29 dicembre 2009

Nucleare: il Governo italiano continua a sostenere l'interesse di pochi poteri forti.


Dopo il non-accordo di Copenaghen, anche a casa nostra la politica degli interessi a vantaggio di pochi continua ad andare dritta per la sua strada. Si è discusso, infatti, il decreto con i criteri per l'individuazione dei siti dove saranno costruite le centrali nucleari in Italia, nell’ambito del Consiglio dei Ministri convocato per le 15 di ieri.

Due, in particolare, gli schemi di decreti legislativi presentati dal Ministero dello Sviluppo Economico che sono stati presi in esame. Uno, compreso nella “Legge Sviluppo”, in merito alla “localizzazione ed esercizio di impianti di produzione di energia elettrica e nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché misure compensative e campagne informative”. L’altro, riguardante “il riassetto della normativa su ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche”.

Da quanto si apprende, il testo del decreto non contiene una lista specifica dei siti, ma i criteri per l'individuazione delle aree su cui sarà possibile costruire gli impianti nucleari. Avvicinandosi le elezioni amministrative di marzo, è comprensibile che non si indichino luoghi precisi.

Al ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola che rassicura come “Sono stati rispettati gli impegni con i nostri elettori e con il Parlamento e i tempi ci sono affinchè venga rispettato il termine previsto, anche attraverso il percorso della Conferenza Stato-Regioni e il percorso delle commissioni parlamentari», Fare Verde ricorda che il nucleare, oltre ad essere costoso ed obsoleto e a richiedere un tempo comunque troppo lungo rispetto all’emergenza ambientale e alla crisi economica, non ci costringe a migliorare l'efficienza con cui utilizziamo l’energia elettrica. È il modo più vecchio ed inefficace per affrontare problemi nuovi: gli stessi sostenitori delle centrali atomiche ammettono, infatti, che si tratterebbe di una tecnologia “di transizione”, sebbene l’impatto ambientale ed economico sia tutt’altro che proporzionato ai tempi di passaggio a cui sarebbe finalizzato.

Una risposta concreta alle proposte visionarie con cui il Governo italiano continua a sostenere il nucleare, l’ha data la Electrolux di Scandicci. Passata recentemente da produttore di elettrodomestici a costruttore di pannelli solari, l’azienda ha riassunto 370 dipendenti con lo stesso livello salariale e con la garanzia del posto di lavoro per 3 anni: una conferma reale che le risposte alla crisi ambientale, economica ed energetica si possono trovare solo nell’uso razionale dell’energia e con una produzione distribuita su piccola scala mediante l’uso di fonti rinnovabili. Costruire una centrale nucleare oggi per affrontare mutamenti climatici ed esaurimento delle fonti fossili di energia in non meno di dieci anni, significa solo buttare una quantità enorme di denaro e devastare per sempre pezzi preziosi della nostra terra sui quali dovranno essere costruite opere faraoniche ed irreversibili.

Che la caparbietà con cui il Governo italiano continua a sostenere la bufala del nucleare sia spiegabile solo con interessi economici a vantaggio di pochi e non esattamente con l’interesse generale del Paese?

di Giancarlo Terzano

28 dicembre 2009

Il pessimismo italiano è frutto della colonizzazione del paese



Qualche anno fa, credo, ho scritto nel vecchio blog un articolo che si intitolava “in morte di un amico”. Si riferiva ad una persona di una certa eta’ (credo che vada per i 70) che di recente ha smesso di lavorare nella sua officina per godersi il riposo della pensione. Il problema e’ che da quel momento e’ stato sottoposto agli strumenti piu’ mortiferi della cultura italiana contemporanea, che sono la politica e la cronaca. Decine di minuti al giorno di politica e cronaca hanno, come avevo temuto, avvelenato il suo cuore fino a trasformarlo in uno di quelli che chiamo “cantori di morte”.

Il cantore di morte passa tutto il tempo che ha a decantare “tutto il male che si sente oggigiorno” , elencando minuziosamente ogni cosa brutta , ogni disastro, ogni incidente, ogni crimine, e vedendo in loro i segni di un apocalisse senza speranze. Milioni di anziani, esposti a questa mostruosita’ mediatica, si sono trasformati in un orribile coretto sepolcrale, il quale canta la morte del paese, canta la fine di ogni speranza, la disperazione e l’attesa della morte.

Questo osceno, blasfemo vociare di vecchi in attesa della morte di fronte alla TV sta uccidendo un paese, sta cancellando la speranza, la volonta’, l’entusiasmo dagli occhi dei nostri figli, tanto che spesso molti giovani il cui spirito e’ stato inghiottito da questo abisso di fango si uniscono a loro volta al coro di morte.

Secondo questo orribile coretto della decomposizione umana , puzzolente di dentiera e piscio, non c’e’ speranza alcuna. Ogni cosa e’ corrotta e miserabile, e anche qualora si scorgesse qualcosa di buono nel paese, ci sarebbero sempre mille difetti con cui stritolare ogni speranza. Per queste carcasse ambulanti, ormai prive di futuro e vita, il paese ha lo stesso loro futuro: aspettare la morte di fronte alla TV. E finira’ di sicuro cosi’, se lascieremo che la loro oscena voce continui ad oscurare il cielo, volgendo ogni cosa alla rassegnazione ed alla disperazione.

Essi dicono di parlare cosi’ perche’ amano il paese, ma non bisogna farsi ingannare : essi amano un paese che non c’e', ne’ saebbero capaci di costruire, essendo votati solo alla morte e alla disperazione. Potete andare in giro per le citta’ con carta e penna; cio’ che vedrete forse non vi piacera’, ma esiste e qualcuno lo ha costruito. Segnate pure ogni cosa vedete, e scommetto quanto volete che nessuno di questi cantori di morte e’ tra quelli che hanno costruito, semmai erano troppo impegnati a criticare e a svilire per fare qualcosa di buono. Chi e’ contro e’ fuori, e chi e’ fuori non partecipa alla costruzione del futuro.

Essi dicono di amare il paese, ma quello che fanno e’ amare un paese che non c’e', e con questo pretesto odiano quello che c’e’.

Nulla di quanto esiste e’ buono , o anche soltanto accettabile, per i cantori di morte. Sentirete parlare di treni in ritardo mentre viaggiate su un treno in orario, sentirete parlare di malasanita’ da gente che e’ stata curata negli ospedali italiani, e anche qualora questi cantori di morte abbiano di fronte agli occhi qualcosa di buono, cosi’ da non poterlo negare, vi risponderanno che all’estero e’ meglio, quindi cio’ che abbiamo noi e’ una merda. Per definizione.

Essi dicono di dire la verita’, ma si tratta di una verita’ ben strana, nella quale un esempio di malasanita’ vanifica milioni di persone curate ogni anno, una sola ambulanza che non arriva in tempo vanifica il lavoro di milioni di persone , un solo treno in ritardo vanifica migliaia di treni in orario. E’ la verita’ della morte, la verita’ di chi non accetta un mondo dopo di lui, il futuro di una generazione di vecchi in attesa della morte di fronte alla TV.

Questo osceno coro, questa selva di bocche buie come tombe, questo fetore di morte che ci viene alitato sopra in continuazione sta uccidendo ogni speranza, spegnendo ogni luce, sta togliendo all’italiano il potere di pensare bene di se’ stesso.

Seguendo la triste litania cantata da queste carcasse, da questi traditori, persino molti giovani si sono convinti di essere condannati perche’ italiani, di essere condannati perche’ italiani, di essere segnati dal fatto di essere italiani che vivono in Italia, come se una maledizione incombesse sulla penisola, senza rendersi conto del fatto che la maledizione consiste proprio nel coro di coloro che cantano continui salmi di morte per il paese.

Si tratta di un male antico, la cui genesi posso riconoscere nelle parole di Palmiro Togliatti: «È per me motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino sovietico sento di valere dieci volte più del migliore italiano»(1)

Su questo salmo di morte era incentrata la prima propaganda dell’opposizione italiana: far apparire il paese come una miserabile distesa di mandolinisti, incapace di funzionare da se’ tranne nel caso qualcuno non intervenga da fuori a dirigere le cose. Nella mente di Togliatti e della propaganda comunista si trattava ovviamente di Stalin , ma questa propaganda non era solo interesse dei comunisti.

Anche le potenze anglosassoni vincitrici avevano il medesimo interesse a sminuire e togliere la speranza agli italiani, cosi’ lasciarono fare alla propaganda del PCI. Ogni singolo difetto del paese veniva ingigantito, sviscerato ben piu’ di quanto si faccia in qualsiasi altro luogo del mondo, allo scopo di dare ai cittadini italiani la sensazione che senza il “nuovo sistema ” non ci fosse speranza, che tutto fosse vano, che non ci fosse alcun futuro.

Alimentare questa disperazione era, del resto, uno dei capisaldi della propaganda rivoluzionaria: ogni problema, anziche’ essere risolto, andava amplificato mediante la propaganda fino a diventare motivo di tensione estrema, estrema e violenta, in attesa dell’inevitabile scintilla che avrebbe fatto scoppiare l’agognata rivoluzione.

Dal lato anglosassone, questa propaganda era forse invisa nei fini, ma era assai utile come mezzo, dal momento che la stessa sfiducia e la stessa mancanza di speranze era utile per convincere le elite italiane ad abbandonare ogni residuo di italianita’ e convertirsi alla nuova religione del chewing-gum e delle barrette di cioccolato. Anche con l’aiuto della propaganda comunista e della sfiducia e della disperazione da essa portata nel paese, gli alleati poterono contare sulla “conversione” delle elite culturali ed economiche italiane: essi mandavano i figli a studiare all’estero, ascoltavano musica straniera come segno di superiorita’, e il processo era cosi’ penetrante che l’intellettuale pedofilo(2) Pier Paolo Pasolini, alla ricerca spasmodica della vera “italianita’ ” non sapeva indicare altro che non fosse l’italia piu’ ignorante ed arretrata; i ceti alti si erano gia’ convertiti alla nuova religione anglosassone.

L’oscena litania e’ continuata per 50 anni, al punto che i giornalisti si dividevano in due tipi diversi; quelli impegnati e di sinistra erano quelli che amplificavano , ingigantivano e svisceravano ogni piccola imperfezione del paese, trasformandola in una piaga epocale; gli intellettuali di sinistra si distinguevano dagli altri per le loro manie apocalittiche, ogni cosa non fosse voluta e guidata dal sole dell’avvenire (e da loro medesimi) era immancabilmente marcia e corrotta, segno evidente della fine.

Questo assurdo pessimismo divise il paese in tre parti.

I primi erano coloro che erano davvero imbevuti di questa orrenda propaganda antinazionale, e che aspettavano speranzosi il sole dell’avvenire, la rivoluzione e il nuovo mondo, cioe’ il socialismo reale. Essi ingigantivano e propagandavano ogni notizia maligna e avvilente, per aumentare la tensione nella speranza che una scintilla facesse scoppiare la rivoluzione.

L’altra parte era altrettanto convinta che il solo fatto di essere italiani e vivere in Italia fosse una maledizione senza uscita, ma non credeva nel sistema sovietico, identificandosi piuttosto con gli ariani del mondo , sforzandosi di imitare modelli di importazione, acquisendo una cultura per loro innaturale e incoerente con la propria storia; essi si trasformarono in quel mondo di intellettuali atlantici che predicavano allo stesso modo del PCI l’assoluta incapacita’ dell’italiano di fare qualcosa di buono se lasciato a se’ stesso(3), da cui la necessita’ di una guida anglosassone.

La terza categoria era fatta di coloro che per limiti culturali non potevano assorbire nessuna delle due propagande; come rappresentanti di un’Italia arcaica e passatista essi non avevano dubbi sulla possibilita’ degli italiani di continuare ad andare avanti secondo le usanze millenarie del paese, il vero problema erano proprio queli limiti culturali che li rendevano immuni dalla propaganda. Essi non capivano i comunisti quando disprezzavano usanze secolari, quelle stesse tradizioni ed usanze che avevano funzionato benissimo nello scandire la vita dei loro avi, dei loro nonni e dei loro padri. Nello stesso tempo non potevano capire questi mmericani, con le loro mode compulsive, le loro puttane e i loro vizi.

Sfortunatamente, proprio questi limiti facevano di loro il facile zimbello di chi voleva colpire l’italianita’: trasformati dai modelli anglosassoni o sovietici i ricchi, attratti i borghesi , i custodi dell’italianita’rimanevano proprio i ceti deboli, facili da sfottere, facile bersaglio di chi volesse deridere l’ italiano in quanto tale. Fortunatamente una forte base provinciale resisteva ancora, e la piccola borghesia , operosa fino al parossismo, era ancora conservatrice e limitata abbastanza da non sentire ne’ le sirene sovietiche ne’ quelle angloamericane.

Questo equilibrio tra i mondi duro’ fino agli anni del 1968. Inizialmente il PCI fu ostile a questa cultura che veniva pur sempre dal mondo anglosassone, ma poi si rese conto di come la “protesta” fosse un ottimo espediente per propagare anche tra i giovani e gli universitari la convinzione che nulla , in Italia , fosse degno di sopravvivere, che tutto fosse da cancellare, e che nella cultura italiana, nell’ italianita’, non ci fosse nulla di buono.

Dal punto di vista anglosassone fu importante perche’ diffondendosi tra i figli dei piccoli borghesi, dei negozianti e dei primi ceti medii, esso completava la colonizzazione culturale del paese. Tutti coloro che uscirono dal 1968 uscirono da un periodo nel quale si discuteva sul modello da sostituire all’italianita’, se quello sovietico, o piuttosto il maoismo, o la cultura angloamericana; la radice comune era la convinzione che nella cultura italiana tutto fosse comunque sbagliato, e che gli italiani se lasciati a se’ stessi non potevano fare nulla di buono, limitati dalla loro stessa italianita’.

Il tradimento verso il proprio paese fu di tale portata che solo i ceti davvero bassi rimasero portatori di quel che rimaneva dell’italianita’, ovviamente solo quella peggiore e degradata dei bassifondi; essi erano funzionali alla propaganda antinazionale , al punto che di fronte a qualcosa di buono le persone erano orgogliose di essere occidentali, mentre di fronte a qualcosa di brutto si vergognavano di essere italiane.

Questo cinquantennio di propaganda, che ha insegnato come qualsiasi cosa venga da fuori del paese sia migliore e come qualsiasi cosa all’italiana sia peggiore , ha condizionato le menti delle persone a tal punto da portarle ad un trasfer completo; persino dichiarare una banale evidenza come “l’Italia e’ un paese latino”, che per gli stranieri e’ lapalissiana, trova negli italiani sguardi perplessi. Ma come, i latini non sono sudamericani e spagnoli? L’opera di lavaggio del cervello e’ stata cosi’ radicale e profonda che e’ avvenuto quello che Freud chiamava Transfer, e l’italiano si autoattribuisce un’identita’ “occidentale” inesistente, rifiutando un’evidenza storica incancellabile, cioe’ quella di essere un paese latino.

Cio’ che nessuno si aspettava, pero’, era la rivincita di quelli che sembravano destinati alla scomparsa definitiva. Quei residui di italianita’ che tanto erano disprezzati, nel frattempo, si spezzavano la schiena di lavoro, diffidavano delle sirene proletariste come di quelle anglosassoni, entrambe viste come un nemico , perlomeno come crudeli signorotti snob che li additavano ad esempi di miserabile italianita’.

Abituati a lavorare sotto la frusta di padroni ben peggiori, abituati al disprezzo dei ceti piu’ alti, abituati ad essere additati quali residui arcaici del passato, gli ultimi autentici italiani rimasti nel paese si sono spezzati la schiena per cinquant’anni, come solo una classe sociale di servi sa fare. Ma lo hanno fatto in un’economia molto diversa da quella tradizionale. Abituati a vivere senza speranza hanno lavorato come bestie senza lasciarsi avvilire dalla propaganda , abituati ad essere chiamati ignoranti sono rimasti se’ stessi senza lasciarsi disturbare dal dileggio molto british delle classi dirigenti benvendute.

Oggi sono una massa furente di persone che non ha MAI accettato quella propaganda , che ha stretto i denti di fronte alla disperazione portata avanti dalla propaganda del PCI, sono una popolo che dell’italianita’ ha conservato la parte peggiore (del resto spettava ad altri conservare quella migliore, non e’ a loro che va attribuito questo fallimento) , ma rimangono oggi gli unici italiani presenti.

C’e’ una sola piccola sfortuna: abituati a stringere i denti e a lavorare , anche nel disprezzo delle classi superiori e nella disperazione apocalittica cantata dai ricchi intellettuali molto in voga tra i radicalchic, questi italiani si sono arricchiti. Lavorando come bestie, a denti stretti, hanno raggiunto lo status di “parte produttiva del paese”.

Essi sono rabbiosi, desiderano vendetta (o forse giustizia) per quasi sessant’anni di umiliazioni da parte di coloro che , in nome della nuova cultura (anglosassone o sovietica) li aveva disprezzati perche’ troppo italiani.

Oggi non e’ piu’ facile come un tempo deriderli, specialmente quando sono loro i titolari dell’azienda ove lavorano come precari i figli laureati di coloro che fino a qualche anno fa li schifavano come pezzenti. Perche’ questa e’ la verita’: quello che dispregiativamente oggi viene definito “la pancia del paese” e’ fatto da coloro che per mezzo secolo sono stati disprezzati dai “migliori”. I vostri preziosi figli che sanno l’inglese e hanno la cultura alta stanno facendo i precari , le vostre figlie colte e laureate stanno sculettando e facendo le escort per questi , gli ultimi italiani del paese, o meglio, quelli che non hanno mai tradito il loro paese.

Non sento le voci che li accusano di essere ignoranti; essi sono semplicemente la parte meno sviluppata del paese che ha avuto una rivincita economica; non era loro il compito di portare avanti la cultura alta; se essa e’ scomparsa lo si deve a chi con un colpo di spugna l’ha sostituita con la cultura dei vincitori. Loro hanno resistito a denti stretti, e se le classi alte avessero fatto lo stesso oggi la cultura italiana sarebbe sopravvissuta anche nelle sue componenti piu’ alte. Ma gli unici che stringevano i denti, lavoravano come bestie e tiravano dritto erano loro. Chi e’ causa del suo male, pianga se’ stesso.

Oggi, i cantori di morte hanno i giorni contati. Questi ultimi italiani sono rabbiosi, desiderano rifarsi di cinquant’anni di umiliazioni. Sono ricchi, e hanno i mezzi per andare al potere e mantenere il potere stesso. Non ascoltano le sirene disfattiste; se non capiscono il concetto, se anche non sanno analizzare la propaganda postsovietica delle sinistre , per istinto sanno riconoscere quella disperazione indotta contro la quale hanno lavorato e stretto i denti per anni. Per istinto sanno riconoscere quel sistema di sperpero vizioso che e’ il mondo anglosassone, e sanno prenderne solo la parte che gli interessa, cioe’ quella che va di moda. Ma rimangono uguali a se’ stessi, anche se dopo cinquant’anni a stringere i denti il loro sorriso sembra ormai un ringhio rabbioso.

Oggi i cantori di morte hanno i giorni contati, e non credo, in coscienza, che valga la pena salvarli.

Chi tiene un blog dovrebbe forse deriderli ed evidenziarne l’ignoranza, ma io non riesco. Non riesco perche’ vengono da una storia di classe che non assegna A LORO il compito di salvare la cultura alta. Se essa e’ scomparsa, la colpa non e’ loro. Loro hanno conservato cio’ che avevano, al punto che oggi sono gli unici italiani rimasti. Accuso semmai le elite di aver gettato da parte troppo frettolosamente la cultura italiana per piegarsi a quella dei vincitori.

Dovrei forse stigmatizzare la loro rabbia e la loro violenza interiore. Eppure quella rabbia e quella forza genuina hanno permesso loro di resistere a mezzo secolo di tortura sociale, un interminabile supplizio di esclusione e derisione messo in opera dal mondo “moderno” , dagli “emancipati”, una mostruosa macchina da umiliazione cui hanno resistito per decenni lavorando e stringendo i denti.

Dovrei avere paura della loro violenza. Ma non ne ho. Non so se uccideranno migliaia o milioni, e onestamente non mi interessa. Chi oggi fa parte del coro dei cantori di morte e’ gia’ morto nello spirito, e rappresenta solo una carcassa che cammina; nel fallimento del sistema culturale ed economico anglosassone quelli che sono stati i padroni del paese hanno partorito e mandato a scuola i futuri schiavi, e i figli dei colti e degli emancipati andranno ad elemosinare uno stipendio da fame dai nuovi ricchi, le loro figlie andranno a prostituirsi dai nuovi padroni, i vecchi italiani, che frusteranno i loro figli colti e laureati e scoperanno le loro figlie bilingui con il piacere che viene dalla rivincita. Come biasimarli?

Ho ancora in mente la lettera di Celli, e so che cosa spero, nel profondo del cuore. Spero che venga cancellato fisicamente dalla storia del paese, che la violenza e la rabbia degli ultimi italiani si alzino e gridino “TACI!” a quel cantore di morte e disperazione che vuole spegnere le ultime luci negli occhi dei giovani , che glielo gridino con la forza dei giusti, e perche’ no, anche con la violenza degli oppressi.

Spero che questa “pancia del paese” divenga sempre piu’ forte, e che il loro stringere i denti si trasformi in un sorriso capace di gelare il sangue nelle vene al vecchio, a quell’Italia di importazione british, a quegli intellettuali di importazione sovietica, ai loro figli, ai loro nipoti.

Non penso sia giusto ne’ morale impedire agli ultimi italiani di riprendersi il proprio paese e di viverci, schiacciando quelle intellighenzie vendute e succubi dei vincitori della seconda guerra mondiale. Un secolo fa. E ancora non se ne vanno.

Le classi sociali piu’ disperate sono state la riserva indiana ove si sono salvati gli ultimi italiani. Oggi quelle classi sociali , grazie ad un lavoro sovrumano, sono riuscite a diventare la pancia del paese e ad andare al governo. Onestamente, devono rimanerci. Perche’ se lo sono meritato, e perche’ se ancora distinguiamo un italiano da un gallese lo dobbiamo a loro.

Il paese e’ loro. Se lo sono guadagnato.

So che prima o poi metteranno a tacere con la forza questi cantori di morte e disperazione. So che tapperanno con il piombo la bocca a tutti quelli che oggi cantano come se fosse una vittoria ogni male del paese, per attribuirlo a qualche odiato avversario politico.

Onestamente, dopo i cinquant’anni di tortura sociale che hanno subito, non riesco a non vedere una giustizia in tutto questo.

Personalmente, volgero’ gli occhi dall’altra parte. Non sono disposto ad accettare la violenza dei cantori di morte, perche’ so che si tratta di una violenza fine a se’ stessa, di gente che sa solo cantare la fine del paese ma e’ incapace di costruire qualsiasi cosa.

Ma nei confronti della violenza di chi e’ stato vittima di cinquant’anni di tortura sociale , di derisione, di umiliazione , di emarginazione dai “salotti buoni”, non riesco ad avere pregiudizi.

Vogliono censurare il web e tutti si inalberano; dove eravate quando a loro, la pancia piena(4) del paese oggi al governo, non veniva permesso di aprire bocca perche’ non parlavano con accento abbastanza british, perche’ non erano laureati, perche’ portavano nella voce e nel corpo i segni di una vita di lavoro? Non li avete forse zittiti , derisi, emarginati da ogni dibattito per cinquant’anni, questi “ultimi italiani”? Ora sono diventati ricchi, e potenti, e ora zittiranno voi. Non riesco a vederci nulla di male.

C’e’ violenza e violenza. E quella delle ex vittime si chiama giustizia.

(1)XVI Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica, Mosca.

(2) Omosessualita’ e pedofilia sono due cose distinte. Proprio per questo Pasolini va definito pedofilo, e non omosessuale. Di lui si conoscono le frequentazioni di ragazzini giovani, ma non si conosce alcun amore per persone adulte dello stesso sesso. Se andiamo gridando che omosessualita’ e pedofilia siano cose diverse e distinte, allora Pasolini era un pedofilo, e non un omosessuale. Potrei sbagliare: mi si mostri allora un fidanzato/compagno di Pasolini, di lui almeno coetaneo.

(3) In realta’ sia angloamericani che sovietici ingerivano pesantemente nella politica italiana , per cui non lo sapremo mai, dal momento che l’ Italia fu tutto, tranne che “lasciata da sola”.

(4) Sono sempre stati, in fondo, la pancia del paese. Prima degli anni ‘80, erano la pancia vuota. Oggi sono la pancia piena. Curioso come un capovolgimento economico stravolga la cultura e la politica. E forse anche la storia.

by Uriel

La verità sulla borsa




Nessuno riesce più a capire perché la borsa continui a progredire, mentre tutti gli indicatori sono in rosso (il più importante è la disoccupazione). I media definiscono “ripresa” questo fenomeno. La Banca mondiale, del resto, aveva stimato il ribasso del PIL mondiale del 3% per il 2009. Fonte: “Ribasso del 3% del PIL mondiale nel 2009” — leJDD.fr

Ora, il Dow Jones è passato da 8577 punti, il 15 ottobre, a 10.000 punti il 14 ottobre 2009, vale a dire più del 16% in piena crisi. Abbiamo quindi –3% per l’economia reale e + 16% per la borsa, strano no?

Una piccola spiegazione (di natura tecnica) è quindi d’obbligo.

I. I topi abbandonano la nave

Gli ‘Insiders’, cioè i responsabili delle imprese americane abbandonano la nave. Vendono a più non posso le loro azioni! Per mascherare questo fatto, Goldman Sachs che rappresenta più del terzo del volume dei titoli negoziati del NYSE (New York Stock Exchange) falsa i mercati grazie al trading “quantistico” o algoritmico. Questi scambi si effettuano con elevata frequenza su piccoli blocchi negoziati in permanenza tra un numero ristretto di fondi quantistici e di programmi di trading.

Laurent Useldinger, presidente di Ullink, une società che fornisce soluzioni di trading e di connettività FIX (Financial Informations Xchange) spiega così il trading quantistico: “Si ritiene che un trader che possiede strumenti algoritmici tratti un numero di ordini dieci volte superiore a un’operazione eseguita manualmente”

Sono tutte chiacchiere ovviamente, scollegate da ogni realtà economica!


II. La verità sulla borsa

Il NYSE, New York Stock Exchange che si chiama “Wall Street” o Borsa di New York, è la più grande borsa mondiale. Nel luglio del 2009, Goldman Sachs rappresentava un terzo dei volumi di scambi (program trading) e i 3 protagonisti principali (Goldman Sachs, Crédit Suisse e Morgan Stanley) rappresentavano, quanto a loro, il 63,6%. Ne è la prova il grafico “la verità sulla borsa” sul mio blog. Certo, tutto ciò è trading “quantistico”, un’aberrazione del mercato. Philippe Béchade nella ‘cronaca Agora’ fornisce un’eccellente analisi (fonte: Programmi di trading e manipolazione di corsi).


“Per chi nutrisse ancora dubbi, il comportamento ‘robotico’ del mercato prova in modo eclatante che non esiste più alcun contropotere reale di fronte alle macchine. I programmi di trading automatizzati regolano con precisione geometrica l’angolo di progressione del canale ascendente. Una volta bloccato l’indice al rialzo implicito (azioni, indici, materie prime) una serie di opportunità infinite viene offerta agli operatori. Possono arbitrare in tempo reale l’insieme delle categorie di derivati: opzioni, warrants, CFD (Contract for difference), contratti su indice.

Il crollo della volatilità consecutivo alla scomparsa di ogni correzione tecnica—ecco ancora un fenomeno che dimostra che ogni psicologia umana è cancellata dai computers senza pietà—tenderebbe a dimostrare che gli operatori ostentano una fiducia assoluta in un contesto in cui corso della Borsa e congiuntura sono totalmente scollegati.” Inoltre, il 30 giugno 2008, l’OCC (Comptroller of the currency, l’autorità del governo che tutela le banche) dichiarava che gli Stati Uniti possedevano 182.100 miliardi di dollari di prodotti derivati (delle metastasi); ora, qualche mese fa, l’ultimo rapporto fatto era di 20.000 miliardi di dollari (controllati da 5 banche). Nel momento in cui si parla di regolamentare la finanza, 20.000 miliardi di dollari sono stati creati in 1 anno, cioè una volta e mezzo il PIL degli Stati Uniti (tabella pagina 12).

La crisi sistemica attuale, che è il canto del cigno del nostro sistema economico, ci dimostra che le teorie economiche sono obsolete.

Paul Krugman che è rimasto indietro, si chiede ancora come gli economisti abbiano fatto a sbagliare fino a questo punto.

Eppure è semplice, le teorie economiche non si sono evolute allo stesso ritmo della finanza. Quest’ultima, grazie all’aiuto della matematica e delle pressioni politiche, ha saputo creare un gigantesco ‘casinò planetario’ con somme che superano 10 volte il PIL mondiale. Peggio ancora, la maggior parte di queste decine di migliaia di miliardi di dollari, sono direttamente legate ai debiti.

Tutte le teorie economiche vanno quindi a pezzi: quelle sul valore, sulla relazione capitale/lavoro ecc. ecc.

“Era inevitabile che fatti così gravi accadessero” dichiarava Benoît Mandelbrot, matematico e inventore dei frattali, poiché questo sistema è matematicamente condannato. Sta morendo in questo stesso istante, è arrivato il tempo di un nuovo paradigma, di una nuova visione del mondo, in effetti, che deve escludere i “signori feudali” che tentano di bloccare definitivamente il sistema a loro vantaggio.
di Gilles Bonafi

26 dicembre 2009

Il parlamento mediatico ha cambiato la politica


Negli ultimi quarant’anni è avvenu­ta una rivoluzione culturale. Pri­ma la cultura era una piramide al cui vertice c’erano i grandi filosofi, gli stu­diosi, i registi, i romanzieri che studia­vano, analizzavano la vita umana e in­dicavano mete e valori. Le loro opere, i loro libri venivano letti e discussi dalle persone colte e da esse il sapere si river­sava su tutta la popolazione in pubblici dibattiti, nei quotidiani, alla radio, alla televisione. Essi potevano avere posizio­ni politiche diverse, ma avevano una ba­se culturale comune per cui si rispetta­vano e si capivano.

Oggi la piramide culturale è scompar­sa, al suo posto c’è un grande palcosce­nico mediatico formato dalle televisioni e, a distanza, dai quotidiani e dal web. In questo palcoscenico i protagonisti so­no i grandi conduttori televisivi, i politi­ci ed i commentatori politici importan­ti, i divi dello spettacolo e dello sport, alcuni intellettuali e gli specialisti del gossip. Vi entrano poi, volta per volta, i personaggi che balzano alla ribalta del­la politica, della letteratura, del cine­ma, della cronaca nera e di quella scan­dalistica. Sono un migliaio di persone, che ritroviamo dappertutto, negli spet­tacoli come nei talk show dove si invita­no a vicenda. Le riviste femminili com­pletano il quadro parlando dei loro amo­ri, divorzi, figli e amanti.

Queste persone costituiscono un vero e proprio «parlamento mediatico» in cui si espongono idee, si sostengono opi­nioni, si affermano valori, si propongo­no modelli di comportamento in tutti i settori: politica, arte, scienza, educazio­ne, medicina, spettacolo. È avvenuto un immenso processo di «democratizza­zione e massificazione» della cultura. In questo «parlamento mediatico» vi sono molti centri di potere che competo­no fra loro e prevale chi ha più audience così come nelle elezioni politiche preva­le chi ha più voti. Alcuni leader di que­sto «parlamento» hanno un potere di influenzamento molto più alto di un mi­nistro dei Beni culturali o della Pubbli­ca istruzione, ma nessun politologo ha mai fatto uno studio di questo potere e nessuno sa dirci che fondamento di le­gittimità abbia. Ed è peccato perché in questo modo non riusciamo a capire chi conta veramente nella cultura italiana e ne ha la responsabilità. Togliamoci co­munque dalla mente l’illusione che al vertice ci sia ancora l’alta cultura o l’università o gli uomini politici che ne sono diventatati essi stessi ormai total­mente prigionieri.

25 dicembre 2009

Buon Natale


Auguri a Tutti,
speranze per un futuro migliore siano seminate nelle menti fertili.
by Leon

24 dicembre 2009

Israele ammette: rubati gli organi ai palestinesi morti

bustedrabsAll'inizio di settembre un articolo del giornale svedese Aftonbladet aveva scatenato una crisi diplomatica tra Svezia e Israele. Nell'articolo i parenti di un palestinese denunciavano che gli israeliani avevano restituito il cadavere del loro caro dopo averne prelevato degli organi e che il loro caso non era unico.

Immediatamente da Israele si alzò un fuoco di sbarramento feroce che definì "antisemita" il giornale, la Svezia e chiunque prestasse orecchio ad accuse immaginarie. Oggi invece sappiamo che le "l'immaginario furto d'organi" è stata pratica comune in Israele per oltre dieci anni. A ridurre, solo parzialmente, l'orrore si è venuto a sapere che l'istituto forense israeliano Abu Kabir, non ne faceva questione di nazionalità, rubava gli organi senza consenso sia ai cadaveri dei palestinesi che a quelli degli israeliani che transitavano dalla struttura per le autopsie. L'istituto era l'unico istituto di medicina legale del paese ed è al centro di un clamoroso scandalo che riguarda proprio un traffico internazionale d'organi a pagamento (nelle foto la retata negli Stati Uniti).

Alcuni parenti di soldati israeliani morti hanno fatto causa all'istituto fin dal 2001, possibilità per ora negata ai parenti delle vittime palestinesi, perché gli espianti sui palestinesi erano negati dl governo israeliano. Il dottor Hiss, nonostane le pesantissime accuse che comprendevano altre irregolarità (tra le quali una collezione di teschi umani e l'aver taroccato l'autopsia di Rabin), è stato assolto da ogni accusa e protetto dal governo, motivo dell'assoluzione è che Hiss non avrebbe tratto profitto dai suoi reati, perché "il suo unico interesse era l'avanzamento della ricerca scientifica". Una giustificazione ccettabile e imbarazzante che si è già sentita nel passato, Hiss continua ancora oggi a lavorare come patologo nella stessa struttura e il governo, difendendolo, ne ha condiviso implicitamente l'operato.

L'ammissione è contenuta in una intervista del 2000 all'allora capo dell'istituto Jehuda Hiss, al canale televisivo israeliano Channel 2 TV, intervista che poi non è mai stata mandata in onda, conservando il segreto su questo modo criminale di procedere fino a ieri. L'intervista è andata in onda questo fine settimana e non perché in Israele si stia decidendo una nuova e discussa disciplina dei trapianti, per la quale i donatori di organi acquisirebbero la precedenza nei trapianti sui non donatori.

È stata Nancy Sheppard-Hughes, l'accademica statunitense che aveva intervistato il professor Hiss nel 2000, a decidere di rendere pubblica l'intervista proprio per la delicatezza delle questioni sollevate dall'articolo di Aftombladet. Secondo Sheppard-Hughes l'intervista dimostra che non esisteva un accanimento razzista sui corpi dei palestinesi, ma non si può mancare di notare che nell'esercitare la pratica sui palestinesi i medici israeliani hanno infranto leggi e norme che vanno oltre la deontologia professionale, visto che Israele non poteva esercitare alcuna sovranità sui corpi degli "stranieri" e ancora meno su quelli dei nemici uccisi in combattimento o durante i numerosi episodi di repressione ai danni della popolazione palestinese. Al seguito dell'intervista nessuno ha più avuto il coraggio di smentire nulla, anche perché è arrivata anche la stringata ammissione ufficiale dell'esercito "quelle pratiche hanno avuto luogo" a mettere la parola fine sulla questione.

aftonSe il furto d'organi avesse interessato solo i corpi di cittadini israeliani lo scandalo avrebbe avuto una dimensione esclusivamente nazionale, ma ora che si è saputo che il traffico si estendeva ai corpi dei palestinesi la questione diventa un problema di natura necessariamente internazionale e chiama in causa le responsabilità dei vertici del governo israeliano. Responsabilità relative a crimini gravissimi compiuti nei confronti di una popolazione sotto regime d'occupazione militare, ce n'è abbastanza per un'altra causa per crimini di guerra contro i governi israeliani dell'epoca.

Uno scandalo e un colpo all'immagine che non potrà certo risolversi dando dell'antisemita a caso, ma anche una rivincita del quotidiano a del giornalista svedese che a settembre erano finiti nella bufera, costretti poi a precisazioni pelose per quietare l'assalto della propaganda israeliana e deflettere l'accusa di antisemitismo, portata rabbiosamente e a gran voce da blog e testate filo-israeliane, arrivando a parlare di "matrimonio all'inferno" tra l'Aftonbladet e Hamas. In Italia non era andata molto meglio e nessun politico aveva difeso il diritto di cronaca di fronte alla furia dei soliti noti, che erano giunti a chiedere il boicottaggio dell'IKEA contro i cattivi antisemiti.

Oggi, mentre Google News restituisce oltre un migliaio d'articoli sulla clamorosa conferma, la versione italiana offre solo sei risultati, nessuno dai maggiori quotidiani e nessuno che ricordi l'iniziativa di Fiamma Nirenstein (deputata del PDL con cittadinanza israeliana) che da sola causò un piccolo incidente diplomatico tra Italia e Svezia, approfittando della sua posizione in Commissione Esteri per dare dell'antisemita agli svedesi in nome del governo italiano. Nessuno è corso neppure ad intervistare il ministro degli esteri Frattini, che aveva dismesso come false le notizie pubblicate da Aftonbladet.

Ancora una volta l'uso sistematico dell'accusa di antisemitismo da parte della propaganda israeliana si è rivelato efficace nel ridurre al silenzio le voci critiche con Israele, ma ancora una volta l'accusa si è dimostrata falsa, un'offesa e un insulto alla verità. Chi non ha ragioni da opporre, può ricorrere solo all'insulto, da tempo Israele è ridotto a poter usare solo l'espediente dell'accusa di antisemitismo perché di ragioni nel reprimere e cacciare i palestinesi nei territori, etiche o legali che siano, non ne ha più alcuna.

by Mazzetta

I banchieri? Un danno per la società "Vale di più l'operatore ecologico"


L'analisi e la proposta degli economisti della New economics foundation (Nef). "Collegare gli stipendi al contributo di benessere che un lavoro porta alla comunità"

Vale più un addetto alle pulizie, soprattutto se in ospedale, che un banchiere. In più, il secondo crea anche problemi alla società. Sembra tanto l'affermazione fatta da un qualsiasi avventore di bar e invece è la conclusione della ricerca elaborata dal think tank della New economics foundation (Nef), un gruppo di 50 economisti famosi per aver portato nell'agenda del G7 e G8 temi quali quello del debito internazionale.

Il Nef ha calcolato il valore economico di sei diversi lavori, tre pagati molto bene e tre molto poco. Un'ora di lavoro di addetto alle pulizie in ospedale, ad esempio, crea dieci sterline di profitto per ogni sterlina di salario. Al contrario, per ogni sterlina guadagnata da un banchiere, ce ne sono sette perdute dalla comunità. I banchieri, conclude il Nef, prosciugano la società e causano danni all'economia globale. Non bastasse questo, valutano ancora gli economisti impegnati in un'etica della finanza, i banchieri sono i responsabili di campagne che creano insoddisfazione, infelicità e istigano al consumismo sfrenato.

"Abbiamo scelto un nuovo approccio per valutare il reale valore del lavoro - spiega il Nef nell'introduzione alla ricerca - . Siamo andati oltre la considerazione di quanto una professione viene valutata economicamente ed abbiamo verificato quanto chi la esercita contribuisce al benessere della società. I principi di valutazione ai quali ci siamo ispirati quantificano il valore sociale, ambientale ed economico del lavoro svolto dalle diverse figure".

Un altro esempio che illustra bene il punto di partenza del Nef è quello della comparazione tra un operatore ecologico e un fiscalista. Il primo contribuisce con il suo lavoro alla salute dell'ambiente grazie al riciclo delle immondizie, il secondo danneggia la società perché studia in che modo far versare ai contribuenti meno tasse.

"La nostra ricerca analizza nel dettaglio sei lavori diversi - si legge ancora nell'introduzione - scelti nel settore pubblico e privato tra quelli che meglio illustrano il problema. Tre di questi sono pagati poco (un addetto alle pulizie in ospedale, un operaio di un centro di recupero materiali di riciclo e un operatore dell'infanzia), mentre gli altri hanno stipendi molto alti (un banchiere della City, un dirigente pubblicitario e un consulente fiscale). Abbiamo esaminato il contributo sociale del loro valore e scoperto che i lavori pagati meno sono quelli più utili al benessere collettivo".

La ricerca, infine, smonta anche il mito della grande operosità di chi ha lavori ben retribuiti e di grande prestigio: chi guadagna di più, conclude il Nef, non lavora più duramente di chi è pagato poco e stipendi alti non corrispondono sempre a un grande talento. Eilis Lawlor, portavoce della Nef, ha voluto però precisare alla Bbc: "Il nostro studio vuole sottolineare un punto fondamentale e cioè che dovrebbe esserci una corrispondenza diretta tra quanto siamo pagati e il valore che il nostro lavoro genera per la società. Abbiamo trovato un modo per calcolarlo e questo strumento dovrebbe essere usato per determinare i compensi".
tratto da Repubblica

23 dicembre 2009

11/9: il volo AA77 non può essere stato dirottato

Documenti declassificati mostrano che la portiera della cabina è sempre rimasta chiusa a chiave. Sarebbe dunque stato impossibile per i dirottatori entrarvi o fare uscire il pilota durante il volo.

Secondo il rapporto della commissione presieduta da Kean-Hamilton, il volo AA77 sarebbe stato dirottato da alcuni pirati dell'aria l'11 settembre e si sarebbe schiantato contro il Pentagono.

Il rapporto precisa che il dirottamento sarebbe avvenuto tra le 8:51 (ora dell'ultimo contatto radio) e le 8:54 (ora in cui l'aereo cambia rotta); che, essendosi interrotto il contatto col transponder, le traccie dell'apparecchio sono state perse alle ore 8:56. Solo alle ore 9:32, l'aviazione civile nota un aereo in prossimità di Washington, che viene identificato, per deduzione, essere il volo AA77.



Il rapporto precisa altresì che le due passeggere Renée May e la giornalista Barbara Olson hanno indicato per telefono ai loro cari il fatto che sull'aereo ci fossero 6 dirottatori (e non cinque) armati di taglierini. Secondo la testimonianza di Ted Olson, procuratore generale degli Stati Uniti, sua moglie avrebbe precisato che i passeggeri sarebbero stati raggruppati nella parte finale del Boeing, e gli avrebbe chiesto quali istruzioni trasmettere al capitano, il quale si trovava con lei.

Le testimonianze dei passeggeri sono già state invalidate dall'indagine dell' FBI, al momento del processo Moussaoui. In quella occasione, è stato stabilito come non fosse possibile, al tempo, effettuare telefonate da una tale altitudine e che, del resto, non vi era traccia di queste conversazioni nei rilevamenti delle compagnie telefoniche.

I documenti del National Transportation Safety Board (NTSB), nuovamente declassificati su richiesta dell'associazione « Pilot for 9/11 Truth », fanno risultare la registrazione del parametro « CI » intitolato « Flight Deck Door ». Quest'ultimo mostra che la portiera della cabina è rimasta chiusa a chiave. Sarebbe dunque stato impossibile entrarvi o farne uscire il pilota durante il volo.

In queste condizioni, solo il comandante Charles F. Burlingame e il copilota David Charlebois si trovavano nella cabina nel momento in cui l'aereo ha cambiato rotta.

Il comandante Charles F. Burlingame era un ex-pilota di caccia della Navy. E' stato portavoce del Pentagono durante l'operazione Tempesta del deserto. E' ugualmente stato responsabile di un esercizio di simulazione che metteva in scena il possibile schianto di un aereo di linea sul Pentagono. In virtù di una legge ad hoc, i suoi presunti resti sono stati inumati nel prestigioso cimitero militare d'Arlington, seppure la sua sia stata considerata una morte in vesti civili. Sua sorella Debra Burlingame co-presiede assieme a Liz Cheney (figlia del vice-presidente Dick Ceney) l’associazione Keep America Safe.
di Reseau Voltaire

21 dicembre 2009

Chi ha ucciso l’economia?

Qualcuno di voi sa perché il senatore repubblicano e texano Phil Gramm merita un posto nella storia?

Se proprio non ricordate qualcosa, prendetevela con i giornali. Perché è davvero difficile che una persona non addetta ai lavori sappia o ricordi che cosa stabilì il Gramm-Leach-Bliley Act, approvato nel 1999 negli Stati Uniti d’America. Eppure, se si dovesse indicare un singolo evento per spiegare la drammatica crisi finanziaria che stiamo vivendo oggi, l’entrata in vigore della proposta che recava come prima firma quella del senatore repubblicano e texano Phil Gramm rappresenterebbe una delle scelte più azzeccate.

È in quel momento, infatti, e anche grazie a ben due iniziative di Gramm, dopo anni di battaglie a favore della deregolamentazione e del liberismo più spinti, che gli Usa, e di conseguenza anche il mondo, decidono di mettere da parte una delle lezioni tratte dalla crisi delle borse del 1929, dagli errori commessi nell’affrontarla e dalle dolorose conseguenze per le economie di tutto il pianeta. A cominciare dalla lunga fase della depressione,
dai salvataggi pubblici a ripetizione, dall’incertezza e dalla sofferenza per innumerevoli famiglie. Senza contare le ripercussioni politiche che lo shock ebbe nella Germania uscita sconfitta dalla prima guerra mondiale.

La prima lezione del 1929 riguarda il protezionismo: mai rispondere ad una crisi finanziaria con l’innalzamento delle barriere tra paese e paese.
Invece di fornire il respiro necessario alla ripresa, un atteggiamento di chiusura riduce l’attività, crea un avvitamento.

La seconda lezione riguarda la liquidità: nel fronteggiare una crisi finanziaria il rigore nella distribuzione della moneta rischia di essere mortale, perché sottrae preziose munizioni alle banche, la cui crisi – considerate le innumerevoli connessioni con i diversi attori dell’economia – può far saltare l’intero sistema, comprese le industrie sane e le famiglie. Di queste lezioni si è fatto tesoro nel momento di affrontare altre difficoltà.

Nel 1987, quando gli indici azionari di Wall Street calano in un solo giorno del 23 per cento, la Federal Reserve, la banca centrale degli Usa, fornisce al mercato la liquidità necessaria per evitare ulteriori danni.

Nel 1989, di fronte al fallimento del sistema delle casse di risparmio, il governo federale Usa interviene prontamente per un salvataggio pubblico. Quando scoppia la bolla di Internet e soprattutto dopo l’attacco alle torri gemelle di New York, nel settembre del 2001, Alan Greenspan, governatore della Federal Reserve, taglia i tassi di interesse per rendere il denaro da prendere in prestito sempre meno caro.

Lo stesso si sta facendo oggi.

La lezione dimenticata riguarda invece le regole ed i controlli sulle banche.

Negli anni Trenta, l’esperienza fatta con la crisi porta gli Usa e molti altri paesi ad adottare un nuovo modello di sistema creditizio, basato su tre punti fermi: controllo sulle aziende di credito; netta divisione tra banche commerciali, che raccolgono i depositi dei clienti normali, e banche d’affari, che fanno credito a lungo termine alle industrie; limiti ferrei nel possesso di quote societarie delle industrie da parte delle banche e viceversa.

Due esempi per tutti: nel 1933 la legge Glass-Steagall negli Usa e, nel 1936, la legge bancaria italiana.

In parole povere, il comportamento delle banche e degli operatori finanziari aveva provocato un tale disastro, a cominciare dalla perdita dei posti di lavoro per finire con la necessità di intervenire con numerosi salvataggi pubblici (in Italia portò alla nascita dell’Iri), da suggerire rigore, controlli e grande prudenza.
Questo atteggiamento non viene meno con la guerra. Anzi, sul finire del secondo conflitto mondiale, l’idea che siano necessarie regole, controlli, certezza della stabilità e presenza forte dello Stato viene utilizzata non solo nel settore bancario, ma per tutta l’economia, a cominciare dal punto fondamentale: la moneta.

Nel 1944, a Bretton Woods, viene concordato un nuovo ordine monetario mondiale che stabilizza i cambi mettendo al centro del sistema il rapporto fisso tra dollaro e oro.
Il sistema delle regole e dei controlli, da un lato per le banche e le società finanziarie, dall’altro per le monete, garantisce per alcuni decenni una sostanziale stabilità all’economia mondiale. Poi, in due distinte fasi, viene ribaltato.

In una prima fase viene superato il sistema dei cambi. Nella notte tra il 14 ed il 15 agosto del 1971, il presidente Usa, Richard Nixon, dichiara unilateralmente l’inconvertibilità del dollaro in oro, permettendo così agli Usa – appesantiti dalle spese per sostenere la guerra nel Vietnam – di affrontare le nuove difficoltà senza l’impaccio delle regole monetarie.

Negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, prima con il presidente Ronald Reagan e sulla spinta della scuola degli economisti di Chicago, ma poi anche con le amministrazioni repubblicana di Bush padre e democratica di Bill Clinton, negli Usa e nel resto del mondo prende il via un’ulteriore fase: togliere tutte le briglie all’economia, per farla correre sempre di più. Una spinta che si incrocia con la rivoluzione tecnologica, con lo sviluppo di nuove tecniche di ingegneria finanziaria; e alla fine degli anni Ottanta anche con il crollo del sistema sovietico.

Deregolamentazione e privatizzazione diventano parole d’ordine nel mondo intero, compresa l’Italia, dove l’enorme debito pubblico e l’immobilismo dei mercati provocati dalle numerose situazioni di monopolio impongono negli anni Novanta di vendere i gioielli di famiglia, di privatizzare l’enorme apparato pubblico composto dalle banche e dalle industrie controllate dallo Stato e di liberalizzare alcuni segmenti dell’economia, come energia, comunicazioni, trasporto.
In quel momento l’idea dominante, anche se non generalizzata, è che il capitalismo libero da ogni controllo è e sarà la scelta migliore. Ed è a questo punto che entra in scena prepotentemente Phil Gramm. Nel 1999 la legge Gramm-Leach-Blibey abolisce la vecchia legge Glass-Steagall del 1933. L’anno dopo lo stesso senatore Gramm, sponsorizzato da tutti i più importanti operatori di Wall Street, riesce a far passare un emendamento all’interno di una corposa legge finanziaria in discussione negli ultimi mesi della presidenza di Bill Clinton. Titolo: Commodity Futures Modernization Act (Cfma). Il provvedimento viene firmato da Clinton il 21 dicembre del 2000. Ed è una bomba ad orologeria: il Cfma sottrae quasi per intero i prodotti finanziari cosiddetti derivati alla regolazione e alla sorveglianza sia della Sec, la Commissione che vigila in Usa sui titoli e sulla borsa, sia della apposita commissione di controllo sui future.

È grazie a questa seconda fase di deregolamentazione che si sono potuti moltiplicare, e senza eccessivi controlli, i prodotti finanziari derivati trattati fuori dalle borse: dal 2000 al 2007 si è passati da un valore stimato
pari a 100 trilioni di dollari a 600 trilioni. Una cifra gigantesca, che equivale a un multiplo del Prodotto interno lordo del mondo intero. E le garanzie? Di fatto, tutto viene ritenuto possibile sulla base dell’idea che il mercato abbia al proprio interno, per sua natura, meccanismi di sicurezza.

Ma anche nella presunzione che le grandi banche di investimento rimaste negli Usa fuori dal controllo stringente della Federal Reserve, così come i nuovi, raffinati ingegneri della finanza, siano ormai così bravi da garantire da soli, senza bisogno di lacci e lacciuoli, il miglior funzionamento del mercato e la sicurezza degli investimenti. Lehman Brothers, Goldman Sachs, J.P. Morgan, Morgan Stanley, Merrill Lynch, insomma il Gotha della finanza mondiale: avrebbero fatto crescere tutti e garantito tutti con il proprio nome, la propria storia, l’indiscussa bravura. Un esempio per tutti.

Il fatto straordinario è che di questi passaggi, delle iniziative legislative con le quali Gramm, ma potremmo dire anche Bill Clinton, smontarono il sistema dei controlli che fino ad allora avevano fatto degli Stati Uniti uno dei paesi più trasparenti e sicuri dal punto di vista finanziario, tranne poche eccezioni, non ne parla nessuno. Se ne trova qualche traccia negli articoli di Luciano Gallino su Repubblica, in un articolo di Roberto Seghetti su Panorama e appena una citazione in un paginone pubblicato da La Stampa (ma Gramm è l’unico ad essere citato senza foto) con la lista di tutti i possibili colpevoli.

La ragione? Ve ne sono diverse.

Sicuramente, pesa un po’ di ignoranza. È più semplice parlare delle persone più conosciute, di coloro sui quali trovi montagne di ritagli negli archivi. Uno di questi è Alan Greenspan, governatore della Federal Reserve, altro colpevole, certamente, ma appunto più conosciuto perché è stato in primo piano sul palcoscenico mondiale ed è un personaggio che i giornali di tutto il mondo hanno amato o odiato.

Un altro motivo può essere la mancanza di teatralità, si potrebbe dire di colore, di un eventuale articolo su uno sconosciuto senatore texano.

Ma forse c’è qualcosa di più. Forse ha giocato un ruolo decisivo anche il comodo appoggiarsi alla vulgata dei più togati commentatori, economisti, banchieri, grandi industriali, esperti di vario genere, tutti d’accordo in fondo che non occorra dar troppo fastidio a coloro che fanno affari.
Perché prendersela con Gramm o con Bill Clinton, se per tutti resta necessario lasciare ai banchieri, ai finanziari, agli industriali mani libere?

Leggete bene i nostri quotidiani: guai a coloro che pensano di reintrodurre controlli veri, ficcanti, sui movimenti di denaro. Di che cosa si discute nei fondi e negli editoriali dei principali quotidiani nazionali in mezzo alla crisi provocata dalla voracità e dalle malefatte dei finanziari e dei banchieri di mezzo mondo, crisi che stiamo pagando tutti? Della riforma dei contratti di lavoro, della riforma delle pensioni, della flessibilità del mercato del lavoro e della necessaria protezione per coloro che, per salvare le imprese, bisognerà buttare fuori dall’impiego. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, in altri momenti fautore di una politica considerata dall’opposizione fantasiosa, oggi cita regole, controlli, ritorni a un’occhiuta vigilanza, e se la prende con i banchieri e i finanziari. I giornali ne riportano le dichiarazioni, con enfasi. Ma poi si fermano lì, non vanno a fondo.

Come dire, nella stampa italiana, controllata dai maggiori gruppi bancari, finanziari e industriali del paese, così come sui mezzi dei principali paesi ricchi, sembra che sia disdicevole proporre di rendere gli affari davvero trasparenti. Pensosi fondi avvertono i rischi di un’eventuale nazionalizzazione delle banche (che priverebbe gli azionisti dei loro poteri) e invocano invece la salvezza con un esborso massiccio di risorse sottratte ai contribuenti.
Si continuano a sparare titoli a tutta pagina contro la criminalità organizzata. Ma si continua anche a guardare con comprensiva partecipazione l’industriale o il banchiere che ha aggirato le regole (notizia che finisca a pagina 35).

È in questo contesto, insomma, che nasce il sospetto di un’omissione e di una superficialità voluta. Raccontare come Gramm o Bill Clinton, hanno contribuito a smontare le regole, permettendo una crescita esponenziale della ricchezza finanziaria a favore di pochi e a danno di molti, non ha appeal.
Parlare di controllo sui movimenti di denaro fa storcere il naso. Vuoi mettere invece il plauso che puoi ottenere dai principali azionisti del tuo giornale se, proponendo l’estensione della cassa integrazione ai giovani precari, come si conviene a chi ha buon cuore, ipotizzi pure il superamento dello statuto dei lavoratori?

di Bankor Jr.

17 dicembre 2009

Le nostre previsioni per il 2010.




Il 2010 sarà come il 1930, o simile al 1937? Sarà diverso questa volta? Quando uno stato-nazione che in passato aveva un'alta produttività si autodistrugge con l'inflazione, quelli che rimangono indenni possono assorbire il colpo e, nel tempo, tirare fuori dai guai quello colpito. È stato il caso della Germania negli anni '20. Nel caso attuale la maggior parte delle economie mondiali sono in ginocchio, alcune più danneggiate di altre. Chi può rendere possibile il recupero questa volta? Non c'è nessuno. Non sarà la Cina, poiché molti sostengono che soffrirà lo stesso collasso sistemico sperimentato dagli Stati Uniti, dall'Europa, dalla Russia e dai paesi del Sud America. I paesi vicini alla Cina, come Giappone, Taiwan, Corea, India, Indonesia e altri, seguiranno i caduti.

Le complessità incrociate degli affari e della finanza internazionale li hanno imbrigliati tutti in una ragnatela di collasso sistemico. Quelli che possono, devono tentare di salvarsi imponendo una massiccia inflazione. Sebbene potrebbe funzionare per qualche mese, alla fine imploderà tutto. Vi prego di prestare attenzione alle seguenti parole di John Pugsley, dal titolo “Common Sense Viewpoint” ("Il punto di vista del buon senso", ndt) così come riportate in “Golden Insights” ("Preziose intuizioni", ndt) di James U. Blanchard III 1997.



"L'inflazione distruggerà il debito. La risposta finale a tutte le discussioni (inflazione contro deflazione) resta nelle mani della Federal Reserve (la banca centrale degli Stati Uniti d'America, ndt) e del governo. Entrambi sono estremamente impegnati nel prevenire un collasso finanziario o la recessione. Finché loro saranno d'accordo a stampare dollari in modo da supportare i creditori in difficoltà, il ciclo andrà avanti. Quello che la maggior parte dei deflazionisti sbagliano a considerare è che l'inflazione distrugge il debito".

"Con l'inflazione i creditori vincono e i debitori perdono. I deflazionisti non si rendono conto del fatto che se l'inflazione della disponibilità monetaria continua, cosa che succederà, ci sarà bisogno di deflazione. Tutto il debito del mondo può essere estinto creando potere d'acquisto... e questo è proprio quello che sta succedendo... i problemi relativi al debito saranno risolti, ma non saranno risolti attraverso la liquidazione dovuta a bancarotta e collasso. Saranno risolti attraverso la creazione di denaro. Stiamo per assistere alla più grande ondata di inflazione della storia del mondo. Vi conviene non trovarvi dalla parte sbagliata del dollaro." John Pugsley in "Common Sense Viewpoint"

Siamo d'accordo con il signor Pugsley, ma questo scritto risale a qualche anno fa. Ci sentiamo di suggerire che al momento, con le nazioni precedentemente più produttive che diventano vittime sia dell'inflazione-iperinflazione che del collasso sistemico, il finale potrebbe essere peggiore di quanto previsto. Il nostro pronostico è che ci sia prima inflazione, poi ad un certo punto iperinflazione.

Cosa succederà tra queste due fasi? Se dal nostro punto di vista quest'impresa richiederà almeno 2-3 anni, nessuno può saperlo con certezza. Prevediamo che il 2010 sarà uno dei peggiori anni della seconda grande depressione, o meglio, suggeriamo che il 2010 sarà il secondo ciclo di svariate fasi depressive. Il fallimento di Lehman e i crolli ad esso correlati furono solo la prima fase. Prima che la seconda fase terrorizzi i mercati globali, consigliamo di correre ai ripari.

I debiti, sia pubblici che privati, non sono stati pagati in alcuna misura. A peggiorare la situazione, nuovi debiti continuano ad affliggere le banche centrali, le banche nazionali, i consumatori e il commercio. Per poter trovare una base comune e rendere possibile un recupero, questi debiti devono essere pagati, ci si può rifiutare di pagarli o cancellarli con l'inflazione. Per ora tutte queste soluzioni si stanno mettendo in pratica, ma, per quanto in fretta si risolvano i vecchi problemi, altri continuano ad accumularsi aggravando le difficoltà.

Mentre i governi sono impegnati a cancellare il debito con l'inflazione, attraverso la creazione di moneta; ovvero stampando grandi quantità di dollari, banconote e obbligazioni privi di copertura, il loro peso è semplicemente insostenibile dal punto di vista matematico. Gli aggiotatori hanno superato il punto di non ritorno. Non ci sarà ripresa fintanto che non avverrà un'importante crollo. Questa soluzione è la risposta rapida e sleale alla cancellazione finale di tutti quei debiti. Pensiamo che avverrà in fasi e in modo spasmodico.

Il Giappone è nelle condizioni peggiori, con un rapporto debito pubblico su PIL che si attesta oggi al 270%. Con una popolazione invecchiata e senza il numero sufficiente di giovani che occupino i posti di lavoro lasciati liberi, la deflazione è tornata e il mercato immobiliare giapponese sta ottenendo grandi successi. Gli Stati Uniti e l'Europa, esclusa la Gran Bretagna, hanno il 125% di debito su PIL, con la Gran Bretagna al 105%. (fonte: Societe Generale)

Il dollaro statunitense gioca un ruolo molto importante in questo contesto. Dal momento che corrisponde circa all'85% della valuta di riserva, a seconda di come va il dollaro andrà il sistema globale. Sfortunatamente il dollaro può cadere ancora molto, e per questo mese di Dicembre 2009 può sprofondare fino ad un indice di 70.00-72.50 rispetto ai prezzi odierni. Ci aspettiamo che nell'arco dei prossimi tre anni il dollaro possa arrivare ad un minimo storico di circa 40-46.

I titoli di borsa sono malridotti, e subiranno a breve un calo del 5-20%. Ci aspettiamo che il prossimo calo sarà blando e che i nuovi acquisti potranno ricominciare a Gennaio 2010 e proseguire durante la primavera. Il Dow Jones potrà facilmente raggiungere un valore base di 8850 per poi tornare a risalire. L'indice S&P [1] dovrebbe attestarsi a 950. Nel frattempo, potremmo assistere ad un taglio dell'11-12% di Dow Jones ed S&P.

Il picco massimo del prezzo dei titoli potrebbe arrivare tra fine Maggio e Luglio 2010. In questo periodo, cinque eventi particolarmente negativi colpiranno l'economia e i mercati globali simultaneamente.

E sono:

(1) la perdita di 40-50 miliardi in dollari statunitensi attraverso malfunzionamenti di carte di credito;

(2) le vendite di case, nuove e di seconda mano crollerà con tale violenza nella prima metà del 2010, che questo mercato si potrà considerare letteralmente in caduta libera. Ci saranno tra i 7 e i 10 milioni di nuovi mutui inadempienti, la maggior parte dei quali nella categoria standard (non di tipo subprime, [2]), a causa di perdite di lavoro;

(3) le vendite di auto nella prima metà dell'anno saranno così basse che i produttori presenteranno istanza di fallimento;

(4) i prestiti per beni immobili commerciali manderanno in rovina le società immobiliari e i loro progetti, tra quelli esistenti, in via di realizzazione e quelli solo pianificati;

(5) le compagnie di assicurazione avranno un numero talmente alto di contratti inadempienti nel settore immobiliare che rischieranno di venir meno ai propri obblighi nei confronti di qualche direttiva d'emergenza del governo nel secondo TARP (Troubled Assets Relief Program, il piano di sostegno del governoamericano per il settore finanziario, ndt). Ad un certo punto, anni fa, le prime 20 compagnie assicurative potevano letteralmente controllare l'economia degli Stati Uniti. Possiedono grandi quantità di risorse in beni mobili, immobili ed obbligazioni a breve termine.

Le valutazioni immobiliari crolleranno in media, su tutto il territorio degli Stati Uniti, di un altro 30%. Un anno fa credevamo che i prezzi degli anni '80 si sarebbero attestati come quelli minimi. Oggi si prendono in considerazione quelli degli anni '70. Il numero di case per cui è stato precluso il riscatto dell'ipoteca è maggiore negli ultimi 12 mesi che nell'intera decade della prima grande depressione degli anni '30.

La mattina di lunedì 23 Novembre 2009, è stata riportata la notizia di una crescita del 10.1% nella vendita delle case. Questo non è nient'altro che l'effetto di vendite a prezzi bassi sollecitate da prestiti privati [3], aiuti del governo per abbassare i pagamenti degli acconti iniziali e le politiche di crollo dei prezzi ottenute dalle classi sociali più disagiate. Il mercato immobiliare rimane in uno stato di collasso internazionale. L'ultimo grande creditore, l'FHA (Federal Housing Administration, ndt) versa in gravi condizioni.

L'inflazione è ora al valore non segnalato del 7% ed è in crescita. A partire da Maggio 2010 comincerà a colpire duramente, in primo luogo su quel terzo di popolazione statunitense con salario base e disoccupata. Gran parte dei loro introiti sono spesi in cibo ed energia. Queste due voci sono tra le prime ad essere colpite dall'inflazione.

Coloro che possiedono auto nuove e acquistate in leasing faranno uso del cosiddetto "jingle mail" [4]. Dovranno riportare macchine e camion nuovi ai parcheggi dei commercianti, restituire le chiavi e smettere di pagare. Abbiamo visto questo meccanismo verificarsi con le case negli ultimi 1-2 anni. I parcheggi si riempiranno di auto e camion nuovi o seminuovi. Il loro valore precipiterà. Molte di queste restituzioni verranno dal programma "Cash for Clunkers" (letteralmente "contanti in cambio di vecchi macinini", ndt) per chi è rimasto incastrato da pagamenti di auto e camion che non possono permettersi.

I fabbricanti di auto GM (General Motors, ndt) hanno previsto vendite negli Stati Uniti di 11 milioni nel 2010 con una nuova ripresa. Non ci sarà alcuna ripresa e le vendite potrebbero far scivolare l'intera industria fino a 7 milioni o meno per il 2010. E nel 2011 le cose si metteranno anche peggio.

Le rinunce alle auto cresceranno e i sindacati lanceranno il loro grido d'allarme al presidente Obama. Lui troverà un rimedio finanziario temporaneo per l'industria moribonda. I consumatori non avranno potere d'acquisto, a credito o in contanti non fa alcuna differenza. Quelli con contanti li conserveranno, si metteranno al riparo e aspetteranno che la fine delle difficoltà. Le iscrizioni ai sindacati delle auto diminuiranno rapidamente. Gli acquisti di auto a credito si ridurranno ad un numero sempre più esiguo.

Il settore del petrolio greggio e dell'energia ha un ruolo fondamentale in entrambe le direzioni. Oggi vediamo che il prezzo del petrolio si attesta ad 80$ con limiti inferiori appena sotto i 70$. I principi di base mostrano che un eccesso di offerta durante un periodo di depressione/recessione ha come effetto di diminuire la domanda. D'altra parte, l'inflazione dei prezzi sta crescendo su un dollaro sempre più debole e continuerà a crescere. Ci aspettiamo di vedere il greggio raggiungere i 50$, e poi tornare indietro e risalire a 100$ a causa dell'inflazione. La benzina seguirà questo andamento, dato che alcune raffinerie stanno chiudendo per via di perdite operative e non se ne stanno aprendo di nuove. Fondamentalmente sarà l'inflazione a vincere sull'aumento dei prezzi. Infine, tornerà ad esserci scarsità di prodotti.

La depressione normalmente e storicamente dura dieci anni. Potrebbe volerci esattamente lo stesso tempo affinché i consumatori possano saldare i propri debiti e tornare in condizioni di normalità. I tassi d'interesse sono cresciuti, ma con debiti così alti e aumenti di salario piccoli o nulli di fronte ad un'inflazione nuova e così violenta, i consumatori saranno economicamente massacrati.

I creditori e le banche attraverseranno nuovamente un periodo di difficoltà. Alle banche sono rimaste ben poche idee su come ottenere entrate da prestiti concessi, a parte la compravendita. Mentre la Goldman Sachs guadagna milioni di dollari alla settimana in questo modo, la maggior parte delle banche non sono attrezzate e si sono pochi operatori finanziari in grado di fare questo lavoro. Poiché chi si occupa di questi problemi per conto di Obama sta affliggendo i grandi operatori imponendo limiti alle entrate, questo rende le cose più complicate, al punto che queste persone preferiscono andarsene a lavorare all'estero, dove possono avere salari illimitati.

Il mercato obbligazionario è così immenso che gli ci vuole tempo per rovesciarsi e colare a picco. Le banche centrali dell'Asia e degli Stati Uniti sono state le nostre principali acquirenti di valuta estera. Se da un lato continuano ad aquistarne per poter mantenere uniti i mercati, dall'altro stanno: (1) preferendo le valute a breve scadenza rispetto a quelle a lunga scadenza, (2) convertendone parzialmente l'acquisto al settore delle materie prime.

Con lo Yen più forte, il Giappone è sempre più impegnato in complicati viaggi per l'acquisto di risorse, come la Corea del Sud. Sono entrambi in cerca di grano, oro, olio, gas naturali ed altre materie prime che non possiedono.

Le obbligazioni ad alto rischio e ad alto rendimento potrebbero perdere fino ad un terzo del loro valore attuale solo il prossimo anno. L'acquisto di buoni del tesoro e di obbligazioni continuerà fino a che "la fiducia e il credito totale" verranno meno. Alla fine collasseranno, ma in tempi molto lenti, a causa delle dimensioni di questi mercati. Siamo convinti del fatto che nessuna obbligazione sia sicura. Quelle municipali sono considerate tra le più sicure. Ma cosa succederà quando città, paesi, contee e stati saranno così in bancarotta da non poter pagare gli interessi? Le loro imposte fiscali precipiteranno. Alcune sono più sicure di altre, ma per quanto tempo? Chi è in grado di indicare un limite? Nessuno, perché sarebbe una mossa troppo politica.

Molti stati che fanno parte degli USA sono finanziariamente falliti o stanno per esserlo. Si è scoperto che almeno un terzo dei soldi ottenuti attraverso il TARP è stato usato per salvare gli stati dalla bancarotta. Questo provocherà un'escalation, perché i soldi federali del TARP non possono aiutarli abbastanza in fretta e in quantità sufficiente a mantenerli uniti. Ci si aspetta che l'occupazione nei vigili del fuoco e nella polizia diventerà sempre più scarsa, a discapito della sicurezza in varie comunità. Dieci stati si trovano in condizioni finanziariamente critiche e 47 sono in lista per diventarlo.

New York, New Jersey, Connecticut, Michigan, Ohio, Florida, Arizona, Nevada e California sono gli stati che versano nelle condizioni peggiori, poiché soffrono la mancanza di entrate fiscali da parte di aziende e consumatori falliti. Ci si aspetta che la California sarà tra i primi ad andare fuori controllo. Continuano ad escogitare nuove tasse e non lavorano sulla riduzione delle spese. Quando alcuni stati affronteranno il collasso totale ci troveremo in breve tempo in condizioni pessime. Il Michigan è tra gli stati in condizioni peggiori. La maggior parte degli stati stanno spendendo fino all'ultimo centesimo. Si rifiutano di ridurre i costi, poiché lo considerano un suicidio politico. Spenderanno fino a che non avranno più nulla, e quindi chiederanno aiuto al governo federale.

La Cina si trova nei guai, poiché i consumatori statunitensi hanno smesso di acquistare da loro. Il loro TARP per la prima parte dell'anno era superiore a quello degli Stati Uniti sia in quantità che in rapidità di spesa. Si stima che abbiano speso in quattro mesi, tra Gennaio e Maggio 2009, all'incirca 600 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali indirizzati a progetti che si trovano in condizioni di sovracapacità. La mancanza di acquisti da parte degli Stati Uniti ha causato un crollo delle esportazioni per la Cina di circa il 25%. Inoltre, è da notare che l'economia cinese è circa un quarto di quella statunitense.

Ci sono centinaia di fabbriche cinesi inattive e milioni di lavoratori licenziati senza nuovo impiego e senza grandi prospettive di lavoro. D'altra parte, milioni di fattorie di sussistenza sono state vendute per cercare lavoro in città. Ora che il lavoro non c'è più, e non ci sono nemmeno le fattorie che avrebbero potuto garantire cibo, nel 2010 ci aspettiamo un collasso più o meno rapido della Cina, con disordini e altri problemi sociali. La Cina ha bisogno di 24 milioni di nuovi posti di lavoro all'anno solo per rimanere in pari e sono ben lontani dal poter realizzare numeri come questi; non basta che la crescita di nuovi impieghi migliori.

Se la preoccupazione che la Cina non sia più in grado di acquistare i nostri (degli USA, ndt) buoni del tesoro diventasse reale, il governo degli Stati Uniti potrebbe fermare gran parte delle importazioni premendo sulle tariffe doganali. A quel punto la Cina si ritroverebbe con una disoccupazione alle stelle, beni ammucchiati senza possibilità di vendita e con un trilione di dollari in obbligazioni e carta moneta statunitense di pochissimo o nessun valore. Subirebbero un colpo da 1 trilione di dollari statunitensi e rimarrebbero bloccati con montagne di merce invendibile. La ricaduta sociale sarebbe catastrofica. La Cina deve continuare ad acquistare obbligazioni statunitensi per poter mantenere le esportazioni in movimento; sebbene ad un livello ridotto.

Se le importazioni dalla Cina dovessero cessare, i lavoratori americani potrebbero trovare qualche forma di impiego a salari bassi nelle industrie statunitensi riaperte, con un ritorno alla manifattura. Dopo tutto, dove troverebbe la Wal-Mart [5] i beni da vendere nei propri negozi?

Ci auguriamo il meglio, speriamo che la Cina riesca a sopravvivere affrontando solo una lieve recessione. Con le finanze e i mercati globali così fragili e distrutti gli concediamo una possibilità su cinque di farcela. Piuttosto, in un'economia sotto il comando del comunismo cinese, l'imminente dislocazione potrebbe essere leggendaria.

Ambrose-Evan Pritchard, lo stimato autore per The London Telegraph ha detto: "L'economia mondiale sta ancora pattinando su una sottile lastra di ghiaccio. L'ovest è saziato dal debito, l'est dai (troppi) stabilimenti. La crisi è stata (apparentemente) contenuta azzerando le tasse e creando una bufera fiscale, distruggendo così gli equilibri di sovranità. Ma il cuore del problema rimane. I paesi anglosassoni e i Club Med stanno stringendo la cinghia, tuttavia l'Asia non sta producendo abbastanza domanda (interna) per compensare. Sta producendo scorte."(fonte: "organic Chinese demand is barely beginning"[6]).

"Dal mio punto di vista i mercati continuano a negare la rovina strutturale dovuta alla bolla di credito. Ci sono altre due problemi da affrontare: la bolla di investimenti in Cina e lo scandalo delle banche in Europa. Temo che solo dopo potremo fare piazza pulita e ricominciare, molto lentamente, un nuovo ciclo."

Siamo d'accordo con il signor Pritchard, ma la Cina ha anche altre bolle speculative, nelle auto, nei beni immobiliari, nel mercato azionario, nell'immensa carenza di acqua e nell'inquinamento. Se queste dovessero scoppiare una per volta, potrebbe essere gestibile. Ma potremmo vederne scoppiare più di una alla volta. In questo caso, la Cina potrebbe smantellare l'intero sistema globale. Si faccia caso agli effetti della recente paura derivata dall'inadempienza di Dubai per 80 milioni di dollari.

L'istruzione, specialmente tra i college e le università, ha subito un duro colpo poiché gli studenti si domandano se spese dell'ordine di 40.000 fino a 80.000 dollari valgano la pena in queste condizioni economiche. I ragazzi appena laureati, con buoni voti, ma nessuna esperienza lavorativa, fanno più fatica a trovare lavoro.

Le persone con esperienza ottengono i pochi lavori rimasti, dato che i datori di lavoro hanno un ventaglio di scelte più ampio e possono essere molto esigenti. Inoltre, non hanno tempo né soldi per la formazione. Molti ragazzi ottengono istruzione tramite internet, fanno formazione lavorando e accettano ogni tipo di lavoro pur di avere una busta paga.

Gli insegnanti delle scuole pubbliche con più anni di esperienza che lavorano nell'istruzione primaria e secondaria [7] sono stati sfoltiti per assumere nuovi e più economici neolaureati. Gli insegnanti di lingue straniere, assieme a quelli di matematica e scienze sono ancora i preferiti. Ci si aspetta un aumento nell'istruzione domestica, dato che gli insegnanti licenziati lavorano a casa con i propri figli e accolgono altri ragazzi dietro pagamento. Il sistema dell'istruzione pubblica è in serio pericolo. La gente non può più permettersela. Poiché il governo statunitense ha permesso anni fa che si accumulassero pile di carte burocratiche, almeno un terzo del budget rivolto alla scuola pubblica deve essere devoluto a lavoro stupido, costoso e politicamente corretto. È un'enorme perdita di cui soffrono studenti ed insegnanti.

Ci aspettiamo inoltre un aumento degli incidenti stradali, dovuti a lavori e riparazioni stradali procrastinati. I ponti possono cadere e le pavimentazioni danneggarsi, causando altri danni. Le comunità con le tasse più alte verranno abbandonate, soprattutto dagli adulti con figli già fuori casa. In questo modo New York ha perso circa 6 miliardi di dollari in tasse non riscosse.

Questa tendenza è ancora più veloce. Assistiamo a pensionati che vendono le proprie case perché non possono permettersi di pagare le tasse sui beni immobiliari. Si spostano verso stati con tasse più basse e comunità più piccole che offrono meno servizi. Gran parte dei servizi offerti dalle grandi città non sono necessari e i consumatori non sono in grado di pagarli. Immaginate la città di Detroit tremenamente desertica.

Bisogna occuparsi del commercio di oro e argento

I manager e gli operatori finanziari non sono sposati ai mercati e si muovono a seconda di dove si trovano idee che fruttano. I titolo di oro ed argento possono crescere e calare nel breve termine, ma poi decolleranno nelle controtendenze del 2010. I grandi investitori hanno scommesso sulle merci sicure, come oro, argento, grano, rame, platino e altri. Acquistano regolarmente a partire dal Labor Day [8] fino a Maggio, sopportano le flessioni e negoziano in media ogni 50 e 200 giorni. Con il dollaro in caduta, tali manager prevedono grossi guadagni in questi mercati. I futures [9] dell'oro erano scambiati a circa 1.200 dollari questa mattina (1 Dicembre). Prevediamo un lieve calo nel breve termine, seguito da un'altra ondata di acquisti.

Le politiche governative per lo più falliscono

Il programma liberale e innovatore studiato da Obama per trasferire ricchezza non funziona. La popolarità del presidente sta sprofondando insieme al suo programma. Il problema principale è l'incapacità del governo ad uscire dalla crisi dell'occupazione. Continuano a scavare, mentre mettono le basi per le idee sbagliate, creando confusione maggiore e più profonda. Questo aumenta l'attrattiva dei metalli preziosi e altri beni di questo tipo. La disoccupazione è il problema economico prioritario.

Il dollaro è la base di svariati mercati. A Dicembre il dollaro calerà ancora.



Lasciate perdere le linee oblique di confronto. Concentratevi sull'andamento del riquadro in basso.

Personalmente, vedo incredibili opportunità di commercio che non avremo per molti altri anni. Dobbiamo convertire i problemi in opportunità. Chi si trova dalla parte giusta dello scambio potrebbe diventare ricco. Quelli dall'altra parte sono solo vittime. State all'erta.


di Roger Wiegand

16 dicembre 2009

La moneta debito

“E’ un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perchè se accadesse credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina” (Henry Ford)

In un sistema socio-politico, come il nostro, che usa una moneta come mezzo di scambio per le merci, che misura la ricchezza con i soldi e col Prodotto Interno Lordo si intuisce quali siano le declinazioni delle libertà. Chi ha la proprietà del danaro possiede tutto. Per cui la violazione della sovranità monetaria sancisce la morte della democrazia rappresentativa europea. In Italia, si è partiti nel 1981 col ministro del Tesoro Andreatta (docente di Romano Prodi), Governo Forlani, sancendo la separazione fra il Tesoro e la Banca d’Italia, l’obiettivo finale di privatizzare la Banca d’Italia è stato raggiunto negli anni successivi. Se oggi possiamo ancora rivendicare l’usurpazione della proprietà della moneta è grazie alla nostra Costituzione che afferma: “la sovranità appartiene al popolo” (compresa quella monetaria ovviamente) e che “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito” (art. 47 Cost.). Tali principi sono palesemente violati dall’articolo 105/A del trattato di Maastricth “la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità” che di fatto usurpa i diritti dei popoli sovrani europei. Banca d’Italia e BCE sono di fatto società indipendenti e fuori dal controllo del popolo. E’ sufficiente leggere la natura ed il numero dei soci partecipanti dal sito di Bankitalia, e si percepisce che essa è stata privatizzata dove lo Stato è relegato con INPS ed INAIL a 42 voti contro 540 delle banche private SpA (2008). Ed è stata relegata ad un ruolo di secondo piano come si legge dall’articolo 1 del suo Statuto: “Quale banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC). Svolge i compiti e le funzioni che in tale qualità le competono, nel rispetto dello statuto del SEBC“. Il “semplice” passaggio di mano da privato a pubblico è una palese violazione costituzionale (art. 1 e 47) e dovrebbe essere un reato per “appropriazione indebita” delle riserve auree di proprietà dello Stato.
Ricordiamo due precedenti giuridici: nel 2005 Con sentenza 2978/05 la Banca D’Italia veniva condannata a restituire ad un cittadino (l’attore) la somma di euro 87,00 a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito da signoraggio. E nel 2006, il 21 luglio con la sentenza n. 16751 le SS.UU. civile della Cassazione accoglievano il ricorso di Banca d’Italia sostenendo che: “[…]lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria[…]“. I cittadini europei sono “liberi” nella misura in cui sono obbligati a spendere un danaro privato – moneta debito – creato dal nulla e prestato agli Stati per consumare le merci prodotte dalle corporations SpA amiche dei banchieri. Questo tipo di sistema è virtuale, poiché la moneta è presente solo nei computer, essa è creata dal nulla senza alcun equivalente contro valore in oro, cioè una merce tangibile e reale, e col sistema del prestito (moltiplicatore monetario, formula matematica) e della riserva frazionaria – riserva frazionaria all’8%, accordi Basilea II - essa diventa debito per i popoli. La creazione della moneta debito col moltiplicatore monetario consente alle banche private di prestare soldi anche se non esistono realmente indebitando anche gli Stati in cambio di Titoli di Stato, altra carta. Se uno Stato chiede 1 miliardo di euro alla BCE, la Banca d’Italia e cioè i suoi soci SpA possono inserire la quota parte, in cambio di Titoli di Stato, come riserva frazionaria (un quantitativo obbligatorio di soldi contanti da tenere in cassa, l’8%) e creare moneta debito dal nulla col sistema del moltiplicatore monetario. Per esempio, ad Intesa San Paolo SpA (a.d. Corrado Passera) spetterebbe il 30,3% del miliardo di euro e cioè 303 milioni di carta, moneta stampata ed Unicredit SpA (a.d. Alessandro S. Profumo) 157 milioni (quote e partecipazioni al 31 gennaio 2008). L’unico obiettivo di una SpA è massimizzare i profitti e quindi 303 milioni inseriti in cassa come riserva consente di creare inflazione monetaria ed indebitare lo Stato. Altro esempio, un signore A deposita 100 euro in banca, un signore B può chiedere in prestito 92 euro (riserva frazionaria all’8%, accordi Basilea II). Intanto alla banca risultano esserci 100 euro sul conto di A ed ora ha un credito di 82 da B. In questo modo le banche creano soldi dal nulla mentre i cittadini devono sudare col proprio lavoro. Con questo sistema si creano soldi necessari a corrompere qualunque politico, finanziare le guerre, e sostenere le corporations SpA amiche. Comprendiamo che se queste sono le premesse non esiste alcuna democrazia rappresentativa dato che i partiti sono i migliori camerieri dei banchieri.

Una moneta di proprietà del popolo, cioè del portatore e dello Stato, non emette debito e la relativa rendita da signoraggio viene rimessa nei conti dello Stato quindi non c’è usura, cioè non può esserci interesse.
La moneta è solo un pezzo di carta, è un mezzo, non è vera ricchezza.

L’attuale sistema è degenerato poiché essendo intrinsecamente inflazionistico il debito è inestinguibile e per tanto tutti sono spinti ad usare moneta ed accumularla poiché prigionieri di un vero e proprio inganno. C’è da aggiungere che la moneta viene creata dal nulla questo vuol dire che oltre all’inganno c’è una beffa infatti le banche emettono mutui con interesse senza rischiare nulla, senza un equo scambio. Un cittadino lavora e crea valore, le banche sono semplici tipografie ed emettono “valore”. In realtà è tutta illusione.

Il valore di una moneta lo determina chi la accetta. Lo Stato deve emettere moneta in maniera proporzionale alle merci ed ai beni prodotti e, lo può fare domani mattina. Ma queste vorrebbe significare dare valore alla vera ricchezza: persone, lavoro, idee, terreni, alimenti, merci prodotte e non la finanza delle borse. Applicando l’etica alla politica si tornerebbe al significato proprio dei termini: economia.

Per Aristotele l’economia è la sfera che ha come oggetto la… casa (forse lo sai che in greco “oikos” significa “casa”), la famiglia, in altre parole il privato. Aristotele, quindi, usa il termine “economia” non nel suo significato corrente oggi, ma nella sua accezione etimologica: la sfera che ha come oggetto la casa, la famiglia, in definitiva quello che possiamo chiamare il privato.

In questo contesto si capisce che lo Stato attraverso l’uso di uno strumento di misura: moneta consente ai cittadini di scambiarsi beni, merci e servizi immateriali. Si comprende che l’alta finanza serve a poco alla società umana.

di Peppe Carpentieri

31 dicembre 2009

29 dicembre 2009

Nucleare: il Governo italiano continua a sostenere l'interesse di pochi poteri forti.


Dopo il non-accordo di Copenaghen, anche a casa nostra la politica degli interessi a vantaggio di pochi continua ad andare dritta per la sua strada. Si è discusso, infatti, il decreto con i criteri per l'individuazione dei siti dove saranno costruite le centrali nucleari in Italia, nell’ambito del Consiglio dei Ministri convocato per le 15 di ieri.

Due, in particolare, gli schemi di decreti legislativi presentati dal Ministero dello Sviluppo Economico che sono stati presi in esame. Uno, compreso nella “Legge Sviluppo”, in merito alla “localizzazione ed esercizio di impianti di produzione di energia elettrica e nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché misure compensative e campagne informative”. L’altro, riguardante “il riassetto della normativa su ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche”.

Da quanto si apprende, il testo del decreto non contiene una lista specifica dei siti, ma i criteri per l'individuazione delle aree su cui sarà possibile costruire gli impianti nucleari. Avvicinandosi le elezioni amministrative di marzo, è comprensibile che non si indichino luoghi precisi.

Al ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola che rassicura come “Sono stati rispettati gli impegni con i nostri elettori e con il Parlamento e i tempi ci sono affinchè venga rispettato il termine previsto, anche attraverso il percorso della Conferenza Stato-Regioni e il percorso delle commissioni parlamentari», Fare Verde ricorda che il nucleare, oltre ad essere costoso ed obsoleto e a richiedere un tempo comunque troppo lungo rispetto all’emergenza ambientale e alla crisi economica, non ci costringe a migliorare l'efficienza con cui utilizziamo l’energia elettrica. È il modo più vecchio ed inefficace per affrontare problemi nuovi: gli stessi sostenitori delle centrali atomiche ammettono, infatti, che si tratterebbe di una tecnologia “di transizione”, sebbene l’impatto ambientale ed economico sia tutt’altro che proporzionato ai tempi di passaggio a cui sarebbe finalizzato.

Una risposta concreta alle proposte visionarie con cui il Governo italiano continua a sostenere il nucleare, l’ha data la Electrolux di Scandicci. Passata recentemente da produttore di elettrodomestici a costruttore di pannelli solari, l’azienda ha riassunto 370 dipendenti con lo stesso livello salariale e con la garanzia del posto di lavoro per 3 anni: una conferma reale che le risposte alla crisi ambientale, economica ed energetica si possono trovare solo nell’uso razionale dell’energia e con una produzione distribuita su piccola scala mediante l’uso di fonti rinnovabili. Costruire una centrale nucleare oggi per affrontare mutamenti climatici ed esaurimento delle fonti fossili di energia in non meno di dieci anni, significa solo buttare una quantità enorme di denaro e devastare per sempre pezzi preziosi della nostra terra sui quali dovranno essere costruite opere faraoniche ed irreversibili.

Che la caparbietà con cui il Governo italiano continua a sostenere la bufala del nucleare sia spiegabile solo con interessi economici a vantaggio di pochi e non esattamente con l’interesse generale del Paese?

di Giancarlo Terzano

28 dicembre 2009

Il pessimismo italiano è frutto della colonizzazione del paese



Qualche anno fa, credo, ho scritto nel vecchio blog un articolo che si intitolava “in morte di un amico”. Si riferiva ad una persona di una certa eta’ (credo che vada per i 70) che di recente ha smesso di lavorare nella sua officina per godersi il riposo della pensione. Il problema e’ che da quel momento e’ stato sottoposto agli strumenti piu’ mortiferi della cultura italiana contemporanea, che sono la politica e la cronaca. Decine di minuti al giorno di politica e cronaca hanno, come avevo temuto, avvelenato il suo cuore fino a trasformarlo in uno di quelli che chiamo “cantori di morte”.

Il cantore di morte passa tutto il tempo che ha a decantare “tutto il male che si sente oggigiorno” , elencando minuziosamente ogni cosa brutta , ogni disastro, ogni incidente, ogni crimine, e vedendo in loro i segni di un apocalisse senza speranze. Milioni di anziani, esposti a questa mostruosita’ mediatica, si sono trasformati in un orribile coretto sepolcrale, il quale canta la morte del paese, canta la fine di ogni speranza, la disperazione e l’attesa della morte.

Questo osceno, blasfemo vociare di vecchi in attesa della morte di fronte alla TV sta uccidendo un paese, sta cancellando la speranza, la volonta’, l’entusiasmo dagli occhi dei nostri figli, tanto che spesso molti giovani il cui spirito e’ stato inghiottito da questo abisso di fango si uniscono a loro volta al coro di morte.

Secondo questo orribile coretto della decomposizione umana , puzzolente di dentiera e piscio, non c’e’ speranza alcuna. Ogni cosa e’ corrotta e miserabile, e anche qualora si scorgesse qualcosa di buono nel paese, ci sarebbero sempre mille difetti con cui stritolare ogni speranza. Per queste carcasse ambulanti, ormai prive di futuro e vita, il paese ha lo stesso loro futuro: aspettare la morte di fronte alla TV. E finira’ di sicuro cosi’, se lascieremo che la loro oscena voce continui ad oscurare il cielo, volgendo ogni cosa alla rassegnazione ed alla disperazione.

Essi dicono di parlare cosi’ perche’ amano il paese, ma non bisogna farsi ingannare : essi amano un paese che non c’e', ne’ saebbero capaci di costruire, essendo votati solo alla morte e alla disperazione. Potete andare in giro per le citta’ con carta e penna; cio’ che vedrete forse non vi piacera’, ma esiste e qualcuno lo ha costruito. Segnate pure ogni cosa vedete, e scommetto quanto volete che nessuno di questi cantori di morte e’ tra quelli che hanno costruito, semmai erano troppo impegnati a criticare e a svilire per fare qualcosa di buono. Chi e’ contro e’ fuori, e chi e’ fuori non partecipa alla costruzione del futuro.

Essi dicono di amare il paese, ma quello che fanno e’ amare un paese che non c’e', e con questo pretesto odiano quello che c’e’.

Nulla di quanto esiste e’ buono , o anche soltanto accettabile, per i cantori di morte. Sentirete parlare di treni in ritardo mentre viaggiate su un treno in orario, sentirete parlare di malasanita’ da gente che e’ stata curata negli ospedali italiani, e anche qualora questi cantori di morte abbiano di fronte agli occhi qualcosa di buono, cosi’ da non poterlo negare, vi risponderanno che all’estero e’ meglio, quindi cio’ che abbiamo noi e’ una merda. Per definizione.

Essi dicono di dire la verita’, ma si tratta di una verita’ ben strana, nella quale un esempio di malasanita’ vanifica milioni di persone curate ogni anno, una sola ambulanza che non arriva in tempo vanifica il lavoro di milioni di persone , un solo treno in ritardo vanifica migliaia di treni in orario. E’ la verita’ della morte, la verita’ di chi non accetta un mondo dopo di lui, il futuro di una generazione di vecchi in attesa della morte di fronte alla TV.

Questo osceno coro, questa selva di bocche buie come tombe, questo fetore di morte che ci viene alitato sopra in continuazione sta uccidendo ogni speranza, spegnendo ogni luce, sta togliendo all’italiano il potere di pensare bene di se’ stesso.

Seguendo la triste litania cantata da queste carcasse, da questi traditori, persino molti giovani si sono convinti di essere condannati perche’ italiani, di essere condannati perche’ italiani, di essere segnati dal fatto di essere italiani che vivono in Italia, come se una maledizione incombesse sulla penisola, senza rendersi conto del fatto che la maledizione consiste proprio nel coro di coloro che cantano continui salmi di morte per il paese.

Si tratta di un male antico, la cui genesi posso riconoscere nelle parole di Palmiro Togliatti: «È per me motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino sovietico sento di valere dieci volte più del migliore italiano»(1)

Su questo salmo di morte era incentrata la prima propaganda dell’opposizione italiana: far apparire il paese come una miserabile distesa di mandolinisti, incapace di funzionare da se’ tranne nel caso qualcuno non intervenga da fuori a dirigere le cose. Nella mente di Togliatti e della propaganda comunista si trattava ovviamente di Stalin , ma questa propaganda non era solo interesse dei comunisti.

Anche le potenze anglosassoni vincitrici avevano il medesimo interesse a sminuire e togliere la speranza agli italiani, cosi’ lasciarono fare alla propaganda del PCI. Ogni singolo difetto del paese veniva ingigantito, sviscerato ben piu’ di quanto si faccia in qualsiasi altro luogo del mondo, allo scopo di dare ai cittadini italiani la sensazione che senza il “nuovo sistema ” non ci fosse speranza, che tutto fosse vano, che non ci fosse alcun futuro.

Alimentare questa disperazione era, del resto, uno dei capisaldi della propaganda rivoluzionaria: ogni problema, anziche’ essere risolto, andava amplificato mediante la propaganda fino a diventare motivo di tensione estrema, estrema e violenta, in attesa dell’inevitabile scintilla che avrebbe fatto scoppiare l’agognata rivoluzione.

Dal lato anglosassone, questa propaganda era forse invisa nei fini, ma era assai utile come mezzo, dal momento che la stessa sfiducia e la stessa mancanza di speranze era utile per convincere le elite italiane ad abbandonare ogni residuo di italianita’ e convertirsi alla nuova religione del chewing-gum e delle barrette di cioccolato. Anche con l’aiuto della propaganda comunista e della sfiducia e della disperazione da essa portata nel paese, gli alleati poterono contare sulla “conversione” delle elite culturali ed economiche italiane: essi mandavano i figli a studiare all’estero, ascoltavano musica straniera come segno di superiorita’, e il processo era cosi’ penetrante che l’intellettuale pedofilo(2) Pier Paolo Pasolini, alla ricerca spasmodica della vera “italianita’ ” non sapeva indicare altro che non fosse l’italia piu’ ignorante ed arretrata; i ceti alti si erano gia’ convertiti alla nuova religione anglosassone.

L’oscena litania e’ continuata per 50 anni, al punto che i giornalisti si dividevano in due tipi diversi; quelli impegnati e di sinistra erano quelli che amplificavano , ingigantivano e svisceravano ogni piccola imperfezione del paese, trasformandola in una piaga epocale; gli intellettuali di sinistra si distinguevano dagli altri per le loro manie apocalittiche, ogni cosa non fosse voluta e guidata dal sole dell’avvenire (e da loro medesimi) era immancabilmente marcia e corrotta, segno evidente della fine.

Questo assurdo pessimismo divise il paese in tre parti.

I primi erano coloro che erano davvero imbevuti di questa orrenda propaganda antinazionale, e che aspettavano speranzosi il sole dell’avvenire, la rivoluzione e il nuovo mondo, cioe’ il socialismo reale. Essi ingigantivano e propagandavano ogni notizia maligna e avvilente, per aumentare la tensione nella speranza che una scintilla facesse scoppiare la rivoluzione.

L’altra parte era altrettanto convinta che il solo fatto di essere italiani e vivere in Italia fosse una maledizione senza uscita, ma non credeva nel sistema sovietico, identificandosi piuttosto con gli ariani del mondo , sforzandosi di imitare modelli di importazione, acquisendo una cultura per loro innaturale e incoerente con la propria storia; essi si trasformarono in quel mondo di intellettuali atlantici che predicavano allo stesso modo del PCI l’assoluta incapacita’ dell’italiano di fare qualcosa di buono se lasciato a se’ stesso(3), da cui la necessita’ di una guida anglosassone.

La terza categoria era fatta di coloro che per limiti culturali non potevano assorbire nessuna delle due propagande; come rappresentanti di un’Italia arcaica e passatista essi non avevano dubbi sulla possibilita’ degli italiani di continuare ad andare avanti secondo le usanze millenarie del paese, il vero problema erano proprio queli limiti culturali che li rendevano immuni dalla propaganda. Essi non capivano i comunisti quando disprezzavano usanze secolari, quelle stesse tradizioni ed usanze che avevano funzionato benissimo nello scandire la vita dei loro avi, dei loro nonni e dei loro padri. Nello stesso tempo non potevano capire questi mmericani, con le loro mode compulsive, le loro puttane e i loro vizi.

Sfortunatamente, proprio questi limiti facevano di loro il facile zimbello di chi voleva colpire l’italianita’: trasformati dai modelli anglosassoni o sovietici i ricchi, attratti i borghesi , i custodi dell’italianita’rimanevano proprio i ceti deboli, facili da sfottere, facile bersaglio di chi volesse deridere l’ italiano in quanto tale. Fortunatamente una forte base provinciale resisteva ancora, e la piccola borghesia , operosa fino al parossismo, era ancora conservatrice e limitata abbastanza da non sentire ne’ le sirene sovietiche ne’ quelle angloamericane.

Questo equilibrio tra i mondi duro’ fino agli anni del 1968. Inizialmente il PCI fu ostile a questa cultura che veniva pur sempre dal mondo anglosassone, ma poi si rese conto di come la “protesta” fosse un ottimo espediente per propagare anche tra i giovani e gli universitari la convinzione che nulla , in Italia , fosse degno di sopravvivere, che tutto fosse da cancellare, e che nella cultura italiana, nell’ italianita’, non ci fosse nulla di buono.

Dal punto di vista anglosassone fu importante perche’ diffondendosi tra i figli dei piccoli borghesi, dei negozianti e dei primi ceti medii, esso completava la colonizzazione culturale del paese. Tutti coloro che uscirono dal 1968 uscirono da un periodo nel quale si discuteva sul modello da sostituire all’italianita’, se quello sovietico, o piuttosto il maoismo, o la cultura angloamericana; la radice comune era la convinzione che nella cultura italiana tutto fosse comunque sbagliato, e che gli italiani se lasciati a se’ stessi non potevano fare nulla di buono, limitati dalla loro stessa italianita’.

Il tradimento verso il proprio paese fu di tale portata che solo i ceti davvero bassi rimasero portatori di quel che rimaneva dell’italianita’, ovviamente solo quella peggiore e degradata dei bassifondi; essi erano funzionali alla propaganda antinazionale , al punto che di fronte a qualcosa di buono le persone erano orgogliose di essere occidentali, mentre di fronte a qualcosa di brutto si vergognavano di essere italiane.

Questo cinquantennio di propaganda, che ha insegnato come qualsiasi cosa venga da fuori del paese sia migliore e come qualsiasi cosa all’italiana sia peggiore , ha condizionato le menti delle persone a tal punto da portarle ad un trasfer completo; persino dichiarare una banale evidenza come “l’Italia e’ un paese latino”, che per gli stranieri e’ lapalissiana, trova negli italiani sguardi perplessi. Ma come, i latini non sono sudamericani e spagnoli? L’opera di lavaggio del cervello e’ stata cosi’ radicale e profonda che e’ avvenuto quello che Freud chiamava Transfer, e l’italiano si autoattribuisce un’identita’ “occidentale” inesistente, rifiutando un’evidenza storica incancellabile, cioe’ quella di essere un paese latino.

Cio’ che nessuno si aspettava, pero’, era la rivincita di quelli che sembravano destinati alla scomparsa definitiva. Quei residui di italianita’ che tanto erano disprezzati, nel frattempo, si spezzavano la schiena di lavoro, diffidavano delle sirene proletariste come di quelle anglosassoni, entrambe viste come un nemico , perlomeno come crudeli signorotti snob che li additavano ad esempi di miserabile italianita’.

Abituati a lavorare sotto la frusta di padroni ben peggiori, abituati al disprezzo dei ceti piu’ alti, abituati ad essere additati quali residui arcaici del passato, gli ultimi autentici italiani rimasti nel paese si sono spezzati la schiena per cinquant’anni, come solo una classe sociale di servi sa fare. Ma lo hanno fatto in un’economia molto diversa da quella tradizionale. Abituati a vivere senza speranza hanno lavorato come bestie senza lasciarsi avvilire dalla propaganda , abituati ad essere chiamati ignoranti sono rimasti se’ stessi senza lasciarsi disturbare dal dileggio molto british delle classi dirigenti benvendute.

Oggi sono una massa furente di persone che non ha MAI accettato quella propaganda , che ha stretto i denti di fronte alla disperazione portata avanti dalla propaganda del PCI, sono una popolo che dell’italianita’ ha conservato la parte peggiore (del resto spettava ad altri conservare quella migliore, non e’ a loro che va attribuito questo fallimento) , ma rimangono oggi gli unici italiani presenti.

C’e’ una sola piccola sfortuna: abituati a stringere i denti e a lavorare , anche nel disprezzo delle classi superiori e nella disperazione apocalittica cantata dai ricchi intellettuali molto in voga tra i radicalchic, questi italiani si sono arricchiti. Lavorando come bestie, a denti stretti, hanno raggiunto lo status di “parte produttiva del paese”.

Essi sono rabbiosi, desiderano vendetta (o forse giustizia) per quasi sessant’anni di umiliazioni da parte di coloro che , in nome della nuova cultura (anglosassone o sovietica) li aveva disprezzati perche’ troppo italiani.

Oggi non e’ piu’ facile come un tempo deriderli, specialmente quando sono loro i titolari dell’azienda ove lavorano come precari i figli laureati di coloro che fino a qualche anno fa li schifavano come pezzenti. Perche’ questa e’ la verita’: quello che dispregiativamente oggi viene definito “la pancia del paese” e’ fatto da coloro che per mezzo secolo sono stati disprezzati dai “migliori”. I vostri preziosi figli che sanno l’inglese e hanno la cultura alta stanno facendo i precari , le vostre figlie colte e laureate stanno sculettando e facendo le escort per questi , gli ultimi italiani del paese, o meglio, quelli che non hanno mai tradito il loro paese.

Non sento le voci che li accusano di essere ignoranti; essi sono semplicemente la parte meno sviluppata del paese che ha avuto una rivincita economica; non era loro il compito di portare avanti la cultura alta; se essa e’ scomparsa lo si deve a chi con un colpo di spugna l’ha sostituita con la cultura dei vincitori. Loro hanno resistito a denti stretti, e se le classi alte avessero fatto lo stesso oggi la cultura italiana sarebbe sopravvissuta anche nelle sue componenti piu’ alte. Ma gli unici che stringevano i denti, lavoravano come bestie e tiravano dritto erano loro. Chi e’ causa del suo male, pianga se’ stesso.

Oggi, i cantori di morte hanno i giorni contati. Questi ultimi italiani sono rabbiosi, desiderano rifarsi di cinquant’anni di umiliazioni. Sono ricchi, e hanno i mezzi per andare al potere e mantenere il potere stesso. Non ascoltano le sirene disfattiste; se non capiscono il concetto, se anche non sanno analizzare la propaganda postsovietica delle sinistre , per istinto sanno riconoscere quella disperazione indotta contro la quale hanno lavorato e stretto i denti per anni. Per istinto sanno riconoscere quel sistema di sperpero vizioso che e’ il mondo anglosassone, e sanno prenderne solo la parte che gli interessa, cioe’ quella che va di moda. Ma rimangono uguali a se’ stessi, anche se dopo cinquant’anni a stringere i denti il loro sorriso sembra ormai un ringhio rabbioso.

Oggi i cantori di morte hanno i giorni contati, e non credo, in coscienza, che valga la pena salvarli.

Chi tiene un blog dovrebbe forse deriderli ed evidenziarne l’ignoranza, ma io non riesco. Non riesco perche’ vengono da una storia di classe che non assegna A LORO il compito di salvare la cultura alta. Se essa e’ scomparsa, la colpa non e’ loro. Loro hanno conservato cio’ che avevano, al punto che oggi sono gli unici italiani rimasti. Accuso semmai le elite di aver gettato da parte troppo frettolosamente la cultura italiana per piegarsi a quella dei vincitori.

Dovrei forse stigmatizzare la loro rabbia e la loro violenza interiore. Eppure quella rabbia e quella forza genuina hanno permesso loro di resistere a mezzo secolo di tortura sociale, un interminabile supplizio di esclusione e derisione messo in opera dal mondo “moderno” , dagli “emancipati”, una mostruosa macchina da umiliazione cui hanno resistito per decenni lavorando e stringendo i denti.

Dovrei avere paura della loro violenza. Ma non ne ho. Non so se uccideranno migliaia o milioni, e onestamente non mi interessa. Chi oggi fa parte del coro dei cantori di morte e’ gia’ morto nello spirito, e rappresenta solo una carcassa che cammina; nel fallimento del sistema culturale ed economico anglosassone quelli che sono stati i padroni del paese hanno partorito e mandato a scuola i futuri schiavi, e i figli dei colti e degli emancipati andranno ad elemosinare uno stipendio da fame dai nuovi ricchi, le loro figlie andranno a prostituirsi dai nuovi padroni, i vecchi italiani, che frusteranno i loro figli colti e laureati e scoperanno le loro figlie bilingui con il piacere che viene dalla rivincita. Come biasimarli?

Ho ancora in mente la lettera di Celli, e so che cosa spero, nel profondo del cuore. Spero che venga cancellato fisicamente dalla storia del paese, che la violenza e la rabbia degli ultimi italiani si alzino e gridino “TACI!” a quel cantore di morte e disperazione che vuole spegnere le ultime luci negli occhi dei giovani , che glielo gridino con la forza dei giusti, e perche’ no, anche con la violenza degli oppressi.

Spero che questa “pancia del paese” divenga sempre piu’ forte, e che il loro stringere i denti si trasformi in un sorriso capace di gelare il sangue nelle vene al vecchio, a quell’Italia di importazione british, a quegli intellettuali di importazione sovietica, ai loro figli, ai loro nipoti.

Non penso sia giusto ne’ morale impedire agli ultimi italiani di riprendersi il proprio paese e di viverci, schiacciando quelle intellighenzie vendute e succubi dei vincitori della seconda guerra mondiale. Un secolo fa. E ancora non se ne vanno.

Le classi sociali piu’ disperate sono state la riserva indiana ove si sono salvati gli ultimi italiani. Oggi quelle classi sociali , grazie ad un lavoro sovrumano, sono riuscite a diventare la pancia del paese e ad andare al governo. Onestamente, devono rimanerci. Perche’ se lo sono meritato, e perche’ se ancora distinguiamo un italiano da un gallese lo dobbiamo a loro.

Il paese e’ loro. Se lo sono guadagnato.

So che prima o poi metteranno a tacere con la forza questi cantori di morte e disperazione. So che tapperanno con il piombo la bocca a tutti quelli che oggi cantano come se fosse una vittoria ogni male del paese, per attribuirlo a qualche odiato avversario politico.

Onestamente, dopo i cinquant’anni di tortura sociale che hanno subito, non riesco a non vedere una giustizia in tutto questo.

Personalmente, volgero’ gli occhi dall’altra parte. Non sono disposto ad accettare la violenza dei cantori di morte, perche’ so che si tratta di una violenza fine a se’ stessa, di gente che sa solo cantare la fine del paese ma e’ incapace di costruire qualsiasi cosa.

Ma nei confronti della violenza di chi e’ stato vittima di cinquant’anni di tortura sociale , di derisione, di umiliazione , di emarginazione dai “salotti buoni”, non riesco ad avere pregiudizi.

Vogliono censurare il web e tutti si inalberano; dove eravate quando a loro, la pancia piena(4) del paese oggi al governo, non veniva permesso di aprire bocca perche’ non parlavano con accento abbastanza british, perche’ non erano laureati, perche’ portavano nella voce e nel corpo i segni di una vita di lavoro? Non li avete forse zittiti , derisi, emarginati da ogni dibattito per cinquant’anni, questi “ultimi italiani”? Ora sono diventati ricchi, e potenti, e ora zittiranno voi. Non riesco a vederci nulla di male.

C’e’ violenza e violenza. E quella delle ex vittime si chiama giustizia.

(1)XVI Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica, Mosca.

(2) Omosessualita’ e pedofilia sono due cose distinte. Proprio per questo Pasolini va definito pedofilo, e non omosessuale. Di lui si conoscono le frequentazioni di ragazzini giovani, ma non si conosce alcun amore per persone adulte dello stesso sesso. Se andiamo gridando che omosessualita’ e pedofilia siano cose diverse e distinte, allora Pasolini era un pedofilo, e non un omosessuale. Potrei sbagliare: mi si mostri allora un fidanzato/compagno di Pasolini, di lui almeno coetaneo.

(3) In realta’ sia angloamericani che sovietici ingerivano pesantemente nella politica italiana , per cui non lo sapremo mai, dal momento che l’ Italia fu tutto, tranne che “lasciata da sola”.

(4) Sono sempre stati, in fondo, la pancia del paese. Prima degli anni ‘80, erano la pancia vuota. Oggi sono la pancia piena. Curioso come un capovolgimento economico stravolga la cultura e la politica. E forse anche la storia.

by Uriel

La verità sulla borsa




Nessuno riesce più a capire perché la borsa continui a progredire, mentre tutti gli indicatori sono in rosso (il più importante è la disoccupazione). I media definiscono “ripresa” questo fenomeno. La Banca mondiale, del resto, aveva stimato il ribasso del PIL mondiale del 3% per il 2009. Fonte: “Ribasso del 3% del PIL mondiale nel 2009” — leJDD.fr

Ora, il Dow Jones è passato da 8577 punti, il 15 ottobre, a 10.000 punti il 14 ottobre 2009, vale a dire più del 16% in piena crisi. Abbiamo quindi –3% per l’economia reale e + 16% per la borsa, strano no?

Una piccola spiegazione (di natura tecnica) è quindi d’obbligo.

I. I topi abbandonano la nave

Gli ‘Insiders’, cioè i responsabili delle imprese americane abbandonano la nave. Vendono a più non posso le loro azioni! Per mascherare questo fatto, Goldman Sachs che rappresenta più del terzo del volume dei titoli negoziati del NYSE (New York Stock Exchange) falsa i mercati grazie al trading “quantistico” o algoritmico. Questi scambi si effettuano con elevata frequenza su piccoli blocchi negoziati in permanenza tra un numero ristretto di fondi quantistici e di programmi di trading.

Laurent Useldinger, presidente di Ullink, une società che fornisce soluzioni di trading e di connettività FIX (Financial Informations Xchange) spiega così il trading quantistico: “Si ritiene che un trader che possiede strumenti algoritmici tratti un numero di ordini dieci volte superiore a un’operazione eseguita manualmente”

Sono tutte chiacchiere ovviamente, scollegate da ogni realtà economica!


II. La verità sulla borsa

Il NYSE, New York Stock Exchange che si chiama “Wall Street” o Borsa di New York, è la più grande borsa mondiale. Nel luglio del 2009, Goldman Sachs rappresentava un terzo dei volumi di scambi (program trading) e i 3 protagonisti principali (Goldman Sachs, Crédit Suisse e Morgan Stanley) rappresentavano, quanto a loro, il 63,6%. Ne è la prova il grafico “la verità sulla borsa” sul mio blog. Certo, tutto ciò è trading “quantistico”, un’aberrazione del mercato. Philippe Béchade nella ‘cronaca Agora’ fornisce un’eccellente analisi (fonte: Programmi di trading e manipolazione di corsi).


“Per chi nutrisse ancora dubbi, il comportamento ‘robotico’ del mercato prova in modo eclatante che non esiste più alcun contropotere reale di fronte alle macchine. I programmi di trading automatizzati regolano con precisione geometrica l’angolo di progressione del canale ascendente. Una volta bloccato l’indice al rialzo implicito (azioni, indici, materie prime) una serie di opportunità infinite viene offerta agli operatori. Possono arbitrare in tempo reale l’insieme delle categorie di derivati: opzioni, warrants, CFD (Contract for difference), contratti su indice.

Il crollo della volatilità consecutivo alla scomparsa di ogni correzione tecnica—ecco ancora un fenomeno che dimostra che ogni psicologia umana è cancellata dai computers senza pietà—tenderebbe a dimostrare che gli operatori ostentano una fiducia assoluta in un contesto in cui corso della Borsa e congiuntura sono totalmente scollegati.” Inoltre, il 30 giugno 2008, l’OCC (Comptroller of the currency, l’autorità del governo che tutela le banche) dichiarava che gli Stati Uniti possedevano 182.100 miliardi di dollari di prodotti derivati (delle metastasi); ora, qualche mese fa, l’ultimo rapporto fatto era di 20.000 miliardi di dollari (controllati da 5 banche). Nel momento in cui si parla di regolamentare la finanza, 20.000 miliardi di dollari sono stati creati in 1 anno, cioè una volta e mezzo il PIL degli Stati Uniti (tabella pagina 12).

La crisi sistemica attuale, che è il canto del cigno del nostro sistema economico, ci dimostra che le teorie economiche sono obsolete.

Paul Krugman che è rimasto indietro, si chiede ancora come gli economisti abbiano fatto a sbagliare fino a questo punto.

Eppure è semplice, le teorie economiche non si sono evolute allo stesso ritmo della finanza. Quest’ultima, grazie all’aiuto della matematica e delle pressioni politiche, ha saputo creare un gigantesco ‘casinò planetario’ con somme che superano 10 volte il PIL mondiale. Peggio ancora, la maggior parte di queste decine di migliaia di miliardi di dollari, sono direttamente legate ai debiti.

Tutte le teorie economiche vanno quindi a pezzi: quelle sul valore, sulla relazione capitale/lavoro ecc. ecc.

“Era inevitabile che fatti così gravi accadessero” dichiarava Benoît Mandelbrot, matematico e inventore dei frattali, poiché questo sistema è matematicamente condannato. Sta morendo in questo stesso istante, è arrivato il tempo di un nuovo paradigma, di una nuova visione del mondo, in effetti, che deve escludere i “signori feudali” che tentano di bloccare definitivamente il sistema a loro vantaggio.
di Gilles Bonafi

26 dicembre 2009

Il parlamento mediatico ha cambiato la politica


Negli ultimi quarant’anni è avvenu­ta una rivoluzione culturale. Pri­ma la cultura era una piramide al cui vertice c’erano i grandi filosofi, gli stu­diosi, i registi, i romanzieri che studia­vano, analizzavano la vita umana e in­dicavano mete e valori. Le loro opere, i loro libri venivano letti e discussi dalle persone colte e da esse il sapere si river­sava su tutta la popolazione in pubblici dibattiti, nei quotidiani, alla radio, alla televisione. Essi potevano avere posizio­ni politiche diverse, ma avevano una ba­se culturale comune per cui si rispetta­vano e si capivano.

Oggi la piramide culturale è scompar­sa, al suo posto c’è un grande palcosce­nico mediatico formato dalle televisioni e, a distanza, dai quotidiani e dal web. In questo palcoscenico i protagonisti so­no i grandi conduttori televisivi, i politi­ci ed i commentatori politici importan­ti, i divi dello spettacolo e dello sport, alcuni intellettuali e gli specialisti del gossip. Vi entrano poi, volta per volta, i personaggi che balzano alla ribalta del­la politica, della letteratura, del cine­ma, della cronaca nera e di quella scan­dalistica. Sono un migliaio di persone, che ritroviamo dappertutto, negli spet­tacoli come nei talk show dove si invita­no a vicenda. Le riviste femminili com­pletano il quadro parlando dei loro amo­ri, divorzi, figli e amanti.

Queste persone costituiscono un vero e proprio «parlamento mediatico» in cui si espongono idee, si sostengono opi­nioni, si affermano valori, si propongo­no modelli di comportamento in tutti i settori: politica, arte, scienza, educazio­ne, medicina, spettacolo. È avvenuto un immenso processo di «democratizza­zione e massificazione» della cultura. In questo «parlamento mediatico» vi sono molti centri di potere che competo­no fra loro e prevale chi ha più audience così come nelle elezioni politiche preva­le chi ha più voti. Alcuni leader di que­sto «parlamento» hanno un potere di influenzamento molto più alto di un mi­nistro dei Beni culturali o della Pubbli­ca istruzione, ma nessun politologo ha mai fatto uno studio di questo potere e nessuno sa dirci che fondamento di le­gittimità abbia. Ed è peccato perché in questo modo non riusciamo a capire chi conta veramente nella cultura italiana e ne ha la responsabilità. Togliamoci co­munque dalla mente l’illusione che al vertice ci sia ancora l’alta cultura o l’università o gli uomini politici che ne sono diventatati essi stessi ormai total­mente prigionieri.

25 dicembre 2009

Buon Natale


Auguri a Tutti,
speranze per un futuro migliore siano seminate nelle menti fertili.
by Leon

24 dicembre 2009

Israele ammette: rubati gli organi ai palestinesi morti

bustedrabsAll'inizio di settembre un articolo del giornale svedese Aftonbladet aveva scatenato una crisi diplomatica tra Svezia e Israele. Nell'articolo i parenti di un palestinese denunciavano che gli israeliani avevano restituito il cadavere del loro caro dopo averne prelevato degli organi e che il loro caso non era unico.

Immediatamente da Israele si alzò un fuoco di sbarramento feroce che definì "antisemita" il giornale, la Svezia e chiunque prestasse orecchio ad accuse immaginarie. Oggi invece sappiamo che le "l'immaginario furto d'organi" è stata pratica comune in Israele per oltre dieci anni. A ridurre, solo parzialmente, l'orrore si è venuto a sapere che l'istituto forense israeliano Abu Kabir, non ne faceva questione di nazionalità, rubava gli organi senza consenso sia ai cadaveri dei palestinesi che a quelli degli israeliani che transitavano dalla struttura per le autopsie. L'istituto era l'unico istituto di medicina legale del paese ed è al centro di un clamoroso scandalo che riguarda proprio un traffico internazionale d'organi a pagamento (nelle foto la retata negli Stati Uniti).

Alcuni parenti di soldati israeliani morti hanno fatto causa all'istituto fin dal 2001, possibilità per ora negata ai parenti delle vittime palestinesi, perché gli espianti sui palestinesi erano negati dl governo israeliano. Il dottor Hiss, nonostane le pesantissime accuse che comprendevano altre irregolarità (tra le quali una collezione di teschi umani e l'aver taroccato l'autopsia di Rabin), è stato assolto da ogni accusa e protetto dal governo, motivo dell'assoluzione è che Hiss non avrebbe tratto profitto dai suoi reati, perché "il suo unico interesse era l'avanzamento della ricerca scientifica". Una giustificazione ccettabile e imbarazzante che si è già sentita nel passato, Hiss continua ancora oggi a lavorare come patologo nella stessa struttura e il governo, difendendolo, ne ha condiviso implicitamente l'operato.

L'ammissione è contenuta in una intervista del 2000 all'allora capo dell'istituto Jehuda Hiss, al canale televisivo israeliano Channel 2 TV, intervista che poi non è mai stata mandata in onda, conservando il segreto su questo modo criminale di procedere fino a ieri. L'intervista è andata in onda questo fine settimana e non perché in Israele si stia decidendo una nuova e discussa disciplina dei trapianti, per la quale i donatori di organi acquisirebbero la precedenza nei trapianti sui non donatori.

È stata Nancy Sheppard-Hughes, l'accademica statunitense che aveva intervistato il professor Hiss nel 2000, a decidere di rendere pubblica l'intervista proprio per la delicatezza delle questioni sollevate dall'articolo di Aftombladet. Secondo Sheppard-Hughes l'intervista dimostra che non esisteva un accanimento razzista sui corpi dei palestinesi, ma non si può mancare di notare che nell'esercitare la pratica sui palestinesi i medici israeliani hanno infranto leggi e norme che vanno oltre la deontologia professionale, visto che Israele non poteva esercitare alcuna sovranità sui corpi degli "stranieri" e ancora meno su quelli dei nemici uccisi in combattimento o durante i numerosi episodi di repressione ai danni della popolazione palestinese. Al seguito dell'intervista nessuno ha più avuto il coraggio di smentire nulla, anche perché è arrivata anche la stringata ammissione ufficiale dell'esercito "quelle pratiche hanno avuto luogo" a mettere la parola fine sulla questione.

aftonSe il furto d'organi avesse interessato solo i corpi di cittadini israeliani lo scandalo avrebbe avuto una dimensione esclusivamente nazionale, ma ora che si è saputo che il traffico si estendeva ai corpi dei palestinesi la questione diventa un problema di natura necessariamente internazionale e chiama in causa le responsabilità dei vertici del governo israeliano. Responsabilità relative a crimini gravissimi compiuti nei confronti di una popolazione sotto regime d'occupazione militare, ce n'è abbastanza per un'altra causa per crimini di guerra contro i governi israeliani dell'epoca.

Uno scandalo e un colpo all'immagine che non potrà certo risolversi dando dell'antisemita a caso, ma anche una rivincita del quotidiano a del giornalista svedese che a settembre erano finiti nella bufera, costretti poi a precisazioni pelose per quietare l'assalto della propaganda israeliana e deflettere l'accusa di antisemitismo, portata rabbiosamente e a gran voce da blog e testate filo-israeliane, arrivando a parlare di "matrimonio all'inferno" tra l'Aftonbladet e Hamas. In Italia non era andata molto meglio e nessun politico aveva difeso il diritto di cronaca di fronte alla furia dei soliti noti, che erano giunti a chiedere il boicottaggio dell'IKEA contro i cattivi antisemiti.

Oggi, mentre Google News restituisce oltre un migliaio d'articoli sulla clamorosa conferma, la versione italiana offre solo sei risultati, nessuno dai maggiori quotidiani e nessuno che ricordi l'iniziativa di Fiamma Nirenstein (deputata del PDL con cittadinanza israeliana) che da sola causò un piccolo incidente diplomatico tra Italia e Svezia, approfittando della sua posizione in Commissione Esteri per dare dell'antisemita agli svedesi in nome del governo italiano. Nessuno è corso neppure ad intervistare il ministro degli esteri Frattini, che aveva dismesso come false le notizie pubblicate da Aftonbladet.

Ancora una volta l'uso sistematico dell'accusa di antisemitismo da parte della propaganda israeliana si è rivelato efficace nel ridurre al silenzio le voci critiche con Israele, ma ancora una volta l'accusa si è dimostrata falsa, un'offesa e un insulto alla verità. Chi non ha ragioni da opporre, può ricorrere solo all'insulto, da tempo Israele è ridotto a poter usare solo l'espediente dell'accusa di antisemitismo perché di ragioni nel reprimere e cacciare i palestinesi nei territori, etiche o legali che siano, non ne ha più alcuna.

by Mazzetta

I banchieri? Un danno per la società "Vale di più l'operatore ecologico"


L'analisi e la proposta degli economisti della New economics foundation (Nef). "Collegare gli stipendi al contributo di benessere che un lavoro porta alla comunità"

Vale più un addetto alle pulizie, soprattutto se in ospedale, che un banchiere. In più, il secondo crea anche problemi alla società. Sembra tanto l'affermazione fatta da un qualsiasi avventore di bar e invece è la conclusione della ricerca elaborata dal think tank della New economics foundation (Nef), un gruppo di 50 economisti famosi per aver portato nell'agenda del G7 e G8 temi quali quello del debito internazionale.

Il Nef ha calcolato il valore economico di sei diversi lavori, tre pagati molto bene e tre molto poco. Un'ora di lavoro di addetto alle pulizie in ospedale, ad esempio, crea dieci sterline di profitto per ogni sterlina di salario. Al contrario, per ogni sterlina guadagnata da un banchiere, ce ne sono sette perdute dalla comunità. I banchieri, conclude il Nef, prosciugano la società e causano danni all'economia globale. Non bastasse questo, valutano ancora gli economisti impegnati in un'etica della finanza, i banchieri sono i responsabili di campagne che creano insoddisfazione, infelicità e istigano al consumismo sfrenato.

"Abbiamo scelto un nuovo approccio per valutare il reale valore del lavoro - spiega il Nef nell'introduzione alla ricerca - . Siamo andati oltre la considerazione di quanto una professione viene valutata economicamente ed abbiamo verificato quanto chi la esercita contribuisce al benessere della società. I principi di valutazione ai quali ci siamo ispirati quantificano il valore sociale, ambientale ed economico del lavoro svolto dalle diverse figure".

Un altro esempio che illustra bene il punto di partenza del Nef è quello della comparazione tra un operatore ecologico e un fiscalista. Il primo contribuisce con il suo lavoro alla salute dell'ambiente grazie al riciclo delle immondizie, il secondo danneggia la società perché studia in che modo far versare ai contribuenti meno tasse.

"La nostra ricerca analizza nel dettaglio sei lavori diversi - si legge ancora nell'introduzione - scelti nel settore pubblico e privato tra quelli che meglio illustrano il problema. Tre di questi sono pagati poco (un addetto alle pulizie in ospedale, un operaio di un centro di recupero materiali di riciclo e un operatore dell'infanzia), mentre gli altri hanno stipendi molto alti (un banchiere della City, un dirigente pubblicitario e un consulente fiscale). Abbiamo esaminato il contributo sociale del loro valore e scoperto che i lavori pagati meno sono quelli più utili al benessere collettivo".

La ricerca, infine, smonta anche il mito della grande operosità di chi ha lavori ben retribuiti e di grande prestigio: chi guadagna di più, conclude il Nef, non lavora più duramente di chi è pagato poco e stipendi alti non corrispondono sempre a un grande talento. Eilis Lawlor, portavoce della Nef, ha voluto però precisare alla Bbc: "Il nostro studio vuole sottolineare un punto fondamentale e cioè che dovrebbe esserci una corrispondenza diretta tra quanto siamo pagati e il valore che il nostro lavoro genera per la società. Abbiamo trovato un modo per calcolarlo e questo strumento dovrebbe essere usato per determinare i compensi".
tratto da Repubblica

23 dicembre 2009

11/9: il volo AA77 non può essere stato dirottato

Documenti declassificati mostrano che la portiera della cabina è sempre rimasta chiusa a chiave. Sarebbe dunque stato impossibile per i dirottatori entrarvi o fare uscire il pilota durante il volo.

Secondo il rapporto della commissione presieduta da Kean-Hamilton, il volo AA77 sarebbe stato dirottato da alcuni pirati dell'aria l'11 settembre e si sarebbe schiantato contro il Pentagono.

Il rapporto precisa che il dirottamento sarebbe avvenuto tra le 8:51 (ora dell'ultimo contatto radio) e le 8:54 (ora in cui l'aereo cambia rotta); che, essendosi interrotto il contatto col transponder, le traccie dell'apparecchio sono state perse alle ore 8:56. Solo alle ore 9:32, l'aviazione civile nota un aereo in prossimità di Washington, che viene identificato, per deduzione, essere il volo AA77.



Il rapporto precisa altresì che le due passeggere Renée May e la giornalista Barbara Olson hanno indicato per telefono ai loro cari il fatto che sull'aereo ci fossero 6 dirottatori (e non cinque) armati di taglierini. Secondo la testimonianza di Ted Olson, procuratore generale degli Stati Uniti, sua moglie avrebbe precisato che i passeggeri sarebbero stati raggruppati nella parte finale del Boeing, e gli avrebbe chiesto quali istruzioni trasmettere al capitano, il quale si trovava con lei.

Le testimonianze dei passeggeri sono già state invalidate dall'indagine dell' FBI, al momento del processo Moussaoui. In quella occasione, è stato stabilito come non fosse possibile, al tempo, effettuare telefonate da una tale altitudine e che, del resto, non vi era traccia di queste conversazioni nei rilevamenti delle compagnie telefoniche.

I documenti del National Transportation Safety Board (NTSB), nuovamente declassificati su richiesta dell'associazione « Pilot for 9/11 Truth », fanno risultare la registrazione del parametro « CI » intitolato « Flight Deck Door ». Quest'ultimo mostra che la portiera della cabina è rimasta chiusa a chiave. Sarebbe dunque stato impossibile entrarvi o farne uscire il pilota durante il volo.

In queste condizioni, solo il comandante Charles F. Burlingame e il copilota David Charlebois si trovavano nella cabina nel momento in cui l'aereo ha cambiato rotta.

Il comandante Charles F. Burlingame era un ex-pilota di caccia della Navy. E' stato portavoce del Pentagono durante l'operazione Tempesta del deserto. E' ugualmente stato responsabile di un esercizio di simulazione che metteva in scena il possibile schianto di un aereo di linea sul Pentagono. In virtù di una legge ad hoc, i suoi presunti resti sono stati inumati nel prestigioso cimitero militare d'Arlington, seppure la sua sia stata considerata una morte in vesti civili. Sua sorella Debra Burlingame co-presiede assieme a Liz Cheney (figlia del vice-presidente Dick Ceney) l’associazione Keep America Safe.
di Reseau Voltaire

21 dicembre 2009

Chi ha ucciso l’economia?

Qualcuno di voi sa perché il senatore repubblicano e texano Phil Gramm merita un posto nella storia?

Se proprio non ricordate qualcosa, prendetevela con i giornali. Perché è davvero difficile che una persona non addetta ai lavori sappia o ricordi che cosa stabilì il Gramm-Leach-Bliley Act, approvato nel 1999 negli Stati Uniti d’America. Eppure, se si dovesse indicare un singolo evento per spiegare la drammatica crisi finanziaria che stiamo vivendo oggi, l’entrata in vigore della proposta che recava come prima firma quella del senatore repubblicano e texano Phil Gramm rappresenterebbe una delle scelte più azzeccate.

È in quel momento, infatti, e anche grazie a ben due iniziative di Gramm, dopo anni di battaglie a favore della deregolamentazione e del liberismo più spinti, che gli Usa, e di conseguenza anche il mondo, decidono di mettere da parte una delle lezioni tratte dalla crisi delle borse del 1929, dagli errori commessi nell’affrontarla e dalle dolorose conseguenze per le economie di tutto il pianeta. A cominciare dalla lunga fase della depressione,
dai salvataggi pubblici a ripetizione, dall’incertezza e dalla sofferenza per innumerevoli famiglie. Senza contare le ripercussioni politiche che lo shock ebbe nella Germania uscita sconfitta dalla prima guerra mondiale.

La prima lezione del 1929 riguarda il protezionismo: mai rispondere ad una crisi finanziaria con l’innalzamento delle barriere tra paese e paese.
Invece di fornire il respiro necessario alla ripresa, un atteggiamento di chiusura riduce l’attività, crea un avvitamento.

La seconda lezione riguarda la liquidità: nel fronteggiare una crisi finanziaria il rigore nella distribuzione della moneta rischia di essere mortale, perché sottrae preziose munizioni alle banche, la cui crisi – considerate le innumerevoli connessioni con i diversi attori dell’economia – può far saltare l’intero sistema, comprese le industrie sane e le famiglie. Di queste lezioni si è fatto tesoro nel momento di affrontare altre difficoltà.

Nel 1987, quando gli indici azionari di Wall Street calano in un solo giorno del 23 per cento, la Federal Reserve, la banca centrale degli Usa, fornisce al mercato la liquidità necessaria per evitare ulteriori danni.

Nel 1989, di fronte al fallimento del sistema delle casse di risparmio, il governo federale Usa interviene prontamente per un salvataggio pubblico. Quando scoppia la bolla di Internet e soprattutto dopo l’attacco alle torri gemelle di New York, nel settembre del 2001, Alan Greenspan, governatore della Federal Reserve, taglia i tassi di interesse per rendere il denaro da prendere in prestito sempre meno caro.

Lo stesso si sta facendo oggi.

La lezione dimenticata riguarda invece le regole ed i controlli sulle banche.

Negli anni Trenta, l’esperienza fatta con la crisi porta gli Usa e molti altri paesi ad adottare un nuovo modello di sistema creditizio, basato su tre punti fermi: controllo sulle aziende di credito; netta divisione tra banche commerciali, che raccolgono i depositi dei clienti normali, e banche d’affari, che fanno credito a lungo termine alle industrie; limiti ferrei nel possesso di quote societarie delle industrie da parte delle banche e viceversa.

Due esempi per tutti: nel 1933 la legge Glass-Steagall negli Usa e, nel 1936, la legge bancaria italiana.

In parole povere, il comportamento delle banche e degli operatori finanziari aveva provocato un tale disastro, a cominciare dalla perdita dei posti di lavoro per finire con la necessità di intervenire con numerosi salvataggi pubblici (in Italia portò alla nascita dell’Iri), da suggerire rigore, controlli e grande prudenza.
Questo atteggiamento non viene meno con la guerra. Anzi, sul finire del secondo conflitto mondiale, l’idea che siano necessarie regole, controlli, certezza della stabilità e presenza forte dello Stato viene utilizzata non solo nel settore bancario, ma per tutta l’economia, a cominciare dal punto fondamentale: la moneta.

Nel 1944, a Bretton Woods, viene concordato un nuovo ordine monetario mondiale che stabilizza i cambi mettendo al centro del sistema il rapporto fisso tra dollaro e oro.
Il sistema delle regole e dei controlli, da un lato per le banche e le società finanziarie, dall’altro per le monete, garantisce per alcuni decenni una sostanziale stabilità all’economia mondiale. Poi, in due distinte fasi, viene ribaltato.

In una prima fase viene superato il sistema dei cambi. Nella notte tra il 14 ed il 15 agosto del 1971, il presidente Usa, Richard Nixon, dichiara unilateralmente l’inconvertibilità del dollaro in oro, permettendo così agli Usa – appesantiti dalle spese per sostenere la guerra nel Vietnam – di affrontare le nuove difficoltà senza l’impaccio delle regole monetarie.

Negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, prima con il presidente Ronald Reagan e sulla spinta della scuola degli economisti di Chicago, ma poi anche con le amministrazioni repubblicana di Bush padre e democratica di Bill Clinton, negli Usa e nel resto del mondo prende il via un’ulteriore fase: togliere tutte le briglie all’economia, per farla correre sempre di più. Una spinta che si incrocia con la rivoluzione tecnologica, con lo sviluppo di nuove tecniche di ingegneria finanziaria; e alla fine degli anni Ottanta anche con il crollo del sistema sovietico.

Deregolamentazione e privatizzazione diventano parole d’ordine nel mondo intero, compresa l’Italia, dove l’enorme debito pubblico e l’immobilismo dei mercati provocati dalle numerose situazioni di monopolio impongono negli anni Novanta di vendere i gioielli di famiglia, di privatizzare l’enorme apparato pubblico composto dalle banche e dalle industrie controllate dallo Stato e di liberalizzare alcuni segmenti dell’economia, come energia, comunicazioni, trasporto.
In quel momento l’idea dominante, anche se non generalizzata, è che il capitalismo libero da ogni controllo è e sarà la scelta migliore. Ed è a questo punto che entra in scena prepotentemente Phil Gramm. Nel 1999 la legge Gramm-Leach-Blibey abolisce la vecchia legge Glass-Steagall del 1933. L’anno dopo lo stesso senatore Gramm, sponsorizzato da tutti i più importanti operatori di Wall Street, riesce a far passare un emendamento all’interno di una corposa legge finanziaria in discussione negli ultimi mesi della presidenza di Bill Clinton. Titolo: Commodity Futures Modernization Act (Cfma). Il provvedimento viene firmato da Clinton il 21 dicembre del 2000. Ed è una bomba ad orologeria: il Cfma sottrae quasi per intero i prodotti finanziari cosiddetti derivati alla regolazione e alla sorveglianza sia della Sec, la Commissione che vigila in Usa sui titoli e sulla borsa, sia della apposita commissione di controllo sui future.

È grazie a questa seconda fase di deregolamentazione che si sono potuti moltiplicare, e senza eccessivi controlli, i prodotti finanziari derivati trattati fuori dalle borse: dal 2000 al 2007 si è passati da un valore stimato
pari a 100 trilioni di dollari a 600 trilioni. Una cifra gigantesca, che equivale a un multiplo del Prodotto interno lordo del mondo intero. E le garanzie? Di fatto, tutto viene ritenuto possibile sulla base dell’idea che il mercato abbia al proprio interno, per sua natura, meccanismi di sicurezza.

Ma anche nella presunzione che le grandi banche di investimento rimaste negli Usa fuori dal controllo stringente della Federal Reserve, così come i nuovi, raffinati ingegneri della finanza, siano ormai così bravi da garantire da soli, senza bisogno di lacci e lacciuoli, il miglior funzionamento del mercato e la sicurezza degli investimenti. Lehman Brothers, Goldman Sachs, J.P. Morgan, Morgan Stanley, Merrill Lynch, insomma il Gotha della finanza mondiale: avrebbero fatto crescere tutti e garantito tutti con il proprio nome, la propria storia, l’indiscussa bravura. Un esempio per tutti.

Il fatto straordinario è che di questi passaggi, delle iniziative legislative con le quali Gramm, ma potremmo dire anche Bill Clinton, smontarono il sistema dei controlli che fino ad allora avevano fatto degli Stati Uniti uno dei paesi più trasparenti e sicuri dal punto di vista finanziario, tranne poche eccezioni, non ne parla nessuno. Se ne trova qualche traccia negli articoli di Luciano Gallino su Repubblica, in un articolo di Roberto Seghetti su Panorama e appena una citazione in un paginone pubblicato da La Stampa (ma Gramm è l’unico ad essere citato senza foto) con la lista di tutti i possibili colpevoli.

La ragione? Ve ne sono diverse.

Sicuramente, pesa un po’ di ignoranza. È più semplice parlare delle persone più conosciute, di coloro sui quali trovi montagne di ritagli negli archivi. Uno di questi è Alan Greenspan, governatore della Federal Reserve, altro colpevole, certamente, ma appunto più conosciuto perché è stato in primo piano sul palcoscenico mondiale ed è un personaggio che i giornali di tutto il mondo hanno amato o odiato.

Un altro motivo può essere la mancanza di teatralità, si potrebbe dire di colore, di un eventuale articolo su uno sconosciuto senatore texano.

Ma forse c’è qualcosa di più. Forse ha giocato un ruolo decisivo anche il comodo appoggiarsi alla vulgata dei più togati commentatori, economisti, banchieri, grandi industriali, esperti di vario genere, tutti d’accordo in fondo che non occorra dar troppo fastidio a coloro che fanno affari.
Perché prendersela con Gramm o con Bill Clinton, se per tutti resta necessario lasciare ai banchieri, ai finanziari, agli industriali mani libere?

Leggete bene i nostri quotidiani: guai a coloro che pensano di reintrodurre controlli veri, ficcanti, sui movimenti di denaro. Di che cosa si discute nei fondi e negli editoriali dei principali quotidiani nazionali in mezzo alla crisi provocata dalla voracità e dalle malefatte dei finanziari e dei banchieri di mezzo mondo, crisi che stiamo pagando tutti? Della riforma dei contratti di lavoro, della riforma delle pensioni, della flessibilità del mercato del lavoro e della necessaria protezione per coloro che, per salvare le imprese, bisognerà buttare fuori dall’impiego. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, in altri momenti fautore di una politica considerata dall’opposizione fantasiosa, oggi cita regole, controlli, ritorni a un’occhiuta vigilanza, e se la prende con i banchieri e i finanziari. I giornali ne riportano le dichiarazioni, con enfasi. Ma poi si fermano lì, non vanno a fondo.

Come dire, nella stampa italiana, controllata dai maggiori gruppi bancari, finanziari e industriali del paese, così come sui mezzi dei principali paesi ricchi, sembra che sia disdicevole proporre di rendere gli affari davvero trasparenti. Pensosi fondi avvertono i rischi di un’eventuale nazionalizzazione delle banche (che priverebbe gli azionisti dei loro poteri) e invocano invece la salvezza con un esborso massiccio di risorse sottratte ai contribuenti.
Si continuano a sparare titoli a tutta pagina contro la criminalità organizzata. Ma si continua anche a guardare con comprensiva partecipazione l’industriale o il banchiere che ha aggirato le regole (notizia che finisca a pagina 35).

È in questo contesto, insomma, che nasce il sospetto di un’omissione e di una superficialità voluta. Raccontare come Gramm o Bill Clinton, hanno contribuito a smontare le regole, permettendo una crescita esponenziale della ricchezza finanziaria a favore di pochi e a danno di molti, non ha appeal.
Parlare di controllo sui movimenti di denaro fa storcere il naso. Vuoi mettere invece il plauso che puoi ottenere dai principali azionisti del tuo giornale se, proponendo l’estensione della cassa integrazione ai giovani precari, come si conviene a chi ha buon cuore, ipotizzi pure il superamento dello statuto dei lavoratori?

di Bankor Jr.

17 dicembre 2009

Le nostre previsioni per il 2010.




Il 2010 sarà come il 1930, o simile al 1937? Sarà diverso questa volta? Quando uno stato-nazione che in passato aveva un'alta produttività si autodistrugge con l'inflazione, quelli che rimangono indenni possono assorbire il colpo e, nel tempo, tirare fuori dai guai quello colpito. È stato il caso della Germania negli anni '20. Nel caso attuale la maggior parte delle economie mondiali sono in ginocchio, alcune più danneggiate di altre. Chi può rendere possibile il recupero questa volta? Non c'è nessuno. Non sarà la Cina, poiché molti sostengono che soffrirà lo stesso collasso sistemico sperimentato dagli Stati Uniti, dall'Europa, dalla Russia e dai paesi del Sud America. I paesi vicini alla Cina, come Giappone, Taiwan, Corea, India, Indonesia e altri, seguiranno i caduti.

Le complessità incrociate degli affari e della finanza internazionale li hanno imbrigliati tutti in una ragnatela di collasso sistemico. Quelli che possono, devono tentare di salvarsi imponendo una massiccia inflazione. Sebbene potrebbe funzionare per qualche mese, alla fine imploderà tutto. Vi prego di prestare attenzione alle seguenti parole di John Pugsley, dal titolo “Common Sense Viewpoint” ("Il punto di vista del buon senso", ndt) così come riportate in “Golden Insights” ("Preziose intuizioni", ndt) di James U. Blanchard III 1997.



"L'inflazione distruggerà il debito. La risposta finale a tutte le discussioni (inflazione contro deflazione) resta nelle mani della Federal Reserve (la banca centrale degli Stati Uniti d'America, ndt) e del governo. Entrambi sono estremamente impegnati nel prevenire un collasso finanziario o la recessione. Finché loro saranno d'accordo a stampare dollari in modo da supportare i creditori in difficoltà, il ciclo andrà avanti. Quello che la maggior parte dei deflazionisti sbagliano a considerare è che l'inflazione distrugge il debito".

"Con l'inflazione i creditori vincono e i debitori perdono. I deflazionisti non si rendono conto del fatto che se l'inflazione della disponibilità monetaria continua, cosa che succederà, ci sarà bisogno di deflazione. Tutto il debito del mondo può essere estinto creando potere d'acquisto... e questo è proprio quello che sta succedendo... i problemi relativi al debito saranno risolti, ma non saranno risolti attraverso la liquidazione dovuta a bancarotta e collasso. Saranno risolti attraverso la creazione di denaro. Stiamo per assistere alla più grande ondata di inflazione della storia del mondo. Vi conviene non trovarvi dalla parte sbagliata del dollaro." John Pugsley in "Common Sense Viewpoint"

Siamo d'accordo con il signor Pugsley, ma questo scritto risale a qualche anno fa. Ci sentiamo di suggerire che al momento, con le nazioni precedentemente più produttive che diventano vittime sia dell'inflazione-iperinflazione che del collasso sistemico, il finale potrebbe essere peggiore di quanto previsto. Il nostro pronostico è che ci sia prima inflazione, poi ad un certo punto iperinflazione.

Cosa succederà tra queste due fasi? Se dal nostro punto di vista quest'impresa richiederà almeno 2-3 anni, nessuno può saperlo con certezza. Prevediamo che il 2010 sarà uno dei peggiori anni della seconda grande depressione, o meglio, suggeriamo che il 2010 sarà il secondo ciclo di svariate fasi depressive. Il fallimento di Lehman e i crolli ad esso correlati furono solo la prima fase. Prima che la seconda fase terrorizzi i mercati globali, consigliamo di correre ai ripari.

I debiti, sia pubblici che privati, non sono stati pagati in alcuna misura. A peggiorare la situazione, nuovi debiti continuano ad affliggere le banche centrali, le banche nazionali, i consumatori e il commercio. Per poter trovare una base comune e rendere possibile un recupero, questi debiti devono essere pagati, ci si può rifiutare di pagarli o cancellarli con l'inflazione. Per ora tutte queste soluzioni si stanno mettendo in pratica, ma, per quanto in fretta si risolvano i vecchi problemi, altri continuano ad accumularsi aggravando le difficoltà.

Mentre i governi sono impegnati a cancellare il debito con l'inflazione, attraverso la creazione di moneta; ovvero stampando grandi quantità di dollari, banconote e obbligazioni privi di copertura, il loro peso è semplicemente insostenibile dal punto di vista matematico. Gli aggiotatori hanno superato il punto di non ritorno. Non ci sarà ripresa fintanto che non avverrà un'importante crollo. Questa soluzione è la risposta rapida e sleale alla cancellazione finale di tutti quei debiti. Pensiamo che avverrà in fasi e in modo spasmodico.

Il Giappone è nelle condizioni peggiori, con un rapporto debito pubblico su PIL che si attesta oggi al 270%. Con una popolazione invecchiata e senza il numero sufficiente di giovani che occupino i posti di lavoro lasciati liberi, la deflazione è tornata e il mercato immobiliare giapponese sta ottenendo grandi successi. Gli Stati Uniti e l'Europa, esclusa la Gran Bretagna, hanno il 125% di debito su PIL, con la Gran Bretagna al 105%. (fonte: Societe Generale)

Il dollaro statunitense gioca un ruolo molto importante in questo contesto. Dal momento che corrisponde circa all'85% della valuta di riserva, a seconda di come va il dollaro andrà il sistema globale. Sfortunatamente il dollaro può cadere ancora molto, e per questo mese di Dicembre 2009 può sprofondare fino ad un indice di 70.00-72.50 rispetto ai prezzi odierni. Ci aspettiamo che nell'arco dei prossimi tre anni il dollaro possa arrivare ad un minimo storico di circa 40-46.

I titoli di borsa sono malridotti, e subiranno a breve un calo del 5-20%. Ci aspettiamo che il prossimo calo sarà blando e che i nuovi acquisti potranno ricominciare a Gennaio 2010 e proseguire durante la primavera. Il Dow Jones potrà facilmente raggiungere un valore base di 8850 per poi tornare a risalire. L'indice S&P [1] dovrebbe attestarsi a 950. Nel frattempo, potremmo assistere ad un taglio dell'11-12% di Dow Jones ed S&P.

Il picco massimo del prezzo dei titoli potrebbe arrivare tra fine Maggio e Luglio 2010. In questo periodo, cinque eventi particolarmente negativi colpiranno l'economia e i mercati globali simultaneamente.

E sono:

(1) la perdita di 40-50 miliardi in dollari statunitensi attraverso malfunzionamenti di carte di credito;

(2) le vendite di case, nuove e di seconda mano crollerà con tale violenza nella prima metà del 2010, che questo mercato si potrà considerare letteralmente in caduta libera. Ci saranno tra i 7 e i 10 milioni di nuovi mutui inadempienti, la maggior parte dei quali nella categoria standard (non di tipo subprime, [2]), a causa di perdite di lavoro;

(3) le vendite di auto nella prima metà dell'anno saranno così basse che i produttori presenteranno istanza di fallimento;

(4) i prestiti per beni immobili commerciali manderanno in rovina le società immobiliari e i loro progetti, tra quelli esistenti, in via di realizzazione e quelli solo pianificati;

(5) le compagnie di assicurazione avranno un numero talmente alto di contratti inadempienti nel settore immobiliare che rischieranno di venir meno ai propri obblighi nei confronti di qualche direttiva d'emergenza del governo nel secondo TARP (Troubled Assets Relief Program, il piano di sostegno del governoamericano per il settore finanziario, ndt). Ad un certo punto, anni fa, le prime 20 compagnie assicurative potevano letteralmente controllare l'economia degli Stati Uniti. Possiedono grandi quantità di risorse in beni mobili, immobili ed obbligazioni a breve termine.

Le valutazioni immobiliari crolleranno in media, su tutto il territorio degli Stati Uniti, di un altro 30%. Un anno fa credevamo che i prezzi degli anni '80 si sarebbero attestati come quelli minimi. Oggi si prendono in considerazione quelli degli anni '70. Il numero di case per cui è stato precluso il riscatto dell'ipoteca è maggiore negli ultimi 12 mesi che nell'intera decade della prima grande depressione degli anni '30.

La mattina di lunedì 23 Novembre 2009, è stata riportata la notizia di una crescita del 10.1% nella vendita delle case. Questo non è nient'altro che l'effetto di vendite a prezzi bassi sollecitate da prestiti privati [3], aiuti del governo per abbassare i pagamenti degli acconti iniziali e le politiche di crollo dei prezzi ottenute dalle classi sociali più disagiate. Il mercato immobiliare rimane in uno stato di collasso internazionale. L'ultimo grande creditore, l'FHA (Federal Housing Administration, ndt) versa in gravi condizioni.

L'inflazione è ora al valore non segnalato del 7% ed è in crescita. A partire da Maggio 2010 comincerà a colpire duramente, in primo luogo su quel terzo di popolazione statunitense con salario base e disoccupata. Gran parte dei loro introiti sono spesi in cibo ed energia. Queste due voci sono tra le prime ad essere colpite dall'inflazione.

Coloro che possiedono auto nuove e acquistate in leasing faranno uso del cosiddetto "jingle mail" [4]. Dovranno riportare macchine e camion nuovi ai parcheggi dei commercianti, restituire le chiavi e smettere di pagare. Abbiamo visto questo meccanismo verificarsi con le case negli ultimi 1-2 anni. I parcheggi si riempiranno di auto e camion nuovi o seminuovi. Il loro valore precipiterà. Molte di queste restituzioni verranno dal programma "Cash for Clunkers" (letteralmente "contanti in cambio di vecchi macinini", ndt) per chi è rimasto incastrato da pagamenti di auto e camion che non possono permettersi.

I fabbricanti di auto GM (General Motors, ndt) hanno previsto vendite negli Stati Uniti di 11 milioni nel 2010 con una nuova ripresa. Non ci sarà alcuna ripresa e le vendite potrebbero far scivolare l'intera industria fino a 7 milioni o meno per il 2010. E nel 2011 le cose si metteranno anche peggio.

Le rinunce alle auto cresceranno e i sindacati lanceranno il loro grido d'allarme al presidente Obama. Lui troverà un rimedio finanziario temporaneo per l'industria moribonda. I consumatori non avranno potere d'acquisto, a credito o in contanti non fa alcuna differenza. Quelli con contanti li conserveranno, si metteranno al riparo e aspetteranno che la fine delle difficoltà. Le iscrizioni ai sindacati delle auto diminuiranno rapidamente. Gli acquisti di auto a credito si ridurranno ad un numero sempre più esiguo.

Il settore del petrolio greggio e dell'energia ha un ruolo fondamentale in entrambe le direzioni. Oggi vediamo che il prezzo del petrolio si attesta ad 80$ con limiti inferiori appena sotto i 70$. I principi di base mostrano che un eccesso di offerta durante un periodo di depressione/recessione ha come effetto di diminuire la domanda. D'altra parte, l'inflazione dei prezzi sta crescendo su un dollaro sempre più debole e continuerà a crescere. Ci aspettiamo di vedere il greggio raggiungere i 50$, e poi tornare indietro e risalire a 100$ a causa dell'inflazione. La benzina seguirà questo andamento, dato che alcune raffinerie stanno chiudendo per via di perdite operative e non se ne stanno aprendo di nuove. Fondamentalmente sarà l'inflazione a vincere sull'aumento dei prezzi. Infine, tornerà ad esserci scarsità di prodotti.

La depressione normalmente e storicamente dura dieci anni. Potrebbe volerci esattamente lo stesso tempo affinché i consumatori possano saldare i propri debiti e tornare in condizioni di normalità. I tassi d'interesse sono cresciuti, ma con debiti così alti e aumenti di salario piccoli o nulli di fronte ad un'inflazione nuova e così violenta, i consumatori saranno economicamente massacrati.

I creditori e le banche attraverseranno nuovamente un periodo di difficoltà. Alle banche sono rimaste ben poche idee su come ottenere entrate da prestiti concessi, a parte la compravendita. Mentre la Goldman Sachs guadagna milioni di dollari alla settimana in questo modo, la maggior parte delle banche non sono attrezzate e si sono pochi operatori finanziari in grado di fare questo lavoro. Poiché chi si occupa di questi problemi per conto di Obama sta affliggendo i grandi operatori imponendo limiti alle entrate, questo rende le cose più complicate, al punto che queste persone preferiscono andarsene a lavorare all'estero, dove possono avere salari illimitati.

Il mercato obbligazionario è così immenso che gli ci vuole tempo per rovesciarsi e colare a picco. Le banche centrali dell'Asia e degli Stati Uniti sono state le nostre principali acquirenti di valuta estera. Se da un lato continuano ad aquistarne per poter mantenere uniti i mercati, dall'altro stanno: (1) preferendo le valute a breve scadenza rispetto a quelle a lunga scadenza, (2) convertendone parzialmente l'acquisto al settore delle materie prime.

Con lo Yen più forte, il Giappone è sempre più impegnato in complicati viaggi per l'acquisto di risorse, come la Corea del Sud. Sono entrambi in cerca di grano, oro, olio, gas naturali ed altre materie prime che non possiedono.

Le obbligazioni ad alto rischio e ad alto rendimento potrebbero perdere fino ad un terzo del loro valore attuale solo il prossimo anno. L'acquisto di buoni del tesoro e di obbligazioni continuerà fino a che "la fiducia e il credito totale" verranno meno. Alla fine collasseranno, ma in tempi molto lenti, a causa delle dimensioni di questi mercati. Siamo convinti del fatto che nessuna obbligazione sia sicura. Quelle municipali sono considerate tra le più sicure. Ma cosa succederà quando città, paesi, contee e stati saranno così in bancarotta da non poter pagare gli interessi? Le loro imposte fiscali precipiteranno. Alcune sono più sicure di altre, ma per quanto tempo? Chi è in grado di indicare un limite? Nessuno, perché sarebbe una mossa troppo politica.

Molti stati che fanno parte degli USA sono finanziariamente falliti o stanno per esserlo. Si è scoperto che almeno un terzo dei soldi ottenuti attraverso il TARP è stato usato per salvare gli stati dalla bancarotta. Questo provocherà un'escalation, perché i soldi federali del TARP non possono aiutarli abbastanza in fretta e in quantità sufficiente a mantenerli uniti. Ci si aspetta che l'occupazione nei vigili del fuoco e nella polizia diventerà sempre più scarsa, a discapito della sicurezza in varie comunità. Dieci stati si trovano in condizioni finanziariamente critiche e 47 sono in lista per diventarlo.

New York, New Jersey, Connecticut, Michigan, Ohio, Florida, Arizona, Nevada e California sono gli stati che versano nelle condizioni peggiori, poiché soffrono la mancanza di entrate fiscali da parte di aziende e consumatori falliti. Ci si aspetta che la California sarà tra i primi ad andare fuori controllo. Continuano ad escogitare nuove tasse e non lavorano sulla riduzione delle spese. Quando alcuni stati affronteranno il collasso totale ci troveremo in breve tempo in condizioni pessime. Il Michigan è tra gli stati in condizioni peggiori. La maggior parte degli stati stanno spendendo fino all'ultimo centesimo. Si rifiutano di ridurre i costi, poiché lo considerano un suicidio politico. Spenderanno fino a che non avranno più nulla, e quindi chiederanno aiuto al governo federale.

La Cina si trova nei guai, poiché i consumatori statunitensi hanno smesso di acquistare da loro. Il loro TARP per la prima parte dell'anno era superiore a quello degli Stati Uniti sia in quantità che in rapidità di spesa. Si stima che abbiano speso in quattro mesi, tra Gennaio e Maggio 2009, all'incirca 600 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali indirizzati a progetti che si trovano in condizioni di sovracapacità. La mancanza di acquisti da parte degli Stati Uniti ha causato un crollo delle esportazioni per la Cina di circa il 25%. Inoltre, è da notare che l'economia cinese è circa un quarto di quella statunitense.

Ci sono centinaia di fabbriche cinesi inattive e milioni di lavoratori licenziati senza nuovo impiego e senza grandi prospettive di lavoro. D'altra parte, milioni di fattorie di sussistenza sono state vendute per cercare lavoro in città. Ora che il lavoro non c'è più, e non ci sono nemmeno le fattorie che avrebbero potuto garantire cibo, nel 2010 ci aspettiamo un collasso più o meno rapido della Cina, con disordini e altri problemi sociali. La Cina ha bisogno di 24 milioni di nuovi posti di lavoro all'anno solo per rimanere in pari e sono ben lontani dal poter realizzare numeri come questi; non basta che la crescita di nuovi impieghi migliori.

Se la preoccupazione che la Cina non sia più in grado di acquistare i nostri (degli USA, ndt) buoni del tesoro diventasse reale, il governo degli Stati Uniti potrebbe fermare gran parte delle importazioni premendo sulle tariffe doganali. A quel punto la Cina si ritroverebbe con una disoccupazione alle stelle, beni ammucchiati senza possibilità di vendita e con un trilione di dollari in obbligazioni e carta moneta statunitense di pochissimo o nessun valore. Subirebbero un colpo da 1 trilione di dollari statunitensi e rimarrebbero bloccati con montagne di merce invendibile. La ricaduta sociale sarebbe catastrofica. La Cina deve continuare ad acquistare obbligazioni statunitensi per poter mantenere le esportazioni in movimento; sebbene ad un livello ridotto.

Se le importazioni dalla Cina dovessero cessare, i lavoratori americani potrebbero trovare qualche forma di impiego a salari bassi nelle industrie statunitensi riaperte, con un ritorno alla manifattura. Dopo tutto, dove troverebbe la Wal-Mart [5] i beni da vendere nei propri negozi?

Ci auguriamo il meglio, speriamo che la Cina riesca a sopravvivere affrontando solo una lieve recessione. Con le finanze e i mercati globali così fragili e distrutti gli concediamo una possibilità su cinque di farcela. Piuttosto, in un'economia sotto il comando del comunismo cinese, l'imminente dislocazione potrebbe essere leggendaria.

Ambrose-Evan Pritchard, lo stimato autore per The London Telegraph ha detto: "L'economia mondiale sta ancora pattinando su una sottile lastra di ghiaccio. L'ovest è saziato dal debito, l'est dai (troppi) stabilimenti. La crisi è stata (apparentemente) contenuta azzerando le tasse e creando una bufera fiscale, distruggendo così gli equilibri di sovranità. Ma il cuore del problema rimane. I paesi anglosassoni e i Club Med stanno stringendo la cinghia, tuttavia l'Asia non sta producendo abbastanza domanda (interna) per compensare. Sta producendo scorte."(fonte: "organic Chinese demand is barely beginning"[6]).

"Dal mio punto di vista i mercati continuano a negare la rovina strutturale dovuta alla bolla di credito. Ci sono altre due problemi da affrontare: la bolla di investimenti in Cina e lo scandalo delle banche in Europa. Temo che solo dopo potremo fare piazza pulita e ricominciare, molto lentamente, un nuovo ciclo."

Siamo d'accordo con il signor Pritchard, ma la Cina ha anche altre bolle speculative, nelle auto, nei beni immobiliari, nel mercato azionario, nell'immensa carenza di acqua e nell'inquinamento. Se queste dovessero scoppiare una per volta, potrebbe essere gestibile. Ma potremmo vederne scoppiare più di una alla volta. In questo caso, la Cina potrebbe smantellare l'intero sistema globale. Si faccia caso agli effetti della recente paura derivata dall'inadempienza di Dubai per 80 milioni di dollari.

L'istruzione, specialmente tra i college e le università, ha subito un duro colpo poiché gli studenti si domandano se spese dell'ordine di 40.000 fino a 80.000 dollari valgano la pena in queste condizioni economiche. I ragazzi appena laureati, con buoni voti, ma nessuna esperienza lavorativa, fanno più fatica a trovare lavoro.

Le persone con esperienza ottengono i pochi lavori rimasti, dato che i datori di lavoro hanno un ventaglio di scelte più ampio e possono essere molto esigenti. Inoltre, non hanno tempo né soldi per la formazione. Molti ragazzi ottengono istruzione tramite internet, fanno formazione lavorando e accettano ogni tipo di lavoro pur di avere una busta paga.

Gli insegnanti delle scuole pubbliche con più anni di esperienza che lavorano nell'istruzione primaria e secondaria [7] sono stati sfoltiti per assumere nuovi e più economici neolaureati. Gli insegnanti di lingue straniere, assieme a quelli di matematica e scienze sono ancora i preferiti. Ci si aspetta un aumento nell'istruzione domestica, dato che gli insegnanti licenziati lavorano a casa con i propri figli e accolgono altri ragazzi dietro pagamento. Il sistema dell'istruzione pubblica è in serio pericolo. La gente non può più permettersela. Poiché il governo statunitense ha permesso anni fa che si accumulassero pile di carte burocratiche, almeno un terzo del budget rivolto alla scuola pubblica deve essere devoluto a lavoro stupido, costoso e politicamente corretto. È un'enorme perdita di cui soffrono studenti ed insegnanti.

Ci aspettiamo inoltre un aumento degli incidenti stradali, dovuti a lavori e riparazioni stradali procrastinati. I ponti possono cadere e le pavimentazioni danneggarsi, causando altri danni. Le comunità con le tasse più alte verranno abbandonate, soprattutto dagli adulti con figli già fuori casa. In questo modo New York ha perso circa 6 miliardi di dollari in tasse non riscosse.

Questa tendenza è ancora più veloce. Assistiamo a pensionati che vendono le proprie case perché non possono permettersi di pagare le tasse sui beni immobiliari. Si spostano verso stati con tasse più basse e comunità più piccole che offrono meno servizi. Gran parte dei servizi offerti dalle grandi città non sono necessari e i consumatori non sono in grado di pagarli. Immaginate la città di Detroit tremenamente desertica.

Bisogna occuparsi del commercio di oro e argento

I manager e gli operatori finanziari non sono sposati ai mercati e si muovono a seconda di dove si trovano idee che fruttano. I titolo di oro ed argento possono crescere e calare nel breve termine, ma poi decolleranno nelle controtendenze del 2010. I grandi investitori hanno scommesso sulle merci sicure, come oro, argento, grano, rame, platino e altri. Acquistano regolarmente a partire dal Labor Day [8] fino a Maggio, sopportano le flessioni e negoziano in media ogni 50 e 200 giorni. Con il dollaro in caduta, tali manager prevedono grossi guadagni in questi mercati. I futures [9] dell'oro erano scambiati a circa 1.200 dollari questa mattina (1 Dicembre). Prevediamo un lieve calo nel breve termine, seguito da un'altra ondata di acquisti.

Le politiche governative per lo più falliscono

Il programma liberale e innovatore studiato da Obama per trasferire ricchezza non funziona. La popolarità del presidente sta sprofondando insieme al suo programma. Il problema principale è l'incapacità del governo ad uscire dalla crisi dell'occupazione. Continuano a scavare, mentre mettono le basi per le idee sbagliate, creando confusione maggiore e più profonda. Questo aumenta l'attrattiva dei metalli preziosi e altri beni di questo tipo. La disoccupazione è il problema economico prioritario.

Il dollaro è la base di svariati mercati. A Dicembre il dollaro calerà ancora.



Lasciate perdere le linee oblique di confronto. Concentratevi sull'andamento del riquadro in basso.

Personalmente, vedo incredibili opportunità di commercio che non avremo per molti altri anni. Dobbiamo convertire i problemi in opportunità. Chi si trova dalla parte giusta dello scambio potrebbe diventare ricco. Quelli dall'altra parte sono solo vittime. State all'erta.


di Roger Wiegand

16 dicembre 2009

La moneta debito

“E’ un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perchè se accadesse credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina” (Henry Ford)

In un sistema socio-politico, come il nostro, che usa una moneta come mezzo di scambio per le merci, che misura la ricchezza con i soldi e col Prodotto Interno Lordo si intuisce quali siano le declinazioni delle libertà. Chi ha la proprietà del danaro possiede tutto. Per cui la violazione della sovranità monetaria sancisce la morte della democrazia rappresentativa europea. In Italia, si è partiti nel 1981 col ministro del Tesoro Andreatta (docente di Romano Prodi), Governo Forlani, sancendo la separazione fra il Tesoro e la Banca d’Italia, l’obiettivo finale di privatizzare la Banca d’Italia è stato raggiunto negli anni successivi. Se oggi possiamo ancora rivendicare l’usurpazione della proprietà della moneta è grazie alla nostra Costituzione che afferma: “la sovranità appartiene al popolo” (compresa quella monetaria ovviamente) e che “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito” (art. 47 Cost.). Tali principi sono palesemente violati dall’articolo 105/A del trattato di Maastricth “la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità” che di fatto usurpa i diritti dei popoli sovrani europei. Banca d’Italia e BCE sono di fatto società indipendenti e fuori dal controllo del popolo. E’ sufficiente leggere la natura ed il numero dei soci partecipanti dal sito di Bankitalia, e si percepisce che essa è stata privatizzata dove lo Stato è relegato con INPS ed INAIL a 42 voti contro 540 delle banche private SpA (2008). Ed è stata relegata ad un ruolo di secondo piano come si legge dall’articolo 1 del suo Statuto: “Quale banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC). Svolge i compiti e le funzioni che in tale qualità le competono, nel rispetto dello statuto del SEBC“. Il “semplice” passaggio di mano da privato a pubblico è una palese violazione costituzionale (art. 1 e 47) e dovrebbe essere un reato per “appropriazione indebita” delle riserve auree di proprietà dello Stato.
Ricordiamo due precedenti giuridici: nel 2005 Con sentenza 2978/05 la Banca D’Italia veniva condannata a restituire ad un cittadino (l’attore) la somma di euro 87,00 a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito da signoraggio. E nel 2006, il 21 luglio con la sentenza n. 16751 le SS.UU. civile della Cassazione accoglievano il ricorso di Banca d’Italia sostenendo che: “[…]lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria[…]“. I cittadini europei sono “liberi” nella misura in cui sono obbligati a spendere un danaro privato – moneta debito – creato dal nulla e prestato agli Stati per consumare le merci prodotte dalle corporations SpA amiche dei banchieri. Questo tipo di sistema è virtuale, poiché la moneta è presente solo nei computer, essa è creata dal nulla senza alcun equivalente contro valore in oro, cioè una merce tangibile e reale, e col sistema del prestito (moltiplicatore monetario, formula matematica) e della riserva frazionaria – riserva frazionaria all’8%, accordi Basilea II - essa diventa debito per i popoli. La creazione della moneta debito col moltiplicatore monetario consente alle banche private di prestare soldi anche se non esistono realmente indebitando anche gli Stati in cambio di Titoli di Stato, altra carta. Se uno Stato chiede 1 miliardo di euro alla BCE, la Banca d’Italia e cioè i suoi soci SpA possono inserire la quota parte, in cambio di Titoli di Stato, come riserva frazionaria (un quantitativo obbligatorio di soldi contanti da tenere in cassa, l’8%) e creare moneta debito dal nulla col sistema del moltiplicatore monetario. Per esempio, ad Intesa San Paolo SpA (a.d. Corrado Passera) spetterebbe il 30,3% del miliardo di euro e cioè 303 milioni di carta, moneta stampata ed Unicredit SpA (a.d. Alessandro S. Profumo) 157 milioni (quote e partecipazioni al 31 gennaio 2008). L’unico obiettivo di una SpA è massimizzare i profitti e quindi 303 milioni inseriti in cassa come riserva consente di creare inflazione monetaria ed indebitare lo Stato. Altro esempio, un signore A deposita 100 euro in banca, un signore B può chiedere in prestito 92 euro (riserva frazionaria all’8%, accordi Basilea II). Intanto alla banca risultano esserci 100 euro sul conto di A ed ora ha un credito di 82 da B. In questo modo le banche creano soldi dal nulla mentre i cittadini devono sudare col proprio lavoro. Con questo sistema si creano soldi necessari a corrompere qualunque politico, finanziare le guerre, e sostenere le corporations SpA amiche. Comprendiamo che se queste sono le premesse non esiste alcuna democrazia rappresentativa dato che i partiti sono i migliori camerieri dei banchieri.

Una moneta di proprietà del popolo, cioè del portatore e dello Stato, non emette debito e la relativa rendita da signoraggio viene rimessa nei conti dello Stato quindi non c’è usura, cioè non può esserci interesse.
La moneta è solo un pezzo di carta, è un mezzo, non è vera ricchezza.

L’attuale sistema è degenerato poiché essendo intrinsecamente inflazionistico il debito è inestinguibile e per tanto tutti sono spinti ad usare moneta ed accumularla poiché prigionieri di un vero e proprio inganno. C’è da aggiungere che la moneta viene creata dal nulla questo vuol dire che oltre all’inganno c’è una beffa infatti le banche emettono mutui con interesse senza rischiare nulla, senza un equo scambio. Un cittadino lavora e crea valore, le banche sono semplici tipografie ed emettono “valore”. In realtà è tutta illusione.

Il valore di una moneta lo determina chi la accetta. Lo Stato deve emettere moneta in maniera proporzionale alle merci ed ai beni prodotti e, lo può fare domani mattina. Ma queste vorrebbe significare dare valore alla vera ricchezza: persone, lavoro, idee, terreni, alimenti, merci prodotte e non la finanza delle borse. Applicando l’etica alla politica si tornerebbe al significato proprio dei termini: economia.

Per Aristotele l’economia è la sfera che ha come oggetto la… casa (forse lo sai che in greco “oikos” significa “casa”), la famiglia, in altre parole il privato. Aristotele, quindi, usa il termine “economia” non nel suo significato corrente oggi, ma nella sua accezione etimologica: la sfera che ha come oggetto la casa, la famiglia, in definitiva quello che possiamo chiamare il privato.

In questo contesto si capisce che lo Stato attraverso l’uso di uno strumento di misura: moneta consente ai cittadini di scambiarsi beni, merci e servizi immateriali. Si comprende che l’alta finanza serve a poco alla società umana.

di Peppe Carpentieri