policy nella The Johns Hopkins University.

Lo striscio di Stato

È nota la definizione della democrazia come sistema pieno di difetti ma di cui non si è ancora trovato nulla di meglio. Da questa ragionevole assunzione discende, per la maggior parte della gente, la convinzione errata che la democrazia (il migliore o il meno peggio dei sistemi di governo) sia quello per cui la maggioranza ha sempre ragione. Nulla di più falso. La democrazia è il sistema per cui, visto che è difficile definire in termini qualitativi chi abbia più ragione degli altri, si ricorre a un sistema bassamente quantitativo, ma oggettivamente controllabile: in democrazia governa chi prende più consensi. E se qualcuno ritiene che la maggioranza abbia torto, peggio per lui: se ha accettato i principi democratici deve accettare che governi una maggioranza che si sbaglia.

Una delle funzioni delle opposizioni è quella di dimostrare alla maggioranza che si era sbagliata. E se non ce la fa? Allora abbiamo, oltre a una cattiva maggioranza, anche una cattiva opposizione. Quante volte la maggioranza può sbagliarsi? Per millenni la maggioranza degli uomini ha creduto che il sole girasse intorno alla terra (e, considerando le vaste aree poco alfabetizzate del mondo, e il fatto che sondaggi fatti nei paesi più avanzati hanno dimostrato che moltissimi occidentali ancora credono che il sole giri) ecco un bel caso in cui la maggioranza non solo si è sbagliata ma si sbaglia ancora. Le maggioranze si sono sbagliate a ritenere Beethoven inascoltabile o Picasso inguardabile, la maggioranza a Gerusalemme si è sbagliata a preferire Barabba a Gesù, la maggioranza degli americani sbaglia a credere che due uova con pancetta tutte le mattine e una bella bistecca a pasto siano garanzie di buona salute, la maggioranza si sbagliava a preferire gli orsi a Terenzio e (forse) si sbaglia ancora a preferire "La pupa e il secchione" a Sofocle. Per secoli la maggioranza della gente ha ritenuto che esistessero le streghe e che fosse giusto bruciarle, nel Seicento la maggioranza dei milanesi credeva che la peste fosse provocata dagli untori, l'enorme maggioranza degli occidentali, compreso Voltaire, riteneva legittima e naturale la schiavitù, la maggioranza degli europei credeva che fosse nobile e sacrosanto colonizzare l'Africa.



In politica Hitler non è andato al potere per un colpo di Stato ma è stato eletto dalla maggioranza, Mussolini ha instaurato la dittatura dopo l'assassinio di Matteotti ma prima godeva di una maggioranza parlamentare, anche se disprezzava quell'aula «sorda e grigia». Sarebbe ingiusto giocare di paradossi e dire dunque che la maggioranza è quella che sbaglia sempre, ma è certo che non sempre ha ragione. In politica l'appello alla volontà popolare ha soltanto valore legale ("Ho diritto a governare perché ho ricevuto più voti") ma non permette che da questo dato quantitativo si traggano conseguenze teoriche ed etiche ("Ho la maggioranza dei consensi e dunque sono il migliore").

In certe aree della Sicilia e della Campania i mafiosi e i camorristi hanno la maggioranza dei consensi ma sarebbe difficile concluderne che siano pertanto i migliori rappresentati di quelle nobilissime popolazioni. Recentemente leggevo un giornalista governativo (ma non era il solo ad usare quell'argomento) che, nell'ironizzare sul caso Santoro (bersaglio ormai felicemente bipartisan), diceva che costui aveva la curiosa persuasione che la maggioranza degli italiani si fosse piegata di buon grado a essere sodomizzata da Berlusconi. Ora non credo che Berlusconi abbia mai sodomizzato qualcuno, ma è certo che una consistente quantità di italiani consente con lui senza accorgersi che il loro beniamino sta lentamente erodendo le loro libertà. Erodere le libertà di un paese significa di solito mettere in atto un colpo di Stato e instaurare violentemente una dittatura. Se questo avviene, gli elettori se ne accorgono e, se pure non hanno la forza di colpo di Stato che è con lui cambiata. Al colpo di Stato si è sostituito lo struscio di Stato. All'idea di una trasformazione delle strutture dello Stato attraverso l'azione violenta il genio di Berlusconi è stato ed è quello di attuarle con estrema lentezza, passettino per passettino, in modo estremamente lubrificato. Pensate alla inutile violenza con cui il fascismo, per fare tacere la voce scomoda di Matteotti, ha dovuto farlo ammazzare. Cose da medioevo. Non sarebbe bastato pagargli una buona uscita megagalattica (e tra l'altro non con i soldi del governo ma con quelli dei cittadini che pagano il canone)? Mussolini era davvero uomo rozzissimo. Quando una trasformazione delle istituzioni del Paese avviene passo per passo, e cioè per dosi omeopatiche, è difficile dire che ciascuna, presa di per sé, prefiguri una dittatura - e infatti quando qualche cassandra lo fa viene sbertucciata. Il fatto è che per un nuovo populismo mediatico la stessa dittatura è un sistema antiquato che non serve a nulla. Si possono modificare le strutture dello Stato a proprio piacere e secondo il proprio interesse senza instaurare alcuna dittatura.

Si può dire che il lodo Alfano prefiguri una tirannia? Sciocchezze. E calmierare le intercettazioni attenta davvero alla libertà d'informazione? Ma suvvia, se qualcuno ha delitto lo sapranno tutti a giudizio avvenuto, e l'evitare di parlare in anticipo di delitti solo presunti rispetta se mai la privatezza di ciascuno di noi. Vi piacerebbe che andasse sui giornali la vostra conversazione con l'amante, così che lo venisse a sapere la vostra signora? No, certo. E se il prezzo da pagare è che non venga intercettata la conversazione di un potente corrotto o di un mafioso in servizio permanente effettivo, ebbene, la nostra privatezza avrà bene un prezzo. Vi pare nazifascismo ridurre i fondi per la scuola pubblica? Ma dobbiamo risparmiare tutti, e bisogna pur dare l'esempio a cominciare dalle spese collettive. E se questo consegna il paese alle scuole private? Non sarà la fine del mondo, ce ne sono delle buonissime. È stalinismo rendere inguardabili i telegiornali delle reti pubbliche? No, se mai le vecchie dittature facevano di tutto per rendere la radio affettuosissima. Ma se questo va a favore delle reti private? Beh, vi risulta che Stalin abbia mai favorito le televisioni private?

Ecco, la funzione dei colpi di Stato striscianti è che le modificazioni costituzionali non vengono quasi percepite, o sono avvertite come irrilevanti. E quando la loro somma avrà prodotto non la seconda ma la terza Repubblica, sarà troppo tardi. Non perché non si potrebbe tornare indietro, ma perché la maggioranza avrà assorbito i cambiamenti come naturali e si sarà, per così dire, mitridatizzata. Un nuovo Malaparte potrebbe scrivere un trattato superbo su questa nuova tecnica dello struscio di Stato. Anche perché di fronte a essa ogni protesta e ogni denuncia perde valore provocatorio e sembra che chi si lamenta dia corpo alle ombre.

Pessimismo globale, dunque? No, fiducia nell'azione benigna del tempo e della sua erosione continua. Una trasformazione delle istituzioni che procede a piccoli passi può non avere tempo per compiersi del tutto, a metà strada possono avvenire smandrappamenti, stanchezze, cadute di tensione, incidenti di percorso. È un poco come la barzelletta sulla differenza tra inferno tedesco e inferno italiano. In entrambi bagno nella benzina bollente al mattino, sedia elettrica a mezzogiorno, squartamento a sera. Salvo che nell'inferno italiano un giorno la benzina non arriva, un altro la centrale elettrica è in sciopero, un altro ancora il boia si è dato malato… Tagliare la testa al re o occupare il Palazzo d'Inverno è cosa che si fa in cinque minuti. Avvelenare qualcuno con piccole dosi d'arsenico nella minestra prende molto tempo, e nel frattempo chissà, vedrà chi vivrà. Per il momento, resistere, resistere, resistere.

By Umberto Eco

26 maggio 2010

Blondet su LaRouche e Tremonti - Sulla verità come compagna

Maurizio Blondet, direttore del giornale elettronico Effedieffe.com, il 15 maggio rispondeva ad un lettore preoccupato per la sua solitudine nel condurre le sue battaglie e nel prevedere il crac in corso, raccontandogli della conferenza "Il futuro dell'economia: mercatismo o New Deal?", che il 6 giugno 2007 a Roma riunì allo stesso tavolo Lyndon LaRouche e Giulio Tremonti.

Sulla verità come compagna

Gent.mo Direttore
ho quasi finito di leggere il Suo Libro
Schiavi delle Banche alle pag. 138/142 (oltre che in tutti gli altri capitoli) descrive, credo ormai con 6 annidi anticipo, tutto quello che sta avvenendo, con una precisione che, se non fossi certo che Lei non è il "Nuovo Messia", nè ha una "palla di cristallo", ha quasi del prodigioso — mi sembra chiaro che 6 anni fa deve aver molto sofferto, per le derisioni o per la solitudine nella quale si è trovato, la cosa che mi sconvolge di più è che, ieri, oggi, da quando sono Suo abbonato, cerco di spiegare, di far capire come stanno veramente le cose, credendo di trovare una «platea» con un orecchio più sensibile ai problemi attuali - invece.., chi ha vinto l’isola dei famosi... l’assegno di Veronica Lario... chi vincerà i mondiali..., etc..., etc. Come è possibile? Come e quando è successo che ci hanno trasformato in questo modo? Ho paura di terminare il Suo libro perchè non so semi darà delle risposte, o se le risposte che ci sono non le voglio ascoltare, ho moglie e 4figli... credo in Dio... mi rasserena saperLa ancora lì, magari a leggere questa mia e-mail, con la quale Le voglio solo dire che Le sono vicino in questa Sua solitudine... Che Dio La benedica e Laprotegga sempre.
Aldo di Michele

No, caro lettore, non ho poi sofferto tanto. Nella solitudine, la verità è una buona compagna. Le anticipazioni che lei ha letto in Schiavi delle Banche, dov’è sostanzialmente prevista l’attuale crisi del capitalismo terminale (e forse della nostra società come la conosciamo) non testimoniano una mia qualche superiorità intellettuale. Centinaia di persone, economisti in primo luogo, ma politici e governanti, e potenti in genere hanno sicuramente un’intelligenza migliore: il che significa che sapevano la verità, ma non l’hanno voluta vedere nè provvedere in tempo. Il loro difetto non è la mancanza di testa, ma di coraggio morale ed onestà. Il che mostra che l’intelletto è una virtù del coraggio, della "fortezza" nel senso cristiano. Come pare abbia detto a Paolo Guzzanti Eugenio Scalfari, fondatore, editore e direttore miliardario di Repubblica, "A noi la verità non interessa".

Sono tanti ad essere così. E non sanno cosa si perdono: la verità è anche una buona amante, piena di sorprese e generosa di scoperte e avventure.

Però devo ammettere che c'è stato un momento in cui il cuore s'è allargato, in cui ci s'è accorti d’essere meno soli. Per me è stato nell'estate del 2007 (forse la data non è esatta), quando amici del movimento LaRouche (alcuni li conosco da trent'anni) mi invitarono a un dibattito pubblico che il loro capo, Lyndon LaRouche, avrebbe tenuto a Roma. "Viene anche Tremonti", mi dissero.

Non ci credetti, naturalmente. LaRouche è per il potere americano, e dunque per i media, una non-persona; in USA l'hanno persino cacciato in galera per le sue idee; farsi vedere accanto a lui è già per sè compromettente, ed inoltre le sue idee economiche, affascinanti, polemiche ed intellettualmente sempre sorprendenti, non sono prive di un ramo di follia molto americana.

Invece Tremonti venne. Scese da Montecitorio (allora era un vicepresidente della camera; Fini aveva preteto di scacciarlo dal ministero economico) e in pochi passi raggiunse la saletta dell'Hotel Nazionale affinata dai larouchiani. Si sedette accanto a LaRouche che già stava parlando della crisi imminente (la bolla del subprime sarebbe esplosa un mese dopo), ascoltò e parlò. Il succo di quel che disse, lo prendo dal comunicato del MoviSol (larouchiani italiani):

"Raramente si incontra un leader politico in grado di poter spaziare con riferimenti alla storia come ha fatto LaRouche stasera", ha detto Tremonti, "ed è auspicabile che il dibattito politico in genere presenti più occasioni del genere". Tremonti si è detto convinto che, se non un crollo del sistema, sicuramente sotto all’apparente normalità si stanno verificando cambiamenti storici; anche se non si sente in grado di giudicare se il paragone fatto da LaRouche con il crollo del XIV secolo (le banche dei Bardi e dei Peruzzi) sia quello giusto, è certo che i cambiamenti in corso avranno conseguenze profonde per tutto il mondo. Tremonti ha concluso affermando che l'idea larouchiana di un collegamento mondiale di grandi infrastrulture da costruire può apparire "la visione di un matto", ma "anche sulle visioni dei matti cammina la Storia". "Sicuramente, si tratta di idee che vanno diffuse", ha concluso.

Ma più che quel che disse, mi colpì il semplice fatto che Tremonti fosse lì. Ad ascoltare, sul serio. Senza restare appeso al telefonino come fanno di solito i politici, e senza attendere il suo turno telefonando, per poi dire la sua con un discorsetto preparato in anticipo su un foglio.

Non so se cogliete quanto il fatto fosse inaudito. Nessun politico italiano, e forse nemmeno straniero, va mai ad un convegno di gente senza potere e notoriamente senza soldi, da cui non può aspettarsi un compenso , se non mazzette e do-ut-des, almeno in voti elettorali.

Nessuna di queste cose hanno mai potuto dare i larouchiani. Eppure Tremonti era venuto ad ascoltare. Gli piaceva ascoltare questa storia dei Bardi e dei Peruzzi, e degli altri banchieri veneziani che provocarono la crisi del quattordicesimo secolo perché (come i Goldman e Soros d’oggi) estraevano "un tasso del 40%" col loro business finanziario di prestatori ai sovrani ed arbitratori dei corsi dell’oro e dell’argento, e finirono così per strangolare un’economia reale che, essendo pre-industriale, produceva il 3-4% annuo (tutto ciò lo trovate nel mio Schiavi delle Banche).

E gli piaceva sentire ancora una volta quell'idea del matto, di contrastare la crisi e la recessione globale imminente lanciando un grande piano internazionale per costruire ferrovie ad altissima velocità, a levitazione magnetica, dall'Europa all'Asia; qualche dozzina di Transiberiane a 500 chilometri l'ora. Idea folle, forse perfino sbagliata: ma seducente, e chi ha come amante la verità è sempre sedotto dalle idee grandi, nuove, arrischiate, politicamente scorrette. Perchè sa che la verità viene fuori non da "uno che la dice" come vangelo celeste, ma dallo stesso scambio intellettuale fra gente che non è sempre d’accordo su tutto, dalla polemica cordiale di chi sa — però — che l'altro sta cercando di dire la verità.

Così ho visto Tremonti quel giorno, e dunque mi perdonino gli anti-berlusconiani se ho un debole per lui. La fermezza che ha dimostrato in questi mesi, e che gli è riconosciuta anche dall'opposzione, era già in quel suo anticonformismo, coraggio di esporsi a fianco di un ex-galeotto americano troppo intelligente per non essere matto, e nel piacere così disinteressato a sentire vecchie storie economiche — perchè l'economia è essenzialmente storia, e non l’insieme di algoritmi truffatori e di idolatrie teoriche che passano oggi con questo nome per Giavazzi e Alesina.

Non escludo che come governante, possa anche sbagliare, non è Dio; so che sa ascoltare senz’altro fine che imparare qualcosa, che conosce la verità come piccante amante. Credetemi, non è poco. Ci si sente meno soli.

Tremonti, in questi giorni, è stato l'unico a dire pubblicamente che sotto l'attacco finanziario in corso l'economia non solo d'Europa, ma del mondo, è stata sul punto di rischiare "quel che gli inglesi chiamano il meltdown", parola che significa il tragico, inarrestabile fondersi su se stesso del nucleo di una centrale atomica in avaria, e di aggiungere che in quel caso i soldi nei nostri portafogli non sarebbero valsi più nulla, e ciò avrebbe provocato "gravi sofferenze alla gente".

I politici che sapevano cosa stava per succedere non l'hanno detto: fa perdere voti. E nemmeno ho mai sentito negli economisti cattedratici una preoccupazione per le sofferenze della gente. Anzi, ho sentito Alesina e Giavazzi rallegrarsi pubblicamente della "lezione" che "i mercati" stavano dando ai governi e alle società sottostanti. Godevano del tirare di cinghia, dei tagli salariali, delle fatiche senza prospettive di miglioramento che ci attendono — e non attendono mai i banchieri colpevoli.

Secondo me, è ai Giavazzi e agli Alesina che bisogna togliere la parola. Sono loro che devono diventare non-persone. E magari da mettere in galera, mica LaRouche.

E veniamo alla seconda parte della sua lettera, quella triste:

"Da quando sono Suo abbonato, cerco di spiegare, di far capire come stanno veramente le cose, credendo di trovare una 'platea' con un orecchio più sensibile ai problemi attuali — invece.., chi ha vinto l'isola dei famosi... l'assegno di Veronica Lario... chi vincerà i mondiali..., etc..., etc. Come è possibile? come e quando è successo che ci hanno trasformato in questo modo".

Sì, sono queste cose il vero problema. Non a caso (leggo un’agenzia) "I salari italiani sono tra i più bassi dell’area OCSE, del 16,5% sotto la media. In particolare, segnala il rapporto 'Taxing wages' dell'organizzazione parigina, lo stipendio annuale nello, a parità di potere d'acquisto, del lavoratore medio in Italia nel 2009, è risultato pari a 22.027 dollari, contro i 26.385 dollari della media OCSE e i 28.454 dollari della UE a 15. Nella classifica generale l'Italia si colloca al ventritreesimo posto preceduta non solo da colossi come Stati Uniti (30.977 dollari), Francia (25.977 dollari) e Gran Bretagna (38.054 dollari), ma anche da Paesi come Spagna (25.339 dollari), Grecia (25.583 dollari) e Irlanda (31.897 dollari). Al primo posto brilla la Corea del Sud con 40.190 dollari...".

Il primo impulso, a queste masse cretine che nei giorni del rischio meltdown si occupano dell'Isola dei Famosi e dei mondiali, sarebbe di dire: ve lo meritate. Ben vi sta. Già guadagnate meno dei greci e degli spagnoli, perché siete più ignoranti; avete mancato di studiare a scuola - in scuole che sono già le peggiori d'Europa - e vi pare di aver già imparato troppo, sicché pensate di non aver bisogno di imparare qualcosa di nuovo. Non avete formazione, né la minima idea della necessità della formazione permanente; la maggior parte di voi (il 70%) non ha più preso un libro in mano dopo il diploma o la laurea (perché siete perfino laureati).

Già oggi il vostro salario è fra i più miseri del mondo sviluppato. Il coreano del Sud prende 40mila all’anno e voi quasi la metà: ma avete idea di come studiano i coreani del Sud? Io li ho visti, gli studenti, dormire per qualche minuto sulle panche delle biblioteche universitarie, stroncati dalla fatica mentre preparavano l'esame, o due o tre esami a raffica. Li ho visti come lavorano nelle fabbriche, senza risparmio; ho visto la loro fermezza, la loro disciplina e il senso della nazione come una famiglia - e la loro curiosità del mondo, la loro voglia di imparare dallo straniero.

Voi avete la testa chiusa, piccina e provinciale, siete attaccati alle quattro idee impartitevi dal conformismo corrente; vi basta l’edonismo straccione e immaginario che leggete su Chi e vedete nella TV dei lustrini. Non avete alcuna curiosità ulteriore. Insomma, non siete più parte della civiltà, e dunque è profondamente giusto che siate avviati a ricevere la paga dei meno civilizzati. Siete avviati ad avere il salario del lavoratore cinese, e a vestirvi di stracci (già lo state facendo) come i miserabili asiatici di ieri, e a coprirvi di tatuaggi come i bantù hanno smesso di fare.

Voi convinti che basti il sesso televisivo a rendere piacevole la vita, e che si possa reggersi nel mondo con "la cucina italiana", con "i settori del lusso e del gusto". Ma quale "lusso" ma quale "gusto": fra poco vi farete infilare un osso al naso, come gli aborigeni australiani.

Negli anni '50, la TV italiana osava dare tragedie di Eschilo, Shakespeare, "I Promessi Sposi", "Delitto e Castigo" e l'Orlando Furioso sceneggiato. E guardate oggi cosa vi dà. La vostra decadenza salta agli occhi, come la vostra stupidità. E non è - credete - una mancanza di acutezza intellettuale. Quel che manca è la fibra morale: il senso di responsabilità verso la comunità, il senso di dignità verso voi stessi, la ferma convinzione che vivere richieda qualche sforzo costante, qualche desiderio di miglioramento.

Siete in vacanza dalla storia, italiani. Dunque campate coi 900 euro mensili, e domani con 500. Che cosa pretendete di più?

Ma poi mi pento. Fra questi italiani da 22 mila dollari annui, che prendono meno di greci (25.600) e irlandesi (32 mila) ce ne saranno chissà quanti che si sforzano, che imparano, che tirano la carretta per non far andare a fondo la piccola azienda nella tempesta mondiale; che vogliono mantenersi nella storia del mondo con la dignità di un popolo che ha avuto nel suo passato Roma e il Rinascimento. E altri che si occupano dei mondiali e dell’Isola dei Famosi perchè, in fondo, che cos’altro viene richiesto? Il lavoro non viene compensato, tanto vale puntare a fare le veline, sognare i "famosi" da quattro soldi mentre si affonda nella storica miseria di sottosviluppati.

È che, magari, avrebbero il diritto di guadagnare almeno come gli spagnoli (25.400). Viene il sospetto: che siano, che siamo, derubati di qualcosa. Da chi? Su Libero, Franco Bechis c'informa che ciascun ministro dell'attuale governo è proprietario - in media - di sei immobili. Adolfo Urso, viceministro al Commercio Estero, s'è comprato una casa vicino alla Corte di Cassazione (centralissima) di 9,5 vani. Per la quale sta pagando un mutuo trentennale di 1,6 milioni di euro, al tasso del 5,5%. Ora, un ministro prende circa 150 mila euro l'anno. Come fa Urso a pagare i ratei del mutuo? Ad occhio e croce, sono 7 mila al mese: una bella botta. E come fa TJrso ad essere sicuro di poter reggere un mutuo da settemila euro mensili per i prossimi trent’anni? Potrebbe perdere le prossime elezioni. Ha una cintura di salvataggio, una garanzia di perennità di emolumento? Chi gliela fornisce?

Mara Carfagna, anche lei ministra dalle ben note capacità, ha comprato casa: a Piazza Navona, non so se mi spiego. Quinto piano, vista grandiosa, 7,5 vani. Come? Dice lei: con un mutuo da 930 mila euro. Scusate, a piazza Navona, con 900 mila euro, non si prende nemmeno uno sgabuzzino. È lecito il sospetto che, come a Scaiola, qualcuno abbia regalato il resto senza che l'interessato lo sapesse?

La lista Anemone (il costruttore ammanicato) la dice lunga in questo senso. In un modo o nell'altro, sono soldi rubati. A chi, domandate?

Mentre aziende sane falliscono perché lo Stato ritarda i pagamenti delle fatture e dei rimborsi IVA di mesi ed anni, quelli si comprano appartamenti: a loro, niente ritardi di pagamento. Con mutui di banche, che rifiutano i fidi a chi sgobba.

Come si diceva: i morsi della "competizione globale", loro, non li sentono. Fallo sta che, se qualcuno deve cominciare a tirare la cinghia, magari si potrebbe cominciare da quelli. E dalle loro clientele.

Ultima parte della sua lettera:

"Ho paura di terminare il Suo libro perché non so se mi darà delle risposte: ho moglie e 4 figli.., credo in Dio... mi rasserena saperLa ancora lì, magari a leggere questa mia e-mail".

Ebbene, una cosa m'ha messo di miglior umore. Come saprà, Papa Ratzinger è andato a Fatima. E di fatto ha confermato quello che i caporioni ecclesiastici hanno ostinatamente negato: che la terza profezia della Vergine esiste, che non è stata ancora divulgata, che la profezia "si è realizzata nel passato" con il colpo di Ali Agca al Papa, ma che riguarda il futuro e, precisamente, le "sofferenze del Papa e della Chiesa che si annunciano", inflitte dal "peccato che esiste nella Chiesa".

Forse dobbiamo aspettarci un altro Papa suppliziato e ucciso nella "città mezza in rovina" e piena di corpi vista dai pastorelli. Ma è una buona notizia, sapere la verità anche se terrificante, perché (come ha scritto Socci) "non bisogna mai aver paura della verità, perché non si serve Dio con la menzogna". Siano pur tempi terribili quelli che ci attendono, è una buona notizia sapere che la Vergine non ce li ha taciuti, che ci ha avvertito. Inoltre, a Fatima, Benedetto XVI ha consacrato al cuore di Maria se stesso, i giovani preti che ha ordinato, e la gente: quella presente e quella nel mondo, tutti noi. Tuffi noi che sappiamo che l'aldiquà non è tutto siamo, dunque, ben protetti.

Combattiamo per essere degni della verità che disse la Signora "... e infine il mio cuore immacolato trionferà".

by Movisol

Ma i partiti sono sempre più ricchi



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Se per dare un giudizio dell’affidabilità dell’Italia i mercati utilizzassero la dinamica del finanziamento pubblico ai partiti anziché quella degli stipendi del pubblico impiego, allora non avremmo davvero speranza. La speculazione ci avrebbe già fatti a pezzi prima della Spagna, del Portogallo, della Grecia e dell’Irlanda, ovvero i Paesi che ci precedono nella graduatoria della crescita delle retribuzioni pubbliche.
Mentre fra il 1999 e il 2008 queste aumentavano in Italia, secondo l’Ocse, del 42,5%, gli incassi dei nostri partiti si moltiplicavano addirittura per undici: + 1.110%. Grazie a due colpi da maestro. Il primo nel 1999, quando i «rimborsi elettorali», la formula ipocrita con la quale si chiama adesso il vituperato finanziamento pubblico abrogato per finta dal referendum del 1993, furono portati in un sol colpo da 800 a 4 mila lire. II secondo nel 2002, quando si passò da 4 mila lire a 5 euro a legislatura (1 euro l’anno) per ogni italiano iscritto alle liste elettorali di Montecitorio: 5 euro per la Camera, 5 per il Senato, 5 per le europee e 5 per le regionali. Totale, 20 euro a cranio per ogni quinquennio, indipendentemente da quanti davvero vanno a votare. E siccome gli iscritti alle liste elettorali di Montecitorio sono 50 milioni tondi, la bolletta che gli italiani pagano ai partiti ha raggiunto la cifra stratosferica di un miliardo di euro per cinque anni: 200 milioni l’anno. Con l’aggiunta di un simpatico bonus, introdotto, anch’esso alla chetichella, nel 2006. Nel caso di fine anticipata della legislatura, infatti, i contributi elettorali continuano a correre.
Per il triennio che si conclude nel 2011, quindi, razione doppia per Camera e Senato. E invece di 200 milioni, eccone 300. Almeno sulla carta, perché c’è stato un taglio di cassa del 10%. Che ha provocato (l’avreste detto?) anche qualche vergognoso mugugno.
Per capire quanta ipocrisia abbiano messo nell’aver chiamato «rimborsi» questo fiume di denaro, basta leggere che cosa ha ripetutamente scritto la Corte dei conti nei suoi referti sulle spese elettorali, sottolineando come non esista alcuna relazione fra le somme spese per le campagne elettorali e quello che lo Stato dà ai partiti. Ma ben più eloquenti sono i numeri. Nel 1996 un partito come Forza Italia aveva speso per la campagna elettorale, considerando anche la Casa delle Libertà, 4 milioni 90.563 euro. Dieci anni più tardi, la spesa era arrivata a 62 milioni 490.854 euro: +1.427%. E i «rimborsi»? Da 14 milioni 707.526 a 128 milioni 42.335 euro: +770%. Se nel 1996 il partito di Silvio Berlusconi si era messo in tasca, puliti, lo milioni 616.963 euro, cioè la differenza fra la le spese e i «rimborsi», dieci anni dopo l’«utile» era salito a qualcosa come 65 milioni 551.481 euro. Due anni più tardi, nel 2008, con spese elettorali cresciute ancora del 10%, i rimborsi spettanti al Popolo della Libertà sono schizzati a 206 milioni 518.945 euro. Con un «utile» astronomico: 138 milioni 43.803 euro. Non che le cose siano andate peggio alla sinistra, nonostante l’ultima batosta elettorale. Secondo i dati pubblicati nel referto della Corte dei conti sulle politiche 2008, il Partito democratico di Walter Veltroni aveva investito in tutta la campagna elettorale 18 milioni 418.043 euro, meno di un terzo del Popolo della Libertà.
Acquisendo però il diritto a incassare una somma dieci volte superiore a quella investita: 180 milioni 231.506 euro. Cifra che ha perciò garantito a sua volta al Pd un «utile» ancora maggiore di quello del partito di Berlusconi:161 milioni 813.463 euro.
A conti fatti, le elezioni politiche del 2008 riverseranno nelle casse dei partiti introiti «puliti» per 367 milioni di euro. Ovvero la differenza fra 136 milioni di spese e 503 milioni di «rimborsi» per Camera e Senato, spalmati su cinque anni. Per ogni euro sborsato, dunque, ne sono tornati indietro quattro. Gli effetti di questo andazzo sono fin troppo facilmente intuibili. A cominciare dagli apparati di alcuni partiti, i quali hanno potuto evitare la pesante dieta dimagrante che si era profilata dopo il 1993. Per proseguire con l’abnorme incremento delle spese elettorali, che hanno raggiunto livelli senza precedenti. E finire con il risanamento di alcune difficili situazioni finanziarie. Se la pesante esposizione (si parla di 500 milioni di euro) di cui i Democratici di sinistra si erano fatti carico accollandosi i debiti dell’Unità si è ridotta a meno di un terzo, il merito è anche di quei generosissimi contributi. Che consentono oggi anche al Partito democratico, unica formazione politica ad avere un bilancio certificato, di chiudere i conti con un attivo di una quindicina di milioni. Per non parlare di altri «tesoretti» sulla cui destinazione si è discusso a lungo, ma senza costrutto: per esempio i «rimborsi» elettorali a cui hanno avuto diritto ancora sia i Ds sia la Margherita dopo la nascita del Pd.
Certo, ci sono anche situazioni dove i soldi non bastano mai. Forza Italia, per esempio, era arrivata nel 2006 a essere esposta per 157 milioni di euro con le banche. Garantiti da una fidejussione personale del Cavaliere. Per avere un’idea di quanto pure la dimensione economica di quel partito fosse personale, si consideri che nei conti c’era anche un debito di 14 milioni e mezzo con la Dolcedrago, società del premier che controlla la Immobilare Idra, cassaforte nella quale sonocustodite le ville di Arcore e Macherio, le proprietà sarde, la casa romana nella zona dell’Appia Antica dove abita Franco Zeffirelli, e altre ancora.
Possiamo immaginare la sofferenza dei tesorieri se davvero la minaccia di Giulio Tremonti, di tagliare i «rimborsi» da 5 euro a 2 euro e 50 per ogni legislatura e per ogni tornata elettorale, dovesse andare in porto. Si consolino comunque: pure dimezzati, i finanziamenti pubblici sarebbero pur sempre ancora più alti di quelli che toccano ai partiti di altri Paesi europei. Come Francia e Spagna...
di Sergio Rizzo

25 maggio 2010

La crisi economica mondiale, la Grande Depressione del XXI’ secolo.

In tutte le grandi regioni del mondo, la recessione economica è profonda e provoca la disoccupazione di massa,il fallimento dei programmi sociali degli stati e l’impoverimento di milioni di persone. La crisi economica si accompagna ad un processo mondiale di militarizzazione, ad “una guerra senza frontiere” condotta dagli Stati Uniti d’America e dai suoi alleati della NATO.

La condizione della “guerra lunga” del Pentagono è intimamente legata alla ristrutturazione dell’economia mondiale.

Non si tratta di una crisi economica o di una recessione ben definita.

L’architettura finanziaria mondiale mantiene degli obiettivi strategici e di sicurezza nazionale , mentre il programma militare USA-NATO serve ad avallare una potente élite di aziende, che nasconde e mina inesorabilmente le funzioni del governo civile.

Questo libro porta il lettore nei corridoi della Federal Riserve e del Council on Foreign Relation, dietro le porte chiuse della Banca dei regolamenti internazionali(BRI) e nel cuore delle sale delle riunioni corporative e facoltose di Wall Street, dove si effettuano correntemente le transazioni finanziarie di una certa portata con un solo clic che parte dai terminali informatici in linea con i grandi mercati borsistici.

Ogni autore alza il velo da una complessa tela di menzogne e di deformazioni mediatiche che servono a coprire gli ingranaggi del sistema economico mondiale i cui effetti devastanti si ribaltano sulla vita della gente. La nostra analisi si concentra sul ruolo dei potenti attori economici e politici in questo ambiente caratterizzato dalla corruzione, dalla manipolazione finanziaria e dalla frode.

Malgrado la diversità dei punti di vista e delle prospettive esposte in questo volume, gli autori arrivano all’unanime conclusione che l’umanità si trovi ora al bivio della più grave crisi economico-finanziaria della storia moderna.

Il tracollo dei mercati finanziari tra il 2008 e il 2009 è nato da una frode istituzionalizzata e dalla manipolazione finanziaria.

I “salvataggi delle banche, che ”sono stati messi in opera sotto l’egida di Wall Street, hanno condotto al più grande trasferimento di ricchezza monetaria della storia mai visto, creando nello stesso tempo un debito pubblico insormontabile.

Con il deterioramento planetario dei livelli di vita e la caduta delle spese di consumo, l’intera struttura del commercio internazionale delle derrate è potenzialmente compromessa.

Il sistema di pagamento delle transazioni monetarie è scombussolato.

Una volta crollato il mercato del lavoro , il pagamento dei salari è diventato più difficile e si è avviata di conseguenza una diminuzione delle spese legate ai beni e ai servizi essenziali.

Questo grave tracollo del potere d’acquisto si è poi ripercosso sul sistema della produzione dando come risultante una serie di azioni come i fallimenti e la chiusura delle fabbriche .

Esacerbata dal congelamento del credito, la diminuzione della domanda di beni di consumo ha contribuito a smobilitare le risorse umane e materiali.

Questo processo di declino economico cumulativo ha interessato ogni categoria della manodopera. I pagamenti dei salari non vengono più effettuati , il credito viene sviato e le spese d’investimento sono ad un punto morto. Nel frattempo, nei paesi occidentali la”rete di sicurezza sociale” ereditato dallo stato sociale che protegge i disoccupati durante il rallentamento economico, viene ugualmente messo in pericolo.

Il mito della ripresa economica.

Per quanto si riconosca spesso l’esistenza di una”Grande Depressione” simile a quella del 1930, questo aspetto viene mimetizzato da un consenso inflessibile:”L’economia è sulla via della ripresa”.

Mentre si parla della ripresa economica, i commentatori di Wall Street hanno intenzionalmente trascurato con tenacia il fatto che il fallimento finanziario non è solo determinato dalla bolla, quella del mercato dell’abitazione e dell’immobiliare,che era già scoppiata. In realtà la crisi è determinata da più bolle che sembrano diminuire l’importanza dello scoppio della bolla del 2008.

Per quanto non vi sia alcun disaccordo fondamentale tra gli analisti della corrente dominante che sostiene la presenza della ripresa economica , esiste un animato dibattito ad esempio sul come questa ripresa si manifesterà: se sarà all’inizio del prossimo trimestre o nel terzo trimestre dell’anno prossimo ecc.

Già ad inizio 2010 , la “ripresa” dell’economia statunitense era stata prevista e confermata da un flusso di disinformazione mediatica accuratamente formulato.

Durante quel periodo il pantano sociale di accresciuta disoccupazione, questo evento è stato accuratamente dissimulato negli Stati Uniti e gli economisti vedevano il fallimento come un fenomeno di micro economia.

Per quanto rivelassero delle realtà a livello locale riguardanti una o più fabbriche, i servizi relativi i fallimenti non davano una veduta d’insieme su ciò che stava succedendo a livello nazionale ed internazionale. Quando per tutto il paese si sono sommate queste chiusure simultanee di fabbriche nelle piccole e nelle grandi città, è emerso un quadro molto diverso poiché interi settori dell’economia nazionale avevano cessato la loro attività.

Si continua ad indurre in errore l’opinione pubblica per quel che riguarda le cause e le conseguenze della crisi economica , senza contare le soluzioni politiche.

La gente è portata a pensare che l’economia possieda una propria logica che dipenda dalla libera influenza reciproca delle forze del mercato e che in nessuna circostanza alcuni potenti attori finanziari tirino ancora le fila in seno alle riunioni lobbistiche per influenzare il corso degli eventi economici.

L’appropriazione accanita e fraudolenta della ricchezza è mantenuta come parte integrante del “sogno americano” come mezzo per propagare benefici per la crescita economica.

Così come è stato espresso da Michel Hudson , il seguente mito recita: ”senza ricchezza al vertice non ci sarebbero ricadute”. Una logica così inadempiente del ciclo economico nasconde una comprensione delle origini strutturali e storiche della crisi economica mondiale.

Frode finanziaria.


La disinformazione mediatica serve largamente gli interessi di una manciata di banche mondiali e di speculatori istituzionali che utilizzano il dominio sui mercati finanziari e su quello delle derrate per ammassare quantità impressionanti di ricchezza monetaria.

I settori dello stato sono controllati dall’ordine lobbistico stabilito degli speculatori. Nel frattempo i “ salvataggi bancari” presentati alla gente come necessari per la ripresa economica, hanno facilitato e legittimato un processo addizionale di appropriazione della ricchezza.


Una quantità importante di ricchezza monetaria viene acquisita dalla manipolazione finanziaria. L’apparato finanziario ha sviluppato sofisticati strumenti di manipolazione e di imbrogli puri e semplici, ai quali ci si riferisce con la definizione di”deregulation”.

Grazie ad informazioni privilegiate e ad una conoscenza preventiva , i grandi attori finanziari, che utilizzano gli strumenti delle transazioni speculative, hanno la capacità di falsificare e di truccare i movimenti dei mercati a loro vantaggio, di accelerare il fallimento di un competitore e di provocare danni alle economie dei paesi in via di sviluppo. Questi strumenti sono diventati elementi fondamentali dell’architettura finanziaria e sono intergrati nel sistema.

L’insuccesso della scienza economica dominante.

La professione dell’economista, in particolare in ambito universitario, affronta raramente il “mondo reale” che si correla al funzionamento del mercato. I concetti teorici, centrati su modelli matematici, servono a rappresentare un mondo astratto e fittizio in seno al quale gli individui sono tutti uguali. Non esiste distinzione teorica tra lavoratori, consumatori o imprese alle quali ci si riferisce senza distinzione come a dei “negoziatori individuali”.

Quindi, nessun individuo ha il potere o la capacità d’influenzare da solo il mercato e non ci possono essere dei conflitti tra lavoratori e capitalisti nel mondo astratto.

Omettendo di esaminare le azioni reciproche dei potenti attori economici nell’economia”reale”, si ignorano le tecniche della falsificazione dei mercati , della manipolazione finanziaria e della frode.

La concentrazione e la centralizzazione delle prese di decisione economiche, il ruolo delle élite finanziarie, i circoli di riflessione, le sale di consiglio: nessuna di queste richieste è stata esaminata nei programmi economici universitari. Il concetto teorico è disfunzionale: non può essere utilizzato per assicurare una comprensione della crisi economica.

La scienza economica è un concetto ideologico che serve a mimetizzare e a giustificare il nuovo ordine mondiale. Una parte dei postulati dogmatici contribuisce alla salvaguardia del capitalismo del libero mercato negando l’esistenza delle ineguaglianze sociali e la natura del sistema che si basa sul profitto. Il ruolo dei potenti attori economici e il modo che questi hanno di influenzare i meccanismi del mercato finanziario e delle merci non è oggetto di preoccupazione da parte dei teorici di questa disciplina. I poteri di manipolazione che servono all’appropriazione di importanti quantità di ricchezze monetarie sono raramente prese in considerazione. E quando sono riconosciute si considera che esse appartengono al dominio della sociologia o delle scienze politiche.

Questo significa che il quadro politico e istituzionale del sistema economico mondiale, modellato nel corso degli ultimi trent’anni, viene raramente analizzato dagli economisti della cultura dominante. Così accade che l’economia, in quanto disciplina, a parte qualche eccezione, non ha fornito l’analisi necessaria per la comprensione della crisi economica. In realtà, i suoi principali postulati del libero mercato negano l’esistenza di una crisi.

L’economia neoclassica è centrata sull’equilibrio, lo squilibrio e la”correzione del mercato” o “l’aggiustamento “ attraverso il meccanismo del mercato stesso, con lo scopo di rimettere l’economia ”sulla via della crescita autonoma” .

La povertà e le disuguaglianze sociali.

L’economia politica mondiale è un sistema che arricchisce una manciata di persone a scapito della stragrande maggioranza. La crisi economica ha contribuito all’aumento delle ineguaglianze sociali, anche all’interno dei paesi stessi. Nel capitalismo mondiale, la povertà non risulta dall’esiguità o dalla mancanza di risorse umane e materiali. E’ piuttosto vero il contrario: la depressione economica è caratterizzata da un processo di disimpegno delle risorse umane e del capitale fisico. La vita delle persone viene distrutta e la crisi economica è profonda.

Le strutture delle disuguaglianze sociali sono state consapevolmente rinforzate è ci hanno portato non solo ad un processo generalizzato di impoverimento, ma anche all’annientamento di gruppi di reddito medio e medio superiore .

Il consumatore della classe media, sul quale è basato li modello di sviluppo capitalistico incontrollabile, è anch’esso minacciato. I fallimenti hanno colpito parecchi tra i settori più vivi dell’economia consumista. Le classi medie occidentali dal canto loro, sono state assoggettate all’erosione della loro ricchezza materiale per parecchi decenni. Mentre la classe media esiste solo in teoria perchè si tratta di una classe costruita e preservata dall’indebitamento delle famiglie.

Al posto della classe media, i ricchi sono diventati rapidamente la classe consumista, e questo ha portato all’incessante crescita dell’economia dei prodotti di lusso.

In più, in seguito all’inaridimento dei mercati nei prodotti manifatturieri per la classe media, la struttura e la crescita economica hanno subito una svolta epocale decisiva.

Con il crollo dell’economia civile, lo sviluppo dell’economia di guerra degli Stati Uniti, sostenuta da un bilancio della Difesa mostruoso che si avvicina a bilioni di dollari, ha raggiunto nuovi picchi. Nel momento in cui i mercati sprofondano e la recessione si espande, gli appaltatori militari, le industrie di armi perfezionate, gli imprenditori per la sicurezza nazionale e le promettenti compagnie di mercenari, hanno conosciuto uno sviluppo fiorente delle loro differenti attività.

La guerra e la crisi economica.

La guerra è inestricabilmente legata all’impoverimento delle persone, nel paese in cui si effettua e in tutto il mondo. La militarizzazione e la crisi economica sono dunque intimamente legate.

Il rifornimento di prodotti e di servizi essenziali necessari al fabbisogno umano è stato sostituito da un”ordigno omicida” il cui scopo è solo il denaro che favorisce la”guerra mondiale al terrorismo”.

I poveri sono fatti/utilizzati per combattere i poveri.

Tuttavia, la guerra arricchisce la classe superiore che controlla l’industria, l’esercito, il petrolio e le banche.

In un’economia di guerra, la morte và bene per gli affari, la povertà và bene per la società e il potere và bene per la politica.

I paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, spendono centinaia di miliardi di dollari all’anno per assassinare creature innocenti in paesi poveri e lontani mentre i loro cittadini soffrono le disparità derivate dalla povertà ,dal fatto di appartenere ad una certa classe disagiata, di far parte di un certo genere di persone e infine dalle divisioni razziali.

Una”guerra economica” assoluta viene condotta dal libero mercato e causa la disoccupazione, la povertà e le malattie. La vita delle persone è in caduta libera ed il loro potere d’acquisto non esiste più. Negli ultimi vent’anni di “ libero mercato” mondiale la vita di milioni di persone è stata stravolta in maniera decisiva, generando la povertà e lo scollamento sociale.

Piuttosto di affrontare la catastrofe sociale imminente, i governi occidentali che sono al servizio degli interessi delle élite economiche, hanno edificato uno stato di polizia stile ”Grande Fratello” il cui solo scopo è il confronto e la repressione di ogni forma di opposizione e di dissenso sociale.

La crisi economica e sociale è lungi dall’aver raggiunto il suo parossismo e interi paesi sono in pericolo, tra questi la Grecia e l’Islanda. Non resta che osservare la crescita dei conflitti nel Medio Oriente e in Asia centrale e le minacce degli Stati Uniti e della NATO verso la Cina , la Russia e l’Iran per affermare che la guerra e l’economia sono strettamente legate.

L’analisi di quest’opera.

I collaboratori di questo libro rivelano la complessità del sistema bancario mondiale e della sua relazione insidiosa con il complesso apparato militare-industriale e i conglomerati industriali petroliferi.

Quest’opera rappresenta un approccio interdisciplinare e polivalente, e trasmette una comprensione di dimensioni storiche e istituzionali. Sottolinea anche le relazioni tra la crisi economica e la guerra, l’impero e la povertà mondiale.

Questa crisi ha veramente una portata planetaria e le sue ripercussioni si stanno propagando in tutti i paesi e in tutte le società

Nella prima parte del libro viene esposto l’insieme delle cause della crisi economica con gli insuccessi delle scienze economiche della cultura dominante. Michel Chossudovsky focalizza l’attenzione sulla storia della deregulation finanziaria e sulla speculazione.

Tanya Cariina Hsu analizza il ruolo dell’impero americano e la sua relazione con la crisi economica. John Bellamy Foster e Fred Magdoff offrono una disamina dell’economia politica della crisi spiegando il ruolo chiave della politica monetaria. James Petras e Claudia von Werlhof presentano una dettagliata critica sul neoliberismo mettendo l’accento sulle ripercussioni economiche, politiche e sociali delle riforme nel “libero mercato”.

Infine Shamus Cooke prende in esame il ruolo centrale dell’indebitamento, sia esso pubblico o privato.

Nella seconda parte, che comprende i capitoli di Michel Chossudovsky e di Peter Phillis , analizza l’ondata crescente di povertà e di disuguaglianza sociale risultante dalla Grande Depressione.

Grazie ai contributi di Michel Chossudovsky, Peter Dale Scott, Michael Hudson, Bill Van Auken,Tom Burghardt e Andrei Gavin Marshall, la terza parte osserva la correlazione tra la crisi economica, la sicurezza nazionale, la guerra condotta dagli Stati Uniti e la NATO e il governo mondiale.

In questo contesto, come viene espresso da Peter Dale Scott, la crisi economica crea le condizioni che favoriscono l’instaurazione della legge marziale.

La quarta parte è imperniata sul sistema monetario internazionale, sulla sua evoluzione e sulla trasformazione del suo ruolo. Andrei Gavin Marshall prende in considerazione la storia delle banche centrali così come le differenti iniziative che mirano a creare dei sistemi monetari regionali e internazionali. Ellen Brown si concentra sulla creazione di una banca centrale mondiale e di una divisa internazionale attraverso la BRI.

Infine Richard C.Cook studia il sistema monetario basato sul debito come sistema di controllo e offre una struttura per la democratizzazione del sistema monetario.

La quinta parte è centrata sui meccanismi del sistema bancario parallelo che ha scaturito il fallimento dei mercati finanziari nel 2008.

I capitoli di Mike Whitney e di Ellen Brown descrivono nel dettaglio come il sistema Ponzi di Wall Street è stato utilizzato per manipolare il mercato e trasferire miliardi di dollari nelle tasche dei banksters.

Siamo in debito con gli autori per la loro ricerca attentamente documentata, la loro analisi incisiva e soprattutto , per il costante impegno nella ricerca della verità.

Essi ci hanno consegnato con straordinaria chiarezza la comprensione di sistemi economici , sociali e politici che condizionano la vita di milioni di persone in tutto il mondo.

Grazie a: Tom Burghardt, Ellen Brown, Richard C. Cook, Shamus Cooke, John Bellamy Foster, Michael Hudson, Tanya Cariina Hsu, Fred Magdoff, James Petras, Peter Phillips, Peter Dale Scott, Mike Whitney, Bill Van Auken et Claudia von Werlhof, ont livré, et ce avec une extraordinaire clareté, une compréhension des processus économiques, sociaux et politiques complexes qui affectent la vie de millions de personnes dans le monde. Cook, Shamus Cooke, John Bellamy Foster, Michael Hudson, Tanya Hsu cariin Fred Magdoff, James Petras, Peter Phillips, Peter Dale Scott, Mike Whitney, Bill Van Auken e Claudia von Werlhof.

Michel Chossudovsky et Andrew Gavin Marshall, Montréal et Vancouver, mai 2010 Michel Chossudovsky Gavin e Andrew Marshall, Montreal e Vancouver, maggio 2010

24 maggio 2010

A proposito della questione sull’autenticità dei «Protocolli» dei Savi Anziani di Sion



Da quando hanno fatto la loro comparsa nella storia d’Europa (la prima traduzione italiana apparve nel 1921 a cura di Giovanni Preziosi), i «Protocolli dei Savi Anziani di Sion» non hanno cessato di polarizzare l’attenzione degli storici, dei politologi e dell’opinione pubblica intorno alla controversia sulla loro autenticità.
Il libro, apparso nella Russia di Nicola II all’interno di un’opera più vasta del mistico russo Sergej Nilus, è scritto in prima persona da un “grande vecchio” che rivolge le sue parole a un’assemblea di anziani ebrei, esponendo le linee guida di un piano strategico dalla straordinaria vastità di concezione e mirante, addirittura, alla conquista e alla sottomissione del mondo da parte degli Ebrei, il “popolo eletto”.
Infiltrandosi come una prodigiosa, efficientissima e segretissima quinta colonna nelle società cristiane, e segnatamente nei centri del potere economico, finanziario, culturale e dell’informazione, gli Ebrei - stando a questo testo - si porrebbero l’obiettivo dichiarato di indebolire la fibra morale di tutte le società non ebree, sovvertendo gradualmente, ma inesorabilmente, tutti i valori, tutte le certezze, tutte le tradizioni, fino a creare le condizioni adatte perché il mondo intero cada, come un frutto maturo, in potere dell’ebraismo internazionale, che agisce per mezzo di banchieri, uomini politici, giornalisti ed esponenti del mondo della cultura.
Dal momento che i «Protocolli» si prestano ad una lettura in chiave antisemita e che, effettivamente, essi entrarono a far parte del bagaglio propagandistico antisemita del nazismo (e, in misura molto più blanda, del fascismo, ma solo all’epoca delle leggi razziali del 1938), con tutto quello che ne è derivato, gli storici della seconda metà del Novecento hanno liquidato l’intera questione della loro autenticità, dichiarandoli un falso confezionato dalla «Ochrana», il servizio segreto zarista, probabilmente a Parigi e con lo scopo di creare una sorta di giustificazione morale per i “pogrom” che infuriavano, di quando in quando, in Russia, in Ucraina, in Polonia.
Anche il saggista Sergio Romano, col suo libro del 1992 «I falsi protocolli», ha impostato così tutta la problematica ad essi relativa, come già il titolo suggerisce chiaramente: come se, una volta assodata la loro non autenticità, venisse a cadere interamente l’altra questione, ad essa collegata, ma che nessuno osa anche soltanto accennare, tanto forte è il timore di essere accusati di antisemitismo o addirittura di simpatie per il nazismo: se, cioè, le cose espresse in quel documento possano corrispondere a dei fatti reali e se, inoltre, siano o meno in linea con la Legge ebraica e con il sentire ebraico nei confronti dei “gojm”, dei Gentili.
Ma torniamo al legame fra l’«Ochrana» e i «Protocolli».
Ora, a parte il fatto che si potrebbe discutere se tutti i “pogrom” fossero voluti e organizzati dagli ambienti antisemiti della Russia e dai servizi segreti zaristi, o se non possano ricondursi anche, almeno in parte, ad una manovra delle potenti lobbies ebraiche dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, proprio allo scopo di screditare il governo zarista (ne abbiamo già parlato nell’articolo «Possono darsi delle verità così tremende che nessuna voce umana riuscirebbe a pronunziarle», inserito sul sito di Arianna Editrice in data 28/02/10), forse sarebbe il caso di domandarsi se la questione della autenticità, affermata o negata che sia, costituisca davvero la questione centrale che ci si dovrebbe porre davanti a questo impressionante documento.
Infatti, posto e stabilito che nessuna seria società segreta lascia documenti scritti relativi ai suoi complotti (e, in questo senso, i «Protocolli», nella versione in cui li conosciamo, sono quasi certamente un falso), il punto è che non si dovrebbe guardare il dito che indica la Luna, ma la Luna in se stessa: si dovrebbe cioè vedere se, nello sviluppo della storia moderna e nelle prescrizioni e invocazioni della “Torah”, della “Mishna” e del “Talmud”, i concetti espressi nei «Protocolli» trovino corrispondenza, oppure no.
A proposito dell’intera questione, Julius Evola, autore della «Introduzione» all’edizione italiana del 1938 dei «Protocolli», curata dalla rivista di Giovanni Preziosi «La vita italiana», così si esprimeva (pp. 9-10):

«Due punti vengono particolarmente in risalto nei “Protocolli”. Il primo si riferisce direttamente alla questione ebraica. Il secondo ha una portata più generale e conduce ad affrontare il problema delle forze vere in atto nella storia. Perché il lettore si renda pienamente conto dell’uno e dell’altro punto, crediamo opportuno svolgere alcune considerazioni, indispensabili per un giusto orientamento.
Per un tale orientamento, occorre anzitutto affrontare il famoso problema della “autenticità” del documento, problema sul quale si è voluto tendenziosamente concentrare tutta l’attenzione e misurare la portata e la validità dello scritto. Cosa invero puerile. Si può infatti negare senz’altro l’esistenza di una qualunque direzione segreta degli avvenimenti storici. Ma ammettere, sia pure come semplice ipotesi, che qualcosa di simile possa darsi, non si può, senza dover riconoscere che, allora, s’impone un genere di ricerca ben diverso da quello basato sul “documento” nel senso più grossolano del termine. Qui sta precisamente – secondo la giusta osservazione del Guénon – il punto decisivo, che limita la portata della questione dell’”autenticità”: nel fatto, che NESSUNA ORGANIZZAZIONE VERAMENTE E SERIAMENTE SEGRETA, QUALE SI SIA LA SUA NATURA, LASCIA DIETRO DI SÉ DEI “DOCUMENTI” SCRITTI. Solo un procedimento “induttivo” può dunque precisare la portata di “testi”, come i “Protocolli”. IL CHE SIGNIFICA CHE IL PROBLEMA DELLA LORO “AUTENTICITÀ” È SECONDARIO E DA SOSTITUIRSI CON QUELLO, BEN PIÙ SERIO ED ESSENZIALE, DELLA LORO “VERIDICITÀ”. Giovanni Preziosi già sedici anni or sono, nel pubblicare per la prima volta il testo, aveva ben messo in rilievo questo punto. La conclusione seria e positiva di tutta la polemica, che nel frattempo si è sviluppata, è la seguente: CHE QUAND’ANCHE (cioè: dato e non concesso) I “PROTOCOLLI” NON FOSSERO AUTENTICI NEL SENSO PIÙ RISTRETTO, È COME SE ESSI LO FOSSERO, PER DUE RAGIONI CAPITALI E DECISIVE:
1) Perché i fatti ne dimostrano la verità;
2) Perché la loro corrispondenza con le idee-madre dell’Ebraismo tradizionale we moderno è incontestabile.»

Che l’antisemitismo di Evola non fosse di tipo biologico - e quindi razzista - è attestato, peraltro, dal seguente passaggio (che, ove ipotizza una strumentalizzazione degli stessi Ebrei da parte di poteri occulti corrispondenti ad un livello più alto, che potrebbe far capo a forze non interamente umane, ricorda, sia detto fra parentesi, la posizione sostenuta al presente da David Icke; op. cit., p. 21-22):

«Diciamo subito che noi personalmente non possiamo seguire, qui, un certo antisemitismo fanatico che, nel suo voler vedere dappertutto l’Ebreo come “deus ex machina”, finisce col cader esso stesso vittima di una specie di tranello. Infatti dal Guénon è stato rilevato che uno dei mezzi usati dalle forze mascherate per la loro difesa consiste spesso nel condurre tendenziosamente tutta l’attenzione dei loro avversari verso chi solo in parte è la causa reale di certi rivolgimenti: fattone così una specie di capro espiatorio, su cui si scarica ogni reazione, esse restano libere di continuare il loro giuoco. Ciò vale, in una certa misura, anche per la questione ebraica. La constatazione della parte deleteria che l’Ebreo ha avuto nella storia della civiltà non deve pregiudicare una indagine più profonda, atta a farci presentire forze di cui lo stesso Ebraismo potrebbe esser stato, in parte, solo lo strumento. Nei “Protocolli”, del resto, spesso si parla promiscuamente di Ebraismo e di Massoneria, si legge” cospirazione massonico-ebraica”, “la nostra divisa massonica, ecc., e in calce della loro prima edizione si legge: “firmato dai rappresentanti di Sion del 33 grado”. Poiché la tesi, secondo la quale la Massoneria sarebbe esclusivamente una creazione e uno strumento ebraico è, per varie ragioni, insostenibile, già da ciò appare la necessità di riferirsi ad una trama assai più vasta di forze occulte pervertitrici, che noi siamo perfino inclini a non esaurire in elementi puramente umani. Le principali ideologie consigliate dai “Protocolli” come strumenti di distruzione e effettivamente apparse con questo significato nella storia - liberalismo, individualismo, scientismo, razionalismo, ecc. - non sono, del resto, che gli ultimi anelli di una catena di cause, impensabili senza antecedenti, quali per esempio l’umanesimo, la Riforma, il cartesianismo: fenomeni dei quali però nessuno vorrà seriamente far responsabile una congiura ebraica, così come il Nilus, in appendice, mostra d credere, inquantoché fa retrocedere la congiura ebraica niente di meno che al 929 a. C. Bisogna invece restringere l’azione distruttrice positiva dell’internazionale ebraica ad un periodo assai più recente e pensare che gli Ebrei hanno trovato un terreno già minato da processi di decomposizione e d’involuzione, le cui origini risalgono a tempi assai remoti e che sui legano ad una catena assai complessa di cause: essi hanno utilizzato questo terreno, vi hanno, per così dire, innestato la loro azione, accelerando il ritmo di quei processi. La loro parte di esecutori del sovvertimento mondiale non può dunque essere assoluta. I “Savi Anziani” costituiscono invero un mistero assai più profondo di quanto lo possano supporre la gran parte degli antisemiti, e così pure, per un altro verso, coloro che invece fanno cominciare e finire ogni cosa nell’internazionale massonica, o simili.»

Per Evola, la questione dell’autenticità o meno è una falsa questione, perché quello che conta è la piena concordanza fra lo spirito della Legge ebraica e lo spirito che emerge dalle pagine dei «Protocolli; e, in particolare, l’idea della rivincita mondiale dell’ebraismo su tutto il resto dell’umanità, sui Gentili, considerati alla stregua di bestiame, se non di autentica spazzatura destinata, comunque, ad un ruolo totalmente subalterno nel “nuovo ordine mondiale” che verrà instaurato nel gran giorno (idem, pp. 24-26):

«Per ben inquadrare il problema ebraico e comprendere il vero pericolo dell’Ebraismo bisogna partire dalla premessa che alla base dell’Ebraismo non sta tabto la razza (in senso strettamente biologico), ma la Legge. La Legge è l’Antico Testamento, la “Torah”m, ma altresì, e soprattutto, i suoi ulteriori sviluppi, la “Mishna” e essenzialmente il “Talmud”. È stato giustamente detto che, come Adamo è stato plasmato da Jehova, così l’ebreo è stato plasmato dalla Legge: e la Legge, nella sua influenza millenaria attraverso le generazioni, ha destato speciali istinti, un particolar modo di sentire, di reagire, di comportarsi, è passata nel sangue, tanto da continuare ad agire anche prescindendo dalla coscienza diretta e dall’intenzione del singolo. È così che l’unità d’Israele permane attraverso la dispersione: in funzione di un’essenza, di un incoercibile modo d’essere. E insieme a tale unità sussiste e agisce sempre, fatalmente, o in modo atavico e inconscio, o in modo oculato e serpentino, il suo principio, la Legge ebraica, lo spirito talmudico.
È qui che interviene un’altra prova della veridicità dei “Protocolli” quale documento ebraico, inquantoché trarre da questa Legge tutte le sue logiche conseguenze nei termini di un piano d’azione significa – esattamente – venire più o meno a quanto di essenziale si trova nei “Protocolli”. Ed è essenziale questo punto, CHE MENTRE L’EBRAISMO INTERNAZIONALE HA IMPEGNATO TUTTE LE SUE FORZE PER DIMOSTRARE CHE I “PROTOCOLLI” SONO FALSI, ESSO HA SEMPRE E CON LA MASSIMA CURA EVITATO IL PROBLEMA DI VEDERE FINO A CHE PUNTO QUESTO DOCUMENTO, FALSO O VERO CHE SIA, CORRISPONDE ALLO SPIRITO EBRAICO. E proprio questo è il problema che ora vogliamo considerare. L’essenza della Legge ebraica è la distinzione radicale fra Ebreo e non-Ebreo più o meno negli stessi termini che fra uomo e bruto, fra eletti e schiavi; è la promessa, che il Regno universale d’Israele, prima o poi, verrà, e che tutti i popoli debbono soggiacere allo scettro di Giuda; è il dovere, per l’Ebreo, di non riconoscere in nessuna legge, che non sia la sua legge, altro che violenza e ingiustizia e accusare un tormento, una indegnità, dovunque il dominio, che egli ha, non sia l’assoluto dominio; è la dichiarazione di una doppia morale, che restringe la solidarietà alla razza ebraica, mentre ratifica ogni menzogna, ogni inganno, ogni tradimento nei rapporti fra Ebrei e non-Ebrei, facendo dei secondi una specie di fuori-legge; è, infine, la santificazione dell’oro e dell’interesse come strumenti della potenza dell’Ebreo, al quale soltanto, per promessa divina, appartiene ogni ricchezza della terra e che deve “divorare” iogni popolo che il Signore gli darà. Nel “Talmud” si arriva a dire: “Il migliore fra i non-Ebrei (“gojm”), uccidilo”. Nel “Shemoré Esré”, preghiera ebraica quotidiana, si legge: “Che gli apostati perdano ogni speranza, che i Nazzareni e i Minim (i Cristiani) periscano di colpo, siano cancellati dal libro della vita e non siano contati fra i giusti”. “ Ambizione senza limiti, ingordigia divoratrice, un desiderio spietato di vendetta e un odio intenso” si legge nei “Protocolli” (XI) e difficilmente si saprebbe dare una più adeguata espressione di ciò che risulta a chi penetri l’essenza ebraica. E mai è venuta meno, all’Ebreo, la speranza del Regno, è in essa che sta, anzi, in gran parte, il segreto della forza inaudita che ha tenuto in piedi ed ha conservato uguale a sé stesso Israele, tenace, caparbio, orgoglioso e vile ad un tempo, attraverso i secoli. Ancor oggi, annualmente, nella festa del Rosch Hassanah, tutte le comunità ebraiche evocano la promessa: “Innalzate le palme e acclamate, giubilando, Dio, poiché Jehova, l’altissimo, il terribile, sottometterà tutte le nazioni e le porrà sotto ai vostri piedi”.»

Le considerazioni di Evola ci sembrano non prive di un certo spessore concettuale e meritevoli, comunque, di essere prese seriamente in esame, piaccia o non piaccia la figura di colui che le ha formulate ed il ruolo da lui rivestito nella cultura antisemita dell’epoca.
La prima domanda che ci dovremmo porre è se una cospirazione globale sia possibile e verosimile e se sia dato di scorgerne non già le prove - abbiamo visto che nessuna società segreta ne lascerebbe alle proprie spalle -, ma almeno degli indizi abbastanza riconoscibili.
La seconda domanda è se sia possibile che non già gli Ebrei indiscriminatamente, ma alcuni gruppi ebraici potenti e sperimentati, facendo leva su una Legge che è stata loro inculcata per innumerevoli generazioni, non possano essersi prestati ad un disegno del genere, magari in collaborazione con altri centri di potere occulto.
Alla prima domanda ci sembra sia difficile rispondere in maniera assolutamente negativa.
Che i membri del “villaggio globale” si trovino in una condizione di vera e propria schiavitù psicologica e culturale, instupiditi da demenziali programmi radiofonici e televisivi, disinformati da una stampa asservita e fuorviati da sedicenti intellettuali che fanno a gara, ormai da lungo tempo, nel fare a pezzi ogni parvenza di valore tradizionale e nel descrivere la vita come decadenza, dolore, noia e disperazione: tutto questo è sotto gli occhi di tutti, se si possiedono ancora - beninteso - occhi per vedere e una mente per riflettere.
Ora, è difficile pensare che tutto questo sia frutto del caso o di una spontanea convergenza di circostanze; senza contare che l’esperienza ci insegna che i grandi gruppi finanziari e industriali non tralascerebbero alcuna strategia, alcuna manovra, alcuna bassezza, per quanto criminosa, nel perseguire i loro fini inconfessabili: che non consistono solamente nel vendere una quantità sempre crescente di prodotti inutili o addirittura nocivi, ma anche nel distruggere ogni residuo di spirito critico nel suddito-consumatore, in modo da renderlo il più simile possibile ad uno “zombie”: perché solo così si può essere certi che egli non prenderà consapevolezza della sua reale condizione e non tenterà di sottrarvisi.
Scatenare guerre e rivoluzioni, finanziare gruppi terroristici magari di opposta matrice ideologica, istigare colpi di stato, provocare crisi finanziarie, promuovere filosofie e movimenti artistici che inneggiano al nichilismo e alla distruzione della società: sono tutte azioni che un tale gruppo di potere occulto, attraverso le sue innumerevoli ramificazioni, non esiterebbe a mettere in atto e che non presentano, sotto il profilo tecnico, ostacoli insormontabili, specialmente se si dispone di possibilità finanziarie praticamente illimitate.
Alla seconda domanda ci sembra che si possa egualmente rispondere in maniera affermativa; o, quanto meno, che una risposta affermativa possa costituire una ragionevole ipotesi di lavoro sulla quale indagare.
Gruppi di potere occulto sappiamo che esistono, primo fra tutti la Massoneria, che affonda le proprie radici in una tradizione ormai plurisecolare e la cui regia nascosta è ormai accertata dietro fatti storici rilevanti, a cominciare da quelli riguardanti la nascita del nostro Stato nazionale, nel corso del Risorgimento.
Che, poi, esista una sorta di federazione tra tali gruppi, ciascuno dei quali persegue, in realtà, un proprio disegno egemonico e ciascuno dei quali spera di servirsi degli altri per realizzare i propri fini particolari: anche questo rientra nell’ambito del possibile e perfino del probabile; come suggerisce, ancora una volta, l’osservazione di fatti storici ormai noti, come la collaborazione che si instaura fra organizzazioni criminali internazionali, ciascuna delle quali particolarmente interessata ad un certo ambito delle attività illecite.
Che, infine, salendo di livello in livello, si giunga al vertice della piramide che nessuno ha mai potuto conoscere di persona, anche perché i suoi membri più importanti, i burattinai supremi del grande gioco, sono - forse - creature di origine non umana: ebbene, ciò può essere solo oggetto di speculazione teorica, mancando prove o anche indizi concreti tali, da poter dirimere la questione per via documentaria.
Chi studia il fenomeno della cospirazione mondiale non può servirsi dei normali metodi di ricerca dello storico professionista, perché la materia stessa è completamente diversa da quella della storia. Lo storico procede di documento in documento; ma lo studioso della cospirazione globale sa che non troverà mai dei “documenti” paragonabili a quelli di cui si servono i suoi colleghi della storia, chiamiamola così, profana.
Possiamo da ciò trarre la conclusione che non è cosa da persone serie mettersi a studiare la cospirazione globale, dato che, a rigore, non siamo affatto certi nemmeno del fatto che esista il soggetto di una tale ricerca?
Certamente no.
Il fatto che non esistano prove assolutamente certe e incontrovertibili di una costante presenza aliena sul nostro pianeta non è un argomento per squalificare gli studi che si possono fare in proposito o per denigrare quanti decidono di dedicarvisi; e la stessa osservazione può farsi per tutti quegli ambiti di studio che abbracciano materie prive di un riscontro materiale oggettivo, a cominciare dalle religioni.
Gli studiosi “seri”, però, temono il ridicolo: sono persone che ha molto amor proprio, anche se non esitano a mangiare nella greppia di istituzioni, giornali o televisioni che si aspettano da loro appunto quel tipo di “serietà” che consiste nel non fare mai, assolutamente mai, delle domande veramente scomode, ma nel blandire, al contrario, la pigrizia mentale del pubblico.
Ora, il ridicolo (o peggio) è quasi inevitabile per chiunque si addentri nel labirinto della cospirazione globale; e i più petulanti nel ridere alle spalle di un tale ricercatore sono, senza dubbio, proprio coloro i quali - ne siano consapevoli o no - hanno subito in dosi più massicce l’opera di omologazione e istupidimento perseguita dal Pensiero Unico dominante. Perché a quei signori pieni di sussiego e di serietà, magari baroni universitari con ampie gratificazioni professionali, non va molto a genio l’idea di prendere in esame la possibilità, anche solo teorica, di essere, né più né meno di chiunque altro, soltanto dei poveri burattini eterodiretti.
Come se non bastasse, fa parte, da sempre, della tecnica di tutti i gruppi di potere occulto, quella di operare una sistematica disinformazione, lasciando trapelare brandelli di verità, mescolati però a tali e tante inverosimiglianze, da confondere completamente le carte e da screditare anche il lavoro di quanti concentrano le proprie spassionate ricerche proprio su quei brandelli.
Certo, finché il conformismo intellettuale continuerà a dominare incontrastato, i signori dei poteri occulti potranno dormire sonni tranquilli ancora a lungo.
Finché qualcuno, un poco alla volta, comincerà a scuotersi dal torpore e a farsi delle domande scomode e politicamente scorrette: a farle a se stesso in primo luogo; e poi, in un secondo tempo, a farle anche agli altri.
Allora, i signori del Pensiero Unico cominceranno a non sentirsi più tanto tranquilli.
Avranno paura che la verità cominci a venir fuori: non quella mezza verità che essi stessi lasciano fuggire, di quando in quando, aprendo e chiudendo il rubinetto della disinformazione; ma la verità vera, quella che a loro non piace affatto, perché disturba i loro progetti e i loro affari.
Quel giorno, forse, si sta avvicinando.
Un principio di consapevolezza incomincia a soffiare, qua e là, nella stagnante palude in cui siamo sprofondati.
Speriamo che quella brezza si trasformi quanto prima in un vento impetuoso e che sia abbastanza forte da disturbare i piani e gli affari di chi ci vorrebbe eternamente schiavi, e sia pure schiavi di lusso, imprigionati mani e piedi con delle catene d’oro massiccio.

di Francesco Lamendola