28 febbraio 2008

La nostra civiltà: L'Olocausto nascosto



È risaputo come il termine “olocausto” sia tradizionalmente impiegato in riferimento alla “sistematica, burocratica, persecuzione e uccisione organizzata da uno stato di circa sei milioni di Ebrei, da parte del regime Nazista durante la Seconda Guerra Mondiale”. “Olocausto” è una parola greca che significa “sacrificio per mezzo del fuoco”. Esprime un evento la cui portata e il cui orrore hanno trasformato il corso della storia mondiale. È inoltre visto come un crimine contro l'umanità ineguagliabile e unico.

Su questo non si discute. L'olocausto nazista è certamente stato un genocidio eccezionalmente orrendo la cui enormità e il cui carattere sistematico sono a mala pena immaginabili, progettato per eliminare completamente – fisicamente, socialmente, culturalmente – il popolo ebraico dalla faccia della Terra.

Ma allora cosa intendiamo con “olocausto nascosto”? Questo termine indica la realtà di una campagna globale di omicidi e assassini, la cui scala ed enormità sono tali da rendere la parola “olocausto”, certamente in senso lato, applicabile. È “nascosto”, nel senso che, sebbene milioni di persone in tutto il mondo lo abbiano subito nel corso della storia e lo subiscano ancora oggi, esso rimane invisibile, ufficialmente non riconosciuto.
Questo “olocausto nascosto" aumenta, accelera, si intensifica; secondo tutte le proiezioni degli esperti, dalle scienze sociali a quelle fisiche, potrebbe culminare nell'estinzione della specie umana a meno che non si prendano provvedimenti drastici ed immediati, adesso.

2. “Crisi di civiltà”

“Civiltà” è una parola che si sente spesso, e spesso è stata impiegata per spiegare le dinamiche della Guerra al terrore come uno scontro tra due civiltà: la civiltà avanzata, sviluppata e progressista dell'Occidente e la retrograda e reazionaria civiltà dell'Islam.

Come ben si sa, l'uomo che per primo ha elaborato quest'idea nella forma di una teoria accademica delle relazioni internazionali è stato Samuel Huntington, professore ad Harvard e consigliere del governo statunitense.
All'inizio del 2007, l'allora Primo Ministro Tony Blair ha descritto la Guerra al terrore come “uno scontro non tra civiltà”, ma piuttosto “sulla civiltà.” La Guerra al terrore è, ha proclamato, una continuazione della “millenaria battaglia tra progresso e reazione, tra chi abbraccia il mondo moderno e chi ne rifiuta la esistenza.” [“A Battle for Global Values," ('La battaglia per i valori globali') Foreign Affairs (Gennaio/Febbraio 2007)]

Ma l'“olocausto nascosto” non costituisce un'aberrazione della nostra civiltà avanzata che di per sé rappresenterebbe il picco dello sviluppo umano, e che necessiterebbe solo di qualche riforma. Al contrario, l'“olocausto nascosto” è una componente essenziale della struttura stessa, dei valori e delle attività, della nostra civiltà. È parte e particella dei “valori globali” dell'ordine politico-economico internazionale che sostiene la civiltà industriale. E a meno che non tentiamo di trasformare la natura della nostra civiltà, periremo tutti in un olocausto che avremo provocato noi stessi.
3. La concezione genocida di civilità

L'olocausto nascosto associato alla nostra civiltà moderna ha preso avvio all'inizio della civiltà moderna stessa.
Le origini della civiltà moderna si possono trovare, in parte, nei viaggi, cruciali per l'espansione coloniale e il commercio europei, effettuati dal XV al XIX secolo. Esploratori spagnoli, italiani, portoghesi, olandesi, inglesi ed altri si avventurarono al di fuori dei propri Paesi natale alla ricerca di nuove ricchezze e di nuove terre in ogni angolo del globo. Si recarono nei continenti dell'America, dell'Africa e dell'Asia dove stabilirono colonie e avamposti commerciali.
Colonizzatori e coloni avevano ogni tipo di intenzioni. Alcuni di loro erano in possesso di capitale e stavano semplicemente cercando nuove opportunità di investimento. Altri stavano tentando di sfuggire ad esistenze difficili nel proprio paese e desideravano farsi una nuova vita insediandosi nelle colonie. Altri ancora volevano portare il messaggio del Cristianesimo alle popolazioni indigene. Quasi tutti vedevano se stessi come parte dell'inevitabile slancio storico del progresso, come portatori dei frutti della civiltà europea a genti arretrate.
Qualsiasi fossero le intenzioni, l'espansione europea previde l'uso massiccio e sistematico della violenza. Violenza di ogni genere. Massacri indiscriminati, campi di lavoro forzato, malattie, malnutrizione dovuta all'imposta deprivazione economica, suicidi di massa causati da depressione e alienazione culturale. Come sostiene Irving Louis Horowitz, per esempio, “la condotta del colonialismo classico era invariabilmente legata al genocidio”. [Genocide: State Power and Mass Murder, (New Brunswick, NJ: Transaction, 1976), p. 19-20 – Genocidio: potere statale e omicidio di massa, trad. it. non disponibile] Di seguito proponiamo un resoconto di alcuni esempi salienti.
4. L'olocausto americano

La conquista fatale ebbe inizio a partire dal 1492, anno in cui si dice Cristoforo Colombo abbia scoperto le Americhe. Nel corso di pochi secoli successivi, le complesse civiltà dei nativi americani furono devastate. Lo storico britannico Mark Cocker ha esaminato delle stime affidabili del bilancio delle vittime:

“[U]ndici milioni di indigeni americani persero la vita negli ottant'anni successivi all'invasione spagnola del Messico. Nell'Impero andino degli Inca, la cifra superò gli otto milioni. In Brasile, la conquista portoghese assistette alla diminuzione del numero degli indiani da un totale precolombiano di quasi 2.500.000 ad appena 225.000 persone. E nel nord del Messico. . . i nativi americani, entro la fine del XIX secolo, diminuirono drammaticamente da una popolazione originale di oltre 800.000 persone. Per l'intero continente delle Americhe, secondo alcuni storici le perdite totali raggiunsero addirittura i 100 milioni.” [Mark Cocker, Rivers of Blood, Rivers of Gold: Europe’s Conquest of Indigenous Peoples (New York: Grove Press, 1998), p. 5 – Fiumi di sangue, fiumi d'oro: la conquista europea dei popoli indigeni, trad. it. non disponibile]

Sebbene la maggior parte di tali morti siano avvenute a causa dell'impatto con le malattie europee, la malattia da sola non spiega le variazioni nei bilanci dei decessi nelle diverse parti delle Americhe. I fattori chiave in cui le malattie agirono erano, in definitiva, le conformazioni sociali colonialiste e repressive imposte sui nativi dagli invasori europei, che consistettero in diverse matrici di regimi di lavoro forzato in miniere e piantagioni, riduzione in schiavitù in massa per l'uso domestico e personale da parte dei colonialisti, perturbazioni religiose e culturali, e così via.
Secondo le conclusioni di David Stannard nel suo esaustivo studio del genocidio che egli descrive come un “Olocausto americano”, questi fattori accelerarono ed intensificarono il semplice impatto della malattia. Egli descrive ulteriormente il pensiero strategico dei colonialisti:

“All'alba del quindicesimo secolo, i conquistadores e i preti spagnoli offrivano agli indiani in cui si imbattevano una scelta: o abbandonate la vostra religione e la vostra cultura, le vostre terre e la vostra indipendenza, giurando fedeltà 'come vassalli' alla Chiesa Cattolica e alla Corona Spagnola, o subirete ‘tutto il male e tutti i danni’ che gli invasori europei sceglieranno di infliggervi.” [David Stannard, American Holocaust: The Conquest of the New World (Oxford: Oxford University Press, 1993), p. 255 – trad. it.: Olocausto americano. La conquista del Nuovo Mondo, Bollati Boringhieri, 2001]
Questa scelta binaria, data ai nativi americani cinque secoli fa, assomiglia in maniera impressionante alla retorica che oggi dà fondamento alla Guerra al terrore: “Con noi o contro di noi.”

5. L'olocausto africano

In Africa, il commercio degli schiavi contribuì considerevolmente alla morte prolungata di un enorme numero di persone. Sebbene localmente esistessero già strutture schiavistiche, di sicuro non avevano la dimensione che assunse il fenomeno nel corso degli interventi europei. I commercianti di schiavi inglesi, francesi, olandesi, spagnoli, danesi e portoghesi iniziarono depredando i villaggi sulla costa africana occidentale. Il commercio di schiavi transoceanico, che durò dagli anni Cinquanta del XV secolo agli anni Sessanta del XIX, consistette di “una serie di scambi di prigionieri che si estendeva dall'interno dell'Africa Sub-sahariana fino agli acquirenti finali nelle Americhe.” Un osservatore del tempo, il giornalista britannico Edward Morel scrisse: “Per un secolo, gli schiavi nelle Barbados furono mutilati, torturati, appesi vivi alla forca e lasciati morire di fame, bruciati vivi, scaraventati in pentoloni di zucchero bollente, frustati a morte.” [The Black Man’s Burden: The White Man in Africa from the Fifteenth Century to World War I (New York: Modern Reader, 1969) – Il peso dell'uomo nero: l'uomo bianco in Africa dal XV secolo alla Prima Guerra mondiale, trad. it. non disponibile]

Dal XVI al XIX secolo, il bilancio totale delle morti di schiavi africani trasportati via nave nella sola America raggiunse i 2 milioni. Sebbene il numero esatto dei molti milioni che morirono “alla cattura o in viaggio verso l'Asia o il Medio Oriente” sia sconosciuto, tra gli schiavi “tenuti in Africa potrebbero essere morti circa 4.000.000”. In totale, in cinque secoli, quasi 17.000.000 -- e secondo alcuni calcoli forse oltre 65.000.000 – di Africani furono uccisi nel commercio di schiavi transoceanico. [R. J. Rummel, Death by Government (New Brunswick, N.J.: Transaction Publishers, 1994) – trad. it.: Stati assassini. La violenza omicida dei governi, Rubbettino, 2005].
Il sociologo della University of Essex Robin Blackburn ha dimostrato in modo convincente la centralità del capitalismo nell'espansione della schiavitù del nuovo mondo, sostenendo che i profitti schiavisti accumulati nel “commercio triangolare” tra Europa, Africa e America contribuirono in maniera fondamentale all'industrializzazione della Gran Bretagna. Ad esempio, i profitti provenienti dal commercio triangolare nel 1770 avrebbero costituito tra il 20,9 e il 55 % degli investimenti fissi lordi britannici. [Robin Blackburn, The Making of New World Slavery: From the Baroque to the Modern, 1492-1800 (London: Verso), p. 572 – La creazione della schiavitù del Nuovo Mondo: dall'età Barocca all'età moderna 1492-1800, trad. it. non disponibile] La questione della costituzione del capitale, comunque, è solo una parte della storia. Il commercio di schiavi transoceanico fu un motore indispensabile nel sistema capitalistico emergente sotto la responsabilità dell'Impero britannico. La meccanizzazione del settore tessile del cotone, originariamente prodotto nelle piantagioni americane in cui lavoravano gli schiavi africani, fu la forza trainante e travolgente dell'industrializzazione britannica. [CK Harley and NFR Crafts, “Cotton Textiles and Industrial Output Growth," ('Cotone e incremento del rendimento industriale') Warwick Economics Research Paper Series (1994, no. 420)]

6. L'olocausto indiano

Nel suo fondamentale studio, Late Victorian Holocausts: El Niño Famines and the Making of the Third World (London: Verso, 2001) – [trad. it.: Olocausti tardovittoriani. El Nino, le carestie e la nascita del terzo mondo, Feltrinelli, 2002], lo storico Mike Davis evidenzia come le politiche imperialiste britanniche abbiano sistematicamente convertito le siccità nel Sud dell'Asia e dell'Africa in prevedibili ma evitabili carestie fatali.
In India, un numero di persone compreso tra 5,5 e 12 milioni morì in una carestia indotta artificialmente sebbene vi fossero milioni di tonnellate di cereali in circolazione. La produzione di frumento e riso era stata superiore alla media nei tre anni precedenti, ma la maggior parte del surplus era stata esportata in Inghilterra. “In effetti, i londinesi stavano mangiando il pane dell'India.” Nell'ambito delle regole di “libero mercato”, tra il 1877 e il 1878, i mercanti di cereali esportarono una quantità record di frumento pari a 325 mila tonnellate verso l'Europa mentre milioni di indiani poveri morivano di fame.
È in modo cruciale che Davis sostiene che queste persone morirono “non al di fuori del moderno sistema mondiale, ma proprio nel corso della loro integrazione forzata nelle sue strutture economiche e politiche. Essi morirono nell'età dell'oro del capitalismo liberale; molti furono assassinati dall'applicazione di principi utilitaristici di libero commercio”.

7. La divisione del mondo

Tale violenza, dunque, non fu meramente incidentale nel progetto imperialista europeo. Ne era parte integrante, sistematica, come una soluzione al problema della resistenza posta dai nativi.
Nel periodo compreso all'incirca tra il 1870 e il 1914, le politiche imperialiste europee ricevettero una nuova iniezione di vita, risultante dall'intensa corsa per il controllo dei territori dell'Asia orientale e dell'Africa. Quasi tutto il mondo era completamente suddiviso e sottoposto al governo politico formale o informale di Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Belgio, U.S.A. e Giappone. Questi paesi tutti insieme, in Africa, per esempio, acquisirono 30 nuove colonie e 110 milioni di sudditi. La resistenza africana fu brutalmente annientata. Si consideri, ad esempio, l'insurrezione nel 1904 degli Herero, una tribù dell'Africa sud occidentale, contro l'occupazione tedesca. La risposta tedesca consistette nel condurli tutti e 24.000 nel deserto a morire di fame; chi si arrese fu fatto lavorare a morte nei campi di lavoro forzato. [Thomas Pakenham, The Scramble for Africa: White Man’s Conquest of the Dark Continent, 1876-1912 (London: Random House, 1991) – La corsa alla conquista dell'Africa: la conquista dell'uomo bianco del continente nero, 1876-1912. trad. it. non disponibile]

In questo periodo, nel sistema internazionale sono già visibili gravi iniquità. Entro il 1880, il reddito pro-capite nei Paesi sviluppati era circa il doppio di quello del 'Terzo Mondo'. Entro il 1913, era tre volte maggiore, ed entro il 1950, cinque volte maggiore. Allo stesso modo, il PIL pro-capite dei Paesi industrializzati più sviluppati era, nel 1830, già doppio rispetto a quello del Terzo Mondo, per diventare sette volte maggiore entro il 1913. [E. J. Hobsbawm, The Age of Empire, 1875-1914 (London: Abacus, 1987), p. 15 – trad. it.: L'età degli imperi 1875-1914, Laterza, 2005]

In conclusione, per cinquecento anni, centinaia di milioni di indigeni furono trucidati, decimati, deportati, resi schiavi, affamati, sterminati, impoveriti, e assimilati forzatamente ad un sistema mondiale emergente dominato dall'Europa Occidentale. Questo è il modo in cui sono venuti in esistenza i valori globali e le strutture politico economiche della nostra civiltà. La globalizzazione . . . la sanguinosa eredità di una macchina letale vecchia di 500 anni.

Nafeez Mosaddeq Ahmed


Fonte: http://nafeez.blogspot.com/

27 febbraio 2008

Il piano completo per il controllo dell'informazione


La guerra dell'informazione

Quando i militari statunitensi parlano di controllo completo, intendono veramente dire "controllo completo".
Le operazioni di disinformazione [Information operations, IO], o guerra dell'informazione, sono parte essenziale dell'attività militare.
In seguito ad una richiesta del National Security Archive dell'università George Washington, giustificata dal Freedom of Information Act, il Pentagono ha dovuto recentemente declassificare il documento Information Operation Roadmap, descritto dal sito del Council on Foreign Relations in questi termini:

"Documento del Pentagono del 2003, in precedenza classificato come noforn (da non portare a conoscenza di stranieri, compresi gli alleati). Il rapporto indica in dettaglio le operazioni di disinformazione dell'armata USA, incluse le operazioni psicologiche, la guerra elettronica, la manipolazione dei giornalisti stranieri. Il National Security Archive ha reso pubblico il documento il 26 gennaio 2006"



Sullo stesso piano delle operazioni aeree, terrestri, marittime e speciali

Il documento sottolinea chiaramente l'importanza della guerra di disinformazione.
"Principi fondamentali. L'informazione, sempre importante nella guerra, è adesso indispensabile per il successo militare, e lo sarà sempre di più nel futuro prevedibile. Tre principi chiave sottolineano la crescente importanza dell'informazione:

- (U) Comunicare con efficacia le capacità e le intenzioni del governo USA (USG) è un mezzo importante per combattere i piani dei nostri nemici. La possibilità di far arrivare rapidamente informazioni convincenti ai diversi destinatari, in modo da influenzarne direttamente le scelte, è un sistema sempre più potente per contrastare l'aggressione" [grassetto aggiunto] - 3
Il punto centrale del documento è la tesi secondo cui le operazioni di disinformazione dovrebbero essere centralizzate presso il Segretario della Difesa ed essere considerate attività militari fondamentali.
Obiettivo: le IO [operazioni di disinformazione] diventano un'attività militare fondamentale. L'importanza di dominare lo spettro dell'informazione spiega l'obiettivo di trasformare l'IO in un'attività militare fondamentale, sullo stesso piano delle operazioni aeree, terrestri, marittime e speciali. Al panel di controllo della IO Roadmap era stato affidato il compito di elaborare una serie di raccomandazioni estremamente pratiche per rendere l'IO un'attività militare fondamentale, cosa che a sua volta imponeva d'individuare i prerequisiti essenziali per diventare tale" [grassetto aggiunto] - 4


Messaggi e temi coerenti

La principale ragione per centralizzare le operazioni d'informazione sotto un comando unico era quella di creare una coerenza tra i vari segmenti delle operazioni d'informazione del Pentagono.
"L'IO richiede un coordinamento tra affari pubblici e operazioni militari e civili, in modo che gli obiettivi delle attività correlate si completino vicendevolmente e sia garantita la coerenza del messaggio" [grassetto aggiunto] – 23

"- (U) Il governo USA non può attuare una efficace strategia di comunicazione che faciliti le operazioni militari se organi differenti del governo inviano ai destinatari stranieri messaggi incoerenti. È quindi importante che le differenze politiche tra dipartimenti e agenzie del governo statunitense vengano stemperate al punto da permettere di trasmettere gli stessi temi e messaggi.

- (U) Tutte le attività d'informazione del Ministero della Difesa (DoD), incluse le operazioni di disinformazione condotte a livello strategico, operativo, e tattico, dovranno riflettere ed essere coerenti con gli obiettivi strategici e politici di sicurezza nazionale in senso lato" [grassetto aggiunto] – 25

"Coordinamento delle attività d'informazione. Le "attività d'informazione" più importanti del DoD riguardano gli affari pubblici, il sostegno militare alla diplomazia ufficiale e le PSYOP [operazioni psicologiche]. Il dipartimento di Stato mantiene il controllo della diplomazia ufficiale [solo mezza linea scritta] e l'IBBG [International Broadcasting Board of Governors] quello della trasmissione oltremare dei messaggi dell'USG, spesso con il DoD in funzione di supporto. Il DoD ha costantemente sostenuto che le attività d'informazione di tutte le agenzie devono essere integrate e coordinate, in modo da garantire che temi e messaggi siano coerenti" [grassetto aggiunto] - 25


Una forza addestrata e con carriera pianificata

Oltre a trasformare le operazioni d'informazione in attività militare fondamentale, il documento proponeva, nel capoverso intitolato "Una forza addestrata e con carriera pianificata":
"Il DoD [Department of Defence] esige uno staff di professionisti delle IO capaci di pianificare ed eseguire IO pienamente integrate per sostenere i comandi delle unità combattenti. La forza di professionisti dell'IO dovrà offrire opportunità di promozioni e incentivi proporzionali a quelle di altre aree di combattimento e la possibilità di passaggio al rango di responsabile esecutivo" - 32


Sostegno

Il documento fu approvato e firmato dall'allora Segretario alla Difesa, Donald H. Rumsfeld, che aggiunse le seguenti parole d'incoraggiamento:
"Approvo le raccomandazioni della Roadmap e invito servizi, comandi delle unità combattenti e agenzie del DoD a sostenere senza riserve l'attuazione del piano" - iv



Ma cosa sono le operazioni di disinformazione?

Il documento definisce le operazioni di disinformazione nei seguenti termini:
"L'uso integrato delle possibilità offerte dalla Guerra elettronica, le Operazioni informatiche in rete, le Operazioni psicologiche, la disinformazione militare e le operazioni di sicurezza (in coordinamento con opportune e specifiche capacità di sostegno) per influenzare, distruggere, alterare o prendere il controllo dei sistemi decisionali umani e automatici degli avversari, proteggendo al tempo stesso i nostri" - 22


Questa serie di articoli analizzerà l'obiettivo del Pentagono di assumere il controllo completo della guerra delle informazioni, inclusi il controllo dello spettro elettromagnetico e la lotta a Internet. Mi occuperò inoltre del ricorso alle operazioni psicologiche (PSYOP), così come definite nell'Information Operation Roadmap e degli eventuali limiti nella guerra delle informazioni.

ParteII: Controllo assoluto dell'intero spettro elettromagnetico

Nel 2003, l'allora Segretario alla difesa Donald Rumsfeld firmò l'Information Operation Roadmap che, tra le altre cose, sottolineava l'intenzione del Pentagono di dominare l'intero spettro elettromagnetico.

[...]

Dominare

Da Information Operation Roadmap:
"Dobbiamo migliorare le nostre capacità di attacco nell'etere e in rete. Per vincere una guerra imperniata sull'informazione, sta diventando sempre più importante che le nostre forze abbiano capacità di attacco sufficienti a controllare lo spettro elettromagnetico" [grassetto aggiunto] – 6

"Coprire l'intero arco delle missioni e possibilità dell'EW [Guerra elettronica], incluse la guerra di navigazione, il contrattacco, il controllo dei sistemi a radiofrequenza dell'avversario che permettono di localizzare e individuare amici e nemici, ecc." – 61

"Fornire capacità di EW sufficienti a garantire il controllo totale dell'intero spettro elettromagnetico, neutralizzando, degradando, alterando o distruggendo l'intera gamma dei nuovi sistemi di comunicazione, dei sensori, e dei sistemi d'armamento che usano lo spettro elettromagnetico" [grassetto aggiunto] – 61

"La DPG 04 [Defense Planning Guidance] ha affidato all'USD (AT&L) [Under Secretary of Defense for Acquisition, Technology and Logistics], in coordinamento con il CJCS [Chairman of the Joint Chiefs of Staff] e i servizi, il compito di sviluppare le raccomandazioni per trasformare e ampliare le possibilità dell'EW... di rilevare, localizzare e attaccare l'intera gamma delle nuove apparecchiature di telecomunicazione, i rilevatori di preallarme e le tecnologie di attivazione delle armi che usano lo spettro elettromagnetico" [grassetto aggiunto] – 59


Piattaforme invisibili sulle vostre teste
"Sviluppare una strategia coerente e completa d'ingaggio nella EW per un'architettura che... Si presti particolare attenzione a:

- (U) Programmare un attacco elettronico in aree interdette per mezzo di piattaforme invisibili... Come priorità assoluta, accelerare lo sviluppo congiunto delle opportune strumentazioni di EW per apparecchi da combattimento aereo senza equipaggio" [grassetto aggiunto] – 62


È interessante il riferimento alle piattaforme invisibili e agli apparecchi da combattimento aereo senza equipaggio (UAV), che in effetti stanno attualmente pattugliando le frontiere canadese e messicana, e ben presto anche quella artica. Grazie ai fondi concessi dal Ministero per la sicurezza interna, i servizi di polizia statunitensi stanno cominciando ad usare gli UAV anche per controllare dall'alto i cittadini. A titolo di esempio, citerò Sacramento, California e...
"una contea del Nord Carolina ha cominciato a sorvegliare i cittadini con un UAV dotato di telecamere a raggi infrarossi e per riprese in assenza di luce. Il velivolo è stato impiegato per monitorare i raduni di motociclisti nel luna park di Gaston da un'altitudine di poche centinaia di metri, sufficiente comunque a identificare i volti; sono previsti vari altri usi, ad esempio il rilevamento aereo dei campi di marijuana"


Il campo di battaglia elettronico
"L'ACTD [Advanced Concept Technology Demonstration] dovrà esaminare un'ampia gamma di tecnologie, inclusa una rete di apparecchi da combattimento aereo senza equipaggio e sistemi miniaturizzati e disseminabili di dispositivi per la ritrasmissione via satellite in aree interdette. Dovrà anche prendere in considerazione i sistemi di diffusione dei messaggi, inclusi radio e televisione satellitari, telefoni cellulari e altri dispositivi senza fili, e Internet" [grassetto aggiunto] – 65

"Sfrutta altre iniziative di EW, incluso l'uso dell'E-Space Analysis Center per correlare e unire tutti i dati disponibili che permettono di delineare uno scenario di campo di battaglia elettronico in tempo reale" [grassetto aggiunto] - 62


Come si delinea esattamente uno scenario di campo di battaglia elettronico in tempo reale? E dov'è esattamente questo campo di battaglia? Il documento Rebuilding America's Defenses elaborato nel settembre del 2000 nel quadro del Project for a New American Century, conteneva un'affermazione molto simile (per ulteriori dettagli sul documento cliccare qui e qui.)
"Sensori di nuovo tipo - commerciali e militari, terrestri, sottomarini, aerei e spaziali – saranno collegati tra di loro per dar vita a una densa rete che potrà essere rapidamente configurata e riconfigurata, in modo da consentire in futuro ai comandi una conoscenza del campo di battaglia senza precedenti" - 59


Un articolo scritto da Mark Baard per Parallelnormal.com fa parzialmente luce sull'argomento.
"Filadelfia, San Francisco, Houston e Providence, R.I. sono alcune delle città che, in collaborazione con aziende private e con il governo federale, stanno mettendo a punto l'accesso internet pubblico a larga banda. Providence ha usato i fondi del Ministero per la sicurezza interna per costruire una rete destinata alla polizia, che potrà successivamente essere messa a disposizione del pubblico..."

"Ma quandanche le città non riuscissero a portare a termine i progetti Wi-Fi, i militari potrebbero completare le reti nello spazio di qualche ora, forse meno"

"Il DOD [ministero della difesa], che partecipa ai giochi di guerra urbani con il Ministero per la sicurezza interna, i Canadesi, gli Israeliani e altre forze internazionali, sta sperimentando reti Wi-Fi che possono essere create istantaneamente"

"Secondo un recente comunicato del DOD per le società appaltanti, al loro arrivo in una città i soldati potranno rilasciare robot, i cosiddetti LANdroids, in grado di posizionarsi rapidamente da soli e trasformarsi in nodi di una rete di comunicazione senza fili (Cliccare qui per scaricare una copia del comunicato del DOD in formato PDF)"

"Le antenne Wi-Fi sparse sul territorio urbano serviranno non solo da relè di comunicazione ma anche da transponder per individuare l'esatta posizione di ogni singolo computer o telefono mobile... uno scenario che ho già descritto l'anno scorso nel Boston Globe".

"In altre parole, quando il GPS non è più in grado di localizzare un dispositivo (e il suo proprietario) il compito viene assunto dal Wi-Fi"

"Inoltre, le antenne ritrasmetteranno gli ordini alle masse lobotomizzate, pensano i membri del Ministero britannico della difesa e il DOD"


Conclusione

Il prossimo articolo esaminerà il progetto del Pentagono di "combattere la rete", come indicato nell'Information Operation Roadmap. Analizzerà inoltre l'impiego delle PSYOP (operazioni psicologiche) e metterà in luce la completa mancanza di limiti nel ricorso a tutte queste operazioni di disinformazione, sia verso gli americani in patria che verso gli stranieri.

Parte III: "Dobbiamo combattere la rete"

Il documento del Pentagono Information Operations Roadmap è drastico nell'affermare che Internet, con la sua possibilità di far parlare senza bavagli, è in totale contrasto con gli obiettivi dei militari, e deve quindi essere visto come un "sistema bellico" nemico.

Information Operation Roadmap, elaborato nel 2003, è diventato di pubblico dominio nel 2006, in seguito ad una richiesta del National Security Archive dell'università George Washington, giustificata dal Freedom of Information Act. Qui [parte I] ho descritto in dettaglio i principali punti del testo e il significato delle operazioni di disinformazione, o guerra dell'informazione.

Attacco alla rete informatica

Da Information Operation Roadmap:
"Una volta messe in pratica le raccomandazioni del rapporto, constateremo un rapido miglioramento delle nostre capacità di CNA [Computer Network Attack: attacco alla rete informatica]" – 7

"Maggiori capacità di IO [operazioni di disinformazione] per il combattimento, inclusi ... un efficace pacchetto di strumenti per un attacco a tutto campo delle reti elettronica e informatica..." [grassetto aggiunto] – 7


Il Pentagono intende forse usare su Internet le sue capacità di attacco alla rete informatica?

Combattere la rete
"Dobbiamo combattere la rete. Il DoD [Ministero della difesa] sta organizzando una forza speciale per l'informazione. Le reti stanno diventando sempre di più il nocciolo duro operativo, e il Ministero dev'essere pronto a 'combattere la rete'" [grassetto aggiunto] – 6

"La strategia del DoD "Defense in Depth" dovrà funzionare partendo dal principio che il Ministero 'combatterà la rete' come se fosse un'arma bellica" [grassetto aggiunto] – 13


Non dovrebbe sorprendere nessuno il fatto che, nel tentativo di ottenere il controllo assoluto nella guerra dell'informazione, il Pentagono intenda attaccare senza pietà "l'autostrada dell'informazione". Il coinvolgimento di Donald Rumsfeld nel Project for a New American Century mette meglio in luce la necessità e il desiderio di controllare l'informazione.

Il PNAC Domina il Cyberspazio

Il PNAC (Project for a New American Century) fu creato nel 1997 con la partecipazione di vari membri che diventeranno poi il nucleo dell'amministrazione di George W. Bush. L'elenco include Jeb Bush, Dick Cheney, I. Lewis Libby, Donald Rumsfeld, e Paul Wolfowitz, oltre a numerosi altri personaggi altrettanto potenti ma meno conosciuti. Lo scopo dichiarato era utilizzare una struttura militare statunitense fortemente potenziata per imporre la "leadership globale degli USA". Nel settembre del 2000, il PNAC ha pubblicato l'oramai screditato Rebuilding America's Defence, il cui tema conduttore era molto simile all'Information Operations Roadmap del Pentagono a suo tempo sottoscritto dal Segretario alla difesa Donald Rumsfeld.

Da Rebuilding America's Defenses:
"È oramai opinione comunemente accettata che le tecnologie dell'informazione e altre... stiano creando una dinamica che può minacciare la capacità americana di esercitare la sua politica di predominio militare" [grassetto aggiunto] – 4

"Controllo dello spazio e del cyberspazio. Come in passato il controllo degli oceani e la protezione del commercio internazionale hanno giustificato l'esistenza delle potenze mondiali, così in futuro il controllo delle nuove "ricchezze naturali globali" sarà la chiave per il dominio mondiale. Un paese incapace di proteggere i suoi interessi, o quelli degli alleati, nello spazio e nell''infosfera' avrà difficoltà a imporre la propria leadership politica mondiale" [grassetto aggiunto] – 51

"Anche se il processo di trasformazione potrà richiedere vari decenni prima di essere completato, l'arte della guerra aerea, terrestre, o marittima sarà in futuro completamente diversa da quella odierna, e i 'combattimenti' avranno presumibilmente luogo in nuove dimensioni: spazio, 'cyberspazio' e forse universo dei microbi" [grassetto aggiunto] - 60


Per saperne di più su Rebuilding America's Defences leggete qui.

Internet 2

Parte dei piani dell'Information Operation Roadmap per Internet suggeriscono di "garantire una degradazione pilotata della rete piuttosto che un suo collasso" (pag. 45). L'idea viene presentata in un'ottica di "difesa", ma presumibilmente ha a che vedere con la vera difesa quanto il Ministero della difesa.

Per quanto riguarda il Pentagono, Internet non è dopo tutto completamente da gettare: in una prima fase era pur sempre stato il Ministero della difesa, con il DARPA, a regalarci la rete. Tra i tanti altri vantaggi, il Pentagono lo considera non solo un ottimo strumento per il commercio ma anche un eccellente sistema per monitorare e seguire le tracce degli utilizzatori, abituare la gente a un mondo virtuale, sviluppare dettagliati profili psicologici delle persone collegate. Ma l'attuale versione presenta un grosso problema: la possibilità di essere usata per diffondere idee e informazioni non allineate con i temi e i messaggi del governo statunitense, comunemente definite "parlare libero". Poiché il piano prevedeva il controllo completo della "infosfera", Internet doveva ovviamente essere modificato o sostituito con una versione nuova e più prona al volere del Pentagono.

In un suo articolo su Prison Planet.com, Paul Joseph Watson descrive l'arrivo di Internet2.
"L'implementazione di 'Internet 2' ha anche lo scopo di creare un nuovo sistema gerarchizzato in cui i vecchi portali avranno solo la possibilità di implodere e morire, costringendo così la gente a usare il nuovo WWW tassato, censurato e normalizzato. State cercando d'immaginare a cosa rassomiglierà tra cinque anni Internet, se non ci opponiamo attivamente? Guardate la Cina e i suoi più recenti tentativi di eliminare completamente dalla rete dissidenti e anonimato".


Conclusione

Il prossimo articolo spiegherà come il Pentagono usa le PSYOP (operazioni psicologiche) e l'ultimo articolo della serie discuterà l'esistenza o meno di limiti all'uso delle operazioni di disinformazione a danno dei cittadini statunitensi e degli stranieri.

Parte IV: Guerra Informativa Con l'Uso di Operazioni Psicologiche Aggressive

I piani del Pentagono per operazioni psicologiche, o PSYOP, nell'ambiente informativo globale del ventunesimo secolo sono aggressive e ad ampio raggio. Questi desideri sono esposti nel documento del Pentagono del 2003, chiamato Information Operation Roadmap, firmato da Donald Rumsfeld nel suo ruolo di segretario alla difesa.

[...]

Cosa è una PSYOP?

Una PSYOP non è specificatamente definita in questo documento ma esso fornisce degli scorci nell'ampio ventaglio di attività che sono considerate PSYOP.
"La posizione comune era che ‘chi si occupa di affari pubblici informa, mentre la pubblica diplomazia e le PSYOP influenzano’. Le PSYOP sono anche state percepite come le più aggressive delle tre attività informative, tramite l'utilizzo di diversi mezzi, compresi la manipolazione psicologica e le minacce personali" [grassetto aggiunto]-26

"Un risultato delle operazioni civili delle forze armate e di relazioni pubbliche è quello di fornire un maggiore appoggio per gli sforzi militari, e dunque queste attività possono aiutare a scoraggiare e dissuadere i nemici, cosa che le PSYOP fanno in modo più diretto con le proprie tattiche, tecniche e procedure" [grassetto aggiunto]-10

"Messaggi PSYOP disseminati a qualunque tipo di uditorio, tranne che a singoli decision-makers (e forse anche in questo caso), verranno spesso ripresi dai media a beneficio di un pubblico più vasto, compreso il pubblico americano" [grassetto aggiunto]-26

"Una forza di PSYOP [deve essere] pronta a condurre una sofisticata analisi del pubblico-obiettivo e a modificare il comportamento con campagne di PSYOP su molteplici media che comprendano prodotti di qualità commerciale che possano essere rapidamente disseminati attraverso i comandanti combattenti dell'area di operazione" [grassetto aggiunto]-63

"I prodotti di PSYOP devono essere basati su di una profonda conoscenza del processo decisionale del pubblico e dei fattori che influenzano le sue decisioni, e prodotti rapidamente con i più alti standard di qualità ed efficacemente disseminati direttamente all'audience mirato attraverso l'area delle operazioni" [grassetto aggiunto]-6

"Una migliore descrizione degli atteggiamenti, percezioni e processi decisionali di un avversario. Comprendere come e perché gli avversari prendono delle decisioni richiederà miglioramenti nell'intelligence umana (HUMINT) ["Human Intelligence"] e nello sfruttamento delle fonti aperte, così come migliori strumenti e metodi di analisi" [grassetto aggiunto]-39

"Il SOCOM [Special Operations Command, comando per le operazioni speciali] deve creare un Elemento Congiunto di Supporto per le PSYOP per coordinare i programmi del comando di combattimento con gli stati maggiori e con lo OSD [Office of the Secretary of Defense] in modo da fornire prodotti prototipo di PSYOP di qualità commerciale, rapidamente creati e coerenti con i generali temi e messaggi del governo Usa"[grassetto aggiunto]- 15

"La 'PSYOP Advanced Concept Technology Demonstration' [dimostrazione di PSYOP di tecnologia avanzata n.d.t.] del SOCOM attualmente in corso e gli sforzi di modernizzazione dovranno permettere la puntuale disseminazione a lungo raggio di prodotti tramite diversi sistemi di diffusione di PSYOP. Questi includono satelliti, radio e televisione, telefoni cellulari e altri dispositivi senza fili, Internet e gli aggiornamenti dei sistemi di diffusione tradizionali quali volantini e l'uso di altoparlanti che sono estremamente reattivi ai comandanti delle manovre" [grassetto aggiunto]- 15

"Le potenzialità di equipaggiamento per le PSYOP richiedono la tecnologia del ventunesimo secolo. Questa modernizzazione permetterà la disseminazione a lungo raggio di messaggi di PSYOP tramite nuovi canali informativi come satelliti, Internet, segreterie digitali personali e telefoni cellulari:

- (U) PSYOP ACTD. A partire dall'anno fiscale 2004 il SOCOM [Special Operations Command] ha dato inizio ad una Advanced Concept Technology Demonstration (ACTD) per affrontare il problema della disseminazione di prodotti di PSYOP in aree proibite. La ACTD dovrebbe esaminare un insieme di tecnologie che comprendono una rete di veicoli aerei miniaturizzati senza pilota, sistemi per diffondere appelli pubblici tramite la ritrasmissione via satellite in aree proibite. Dovrà anche considerare diversi sistemi di diffusione del messaggio, che includano televisioni e radio via satellite, telefoni cellulari e altri dispositivi senza fili e Internet" [grassetto aggiunto]- 65

"Analisi rapide e completamente integrate dei nodi delle reti che forniscano ai comandanti combattenti soluzioni olistiche cinetiche e non cinetiche, per un ampio spettro di obiettivi di operazioni di disinformazione [IO] umane, fisiche ed elettromagnetiche" [grassetto aggiunto]- 39

"Capacità quali la sicurezza fisica, la sicurezza informativa, il controspionaggio e l'attacco fisico forniscono importanti contributi ad operazioni informative efficaci" [grassetto aggiunto]- 23


PSYOP tramite terze parti

Il Pentagono è anche intenzionato ad usare terze parti per le sue PSYOP.
"Identificare e disseminare le vedute di altri sostenitori che appoggino le posizioni Usa. Queste fonti potrebbero non articolare le posizioni in Usa nel modo in cui fa il USG [governo Usa], ma ciò potrebbe nondimeno avere un'influenza positiva" [grassetto aggiunto]- 27


Sotto la raccomandazione 48 – "Creare un elemento di supporto congiunto per le PSYOP"--si trova quanto segue:
"Fare contratti con fonti commerciali per un migliorato sviluppo del prodotto" [grassetto aggiunto]- 64


L'uso di terze parti o di gruppi di pressione per la disseminazione della propaganda del governo Usa è un fatto ben documentato. Un paio di recenti esempi includono il pagamento illegale di $ 1,6 miliardi all'interno del paese per notizie false ed attività simili in Iraq usando, tra gli altri, il Lincoln Group.

PSYOP virtuali

Il Pentagono non sta solo sfruttando nuove e vecchie tecnologie per la modificazione comportamentale aggressiva, ma addestra e raffina le sue tecniche in una simulazione virtuale del mondo intero.

Da un articolo di Mark Baard:
"I funzionari della difesa, dell'intelligence e della sicurezza nazionale Usa stanno costruendo un mondo parallelo, su di un computer, che le agenzie useranno per testare i messaggi di propaganda e le strategie militari".

"Chiamata Sentient World Simulation [simulazione del mondo senziente] il programma utilizza routine di intelligenza artificiale basate sulle teorie psicologiche di Marty Seligman, tra gli altri. (Seligman introdusse la teoria della "learned helplessness" negli anni 60 [si potrebbe tradurre con "impotenza appresa", anche se il termine helplessness alla lettera vuol dire "sentirsi indifesi" n.d.t.] dopo aver sottoposto a schock dei cani beagle sino a farli urinare e accovacciare in fondo alle loro gabbie)."

"Leva di colpo il rifornimento idrico a un paese. Esegui un colpo di Stato militare. La SWS ti dirà cosa accade dopo".

"La simulazione comprenderà un AR avatar per ogni persona nel mondo reale basato sui dati raccolti su di noi dai registri governativi e da Internet".


Quanto pensate sarà utile il vostro nuovo account MySpace o Facebook nell'aiutare il Pentagono a sviluppare un vostro dettagliato profilo psicologico? Pensate che esiteranno a sfruttare una fonte tanto preziosa di dati personali?

Consapevolezza sull’AIDS
"Comunque, nel passato, le PSYOP sono spesso state usate in appoggio della diplomazia pubblica del governo Usa e di obiettivi informativi su un pubblico non-avversario. Queste azioni includevano programmi antidroga, di sminamento o di consapevolezza sull'Aids in paesi amici". [grassetto aggiunto]- 25


È un punto minore nel contesto di questo documento, ma vale la pena riflettere sul motivo per cui le PSYOP militari USA siano state usate per la consapevolezza sull'Aids.

Vi sono limiti alla guerra informativa?

Una domanda ovvia sorge dalla descrizione di PSYOP presentata da Information Operation Roadmap: vi sono dei limiti? le PSYOP possono essere condotte anche sul pubblico americano o solo su un'audience e straniero? Su avversari o anche su non avversari? Possono essere seguite in tempo di pace? Il mio prossimo articolo tenterà di mostrare quanto pochi siano, in realtà, i limiti.

Parte V: Guerra Informativa Senza Limiti

Il documento del Pentagono del 2003 intitolato Information Operation Roadmap descrive la necessità di dominare l'intero spettro elettromagnetico, ‘combattere la rete’ e usare operazioni psicologiche per modificare in modo aggressivo il comportamento. Ma rimane una grande domanda; vi sono dei limiti alla guerra informativa?[…]

PSYOP, diplomazia pubblica e pubbliche relazioni

Da Information Operation Roadmap:
"Nel passato sono generalmente state accettate alcune basilari somiglianze e diversità tra le PSYOP [operazioni psicologiche], l'appoggio alla diplomazia pubblica e le pubbliche relazioni. Storicamente tutte e tre hanno usato la verità per rinforzare la credibilità, tutte e tre si sono rivolte a un pubblico straniero, sia avversario che non-avversario. Solo le pubbliche relazioni si sono rivolte a un pubblico interno. Inoltre tutte e tre le attività hanno ricercato un impatto positivo per gli interessi del USG [governo Usa], ma con qualche differenza nei metodi impiegati e negli obiettivi cercati. La posizione usuale era che ' le relazioni pubbliche informano, mentre la diplomazia pubblica e le PSYOP influenzano'. Le PSYOP sono anche state percepite come le più aggressive delle tre attività informative, a causa dell'uso di diversi mezzi, tra cui la manipolazione psicologica e le minacce personali." [grassetto aggiunto]- 26


C'è molta carne al fuoco in questo paragrafo, innanzitutto c'è l'affermazione quasi umoristica della "verità per rinforzare la credibilità". Qualcuno si ricorda delle armi di distruzione di massa, di Saddam e l'11 settembre, o forse di un certo uranio proveniente dal Niger? pensate che questi esempi di relazioni pubbliche fossero volti ad informare, o ad influenzare?

In secondo luogo, gli "interessi del governo Usa", non sono affatto gli stessi interessi dell'americano medio. Terza cosa il concetto che solo le pubbliche relazioni siano rivolte ad un'audience domestico è semplicemente assurdo data la capacità delle informazioni di attraversare i confini. Questo documento lo ammette pure:
"Impatto del villaggio globale. La crescente capacità delle persone in gran parte del mondo di avere accesso a fonti internazionali rende il mirare a particolari audience più difficile. Oggi la distinzione tra audience estero e audience domestico diventa più una questione dello scopo del governo Usa piuttosto che delle pratiche di disseminazione delle informazioni:

Tanto il Dipartimento della difesa che gli ordini esecutivi limitano la possibilità che le PSYOP siano rivolte all'audience americano, al nostro personale militare, alle nostre agenzie stampa o case giornalistiche... Però, le informazioni rivolte ad un pubblico straniero, comprese la diplomazia pubblica e le PSYOP, vengono sempre più consumate dal nostro pubblico nazionale e viceversa... I messaggi di PSYOP disseminati a qualunque audience, tranne che a singoli decision-makers (e forse anche in questo caso), verranno spesso ripresi dai media a beneficio di un pubblico più vasto, compreso il pubblico americano. " [grassetto aggiunto]- 26


Ecco qua, "la distinzione tra pubblico interno ed estero diventa più una questione che riguarda l’intento del governo Usa piuttosto che le pratiche di disseminazione delle informazioni". Perciò il pubblico americano è un obiettivo legittimo per tutte le forme di propaganda del governo Usa, che siano relazioni pubbliche, pubblica diplomazia o PSYOP. Ricordate, le PSYOP "usano mezzi diversi, inclusa la manipolazione psicologica e le minacce personali", tra le tante altre cose.

Bisognerebbe anche sottolineare che l'uso delle PSYOP sul pubblico americano è solo limitato [restricted] e non proibito[prohibited]. Come se l'inganno non fosse già abbastanza grande, le distinzioni tra le tattiche di relazioni pubbliche, pubblica diplomazia e PSYOP sono elaborate nell'Appendice C di Operation Roadmap. Proprio l'ultimo compito elencato per le PSYOP è: "quando serve, appoggiare le attività di relazioni pubbliche locali".

Vale proprio la pena di leggere la pagina dell'appendice C (pg 71). Alcuni altri punti includono:

Relazioni Pubbliche:
"Risposta rapida/squadre della verità [Truth Squads] e "Briefings Plus" "
"Spettacoli stradali umanitari"
"Giornalisti embedded"
"Prodotti tipo Combat Camera su eventi non accessibili ai media"

Diplomazia Pubblica:
"Contenuto di discorsi o commenti ed editoriali di funzionari anziani del DoD [Dipartimento della difesa] per pubblico straniero"
"Punti di discussione per scambi privati con leader stranieri"
"Aperta disseminazione della politica del governo Usa, ad esempio l’ Asia-Pacific Forum"

PSYOP:
"Prodotti mediatici di Radio/TV/Stampa/Web progettati per modificare direttamente il comportamento, e distribuiti in teatri in appoggio di sforzi militari in ambienti parzialmente permissivi o non permissivi"
"Quando serve, appoggiare le attività di relazioni pubbliche locali"
"Consulenti del Dipartimento della difesa per assistere forze amiche nello sviluppo di programmi di PSYOP"

Definizioni Mutevoli

Le definizioni sono un altro grande strumento se state cercando di ingannare. Come descritto sopra le definizioni e le distinzioni tra relazioni pubbliche, diplomazia pubblica e PSYOP sono lasciate intenzionalmente vaghe. Gli avvocati si guadagnano da vivere con questo genere di inganni e le loro impronte sono in ogni parte di questo documento.
"Le PSYOP dovrebbero focalizzarsi nell'appoggio agli sforzi militari (esercitazioni, dispiegamenti e operazioni) in ambienti non permissivi o semi-permissivi (cioè quando gli avversari sono parte dell'equazione).

Comunque, le forze e le potenzialità di PSYOP possono essere impiegate in appoggio della pubblica diplomazia Usa come parte di una linea guida approvata di cooperazione di sicurezza sullo scenario. In questo caso il personale e gli equipaggiamenti per PSYOP non stanno conducendo una missione di PSYOP, ma piuttosto stanno fornendo appoggio militare alla diplomazia pubblica". [grassetto aggiunto]- 27


Capito? Se le forze e gli equipaggiamenti di PSYOP sono utilizzati in appoggio a sforzi militari si tratta di una missione PSYOP. Se le forze e gli equipaggiamenti di PSYOP sono utilizzati in appoggio della diplomazia pubblica si tratta di diplomazia pubblica.

Un Veloce Riassunto

Un'attenta lettura delle citazioni qui sopra rivela che le operazioni di disinformazione, in modo particolare le PSYOP, possono essere usate sia su un pubblico straniero che sul pubblico nazionale, in ambienti non-permissivi o semi-permissivi e su avversari e non avversari. Ci sono altri limiti?

Pace, Crisi e Guerra
"Il concetto di operazioni di disinformazione dovrebbe evidenziare operazioni ad ampio spettro che forniscano un potente contributo a operazioni su tutta la gamma degli interventi militari durante la pace, la crisi e la guerra" [grassetto aggiunto]- 7

"Preparazione in tempo di pace. Il concetto di operazioni di disinformazione del Dipartimento dovrebbe evidenziare che le operazioni informative a pieno spettro sono operazioni a tempo pieno che richiedono estesa preparazione in tempo di pace... Ben prima che la crisi si sviluppi, il campo di battaglia delle operazioni dovrebbe essere preparato tramite l'intelligence, la sorveglianza e la ricognizione, ed estese attività di pianificazione... Similmente, dovrebbe essere compiuto un considerevole sforzo per caratterizzare potenziali audience avversari, e in particolare decision-makers anziani e metodi e priorità del processo decisionale. Se una tale analisi dei fattori umani non viene condotta con ampio anticipo sul conflitto, non sarà possibile creare temi e messaggi di PSYOP che siano efficaci nel modificare il comportamento nemico" [grassetto aggiunto]- 8

"Una supervisione e una linea di azione chiara, non ambigua e lineare del Dipartimento della difesa che dia il potere ai Comandanti di Combattimento di eseguire operazioni di disinformazione a pieno spettro prima, durante e dopo le operazioni di combattimento." [grassetto aggiunto]- 20


Aree proibite
"Miglioramenti nelle potenzialità delle PSYOP sono necessari per generare rapidamente prodotti di qualità commerciale rivolti a specifici audience in aree proibite" . [grassetto aggiunto]- 26

"Proiettare attacchi elettronici in aree proibite tramite piattaforme fantasma" [grassetto aggiunto]- 62


Conclusioni

Il Pentagono definisce un qualche limite reale alla guerra informativa? Le operazioni di disinformazione possono essere usate su un pubblico nazionale e su un pubblico estero, in ambienti ostili o semi-ostili, su avversari e su non avversari, in tempo di pace, di crisi e di guerra, e in aree proibite. Dovremmo forse aspettarci qualcosa di meno? Ce lo hanno detto esplicitamente che il loro scopo era il dominio ad ampio spettro
DI BRENT JESSOP

25 febbraio 2008

L’Europa e Gaza: una vergogna da nascondere



Il governo israeliano «sta ricevendo forti segnali che USA ed Europa sono molto irritate dalla mancanza di progressi nei negoziati coi palestinesi».
Lo scrive il quotidiano ebraico Haaretz, che descrive come gli ambasciatori israeliani in Europa abbiamo mandato numerosi telegrammi cifrati segnalando al ministero degli Esteri (Tzipi Livni) come molti Stati europei minaccino di rivedere il loro atteggiamento verso Hamas, in relazione alla situazione umanitaria creata a Gaza dal blocco sionista.

I rapporti cifrati - alcuni dei quali l’inviato di Haaretz dice di aver letto personalmente - si appuntano con allarme sull’ultima riunione del Quartetto per il Medio Oriente, tenuta a Berlino
l’11 febbraio.
C’erano l’americano David Welch (assistente di Condoleezza Rice per il Medio Oriente),
Mark Otte, che è l’inviato della UE per la pace, Robert Serry, l’inviato dell’ONU, e il russo
Sergei Yakovlev, responsabile del Medio Oriente per Mosca.
Il Quartetto dovrebbe monitorare i progressi del «processo di pace» secondo il ruolino di marcia messo a punto ad Annapolis.

In quella riunione, si sono sentite frasi piuttosto lontane dal solito servilismo verso Sion.
Serry, l’europeo, «Ha criticato Israele fin dall’inizio della seduta», riporta Haaretz: «Siamo molto preoccupati della situazione a Gaza, specie sotto il profilo umanitario», ha esordito: «Si deve trovare una soluzione».
E ha denunciato che l’assedio israeliano impedisce persino ai soccorritori dell’ONU di portare aiuto ai palestinesi.

Otte, l’inviato della UE, è stato duro: «Non solo nulla migliora sul terreno, ma il comportamento di Israele diventa sempre peggiore, e sempre più inadempiente verso le obbligazioni della road map» che Olmert ha accettato ad Annapolis.
Otte ha sottolineato che non solo Israele ha chiuso a Gerusalemme Est le istituzioni dell’Autorità Palesinese (il futuro «governo» collaborazionista con cui Sion dovrebbe trattare), ma ha prolungato di sei mesi l’ordine di chiusura, il che non indica né buona volontà né buona fede.
«Per cui, dobbiamo considerare un cambio di politica in tutto ciò che riguarda Gaza», ha concluso Otto.
Il che significa fare qualche apertura ad Hamas, ciò che Israele assolutamente non vuole - essendo riuscita ad imporre l’equazione «Hamas eguale terrorismo islamico» - e che le sue lobby nei vari Stati si prodigano per impedire.

Il russo Yakovlev ha detto, a nome del suo Paese, che bisogna fare in modo che i palestinesi formino un governo di unità nazionale (Autorità e Hamas), altra cosa che Israele non vuole.
Ma senza una riconciliazione tra Hamas e Fatah, ha detto Yakovlev, «la striscia di Gaza diventa una bomba a orologeria che distruggerà il processo di Annapolis».

Persino David Welch ha criticato le azioni israeliane a Gaza, dicendo che gli Stati Uniti le disapprovano, anche se ha ricordato i razzi Kassam che continuano a cadere sul villaggio di Sderot, la scusa con cui Israele si rifiuta di proseguire il negoziato, e a cui risponde con bombardamenti e missili e omicidi mirati con danni collaterali di civili massacrati.
In ogni caso, Welch ha detto anche: il Quartetto deve esigere da Israele a riapertura dei valichi di Gaza.

Evidentemente gli occidentali cominciano a vergognarsi di assistere senza protestare, anzi cooperandovi, al lento sterminio per fame del milione e mezzo di abitanti di Gaza.
Haaretz rivela che solo «grazie ad una massiccia offensiva diplomatica» e lobbyistica Israele è finora riuscita a impedire che da Bruxelles parta una formale dichiarazione di disapprovazione,
da parte della UE, di ciò che gli ebrei fanno a Gaza (probabilmente la campagna della comunità contro «gli antisemiti» in Italia e la famosa lista dei professori lobbyisti definita «una nuova Notte dei Cristalli» fa parte della massiccia offensiva).

Solo forti pressioni israelo-americane sulla Svizzera hanno impedito alla Confederazione Elvetica di indire un vertice internazionale con lo scopo di forzare la riapertura dei valichi di Gaza.
Il ministro della Guerra sionista, Ehud Barak, in visita in Turchia, s’è sentito chiedere da Ankara di consentire ai soccorsi turchi di passare a Gaza, almeno una volta.
Il ministro francese Bernard Kouchner ha chiesto ad Israele, durante la sua visita, di riaprire i maledetti valichi.

Inoltre, «alti responsabili dell’Unione Europea sono stati sentiti mentre denunciavano gli atti di Israele a Gaza, e deplorazioni su questo tema sono state passate in diversi parlamenti europei».
«Tutta questa agitazione», ha scritto Ran Koriel, ambasciatore israeliano alla UE, nel suo rapporto segreto alla Livni, «è collegata alla cultura europea di esibire preoccupazione per le questioni umanitarie» (eh sì, scusateci, abbiamo questa debolezza), sicchè «nonostante la sospensione» dell’iniziativa di una deplorazione formale a Bruxelles del comportamento giudaico (grazie alle accuse di «antisemitismo» sparse a mitraglia), «i giorni sono contati» prima che venga discussa
«la legittimità internale di ciò che avviene a Gaza».
La prospettiva peggiore, per lo stato ebraico, è che - come sta pensando di fare Parigi - ciò porti a una riconsiderazione generale dell’atteggiamento europeo verso Israele, che potrebbe anche finire con un riconoscimento di Hamas.

Non avverrà, non avverrà.
State tranquilli: le vostre lobby e Frattini il Kommissario vegliano contro questo «disagio umanitario», maschera estrema dell’antisemitismo.
Ma è istruttivo sapere che questo disagio c’è e cresce in Europa.
Ed è ancora più istruttivo apprenderlo da un giornale israeliano.
I nostri media, ovvio, non ne hanno dato notizia.
Maurizio Blondet

24 febbraio 2008

Gli EURO-LADRI, qualcuno li protegge


BRUXELLES: Chris Davies è un euro-deputato britannico.
Per giunta, è membro della Commissione Controlllo Bilancio dell’Euro-parlamento.
Eppure, per vedere il documento, ha dovuto firmare un impegno alla segretezza, ha potuto leggerlo solo in una stanza chiusa da congegni di riconoscimento biometrico, sotto lo sguardo di guardie della sicurezza; ovviamente non ha avuto il permesso di fotocopiarlo, e neppure di prendere appunti.

Che cosa c’è di tanto delicato in quel rapporto, da imporre tali misure di segretezza?
Forse i piani di un super-missile comunitario, di un brevetto strategico, il piano per la fusione fredda?
Niente di tutto questo.

Il rapporto, stilato dagli uffici contabili di Bruxelles, documenta in dettaglio le ruberie, malversazioni, peculati e appropriazioni indebite compiute dai membri del Parlamento Europeo. Reati e delitti su «una scala così vasta», ha spiegato Davies alla BBC, «da impressionare. Coloro che hanno compiuto tali atti non meritano che anni di galera» (1).

Non ci sono i nomi dei malfattori da noi votati, ma solo le nazionalità.
Secondo Davies, «non» ci sono inglesi, né olandesi, né scandinavi (provate a immaginare quale Paese è invece ben rappresentato).
Davies, ha detto che la media delle appropriazioni indebite per ciascuno dei 785 euro-deputati ammonta a 166 mila euro.
Senza contare l’emolumento legale e i numerosi «benefit».

Hans Gert Poettering, il presidente dell’europarlamento, ha spiegato penosamente il fatto di aver sottratto il rapporto all’opinione pubblica con queste parole: «Vogliamo riformare il sistema, ma non possiamo mostrare questo rapporto al pubblico, se vogliamo che la gente voti alle elezioni europee l’anno prossimo».

Ha aggiunto, anche più penosamente: «Il documento non è segreto. E’ solo confidenziale. I deputati della Commissione Controllo Budget lo possono leggere nella stanza chiusa, solo non è aperto a tutti. Non è la stessa cosa che un documento segreto, il quale non può essere letto da nessuno».

Scusa ridicola, e smentita da due fatti: anzitutto, lo stesso Poettering ha chiesto ad Harald Roemer, segretario generale dell’assemblea europea, di prendere misure perché da questo rapporto non nascessero «danni collaterali» - fra cui evidentemente c’è anche il rischio che Poettering sia costretto a dimettersi a furor di popolo per il mancato controllo, o per complicità nelle malversazioni.

Il secondo fatto: OLAF, l’ufficio anti-frode della Unione Europea (un po’ polizia interna e un po’ euro-KGB) non era a conoscenza del rapporto, o almeno così dice (2).
Ne ha avuto nozione solo quando il britannico Chris Davies ha scritto allo stesso OLAF, e per copia a Roemer, in questi termini: «Le risultanze dell’inchiesta cadono sotto la giurisdizione dell’OLAF, e sono così gravi che si deve ritenere ne debbano conseguire procedure penali».
Allora OLAF ha chiesto una copia del documento, ed ha diramato agli euro-deputati una circolare in cui «si attende piena collaborazione da lorsignori e dalle autorità parlamentari».
Vedremo se seguiranno le necessarie inchieste penali.

Intanto, il Telegraph ha condotto una sua inchiesta giornalistica, fra i pochissimi funzionari che hanno potuto leggere il rapporto, ed ha appreso qualcosa sul genere di frodi usate.
Nella maggior parte dei casi, si tratta di diversione dei fondi assegnati ad ogni parlamentare per il funzionamento del proprio ufficio - 166 mila euro annui appunto - e che dovrebbero pagare contabili, traduttori professionisti, aziende che forniscono servizi amministrativi.
Ma i ragionieri autori dell’indagine hanno appurato che per lo più l’intero fondo annuale viene devoluto dall’eurodeputato «ad una sola persona del suo staf» qualche volta un parente stretto.
Anzi, molti europarlamentari che consumano l’intero fondo non hanno alcun impiegato al loro servizio, o uno solo come portaborse tuttofare, per giunta un parente che non parla se non una sola lingua.

«In altri casi», ha detto una fonte al Telegraph, «risultano pagamenti ad aziende di servizi che, semplicemente, non esistono; in altri sono individui che lavorano per il singolo euro-deputato e ne sono i dipendenti».
In altri casi sono «creste» sui biglietti aerei e le spese d’ufficio, in modo da assorbire l’intero fondo.

Vogliamo provare a indovinare di quale o quali Paesi sono gli euro-deputati più attivi in questa ruberia?
Forse riusciremo a capire perché i nostro politici sono così entusiasticamente europeisti, e tanti desiderino diventare euro-parlamentari, benchè conoscano solo qualche dialetto irpino o romanesco o lumbard.
E come mai i giornali italioti non abbiano riportato una riga di questa informazione.
Per rispetto al loro amato presidente della repubblica, suppongo.

Non c’è che da notare che ad ogni strato di «politica» corrisponde una Casta, con relativo furto di denaro pubblico.
E gli strati che gravano sopra noi contribuenti sono tanti, si moltiplicano e sono molto «spessi», cioè affollati di percettori.
In Italia, si comincia dai consigli di zona delle grandi città (a Milano un presidente di consiglio di zona, di solito un partitante di mezza tacca, già riceve 2 mila euro mensili, più di un giovane ingegnere con responsabilità dirigenziali nell’industria privata), e poi via sovrapponendo: Comune, Provincia, Regione, Stato nazionale, aziende «partecipate», burocrazia europea…
E poi ancora gli organi globali, ONU, WTO, Fondo Monetario, Banca Mondiale.
Tutti con stipendi miliardari.
E noi paghiamo per tutti.

Si deve infine notare che le Caste hanno dato ai loro furti abitudinari uno status giuridico.
L’ultimo esempio ci riguarda: Padoa Schioppa, tra le mille cose di cui ha imbottito la Finanziaria, aveva decretato un «tetto» agli stipendi del personale di Bankitalia, che sono i più alti e costosi del pianeta.
Una cosina giusta, finalmente.
Ma la Banca Eentrale Europea ha bocciato il provvedimento, con la motivazione che il tetto di Stato ai compensi «mina l’indipendenza della Banca Centrale italiana».
Ragionamento di cui non si vede la logica - dopotutto, la magistratura non si assegna da sé i suoi emolumenti, e ciò non mina la sua autonomia - ma che si spiega nello spirito di Casta.

I privilegi indebiti sono «diritti acquisiti», i miliardi di stipendio «garanzia di indipendenza».
Non ci sarà mai modo di tagliarli, se non tagliando le teste, accorciando gli strati di «politica» che ci depredano.
L’appendimento dei responsabili a piedi in su a piazzale Loreto compirebbe la riforma.
Ma non osiamo sperare tanto.
M.Blondet

23 febbraio 2008

La nazionalizzazione della Northern Rock


Il governo britannico ha annunciato la nazionalizzazione della banca Northern Rock il 18 febbraio, aumentando in un solo colpo il debito pubblico di 90 miliardi di sterline (circa 120 miliardi di euro). La decisione dovrebbe dare la sveglia a coloro che si oppongono alla proposta HBPA di riorganizzazione bancaria di Lyndon LaRouche, che prevede una “muraglia” tra le banche e i fondi speculativi. Gli avversari di questa proposta l'hanno recentemente attaccata in pubblico con l'argomento che essa consiste nella “nazionalizzazione” delle banche. La decisione britannica mostra che la verità è esattamente il contrario: è la politica delle banche centrali a condurre alle nazionalizzazioni e all'iperinflazione, mentre la proposta di LaRouche è l'unica via per salvare le banche, ricapitalizzarle e lanciare una ripresa economica. Una “muraglia” generale nel sistema bancario può oggi impedire una statalizzazione mussoliniana dell'economia.

Verso un altro tsunami finanziario
Un secondo choc sistemico, quello che il capo di Deutsche Bank Josef Ackermann ha definito uno tsunami finanziario peggiore della crisi dei subprime, è dietro l'angolo. L'insolvenza dei cosiddetti “monoline”, gli istituti che hanno assicurato titoli emessi sui mutui e su altri assets, è ormai questione di giorni, tanto che il governatore di New York Elliot Spitzer ha lanciato un ultimatum il 14 febbraio: o i monoline trovano il denaro fresco entro cinque giorni, riuscendo ad evitare la retrocessione del rating, oppure saranno smembrati. La precedente offerta di Warren Buffet di acquistare dai monoline la copertura assicurativa di bond municipali per un valore di 800 miliardi, con una spesa di 5 miliardi di dollari, ha portato i monoline ad un passo più vicino all'insolvenza.
La conseguenza di un'insolvenza, o di un ribasso del rating, saranno un ribasso del valore degli assets assicurati dai monoline. Le autorità di New York cercano di salvare i bond municipali trasferendoli dai monoline ad altre assicurazioni. Nel contenitore resteranno centinaia di miliardi di obbligazioni garantite da collaterale (CDO), il cui valore piomberà verso lo zero.
La banca svizzera UBS ha pubblicato una previsione secondo cui la prossima ondata di perdite sarà di almeno 203 miliardi di dollari. Questa cifra è composta da 120 miliardi di perdite per i CDO, 50 per i SIV, 18 per titoli emessi sui mutui e 15 per bonds LBO (emessi per finanziare le acquisizioni). Anche se le cifre della UBS sono ispirate alla cautela, esse comunque superano le perdite ufficiali delle banche dall'agosto 2007, che ammontano a 150 miliardi di dollari.
Un'altra conseguenza del crac in arrivo riguarda la “discarica napoletana” chiamata BCE, che comincia ad olezzare. La BCE ha accettato titoli tossici dalle banche come collaterale per crediti a breve. Le quantità attuali in deposito non sono note. A febbraio la BCE ha pubblicato i dati dello scorso settembre, da cui risulta che già in quel mese il volume degli strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione di crediti aveva raggiunto i 215 miliardi di euro. Si tratta di un incremento al 17% rispetto al 12% del 2006 (si presume che il resto siano titoli del tesoro). Il ricorso ai titoli emessi sui mutui per ottenere denaro dalla BCE è diventato sempre più frequente dopo settembre, ed è probabile che nel frattempo sia raddoppiato. Stando al suo stesso statuto, la BCE non dovrebbe accettare obbligazioni spazzatura come collaterale, ma il governatore Trichet sostiene che la BCE non ha cambiato le sue regole. Ha dovuto esibire la stessa foglia di fico in risposta a tre domande rivoltegli su questo tema da tre giornalisti diversi alla scorsa conferenza stampa a Francoforte. Tuttavia la BCE ammette che, diversamente da altre banche centrali, ha accettato un notevole volume di strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione di crediti che chiama “private label”, termine che designa titoli che non hanno garanzie da parte di enti di governo. La Federal Reserve USA non accetta strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione che non sono garantiti da enti di governo.
fonte: movisol

21 febbraio 2008

ONU: Cavi troncati internet forse è sabotaggio!



I cavi sottomarini troncati (cinque, pare confermato) nel Golfo Persico, che per giorni hanno impedito a milioni di «navigatori» in Medio Oriente di collegarsi a Internet, e ad altri milioni di telefonare, possono aver subito «un sabotaggio»: lo ha ammesso, bontà sua, la International Telecommunication Union, l’agenzia dell’ONU con sede a Ginevra che coordina le telecom mondiali, associando 191 nazioni ed oltre 700 imprese di telecomunicazione.

«Non vogliamo anticipare i risultati delle indagini in corso, ma non escludiamo che un atto di sabotaggio deliberato sia la causa dei danni ai cavi sottomarini di due settimane fa», ha detto il capo del settore sviluppo dell’agenzia ONU, Sami al-Murshed.
Lo ha detto a margine di una conferenza sui delitti elettronici in corso nel Katar.

«Alcuni esperti dubitano della opinione prevalente, ossia che i cavi siano stati troncati da ancore di navi per incidente, dato che tali cavi giacciono a notevole profondità e la navigazione sopra di essi è vietata», ha fraseggiato prudentemente il dottor Murshed.

In realtà, la filiale indiana della FLAG (Fiber-optic link around the Globe), il consorzio che gestisce i cavi danneggiati, continua a insistere che il cavo «Falcon» è stato danneggiato da un’ancora.
Ma si tace sui motivi degli altri quattro danneggiamenti.
In generale, su tutta la misteriosa faccenda i responsabili, e anche l’ONU, dicono pochissimo.
Forse è prudenza, forse al limite della reticenza.

Per esempio, gli scarni comunicati FLAG dicono che il cavo Falcon è stato riparato, così come il FEA (Flag Europe-Asia), che era stato interrotto nel Mediterraneo, tra l’Egitto e Palermo.
Sullo stato degli altri tre cavi a fibra ottica sabotati, silenzio.
Come sull’identità dei «sabotatori».

Si può forse dire che non può trattarsi di ragazzini in vena di scherzi, o di hacker improvvisati con pinne e maschera; sicuramente i sabotatori devono essere forniti di mezzi tecnici notevoli, per operare nelle profondità marine.

Nell’ambiente, gli «incidenti» stanno facendo discutere sulla necessità di tendere nuovi cavi per aumentare la ridondanza del sistema di telecomunicazioni.
Forse, qualche grossa impresa sta per guadagnare grasse commesse dagli incidenti.
Avrà motivo di ringraziare i sabotatori.
Maurizio Blondet

20 febbraio 2008

Informazione,controllata da chi?


Ogni volta che prendiamo in mano il telecomando, per sapere che cosa è successo nel mondo, ci muoviamo ansiosi dalla Rai alla CNN alla Fox alla BBC, convinti di aver accesso a molteplici fonti, da paesi e culture diverse, per riuscire in qualche modo a mettere insiemi i frammenti del puzzle informativo.

In realtà molti hanno ormai capito che si tratta di un unico messaggio, trasmesso da dozzine di presentatori diversi, in lingue e da luoghi diversi, ciascuno incorniciato da una una grafica differente, ma perfettamente identico nella sostanza, ovunque nel mondo.

Ma come può avvenire – meccanicamente, intendo dire, nella realtà quotidiana - la propagazione effettiva di questo “messaggio unificato”, che sarebbe confezionato a monte della messa in onda? Dove nasce la notizia originale, chi decide quale debba essere, e in che modo costui riesce ad imporla con tale apparente facilità al mondo intero, praticamente nello stesso istante?

E’ davvero possibile che esista “un signore” (o un gruppo ristretto), seduto in qualche oscuro bugigattolo dei famosi “piani alti”, che analizza sistematicamente le notizie in arrivo, le manipola, e fa diffondere solo quelle che ha deciso lui, nel modo e con il taglio che vuole lui?

Se davvero esistesse questo “centro unificato di controllo”, come fa l’informazione mondiale a raggiungerlo in primo luogo? Se infatti i canali mainstream (i nostri televisori) rappresentano solo la fase di “uscita”, cioè l’emissione della notizia già manipolata, attraverso quali canali arriva al “bugigattolo” la notizia reale, “in entrata”?

Dobbiamo forse immaginare che tutti i reporter del mondo abbiano nel cellulare un “numero segreto”, da chiamare ogni volta che ritengono un fatto degno di essere riportato? Oppure, se non tutti i reporter - che sarebbe ovviamente assurdo – almeno tutti i direttori delle grandi testate mondiali?

Ve lo vedete, l’inviato di Chicago che chiama il direttore della CNN ad Atlanta e dice “Pare che ci fosse in atto un tentativo di far esplodere la Sears Tower, da parte di un gruppo di terroristi islamici. Che faccio, direttore, indago?” “Aspetta un attimo”, gli risponde il direttore, il quale telefona di nascosto al “Grande Vecchio” e gli chiede: “Può interessarle un tentativo di far esplodere la Sears Tower da parte di un gruppo di terroristi islamici?” “Uhm, sì sì, molto interessante. Manda, manda, che poi ti faccio sapere io come ne devi parlare”.

Proviamo davvero a immaginarlo, questo “centro di potere occulto”, un bugigattolo con mille linee telefoniche che viene tempestato ininterrottamente da tutti i direttori di testata mondiali, i quali cercano nello stesso momento di fargli avere le informazioni reali, “prima” che vengano manipolate e diffuse sui canali mainstream: poichè le news viaggiano in tempo reale, e nel mondo succede costantemente di tutto, ci vorrebbero come minimo venti batterie di telefoniste che ricevono, filtrano e riorganizzano le informazioni, per poi passarle ai livelli superiori.

I ”Grandi Vecchi” saranno anche potentissimi, ma di orecchie ne hanno due come tutti gli altri.

Se quindi quel bugigattolo esistesse, non potrebbe che avere le sembianze di una vera e propria redazione - come appunto quella della CNN - dove arrivano in continuazione informazioni da tutto il mondo, e vengono filtrate, riorganizzate e reindirizzate ai livelli superiori, prima di essere elaborate per la messa in onda.

E ai piani alti c’è il direttore, che già di suo normalmente filtra, scarta, seleziona, e modifica le notizia, prima che venga messa in onda. Lo fa perchè quello è il suo ruolo, ed è stato messo lì per quello.

Ma la “catena” della manipolazione si ferma lì, deve farlo per forza: la stessa notizia infatti arriva contemporaneamente alla Fox come alla Rai come alla BBC, e queste non aspettano certo la CNN per sapere cosa raccontare ai loro telespettatori, ma anzi cercano di batterla sul tempo, per fare bella figura con gli sponsor e incassare più soldi al rinnovo del contratto. Come fare allora ad accertarsi che esca contemporaneamente lo stesso messaggio in tutto il mondo, manipolato con la stessa angolazione e omologato in misura tale da essere effettivamente uno solo?

In realtà non c’è alcun bisogno di un Grande Vecchio, che passi le giornate a decidere di cosa debbano parlare le tv di tutto il mondo, perchè il sistema stesso è congegnato in modo da fare che ciò avvenga.

Due fatti, apparentemente non correlati, ci aiutano a capire meglio come funzioni l’attuale sistema di informazione mondiale, un baraccone rumoroso e appariscente, ma del tutto privo di sostanza.

Il primo fatto riguarda la retata mondiale antimafia avvenuta pochi giorni fa. Il giorno prima che si diffondesse la notizia, ho ricevuto da parte di un nostro iscritto una email che diceva:

“Ti scrivo per raccontarti un fatto che mi ha inquietato: qualche ora fa (alle 21.00 circa) ero seduto al tavolo di un bar in una zona centrale di Roma e al tavolo accanto c'era una signora che parlava al cellulare con un'amica. Non ho potuto fare a meno di origliare ed ecco cosa è venuto fuori: detta signora è una giornalista delle reti Sky (purtroppo non ha detto il suo nome), e ad un certo punto ha invitato la sua amica a seguire il suo intervento DOMANI alle 16.00 circa, spiegandole che succederà qualcosa di grosso tra Stati Uniti e Sicilia e lei, se non ho capito male, commenterà o comunque si occuperà di questo fatto sul sito di Sky (credo Sky TG). E' sembrato che l'amica chiedesse maggiori informazioni riguardo quello che deve accadere, ma la giornalista ha risposto (accortasi che stavo ascoltando) che non poteva dirglielo e di aspettare semplicemente domani.“

Che cosa significa tutto questo? Che il nostro amico si era per caso seduto proprio accanto al Grande Vecchio (con sembianze femminili, in quel caso), oppure accanto a qualcuno che gli è particolarmente vicino?

No di certo, visto che nessuno in una posizione così importante si metterebbe ad annunciare in pubblico – e su un cellulare oltretutto – quello che dovrebbe tenere rigorosamente per sè.

E nemmeno un giornalista serio, che avesse avuto quella dritta attraverso qualche canale privilegiato, sarebbe così stupido da rivelarlo pubblicamente, invece di sfruttarlo a proprio vantaggio professionale.

Quella era sicuramente una mezzacalza qualunque, che non ha resistito alla tentazione di vantarsi con l’amica per quello che evidentemente credeva essere lo scoop del secolo. E’ invece risultato che all’ora indicata non solo Sky News, ma il mondo intero riportasse la stessa identica notizia.

Se quindi lo sapeva in anticipo una “giornalista qualunque”, vuole dire che nell’ambiente lo sapevano più o meno tutti. C’era stato cioè, a monte, il classico “leaking” da parte di chi voleva accertarsi che la notizia uscisse con il dovuto peso, e non finisse invece relegata in qualche pagina interna, coperta magari da un fatto più importante.

In altre parole: conoscendo la natura competitiva del giornalismo, il modo migliore per far uscire una notizia in grande stile è quello di comunicarla “segretamente” ad una o più testate, facendo ovviamente credere a ciascuna di essere l’unica a saperlo (da cui l’eccitamento incontenibile della signora al cellulare). A quel punto saranno loro stessi a voler uscire con la notizia per primi, marcando addirittura l’ora esatta in cui comunicheranno al mondo il fatto appena avvenuto.

Se fai questo con una dozzina di testate importanti, ti sei garantito le prime pagine di tutto il mondo, perchè a quel punto le altre seguiranno a ruota, ansiose di non fare la figura degli sprovveduti.

I media quindi condizionano prima di tutto i media stessi: soprattutto ora che c’è Internet, le varie redazioni nel mondo passano la maggior parte del tempo a riaggiornare le prime pagine delle testate concorrenti, per vedere chi si muove per primo su una certa notizia, e come lo fa. A quel punto, basta che una notizia raggiunge la soglia critica, come presenza sulle testate importanti, che le altre si adegueranno tutte automaticanente, senza una sola eccezione.

(Lo abbiamo visto anche da noi, con l’undici settembre: prima era il silenzio più impenetrabile, poi uno di loro ha osato parlarne, e di colpo tutti gli altri si sono buttati a capofitto).

Veniamo ora al secondo esempio: la famosa notizia del crollo del WTC-7, data con oltre mezz’ora di anticipo dalla BBC di Londra.

Quando si scoprì che la BBC aveva dato la notizia verso le 16.50 (l’edificio è poi crollato alle 17.25), si è subito formato in rete un fronte di complottisti “all’ultimo stadio”, che sostenevano che i media “sanno già tutto in anticipo”, e che questo episodio lo dimostrasse in maniera inequivocabile.

Naturalmente, nessuno si è domandato perchè mai il “Grande Vecchio” avrebbe avuto interesse, in quel caso, a far sapere in anticipo alle TV del crollo, quando tutte le telecamere del mondo erano già puntate sul World Trade Center, e nessuna avrebbe comunque mancato di registrarlo in diretta mondiale.

Ma c’è soprattutto una spiegazione molto più semplice, per un episodio che è solo apparentemente “misterioso e sinistro” come questo. Poichè in strada già sapevano da alcune ore che il WTC sarebbe stato demolito (ci sono diverse testimonianze in questo senso, chiare e inequivocabili), la notizia in qualche modo deve aver raggiunto la redazione della CNN, che intorno alle 16.30 ha comunicato al mondo che “un altro edificio è crollato, o sta per crollare”.

A quel punto – fra la tensione di quella giornata, la confusione generale, e la tendenza istintiva di tutti i newscasters a dare le notizie prima possibile - non è difficile immaginare come quel dubbio sia potuto diventare una certezza prima ancora che il fatto avvenisse. (Oggi la cosa fa scalpore, poichè il WTC7 appare perfettamente in piedi alle spalle dell’annunciatrice che ci informa del suo crollo, ma a quel tempo nessuno avrebbe saputo riconoscerlo da un qualunque altro grattacielo di Downtown Manhattan. Inoltre la CNN aveva parlato di “un altro edificio”, senza specificare quale).

Questo secondo episodio sembra quindi confermare sia la difficoltà pratica di controllare le notizie in tempo reale, sia una certa caratteristica del sistema di informazione, che riesce da solo a generare i mostri più spaventosi senza nemmeno rendersene conto.

Quella dell’informazione è una macchina, enorme e complicata, nella quale è sufficiente piazzare i direttori giusti al posto giusto, per vederla funzionare a meraviglia. Una volta che costoro avranno filtrato e scartato – ciascuno in maniera del tutto indipendente, ma curiosamente omogenea, visto che sono gli stessi direttori ad assomigliarsi fra di loro – sarà la macchina stessa a fornire l’energia per replicare e diffondere all’infinito quello che non potrà che apparire come un messaggio unico sin dalla partenza.

di Massimo Mazzucco

19 febbraio 2008

NANOPARTICELLE, l'intervista da non diffondere



INTERVISTA AL DOTT. MONTANARI
La pericolosità delle nanoparticelle sta gradualmente assumendo importanza agli occhi dell'opinione pubblica. L'idea di essere circondati da piccole e pericolosissime particelle in grado di generare nel nostro corpo tumori o altri gravi danni non può che allarmare e farci sentire in un certo qual modo impotenti. Ci sono persone che tendono a negare qualsiasi presunto effetto negativo sulla nostra salute e intanto noi, consumatori, ci ritroviamo sempre più confusi e incapaci di fare utili per la nostra salute.

Per questa ragione abbiamo pensato di rivolgerci ad un importante rappresentante della comunità scientifica internazione ed esperto di nanoparticelle, il Dott. Montanari, con l'obiettivo di fare chiarezza sull'argomento e svelare opinioni.
Stefano Montanari, uno dei massimi esperti di nanopatologie, malattie legate alle micro e nanoparticelle, è direttore scientifico del laboratorio "Nanodiagnostics" di Modena, un centro che si occupa di ricerca sull'inquinamento provocato da polveri inorganiche.
Purtroppo, come ha sottolineato il nostro interlocutore, sull'argomento la disinformazione è davvero diffusa; per tale ragione manteniamo l'impegno assunto con il Dott. Montanari e pubblichiamo il testo dell'intervista nella sua forma integrale.

Gentile Dott. Montanari, negli ultimi anni si comincia a sentir parlare con una certa insistenza di polveri sottili, micro e nano particelle ed effetti dannosi sulla salute. Mi pare tuttavia che persista una certa disinformazione al riguardo: ad esempio, si concede molta importanza al PM10, che lei invece giudica "una polvere grossolana", rispetto a particelle con dimensioni inferiori, meno "note" ma decisamente più nocive per l'organismo. Ritiene colpevoli i mezzi di informazione in questo senso?

Le polveri fini e finissime, intorno e al di sotto del micron, sono incomparabilmente più aggressive per la salute rispetto a quelle grossolane. La classificazione di grossolano per le PM10 non è certo mia, ma è quella corrente nei testi tecnici. Su questa diversa aggressività, molto diversa, nei fatti, tutta la scienza è d'accordo senza eccezione alcuna. La Comunità Europea ha in corso vari studi non sulla nocività di queste polveri, che è ormai notissima, ma sul meccanismo che queste seguono per essere nocive. Ad esempio, il progetto DIPNA ha a capo mia moglie, la Dott. ssa Antonietta Gatti, e coinvolge 11 centri di ricerca in 6 paesi europei per studiare il meccanismo d'ingresso delle nanopolveri nel nucleo della cellula.

Quanto ai mezzi d'informazione, fatte salve le poche, meritevoli eccezioni, lavorano solo per disinformare. Purtroppo alcuni media si valgono della collaborazione di personaggi spacciati come uomini di scienza che sono disposti a prostituirsi per quattro soldi, il che aggrava la situazione allestendo un alone di credibilità. Del resto, pensi a ciò che si faceva anni fa quando le multinazionali del tabacco affittavano "scienziati" per dimostrare che il fumo è innocuo, arrivando anche a dimostrare che serve a prevenire certe malattie come il Morbo di Parkinson. Tutto questo oggi suona grottesco, ma allora la discussione era apertissima.

I risultati delle sue ricerche - condotte insieme alla Dott. ssa Gatti - che proseguono ormai da diversi anni, hanno evidenziato come in numerosi alimenti siano presenti queste nanoparticelle, sinonimo di rischio per la salute. Può farci degli esempi?

Non voglio fare esempi di marche e di prodotti perché sono tutti legalmente considerati innocenti. La legge non tiene in alcun conto il micro e nanoparticolato che, dunque, può non solo inquinare senza problemi di sorta ma addirittura essere usato come additivo per alimenti. Cosa, quest'ultima, che viene regolarmente fatta, per esempio, ma non solo, in certi tipi di cioccolato o di gomma da masticare. Malauguratamente chi legifera è di solito indietro anni rispetto alla scienza e basta ricordare lo scempio dell'amianto bandito nel 1992 quando si conosceva da sempre la sua cancerogenicità. Anche in quel caso, media e scienziati a gettone fecero una solidissima barriera per avversare la messa fuori legge di quel terribile inquinante del cui uso sconsiderato paghiamo tuttora e pagheremo ancora per decenni le conseguenze tragiche.

A riguardo, Lei ha sempre tenuto a precisare che l'obiettivo non era colpire alcun marchio o prodotto, quanto piuttosto diffondere la consapevolezza che l'ambiente è purtroppo ricco di inquinanti. Tuttavia, credo che per alcune aziende questo aspetto potrebbe rappresentare un problema, almeno in termini di reputazione. Dopo tutto questo tempo, c'è stata qualche azienda che l'ha contattata perché interessata seriamente a contrastare il problema.

Due o tre aziende lo hanno fatto ma la cosa non ha avuto seguito. Del resto, chi glie lo fa fare? Finché tutto tace...

Secondo lei, se un'impresa consapevole di avere i propri prodotti inquinati da nanoparticelle cercasse di affrontare il problema, quali strade potrebbe percorrere? Quali precauzioni, cioè, potrebbe porre in essere per prevenire e contrastare tale inquinamento?

Si controllano le materie prime e tutte le fasi di produzione. Volendo, la cosa è ampiamente fattibile perché tecnicamente non è difficile, ma farlo è impegnativo e, dunque, fa "perdere tempo". Poi è inutile, perché i consumatori sono tenuti accuratamente nell'ignoranza e non c'è pericolo che boicottino un prodotto. È solo la cultura che può metterci una pezza.

Ha sempre affermato che sono presenti tre tipologie di inquinamento da nanoparticelle: ambientale (ovvero particelle presenti nell'ambiente), industriale (frutto del processo produttivo del prodotto), volontario (ovvero il caso in cui si aggiungano nanoparticelle volontariamente per "migliorare" l'appetibilità di un prodotto. In riferimento a quest'ultimo, avete svolto analisi in dettaglio? Sono presenti reali rischi per la salute? È quindi possibile individuare aziende che utilizzano questi metodi deliberatamente? Sarebbe perlomeno interessante comprendere se sono consapevoli dei rischi cui sottopongono i loro clienti, non trova?

Purtroppo queste indagini hanno un costo che per noi che ci autofinanziamo come possiamo è tutt'altro che irrilevante. Dunque, non riusciamo a fare analisi sistematiche. Alcune aziende, ma sono pochissime, dichiarano le aggiunte in etichetta, ma la stragrande maggioranza se ne guarda bene. Personalmente credo che siano tutte assolutamente consapevoli del problema, tanto che so per certo che alcuni pezzi grossi di certe industrie non darebbero mai i loro prodotti ai loro figli, ma, lei lo sa, gli affari sono affari.

Cosa prevede la legge, in italia e in Europa, per tali questioni? Ad esempio, consente le aggiunte citate nella domanda precedente?

La legge tace.

Se dovesse fare una classifica delle fonti di inquinamento antropiche relative alle nanoparticelle, quali sarebbero ai primi posti in termini di pericolosità per l'uomo?

Inceneritori, fonderie e traffico automobilistico, ma le fonti sono in realtà infinite.

In alcuni siti internet viene riportato che i filtri antiparticolato montati sulle auto sono in realtà uno "specchio per le allodole": trattengono le particelle PM10 quando l'auto viaggia a basse velocità (ad esempio in città), mentre "sbriciolano" queste particelle quando aumenta la velocità, liberando nell'ambiente una grande quantità di nano particelle dannose. Sulla base della sua esperienza, questa rappresentazione corrisponde alla realtà?

Non è un pettegolezzo: è esattamente quanto affermano i costruttori del prodotto. Se così fosse non le pare che anziché risolvere un problema si ottenga il solo risultato di delocalizzarlo, portando le fonti di inquinamento fuori dai grandi centri abitati, rischiando di contaminare a questo punto coltivazioni localizzate ovviamente fuori città? Quei filtri renderanno molto più aggressive le polveri diminuendone le dimensioni granulometriche e avranno anche la particolarità di aumentare i consumi di carburanti, con ciò aumentando la quantità d'inquinanti nell'ambiente.

Pensi che, per motivi geometrici elementari, con una particella da 10 micron di diametro se ne fa un milione da 0,1 micron. E ognuna di queste è infinitamente più aggressiva di quella grossolana di partenza. Il filtro fa questo. Chi, poi, usa particolari additivi per sminuzzare le polveri, introduce pure un inquinante nuovo. Per quanto riguarda l'inquinamento da nanoparticelle, questo è ormai omogeneo quasi ovunque e, dunque, città o campagna fa poca differenza.

In una sua intervista ha dichiarato che, analizzando le nanoparticelle presenti in un organismo, riuscite a risalire alle fonti dell'inquinamento. Tale aspetto dovrebbe rappresentare un campanello di allarme per alcune attività imprenditoriali, tipicamente produttrici di questi inquinanti e che espongono quindi i propri dipendenti a seri rischi per la salute? Se non sono previsti delle vigenti norme di sicurezza e igiene sul lavoro, dovrebbero forse preoccuparsene perlomeno quelle aziende che, nei loro bilanci sociali, dichiarano di prestare massima attenzione alle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, non crede?

C'è una norma del diritto che prescrive di non far del male a nessuno. " Neminem laedere", dicevano i Latini. Questo, esista o no un particolare articolo di legge. Già qualcuno ha pagato per aver inquinato l'ambiente, ma per essere efficaci e non solo vagamente episodici occorre che la magistratura cominci a porre attenzione al problema, se non altro perché un essere che distrugge l'ambiente in cui vive è destinato ad estinguersi e questo problema è ben maggiore di tante delle sciocchezze su cui qualcuno si trastulla.

Lei ha più volte ribadito che gli inceneritori non sono assolutamente efficaci nello smaltimento dei rifiuti e che sono importanti fonti di inquinamento anche per quanto riguarda le nanoparticelle emesse durante il processo di incenerimento, che vengono disperse nell'aria. In questo senso, possiamo quindi pensare che siano a rischio, ad esempio, le coltivazioni biologiche in un raggio più o meno ampio rispetto alla presenza di un inceneritore?

Ovviamente un ambiente sporco non può che generare prodotti sporchi. Ripeto, comunque, che le nanoparticelle si diffondono omogeneamente ovunque ed è la stessa European Environment Agency, l'ente comunitario che si occupa d'inquinamento, che ce lo fa notare. Le particelle grossolane, invece, cascano a terra in un raggio di pochi chilometri, inquinando sì terra, erba, frutta e verdura, ma in maniera meno insidiosa. Insomma, porre un limite di qualche chilometro tra inceneritore e coltivazione non ha particolare senso scientifico.

Considerato peso e diametro delle nanoparticelle, non credo assolutamente sia insensato pensare che possano viaggiare spostate dal vento per molti chilometri, vanificando gli sforzi di coloro che investono per fornire prodotti di elevata qualità ai consumatori. Pensi ai pollini che hanno una massa qualche milione di volte superiore alle nanoparticelle di cui io mi occupo: qualsiasi paleontologo sa che i pollini europei si trovano al Polo Sud. Pensi alla sabbia del Sahara, relativamente pesantissima, che varca gli oceani e si trova nelle piogge rosse che conosciamo tutti. Faccia lei i suoi calcoli.

Non le pare che la tendenza potrebbe diventare quella di delocalizzare le fonti di inquinamento verso zone che offrono meno controlli?

Mi viene da pensare ai paesi in via di sviluppo o al terzo mondo. Ad esempio, nella produzione di energia non vedo molto remota la possibilità che si comincino a costruire impianti di generazione, anche inquinanti, dove nessuno si preoccuperebbe degli impatti sulla salute umana. Al contempo, questa rischia a mio parere di diventare la soluzione anche per lo smaltimento dei rifiuti, che potrebbe quindi concretizzarsi con la costruzione di inceneritori in questi luoghi.

Ha mai pensato che il Terzo Mondo siamo noi? Ha mai meditato sul perché l'Italia sta diventando terra di conquista per chi fabbrica inceneritori e non riesce a rifilarli a nessuno tranne che a noi? Il Terzo Mondo è più nei cervelli che nei portafogli e quell'arma di legittima difesa che è la cultura da noi è bandita. Dunque, siamo culturalmente Terzo Mondo. Accenda la TV, apra un giornale o entri in un'aula universitaria e si faccia lei la sua idea.
Dario Muzzarini

28 febbraio 2008

La nostra civiltà: L'Olocausto nascosto



È risaputo come il termine “olocausto” sia tradizionalmente impiegato in riferimento alla “sistematica, burocratica, persecuzione e uccisione organizzata da uno stato di circa sei milioni di Ebrei, da parte del regime Nazista durante la Seconda Guerra Mondiale”. “Olocausto” è una parola greca che significa “sacrificio per mezzo del fuoco”. Esprime un evento la cui portata e il cui orrore hanno trasformato il corso della storia mondiale. È inoltre visto come un crimine contro l'umanità ineguagliabile e unico.

Su questo non si discute. L'olocausto nazista è certamente stato un genocidio eccezionalmente orrendo la cui enormità e il cui carattere sistematico sono a mala pena immaginabili, progettato per eliminare completamente – fisicamente, socialmente, culturalmente – il popolo ebraico dalla faccia della Terra.

Ma allora cosa intendiamo con “olocausto nascosto”? Questo termine indica la realtà di una campagna globale di omicidi e assassini, la cui scala ed enormità sono tali da rendere la parola “olocausto”, certamente in senso lato, applicabile. È “nascosto”, nel senso che, sebbene milioni di persone in tutto il mondo lo abbiano subito nel corso della storia e lo subiscano ancora oggi, esso rimane invisibile, ufficialmente non riconosciuto.
Questo “olocausto nascosto" aumenta, accelera, si intensifica; secondo tutte le proiezioni degli esperti, dalle scienze sociali a quelle fisiche, potrebbe culminare nell'estinzione della specie umana a meno che non si prendano provvedimenti drastici ed immediati, adesso.

2. “Crisi di civiltà”

“Civiltà” è una parola che si sente spesso, e spesso è stata impiegata per spiegare le dinamiche della Guerra al terrore come uno scontro tra due civiltà: la civiltà avanzata, sviluppata e progressista dell'Occidente e la retrograda e reazionaria civiltà dell'Islam.

Come ben si sa, l'uomo che per primo ha elaborato quest'idea nella forma di una teoria accademica delle relazioni internazionali è stato Samuel Huntington, professore ad Harvard e consigliere del governo statunitense.
All'inizio del 2007, l'allora Primo Ministro Tony Blair ha descritto la Guerra al terrore come “uno scontro non tra civiltà”, ma piuttosto “sulla civiltà.” La Guerra al terrore è, ha proclamato, una continuazione della “millenaria battaglia tra progresso e reazione, tra chi abbraccia il mondo moderno e chi ne rifiuta la esistenza.” [“A Battle for Global Values," ('La battaglia per i valori globali') Foreign Affairs (Gennaio/Febbraio 2007)]

Ma l'“olocausto nascosto” non costituisce un'aberrazione della nostra civiltà avanzata che di per sé rappresenterebbe il picco dello sviluppo umano, e che necessiterebbe solo di qualche riforma. Al contrario, l'“olocausto nascosto” è una componente essenziale della struttura stessa, dei valori e delle attività, della nostra civiltà. È parte e particella dei “valori globali” dell'ordine politico-economico internazionale che sostiene la civiltà industriale. E a meno che non tentiamo di trasformare la natura della nostra civiltà, periremo tutti in un olocausto che avremo provocato noi stessi.
3. La concezione genocida di civilità

L'olocausto nascosto associato alla nostra civiltà moderna ha preso avvio all'inizio della civiltà moderna stessa.
Le origini della civiltà moderna si possono trovare, in parte, nei viaggi, cruciali per l'espansione coloniale e il commercio europei, effettuati dal XV al XIX secolo. Esploratori spagnoli, italiani, portoghesi, olandesi, inglesi ed altri si avventurarono al di fuori dei propri Paesi natale alla ricerca di nuove ricchezze e di nuove terre in ogni angolo del globo. Si recarono nei continenti dell'America, dell'Africa e dell'Asia dove stabilirono colonie e avamposti commerciali.
Colonizzatori e coloni avevano ogni tipo di intenzioni. Alcuni di loro erano in possesso di capitale e stavano semplicemente cercando nuove opportunità di investimento. Altri stavano tentando di sfuggire ad esistenze difficili nel proprio paese e desideravano farsi una nuova vita insediandosi nelle colonie. Altri ancora volevano portare il messaggio del Cristianesimo alle popolazioni indigene. Quasi tutti vedevano se stessi come parte dell'inevitabile slancio storico del progresso, come portatori dei frutti della civiltà europea a genti arretrate.
Qualsiasi fossero le intenzioni, l'espansione europea previde l'uso massiccio e sistematico della violenza. Violenza di ogni genere. Massacri indiscriminati, campi di lavoro forzato, malattie, malnutrizione dovuta all'imposta deprivazione economica, suicidi di massa causati da depressione e alienazione culturale. Come sostiene Irving Louis Horowitz, per esempio, “la condotta del colonialismo classico era invariabilmente legata al genocidio”. [Genocide: State Power and Mass Murder, (New Brunswick, NJ: Transaction, 1976), p. 19-20 – Genocidio: potere statale e omicidio di massa, trad. it. non disponibile] Di seguito proponiamo un resoconto di alcuni esempi salienti.
4. L'olocausto americano

La conquista fatale ebbe inizio a partire dal 1492, anno in cui si dice Cristoforo Colombo abbia scoperto le Americhe. Nel corso di pochi secoli successivi, le complesse civiltà dei nativi americani furono devastate. Lo storico britannico Mark Cocker ha esaminato delle stime affidabili del bilancio delle vittime:

“[U]ndici milioni di indigeni americani persero la vita negli ottant'anni successivi all'invasione spagnola del Messico. Nell'Impero andino degli Inca, la cifra superò gli otto milioni. In Brasile, la conquista portoghese assistette alla diminuzione del numero degli indiani da un totale precolombiano di quasi 2.500.000 ad appena 225.000 persone. E nel nord del Messico. . . i nativi americani, entro la fine del XIX secolo, diminuirono drammaticamente da una popolazione originale di oltre 800.000 persone. Per l'intero continente delle Americhe, secondo alcuni storici le perdite totali raggiunsero addirittura i 100 milioni.” [Mark Cocker, Rivers of Blood, Rivers of Gold: Europe’s Conquest of Indigenous Peoples (New York: Grove Press, 1998), p. 5 – Fiumi di sangue, fiumi d'oro: la conquista europea dei popoli indigeni, trad. it. non disponibile]

Sebbene la maggior parte di tali morti siano avvenute a causa dell'impatto con le malattie europee, la malattia da sola non spiega le variazioni nei bilanci dei decessi nelle diverse parti delle Americhe. I fattori chiave in cui le malattie agirono erano, in definitiva, le conformazioni sociali colonialiste e repressive imposte sui nativi dagli invasori europei, che consistettero in diverse matrici di regimi di lavoro forzato in miniere e piantagioni, riduzione in schiavitù in massa per l'uso domestico e personale da parte dei colonialisti, perturbazioni religiose e culturali, e così via.
Secondo le conclusioni di David Stannard nel suo esaustivo studio del genocidio che egli descrive come un “Olocausto americano”, questi fattori accelerarono ed intensificarono il semplice impatto della malattia. Egli descrive ulteriormente il pensiero strategico dei colonialisti:

“All'alba del quindicesimo secolo, i conquistadores e i preti spagnoli offrivano agli indiani in cui si imbattevano una scelta: o abbandonate la vostra religione e la vostra cultura, le vostre terre e la vostra indipendenza, giurando fedeltà 'come vassalli' alla Chiesa Cattolica e alla Corona Spagnola, o subirete ‘tutto il male e tutti i danni’ che gli invasori europei sceglieranno di infliggervi.” [David Stannard, American Holocaust: The Conquest of the New World (Oxford: Oxford University Press, 1993), p. 255 – trad. it.: Olocausto americano. La conquista del Nuovo Mondo, Bollati Boringhieri, 2001]
Questa scelta binaria, data ai nativi americani cinque secoli fa, assomiglia in maniera impressionante alla retorica che oggi dà fondamento alla Guerra al terrore: “Con noi o contro di noi.”

5. L'olocausto africano

In Africa, il commercio degli schiavi contribuì considerevolmente alla morte prolungata di un enorme numero di persone. Sebbene localmente esistessero già strutture schiavistiche, di sicuro non avevano la dimensione che assunse il fenomeno nel corso degli interventi europei. I commercianti di schiavi inglesi, francesi, olandesi, spagnoli, danesi e portoghesi iniziarono depredando i villaggi sulla costa africana occidentale. Il commercio di schiavi transoceanico, che durò dagli anni Cinquanta del XV secolo agli anni Sessanta del XIX, consistette di “una serie di scambi di prigionieri che si estendeva dall'interno dell'Africa Sub-sahariana fino agli acquirenti finali nelle Americhe.” Un osservatore del tempo, il giornalista britannico Edward Morel scrisse: “Per un secolo, gli schiavi nelle Barbados furono mutilati, torturati, appesi vivi alla forca e lasciati morire di fame, bruciati vivi, scaraventati in pentoloni di zucchero bollente, frustati a morte.” [The Black Man’s Burden: The White Man in Africa from the Fifteenth Century to World War I (New York: Modern Reader, 1969) – Il peso dell'uomo nero: l'uomo bianco in Africa dal XV secolo alla Prima Guerra mondiale, trad. it. non disponibile]

Dal XVI al XIX secolo, il bilancio totale delle morti di schiavi africani trasportati via nave nella sola America raggiunse i 2 milioni. Sebbene il numero esatto dei molti milioni che morirono “alla cattura o in viaggio verso l'Asia o il Medio Oriente” sia sconosciuto, tra gli schiavi “tenuti in Africa potrebbero essere morti circa 4.000.000”. In totale, in cinque secoli, quasi 17.000.000 -- e secondo alcuni calcoli forse oltre 65.000.000 – di Africani furono uccisi nel commercio di schiavi transoceanico. [R. J. Rummel, Death by Government (New Brunswick, N.J.: Transaction Publishers, 1994) – trad. it.: Stati assassini. La violenza omicida dei governi, Rubbettino, 2005].
Il sociologo della University of Essex Robin Blackburn ha dimostrato in modo convincente la centralità del capitalismo nell'espansione della schiavitù del nuovo mondo, sostenendo che i profitti schiavisti accumulati nel “commercio triangolare” tra Europa, Africa e America contribuirono in maniera fondamentale all'industrializzazione della Gran Bretagna. Ad esempio, i profitti provenienti dal commercio triangolare nel 1770 avrebbero costituito tra il 20,9 e il 55 % degli investimenti fissi lordi britannici. [Robin Blackburn, The Making of New World Slavery: From the Baroque to the Modern, 1492-1800 (London: Verso), p. 572 – La creazione della schiavitù del Nuovo Mondo: dall'età Barocca all'età moderna 1492-1800, trad. it. non disponibile] La questione della costituzione del capitale, comunque, è solo una parte della storia. Il commercio di schiavi transoceanico fu un motore indispensabile nel sistema capitalistico emergente sotto la responsabilità dell'Impero britannico. La meccanizzazione del settore tessile del cotone, originariamente prodotto nelle piantagioni americane in cui lavoravano gli schiavi africani, fu la forza trainante e travolgente dell'industrializzazione britannica. [CK Harley and NFR Crafts, “Cotton Textiles and Industrial Output Growth," ('Cotone e incremento del rendimento industriale') Warwick Economics Research Paper Series (1994, no. 420)]

6. L'olocausto indiano

Nel suo fondamentale studio, Late Victorian Holocausts: El Niño Famines and the Making of the Third World (London: Verso, 2001) – [trad. it.: Olocausti tardovittoriani. El Nino, le carestie e la nascita del terzo mondo, Feltrinelli, 2002], lo storico Mike Davis evidenzia come le politiche imperialiste britanniche abbiano sistematicamente convertito le siccità nel Sud dell'Asia e dell'Africa in prevedibili ma evitabili carestie fatali.
In India, un numero di persone compreso tra 5,5 e 12 milioni morì in una carestia indotta artificialmente sebbene vi fossero milioni di tonnellate di cereali in circolazione. La produzione di frumento e riso era stata superiore alla media nei tre anni precedenti, ma la maggior parte del surplus era stata esportata in Inghilterra. “In effetti, i londinesi stavano mangiando il pane dell'India.” Nell'ambito delle regole di “libero mercato”, tra il 1877 e il 1878, i mercanti di cereali esportarono una quantità record di frumento pari a 325 mila tonnellate verso l'Europa mentre milioni di indiani poveri morivano di fame.
È in modo cruciale che Davis sostiene che queste persone morirono “non al di fuori del moderno sistema mondiale, ma proprio nel corso della loro integrazione forzata nelle sue strutture economiche e politiche. Essi morirono nell'età dell'oro del capitalismo liberale; molti furono assassinati dall'applicazione di principi utilitaristici di libero commercio”.

7. La divisione del mondo

Tale violenza, dunque, non fu meramente incidentale nel progetto imperialista europeo. Ne era parte integrante, sistematica, come una soluzione al problema della resistenza posta dai nativi.
Nel periodo compreso all'incirca tra il 1870 e il 1914, le politiche imperialiste europee ricevettero una nuova iniezione di vita, risultante dall'intensa corsa per il controllo dei territori dell'Asia orientale e dell'Africa. Quasi tutto il mondo era completamente suddiviso e sottoposto al governo politico formale o informale di Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Belgio, U.S.A. e Giappone. Questi paesi tutti insieme, in Africa, per esempio, acquisirono 30 nuove colonie e 110 milioni di sudditi. La resistenza africana fu brutalmente annientata. Si consideri, ad esempio, l'insurrezione nel 1904 degli Herero, una tribù dell'Africa sud occidentale, contro l'occupazione tedesca. La risposta tedesca consistette nel condurli tutti e 24.000 nel deserto a morire di fame; chi si arrese fu fatto lavorare a morte nei campi di lavoro forzato. [Thomas Pakenham, The Scramble for Africa: White Man’s Conquest of the Dark Continent, 1876-1912 (London: Random House, 1991) – La corsa alla conquista dell'Africa: la conquista dell'uomo bianco del continente nero, 1876-1912. trad. it. non disponibile]

In questo periodo, nel sistema internazionale sono già visibili gravi iniquità. Entro il 1880, il reddito pro-capite nei Paesi sviluppati era circa il doppio di quello del 'Terzo Mondo'. Entro il 1913, era tre volte maggiore, ed entro il 1950, cinque volte maggiore. Allo stesso modo, il PIL pro-capite dei Paesi industrializzati più sviluppati era, nel 1830, già doppio rispetto a quello del Terzo Mondo, per diventare sette volte maggiore entro il 1913. [E. J. Hobsbawm, The Age of Empire, 1875-1914 (London: Abacus, 1987), p. 15 – trad. it.: L'età degli imperi 1875-1914, Laterza, 2005]

In conclusione, per cinquecento anni, centinaia di milioni di indigeni furono trucidati, decimati, deportati, resi schiavi, affamati, sterminati, impoveriti, e assimilati forzatamente ad un sistema mondiale emergente dominato dall'Europa Occidentale. Questo è il modo in cui sono venuti in esistenza i valori globali e le strutture politico economiche della nostra civiltà. La globalizzazione . . . la sanguinosa eredità di una macchina letale vecchia di 500 anni.

Nafeez Mosaddeq Ahmed


Fonte: http://nafeez.blogspot.com/

27 febbraio 2008

Il piano completo per il controllo dell'informazione


La guerra dell'informazione

Quando i militari statunitensi parlano di controllo completo, intendono veramente dire "controllo completo".
Le operazioni di disinformazione [Information operations, IO], o guerra dell'informazione, sono parte essenziale dell'attività militare.
In seguito ad una richiesta del National Security Archive dell'università George Washington, giustificata dal Freedom of Information Act, il Pentagono ha dovuto recentemente declassificare il documento Information Operation Roadmap, descritto dal sito del Council on Foreign Relations in questi termini:

"Documento del Pentagono del 2003, in precedenza classificato come noforn (da non portare a conoscenza di stranieri, compresi gli alleati). Il rapporto indica in dettaglio le operazioni di disinformazione dell'armata USA, incluse le operazioni psicologiche, la guerra elettronica, la manipolazione dei giornalisti stranieri. Il National Security Archive ha reso pubblico il documento il 26 gennaio 2006"



Sullo stesso piano delle operazioni aeree, terrestri, marittime e speciali

Il documento sottolinea chiaramente l'importanza della guerra di disinformazione.
"Principi fondamentali. L'informazione, sempre importante nella guerra, è adesso indispensabile per il successo militare, e lo sarà sempre di più nel futuro prevedibile. Tre principi chiave sottolineano la crescente importanza dell'informazione:

- (U) Comunicare con efficacia le capacità e le intenzioni del governo USA (USG) è un mezzo importante per combattere i piani dei nostri nemici. La possibilità di far arrivare rapidamente informazioni convincenti ai diversi destinatari, in modo da influenzarne direttamente le scelte, è un sistema sempre più potente per contrastare l'aggressione" [grassetto aggiunto] - 3
Il punto centrale del documento è la tesi secondo cui le operazioni di disinformazione dovrebbero essere centralizzate presso il Segretario della Difesa ed essere considerate attività militari fondamentali.
Obiettivo: le IO [operazioni di disinformazione] diventano un'attività militare fondamentale. L'importanza di dominare lo spettro dell'informazione spiega l'obiettivo di trasformare l'IO in un'attività militare fondamentale, sullo stesso piano delle operazioni aeree, terrestri, marittime e speciali. Al panel di controllo della IO Roadmap era stato affidato il compito di elaborare una serie di raccomandazioni estremamente pratiche per rendere l'IO un'attività militare fondamentale, cosa che a sua volta imponeva d'individuare i prerequisiti essenziali per diventare tale" [grassetto aggiunto] - 4


Messaggi e temi coerenti

La principale ragione per centralizzare le operazioni d'informazione sotto un comando unico era quella di creare una coerenza tra i vari segmenti delle operazioni d'informazione del Pentagono.
"L'IO richiede un coordinamento tra affari pubblici e operazioni militari e civili, in modo che gli obiettivi delle attività correlate si completino vicendevolmente e sia garantita la coerenza del messaggio" [grassetto aggiunto] – 23

"- (U) Il governo USA non può attuare una efficace strategia di comunicazione che faciliti le operazioni militari se organi differenti del governo inviano ai destinatari stranieri messaggi incoerenti. È quindi importante che le differenze politiche tra dipartimenti e agenzie del governo statunitense vengano stemperate al punto da permettere di trasmettere gli stessi temi e messaggi.

- (U) Tutte le attività d'informazione del Ministero della Difesa (DoD), incluse le operazioni di disinformazione condotte a livello strategico, operativo, e tattico, dovranno riflettere ed essere coerenti con gli obiettivi strategici e politici di sicurezza nazionale in senso lato" [grassetto aggiunto] – 25

"Coordinamento delle attività d'informazione. Le "attività d'informazione" più importanti del DoD riguardano gli affari pubblici, il sostegno militare alla diplomazia ufficiale e le PSYOP [operazioni psicologiche]. Il dipartimento di Stato mantiene il controllo della diplomazia ufficiale [solo mezza linea scritta] e l'IBBG [International Broadcasting Board of Governors] quello della trasmissione oltremare dei messaggi dell'USG, spesso con il DoD in funzione di supporto. Il DoD ha costantemente sostenuto che le attività d'informazione di tutte le agenzie devono essere integrate e coordinate, in modo da garantire che temi e messaggi siano coerenti" [grassetto aggiunto] - 25


Una forza addestrata e con carriera pianificata

Oltre a trasformare le operazioni d'informazione in attività militare fondamentale, il documento proponeva, nel capoverso intitolato "Una forza addestrata e con carriera pianificata":
"Il DoD [Department of Defence] esige uno staff di professionisti delle IO capaci di pianificare ed eseguire IO pienamente integrate per sostenere i comandi delle unità combattenti. La forza di professionisti dell'IO dovrà offrire opportunità di promozioni e incentivi proporzionali a quelle di altre aree di combattimento e la possibilità di passaggio al rango di responsabile esecutivo" - 32


Sostegno

Il documento fu approvato e firmato dall'allora Segretario alla Difesa, Donald H. Rumsfeld, che aggiunse le seguenti parole d'incoraggiamento:
"Approvo le raccomandazioni della Roadmap e invito servizi, comandi delle unità combattenti e agenzie del DoD a sostenere senza riserve l'attuazione del piano" - iv



Ma cosa sono le operazioni di disinformazione?

Il documento definisce le operazioni di disinformazione nei seguenti termini:
"L'uso integrato delle possibilità offerte dalla Guerra elettronica, le Operazioni informatiche in rete, le Operazioni psicologiche, la disinformazione militare e le operazioni di sicurezza (in coordinamento con opportune e specifiche capacità di sostegno) per influenzare, distruggere, alterare o prendere il controllo dei sistemi decisionali umani e automatici degli avversari, proteggendo al tempo stesso i nostri" - 22


Questa serie di articoli analizzerà l'obiettivo del Pentagono di assumere il controllo completo della guerra delle informazioni, inclusi il controllo dello spettro elettromagnetico e la lotta a Internet. Mi occuperò inoltre del ricorso alle operazioni psicologiche (PSYOP), così come definite nell'Information Operation Roadmap e degli eventuali limiti nella guerra delle informazioni.

ParteII: Controllo assoluto dell'intero spettro elettromagnetico

Nel 2003, l'allora Segretario alla difesa Donald Rumsfeld firmò l'Information Operation Roadmap che, tra le altre cose, sottolineava l'intenzione del Pentagono di dominare l'intero spettro elettromagnetico.

[...]

Dominare

Da Information Operation Roadmap:
"Dobbiamo migliorare le nostre capacità di attacco nell'etere e in rete. Per vincere una guerra imperniata sull'informazione, sta diventando sempre più importante che le nostre forze abbiano capacità di attacco sufficienti a controllare lo spettro elettromagnetico" [grassetto aggiunto] – 6

"Coprire l'intero arco delle missioni e possibilità dell'EW [Guerra elettronica], incluse la guerra di navigazione, il contrattacco, il controllo dei sistemi a radiofrequenza dell'avversario che permettono di localizzare e individuare amici e nemici, ecc." – 61

"Fornire capacità di EW sufficienti a garantire il controllo totale dell'intero spettro elettromagnetico, neutralizzando, degradando, alterando o distruggendo l'intera gamma dei nuovi sistemi di comunicazione, dei sensori, e dei sistemi d'armamento che usano lo spettro elettromagnetico" [grassetto aggiunto] – 61

"La DPG 04 [Defense Planning Guidance] ha affidato all'USD (AT&L) [Under Secretary of Defense for Acquisition, Technology and Logistics], in coordinamento con il CJCS [Chairman of the Joint Chiefs of Staff] e i servizi, il compito di sviluppare le raccomandazioni per trasformare e ampliare le possibilità dell'EW... di rilevare, localizzare e attaccare l'intera gamma delle nuove apparecchiature di telecomunicazione, i rilevatori di preallarme e le tecnologie di attivazione delle armi che usano lo spettro elettromagnetico" [grassetto aggiunto] – 59


Piattaforme invisibili sulle vostre teste
"Sviluppare una strategia coerente e completa d'ingaggio nella EW per un'architettura che... Si presti particolare attenzione a:

- (U) Programmare un attacco elettronico in aree interdette per mezzo di piattaforme invisibili... Come priorità assoluta, accelerare lo sviluppo congiunto delle opportune strumentazioni di EW per apparecchi da combattimento aereo senza equipaggio" [grassetto aggiunto] – 62


È interessante il riferimento alle piattaforme invisibili e agli apparecchi da combattimento aereo senza equipaggio (UAV), che in effetti stanno attualmente pattugliando le frontiere canadese e messicana, e ben presto anche quella artica. Grazie ai fondi concessi dal Ministero per la sicurezza interna, i servizi di polizia statunitensi stanno cominciando ad usare gli UAV anche per controllare dall'alto i cittadini. A titolo di esempio, citerò Sacramento, California e...
"una contea del Nord Carolina ha cominciato a sorvegliare i cittadini con un UAV dotato di telecamere a raggi infrarossi e per riprese in assenza di luce. Il velivolo è stato impiegato per monitorare i raduni di motociclisti nel luna park di Gaston da un'altitudine di poche centinaia di metri, sufficiente comunque a identificare i volti; sono previsti vari altri usi, ad esempio il rilevamento aereo dei campi di marijuana"


Il campo di battaglia elettronico
"L'ACTD [Advanced Concept Technology Demonstration] dovrà esaminare un'ampia gamma di tecnologie, inclusa una rete di apparecchi da combattimento aereo senza equipaggio e sistemi miniaturizzati e disseminabili di dispositivi per la ritrasmissione via satellite in aree interdette. Dovrà anche prendere in considerazione i sistemi di diffusione dei messaggi, inclusi radio e televisione satellitari, telefoni cellulari e altri dispositivi senza fili, e Internet" [grassetto aggiunto] – 65

"Sfrutta altre iniziative di EW, incluso l'uso dell'E-Space Analysis Center per correlare e unire tutti i dati disponibili che permettono di delineare uno scenario di campo di battaglia elettronico in tempo reale" [grassetto aggiunto] - 62


Come si delinea esattamente uno scenario di campo di battaglia elettronico in tempo reale? E dov'è esattamente questo campo di battaglia? Il documento Rebuilding America's Defenses elaborato nel settembre del 2000 nel quadro del Project for a New American Century, conteneva un'affermazione molto simile (per ulteriori dettagli sul documento cliccare qui e qui.)
"Sensori di nuovo tipo - commerciali e militari, terrestri, sottomarini, aerei e spaziali – saranno collegati tra di loro per dar vita a una densa rete che potrà essere rapidamente configurata e riconfigurata, in modo da consentire in futuro ai comandi una conoscenza del campo di battaglia senza precedenti" - 59


Un articolo scritto da Mark Baard per Parallelnormal.com fa parzialmente luce sull'argomento.
"Filadelfia, San Francisco, Houston e Providence, R.I. sono alcune delle città che, in collaborazione con aziende private e con il governo federale, stanno mettendo a punto l'accesso internet pubblico a larga banda. Providence ha usato i fondi del Ministero per la sicurezza interna per costruire una rete destinata alla polizia, che potrà successivamente essere messa a disposizione del pubblico..."

"Ma quandanche le città non riuscissero a portare a termine i progetti Wi-Fi, i militari potrebbero completare le reti nello spazio di qualche ora, forse meno"

"Il DOD [ministero della difesa], che partecipa ai giochi di guerra urbani con il Ministero per la sicurezza interna, i Canadesi, gli Israeliani e altre forze internazionali, sta sperimentando reti Wi-Fi che possono essere create istantaneamente"

"Secondo un recente comunicato del DOD per le società appaltanti, al loro arrivo in una città i soldati potranno rilasciare robot, i cosiddetti LANdroids, in grado di posizionarsi rapidamente da soli e trasformarsi in nodi di una rete di comunicazione senza fili (Cliccare qui per scaricare una copia del comunicato del DOD in formato PDF)"

"Le antenne Wi-Fi sparse sul territorio urbano serviranno non solo da relè di comunicazione ma anche da transponder per individuare l'esatta posizione di ogni singolo computer o telefono mobile... uno scenario che ho già descritto l'anno scorso nel Boston Globe".

"In altre parole, quando il GPS non è più in grado di localizzare un dispositivo (e il suo proprietario) il compito viene assunto dal Wi-Fi"

"Inoltre, le antenne ritrasmetteranno gli ordini alle masse lobotomizzate, pensano i membri del Ministero britannico della difesa e il DOD"


Conclusione

Il prossimo articolo esaminerà il progetto del Pentagono di "combattere la rete", come indicato nell'Information Operation Roadmap. Analizzerà inoltre l'impiego delle PSYOP (operazioni psicologiche) e metterà in luce la completa mancanza di limiti nel ricorso a tutte queste operazioni di disinformazione, sia verso gli americani in patria che verso gli stranieri.

Parte III: "Dobbiamo combattere la rete"

Il documento del Pentagono Information Operations Roadmap è drastico nell'affermare che Internet, con la sua possibilità di far parlare senza bavagli, è in totale contrasto con gli obiettivi dei militari, e deve quindi essere visto come un "sistema bellico" nemico.

Information Operation Roadmap, elaborato nel 2003, è diventato di pubblico dominio nel 2006, in seguito ad una richiesta del National Security Archive dell'università George Washington, giustificata dal Freedom of Information Act. Qui [parte I] ho descritto in dettaglio i principali punti del testo e il significato delle operazioni di disinformazione, o guerra dell'informazione.

Attacco alla rete informatica

Da Information Operation Roadmap:
"Una volta messe in pratica le raccomandazioni del rapporto, constateremo un rapido miglioramento delle nostre capacità di CNA [Computer Network Attack: attacco alla rete informatica]" – 7

"Maggiori capacità di IO [operazioni di disinformazione] per il combattimento, inclusi ... un efficace pacchetto di strumenti per un attacco a tutto campo delle reti elettronica e informatica..." [grassetto aggiunto] – 7


Il Pentagono intende forse usare su Internet le sue capacità di attacco alla rete informatica?

Combattere la rete
"Dobbiamo combattere la rete. Il DoD [Ministero della difesa] sta organizzando una forza speciale per l'informazione. Le reti stanno diventando sempre di più il nocciolo duro operativo, e il Ministero dev'essere pronto a 'combattere la rete'" [grassetto aggiunto] – 6

"La strategia del DoD "Defense in Depth" dovrà funzionare partendo dal principio che il Ministero 'combatterà la rete' come se fosse un'arma bellica" [grassetto aggiunto] – 13


Non dovrebbe sorprendere nessuno il fatto che, nel tentativo di ottenere il controllo assoluto nella guerra dell'informazione, il Pentagono intenda attaccare senza pietà "l'autostrada dell'informazione". Il coinvolgimento di Donald Rumsfeld nel Project for a New American Century mette meglio in luce la necessità e il desiderio di controllare l'informazione.

Il PNAC Domina il Cyberspazio

Il PNAC (Project for a New American Century) fu creato nel 1997 con la partecipazione di vari membri che diventeranno poi il nucleo dell'amministrazione di George W. Bush. L'elenco include Jeb Bush, Dick Cheney, I. Lewis Libby, Donald Rumsfeld, e Paul Wolfowitz, oltre a numerosi altri personaggi altrettanto potenti ma meno conosciuti. Lo scopo dichiarato era utilizzare una struttura militare statunitense fortemente potenziata per imporre la "leadership globale degli USA". Nel settembre del 2000, il PNAC ha pubblicato l'oramai screditato Rebuilding America's Defence, il cui tema conduttore era molto simile all'Information Operations Roadmap del Pentagono a suo tempo sottoscritto dal Segretario alla difesa Donald Rumsfeld.

Da Rebuilding America's Defenses:
"È oramai opinione comunemente accettata che le tecnologie dell'informazione e altre... stiano creando una dinamica che può minacciare la capacità americana di esercitare la sua politica di predominio militare" [grassetto aggiunto] – 4

"Controllo dello spazio e del cyberspazio. Come in passato il controllo degli oceani e la protezione del commercio internazionale hanno giustificato l'esistenza delle potenze mondiali, così in futuro il controllo delle nuove "ricchezze naturali globali" sarà la chiave per il dominio mondiale. Un paese incapace di proteggere i suoi interessi, o quelli degli alleati, nello spazio e nell''infosfera' avrà difficoltà a imporre la propria leadership politica mondiale" [grassetto aggiunto] – 51

"Anche se il processo di trasformazione potrà richiedere vari decenni prima di essere completato, l'arte della guerra aerea, terrestre, o marittima sarà in futuro completamente diversa da quella odierna, e i 'combattimenti' avranno presumibilmente luogo in nuove dimensioni: spazio, 'cyberspazio' e forse universo dei microbi" [grassetto aggiunto] - 60


Per saperne di più su Rebuilding America's Defences leggete qui.

Internet 2

Parte dei piani dell'Information Operation Roadmap per Internet suggeriscono di "garantire una degradazione pilotata della rete piuttosto che un suo collasso" (pag. 45). L'idea viene presentata in un'ottica di "difesa", ma presumibilmente ha a che vedere con la vera difesa quanto il Ministero della difesa.

Per quanto riguarda il Pentagono, Internet non è dopo tutto completamente da gettare: in una prima fase era pur sempre stato il Ministero della difesa, con il DARPA, a regalarci la rete. Tra i tanti altri vantaggi, il Pentagono lo considera non solo un ottimo strumento per il commercio ma anche un eccellente sistema per monitorare e seguire le tracce degli utilizzatori, abituare la gente a un mondo virtuale, sviluppare dettagliati profili psicologici delle persone collegate. Ma l'attuale versione presenta un grosso problema: la possibilità di essere usata per diffondere idee e informazioni non allineate con i temi e i messaggi del governo statunitense, comunemente definite "parlare libero". Poiché il piano prevedeva il controllo completo della "infosfera", Internet doveva ovviamente essere modificato o sostituito con una versione nuova e più prona al volere del Pentagono.

In un suo articolo su Prison Planet.com, Paul Joseph Watson descrive l'arrivo di Internet2.
"L'implementazione di 'Internet 2' ha anche lo scopo di creare un nuovo sistema gerarchizzato in cui i vecchi portali avranno solo la possibilità di implodere e morire, costringendo così la gente a usare il nuovo WWW tassato, censurato e normalizzato. State cercando d'immaginare a cosa rassomiglierà tra cinque anni Internet, se non ci opponiamo attivamente? Guardate la Cina e i suoi più recenti tentativi di eliminare completamente dalla rete dissidenti e anonimato".


Conclusione

Il prossimo articolo spiegherà come il Pentagono usa le PSYOP (operazioni psicologiche) e l'ultimo articolo della serie discuterà l'esistenza o meno di limiti all'uso delle operazioni di disinformazione a danno dei cittadini statunitensi e degli stranieri.

Parte IV: Guerra Informativa Con l'Uso di Operazioni Psicologiche Aggressive

I piani del Pentagono per operazioni psicologiche, o PSYOP, nell'ambiente informativo globale del ventunesimo secolo sono aggressive e ad ampio raggio. Questi desideri sono esposti nel documento del Pentagono del 2003, chiamato Information Operation Roadmap, firmato da Donald Rumsfeld nel suo ruolo di segretario alla difesa.

[...]

Cosa è una PSYOP?

Una PSYOP non è specificatamente definita in questo documento ma esso fornisce degli scorci nell'ampio ventaglio di attività che sono considerate PSYOP.
"La posizione comune era che ‘chi si occupa di affari pubblici informa, mentre la pubblica diplomazia e le PSYOP influenzano’. Le PSYOP sono anche state percepite come le più aggressive delle tre attività informative, tramite l'utilizzo di diversi mezzi, compresi la manipolazione psicologica e le minacce personali" [grassetto aggiunto]-26

"Un risultato delle operazioni civili delle forze armate e di relazioni pubbliche è quello di fornire un maggiore appoggio per gli sforzi militari, e dunque queste attività possono aiutare a scoraggiare e dissuadere i nemici, cosa che le PSYOP fanno in modo più diretto con le proprie tattiche, tecniche e procedure" [grassetto aggiunto]-10

"Messaggi PSYOP disseminati a qualunque tipo di uditorio, tranne che a singoli decision-makers (e forse anche in questo caso), verranno spesso ripresi dai media a beneficio di un pubblico più vasto, compreso il pubblico americano" [grassetto aggiunto]-26

"Una forza di PSYOP [deve essere] pronta a condurre una sofisticata analisi del pubblico-obiettivo e a modificare il comportamento con campagne di PSYOP su molteplici media che comprendano prodotti di qualità commerciale che possano essere rapidamente disseminati attraverso i comandanti combattenti dell'area di operazione" [grassetto aggiunto]-63

"I prodotti di PSYOP devono essere basati su di una profonda conoscenza del processo decisionale del pubblico e dei fattori che influenzano le sue decisioni, e prodotti rapidamente con i più alti standard di qualità ed efficacemente disseminati direttamente all'audience mirato attraverso l'area delle operazioni" [grassetto aggiunto]-6

"Una migliore descrizione degli atteggiamenti, percezioni e processi decisionali di un avversario. Comprendere come e perché gli avversari prendono delle decisioni richiederà miglioramenti nell'intelligence umana (HUMINT) ["Human Intelligence"] e nello sfruttamento delle fonti aperte, così come migliori strumenti e metodi di analisi" [grassetto aggiunto]-39

"Il SOCOM [Special Operations Command, comando per le operazioni speciali] deve creare un Elemento Congiunto di Supporto per le PSYOP per coordinare i programmi del comando di combattimento con gli stati maggiori e con lo OSD [Office of the Secretary of Defense] in modo da fornire prodotti prototipo di PSYOP di qualità commerciale, rapidamente creati e coerenti con i generali temi e messaggi del governo Usa"[grassetto aggiunto]- 15

"La 'PSYOP Advanced Concept Technology Demonstration' [dimostrazione di PSYOP di tecnologia avanzata n.d.t.] del SOCOM attualmente in corso e gli sforzi di modernizzazione dovranno permettere la puntuale disseminazione a lungo raggio di prodotti tramite diversi sistemi di diffusione di PSYOP. Questi includono satelliti, radio e televisione, telefoni cellulari e altri dispositivi senza fili, Internet e gli aggiornamenti dei sistemi di diffusione tradizionali quali volantini e l'uso di altoparlanti che sono estremamente reattivi ai comandanti delle manovre" [grassetto aggiunto]- 15

"Le potenzialità di equipaggiamento per le PSYOP richiedono la tecnologia del ventunesimo secolo. Questa modernizzazione permetterà la disseminazione a lungo raggio di messaggi di PSYOP tramite nuovi canali informativi come satelliti, Internet, segreterie digitali personali e telefoni cellulari:

- (U) PSYOP ACTD. A partire dall'anno fiscale 2004 il SOCOM [Special Operations Command] ha dato inizio ad una Advanced Concept Technology Demonstration (ACTD) per affrontare il problema della disseminazione di prodotti di PSYOP in aree proibite. La ACTD dovrebbe esaminare un insieme di tecnologie che comprendono una rete di veicoli aerei miniaturizzati senza pilota, sistemi per diffondere appelli pubblici tramite la ritrasmissione via satellite in aree proibite. Dovrà anche considerare diversi sistemi di diffusione del messaggio, che includano televisioni e radio via satellite, telefoni cellulari e altri dispositivi senza fili e Internet" [grassetto aggiunto]- 65

"Analisi rapide e completamente integrate dei nodi delle reti che forniscano ai comandanti combattenti soluzioni olistiche cinetiche e non cinetiche, per un ampio spettro di obiettivi di operazioni di disinformazione [IO] umane, fisiche ed elettromagnetiche" [grassetto aggiunto]- 39

"Capacità quali la sicurezza fisica, la sicurezza informativa, il controspionaggio e l'attacco fisico forniscono importanti contributi ad operazioni informative efficaci" [grassetto aggiunto]- 23


PSYOP tramite terze parti

Il Pentagono è anche intenzionato ad usare terze parti per le sue PSYOP.
"Identificare e disseminare le vedute di altri sostenitori che appoggino le posizioni Usa. Queste fonti potrebbero non articolare le posizioni in Usa nel modo in cui fa il USG [governo Usa], ma ciò potrebbe nondimeno avere un'influenza positiva" [grassetto aggiunto]- 27


Sotto la raccomandazione 48 – "Creare un elemento di supporto congiunto per le PSYOP"--si trova quanto segue:
"Fare contratti con fonti commerciali per un migliorato sviluppo del prodotto" [grassetto aggiunto]- 64


L'uso di terze parti o di gruppi di pressione per la disseminazione della propaganda del governo Usa è un fatto ben documentato. Un paio di recenti esempi includono il pagamento illegale di $ 1,6 miliardi all'interno del paese per notizie false ed attività simili in Iraq usando, tra gli altri, il Lincoln Group.

PSYOP virtuali

Il Pentagono non sta solo sfruttando nuove e vecchie tecnologie per la modificazione comportamentale aggressiva, ma addestra e raffina le sue tecniche in una simulazione virtuale del mondo intero.

Da un articolo di Mark Baard:
"I funzionari della difesa, dell'intelligence e della sicurezza nazionale Usa stanno costruendo un mondo parallelo, su di un computer, che le agenzie useranno per testare i messaggi di propaganda e le strategie militari".

"Chiamata Sentient World Simulation [simulazione del mondo senziente] il programma utilizza routine di intelligenza artificiale basate sulle teorie psicologiche di Marty Seligman, tra gli altri. (Seligman introdusse la teoria della "learned helplessness" negli anni 60 [si potrebbe tradurre con "impotenza appresa", anche se il termine helplessness alla lettera vuol dire "sentirsi indifesi" n.d.t.] dopo aver sottoposto a schock dei cani beagle sino a farli urinare e accovacciare in fondo alle loro gabbie)."

"Leva di colpo il rifornimento idrico a un paese. Esegui un colpo di Stato militare. La SWS ti dirà cosa accade dopo".

"La simulazione comprenderà un AR avatar per ogni persona nel mondo reale basato sui dati raccolti su di noi dai registri governativi e da Internet".


Quanto pensate sarà utile il vostro nuovo account MySpace o Facebook nell'aiutare il Pentagono a sviluppare un vostro dettagliato profilo psicologico? Pensate che esiteranno a sfruttare una fonte tanto preziosa di dati personali?

Consapevolezza sull’AIDS
"Comunque, nel passato, le PSYOP sono spesso state usate in appoggio della diplomazia pubblica del governo Usa e di obiettivi informativi su un pubblico non-avversario. Queste azioni includevano programmi antidroga, di sminamento o di consapevolezza sull'Aids in paesi amici". [grassetto aggiunto]- 25


È un punto minore nel contesto di questo documento, ma vale la pena riflettere sul motivo per cui le PSYOP militari USA siano state usate per la consapevolezza sull'Aids.

Vi sono limiti alla guerra informativa?

Una domanda ovvia sorge dalla descrizione di PSYOP presentata da Information Operation Roadmap: vi sono dei limiti? le PSYOP possono essere condotte anche sul pubblico americano o solo su un'audience e straniero? Su avversari o anche su non avversari? Possono essere seguite in tempo di pace? Il mio prossimo articolo tenterà di mostrare quanto pochi siano, in realtà, i limiti.

Parte V: Guerra Informativa Senza Limiti

Il documento del Pentagono del 2003 intitolato Information Operation Roadmap descrive la necessità di dominare l'intero spettro elettromagnetico, ‘combattere la rete’ e usare operazioni psicologiche per modificare in modo aggressivo il comportamento. Ma rimane una grande domanda; vi sono dei limiti alla guerra informativa?[…]

PSYOP, diplomazia pubblica e pubbliche relazioni

Da Information Operation Roadmap:
"Nel passato sono generalmente state accettate alcune basilari somiglianze e diversità tra le PSYOP [operazioni psicologiche], l'appoggio alla diplomazia pubblica e le pubbliche relazioni. Storicamente tutte e tre hanno usato la verità per rinforzare la credibilità, tutte e tre si sono rivolte a un pubblico straniero, sia avversario che non-avversario. Solo le pubbliche relazioni si sono rivolte a un pubblico interno. Inoltre tutte e tre le attività hanno ricercato un impatto positivo per gli interessi del USG [governo Usa], ma con qualche differenza nei metodi impiegati e negli obiettivi cercati. La posizione usuale era che ' le relazioni pubbliche informano, mentre la diplomazia pubblica e le PSYOP influenzano'. Le PSYOP sono anche state percepite come le più aggressive delle tre attività informative, a causa dell'uso di diversi mezzi, tra cui la manipolazione psicologica e le minacce personali." [grassetto aggiunto]- 26


C'è molta carne al fuoco in questo paragrafo, innanzitutto c'è l'affermazione quasi umoristica della "verità per rinforzare la credibilità". Qualcuno si ricorda delle armi di distruzione di massa, di Saddam e l'11 settembre, o forse di un certo uranio proveniente dal Niger? pensate che questi esempi di relazioni pubbliche fossero volti ad informare, o ad influenzare?

In secondo luogo, gli "interessi del governo Usa", non sono affatto gli stessi interessi dell'americano medio. Terza cosa il concetto che solo le pubbliche relazioni siano rivolte ad un'audience domestico è semplicemente assurdo data la capacità delle informazioni di attraversare i confini. Questo documento lo ammette pure:
"Impatto del villaggio globale. La crescente capacità delle persone in gran parte del mondo di avere accesso a fonti internazionali rende il mirare a particolari audience più difficile. Oggi la distinzione tra audience estero e audience domestico diventa più una questione dello scopo del governo Usa piuttosto che delle pratiche di disseminazione delle informazioni:

Tanto il Dipartimento della difesa che gli ordini esecutivi limitano la possibilità che le PSYOP siano rivolte all'audience americano, al nostro personale militare, alle nostre agenzie stampa o case giornalistiche... Però, le informazioni rivolte ad un pubblico straniero, comprese la diplomazia pubblica e le PSYOP, vengono sempre più consumate dal nostro pubblico nazionale e viceversa... I messaggi di PSYOP disseminati a qualunque audience, tranne che a singoli decision-makers (e forse anche in questo caso), verranno spesso ripresi dai media a beneficio di un pubblico più vasto, compreso il pubblico americano. " [grassetto aggiunto]- 26


Ecco qua, "la distinzione tra pubblico interno ed estero diventa più una questione che riguarda l’intento del governo Usa piuttosto che le pratiche di disseminazione delle informazioni". Perciò il pubblico americano è un obiettivo legittimo per tutte le forme di propaganda del governo Usa, che siano relazioni pubbliche, pubblica diplomazia o PSYOP. Ricordate, le PSYOP "usano mezzi diversi, inclusa la manipolazione psicologica e le minacce personali", tra le tante altre cose.

Bisognerebbe anche sottolineare che l'uso delle PSYOP sul pubblico americano è solo limitato [restricted] e non proibito[prohibited]. Come se l'inganno non fosse già abbastanza grande, le distinzioni tra le tattiche di relazioni pubbliche, pubblica diplomazia e PSYOP sono elaborate nell'Appendice C di Operation Roadmap. Proprio l'ultimo compito elencato per le PSYOP è: "quando serve, appoggiare le attività di relazioni pubbliche locali".

Vale proprio la pena di leggere la pagina dell'appendice C (pg 71). Alcuni altri punti includono:

Relazioni Pubbliche:
"Risposta rapida/squadre della verità [Truth Squads] e "Briefings Plus" "
"Spettacoli stradali umanitari"
"Giornalisti embedded"
"Prodotti tipo Combat Camera su eventi non accessibili ai media"

Diplomazia Pubblica:
"Contenuto di discorsi o commenti ed editoriali di funzionari anziani del DoD [Dipartimento della difesa] per pubblico straniero"
"Punti di discussione per scambi privati con leader stranieri"
"Aperta disseminazione della politica del governo Usa, ad esempio l’ Asia-Pacific Forum"

PSYOP:
"Prodotti mediatici di Radio/TV/Stampa/Web progettati per modificare direttamente il comportamento, e distribuiti in teatri in appoggio di sforzi militari in ambienti parzialmente permissivi o non permissivi"
"Quando serve, appoggiare le attività di relazioni pubbliche locali"
"Consulenti del Dipartimento della difesa per assistere forze amiche nello sviluppo di programmi di PSYOP"

Definizioni Mutevoli

Le definizioni sono un altro grande strumento se state cercando di ingannare. Come descritto sopra le definizioni e le distinzioni tra relazioni pubbliche, diplomazia pubblica e PSYOP sono lasciate intenzionalmente vaghe. Gli avvocati si guadagnano da vivere con questo genere di inganni e le loro impronte sono in ogni parte di questo documento.
"Le PSYOP dovrebbero focalizzarsi nell'appoggio agli sforzi militari (esercitazioni, dispiegamenti e operazioni) in ambienti non permissivi o semi-permissivi (cioè quando gli avversari sono parte dell'equazione).

Comunque, le forze e le potenzialità di PSYOP possono essere impiegate in appoggio della pubblica diplomazia Usa come parte di una linea guida approvata di cooperazione di sicurezza sullo scenario. In questo caso il personale e gli equipaggiamenti per PSYOP non stanno conducendo una missione di PSYOP, ma piuttosto stanno fornendo appoggio militare alla diplomazia pubblica". [grassetto aggiunto]- 27


Capito? Se le forze e gli equipaggiamenti di PSYOP sono utilizzati in appoggio a sforzi militari si tratta di una missione PSYOP. Se le forze e gli equipaggiamenti di PSYOP sono utilizzati in appoggio della diplomazia pubblica si tratta di diplomazia pubblica.

Un Veloce Riassunto

Un'attenta lettura delle citazioni qui sopra rivela che le operazioni di disinformazione, in modo particolare le PSYOP, possono essere usate sia su un pubblico straniero che sul pubblico nazionale, in ambienti non-permissivi o semi-permissivi e su avversari e non avversari. Ci sono altri limiti?

Pace, Crisi e Guerra
"Il concetto di operazioni di disinformazione dovrebbe evidenziare operazioni ad ampio spettro che forniscano un potente contributo a operazioni su tutta la gamma degli interventi militari durante la pace, la crisi e la guerra" [grassetto aggiunto]- 7

"Preparazione in tempo di pace. Il concetto di operazioni di disinformazione del Dipartimento dovrebbe evidenziare che le operazioni informative a pieno spettro sono operazioni a tempo pieno che richiedono estesa preparazione in tempo di pace... Ben prima che la crisi si sviluppi, il campo di battaglia delle operazioni dovrebbe essere preparato tramite l'intelligence, la sorveglianza e la ricognizione, ed estese attività di pianificazione... Similmente, dovrebbe essere compiuto un considerevole sforzo per caratterizzare potenziali audience avversari, e in particolare decision-makers anziani e metodi e priorità del processo decisionale. Se una tale analisi dei fattori umani non viene condotta con ampio anticipo sul conflitto, non sarà possibile creare temi e messaggi di PSYOP che siano efficaci nel modificare il comportamento nemico" [grassetto aggiunto]- 8

"Una supervisione e una linea di azione chiara, non ambigua e lineare del Dipartimento della difesa che dia il potere ai Comandanti di Combattimento di eseguire operazioni di disinformazione a pieno spettro prima, durante e dopo le operazioni di combattimento." [grassetto aggiunto]- 20


Aree proibite
"Miglioramenti nelle potenzialità delle PSYOP sono necessari per generare rapidamente prodotti di qualità commerciale rivolti a specifici audience in aree proibite" . [grassetto aggiunto]- 26

"Proiettare attacchi elettronici in aree proibite tramite piattaforme fantasma" [grassetto aggiunto]- 62


Conclusioni

Il Pentagono definisce un qualche limite reale alla guerra informativa? Le operazioni di disinformazione possono essere usate su un pubblico nazionale e su un pubblico estero, in ambienti ostili o semi-ostili, su avversari e su non avversari, in tempo di pace, di crisi e di guerra, e in aree proibite. Dovremmo forse aspettarci qualcosa di meno? Ce lo hanno detto esplicitamente che il loro scopo era il dominio ad ampio spettro
DI BRENT JESSOP

25 febbraio 2008

L’Europa e Gaza: una vergogna da nascondere



Il governo israeliano «sta ricevendo forti segnali che USA ed Europa sono molto irritate dalla mancanza di progressi nei negoziati coi palestinesi».
Lo scrive il quotidiano ebraico Haaretz, che descrive come gli ambasciatori israeliani in Europa abbiamo mandato numerosi telegrammi cifrati segnalando al ministero degli Esteri (Tzipi Livni) come molti Stati europei minaccino di rivedere il loro atteggiamento verso Hamas, in relazione alla situazione umanitaria creata a Gaza dal blocco sionista.

I rapporti cifrati - alcuni dei quali l’inviato di Haaretz dice di aver letto personalmente - si appuntano con allarme sull’ultima riunione del Quartetto per il Medio Oriente, tenuta a Berlino
l’11 febbraio.
C’erano l’americano David Welch (assistente di Condoleezza Rice per il Medio Oriente),
Mark Otte, che è l’inviato della UE per la pace, Robert Serry, l’inviato dell’ONU, e il russo
Sergei Yakovlev, responsabile del Medio Oriente per Mosca.
Il Quartetto dovrebbe monitorare i progressi del «processo di pace» secondo il ruolino di marcia messo a punto ad Annapolis.

In quella riunione, si sono sentite frasi piuttosto lontane dal solito servilismo verso Sion.
Serry, l’europeo, «Ha criticato Israele fin dall’inizio della seduta», riporta Haaretz: «Siamo molto preoccupati della situazione a Gaza, specie sotto il profilo umanitario», ha esordito: «Si deve trovare una soluzione».
E ha denunciato che l’assedio israeliano impedisce persino ai soccorritori dell’ONU di portare aiuto ai palestinesi.

Otte, l’inviato della UE, è stato duro: «Non solo nulla migliora sul terreno, ma il comportamento di Israele diventa sempre peggiore, e sempre più inadempiente verso le obbligazioni della road map» che Olmert ha accettato ad Annapolis.
Otte ha sottolineato che non solo Israele ha chiuso a Gerusalemme Est le istituzioni dell’Autorità Palesinese (il futuro «governo» collaborazionista con cui Sion dovrebbe trattare), ma ha prolungato di sei mesi l’ordine di chiusura, il che non indica né buona volontà né buona fede.
«Per cui, dobbiamo considerare un cambio di politica in tutto ciò che riguarda Gaza», ha concluso Otto.
Il che significa fare qualche apertura ad Hamas, ciò che Israele assolutamente non vuole - essendo riuscita ad imporre l’equazione «Hamas eguale terrorismo islamico» - e che le sue lobby nei vari Stati si prodigano per impedire.

Il russo Yakovlev ha detto, a nome del suo Paese, che bisogna fare in modo che i palestinesi formino un governo di unità nazionale (Autorità e Hamas), altra cosa che Israele non vuole.
Ma senza una riconciliazione tra Hamas e Fatah, ha detto Yakovlev, «la striscia di Gaza diventa una bomba a orologeria che distruggerà il processo di Annapolis».

Persino David Welch ha criticato le azioni israeliane a Gaza, dicendo che gli Stati Uniti le disapprovano, anche se ha ricordato i razzi Kassam che continuano a cadere sul villaggio di Sderot, la scusa con cui Israele si rifiuta di proseguire il negoziato, e a cui risponde con bombardamenti e missili e omicidi mirati con danni collaterali di civili massacrati.
In ogni caso, Welch ha detto anche: il Quartetto deve esigere da Israele a riapertura dei valichi di Gaza.

Evidentemente gli occidentali cominciano a vergognarsi di assistere senza protestare, anzi cooperandovi, al lento sterminio per fame del milione e mezzo di abitanti di Gaza.
Haaretz rivela che solo «grazie ad una massiccia offensiva diplomatica» e lobbyistica Israele è finora riuscita a impedire che da Bruxelles parta una formale dichiarazione di disapprovazione,
da parte della UE, di ciò che gli ebrei fanno a Gaza (probabilmente la campagna della comunità contro «gli antisemiti» in Italia e la famosa lista dei professori lobbyisti definita «una nuova Notte dei Cristalli» fa parte della massiccia offensiva).

Solo forti pressioni israelo-americane sulla Svizzera hanno impedito alla Confederazione Elvetica di indire un vertice internazionale con lo scopo di forzare la riapertura dei valichi di Gaza.
Il ministro della Guerra sionista, Ehud Barak, in visita in Turchia, s’è sentito chiedere da Ankara di consentire ai soccorsi turchi di passare a Gaza, almeno una volta.
Il ministro francese Bernard Kouchner ha chiesto ad Israele, durante la sua visita, di riaprire i maledetti valichi.

Inoltre, «alti responsabili dell’Unione Europea sono stati sentiti mentre denunciavano gli atti di Israele a Gaza, e deplorazioni su questo tema sono state passate in diversi parlamenti europei».
«Tutta questa agitazione», ha scritto Ran Koriel, ambasciatore israeliano alla UE, nel suo rapporto segreto alla Livni, «è collegata alla cultura europea di esibire preoccupazione per le questioni umanitarie» (eh sì, scusateci, abbiamo questa debolezza), sicchè «nonostante la sospensione» dell’iniziativa di una deplorazione formale a Bruxelles del comportamento giudaico (grazie alle accuse di «antisemitismo» sparse a mitraglia), «i giorni sono contati» prima che venga discussa
«la legittimità internale di ciò che avviene a Gaza».
La prospettiva peggiore, per lo stato ebraico, è che - come sta pensando di fare Parigi - ciò porti a una riconsiderazione generale dell’atteggiamento europeo verso Israele, che potrebbe anche finire con un riconoscimento di Hamas.

Non avverrà, non avverrà.
State tranquilli: le vostre lobby e Frattini il Kommissario vegliano contro questo «disagio umanitario», maschera estrema dell’antisemitismo.
Ma è istruttivo sapere che questo disagio c’è e cresce in Europa.
Ed è ancora più istruttivo apprenderlo da un giornale israeliano.
I nostri media, ovvio, non ne hanno dato notizia.
Maurizio Blondet

24 febbraio 2008

Gli EURO-LADRI, qualcuno li protegge


BRUXELLES: Chris Davies è un euro-deputato britannico.
Per giunta, è membro della Commissione Controlllo Bilancio dell’Euro-parlamento.
Eppure, per vedere il documento, ha dovuto firmare un impegno alla segretezza, ha potuto leggerlo solo in una stanza chiusa da congegni di riconoscimento biometrico, sotto lo sguardo di guardie della sicurezza; ovviamente non ha avuto il permesso di fotocopiarlo, e neppure di prendere appunti.

Che cosa c’è di tanto delicato in quel rapporto, da imporre tali misure di segretezza?
Forse i piani di un super-missile comunitario, di un brevetto strategico, il piano per la fusione fredda?
Niente di tutto questo.

Il rapporto, stilato dagli uffici contabili di Bruxelles, documenta in dettaglio le ruberie, malversazioni, peculati e appropriazioni indebite compiute dai membri del Parlamento Europeo. Reati e delitti su «una scala così vasta», ha spiegato Davies alla BBC, «da impressionare. Coloro che hanno compiuto tali atti non meritano che anni di galera» (1).

Non ci sono i nomi dei malfattori da noi votati, ma solo le nazionalità.
Secondo Davies, «non» ci sono inglesi, né olandesi, né scandinavi (provate a immaginare quale Paese è invece ben rappresentato).
Davies, ha detto che la media delle appropriazioni indebite per ciascuno dei 785 euro-deputati ammonta a 166 mila euro.
Senza contare l’emolumento legale e i numerosi «benefit».

Hans Gert Poettering, il presidente dell’europarlamento, ha spiegato penosamente il fatto di aver sottratto il rapporto all’opinione pubblica con queste parole: «Vogliamo riformare il sistema, ma non possiamo mostrare questo rapporto al pubblico, se vogliamo che la gente voti alle elezioni europee l’anno prossimo».

Ha aggiunto, anche più penosamente: «Il documento non è segreto. E’ solo confidenziale. I deputati della Commissione Controllo Budget lo possono leggere nella stanza chiusa, solo non è aperto a tutti. Non è la stessa cosa che un documento segreto, il quale non può essere letto da nessuno».

Scusa ridicola, e smentita da due fatti: anzitutto, lo stesso Poettering ha chiesto ad Harald Roemer, segretario generale dell’assemblea europea, di prendere misure perché da questo rapporto non nascessero «danni collaterali» - fra cui evidentemente c’è anche il rischio che Poettering sia costretto a dimettersi a furor di popolo per il mancato controllo, o per complicità nelle malversazioni.

Il secondo fatto: OLAF, l’ufficio anti-frode della Unione Europea (un po’ polizia interna e un po’ euro-KGB) non era a conoscenza del rapporto, o almeno così dice (2).
Ne ha avuto nozione solo quando il britannico Chris Davies ha scritto allo stesso OLAF, e per copia a Roemer, in questi termini: «Le risultanze dell’inchiesta cadono sotto la giurisdizione dell’OLAF, e sono così gravi che si deve ritenere ne debbano conseguire procedure penali».
Allora OLAF ha chiesto una copia del documento, ed ha diramato agli euro-deputati una circolare in cui «si attende piena collaborazione da lorsignori e dalle autorità parlamentari».
Vedremo se seguiranno le necessarie inchieste penali.

Intanto, il Telegraph ha condotto una sua inchiesta giornalistica, fra i pochissimi funzionari che hanno potuto leggere il rapporto, ed ha appreso qualcosa sul genere di frodi usate.
Nella maggior parte dei casi, si tratta di diversione dei fondi assegnati ad ogni parlamentare per il funzionamento del proprio ufficio - 166 mila euro annui appunto - e che dovrebbero pagare contabili, traduttori professionisti, aziende che forniscono servizi amministrativi.
Ma i ragionieri autori dell’indagine hanno appurato che per lo più l’intero fondo annuale viene devoluto dall’eurodeputato «ad una sola persona del suo staf» qualche volta un parente stretto.
Anzi, molti europarlamentari che consumano l’intero fondo non hanno alcun impiegato al loro servizio, o uno solo come portaborse tuttofare, per giunta un parente che non parla se non una sola lingua.

«In altri casi», ha detto una fonte al Telegraph, «risultano pagamenti ad aziende di servizi che, semplicemente, non esistono; in altri sono individui che lavorano per il singolo euro-deputato e ne sono i dipendenti».
In altri casi sono «creste» sui biglietti aerei e le spese d’ufficio, in modo da assorbire l’intero fondo.

Vogliamo provare a indovinare di quale o quali Paesi sono gli euro-deputati più attivi in questa ruberia?
Forse riusciremo a capire perché i nostro politici sono così entusiasticamente europeisti, e tanti desiderino diventare euro-parlamentari, benchè conoscano solo qualche dialetto irpino o romanesco o lumbard.
E come mai i giornali italioti non abbiano riportato una riga di questa informazione.
Per rispetto al loro amato presidente della repubblica, suppongo.

Non c’è che da notare che ad ogni strato di «politica» corrisponde una Casta, con relativo furto di denaro pubblico.
E gli strati che gravano sopra noi contribuenti sono tanti, si moltiplicano e sono molto «spessi», cioè affollati di percettori.
In Italia, si comincia dai consigli di zona delle grandi città (a Milano un presidente di consiglio di zona, di solito un partitante di mezza tacca, già riceve 2 mila euro mensili, più di un giovane ingegnere con responsabilità dirigenziali nell’industria privata), e poi via sovrapponendo: Comune, Provincia, Regione, Stato nazionale, aziende «partecipate», burocrazia europea…
E poi ancora gli organi globali, ONU, WTO, Fondo Monetario, Banca Mondiale.
Tutti con stipendi miliardari.
E noi paghiamo per tutti.

Si deve infine notare che le Caste hanno dato ai loro furti abitudinari uno status giuridico.
L’ultimo esempio ci riguarda: Padoa Schioppa, tra le mille cose di cui ha imbottito la Finanziaria, aveva decretato un «tetto» agli stipendi del personale di Bankitalia, che sono i più alti e costosi del pianeta.
Una cosina giusta, finalmente.
Ma la Banca Eentrale Europea ha bocciato il provvedimento, con la motivazione che il tetto di Stato ai compensi «mina l’indipendenza della Banca Centrale italiana».
Ragionamento di cui non si vede la logica - dopotutto, la magistratura non si assegna da sé i suoi emolumenti, e ciò non mina la sua autonomia - ma che si spiega nello spirito di Casta.

I privilegi indebiti sono «diritti acquisiti», i miliardi di stipendio «garanzia di indipendenza».
Non ci sarà mai modo di tagliarli, se non tagliando le teste, accorciando gli strati di «politica» che ci depredano.
L’appendimento dei responsabili a piedi in su a piazzale Loreto compirebbe la riforma.
Ma non osiamo sperare tanto.
M.Blondet

23 febbraio 2008

La nazionalizzazione della Northern Rock


Il governo britannico ha annunciato la nazionalizzazione della banca Northern Rock il 18 febbraio, aumentando in un solo colpo il debito pubblico di 90 miliardi di sterline (circa 120 miliardi di euro). La decisione dovrebbe dare la sveglia a coloro che si oppongono alla proposta HBPA di riorganizzazione bancaria di Lyndon LaRouche, che prevede una “muraglia” tra le banche e i fondi speculativi. Gli avversari di questa proposta l'hanno recentemente attaccata in pubblico con l'argomento che essa consiste nella “nazionalizzazione” delle banche. La decisione britannica mostra che la verità è esattamente il contrario: è la politica delle banche centrali a condurre alle nazionalizzazioni e all'iperinflazione, mentre la proposta di LaRouche è l'unica via per salvare le banche, ricapitalizzarle e lanciare una ripresa economica. Una “muraglia” generale nel sistema bancario può oggi impedire una statalizzazione mussoliniana dell'economia.

Verso un altro tsunami finanziario
Un secondo choc sistemico, quello che il capo di Deutsche Bank Josef Ackermann ha definito uno tsunami finanziario peggiore della crisi dei subprime, è dietro l'angolo. L'insolvenza dei cosiddetti “monoline”, gli istituti che hanno assicurato titoli emessi sui mutui e su altri assets, è ormai questione di giorni, tanto che il governatore di New York Elliot Spitzer ha lanciato un ultimatum il 14 febbraio: o i monoline trovano il denaro fresco entro cinque giorni, riuscendo ad evitare la retrocessione del rating, oppure saranno smembrati. La precedente offerta di Warren Buffet di acquistare dai monoline la copertura assicurativa di bond municipali per un valore di 800 miliardi, con una spesa di 5 miliardi di dollari, ha portato i monoline ad un passo più vicino all'insolvenza.
La conseguenza di un'insolvenza, o di un ribasso del rating, saranno un ribasso del valore degli assets assicurati dai monoline. Le autorità di New York cercano di salvare i bond municipali trasferendoli dai monoline ad altre assicurazioni. Nel contenitore resteranno centinaia di miliardi di obbligazioni garantite da collaterale (CDO), il cui valore piomberà verso lo zero.
La banca svizzera UBS ha pubblicato una previsione secondo cui la prossima ondata di perdite sarà di almeno 203 miliardi di dollari. Questa cifra è composta da 120 miliardi di perdite per i CDO, 50 per i SIV, 18 per titoli emessi sui mutui e 15 per bonds LBO (emessi per finanziare le acquisizioni). Anche se le cifre della UBS sono ispirate alla cautela, esse comunque superano le perdite ufficiali delle banche dall'agosto 2007, che ammontano a 150 miliardi di dollari.
Un'altra conseguenza del crac in arrivo riguarda la “discarica napoletana” chiamata BCE, che comincia ad olezzare. La BCE ha accettato titoli tossici dalle banche come collaterale per crediti a breve. Le quantità attuali in deposito non sono note. A febbraio la BCE ha pubblicato i dati dello scorso settembre, da cui risulta che già in quel mese il volume degli strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione di crediti aveva raggiunto i 215 miliardi di euro. Si tratta di un incremento al 17% rispetto al 12% del 2006 (si presume che il resto siano titoli del tesoro). Il ricorso ai titoli emessi sui mutui per ottenere denaro dalla BCE è diventato sempre più frequente dopo settembre, ed è probabile che nel frattempo sia raddoppiato. Stando al suo stesso statuto, la BCE non dovrebbe accettare obbligazioni spazzatura come collaterale, ma il governatore Trichet sostiene che la BCE non ha cambiato le sue regole. Ha dovuto esibire la stessa foglia di fico in risposta a tre domande rivoltegli su questo tema da tre giornalisti diversi alla scorsa conferenza stampa a Francoforte. Tuttavia la BCE ammette che, diversamente da altre banche centrali, ha accettato un notevole volume di strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione di crediti che chiama “private label”, termine che designa titoli che non hanno garanzie da parte di enti di governo. La Federal Reserve USA non accetta strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione che non sono garantiti da enti di governo.
fonte: movisol

21 febbraio 2008

ONU: Cavi troncati internet forse è sabotaggio!



I cavi sottomarini troncati (cinque, pare confermato) nel Golfo Persico, che per giorni hanno impedito a milioni di «navigatori» in Medio Oriente di collegarsi a Internet, e ad altri milioni di telefonare, possono aver subito «un sabotaggio»: lo ha ammesso, bontà sua, la International Telecommunication Union, l’agenzia dell’ONU con sede a Ginevra che coordina le telecom mondiali, associando 191 nazioni ed oltre 700 imprese di telecomunicazione.

«Non vogliamo anticipare i risultati delle indagini in corso, ma non escludiamo che un atto di sabotaggio deliberato sia la causa dei danni ai cavi sottomarini di due settimane fa», ha detto il capo del settore sviluppo dell’agenzia ONU, Sami al-Murshed.
Lo ha detto a margine di una conferenza sui delitti elettronici in corso nel Katar.

«Alcuni esperti dubitano della opinione prevalente, ossia che i cavi siano stati troncati da ancore di navi per incidente, dato che tali cavi giacciono a notevole profondità e la navigazione sopra di essi è vietata», ha fraseggiato prudentemente il dottor Murshed.

In realtà, la filiale indiana della FLAG (Fiber-optic link around the Globe), il consorzio che gestisce i cavi danneggiati, continua a insistere che il cavo «Falcon» è stato danneggiato da un’ancora.
Ma si tace sui motivi degli altri quattro danneggiamenti.
In generale, su tutta la misteriosa faccenda i responsabili, e anche l’ONU, dicono pochissimo.
Forse è prudenza, forse al limite della reticenza.

Per esempio, gli scarni comunicati FLAG dicono che il cavo Falcon è stato riparato, così come il FEA (Flag Europe-Asia), che era stato interrotto nel Mediterraneo, tra l’Egitto e Palermo.
Sullo stato degli altri tre cavi a fibra ottica sabotati, silenzio.
Come sull’identità dei «sabotatori».

Si può forse dire che non può trattarsi di ragazzini in vena di scherzi, o di hacker improvvisati con pinne e maschera; sicuramente i sabotatori devono essere forniti di mezzi tecnici notevoli, per operare nelle profondità marine.

Nell’ambiente, gli «incidenti» stanno facendo discutere sulla necessità di tendere nuovi cavi per aumentare la ridondanza del sistema di telecomunicazioni.
Forse, qualche grossa impresa sta per guadagnare grasse commesse dagli incidenti.
Avrà motivo di ringraziare i sabotatori.
Maurizio Blondet

20 febbraio 2008

Informazione,controllata da chi?


Ogni volta che prendiamo in mano il telecomando, per sapere che cosa è successo nel mondo, ci muoviamo ansiosi dalla Rai alla CNN alla Fox alla BBC, convinti di aver accesso a molteplici fonti, da paesi e culture diverse, per riuscire in qualche modo a mettere insiemi i frammenti del puzzle informativo.

In realtà molti hanno ormai capito che si tratta di un unico messaggio, trasmesso da dozzine di presentatori diversi, in lingue e da luoghi diversi, ciascuno incorniciato da una una grafica differente, ma perfettamente identico nella sostanza, ovunque nel mondo.

Ma come può avvenire – meccanicamente, intendo dire, nella realtà quotidiana - la propagazione effettiva di questo “messaggio unificato”, che sarebbe confezionato a monte della messa in onda? Dove nasce la notizia originale, chi decide quale debba essere, e in che modo costui riesce ad imporla con tale apparente facilità al mondo intero, praticamente nello stesso istante?

E’ davvero possibile che esista “un signore” (o un gruppo ristretto), seduto in qualche oscuro bugigattolo dei famosi “piani alti”, che analizza sistematicamente le notizie in arrivo, le manipola, e fa diffondere solo quelle che ha deciso lui, nel modo e con il taglio che vuole lui?

Se davvero esistesse questo “centro unificato di controllo”, come fa l’informazione mondiale a raggiungerlo in primo luogo? Se infatti i canali mainstream (i nostri televisori) rappresentano solo la fase di “uscita”, cioè l’emissione della notizia già manipolata, attraverso quali canali arriva al “bugigattolo” la notizia reale, “in entrata”?

Dobbiamo forse immaginare che tutti i reporter del mondo abbiano nel cellulare un “numero segreto”, da chiamare ogni volta che ritengono un fatto degno di essere riportato? Oppure, se non tutti i reporter - che sarebbe ovviamente assurdo – almeno tutti i direttori delle grandi testate mondiali?

Ve lo vedete, l’inviato di Chicago che chiama il direttore della CNN ad Atlanta e dice “Pare che ci fosse in atto un tentativo di far esplodere la Sears Tower, da parte di un gruppo di terroristi islamici. Che faccio, direttore, indago?” “Aspetta un attimo”, gli risponde il direttore, il quale telefona di nascosto al “Grande Vecchio” e gli chiede: “Può interessarle un tentativo di far esplodere la Sears Tower da parte di un gruppo di terroristi islamici?” “Uhm, sì sì, molto interessante. Manda, manda, che poi ti faccio sapere io come ne devi parlare”.

Proviamo davvero a immaginarlo, questo “centro di potere occulto”, un bugigattolo con mille linee telefoniche che viene tempestato ininterrottamente da tutti i direttori di testata mondiali, i quali cercano nello stesso momento di fargli avere le informazioni reali, “prima” che vengano manipolate e diffuse sui canali mainstream: poichè le news viaggiano in tempo reale, e nel mondo succede costantemente di tutto, ci vorrebbero come minimo venti batterie di telefoniste che ricevono, filtrano e riorganizzano le informazioni, per poi passarle ai livelli superiori.

I ”Grandi Vecchi” saranno anche potentissimi, ma di orecchie ne hanno due come tutti gli altri.

Se quindi quel bugigattolo esistesse, non potrebbe che avere le sembianze di una vera e propria redazione - come appunto quella della CNN - dove arrivano in continuazione informazioni da tutto il mondo, e vengono filtrate, riorganizzate e reindirizzate ai livelli superiori, prima di essere elaborate per la messa in onda.

E ai piani alti c’è il direttore, che già di suo normalmente filtra, scarta, seleziona, e modifica le notizia, prima che venga messa in onda. Lo fa perchè quello è il suo ruolo, ed è stato messo lì per quello.

Ma la “catena” della manipolazione si ferma lì, deve farlo per forza: la stessa notizia infatti arriva contemporaneamente alla Fox come alla Rai come alla BBC, e queste non aspettano certo la CNN per sapere cosa raccontare ai loro telespettatori, ma anzi cercano di batterla sul tempo, per fare bella figura con gli sponsor e incassare più soldi al rinnovo del contratto. Come fare allora ad accertarsi che esca contemporaneamente lo stesso messaggio in tutto il mondo, manipolato con la stessa angolazione e omologato in misura tale da essere effettivamente uno solo?

In realtà non c’è alcun bisogno di un Grande Vecchio, che passi le giornate a decidere di cosa debbano parlare le tv di tutto il mondo, perchè il sistema stesso è congegnato in modo da fare che ciò avvenga.

Due fatti, apparentemente non correlati, ci aiutano a capire meglio come funzioni l’attuale sistema di informazione mondiale, un baraccone rumoroso e appariscente, ma del tutto privo di sostanza.

Il primo fatto riguarda la retata mondiale antimafia avvenuta pochi giorni fa. Il giorno prima che si diffondesse la notizia, ho ricevuto da parte di un nostro iscritto una email che diceva:

“Ti scrivo per raccontarti un fatto che mi ha inquietato: qualche ora fa (alle 21.00 circa) ero seduto al tavolo di un bar in una zona centrale di Roma e al tavolo accanto c'era una signora che parlava al cellulare con un'amica. Non ho potuto fare a meno di origliare ed ecco cosa è venuto fuori: detta signora è una giornalista delle reti Sky (purtroppo non ha detto il suo nome), e ad un certo punto ha invitato la sua amica a seguire il suo intervento DOMANI alle 16.00 circa, spiegandole che succederà qualcosa di grosso tra Stati Uniti e Sicilia e lei, se non ho capito male, commenterà o comunque si occuperà di questo fatto sul sito di Sky (credo Sky TG). E' sembrato che l'amica chiedesse maggiori informazioni riguardo quello che deve accadere, ma la giornalista ha risposto (accortasi che stavo ascoltando) che non poteva dirglielo e di aspettare semplicemente domani.“

Che cosa significa tutto questo? Che il nostro amico si era per caso seduto proprio accanto al Grande Vecchio (con sembianze femminili, in quel caso), oppure accanto a qualcuno che gli è particolarmente vicino?

No di certo, visto che nessuno in una posizione così importante si metterebbe ad annunciare in pubblico – e su un cellulare oltretutto – quello che dovrebbe tenere rigorosamente per sè.

E nemmeno un giornalista serio, che avesse avuto quella dritta attraverso qualche canale privilegiato, sarebbe così stupido da rivelarlo pubblicamente, invece di sfruttarlo a proprio vantaggio professionale.

Quella era sicuramente una mezzacalza qualunque, che non ha resistito alla tentazione di vantarsi con l’amica per quello che evidentemente credeva essere lo scoop del secolo. E’ invece risultato che all’ora indicata non solo Sky News, ma il mondo intero riportasse la stessa identica notizia.

Se quindi lo sapeva in anticipo una “giornalista qualunque”, vuole dire che nell’ambiente lo sapevano più o meno tutti. C’era stato cioè, a monte, il classico “leaking” da parte di chi voleva accertarsi che la notizia uscisse con il dovuto peso, e non finisse invece relegata in qualche pagina interna, coperta magari da un fatto più importante.

In altre parole: conoscendo la natura competitiva del giornalismo, il modo migliore per far uscire una notizia in grande stile è quello di comunicarla “segretamente” ad una o più testate, facendo ovviamente credere a ciascuna di essere l’unica a saperlo (da cui l’eccitamento incontenibile della signora al cellulare). A quel punto saranno loro stessi a voler uscire con la notizia per primi, marcando addirittura l’ora esatta in cui comunicheranno al mondo il fatto appena avvenuto.

Se fai questo con una dozzina di testate importanti, ti sei garantito le prime pagine di tutto il mondo, perchè a quel punto le altre seguiranno a ruota, ansiose di non fare la figura degli sprovveduti.

I media quindi condizionano prima di tutto i media stessi: soprattutto ora che c’è Internet, le varie redazioni nel mondo passano la maggior parte del tempo a riaggiornare le prime pagine delle testate concorrenti, per vedere chi si muove per primo su una certa notizia, e come lo fa. A quel punto, basta che una notizia raggiunge la soglia critica, come presenza sulle testate importanti, che le altre si adegueranno tutte automaticanente, senza una sola eccezione.

(Lo abbiamo visto anche da noi, con l’undici settembre: prima era il silenzio più impenetrabile, poi uno di loro ha osato parlarne, e di colpo tutti gli altri si sono buttati a capofitto).

Veniamo ora al secondo esempio: la famosa notizia del crollo del WTC-7, data con oltre mezz’ora di anticipo dalla BBC di Londra.

Quando si scoprì che la BBC aveva dato la notizia verso le 16.50 (l’edificio è poi crollato alle 17.25), si è subito formato in rete un fronte di complottisti “all’ultimo stadio”, che sostenevano che i media “sanno già tutto in anticipo”, e che questo episodio lo dimostrasse in maniera inequivocabile.

Naturalmente, nessuno si è domandato perchè mai il “Grande Vecchio” avrebbe avuto interesse, in quel caso, a far sapere in anticipo alle TV del crollo, quando tutte le telecamere del mondo erano già puntate sul World Trade Center, e nessuna avrebbe comunque mancato di registrarlo in diretta mondiale.

Ma c’è soprattutto una spiegazione molto più semplice, per un episodio che è solo apparentemente “misterioso e sinistro” come questo. Poichè in strada già sapevano da alcune ore che il WTC sarebbe stato demolito (ci sono diverse testimonianze in questo senso, chiare e inequivocabili), la notizia in qualche modo deve aver raggiunto la redazione della CNN, che intorno alle 16.30 ha comunicato al mondo che “un altro edificio è crollato, o sta per crollare”.

A quel punto – fra la tensione di quella giornata, la confusione generale, e la tendenza istintiva di tutti i newscasters a dare le notizie prima possibile - non è difficile immaginare come quel dubbio sia potuto diventare una certezza prima ancora che il fatto avvenisse. (Oggi la cosa fa scalpore, poichè il WTC7 appare perfettamente in piedi alle spalle dell’annunciatrice che ci informa del suo crollo, ma a quel tempo nessuno avrebbe saputo riconoscerlo da un qualunque altro grattacielo di Downtown Manhattan. Inoltre la CNN aveva parlato di “un altro edificio”, senza specificare quale).

Questo secondo episodio sembra quindi confermare sia la difficoltà pratica di controllare le notizie in tempo reale, sia una certa caratteristica del sistema di informazione, che riesce da solo a generare i mostri più spaventosi senza nemmeno rendersene conto.

Quella dell’informazione è una macchina, enorme e complicata, nella quale è sufficiente piazzare i direttori giusti al posto giusto, per vederla funzionare a meraviglia. Una volta che costoro avranno filtrato e scartato – ciascuno in maniera del tutto indipendente, ma curiosamente omogenea, visto che sono gli stessi direttori ad assomigliarsi fra di loro – sarà la macchina stessa a fornire l’energia per replicare e diffondere all’infinito quello che non potrà che apparire come un messaggio unico sin dalla partenza.

di Massimo Mazzucco

19 febbraio 2008

NANOPARTICELLE, l'intervista da non diffondere



INTERVISTA AL DOTT. MONTANARI
La pericolosità delle nanoparticelle sta gradualmente assumendo importanza agli occhi dell'opinione pubblica. L'idea di essere circondati da piccole e pericolosissime particelle in grado di generare nel nostro corpo tumori o altri gravi danni non può che allarmare e farci sentire in un certo qual modo impotenti. Ci sono persone che tendono a negare qualsiasi presunto effetto negativo sulla nostra salute e intanto noi, consumatori, ci ritroviamo sempre più confusi e incapaci di fare utili per la nostra salute.

Per questa ragione abbiamo pensato di rivolgerci ad un importante rappresentante della comunità scientifica internazione ed esperto di nanoparticelle, il Dott. Montanari, con l'obiettivo di fare chiarezza sull'argomento e svelare opinioni.
Stefano Montanari, uno dei massimi esperti di nanopatologie, malattie legate alle micro e nanoparticelle, è direttore scientifico del laboratorio "Nanodiagnostics" di Modena, un centro che si occupa di ricerca sull'inquinamento provocato da polveri inorganiche.
Purtroppo, come ha sottolineato il nostro interlocutore, sull'argomento la disinformazione è davvero diffusa; per tale ragione manteniamo l'impegno assunto con il Dott. Montanari e pubblichiamo il testo dell'intervista nella sua forma integrale.

Gentile Dott. Montanari, negli ultimi anni si comincia a sentir parlare con una certa insistenza di polveri sottili, micro e nano particelle ed effetti dannosi sulla salute. Mi pare tuttavia che persista una certa disinformazione al riguardo: ad esempio, si concede molta importanza al PM10, che lei invece giudica "una polvere grossolana", rispetto a particelle con dimensioni inferiori, meno "note" ma decisamente più nocive per l'organismo. Ritiene colpevoli i mezzi di informazione in questo senso?

Le polveri fini e finissime, intorno e al di sotto del micron, sono incomparabilmente più aggressive per la salute rispetto a quelle grossolane. La classificazione di grossolano per le PM10 non è certo mia, ma è quella corrente nei testi tecnici. Su questa diversa aggressività, molto diversa, nei fatti, tutta la scienza è d'accordo senza eccezione alcuna. La Comunità Europea ha in corso vari studi non sulla nocività di queste polveri, che è ormai notissima, ma sul meccanismo che queste seguono per essere nocive. Ad esempio, il progetto DIPNA ha a capo mia moglie, la Dott. ssa Antonietta Gatti, e coinvolge 11 centri di ricerca in 6 paesi europei per studiare il meccanismo d'ingresso delle nanopolveri nel nucleo della cellula.

Quanto ai mezzi d'informazione, fatte salve le poche, meritevoli eccezioni, lavorano solo per disinformare. Purtroppo alcuni media si valgono della collaborazione di personaggi spacciati come uomini di scienza che sono disposti a prostituirsi per quattro soldi, il che aggrava la situazione allestendo un alone di credibilità. Del resto, pensi a ciò che si faceva anni fa quando le multinazionali del tabacco affittavano "scienziati" per dimostrare che il fumo è innocuo, arrivando anche a dimostrare che serve a prevenire certe malattie come il Morbo di Parkinson. Tutto questo oggi suona grottesco, ma allora la discussione era apertissima.

I risultati delle sue ricerche - condotte insieme alla Dott. ssa Gatti - che proseguono ormai da diversi anni, hanno evidenziato come in numerosi alimenti siano presenti queste nanoparticelle, sinonimo di rischio per la salute. Può farci degli esempi?

Non voglio fare esempi di marche e di prodotti perché sono tutti legalmente considerati innocenti. La legge non tiene in alcun conto il micro e nanoparticolato che, dunque, può non solo inquinare senza problemi di sorta ma addirittura essere usato come additivo per alimenti. Cosa, quest'ultima, che viene regolarmente fatta, per esempio, ma non solo, in certi tipi di cioccolato o di gomma da masticare. Malauguratamente chi legifera è di solito indietro anni rispetto alla scienza e basta ricordare lo scempio dell'amianto bandito nel 1992 quando si conosceva da sempre la sua cancerogenicità. Anche in quel caso, media e scienziati a gettone fecero una solidissima barriera per avversare la messa fuori legge di quel terribile inquinante del cui uso sconsiderato paghiamo tuttora e pagheremo ancora per decenni le conseguenze tragiche.

A riguardo, Lei ha sempre tenuto a precisare che l'obiettivo non era colpire alcun marchio o prodotto, quanto piuttosto diffondere la consapevolezza che l'ambiente è purtroppo ricco di inquinanti. Tuttavia, credo che per alcune aziende questo aspetto potrebbe rappresentare un problema, almeno in termini di reputazione. Dopo tutto questo tempo, c'è stata qualche azienda che l'ha contattata perché interessata seriamente a contrastare il problema.

Due o tre aziende lo hanno fatto ma la cosa non ha avuto seguito. Del resto, chi glie lo fa fare? Finché tutto tace...

Secondo lei, se un'impresa consapevole di avere i propri prodotti inquinati da nanoparticelle cercasse di affrontare il problema, quali strade potrebbe percorrere? Quali precauzioni, cioè, potrebbe porre in essere per prevenire e contrastare tale inquinamento?

Si controllano le materie prime e tutte le fasi di produzione. Volendo, la cosa è ampiamente fattibile perché tecnicamente non è difficile, ma farlo è impegnativo e, dunque, fa "perdere tempo". Poi è inutile, perché i consumatori sono tenuti accuratamente nell'ignoranza e non c'è pericolo che boicottino un prodotto. È solo la cultura che può metterci una pezza.

Ha sempre affermato che sono presenti tre tipologie di inquinamento da nanoparticelle: ambientale (ovvero particelle presenti nell'ambiente), industriale (frutto del processo produttivo del prodotto), volontario (ovvero il caso in cui si aggiungano nanoparticelle volontariamente per "migliorare" l'appetibilità di un prodotto. In riferimento a quest'ultimo, avete svolto analisi in dettaglio? Sono presenti reali rischi per la salute? È quindi possibile individuare aziende che utilizzano questi metodi deliberatamente? Sarebbe perlomeno interessante comprendere se sono consapevoli dei rischi cui sottopongono i loro clienti, non trova?

Purtroppo queste indagini hanno un costo che per noi che ci autofinanziamo come possiamo è tutt'altro che irrilevante. Dunque, non riusciamo a fare analisi sistematiche. Alcune aziende, ma sono pochissime, dichiarano le aggiunte in etichetta, ma la stragrande maggioranza se ne guarda bene. Personalmente credo che siano tutte assolutamente consapevoli del problema, tanto che so per certo che alcuni pezzi grossi di certe industrie non darebbero mai i loro prodotti ai loro figli, ma, lei lo sa, gli affari sono affari.

Cosa prevede la legge, in italia e in Europa, per tali questioni? Ad esempio, consente le aggiunte citate nella domanda precedente?

La legge tace.

Se dovesse fare una classifica delle fonti di inquinamento antropiche relative alle nanoparticelle, quali sarebbero ai primi posti in termini di pericolosità per l'uomo?

Inceneritori, fonderie e traffico automobilistico, ma le fonti sono in realtà infinite.

In alcuni siti internet viene riportato che i filtri antiparticolato montati sulle auto sono in realtà uno "specchio per le allodole": trattengono le particelle PM10 quando l'auto viaggia a basse velocità (ad esempio in città), mentre "sbriciolano" queste particelle quando aumenta la velocità, liberando nell'ambiente una grande quantità di nano particelle dannose. Sulla base della sua esperienza, questa rappresentazione corrisponde alla realtà?

Non è un pettegolezzo: è esattamente quanto affermano i costruttori del prodotto. Se così fosse non le pare che anziché risolvere un problema si ottenga il solo risultato di delocalizzarlo, portando le fonti di inquinamento fuori dai grandi centri abitati, rischiando di contaminare a questo punto coltivazioni localizzate ovviamente fuori città? Quei filtri renderanno molto più aggressive le polveri diminuendone le dimensioni granulometriche e avranno anche la particolarità di aumentare i consumi di carburanti, con ciò aumentando la quantità d'inquinanti nell'ambiente.

Pensi che, per motivi geometrici elementari, con una particella da 10 micron di diametro se ne fa un milione da 0,1 micron. E ognuna di queste è infinitamente più aggressiva di quella grossolana di partenza. Il filtro fa questo. Chi, poi, usa particolari additivi per sminuzzare le polveri, introduce pure un inquinante nuovo. Per quanto riguarda l'inquinamento da nanoparticelle, questo è ormai omogeneo quasi ovunque e, dunque, città o campagna fa poca differenza.

In una sua intervista ha dichiarato che, analizzando le nanoparticelle presenti in un organismo, riuscite a risalire alle fonti dell'inquinamento. Tale aspetto dovrebbe rappresentare un campanello di allarme per alcune attività imprenditoriali, tipicamente produttrici di questi inquinanti e che espongono quindi i propri dipendenti a seri rischi per la salute? Se non sono previsti delle vigenti norme di sicurezza e igiene sul lavoro, dovrebbero forse preoccuparsene perlomeno quelle aziende che, nei loro bilanci sociali, dichiarano di prestare massima attenzione alle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, non crede?

C'è una norma del diritto che prescrive di non far del male a nessuno. " Neminem laedere", dicevano i Latini. Questo, esista o no un particolare articolo di legge. Già qualcuno ha pagato per aver inquinato l'ambiente, ma per essere efficaci e non solo vagamente episodici occorre che la magistratura cominci a porre attenzione al problema, se non altro perché un essere che distrugge l'ambiente in cui vive è destinato ad estinguersi e questo problema è ben maggiore di tante delle sciocchezze su cui qualcuno si trastulla.

Lei ha più volte ribadito che gli inceneritori non sono assolutamente efficaci nello smaltimento dei rifiuti e che sono importanti fonti di inquinamento anche per quanto riguarda le nanoparticelle emesse durante il processo di incenerimento, che vengono disperse nell'aria. In questo senso, possiamo quindi pensare che siano a rischio, ad esempio, le coltivazioni biologiche in un raggio più o meno ampio rispetto alla presenza di un inceneritore?

Ovviamente un ambiente sporco non può che generare prodotti sporchi. Ripeto, comunque, che le nanoparticelle si diffondono omogeneamente ovunque ed è la stessa European Environment Agency, l'ente comunitario che si occupa d'inquinamento, che ce lo fa notare. Le particelle grossolane, invece, cascano a terra in un raggio di pochi chilometri, inquinando sì terra, erba, frutta e verdura, ma in maniera meno insidiosa. Insomma, porre un limite di qualche chilometro tra inceneritore e coltivazione non ha particolare senso scientifico.

Considerato peso e diametro delle nanoparticelle, non credo assolutamente sia insensato pensare che possano viaggiare spostate dal vento per molti chilometri, vanificando gli sforzi di coloro che investono per fornire prodotti di elevata qualità ai consumatori. Pensi ai pollini che hanno una massa qualche milione di volte superiore alle nanoparticelle di cui io mi occupo: qualsiasi paleontologo sa che i pollini europei si trovano al Polo Sud. Pensi alla sabbia del Sahara, relativamente pesantissima, che varca gli oceani e si trova nelle piogge rosse che conosciamo tutti. Faccia lei i suoi calcoli.

Non le pare che la tendenza potrebbe diventare quella di delocalizzare le fonti di inquinamento verso zone che offrono meno controlli?

Mi viene da pensare ai paesi in via di sviluppo o al terzo mondo. Ad esempio, nella produzione di energia non vedo molto remota la possibilità che si comincino a costruire impianti di generazione, anche inquinanti, dove nessuno si preoccuperebbe degli impatti sulla salute umana. Al contempo, questa rischia a mio parere di diventare la soluzione anche per lo smaltimento dei rifiuti, che potrebbe quindi concretizzarsi con la costruzione di inceneritori in questi luoghi.

Ha mai pensato che il Terzo Mondo siamo noi? Ha mai meditato sul perché l'Italia sta diventando terra di conquista per chi fabbrica inceneritori e non riesce a rifilarli a nessuno tranne che a noi? Il Terzo Mondo è più nei cervelli che nei portafogli e quell'arma di legittima difesa che è la cultura da noi è bandita. Dunque, siamo culturalmente Terzo Mondo. Accenda la TV, apra un giornale o entri in un'aula universitaria e si faccia lei la sua idea.
Dario Muzzarini