11 ottobre 2008

Il piano di Michael Moore per Wall Street



I 400 americani più ricchi - sì, proprio così, sono solo 400 persone - posseggono DI PIù dei 150 milioni di americani dei ceti più bassi messi insieme. 400 ricconi posseggono più beni nascosti di metà della nazione! La somma netta totale dei loro averi è pari a 1.6 trilione di dollari. Durante gli otto anni dell'amministrazione Bush, si sono arricchiti di quasi 700 miliardi di dollari - la stessa cifra che ci stanno chiedendo di dargli per tirarli fuori dai guai. Perché non usano i soldi che si sono fatti sotto Bush per uscirne? Resterebbe loro circa un trilione di dollari da suddividersi!

Ovviamente non lo faranno - perlomeno non di propria volontà. A George Bush erano stati consegnati 127 miliardi di dollari quando Bill Clinton lasciò la presidenza. Siccome quei soldi erano NOSTRI soldi, e non suoi, lui ne fece quello che piace fare ai ricchi - spenderli e non pensarci più. Adesso abbiamo un deficit di 9.5 trilioni di dollari, perché mai dovremmo anche solo pensare di dare a questi ladri patentati altri soldi nostri?

Io vorrei proporre un nuovo piano di cosiddetto "salvataggio". I miei suggerimenti, elencati qui sotto, vengono da una semplice ed unica considerazione, che i ricchi devono salvarsi da soli il loro culo di platino. My spiace amici, ma ci avete trapanato in testa una volta di troppo che: Non. si. mangia. a. sbafo. E grazie per averci incoraggiato ad odiare i poveracci della previdenza sociale, così non daremo niente neanche a voi. Questa sera all Senato cercheranno di far passare in tutta fretta un loro progetto di "salvataggio". Dobbiamo fermarli a tutti i costi! Lo abbiamo fatto lunedì alla Camera, e lo possiamo rifare oggi al Senato.

È però chiaro che non possiamo semplicemente continuare a protestare senza proporre esattamente quello che pensiamo che il Congresso debba fare, per cui, dopo varie consultazioni con persone più in gamba perfino di Phil Gramm, eccovi le mie proposte, ora conosciute col nome di "Il Piano di Salvataggio di Mike". E' composto da 10 punti semplici e diretti:

1. NOMINARE UN PUBBLICO MINISTERO PER INCRIMINARE CHIUNQUE A WALL STREET ABBIA COSCIENTEMENTE CONTRIBUITO A QUESTO COLLASSO.

Prima di spendere qualsiasi somma, il Congresso, tramite risoluzione speciale, deve impegnarsi a fare causa a chiunque abbia la benché minima colpa nel tentato saccheggio della nostra economia. Ciò significa che chiunque abbia commesso illeciti del tipo insider trading, emesso titoli fraudolenti o qualsiasi altra cosa che abbia portato a questo collasso deve andare in galera. Il Congresso deve nominare un pubblico ministero speciale che vigorosamente persegua tutti coloro che hanno causato questo bordello, e chiunque altro tenti di truffare il pubblico in futuro.

2. I RICCHI DEVONO PAGARE PER TIRARSI FUORI DAI LORO STESSI GUAI.

Dovranno accontentarsi di vivere in 5 case anziché in 7. Dovranno guidare 9 macchine anziché 13. Il cuoco per i loro terrier nani dovrà essere riassegnato a nuovi incarichi. Ma dopo aver costretto i redditi delle famiglie a diminuire di 2.000 dollari durante l'amministrazione Bush, non c'è verso che sia i lavoratori che i ceti medi debbano cacciar fuori un solo centesimo per sovvenzionare il prossimo acquisto di uno yacht. Se, come dicono, hanno veramente bisogno di 700 miliardi di dollari, ebbene ecco un modo facile facile per ottenerli: a) Ogni coppia che guadagna più di un milione di dollari all'anno ed ogni singolo contribuente che ne intaschi più di 500.000 all'anno pagherà un supplemento di tassa del 10%. (E' il piano del Senatore Sanders. E' come il Colonnello Sanders2, soltanto che lui intende spennare i polli giusti.) Ciò significa che i ricchi continueranno comunque a pagare meno tasse di quante ne pagavano sotto il presidente Carter. Questa operazione consentirà di recuperare 300 miliardi di dollari. b) Come succede in quasi ogni altra democrazia, si dovrà tassare dello 0,25% ogni transazione commerciale. Questo raccoglierà più di 200 miliardi di dollari all'anno. c) Siccome ogni azionista è un buon patriota, gli azionisti rinunceranno ad intascare un quarto dei loro dividendi, per cui questi soldi non erogati andranno al Tesoro per pagare "il salvataggio". d) Il 25% delle maggiori società statunitensi al momento non paga alcuna tassa federale. Il reddito da tasse federali è al momento l'1.7% del PIL, paragonato al 5% degli anni '50. Se aumentiamo le tasse societarie a quei livelli otterremo un ulteriore 500 miliardi di dollari. Tutte queste cose insieme dovrebbero bastare a coprire questa catastrofe. I ricchi potranno tenere i loro palazzi e la loro servitù, e il nostro governo degli Stati Uniti ("PRIMA LA NAZIONE") avranno un po' di avanzi per pagarsi qualche strada, ponte, scuola.

3. SALVIAMO LA GENTE CHE STA PERDENDO LA CASA, NON QUELLI CHE COSTRUIREBBERO LA LORO OTTAVA CASA.

Al momento ci sono 1 milione e 300.000 case pignorate. Ecco il cuore di questo problema. Perciò, invece di regalare soldi alle banche, paghiamo un acconto di 100.000 dollari su ognuno di questi mutui. Forziamo poi le banche a rinegoziare tali mutui di modo che i proprietari di queste case possano pagarle in base al loro valore reale. Per essere sicuri che questi soldi non vadano a furbetti o a chi ha speculato nel settore edilizio, questo aiuto dovrà essere indirizzato alle prime case soltanto. In cambio per questi 100.000 dollari di acconto sui mutui esistenti, il governo ottiene una condivisione sul mutuo, in modo da poter recuperare una percentuale dei suoi soldi, così il costo iniziale per aggiustare alla radice la crisi dei mutui (anziché con gli ingordi usurai) sarebbe di 150 anziché di 700 miliardi di dollari. Qui mettiamo le cose in chiaro. La gente che ha avuto difficoltà a ripagare il proprio mutuo non è "un cattivo rischio". Sono americani come noi, e tutto quello che volevano è quello che tutti noi vogliamo, una casa tutta loro. Ma durante l'amministrazione Bush a milioni hanno perso il lavoro che avevano. Sei milioni sono caduti in povertà. Sette milioni hanno perso la loro copertura sanitaria. E tutti si sono visti i loro stipendi diminuire di 2.000 dollari. Chi osa guardare con condiscendenza questa gente che ha avuto un guaio dopo l'altro dovrebbe vergognarsi. Siamo una società migliore, più forte, più sicura e più felice quando ognuno di noi può permettersi di vivere in una casa propria.

4. SE LA VOSTRA BANCA, O LA VOSTRA DITTA RICEVE SOLDI NOSTRI IN UN "SALVATAGGIO", ALLORA VOI CI APPARTENETE.

Mi spiace, ma è così. Se la banca mi dà soldi per comprare una casa, la casa appartiene a quella banca finché l'avrò ripagata - con gli interessi. Lo stesso accordo deve valere per Wall Street. Qualsiasi somma vi necessiti per rimanere a galla, se il governo vi ritiene un rischio sicuro - e che sia per il bene del paese - allora potrete avere un prestito, ma voi ci apparterrete. Se sarete inadempienti vi venderemo. Questo è ciò che ha fatto il governo svedese, ed ha funzionato.

5. TUTTE LE REGOLE DEVONO ESSERE RISTABILITE. LA RIVOLUZIONE DI REAGAN E' MORTA.

Questa catastrofe è potuta succedere perché abbiamo permesso che la volpe avesse la chiave del pollaio. Nel 1999, Phil Gramm ideò un progetto di legge che eliminava ogni regolamentazione di Wall Street e del nostro sistema bancario. Il progetto passò e Clinton lo firmò. Questo è ciò che il Senatore Phil Gramm, il principale consigliere economico di McCain, ebbe a dire al momento della firma: "Negli anni '30. si credeva che il governo fosse la risposta. Si credeva che stabilità e crescita venissero dal fatto che il governo avesse il controllo sul funzionamento del libero mercato. Oggi siamo qui per abrogare (quello) perché abbiamo imparato che il governo non è la risposta. Abbiamo imparato che le risposte vengono da libertà e concorrenza, sappiamo cioè che per promuovere crescita e stabilità economica dobbiamo essere liberi e competitivi. Sono orgoglioso di essere qui perché questo è un progetto di legge importante; è un progetto di deregolamentazione. Io credo che questa sia la chiave del futuro, e sono estremamente orgoglioso di aver partecipato a farne una realtà". Ebbene, questo progetto di legge deve essere abrogato. Bill Clinton può concorrere a far sì che il progetto di Gramm sia revocato e a ripristinare regole ancora più ferree per il controllo delle nostre istituzioni finanziarie. E quando ciò sarà stato fatto, si possono ripristinare le regolamentazioni che riguardano compagnie aeree, ispettorato del cibo, industria petrolifera, OSHA (Occupazione, Sicurezza e Amministrazione Sanitaria), e ogni altro ente che riguarda il nostro vivere quotidiano. Ogni errore su qualsiasi clausola di "salvataggio" deve essere forzatamente ripagato a suon di dollari, e chi sgarra deve essere perseguito penalmente.

6. SE E' TROPPO GRANDE PER FALLIRE, ALLORA SIGNIFICA CHE E' TROPPO GRANDE PER ESISTERE.

Permettere la creazione di queste mega-fusioni e non implementare le leggi del monopolio e dell'antitrust ha fatto sì che numerosi enti finanziari crescessero così tanto che il solo pensiero del loro crollo significa un crollo ancora più disastroso per l'intera economia nazionale. Nessun ente o istituzione dovrebbe avere questo strapotere. La cosiddetta "Pearl Harbour economica" non può succedere quando ci sono centinaia - migliaia - di istituti dove la gente ha investito i propri soldi. Se abbiamo una dozzina di case automobilistiche, se una fallisce non è che succeda un disastro nazionale. Se in una città abbiamo tre testate giornalistiche di tre proprietari diversi, allora un'agenzia mediatica non può dettare le proprie leggi (lo so. cosa sto pensando?! Chi legge più i giornali? Sono felicissimo che tutte quelle fusioni e acquisizioni ci hanno lasciato con una stampa forte e libera!). Bisogna fare leggi che impediscano alle compagnie di diventare così enormi e potenti che con un solo colpo all'occhio questi giganti cadano stecchiti. Così come non bisogna permettere a nessun istituto finanziario di creare schemi economici che nessuno capisce. Se non lo puoi spiegare in due frasi, allora non dovresti prendere soldi da nessuno.

7. NESSUN DIRIGENTE DOVREBBE ESSERE PAGATO PIÙ DI 40 VOLTE I PROPRI IMPIEGATI, E NESSUN DIRIGENTE DOVREBBE RICEVERE ALCUN TIPO DI "PARACADUTE", MA ACCONTENTARSI DEL GENEROSISSIMO SALARIO CHE LUI/LEI HANNO RICEVUTO DURANTE IL LAVORO CON LA DITTA.

Nel 1980 il direttore generale medio guadagnava circa 45 volte il salario di un impiegato. Arrivati al 2003 il divario è di 254 volte. Dopo 8 anni di Bush i direttori generali guadagnano adesso 400 volte la media salariale dei propri impiegati. E' incredibile come questo possa succedere in compagnie pubbliche. In Gran Bretagna, il direttore generale medio guadagna 28 volte il salario di un impiegato medio. In Giappone soltanto 17 volte! A quanto ho saputo, il direttore generale della Toyota vive in gran lusso a Tokyo. Come può farlo con così pochi soldi? Seriamente, questo è un oltraggio. Abbiamo creato il casino in cui ci troviamo perché abbiamo permesso che la gente ai vertici si gonfiasse a dismisura con milioni di dollari. Questo deve finire. Non solo nessuno dei direttori generali che riceveranno aiuti in questo frangente dovrà trarne profitto, ma chi di loro era a capo di una ditta fallimentare deve essere licenziato prima che la ditta riceva qualsiasi aiuto.

8. RAFFORZARE LA FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) E FARNE UN MODELLO PER PROTEGGERE NON SOLO I RISPARMIATORI, MA ANCHE LE LORO PENSIONI E LE LORO CASE.

Obama correttamente ha proposto di estendere la protezione del FDIC ai risparmi fino a 250.000 dollari. Ma lo stesso trattamento va esteso ai fondi pensione nazionali. La gente non dovrebbe mai preoccuparsi se i soldi che hanno risparmiato per la vecchiaia ci saranno quando ne avranno bisogno. Ciò significa che il governo deve tenere uno stretto controllo sulle compagnie che gestiscono i fondi dei propri impiegati - oppure può significare che le compagnie lascino che sia il governo a gestire i fondi dei propri impiegati. Anche le pensioni private devono essere protette, ma forse è arrivato il momento di non investire i soldi della propria pensione in quel casinò che va sotto il nome di mercato azionario. Dovrebbe essere un dovere solenne del governo garantire che chiunque invecchi in questo paese non debba preoccuparsi di finire per strada.

9. ABBIAMO TUTTI BISOGNO DI FARE UN RESPIRO PROFONDO, CALMARCI E NON LASCIARE CHE LA PAURA CI ATTANAGLI.

Spegnete il televisore! Non siamo alla Seconda Grande Depressione! Il cielo non ci sta cadendo addosso. Sapientoni e politici ci stanno talmente bersagliando di bugie a raffica che è difficile non esserne scossi. Perfino io ieri vi ho scritto ripetendo quello che avevo sentito nei notiziari, che il Dow Jones ha avuto il tonfo più pesante della sua storia. Bene, è vero per quanto concerne i punti, ma la caduta del 7% non si è neanche avvicinata al Lunedì Nero del 1987 quando il mercato azionario perse il 23% del suo valore in un solo giorno. Negli anni '80 3.000 banche chiusero, ma l'America non fallì. Questi istituti hanno sempre avuto i loro su e giù, ma alla fine si stabilizzano. Devono farlo, perché ai ricconi non piace perdere i loro soldi. E' nel loro interesse far calmare le cose per poter saltare nuovamente dentro il loro Jacuzzi. Per quanto pazzi siano i tempi, decine di migliaia di persone hanno ottenuto un prestito per comprarsi l'auto questa settimana. Migliaia sono andati in banca ed ottenuto un mutuo per la casa. Gli studenti appena tornati ai college hanno trovato le banche felicissime di prestare loro soldi per i prossimi 15 anni. La vita ha continuato il suo corso. Non un solo individuo ha perso alcun soldo se è in banca, in un buono del tesoro, o in un certificato di deposito. E la cosa più incredibile è che gli americani non si sono fatti infinocchiare da questa campagna di paura. La gente non ha battuto ciglio ed ha detto al Congresso di prendersi il loro "salvataggio" e infilarselo nel sedere. QUESTO è stato grandioso. Perché la gente non si è lasciata abbindolare dai discorsi catastrofici del presidente e dei suoi compari? Beh, puoi solo dire fino a un certo punto che "Sadddam ha la bomba" prima che la gente si renda conto che sei un bugiardo sacco di merda. Dopo otto lunghi anni il paese è esausto e non ne può proprio più.

10. CREARE UNA BANCA NAZIONALE, UNA "BANCA DEL POPOLO".

Se poi fremiamo per stampare un trilione di dollari, invece di darli a pochi ricconi, perché non ce li diamo a noi stessi? Adesso che Freddie and Fannie ci appartengono, perché non fondare una banca del popolo? Una banca che offra prestiti a basso costo per chiunque voglia comprarsi una casa, avviare un'attività, andare a scuola, trovare la cura per il cancro o creare la prossima grande invenzione. E adesso che anche AIG ci appartiene, la più grande compagnia di assicurazioni del paese, facciamo il prossimo passo e forniamo un'assicurazione sanitaria a tutti. Cure mediche per tutti. Ci risparmierebbe tantissimi soldi in futuro. E non saremo più dodicesimi nella lista dell'aspettativa di vita. Avremo una vita più lunga, godremo delle nostre pensioni protette dal governo, e vivremo abbastanza da vedere il giorno in cui i criminali delle corporazioni che hanno causato tanta miseria usciranno di prigione e noi potremo aiutarli a reintegrarsi nella vita civile - una vita con una bella casa e una macchina che non va a benzina, inventata con l'aiuto della Banca del Popolo.

Vostro Michael Moore

Fonte: http://www.michaelmoore.com/

Le Piramidi albanesi di Wall Street



Tutto il mondo degli affari è in ansia per il crollo di Wall Street. Il prestigioso muro perde pezzi ogni giorno e molti paventano che precipiti. Ma anche i lavoratori, i pensionati, la gente che non ha investito in fondi speculativi è preoccupata: la storia gli ha insegnato che a pagare i disastri finanziari è alla fine proprio chi è lontano anni luce dai giochi della finanza. Ma davvero pochi hanno capito che cosa sta succedendo. I più informati sono arrivati a capire che c'è stata , dall'anno scorso, una crisi finanziaria innescata da mutui immobiliari concessi dalle banche Usa a soggetti che non sono stati in grado di pagare, i cosiddetti mutui sub-prime, e che più di un milione di famiglie americane insolventi hanno perso la casa e vivono in roulotte o sotto i ponti.

Un fatto grave, ma certo non sufficiente a capire come sia stato possibile che le più grandi banche d'affari del mondo (dalla Bearn Stearns alla Lehman Brothers), la più grande compagnia mondiale di assicurazioni (Aig), i più grandi istituiti di mutuo fondiario (le sorelle Fannie e Freddie), siano cadute come pere cotte. E non è finita. Anche la finanza della Ue, che pensava di stare al riparo dalla tempesta americana, è in fibrillazione. Si teme un forte impatto sull'economia reale (salari e occupazione). Che c'entra l'Europa? Cosa hanno fatto i cittadini europei per essere travolti dal crollo di Wall Street? I capi di governo, a partire da Bush, hanno provato a dare fiducia al mercato finanziario, negando fino all'ultimo la gravità della crisi. Anche Berlusconi ha assicurato che «i risparmiatori italiani non perderanno un Euro»: excusatio non petita ...disastro imminente. Non c'è cosa più difficile che alzare il morale degli operatori di Borsa, scriveva Keynes, quando è depresso. Non servono annunci rassicuranti, ma analisi e dati. Servirebbe soprattutto imparare dalla storia, anche recente.

C'era già stato, infatti, poco più di dieci anni fa un segnale forte di come la finanza allegra, che produce denaro che serve a fare altro denaro, sia diventata una catena di Sant'Antonio, dove tutti sono felici e contenti finché non arriva il giorno che qualcuno rompe il giocattolo e non compra più titoli-spazzatura. Era già successo in un piccolo paese che ha sperimentato sulla sua pelle il gioco della finanza senza regole che porta alla catastrofe. E' successo in Albania nell'ottobre del 1996 quando le famose «piramidi finanziarie» cominciarono a fallire e «i furbetti» di Tirana e Valona scapparono con il malloppo, come oggi fanno i grandi della finanza internazionale dopo il fallimento delle loro megaimprese. Una storia esemplare ma dimenticata, perché vista come un caso eccezionale in un paese marginale. Banalizzata: questi albanesi naif si inventano una truffa al giorno, scrivevano i giornali del tempo - eccetto il manifesto. Una microstoria, è vero, ma prefigurava in piccolo quel meccanismo che la finanza globalizzata e raffinata ha prodotto su scala globale. Val la pena ricordarla oggi per trarne qualche riflessione.

Nel periodo che va dal 1994 al '96 gli albanesi vissero una strana euforia. L'economia, dopo anni di dura recessione, si riprendeva. Ma soprattutto alcuni albanesi avevano scoperto un modo tranquillo per vivere bene: investire i propri soldi in agenzie finanziarie che assicuravano fino al 20% al mese di interessi!! Così migliaia di albanesi vendettero la casa o impiegarono i propri risparmi, quelli sudati delle rimesse dei parenti che lavorano all'estero, per investire tutto in questo Casinò Shiptar. Ma come funzionavano queste piramidi finanziarie che pagavano tassi d'interesse astronomici? In un modo semplice: col denaro degli ultimi arrivati pagavano gli interessi di quelli precedenti. Finché la massa di denaro supera la massa degli interessi da pagare il sistema funziona e tutti sono contenti. Poi il numero di nuovi investitori ha cominciato a flettere mentre cresceva la massa di interessi da pagare.
Così, dopo meno di due anni le «Piramidi» scricchiolarono e fallirono di colpo, lasciando sul lastrico centinaia di migliaia di famiglie. Nell'autunno del '96 a Valona, la gente scese in piazza chiedendo la testa del presidente Berisha, responsabile del disastro finanziario. La rivolta venne domata nel sangue, ma non la rabbia degli albanesi che tornarono a sfilare in tutta l'Albania. Fu guerra civile, meglio fu la guerra di Berisha contro il popolo. Ma alla fine il popolo ebbe la meglio e Berisha ebbe salva la vita solo per l'intervento straniero (Europa in testa) in nome di pluralismo e democrazia.

Cosa insegna questa storia? Che la vicenda albanese è stata una sorta di prova generale di quello che può succedere quando diventa egemone la finanza speculativa; che il crollo delle piramidi finanziarie ha avuto immediate e pesanti ripercussioni sull'economia reale; che il popolo, i lavoratori, i pensionati, si possono salvare da questo impatto bestiale solo scendendo in piazza e cambiando il sistema.
Oggi a livello globale rischiamo di andare nella direzione opposta. Di salvare le «piramidi finanziarie» con i soldi dei contribuenti, di appesantire il deficit pubblico con conseguenze drammatiche sulla vita di miliardi di persone. Questa crisi finanziaria infatti non è un errore in corso d'opera, un fatto congiunturale, una anomalia del sistema, bensì è il frutto più genuino di un sistema di egemonia del capitale e dei suoi detentori. Non ci sono regole e regolette per un sistema malato alla radice, che tutti accettano come normale quando macina utili e dividendi senza nulla produrre che abbia una utilità sociale. Solo una grande rivolta di massa, in tutto il mondo, potrà cancellare questo modello e impedirci di ritornare sugli stessi errori. Riusciranno le popolazioni dei paesi più colpiti dalla crisi dell'economia reale, che sta arrivando come un uragano, a ribellarsi come fecero i naif albanesi dieci anni fa?


di Tonino Perna

Perchè il salvataggio di Wall Street puzza?



Questo è un disastro in tempo reale e richiede vere soluzioni.[…] Siamo in una situazione di panico generalizzato e siamo ritornati a rischio di crollo sistemico dell’intero sistema finanziario. E le autorità Usa e quelle straniere sembrano non avere capito nulla su cosa ci sia bisogno di fare.

Da quasi un anno ci stiamo chiedendo: perché gli investitori e le banche straniere che hanno comprato centinaia di miliardi di dollari di titoli poggiati sui mutui [mortgage-backed securities, MBS] da banche di investimento Usa non hanno intrapreso alcuna azione legale contro queste stesse banche, o iniziato un boicottaggio dei prodotti finanziari Usa per impedire che altre persone venissero derubate?

Ora sappiamo la risposta. È perché, dietro le scene, Henry Paulson & Co. stavano lavorando ad un accordo per gettare tutto questo casino da miliardi di dollari sui contribuenti Usa. Questa è la vera ragione dietro a questo spreco da $ 700 miliardi; cancellare gli enormi debiti generati dal più grande caso di truffa della storia. Il membro del congresso Brad Sherman la spiegato mercoledì notte a Larry Kudlow:

“Il decreto fornisce centinaia di miliardi di dollari per salvare gli investitori stranieri. Non fornisce alcun reale controllo sui poteri di Paulson. Vi è un comitato di controllo ma non è un vero comitato che può farsi avanti e cambiare quello che lui fa. È un programma da $ 700 miliardi gestito da un impiegato part-time e non vi è limite sui salari da un milione di dollari al mese… Il tutto è molto chiaro. La Bank of Shanghai può trasferire tutti i suoi beni tossici alla sua sede di Los Angeles che poi il giorno dopo li rivende al Tesoro. Ho proposto un emendamento per fare in modo che se questi beni non fossero stati posseduti da un’entità americana, pure una sussidiaria, ma almeno una qualche entità negli Usa, il Tesoro non avrebbe potuto comprarli. È stato rigettato.

A seguire: "Salviamo i proprietari di casa! Perchè il piano Paulson è una truffa", di Paul Craig Roberts (Counterpunch).
Il decreto è molto chiaro. Beni ora detenuti in Cina e a Londra possono essere venduti a società Usa lunedì e poi rivenduti al Tesoro martedì. Paulson ha detto chiaramente che avrebbe chiesto un veto di qualunque legge contenente un chiaro emendamento che affermasse che non possono essere venduti al Tesoro beni non posseduti da cittadini americani al 20 di settembre. Centinaia di miliardi di dollari sono destinati a salvare gli investitori stranieri. Lo sanno, lo hanno chiesto, il decreto è stato accuratamente scritto per far sì che accada ciò”.

Perciò, perché il segretario al Tesoro non ha spiegato al popolo americano il vero scopo del salvataggio? Può essere che egli sappia che il suo salvataggio da $ 700 miliardi finirà come il dirigibile Hindenburg, svanendo coperto dalle fiamme?

Questo è un decreto terribile, e conferisce autorità assoluta ad uno degli attori centrali dello scandalo, Henry Paulson, che e stato presidente della Goldman Sachs al tempo in cui questi titoli MBS spazzatura venivano rifilati in giro per il pianeta ad investitori creduloni. Ora Paulson sarà nella posizione di ricomprare qualunque “bene in difficoltà” egli ritenga porre una minaccia alla “stabilità del mercato finanziario”. E’ chiaro che Paulson utilizzerà i suoi poteri privi di controlli per fare tabula rasa e rimuovere qualunque possibilità che gli investitori stranieri possano intraprendere azioni legali contro i perpetratori della truffa: le giganti banche di investimento di Wall Street.

Dunque, com’è possibile che il popolo americano accetti di pagare per evitare future spese legali a Paulson & Co.? E’ questo il modo in cui le tasse dei contribuenti dovrebbero essere spese, anziché in educazione, sanità e infrastrutture?

Vi è un’altra ragione per cui Paulson ha lavorato così duramente per l’approvazione del decreto Salvataggio per i Tycoons; perché è una manna dal cielo per i giganti del sistema bancario. La Citigroup non ha raccolto la Wachovia per puro caso, né la JP Morgan ha acquistato Washington Mutual perché voleva compiere il suo dovere civico e impedire il totale collasso del sistema. Assolutamente no; sapevano chiaramente dove soffiava il vento. Di fatto, non ce n’è uno di questi casi che non mandi puzza di bruciato.

Questo ha detto Sara Lepro di AP:
“La Citigroup ha acconsentito lunedì ad acquistare le operazioni bancarie della Wachovia per $ 2,1 miliardi in un accordo combinato dai regolatori federali, rendendo la banca di Charlotte l’ultima vittima della sempre più vasta crisi finanziaria globale.

L’accordo espande grandemente i diritti di vendita della Citigroup—fornendole un totale di più di 4300 filiali Usa e 600 miliardi in depositi—e le assicura un posto tra le Tre Grandi dell’industria bancaria Usa, assieme alla Bank of America Corp. e alla JP Morgan Chase & Co.

Ma tutto ciò avviene ad un costo: Citigroup Inc. ha detto che ridurrà i suoi dividendi trimestrali della metà, a 16 centesimi. Diluirà anche gli attuali azionisti vendendo 10 miliardi di azioni ordinarie per sostenere la sua posizione di capitale. Oltre ad essersi assunta $ 53 miliardi in debiti, Citigroup assorbirà sino a 42 miliardi di perdite del portafoglio prestiti da 312 miliardi della Wachovia, mentre la Federal Deposit Insurance Corp. [FDIC, assicurazione federale sui depositi, n.d.t.] si è dichiarata d’accordo a coprire le rimanenti perdite. Citigroup emetterà anche azioni privilegiate e garanzie per la FDIC per 12 miliardi di dollari.”

Questa è la frase chiave della Lepro:
“Il piano di salvataggio per le istituzioni finanziarie da $ 700 miliardi proposto dal governo, votato lunedì dalla Camera dei Rappresentanti, probabilmente si dimostrerà un ulteriore guadagno per la Citi.

Mentre il piano è in generale progettato per impedire che le banche si approfittino della vendita al governo di beni in difficoltà, vi è un’eccezione per il caso di beni acquistati in una unione o in un rilevamento, o da aziende che hanno fatto bancarotta. Questo permetterebbe alla Citigroup di vendere le obbligazioni tossiche e altri beni ottenuti dalla Wachovia per un prezzo più alto di quello realmente pagato per essi”.

Perciò la Citi non solo ottiene un’armata di correntisti (il più economico capitale disponibile!) ma, allo stesso tempo, potrà scaricare tutta la sua spazzatura poggiata sui mutui sui contribuenti! E, indovinate un po’, l’affare fatto dalla JP Morgan è praticamente identico.

È o no un giochetto da esperti?

Qualcuno ha voglia di scommettere che anche la G-Sax otterrà un posto in prima fila succhiando miliardi di dollari dei contribuenti per rimettere assieme il suo traballante bilancio?

E quale sarà il risultato netto della rapina da parte dei banchieri gangster di Paulson? Maggiore consolidamento dell’industria finanziaria e totale distruzione delle banche locali e regionali. Questa è una cosa certa. Le piccola banche di tutta la nazione se la prenderanno in saccoccia se passa il decreto. Potete scommetterci.

Il paese non ha tempo per questa cinica caccia al tesoro. Il sistema sta mostrando pessimi segni e abbiamo UNA sola possibilità per fare un buon decreto di emergenza.

Secondo Bloomberg News, 29 settembre:
“La Federal Reserve immetterà ulteriori $ 630 miliardi nel sistema finanziario globale, allagando le banche di contanti per alleviare la peggiore crisi bancaria dai tempi della Grande Depressione. La Fed ha aumentato i suoi scambi di valuta con banche centrali straniere da $ 330 miliardi a $ 620 miliardi per rendere una maggiore quantità di dollari disponibile in tutto il mondo. Il Term Auction Facility, il programma d’emergenza di prestiti della Fed, si espanderà da $ 300 miliardi a $ 450 miliardi. Tra le autorità partecipanti vi sono la Banca Centrale Europea, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Giappone.

La crisi si sta riflettendo su tutta l’economia globale, provocando la caduta del mercato azionario e costringendo i governi europei a salvare quattro banche negli ultimi due giorni appena”. (Bloomberg)

Afferrato il concetto? La Fed aveva già accantonato il voto negativo del Congresso e pompato denaro nel sistema; e guardate cos’è successo.

Nulla!

Il Libor [London Interbank Offered Rate. Da Wikipedia: “Il libor è il tasso di riferimento europeo al quale le banche si prestano denaro tra loro, spesso durante la notte (in batch notturno), dopo la chiusura dei mercati” N.d.t.] è ancora al massimo storico, il Ted spread [Il Ted spread è la differenza tra i tassi di interesse dei prestiti interbancari e quelli dei buoni del Tesoro USA a breve termine. E’ un indice del rischio percepito sul credito, dato che i buoni del Tesoro sono considerati a basso rischio a differenza dei prestiti interbancari N.d.t.] si è allargato livelli record mentre i prestiti interbancari sembrano bloccati ad un punto morto. Vi è una corsa al mercato valutario che sta riducendo la capacità delle imprese di utilizzare credito a breve termine. Il sistema si sta spegnendo, amici, e l’olio di serpente di Paulson non servirà a nulla. 400 economisti di fama—non i falchi fanatici che lavorano per l’amministrazione Bush –si sono opposti a questo piano di salvataggio.

Questo è un disastro in tempo reale e richiede vere soluzioni. Come fa notare Nouriel Roubini, presidente della Roubini Global Economics, siamo sull’orlo della “madre di tutte le corse agli sportelli”, un saccheggio senza confini delle riserve che farebbe crollare il sistema finanziario. Questa è l’opinione di Roubini su quale sarà la prossima testa a cadere:
“Il prossimo passo di questo panico potrebbe diventare la madre di tutte le corse gli sportelli, cioè una corsa agli oltre $1000 miliardi di prestiti interbancari a breve termine con l’estero del sistema finanziario e bancario Usa, dato che le banche straniere si stanno iniziando a preoccupare della sicurezza delle loro esposizioni liquide verso le istituzioni finanziarie USA; tale silenziosa corsa agli sportelli da oltre confine è già iniziata dal momento che le banche straniere sono preoccupate della solvibilità delle banche Usa e stanno iniziando a ridurre la loro esposizione. E se questa corsa accelera, come potrebbe accadere, potrebbe avvenire un collasso totale del sistema finanziario Usa. Siamo perciò ora in una situazione di panico generalizzato e siamo ritornati a rischio di crollo sistemico dell’intero sistema finanziario. E le autorità Usa e quelle straniere sembrano non avere capito nulla su cosa ci sia bisogno di fare. Forse dovrebbero già oggi iniziare una coordinata riduzione di 100 punti base dei tassi in tutte le maggiori economie del mondo per mostrare che hanno seriamente iniziato a riconoscere e ad affrontare questa crisi finanziaria in rapido peggioramento.” (Nouriel Roubini, EconoMonitor)

Non un solo centesimo dovrebbe andare a questa ultima truffa di Wall Street. Nessun salvataggio!

Mike Whitney vive nello stato di Washington. Può essere contattato all’indirizzo fergiewhitney@msn.com

Titolo originale: " Why the Bailout Stinks "

Fonte: http://www.counterpunch.org
Link
02.10.2008

SALVIAMO I PROPRIETARI DI CASA! PERCHE’ IL PIANO PAULSON E’ UNA TRUFFA

DI PAUL CRAIG ROBERTS
Counterpunch

Questo piano di salvataggio di Paulson è, esso stesso, una gigantesca frode come i mutui subprime ad eccessiva leva finanziaria?

Ieri, qui su CounterPunch, ho discusso del piano di salvataggio proposto e fatto notare che la proposta non può avere successo se danneggia la posizione di credito del Tesoro Usa e/o la combinazione del mark-to-market [utilizzo dei prezzi stabiliti dal mercato N.d.t.] e dello short-selling [detto anche “vendita allo scopeto”, lo Short Selling è un operazione finanziaria che consiste nella vendita di strumenti finanziari non posseduti con successivo riacquisto. Da BorsaItaliana.it N.d.t.] permette a chi lo pratica di prosperare trascinando sempre più istituzioni finanziarie alla bancarotta.

Il commento di un lettore e un articolo dei professori di Yale Jonathan Kopell and William Goetzmann, sollevano esattamente questa questione della fraudolenza del pacchetto Paulson.

Come dice un lettore: “abbiamo debito a tre differenti livelli: il debito personale familiare, il debito del settore finanziario e il debito pubblico. Il primo ha inondato il secondo e ora stanno facendo sì che il secondo inondi il terzo. L’atteggiamento dei nostri leader è quello di non fare nulla per il primo livello di debito, e fare finta che il terzo livello di debito non abbia alcuna importanza”.

L’argomento in favore del piano di salvataggio è che le banche saranno libere dagli strumenti finanziari in difficoltà e potranno ritornare a fare prestiti, e che il Tesoro Usa recupererà gran parte dei costi del salvataggio perché solo una piccola percentuale dei sottostanti i mutui sono cattivi. Esaminiamo questo argomento.

In realtà il piano Paulson non affronta il problema principale. Affronta solo i problemi delle istituzioni finanziarie che detengono beni in difficoltà. In base al piano di salvataggio, i beni in difficoltà si spostano dai bilanci delle banche al bilancio del Tesoro. Ma il sottostante problema—la continua diminuzione dei valori dei mutui e delle case—rimane e continua a peggiorare.

L’origine della crisi è al livello dei proprietari di casa. I proprietari non riescono a ripagare i mutui. Spostare gli strumenti finanziari nei libri contabili del Tesoro non ferma il crescente tasso di insolvibilità.

Il piano di salvataggio si concentra sul lato sbagliato del problema. Il salvataggio dovrebbe concentrarsi sull’origine del problema, i proprietari di casa che si dichiarano insolventi. Il salvataggio dovrebbe indennizzare i proprietari insolventi e pagare i mutui criminali. Come fanno notare Koppell e Goetzmann, gli strumenti finanziari sono in difficoltà a causa dell’insolvibilità dei mutui. Fermare il problema alla sua origine restaurerebbe il valore dei derivati basati su mutui e porrebbe fine alla crisi.

Questo approccio ha l’ulteriore vantaggio di fermare la valanga nei prezzi delle case e porre termine all’erosione della base fiscale locale che risulta dai pignoramenti e dalle case gettate sul mercato. E per quanto riguarda l’azzardo morale di salvare i proprietari di casa che hanno fatto eccessiva leva finanziaria [over-leveraged] su se stessi? Chiedetevi: qual è la differenza con l’azzardo morale di salvare le istituzioni finanziarie che hanno creato obbligazioni su prestiti questionabili, li hanno assicurati e venduti come titoli di investimento? Il Congresso dovrebbe concentrare il piano di salvataggio sul rifinanziamento dei mutui in difficoltà come la Home Owners’ Loan Corp. fece negli anni 30, non su istituzioni in difficoltà che detengono strumenti in difficoltà legati ai mutui. Il Congresso deve fare un passo indietro, stabilire udienze e parlare con Koppell e Goetzmann. Il Congresso deve sapere i fatti prima di intraprendere un’azione. L’ultima cosa che il Congresso ha bisogno di fare è lasciarsi spaventare ancora una volta fino ad acconsentire ad un’iniziativa disastrosa.

Paul Craig Roberts [email] è stato Assistente Segretario del ministero del Tesoro americano, durante l’Amministrazione Reagan. E’ un ex Editore Associato del Wall Street Journal, è stato per 16 anni columnist di Business Week e di Scripps Howard News Service e di Creator’s Sindacate di Los Angeles. Ha avuto numerose cattedre universitarie, inclusa quella "William E. Simon" della facoltà di Politica Economica del Center for Strategic and International Studies della Georgetown University e Senior Research Fellow dell’Hoover Institution e della Stanford University. E’ stato insignito della Legion d’Onore dal Presidente della Francia e gli è stata assegnata la medaglia d’argento del Ministero del Tesoro Usa, per il suo “importante contributo alla formulazione della politica economica americana”.
di Mike Whitney

Fonte: http://www.counterpunch.org

Una democrazia senza parlamento

Titoli di giornali di ieri: “Berlusconi: imporrò i decreti” (la Repubblica). Più soft, una volta si diceva “più gesuitico”, il Corriere: “Berlusconi: farò più decreti”. Poiché non eravamo a Napoli, luogo del pronunciamento, non possiamo giurare su quale dei due verbi abbia usato il premier. Sta di fatto che, nel clima della legge Alfano, cui i costituzionalisti negano il titolo di “lodo” non essendo il ministro di giustizia un’autorità neutrale chiamata a mediare vertenze, un delirio di onnipotenza e di insofferenza per le istituzioni parlamentari e per la costituzione della repubblica sta dilagando nella destra. Mercoledì ne abbiamo avuto tre manifestazioni simultanee: quella appena ricordata del premier a Napoli, l’annuncio di Tremonti che l’indomani sarebbe andato in parlamento a riferire solo sulla legge finanziaria e non sulla crisi mondiale, come chiedevano i deputati; la teoria di Elio Vito, ministro dei rapporti col parlamento, illustrata nel question-time, che la decretazione è un modo di adeguare il processo legislativo al nuovo secolo, che mal sopporta tempi e modi della legiferazione parlamentare.

Ma dove hanno letto, costoro, che la nostra democrazia non è più quella codificata nella costituzione e che il governo può strafottersene delle regole scritte e dei rappresentanti del popolo? Il 4 luglio, Europa pubblicò l’appello di 110 docenti dell’Associazione costituzionalisti, presieduta da Alessandro Pace, al capo dello stato, al governo, alle camere, e naturalmente al “popolo sovrano” che la nostra costituzione, non mutata, riconosce appunto unico sovrano e tuttavia nega anche ad esso l’esercizio della sovranità fuori dei modi e dei limiti stabiliti dalla legge. A maggior ragione, fuori di quei limiti e modi non si possono porre i governanti, sulle cui spalle non c’è neanche la forfora della sovranità. Fare le leggi è dunque mestiere del parlamento. Il governo può fare decreti solo in caso di necessità e urgenza. Non ha necessità e urgenza la guerra ai graffiti che Berlusconi ha indicato da Napoli come uno dei prossimi oggetti del suo governare per decreti.

Ma oltre ai requisiti di necessità e urgenza, i decreti debbono essere “puntuali e omogenei”, cioè riguardare una singola materia, come impone la legge 400 del 1988 sui poteri della presidenza del consiglio. Invece non lo sono più da quando i loro testi sono diventati vere e proprie lenzuolate, nelle quali ci sono non una ma dieci, quindici materie: una , forse, con caratteri di necessità e urgenza, le altre come Dio vuole. Prassi fraudolenta, il capo dello stato talvolta obbietta, altre volte concede l’autorizzazione, che il cavaliere nella sua cultura brianzola chiama il “visto”. La frode si moltiplica quando la lenzuolata, autorizzata dal Quirinale per evitare la guerra perpetua col governo, viene inzeppata di emendamenti in parlamento e quindi diventa una cosa diversa da quella “vistata” cioè autorizata dal capo dello stato. E’ una vera e propria prassi di rapina nei confronti del presidente della repubblica e del parlamento. Il presidente della camera Fini ha formalmente protestato contro questa legiferazione per decreti. Dall’inizio del governo Berlusconi, deputati e senatori si sono limitari a convertire in leggi i decreti del governo. Per di più prendendosi lo sberleffo di Vito.

Il quale, per negare questa mortificante realtà, rinfacciava all’aula di Montecitorio che i parlamentari hanno votato anche la ratifica di non so quale trattato internazionale. Hai detto un prospero.
Siamo grati a Fini della protesta, altrettanto ci aspettiamo da Schifani, che sovrintende all’altro ramo del parlamento. E ci aspettiamo anche che dicano la cosa essenziale: poiché Berlusconi lamenta l’inadeguatezza dei suoi poteri di premier e la farraginosità dei regolamenti parlamentari – le due cause della lentezza del processo legislativo – camera e senato, dove la maggioranza ha numeri sovrabbondanti, procedano subito ad adeguare la legge 400 sui poteri del presidente del consiglio e a snellire radicalmente i regolamenti parlamentari. Il governo potrà così governare con la velocità della Tav, come piacerebbe a Berlusconi e non solo a lui.

Di più, la legge 400 sui poteri della presidenza del consiglio potrebbe essere trasformata da legge ordinaria a norma costituzionale: aggiungendo così ai requisiti di necessità e urgenza, già scritti in costituzione, quelli di puntualità e omogeneità, scritti nella legge e snobbati dalle lenzuolate. Sarebbe la strada semplice e corretta per restare nella democrazia parlamentare. Che altrimenti, anche senza evocare Putin o Videla, vedrebbe giorno dopo giorno le sue istituzioni (e la libertà dei cittadini) ridursi come le anime dantesche, “ombre vane fuor che nell’aspetto”.
di Federico Orlando

Una rivolta dei “consumatori” può scatenare una rivoluzione?



Il proletariato borghese – I ceti medi potrebbero trasformarsi in classe rivoluzionaria, prendendo il posto che Marx aveva immaginato del proletariato. La globalizzazione del mercato del lavoro e i ridotti livelli del supporto previdenziale nazionale e della occupazione potrebbero diminuire nella gente l'attaccamento a certe istituzioni. Il gap crescente tra loro e un piccolo numero di individui ultra-ricchi molto in vista potrebbe accendere la disillusione nei confronti della meritocrazia, mentre le sotto-classi urbane in aumento potrebbero rappresentare una crescente minaccia per l'ordine e la stabilità sociali, dato che il peso del debito acquisito e il fallimento del supporto pensionistico cominciano a bruciare. Di fronte a questa doppia sfida, i ceti medi di tutto il mondo, usando l'accesso al sapere, potrebbero unire risorse e abilità per dare forma a processi transnazionali nell'interesse della propria classe.” ― Rapporto del Ministero della Difesa Inglese: “Programma sugli Andamenti Globali Strategici 2007-2036 del Development, Concepts and Doctrine Centre (DCDC)” [Centro per lo Sviluppo di Concetti e Dottrine], (Terza Edizione) p.96, Marzo 2007.

Parole davvero profetiche, considerata la gravissima siutuazione del capitalismo per effetto della speculazione rampante e di un'economia basata sull'illusoria creazione di una fetta di benessere, quest'analisi del Ministero della Difesa ha qualche significato?

Il potere del grande capitale transnazionale ha trasformato non soltanto lo scenario economico ma anche la natura del modo in cui viviamo, dal cibo che mangiamo (e dove lo acquistiamo) fino alla struttura dei nostri spazi sociali, e a giudicare dal livello d'insoddisfazione della società capitalista contemporanea, ampie fasce di popolazione non sono fesse e contente.

Ma al contrario di epoche precedenti questa insoddisfazione, che non ha una voce politica coerente, sta trovando altre vie d'uscita e di espressione.

Con una popolazione incastrata nel debito che adesso si estende alla sua progenie, i “bei tempi” dei passati decenni sono finiti con un botto e, dato che l'unica “soluzione” alla crisi del capitalismo sembra essere negli effetti del cambiamento climatico, nel caos causato dalla “globalizzazione” (imperialismo rimodernato sotto altro nome) e nell'estesa destabilizzazione come la guerra senza fine, quali sono le possibilità di porre termine alla follia del capitalismo?

La sinistra, essa stessa prodotto di una società che di fatto non esiste più, ha fallito sia nel non riconoscere questa trasformazione, sia nel non produrre una struttura teorica che possa essere usata per apportare un cambiamento radicale.

Nel Regno Unito cinque gigantesche catene di supermarket dominano la fornitura alimentare al dettaglio, e a causa della loro solidità sul mercato impongono non solo il prezzo ma anche il tipo, la qualità e la provenienza di quello che vendono.

Eppure il 75% degli alimenti coltivati e prodotti nel Regno Unito proviene da piccoli produttori.

Sfortunatamente, per il piccolo agricoltore, questi non possono offrirlo al prezzo richiesto dai monopoli dei supermarket, e tanto meno farlo per tutto il corso dell'anno, mentre i generi alimentari provenienti dai paesi in via di sviluppo non solo costano meno ma sono anche disponibili su richiesta. La globalizzazione ha spezzato il legame biologico e storico fra la produzione agricola e il consumo.

Un terzo dei 20 miliardi di sterline spesi annualmente in abbigliamento e in casalinghi vengono spesi nelle otto settimane che precedono il Natale. Tuttavia, la tanto decantata economia dei consumi è in gran parte un'illusione dato che opera quasi completamente sul credito/debito. Il credito proviene dall'enorme eccedenza estratta dal settore bancario e finanziario attraverso il controllo e il possesso del circuito globale di capitale, che a sua volta presta ai consumatori addebitando loro gli interessi sul prestito.

Di contro, solo una piccola percentuale del prodotto interno lordo del Regno Unito proviene dalla manifattura, la nostra non è più un'economia produttiva in realtà, ma soltanto un'economia dei consumi. Il “benessere” di cui godiamo adesso ha due fonti: il credito o il debito per mezzo del settore finanziario che in cambio finanzia l'economia del credito (be', almeno così è stato fino a poco tempo fa). Ovviamente è un ciclo chiuso, poiché nessun benessere vero e proprio viene prodotto, in altre parole è un'economia parassita che dipende completamente dalla presa che il grande capitale ha sul circuito globale di capitale e dall'estrarre il sovrappiù da un terzo mondo disperato e sempre più povero. Perciò il capitalismo industriale è stato sostituito quasi completamente dal capitalismo dei consumi.

Quindi, cosa implica questa trasformazione e come dovremmo affrontarla?

Con la fine della classe lavoratrice organizzata, tramite la distruzione dei sindacati di categoria (a parte i sindacati del pubblico impiego, e in maniera rilevante, lo stato è il più grande datore di lavoro) e la distruzione totale delle comunità della classe operaia, dato che le attività produttive sono state tolte di mezzo, anche la tradizionale solidarietà che si creava nelle comunità e nei luoghi di lavoro è scomparsa.

Accanto a questo, con la scissione della società in una “middle-class” carica di debiti e in una “under-class” relegata in quartieri fatiscenti, lo stato delle aziende e dell'apparato di sicurezza sembra al sicuro. Esso ha a disposizione tutte le “leggi” per reprimere qualunque dissenso reale che sfidi il potere dello stato in maniera significativa.

Infatti, per fare un esempio, è riuscito a mettere una parte della classe operaia contro l'altra, demonizzandone e criminalizzandone la parte giovane, creando un'atmosfera di paura e di paranoia attraverso la complicità dei media (per es., “sensazione che il crimine stia dilagando”, “comportamento antisociale”, “abuso di alcolici”, “accoltellamenti”, “bande giovanili”), davvero un ritorno alla “classe criminale” dell'epoca vittoriana. In questo modo lo stato e/o i media hanno messo i lavoratori nelle condizioni di divorarsi l'un l'altro, piuttosto che fare luce sulla vera causa della frammentazione della società, il capitalismo.

Eppure, a dispetto della nostra esistenza depoliticizzata e alienata, questa è una società che si sta spaccando in una pletora di fratture, fratture che stanno trovando un'espressione ma non nel modo “tradizionale”, cioè attraverso la lotta di classe.

In compenso vediamo i cosiddetti gruppi di interesse, generalmente nel ceto medio, in cerca di “alternative” per costruire stili di vita “ecologici”, come ripartizioni dei generi alimentari, progetti di energia “sostenibile”, riciclaggio, nostalgici viaggi in un passato (“retaggio”) perlopiù fittizio, una ricerca di “britannicità”, molti dei quali ― non c'è da sorprendersi, dato che gli stessi lavorano nei media ― trovano espressione in una marea di programmi in TV e alla radio. Nell'insieme, sa di elitarismo, ma si può affermare che questi sono progetti di lusso, e allora cosa succede quando finiscono i soldi?

D'altra parte, non vi è dubbio che l'attrattiva del capitalismo consumistico stia svanendo ancor prima di finire fuori strada, e questo processo sta accelerando con la crisi del capitale che si mangia la casa, e il costo della vita alle stelle. Quindi si sta verificando un certo tipo di sintesi tra i bisogni reali e la realtà, ma manca di espressioni fattibili.

Potrebbe essere come dice il rapporto del Ministero della Difesa, “Di fronte a questa doppia sfida i ceti medi di tutto il mondo, usando l'accesso al sapere, potrebbero unire risorse e abilità per dare forma a processi transnazionali nell'interesse della propria classe”, e se così fosse, dov'è la sinistra in questo processo?

Se questa è di fatto una riflessione accurata dei processi attualmente in corso, come possono questi due settori del proletariato trovare un terreno comune senza una qualche espressione collettiva?

Attualmente, la sinistra esistente quasi ignora la cosiddetta “middle class”, i professionisti, manager, operatori dei media, intellettuali e accademici che in realtà fanno andare il capitalismo (a parte cioè quelli che ironicamente compongono la leadership della sinistra)?

Cruciali per questo processo sono gli impiegati del servizio pubblico, senza i quali lo stato non ha potere. Una qualche alleanza fra la restante classe operaia organizzata e il ceto medio professionista potrebbe portare ad un cambiamento rivoluzionario?

Io sostengo che molto dipende da come si metterà l'attuale crisi del capitale. Se, come potrebbe essere il caso, la classe capitalista internazionale è ben decisa a usare una serie infinita di guerre come soluzione alla crisi dell'accumulazione, allora si mette davvero male.

Perciò smascherare la “guerra al terrore”, in realtà la guerra al pianeta e alle sue genti insita nella natura del capitalismo, deve essere di certo il nostro obiettivo primario, altrimenti tutto è perduto.

di WILLIAM BOWLES
creative-i.info

700 miliardi per camuffare la storia



Durante la settimana finanziaria che va dal 15 al 19 settembre, la globalizzazione finanziaria aveva dimostrato di essere definitivamente morta. Ma prima che il crollo di Wall Street coinvolgesse Main Street (l’economia reale), il Governo americano ha preso una decisione senza precedenti: la costituzione di un ente federale con a disposizione 700 miliardi di dollari da destinare al riacquisto dei valori finanziari tossici che sono all’origine del perpetuarsi del crollo dei listini finanziari mondiali.

Secondo gli analisti il piano Paulson sarebbe quantitativamente dieci volte superiore al piano Marshall con cui si ricostruì l’Europa post-bellica e superiore al costo della guerra del Vietnam. Si consideri poi che la Cina, detenendo metà del debito estero Usa, detiene un importo di 500 miliardi di dollari in titoli statunitensi. L’immissione di 700 miliardi di dollari da parte del Tesoro, rappresenta di fatto una importante svalutazione del loro debito verso la Cina. Quanto potranno sopportare ancora la Cina, e gli altri detentori di titoli del debito Usa, un tal genere di furto? Il modello di fatto imperiale, spacciato col nome altisonante di globalizzazione, è in rianimazione ma con certezza di morte. Anzi, il piano Paulson non farà altro che prolungare l’agonia del malato. Questo perché quel credito di 700 miliardi non è strategicamente vincolato a risollevare l’ansimante economia reale, quanto piuttosto volto a riversare direttamente sui cittadini americani, ed indirettamente sulla popolazione mondiale, il disastro prodotto dall’immissione nel sistema della finanza di titoli puramente speculativi.

Ciò su cui non si può discutere, è invece il definitivo fallimento del modello liberista. Il blocco delle vendite allo scoperto ed il paracadute offerto ai mercati con i soldi dei cittadini, sono decisioni dirigistiche ed antimercatiste che dovrebbero segnare pure per gli irriducibili liberisti, il definitivo fallimento della deregulation , dell’idea per cui i mercati abbandonati a sé stessi raggiungerebbero l’equilibrio ottimale in favore della ricchezza. Se si fossero abbandonati i mercati ai loro destini, le famiglie più importanti del pianeta, dai Morgan ai Mellon ai Du Pont ai Rothschild, sarebbero probabilmente alle cronache come storico caso di "eccellente suicidio di massa", produzioni e commerci sarebbero fermi, intere nazioni sarebbero nel più completo caos.

In tutta questa storia c’è anche un altro dato interessante che emerge e che è bene che i politici tengano presente già nell’immediato futuro, visti i sacrifici che esso è costato alle popolazioni da loro amministrate. Gli illuminati osservatori economici del Fondo monetario internazionale, della Banca Mondiale, dell’Ocse, e delle agenzie di rating private (S & P, Moody’s, Fitch) che finora hanno giudicato sulla bontà delle scelte economiche fatte da stati sovrani ed aziende, da oggi, che genere di mestiere potranno fare? La risposta è che l’economia mondiale, nella sua facciata reale, necessita di braccia per la ricostruzione e l’arricchimento tecnologico delle sue infrastrutture e delle sue produzioni, di modo che i popoli del pianeta, dopo un quarantennio di politiche liberiste a cui sono stati via via sottoposti, possano tornare a vedere il sereno offerto da un’economia che migliori i loro tenori di vita piuttosto che distruggerli.

Ora, dovrebbe essere ovvio anche a Paulson – forse non a Bush – che quel credito di 700 miliardi, corrisponde ad una nuova immissione di liquidità nel sistema, che al pari dei circa 2-3 miliardi che ogni giorno dal luglio-agosto 2007 fino alla scorsa settimana, le banche centrali avevano cominciato ad iniettare nel mercato per sorreggere la maturanda crisi, rifluirà sui prodotti finanziari speculativi che abbiano come sottostante oro, petrolio, materie prime, generi alimentari. Ciò comporterà a breve una nuova ondata iperinflazionistica sui beni di prima necessità. In sostanza, quei 700 miliardi non serviranno altro che ad alimentare la fase d’iperinflazione globale, con un botto ancor più violento sui mercati finanziari e impensabili ripercussioni nell’economia reale. Chi cerca di dare una giustificazione "razionale" alla decisione del Tesoro, cerca di far passare come meritorio il salvataggio poiché "in fondo dietro ai titoli tossici detenuti dal sistema finanziario, vi sarebbero degli immobili" (come a dire che così tossici non sarebbero). Ma questa considerazione, oltre a non essere avvalorata dai mercati (tanta è la crisi di fiducia creatasi tra gli operatori) non è avvalorata neanche dalla ragione. La garanzia offerta ai valori finanziari da parte del relativo sottostante reale immobiliare, infatti, può garantire un equivalente valore finanziario, non una piramide di carta molte volte superiore al valore degli immobili stessi.

Ma perché Paulson, ha proceduto in un salvataggio che evidentemente non farà altro che procrastinare il crollo dei mercati piuttosto che evitarlo?

In sostanza Paulson-Bush stanno solo prendendo tempo. Ma per quale motivo? Tempo per cosa? Riflettiamo sul primo crollo finanziario del nuovo millennio, quello che va dal marzo 2000 all’ottobre 2002. Nell’immaginario collettivo il primo crollo dei mercati del nuovo millennio avvenne in seguito alla distruzione delle Twin Towers nel settembre del 2001. Esso cominciò invece nel marzo del 2000 e fino al 10 settembre 2001 le borse mondiali avevano perso circa il 30% del loro valore. Dall’11 settembre fino ai minimi dell’ottobre 2002 gli indici persero un ulteriore 30%.

Dunque il primo crack dei mercati nel nuovo millennio avvenne ben prima dell’11 settembre e corrispose sostanzialmente allo scoppio della bolla dei titoli della new economy (telecom, media and tech), ma per la popolazione mondiale esso avvenne a causa di Osama Bin Laden. In seguito i mercati mondiali si ripresero sostituendo la mega bolla new economy con una nuova bolla speculativa, quella del settore immobiliare.

Mentre scrivo le agenzie di stampa rendono conto dell’ultimo discorso di G. W. Bush alle Nazioni Unite, in cui afferma che "Siria ed Iran continuano a sponsorizzare il terrorismo" (mentre in Iraq ci dovevano essere armi di distruzione di massa!). Per l’opinione pubblica occidentale, che nella maggioranza dei casi non ha mai letto alcun discorso di Ahmadinejad, quell’iraniano è colui che vuole sterminare Israele, visto che così i media hanno riferito (sic).

Nel corso dell’ultima settimana si sono verificati vari attentati di presunta matrice terroristica da Islamabad a Gerusalemme allo Yemen ai Paesi Baschi (tralasciando quelli del casertano). In breve, mentre la globalizzazione, grazie al piano Paulson, rimanda la sua dichiarazione di decesso, varie "operazioni caos" si scatenano con ritmo accelerato a giro per il pianeta.

Se scoppiasse una nuova importante guerra, la storia ufficiale di questi giorni diverrebbe: «La guerra contro il terrorismo fece crollare i mercati finanziari e l’economia mondiale.»

A cospetto di un sistema fallito, l’unico modo per salvare i creditori privilegiati, ossia la popolazione mondiale unitariamente intesa, è seguire il "piano LaRouche": organizzare il fallimento del sistema e non attendere che esso si verifichi per forza d’inerzia, distinguere tra quelli che sono crediti esigibili (stipendi, pensioni, liquidità per il funzionamento dello stato e del welfare) e quelli che non sono esigibili perché frutto di mere speculazioni. Ricreare un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale sul modello rooseveltiano di Bretton Woods. Da qui lanciare linee di credito a livello globale con cui finanziare nuovi progetti infrastrutturali e le imprese private.

Per fare ciò è necessario che alla disponibilità di Russia, Cina e India si aggiunga quella degli Stati Uniti. Gli altri si allineerebbero di conseguenza.

Claudio Giudici

A Chiaiano Berlusconi ha qualche problema...



L’Italia sta diventando ogni giorno che passa un Paese sempre più surreale, dove il non sense rappresenta la regola e le atmosfere kafkiane sono corollario delle nostre giornate.


Un Paese dove il governo è intenzionato a costruire infrastrutture di ogni genere, contro la volontà dei cittadini che di quelle infrastrutture dovranno sopportarne il peso, imponendo la presenza dei cantieri per mezzo dell’esercito e delle forze dell’ordine, quasi si trattasse di un’operazione di occupazione in piena regola.


Centrali nucleari, cancrovalorizzatori, discariche tossiche, ferrovie ad alta velocità, basi militari statunitensi, centrali a carbone e turbogas, rigassificatori, autostrade e molte altre opere di cementificazione selvaggia, verranno imposte con la forza nei prossimi anni ai cittadini che non le vogliono, attraverso l’uso dell’esercito, della polizia, dei carabinieri e di una nuova legislazione che in Italia ora sottopone al segreto militare i cantieri delle grandi infrastrutture.



Un esempio di quello che ci aspetta lo si è avuto ieri a Chiaiano dove circa 8000 persone hanno dato vita all’ennesima manifestazione


http://ilcorrosivo.blogspot.com/2008/05/spazzatura-e-manganelli.html


contro la mega discarica che dovrebbe sorgere accanto alle loro case, ammorbando il loro futuro e minando tanto la salute della popolazione quanto l’integrità dell’ambiente. A Chiaiano i cittadini chiedevano fosse concesso ad una loro delegazione, composta anche da amministratori, l’ingresso nel cantiere per prendere visione dei lavori che vengono portati avanti. Lo Stato ha risposto di no, quasi all’interno dell’area fossero custoditi segreti la cui natura non poteva essere resa pubblica, creando momenti di forte tensione con i dimostranti che sono poi stati costretti ad indietreggiare dal lancio di lacrimogeni e dal mulinare dei manganelli. I manifestanti hanno poi creato alcune barricate lungo la strada che conduce alla futura discarica, senza cercare mai lo scontro fisico ma ribadendo che loro saranno lì quando fra breve tempo arriveranno i camion che trasporteranno i rifiuti. Non molleranno mai perché è impossibile mollare quando è in gioco la propria salute e quella dei propri figli.



Berlusconi (e chi verrà dopo di lui) impegnato a sfornare miracoli a ripetizione in questa Italia che proprio non vuole saperne di fare come Lazzaro, sembra avere qualche problema di più rispetto ai pochi che è solito ammettere. Non sembra infatti davvero proponibile l’ipotesi di tenere aperte le discariche ed i cantieri delle grandi opere (in alcuni casi come quelli del TAV destinati a durare una ventina di anni) ricorrendo al continuo presidio in forze, giorno dopo giorno, di esercito e polizia, indispensabile per reprimere la protesta dei cittadini che difenderanno il proprio diritto ad esistere con le unghie e con i denti. Così come sembra improponibile l’immagine di un’Italia dove gli italiani siano costretti ad identificare le forze dell’ordine e l’esercito con il loro nemico, che occupa i terreni, costruisce check point e militarizza il territorio.


Se in un Paese occorrono l’esercito e la polizia per costruire le infrastrutture, significa che chi lo governa ha sbagliato qualcosa, probabilmente la natura delle infrastrutture stesse e l’opportunità della loro costruzione.


Prenderne atto e comprendere come sia giunta l’ora d’iniziare ad ascoltare cosa hanno da dire i cittadini, che dopo decenni di cementificazione selvaggia stanno iniziando ad aprire gli occhi, sarebbe l’unico vero miracolo di cui il nostro Paese ha bisogno, prima che l’arroganza di chi detiene il potere e difende unicamente i profitti della consorteria del cemento e del tondino, porti ad una frattura insanabile che difficilmente potrebbe poi essere ricomposta.


di Marco Cedolin



I crack finanziari come il doping


I crack finanziari come i casi di doping nello sport. E' la teoria di Alberto Cei, professore di psicologia all'Università di Tor Vergata (Roma) e di Cassino. Il meccanismo è lo stesso: un sistema che spinge a ottenere il massimo dei risultati, non importa come, in barba alle regole. Perché le regole sono altre: non quelle dettate da leggi e regolamenti che valgono soltanto per i fessi. I vincenti agiscono in un altro modo: puntano dritti agli obiettivi, quelli veri, da raggiungere a qualunque costo. Sono "I Signori dei tranelli", i protagonisti del saggio che Cei pubblicherà tra poche settimane.

Da cosa nasce il suo parallelo tra sport ed economia?
"Parliamo sempre di persone di successo: atleti che vincono le Olimpiadi, multimiliardari. Per esempio Barry Bond, campione americano di baseball, si è imbottito di steroidi, arrivando al discredito, perché era secondo e voleva diventare il primo nella classifica del record dei lanci fuori campo".

Chi sono i signori dei tranelli?
"Sono le persone di successo che ritengono di non poter mai essere perseguite, che vivono in un ambiente nel quale si sentono sicure. Al tempo stesso, su di loro grava una forte pressione sociale che li spinge a ottenere il massimo, anche illegalmente. Hanno anche una serie di premi, stock options per i manager, che incentivano ancora di più questo atteggiamento. La loro è un'attività intenzionale: non sono mele marce, sono persone assolutamente brillanti, oltre a essere socialmente ben posizionate".

Se quindi agiscono secondo una sorta di mandato, e non a scopo personale, perseguirli per aver violato la legge potrebbe apparire quasi come un'ingiustizia. "La frode è stata istituzionalizzata in qualche modo: si creano scatole cinesi per cui non si capisce più niente, nessuno è in grado di risalire all'origine, e capire di chi è la colpa. Di conseguenza, si sta cercando di far passare il principio che se non si salvano le società sull'orlo del baratro sarà peggio per l'intero sistema. E così, per salvare il rapporto di fiducia tra i cittadini e gli intermediari finanziari, lo Stato diventa un azionista".

E' una buona soluzione, o ci sono altre terapie meno costose?
"Le terapie migliori sono quelle legate al buon senso, come quella suggerita da Joseph Stiglitz (Premio Nobel per l'Economia 2001, ndr): non più incentivi annuali, ma quinquennali, per evitare di mettere sotto pressione i manager e valutare gli effetti della loro gestione nel lungo periodo. E poi i controlli: è ampiamente emerso che quelli esistenti non funzionano, e infatti la maggior parte delle frodi finanziarie sono state scoperte per caso, da Parmalat in Italia a Enron negli Stati Uniti. La Grant Thornton per Parmalat e la Arthur Andersen per Enron erano conniventi. Si era di fronte a sistemi d'interconnessione. Anche l'immagine pubblica di queste grandi aziende era assolutamente positiva. Si creava una sorta di pace sociale: la Enron era perfettamente a posto anche dal punto di vista della beneficenza. Una truffa istituzionalizzata, un impegno quotidiano non certo opera esclusiva di manager come Tanzi: non si tratta di frodi singole, è un sistema che va mantenuto in piedi con il lavoro quotidiano di molte persone".

Un sistema che si basa, scriveva qualche giorno fa l'Herald Tribune, su una filosofia da tempo imperante, che mette al centro di tutto "l'ottimismo".
"Quello che conta è la ricerca del risultato ad ogni costo. Sicuramente ottenere i risultati è un fatto auspicabile, come lo è vincere nello sport: è il come che è diventato patologico. L'assenza totale di controlli, l'esaltazione dell'orientamento al rischio, la pressione sociale si uniscono al desiderio legittimo di vincere e di accumulare denaro. Ha prevalso una sorta di cultura dell'arroganza. Non era sbagliato l'obiettivo, ma il modo, unito alla consapevolezza che i controlli sono inesistenti. I controlli costituiscono un forte elemento di deterrenza, perché "i signori dei tranelli" non vogliono perdere la faccia di fronte al proprio ambiente sociale: puoi fare quello che vuoi, ma se vieni scoperto vuole dire che non sei stato abbastanza bravo e vieni eliminato. Però non vanno bene il controlli solo alla fine: le persone così non hanno un argine".

L'aver scoperto fin troppe frodi finanziarie, il discredito sociale caduto addosso a persone che fino a poco tempo fa erano considerati i maghi della finanza, potrebbe aiutare a far cambiare le regole del gioco?
"Io sarei pessimista su questo. Le soluzioni ci sarebbero, ripeto: controlli indipendenti, togliere gli incentivi annuali, introdurre una sorta di educazione dei dipendenti delle società finanziarie ad essere socialmente responsabili. E invece già si sente dire che "i migliori" della Lehman Brothers verranno sicuramente riassunti, troveranno subito un altro ottimo lavoro. I migliori in che cosa? Non lo sapremo mai. Non si tratta di chi ha avuto il miglior dottorato a Princeton. Secondo me non c'è un'alternativa: trovarla dovrebbe essere la funzione dello Stato, ma stiamo vedendo che non si è pronti".

Cosa dovrebbe fare lo Stato?
"Cambiare le regole oppure utilizzare le regole che ci sono, è questa la strada da percorrere. In Italia ha sempre prevalso il principio dell'impunità per chi commette dei reati, si è rassegnati a questo. Sono curioso di vedere quello che succede negli Stati Uniti, alla fine quella può essere un'occasione per far crescere un'opinione pubblica, anche se mi sembra complicato. Mi sembra l'unico posto al mondo dove questo potrebbe accadere: noi siamo rassegnati su tutti i fronti, in Italia nessuno fa causa perché si sa che la causa finirà tra 30 anni e semmai ne beneficeranno i nipoti".
di ROSARIA AMATO

Base Dal Molin: la dittatura è nuda.


La politica è totalmente alla mercè del potere economico e i “politicanti sono i camerieri dei banchieri”, come diceva correttamente, il poeta statunitense Ezra Pound.
Lo sappiamo benissimo.
Ma ogni volta che l’intreccio tra Potere e istituzioni, tra padroni e vassalli, viene alla luce non può non scuotere le coscienze di tutti noi.
La base militare statunitense Dal Molin a Vicenza è proprio uno di questi casi.

Il Consiglio di Stato, cioè il massimo organo della giustizia amministrativa ha ieri infatti sospeso la decisione del Tar del Veneto favorevole al Referendum popolare.
Secondo i magistrati “non è condivisibile” l’argomentazione del Tar.
Il referendum popolare del 5 ottobre prossimo, non abrogativo ma solo consultivo, non sa da fare!

Perché si vieta a dei liberi cittadini, in barba alla Costituzione della Repubblica italiana, di esprimere il proprio parere su una questione che li riguarda molto da vicino?
Per quale motivo i palazzi del potere tremano al punto tale da prendere decisioni della più bieca dittatura?
A prescindere dalle farneticazioni dei magistrati del “porto delle nebbie”, vi è una paura folle che il 5 ottobre il popolo consapevole di Vicenza dica NO (scrivendo però sulla scheda SI) ad una sudditanza politico-economia pluridecennale.
Questo naturalmente non è permesso in dittatura, perché come disse Charles Bukowski: “la differenza fra una democrazia e una dittatura, è che in una democrazia prima voti e poi ordini; in una dittatura non devi perdere tempo a votare”.

Oggi possiamo finalmente dire che la nostra democrazia rappresentativa, altro non è che una dittatura oligarchica mascherata e camuffata da democrazia. E dobbiamo ringraziare la base Dal Molin e i vicentini per aver messo a nudo la Dittatura !
Ringraziamo pure i “camerieri” dei banchieri, perché con i loro atteggiamenti e le loro dichiarazioni completano e arricchiscono il quadro.
Per esempio l’onorevole Manuela Dal Lago, vicepresidente dei deputati della Lega nord dice che “la decisione del Consiglio di Stato è frutto del buon senso e non di pressioni politiche” (AGI, 1 ottobre 2008). Gli ipnotisti, come i manipolatori mentali, sanno bene che nella nostra mente il segno NO non esiste. E’ infatti impossibile pensare a una cosa “in negativo”, per esempio “pensare di non pensare” o immaginare un’assenza senza pensare in qualche modo alla relativa presenza.[1]
Nel dichiarare che “NON” ci sono pressioni politiche per la base, significa semplicemente che esistono delle pressioni politiche ed economiche! Non sappiamo se l’onorevole è a conoscenza delle tecniche di manipolazione linguistica, ma basta dire una cosa ben precisa per farla pensare alle masse.

Ricordo che la Lega ha sempre affermato “Padroni a casa nostra”… anche se non hanno mai spiegato se per “Padroni”: intendono i cittadini (padani) oppure i graduati militari!
Tale arrogante ipocrisia vale anche per tutti gli altri partiti da destra verso sinistra.

La bella notizia in tutto questo è che a Vicenza, domenica 5 ottobre il referendum si farà lo stesso.
Il Sindaco vicentino Variati, davanti a migliaia di manifestanti ieri sera ha infatti precisato: “se non ci permettono di votare domenica dentro le nostre scuole, bene, allora voteremo davanti alle nostre scuole». Gazebi autogestiti al posto dei seggi, dalle 8 alle 21 come previsto, in 53 postazioni come 53 dovevano essere i punti di raccolta delle schede-voto, con tre scrutatori volontari in ogni banchetto per garantire la serietà e la correttezza anche nei confronti di chi tenterà sabotaggi.

Il Sistema dittatoriale può, e lo ha fatto, bocciare un referendum popolare, impedire lo svolgersi di una manifestazione pacifica, picchiare giovani inermi, infiltrarsi per creare zizzania ma non può fare assolutamente nulla contro le coscienze individuali che si muovono.
Mi auguro che domenica prossima saranno tantissime le coscienze che andranno davanti alle scuole per esprimere il proprio voto, il quale, a prescindere dal pezzo di carta e dal SI oppure dal NO, è sinonimo di libertà di espressione democratica.

E’ indubbiamente arrivato – dopo 60 anni - il momento di svegliarci da questo torpore e diventare responsabili del nostro futuro e di quello dei nostri figli.
Le guerre e i crimini danno fastidio? Il terrorismo incute timore?
Se pensassimo fino in fondo – anche al momento del voto e delle manifestazioni - capiremmo che le basi militari sono basi di guerra e per la guerra.
Le guerre servono per rimettere in piedi l’economia americana (la storia lo insegna dal 1939 dopo la Grande Depressione , Vietnam, ecc.) e per occupare “legalmente” altri Stati.
Il terrorismo internazionale è funzionale a tale Sistema e per questo alimentato costantemente, perché permette di attaccare atri paesi (Afghanistan, Iraq, ecc.) e di far passare leggi anti-democratiche e illegittime.
Per ultimo, ricordiamo che le basi militari sono le metastasi di un sistema destinato a crollare autodistruggendosi.

[1] “Al gusto di cioccolato: come smascherare i trucchi della manipolazione linguistica”, psichiatra Matteo Rampin

Come arrestare la macchina infernale?


Come è possibile che banche secolari siano state a tal punto scosse? Com’è possibile che siano le banche belghe a trovarsi in prima linea a subire il fuoco della crisi finanziaria? E perché quelle che si chiamano le autorità "di controllo prudenziale", quelle che, dunque, per definizione avrebbero dovuto assicurarsi che le istituzioni finanziarie gestissero i loro affari con prudenza, sono state scavalcate? Nonostante "il wargames", lo “stress test”, ed i controlli in ogni tipo operati in questi ultimi anni? La crisi attuale è anzitutto una crisi di fiducia, cioè, in termini bancari, una crisi di credito. Una banca può obiettivamente avere un buon bilancio ed essere una macchina operativa molto efficace; ma se, un giorno, i suoi fornitori di crediti, in modo massiccio, non gli danno più fiducia, anche per motivi infondati, smette di respirare. È ciò che è avvenuto per Fortis e per Dexia. Per questo l'intervento delle autorità pubbliche era importante, e le stesse, opportunamente, hanno agito molto rapidamente. Ma perché due delle nostre grandi banche, di cui si elogiava la capacità di resilienza ancora sei mesi fa, sono fra i primi domini europei a cadere? Sono state certamente indebolite da opzioni strategiche (acquisto di ABN Amro per Fortis, attività di valorizzazione del credito per Dexia). Sono inoltre istituzioni situate in un paese, il nostro, tradizionalmente molto aperto ai capitali stranieri, e che ha, dunque, importato alcune tecniche anglosassoni oggi dannose (i crediti strutturati da Fortis, la valorizzazione del credito da Dexia). Oggi, occorre fermare con urgenza questa macchina infernale che si attacca, una dopo l'altra, alle banche del continente. Gli interventi dello Stato, le iniezioni massicce di liquidità, le garanzie dei regolatori non basteranno se non ritorna anche la fiducia degli attori. E ciò, non è soltanto una questione di miliardi, è una questione di sistema. Oggi, è chiaro, non si farà economia per una rifusione completa, globale, totale del sistema finanziario mondiale.
di Pierre-Henri Thomas

03 ottobre 2008

Liberomercato "sovietizzato"



Le nostre grandi imprese hanno fama, a livello internazionale, di essere “dopate” e di non stare alle regole del gioco economico. E’ cosa questa che certo non si può smentire, ma le innumerevoli denuncie e sanzioni comminateci dalle istituzioni europee, fortemente sollecitate da imprese internazionali concorrenti (dietro le quali ci sono altrettanti sistemi-paese), sono sempre state pretestuose o, almeno, dis-equilibrate, stando a quanto avveniva in casa d’altri.


La verità è che l’Italia si trova, da un quindicennio a questa parte, sotto il fuoco incrociato di chi, a livello internazionale, punta ad accaparrarsi fette sempre più consistenti di risorse nazionali, sfruttando la complessiva debolezza politica del nostro sistema-nazione. Spessissimo il nostro capitalismo accattone, il vero responsabile della decadenza italica, ha allungato la mano nelle tasche dei contribuenti per coprire la propria mala gestione (quel capitalismo parassitario che abbiamo chiamato Gf&ID), tentando di socializzare le perdite dopo aver abbondantemente privatizzato i profitti.


Resta inteso che queste “manovre di rapina” (il che non significa affatto che la rapina sia la sostanza stessa del modo di produzione capitalistico) sono state rese possibili dalla debolezza degli agenti politici, i quali hanno permesso, tanto alle imprese decotte del nostro capitalismo assistito che alla finanza nostrana, collegata alla più potente finanza americana ed europea, di godere della massima impunità e della più vasta libertà d’azione.


Così, ad esempio, per la Fiat che ha ottenuto in passato - e che continua ad ottenere anche oggi - nelle forme più disparate, milioni di euro di sovvenzioni statali, con il ricatto delle maestranze alle quali “offre” paternalisticamente la propria protezione (ma non erano le imprese a domandare forza-lavoro sul mercato, come insegnatoci nelle lunghe lezioni di economia da professori zelanti e “tecnicamente” corretti?), solo dopo aver abbondantemente succhiato alle mammelle delle casse pubbliche.


E così anche per le grandi banche del Bel Paese, le quali hanno goduto di una legislazione sbilanciata a loro favore e dell’inefficienza, nonché compiacenza (evidentemente non è un difetto solo americano), delle autorità di controllo le quali, soventemente, hanno chiuso tutti e due gli occhi dinanzi a trucchi e malefatte di ogni tipo.


La Comunità Europea, per tali ragioni, ha più volte condannato l’Italia, con l’accusa di aver fatto uso ed abuso di misure perturbatrici della libera concorrenza nel mercato comunitario, contravvenendo alle "Sacre Scritture Mercatiste" divulgate dalla tecnocrazia economica che appesta gli organismi comunitari e che fa gli interessi dei poteri forti transanazionali.


All’improvviso però sopraggiunge il terremoto finanziario e in Europa tutti si riscoprono sostenitori dell’intervento pubblico in economia, dettato dall’eccezionalità della congiuntura. Le leggi del capitalismo ideologico restano allora come sospese, ma sempre valevoli nella testa di questi imbonitori, in attesa che i “correttivi” statali possano fare piazza pulita, con mezzi del tutto "straordinari", dei parassiti e degli usurpatori affetti da ipomania individualistica e accumulativa. Sarà, ma eccezione dopo eccezione ci si avvicina sempre di più alla regola.


Dopo aver ascoltato per anni i giannizzeri incravattati di “eurolandia” spararle grosse sulle virtù taumaturgiche della mano invisibile che crea e distrugge ma che alla fine riequilibra con maggiore perfezione, il nuovo messaggio è una vera e propria retromarcia. Oggi, difatti, siamo in presenza di una debacle sistemica che ha ben poco di fisiologico (almeno nel senso che sono letteralmente saltati gli stessi fondamenti sui quali aveva sin qui poggiato il castello finanziario occidentale) ed è per questo che gli indefessi liberisti, grandi esperti del piffero, rilasciano dichiarazioni sempre più vaghe e ambigue. Obiettivamente, questi tecnici sopravvalutati e pluripremiati non ci stanno capendo un’acca, proprio come noi poveri mortali, non potendo minimamente prevedere, con gli strumenti categoriali a disposizione, quale sbocco prenderà questa crisi e a quali sconvolgimenti porterà. Per questo vi propongo qui sotto un articolo, tratto dal Foglio, dove vengono denunciate, più o meno, le cose che avevo precedentemente detto nel pezzo sull’Alitalia e che mi trovano pienamente d'accordo.



Da "Il Foglio"


GLI AIUTI DI STATO NON ERANO ILLEGALI?



Il governo inglese statalizza la banca Bradford & Bingley, impegnata nel credito immobiliare britannico, che rischiava l'insolvenza. Questa operazione, decisa con rapidità, dopo che potenziali acquirenti privati si erano ritirati, punta alla salvaguardia dei depositanti, in preda al panico. Ma è evidente che l'esigenza di difendere i risparmiatori da diseconomie esterne causate da condotte bancarie imprudenti non vale a cancellare il fatto che si è, verosimilmente, in presenza di un aiuto di stato, contrario alle regole europee sulla concorrenza. I regolatori britannici non sembrano preoccuparsene.



E tacciono, finora, i commissari europei competenti per la concorrenza e i mercati finanziari, che in altri casi furono solleciti ad ammonire i governi a non violare tali regole (vedi caso Alitalia e, con riguardo al settore del credito, al trattamento preferenziale con-cesso a Banca Popolare Italiana nella scalata ad Antonveneta che attirò critiche sulla Banca d'Italia). Ma il caso più imponente è quello di Fortis, un colosso banco-assicurativo, numero uno nella rete bancaria belga, con una posizione di primaria importanza anche in Olanda e in Lussemburgo.



I governi dei tre paesi hanno erogato, complessivamente, 11,2 miliardi di euro per l'acquisto del 49 per cento delle azioni, rispettivamente di Fortis Belgio, Fortis Olanda e Fortis Lussemburgo. Anche questa statalizzazione (che implica il controllo governativo di Fortis, visto che il restante 51 per cento è frazionato) è un salvataggio, perché decisa dopo che i privati hanno declinato l'interesse a rilevare il gruppo.



La Commissione di Bruxelles sostiene che non si tratta "necessariamente" di aiuto di stato: lo sarebbe solo se i governi comprassero le azioni a un prezzo inferiore al valore di mercato. Ma si potrebbe argomentare che se i privati hanno declinato quell'operazione che invece i governi realizzano l'aiuto di stato c'è. Nel perimetro di Fortis ci sono alcune attività acquisite da Abn Amro, un'operazione che dovrebbe essere completata in ottobre.



I tre governi, quindi, si prendono in carico anche questi asset che poi dovranno rivendere. Sorgono così pure domande sul comportamento dei regolatori finanziari quando Fortis chiuse quell'operazione. E' da dubitare che Fortis avesse allora i parametri patrimoniali per quell'acquisizione. Che dicono i regolatori? C'è una crisi di credibilità, nel centro dell'Europa.


di Giovanni Petrosillo

La fine del secolo americano


Henry Paulson ha presentato un piano di 700 miliardi di $ per salvare il sistema bancario americano, chiedendo ai G7 di adottare un’iniziativa analoga a livello mondiale. Dominique Strauss-Khan, ha rettificato l’entità del buco imputabile ai subprime - sarebbero 1.300 miliardi di $ - ed ha chiesto la collaborazione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali di tutto il mondo per ridisegnare l’architettura del sistema finanziario internazionale.


Nel mese di febbraio il Fondo Monetario Internazionale (FMI) stimava a 1.100 miliardi di $ le perdite del settore finanziario dovute alla crisi dei mutui subprime americani e prevedeva un brusco rallentamento dell’economia globale. Il suo direttore generale, Dominique Strauss-Khan, promise anche di approfondire, con uno studio appropriato, l’impatto sistemico del rialzo dei prezzi delle materie prime, in particolare del petrolio. Nel mese di giugno, in seguito ad un’esplicita richiesta del G8 di Osaka, ribadì il suo impegno a relazionare in autunno. La richiesta del G8 non piacque al segretario di Stato americano Hank Paulson, che accusò i ministri di Francia e Italia, fautori dell’iniziativa, di non conoscere il reale funzionamento dei mercati e di parlare troppo facilmente di speculazione. A tranquillizzarlo bastò l’estrema genericità dell’impegno preso da Dominique Strauss-Khan. Oggi, dopo il fallimento della Lehman Brothers, i due compari si ritrovano al capezzale dell’economia globale, cercando di tutelare gli interessi dell’oligarchia finanziaria sulla pelle dei popoli.



Henry Paulson ha presentato un piano di 700 miliardi di $ per salvare il sistema bancario americano, chiedendo ai G7 di adottare un’iniziativa analoga a livello mondiale. Dominique Strauss-Khan, ha rettificato l’entità del buco imputabile ai subprime - sarebbero 1.300 miliardi di $ - ed ha chiesto la collaborazione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali di tutto il mondo per ridisegnare l’architettura del sistema finanziario internazionale. Sono passati tanti anni da quando tre immigrati ebrei di origine tedesca – i fratelli Henry, Immanuel e Mayer Lehman – costituirono a Montgomery (Alabama) la Lehman Brothers (1850). Non era ancora una banca, ma un negozio di tessuti. All’origine di ogni grande fortuna, c’è sempre un grande crimine. Gli economisti la chiamano accumulazione originaria.
La geniale intuizione dei fratelli Lehman fu quella di sfruttare l’economia schiavista degli Stati del sud facendosi pagare in cotone grezzo, che rivendevano al nord tramite la loro filiale di New York. Durante la guerra civile (1861-65), i fratelli Lehman erano schierati su entrambi i fronti, avendo una sede in Alabama ed una a Manhattan. Finita la guerra, lucrando sul finanziamento della ricostruzione, ampliarono i loro interessi al mercato del caffé, altra materia prima coltivata con l’impiego di schiavi africani. Infine entrarono nel business delle ferrovie e della consulenza finanziaria.

Il salto di qualità, per la famiglia Lehman, avvenne grazie all’alleanza con Goldman Sachs (1906). Entrarono in tutti i settori dell’economia americana, sopravvissero alla crisi del 1929, beneficiarono della seconda guerra mondiale, parteciparono alla grande espansione delle multinazionali americane nel dopoguerra. Negli anni in cui il mondo affrontava le crisi determinate dall’aumento del prezzo del petrolio, la Lehman Brothers raggiunse il suo apogeo, grazie alla fusione con due colossi della finanza americana: Kuhn Loeb (1975) ed American Express (1984). Il quartiere generale era a Manhattan, dove occupava tre piani della torre nord nel World Trade Center. Quel fatidico 11 settembre 2001, tra le 2.974 vittime dell’attentato terroristico, ci fu anche un suo dipendente. Una sola persona, contro le 295 vittime della Cantor Fitzgerald e le 175 della Aon Corporation, altre società che avevano sede nello stesso edificio. Pare che quel giorno, per pura casualità, molti manager fossero assenti. Quello della Lehman Brothers non è soltanto il fallimento di una prestigiosa banca globale, specializzata in finanza creativa.

È il crollo definitivo e irreversibile dell’american dream, un sogno diventato incubo. Quanto sta accadendo non è una crisi come le altre, ma è la fine di un’epoca, la fine del secolo americano. In poco più di cento anni, una colonia europea è divenuta potenza mondiale. Ha vinto due guerre, ha dominato il mondo, ha sconfitto il suo apparente antagonista, continua a minacciare nemici reali e immaginari con il suo apparato militare. È servita da modello per la società multirazziale, da banca centrale per l’economia globale, da quartiere generale della strategia sionista. Ha alimentato speranze ed illusioni, ma ormai è un sistema in frantumi, un dead man walking in attesa del colpo di grazia. Il fallimento della Lehman Brothers, con tutto quello che sta accadendo, può essere paragonato al crollo del muro di Berlino (1989), che anticipò di qualche anno lo scioglimento dell’URSS (1991) per implosione della sua economia. Questo spiega la preoccupazione dell’oligarchia, non tanto per le risorse finanziarie bruciate in questa ed altre crisi, quanto i suoi riflessi sistemici.

Non è in gioco l’economia globale, termine usato per indicare un progetto più che una realtà, ma la sopravvivenza degli apparati mondialisti come sistema di potere capace di gestire la crisi. Le soluzioni proposte, anche se verranno attuate, potranno solo ritardare il grande crac. Vediamole in sintesi, partendo dalle ragioni del crollo. Senza indagare sulle deficienze strutturali del sistema capitalista, accenniamo alla causa scatenante della crisi in atto. Si chiama finanza creativa. Consiste nel prestare denaro spalmando i rischi su una miriade di titoli complessi immessi sul mercato mobiliare. Il fine è lucrare interesse, sia sui mutui che sulla negoziazione dei titoli. Usura che genera usura, come in tutte le bolle speculative che sfociano in crac. Questa volta l’ondata malefica è partita dal settore immobiliare. Per facilitare l’acquisto di case, le banche offrivano mutui fino al 100% del valore dell’immobile. I titoli rappresentativi dei mutui venivano impacchettati, insieme ad altri titoli, in obbligazioni vendute sul mercato, con due vantaggi per le banche: trasferire ad altri operatori il rischio d’insolvenza dei propri clienti e rientrare subito del denaro prestato per erogare altri prestiti. Questo gioco sporco non poteva durare a lungo. Nell’estate 2007 il mercato si è accorto che molti mutuatari non avrebbero potuto restituire i soldi ricevuti, facendo crollare, non solo le obbligazioni che contenevano mutui inesigibili, ma anche altri titoli legati a valori immobiliari. Il capro espiatorio sono state le agenzie di rating, accusate di aver minimizzato il potenziale problema, ma ormai la finanza creativa era stata smascherata.



L’idea di spalmare il rischio trasferendolo ad altri, non riguardava solo i mutui immobiliari. Molti altri impieghi delle banche erano stati impacchettati in obbligazioni vendute sul mercato: prestiti per l’acquisto di auto, carte di credito, finanziamenti di fusioni e acquisizioni. Stavolta sul banco degli imputati è finita anche la Lehman Brothers, accusata di aver cucinato i libri contabili, cioè di aver nascosto 13 miliardi di crediti ormai inesigibili. Di fronte alla prospettiva del fallimento, sono emersi due possibili acquirenti, la Bank of America e la Barclays, i quali chiedevano al governo americano di sostenere la transazione con fondi federali, come aveva fatto con altre banche ed assicurazioni invischiate nel losco affare dei mutui subprime. Ci riferiamo a Fannie Mae e Freddie Mac, salvate con un piano di 200 miliardi di $, e all’American International Group (Aig), benficiaria di altri 85 miliardi di $. Ma il governo si è rifiutato, la Barclays ha ritirato la sua offerta e Bank of America ha preferito comprare Merrill Lynch. Così, alla prestigiosa Lehman Brothers, non è rimasta altra scelta che dichiarare il fallimento, scatenando il panico sui mercati finanziari. Passiamo ora ad analizzare le soluzioni prospettate. Il presidente della Federal Reserve, l’economista Ben Bernanke, ha studiato molto bene la crisi del 1929. La sua teoria è nota: per evitare una nuova grande depressione, la banca centrale può anche gettare pacchi di banconote con un elicottero. In sostanza, è quanto si vuole che avvenga.

Dieci grandi banche (Bank of America, Citibank, Barclays, Credit Suisse, Ubs, JpMorgan, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Deutsche Bank, Morgan Stanley) hanno costituito un fondo di 70 miliardi di dollari per assicurarsi liquidità aggiuntiva. Il Tesoro americano ha varato il piano Paulson per 700 miliardi di dollari, al fine di acquistare i titoli senza valore di mercato dalle banche in difficoltà. Questi titoli saranno gestiti dal Tesoro stesso in piena autonomia, cioè assumendo gestori di fondi ed intermediari specializzati, ma soprattutto nella più totale impunità, cioè al riparo da eventuali azioni legali di risparmiatori e contribuenti. È dovuto intervenire George Bush per garantire il sostegno bipartisan al piano. In questa difficile congiuntura, come è avvenuto per tutto il secolo americano, gli USA hanno dapprima esportato la crisi e poi chiesto il sostegno degli altri Paesi attraverso le istituzioni finanziarie internazionali, costituite per sostenere i loro interessi imperialisti e trasformate progressivamente in agenti dell’oligarchia mondialista. Con queste premesse, è nata l’iniziativa di Dominique Strauss- Khan. In vista della prossima riunione del Fondo Monetario Internazionale, che si terrà a Washington nel mese di ottobre, ha chiesto agli Stati di fare, al loro interno ed a livello globale, ciò che stanno facendo gli USA.

L’intervento a breve termine dovrebbe essere così articolato: iniezione di nuova liquidità, acquisizione degli attivi inesigibili, apporto di capitali a vantaggio delle banche in crisi. Un’agenzia intergovernativa dovrebbe acquisire i crediti inesigibili e detenerli fino a quando non giungono a scadenza e possono essere rivenduti senza rischi. La soluzione proposta, da tutte queste persone di grande intelligenza, è fin troppo banale: ricapitalizzare il sistema finanziario col sostegno pubblico, sia a livello statale che mondiale. Lo Stato, questo vecchio arnese messo ai margini dell’economia dai profeti del liberismo, dovrebbe ora intervenire per salvare i profitti dei banchieri. La cooperazione internazionale, rimpiazzata dalla global governance dei poteri occulti, viene ora invocata per evitare il peggio. Resta da chiedersi perché il resto del mondo dovrebbe salvare dal crollo la civiltà americana. Alcuni invocano un vago senso di responsabilità globale, quello funzionale all’attuazione del progetto mondialista. Altri l’interdipendenza economica, quella imposta con la guerra permanente. Forse un nuovo conflitto mondiale, un attacco alla Russia o all’Iran, darebbe fiato all’economia USA, come avvenne nel 1939, a dieci anni dal crollo storico di Wall Street. La teoria tardoimperialista dello scontro di civiltà col mondo arabo e le operazioni militari contro presunte centrali del terrorismo islamico sono servite a poco. Ma il secolo americano è finito. L’oligarchia è seriamente in crisi. Al crollo simbolico della Lehman Brothers seguirà l’implosione di tutto il sistema. Il vero problema, nella teoria e nella prassi rivoluzionaria, non è stabilire tra quanti anni ciò avverrà e quanta moneta sarà bruciata nel prossimo grande crac, ma è capire quanti e quali uomini resteranno in piedi tra le rovine dell’utopia mercatista per costruire un vero socialismo.

Raffaele Ragni
Rinascita Campania

11 ottobre 2008

Il piano di Michael Moore per Wall Street



I 400 americani più ricchi - sì, proprio così, sono solo 400 persone - posseggono DI PIù dei 150 milioni di americani dei ceti più bassi messi insieme. 400 ricconi posseggono più beni nascosti di metà della nazione! La somma netta totale dei loro averi è pari a 1.6 trilione di dollari. Durante gli otto anni dell'amministrazione Bush, si sono arricchiti di quasi 700 miliardi di dollari - la stessa cifra che ci stanno chiedendo di dargli per tirarli fuori dai guai. Perché non usano i soldi che si sono fatti sotto Bush per uscirne? Resterebbe loro circa un trilione di dollari da suddividersi!

Ovviamente non lo faranno - perlomeno non di propria volontà. A George Bush erano stati consegnati 127 miliardi di dollari quando Bill Clinton lasciò la presidenza. Siccome quei soldi erano NOSTRI soldi, e non suoi, lui ne fece quello che piace fare ai ricchi - spenderli e non pensarci più. Adesso abbiamo un deficit di 9.5 trilioni di dollari, perché mai dovremmo anche solo pensare di dare a questi ladri patentati altri soldi nostri?

Io vorrei proporre un nuovo piano di cosiddetto "salvataggio". I miei suggerimenti, elencati qui sotto, vengono da una semplice ed unica considerazione, che i ricchi devono salvarsi da soli il loro culo di platino. My spiace amici, ma ci avete trapanato in testa una volta di troppo che: Non. si. mangia. a. sbafo. E grazie per averci incoraggiato ad odiare i poveracci della previdenza sociale, così non daremo niente neanche a voi. Questa sera all Senato cercheranno di far passare in tutta fretta un loro progetto di "salvataggio". Dobbiamo fermarli a tutti i costi! Lo abbiamo fatto lunedì alla Camera, e lo possiamo rifare oggi al Senato.

È però chiaro che non possiamo semplicemente continuare a protestare senza proporre esattamente quello che pensiamo che il Congresso debba fare, per cui, dopo varie consultazioni con persone più in gamba perfino di Phil Gramm, eccovi le mie proposte, ora conosciute col nome di "Il Piano di Salvataggio di Mike". E' composto da 10 punti semplici e diretti:

1. NOMINARE UN PUBBLICO MINISTERO PER INCRIMINARE CHIUNQUE A WALL STREET ABBIA COSCIENTEMENTE CONTRIBUITO A QUESTO COLLASSO.

Prima di spendere qualsiasi somma, il Congresso, tramite risoluzione speciale, deve impegnarsi a fare causa a chiunque abbia la benché minima colpa nel tentato saccheggio della nostra economia. Ciò significa che chiunque abbia commesso illeciti del tipo insider trading, emesso titoli fraudolenti o qualsiasi altra cosa che abbia portato a questo collasso deve andare in galera. Il Congresso deve nominare un pubblico ministero speciale che vigorosamente persegua tutti coloro che hanno causato questo bordello, e chiunque altro tenti di truffare il pubblico in futuro.

2. I RICCHI DEVONO PAGARE PER TIRARSI FUORI DAI LORO STESSI GUAI.

Dovranno accontentarsi di vivere in 5 case anziché in 7. Dovranno guidare 9 macchine anziché 13. Il cuoco per i loro terrier nani dovrà essere riassegnato a nuovi incarichi. Ma dopo aver costretto i redditi delle famiglie a diminuire di 2.000 dollari durante l'amministrazione Bush, non c'è verso che sia i lavoratori che i ceti medi debbano cacciar fuori un solo centesimo per sovvenzionare il prossimo acquisto di uno yacht. Se, come dicono, hanno veramente bisogno di 700 miliardi di dollari, ebbene ecco un modo facile facile per ottenerli: a) Ogni coppia che guadagna più di un milione di dollari all'anno ed ogni singolo contribuente che ne intaschi più di 500.000 all'anno pagherà un supplemento di tassa del 10%. (E' il piano del Senatore Sanders. E' come il Colonnello Sanders2, soltanto che lui intende spennare i polli giusti.) Ciò significa che i ricchi continueranno comunque a pagare meno tasse di quante ne pagavano sotto il presidente Carter. Questa operazione consentirà di recuperare 300 miliardi di dollari. b) Come succede in quasi ogni altra democrazia, si dovrà tassare dello 0,25% ogni transazione commerciale. Questo raccoglierà più di 200 miliardi di dollari all'anno. c) Siccome ogni azionista è un buon patriota, gli azionisti rinunceranno ad intascare un quarto dei loro dividendi, per cui questi soldi non erogati andranno al Tesoro per pagare "il salvataggio". d) Il 25% delle maggiori società statunitensi al momento non paga alcuna tassa federale. Il reddito da tasse federali è al momento l'1.7% del PIL, paragonato al 5% degli anni '50. Se aumentiamo le tasse societarie a quei livelli otterremo un ulteriore 500 miliardi di dollari. Tutte queste cose insieme dovrebbero bastare a coprire questa catastrofe. I ricchi potranno tenere i loro palazzi e la loro servitù, e il nostro governo degli Stati Uniti ("PRIMA LA NAZIONE") avranno un po' di avanzi per pagarsi qualche strada, ponte, scuola.

3. SALVIAMO LA GENTE CHE STA PERDENDO LA CASA, NON QUELLI CHE COSTRUIREBBERO LA LORO OTTAVA CASA.

Al momento ci sono 1 milione e 300.000 case pignorate. Ecco il cuore di questo problema. Perciò, invece di regalare soldi alle banche, paghiamo un acconto di 100.000 dollari su ognuno di questi mutui. Forziamo poi le banche a rinegoziare tali mutui di modo che i proprietari di queste case possano pagarle in base al loro valore reale. Per essere sicuri che questi soldi non vadano a furbetti o a chi ha speculato nel settore edilizio, questo aiuto dovrà essere indirizzato alle prime case soltanto. In cambio per questi 100.000 dollari di acconto sui mutui esistenti, il governo ottiene una condivisione sul mutuo, in modo da poter recuperare una percentuale dei suoi soldi, così il costo iniziale per aggiustare alla radice la crisi dei mutui (anziché con gli ingordi usurai) sarebbe di 150 anziché di 700 miliardi di dollari. Qui mettiamo le cose in chiaro. La gente che ha avuto difficoltà a ripagare il proprio mutuo non è "un cattivo rischio". Sono americani come noi, e tutto quello che volevano è quello che tutti noi vogliamo, una casa tutta loro. Ma durante l'amministrazione Bush a milioni hanno perso il lavoro che avevano. Sei milioni sono caduti in povertà. Sette milioni hanno perso la loro copertura sanitaria. E tutti si sono visti i loro stipendi diminuire di 2.000 dollari. Chi osa guardare con condiscendenza questa gente che ha avuto un guaio dopo l'altro dovrebbe vergognarsi. Siamo una società migliore, più forte, più sicura e più felice quando ognuno di noi può permettersi di vivere in una casa propria.

4. SE LA VOSTRA BANCA, O LA VOSTRA DITTA RICEVE SOLDI NOSTRI IN UN "SALVATAGGIO", ALLORA VOI CI APPARTENETE.

Mi spiace, ma è così. Se la banca mi dà soldi per comprare una casa, la casa appartiene a quella banca finché l'avrò ripagata - con gli interessi. Lo stesso accordo deve valere per Wall Street. Qualsiasi somma vi necessiti per rimanere a galla, se il governo vi ritiene un rischio sicuro - e che sia per il bene del paese - allora potrete avere un prestito, ma voi ci apparterrete. Se sarete inadempienti vi venderemo. Questo è ciò che ha fatto il governo svedese, ed ha funzionato.

5. TUTTE LE REGOLE DEVONO ESSERE RISTABILITE. LA RIVOLUZIONE DI REAGAN E' MORTA.

Questa catastrofe è potuta succedere perché abbiamo permesso che la volpe avesse la chiave del pollaio. Nel 1999, Phil Gramm ideò un progetto di legge che eliminava ogni regolamentazione di Wall Street e del nostro sistema bancario. Il progetto passò e Clinton lo firmò. Questo è ciò che il Senatore Phil Gramm, il principale consigliere economico di McCain, ebbe a dire al momento della firma: "Negli anni '30. si credeva che il governo fosse la risposta. Si credeva che stabilità e crescita venissero dal fatto che il governo avesse il controllo sul funzionamento del libero mercato. Oggi siamo qui per abrogare (quello) perché abbiamo imparato che il governo non è la risposta. Abbiamo imparato che le risposte vengono da libertà e concorrenza, sappiamo cioè che per promuovere crescita e stabilità economica dobbiamo essere liberi e competitivi. Sono orgoglioso di essere qui perché questo è un progetto di legge importante; è un progetto di deregolamentazione. Io credo che questa sia la chiave del futuro, e sono estremamente orgoglioso di aver partecipato a farne una realtà". Ebbene, questo progetto di legge deve essere abrogato. Bill Clinton può concorrere a far sì che il progetto di Gramm sia revocato e a ripristinare regole ancora più ferree per il controllo delle nostre istituzioni finanziarie. E quando ciò sarà stato fatto, si possono ripristinare le regolamentazioni che riguardano compagnie aeree, ispettorato del cibo, industria petrolifera, OSHA (Occupazione, Sicurezza e Amministrazione Sanitaria), e ogni altro ente che riguarda il nostro vivere quotidiano. Ogni errore su qualsiasi clausola di "salvataggio" deve essere forzatamente ripagato a suon di dollari, e chi sgarra deve essere perseguito penalmente.

6. SE E' TROPPO GRANDE PER FALLIRE, ALLORA SIGNIFICA CHE E' TROPPO GRANDE PER ESISTERE.

Permettere la creazione di queste mega-fusioni e non implementare le leggi del monopolio e dell'antitrust ha fatto sì che numerosi enti finanziari crescessero così tanto che il solo pensiero del loro crollo significa un crollo ancora più disastroso per l'intera economia nazionale. Nessun ente o istituzione dovrebbe avere questo strapotere. La cosiddetta "Pearl Harbour economica" non può succedere quando ci sono centinaia - migliaia - di istituti dove la gente ha investito i propri soldi. Se abbiamo una dozzina di case automobilistiche, se una fallisce non è che succeda un disastro nazionale. Se in una città abbiamo tre testate giornalistiche di tre proprietari diversi, allora un'agenzia mediatica non può dettare le proprie leggi (lo so. cosa sto pensando?! Chi legge più i giornali? Sono felicissimo che tutte quelle fusioni e acquisizioni ci hanno lasciato con una stampa forte e libera!). Bisogna fare leggi che impediscano alle compagnie di diventare così enormi e potenti che con un solo colpo all'occhio questi giganti cadano stecchiti. Così come non bisogna permettere a nessun istituto finanziario di creare schemi economici che nessuno capisce. Se non lo puoi spiegare in due frasi, allora non dovresti prendere soldi da nessuno.

7. NESSUN DIRIGENTE DOVREBBE ESSERE PAGATO PIÙ DI 40 VOLTE I PROPRI IMPIEGATI, E NESSUN DIRIGENTE DOVREBBE RICEVERE ALCUN TIPO DI "PARACADUTE", MA ACCONTENTARSI DEL GENEROSISSIMO SALARIO CHE LUI/LEI HANNO RICEVUTO DURANTE IL LAVORO CON LA DITTA.

Nel 1980 il direttore generale medio guadagnava circa 45 volte il salario di un impiegato. Arrivati al 2003 il divario è di 254 volte. Dopo 8 anni di Bush i direttori generali guadagnano adesso 400 volte la media salariale dei propri impiegati. E' incredibile come questo possa succedere in compagnie pubbliche. In Gran Bretagna, il direttore generale medio guadagna 28 volte il salario di un impiegato medio. In Giappone soltanto 17 volte! A quanto ho saputo, il direttore generale della Toyota vive in gran lusso a Tokyo. Come può farlo con così pochi soldi? Seriamente, questo è un oltraggio. Abbiamo creato il casino in cui ci troviamo perché abbiamo permesso che la gente ai vertici si gonfiasse a dismisura con milioni di dollari. Questo deve finire. Non solo nessuno dei direttori generali che riceveranno aiuti in questo frangente dovrà trarne profitto, ma chi di loro era a capo di una ditta fallimentare deve essere licenziato prima che la ditta riceva qualsiasi aiuto.

8. RAFFORZARE LA FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) E FARNE UN MODELLO PER PROTEGGERE NON SOLO I RISPARMIATORI, MA ANCHE LE LORO PENSIONI E LE LORO CASE.

Obama correttamente ha proposto di estendere la protezione del FDIC ai risparmi fino a 250.000 dollari. Ma lo stesso trattamento va esteso ai fondi pensione nazionali. La gente non dovrebbe mai preoccuparsi se i soldi che hanno risparmiato per la vecchiaia ci saranno quando ne avranno bisogno. Ciò significa che il governo deve tenere uno stretto controllo sulle compagnie che gestiscono i fondi dei propri impiegati - oppure può significare che le compagnie lascino che sia il governo a gestire i fondi dei propri impiegati. Anche le pensioni private devono essere protette, ma forse è arrivato il momento di non investire i soldi della propria pensione in quel casinò che va sotto il nome di mercato azionario. Dovrebbe essere un dovere solenne del governo garantire che chiunque invecchi in questo paese non debba preoccuparsi di finire per strada.

9. ABBIAMO TUTTI BISOGNO DI FARE UN RESPIRO PROFONDO, CALMARCI E NON LASCIARE CHE LA PAURA CI ATTANAGLI.

Spegnete il televisore! Non siamo alla Seconda Grande Depressione! Il cielo non ci sta cadendo addosso. Sapientoni e politici ci stanno talmente bersagliando di bugie a raffica che è difficile non esserne scossi. Perfino io ieri vi ho scritto ripetendo quello che avevo sentito nei notiziari, che il Dow Jones ha avuto il tonfo più pesante della sua storia. Bene, è vero per quanto concerne i punti, ma la caduta del 7% non si è neanche avvicinata al Lunedì Nero del 1987 quando il mercato azionario perse il 23% del suo valore in un solo giorno. Negli anni '80 3.000 banche chiusero, ma l'America non fallì. Questi istituti hanno sempre avuto i loro su e giù, ma alla fine si stabilizzano. Devono farlo, perché ai ricconi non piace perdere i loro soldi. E' nel loro interesse far calmare le cose per poter saltare nuovamente dentro il loro Jacuzzi. Per quanto pazzi siano i tempi, decine di migliaia di persone hanno ottenuto un prestito per comprarsi l'auto questa settimana. Migliaia sono andati in banca ed ottenuto un mutuo per la casa. Gli studenti appena tornati ai college hanno trovato le banche felicissime di prestare loro soldi per i prossimi 15 anni. La vita ha continuato il suo corso. Non un solo individuo ha perso alcun soldo se è in banca, in un buono del tesoro, o in un certificato di deposito. E la cosa più incredibile è che gli americani non si sono fatti infinocchiare da questa campagna di paura. La gente non ha battuto ciglio ed ha detto al Congresso di prendersi il loro "salvataggio" e infilarselo nel sedere. QUESTO è stato grandioso. Perché la gente non si è lasciata abbindolare dai discorsi catastrofici del presidente e dei suoi compari? Beh, puoi solo dire fino a un certo punto che "Sadddam ha la bomba" prima che la gente si renda conto che sei un bugiardo sacco di merda. Dopo otto lunghi anni il paese è esausto e non ne può proprio più.

10. CREARE UNA BANCA NAZIONALE, UNA "BANCA DEL POPOLO".

Se poi fremiamo per stampare un trilione di dollari, invece di darli a pochi ricconi, perché non ce li diamo a noi stessi? Adesso che Freddie and Fannie ci appartengono, perché non fondare una banca del popolo? Una banca che offra prestiti a basso costo per chiunque voglia comprarsi una casa, avviare un'attività, andare a scuola, trovare la cura per il cancro o creare la prossima grande invenzione. E adesso che anche AIG ci appartiene, la più grande compagnia di assicurazioni del paese, facciamo il prossimo passo e forniamo un'assicurazione sanitaria a tutti. Cure mediche per tutti. Ci risparmierebbe tantissimi soldi in futuro. E non saremo più dodicesimi nella lista dell'aspettativa di vita. Avremo una vita più lunga, godremo delle nostre pensioni protette dal governo, e vivremo abbastanza da vedere il giorno in cui i criminali delle corporazioni che hanno causato tanta miseria usciranno di prigione e noi potremo aiutarli a reintegrarsi nella vita civile - una vita con una bella casa e una macchina che non va a benzina, inventata con l'aiuto della Banca del Popolo.

Vostro Michael Moore

Fonte: http://www.michaelmoore.com/

Le Piramidi albanesi di Wall Street



Tutto il mondo degli affari è in ansia per il crollo di Wall Street. Il prestigioso muro perde pezzi ogni giorno e molti paventano che precipiti. Ma anche i lavoratori, i pensionati, la gente che non ha investito in fondi speculativi è preoccupata: la storia gli ha insegnato che a pagare i disastri finanziari è alla fine proprio chi è lontano anni luce dai giochi della finanza. Ma davvero pochi hanno capito che cosa sta succedendo. I più informati sono arrivati a capire che c'è stata , dall'anno scorso, una crisi finanziaria innescata da mutui immobiliari concessi dalle banche Usa a soggetti che non sono stati in grado di pagare, i cosiddetti mutui sub-prime, e che più di un milione di famiglie americane insolventi hanno perso la casa e vivono in roulotte o sotto i ponti.

Un fatto grave, ma certo non sufficiente a capire come sia stato possibile che le più grandi banche d'affari del mondo (dalla Bearn Stearns alla Lehman Brothers), la più grande compagnia mondiale di assicurazioni (Aig), i più grandi istituiti di mutuo fondiario (le sorelle Fannie e Freddie), siano cadute come pere cotte. E non è finita. Anche la finanza della Ue, che pensava di stare al riparo dalla tempesta americana, è in fibrillazione. Si teme un forte impatto sull'economia reale (salari e occupazione). Che c'entra l'Europa? Cosa hanno fatto i cittadini europei per essere travolti dal crollo di Wall Street? I capi di governo, a partire da Bush, hanno provato a dare fiducia al mercato finanziario, negando fino all'ultimo la gravità della crisi. Anche Berlusconi ha assicurato che «i risparmiatori italiani non perderanno un Euro»: excusatio non petita ...disastro imminente. Non c'è cosa più difficile che alzare il morale degli operatori di Borsa, scriveva Keynes, quando è depresso. Non servono annunci rassicuranti, ma analisi e dati. Servirebbe soprattutto imparare dalla storia, anche recente.

C'era già stato, infatti, poco più di dieci anni fa un segnale forte di come la finanza allegra, che produce denaro che serve a fare altro denaro, sia diventata una catena di Sant'Antonio, dove tutti sono felici e contenti finché non arriva il giorno che qualcuno rompe il giocattolo e non compra più titoli-spazzatura. Era già successo in un piccolo paese che ha sperimentato sulla sua pelle il gioco della finanza senza regole che porta alla catastrofe. E' successo in Albania nell'ottobre del 1996 quando le famose «piramidi finanziarie» cominciarono a fallire e «i furbetti» di Tirana e Valona scapparono con il malloppo, come oggi fanno i grandi della finanza internazionale dopo il fallimento delle loro megaimprese. Una storia esemplare ma dimenticata, perché vista come un caso eccezionale in un paese marginale. Banalizzata: questi albanesi naif si inventano una truffa al giorno, scrivevano i giornali del tempo - eccetto il manifesto. Una microstoria, è vero, ma prefigurava in piccolo quel meccanismo che la finanza globalizzata e raffinata ha prodotto su scala globale. Val la pena ricordarla oggi per trarne qualche riflessione.

Nel periodo che va dal 1994 al '96 gli albanesi vissero una strana euforia. L'economia, dopo anni di dura recessione, si riprendeva. Ma soprattutto alcuni albanesi avevano scoperto un modo tranquillo per vivere bene: investire i propri soldi in agenzie finanziarie che assicuravano fino al 20% al mese di interessi!! Così migliaia di albanesi vendettero la casa o impiegarono i propri risparmi, quelli sudati delle rimesse dei parenti che lavorano all'estero, per investire tutto in questo Casinò Shiptar. Ma come funzionavano queste piramidi finanziarie che pagavano tassi d'interesse astronomici? In un modo semplice: col denaro degli ultimi arrivati pagavano gli interessi di quelli precedenti. Finché la massa di denaro supera la massa degli interessi da pagare il sistema funziona e tutti sono contenti. Poi il numero di nuovi investitori ha cominciato a flettere mentre cresceva la massa di interessi da pagare.
Così, dopo meno di due anni le «Piramidi» scricchiolarono e fallirono di colpo, lasciando sul lastrico centinaia di migliaia di famiglie. Nell'autunno del '96 a Valona, la gente scese in piazza chiedendo la testa del presidente Berisha, responsabile del disastro finanziario. La rivolta venne domata nel sangue, ma non la rabbia degli albanesi che tornarono a sfilare in tutta l'Albania. Fu guerra civile, meglio fu la guerra di Berisha contro il popolo. Ma alla fine il popolo ebbe la meglio e Berisha ebbe salva la vita solo per l'intervento straniero (Europa in testa) in nome di pluralismo e democrazia.

Cosa insegna questa storia? Che la vicenda albanese è stata una sorta di prova generale di quello che può succedere quando diventa egemone la finanza speculativa; che il crollo delle piramidi finanziarie ha avuto immediate e pesanti ripercussioni sull'economia reale; che il popolo, i lavoratori, i pensionati, si possono salvare da questo impatto bestiale solo scendendo in piazza e cambiando il sistema.
Oggi a livello globale rischiamo di andare nella direzione opposta. Di salvare le «piramidi finanziarie» con i soldi dei contribuenti, di appesantire il deficit pubblico con conseguenze drammatiche sulla vita di miliardi di persone. Questa crisi finanziaria infatti non è un errore in corso d'opera, un fatto congiunturale, una anomalia del sistema, bensì è il frutto più genuino di un sistema di egemonia del capitale e dei suoi detentori. Non ci sono regole e regolette per un sistema malato alla radice, che tutti accettano come normale quando macina utili e dividendi senza nulla produrre che abbia una utilità sociale. Solo una grande rivolta di massa, in tutto il mondo, potrà cancellare questo modello e impedirci di ritornare sugli stessi errori. Riusciranno le popolazioni dei paesi più colpiti dalla crisi dell'economia reale, che sta arrivando come un uragano, a ribellarsi come fecero i naif albanesi dieci anni fa?


di Tonino Perna

Perchè il salvataggio di Wall Street puzza?



Questo è un disastro in tempo reale e richiede vere soluzioni.[…] Siamo in una situazione di panico generalizzato e siamo ritornati a rischio di crollo sistemico dell’intero sistema finanziario. E le autorità Usa e quelle straniere sembrano non avere capito nulla su cosa ci sia bisogno di fare.

Da quasi un anno ci stiamo chiedendo: perché gli investitori e le banche straniere che hanno comprato centinaia di miliardi di dollari di titoli poggiati sui mutui [mortgage-backed securities, MBS] da banche di investimento Usa non hanno intrapreso alcuna azione legale contro queste stesse banche, o iniziato un boicottaggio dei prodotti finanziari Usa per impedire che altre persone venissero derubate?

Ora sappiamo la risposta. È perché, dietro le scene, Henry Paulson & Co. stavano lavorando ad un accordo per gettare tutto questo casino da miliardi di dollari sui contribuenti Usa. Questa è la vera ragione dietro a questo spreco da $ 700 miliardi; cancellare gli enormi debiti generati dal più grande caso di truffa della storia. Il membro del congresso Brad Sherman la spiegato mercoledì notte a Larry Kudlow:

“Il decreto fornisce centinaia di miliardi di dollari per salvare gli investitori stranieri. Non fornisce alcun reale controllo sui poteri di Paulson. Vi è un comitato di controllo ma non è un vero comitato che può farsi avanti e cambiare quello che lui fa. È un programma da $ 700 miliardi gestito da un impiegato part-time e non vi è limite sui salari da un milione di dollari al mese… Il tutto è molto chiaro. La Bank of Shanghai può trasferire tutti i suoi beni tossici alla sua sede di Los Angeles che poi il giorno dopo li rivende al Tesoro. Ho proposto un emendamento per fare in modo che se questi beni non fossero stati posseduti da un’entità americana, pure una sussidiaria, ma almeno una qualche entità negli Usa, il Tesoro non avrebbe potuto comprarli. È stato rigettato.

A seguire: "Salviamo i proprietari di casa! Perchè il piano Paulson è una truffa", di Paul Craig Roberts (Counterpunch).
Il decreto è molto chiaro. Beni ora detenuti in Cina e a Londra possono essere venduti a società Usa lunedì e poi rivenduti al Tesoro martedì. Paulson ha detto chiaramente che avrebbe chiesto un veto di qualunque legge contenente un chiaro emendamento che affermasse che non possono essere venduti al Tesoro beni non posseduti da cittadini americani al 20 di settembre. Centinaia di miliardi di dollari sono destinati a salvare gli investitori stranieri. Lo sanno, lo hanno chiesto, il decreto è stato accuratamente scritto per far sì che accada ciò”.

Perciò, perché il segretario al Tesoro non ha spiegato al popolo americano il vero scopo del salvataggio? Può essere che egli sappia che il suo salvataggio da $ 700 miliardi finirà come il dirigibile Hindenburg, svanendo coperto dalle fiamme?

Questo è un decreto terribile, e conferisce autorità assoluta ad uno degli attori centrali dello scandalo, Henry Paulson, che e stato presidente della Goldman Sachs al tempo in cui questi titoli MBS spazzatura venivano rifilati in giro per il pianeta ad investitori creduloni. Ora Paulson sarà nella posizione di ricomprare qualunque “bene in difficoltà” egli ritenga porre una minaccia alla “stabilità del mercato finanziario”. E’ chiaro che Paulson utilizzerà i suoi poteri privi di controlli per fare tabula rasa e rimuovere qualunque possibilità che gli investitori stranieri possano intraprendere azioni legali contro i perpetratori della truffa: le giganti banche di investimento di Wall Street.

Dunque, com’è possibile che il popolo americano accetti di pagare per evitare future spese legali a Paulson & Co.? E’ questo il modo in cui le tasse dei contribuenti dovrebbero essere spese, anziché in educazione, sanità e infrastrutture?

Vi è un’altra ragione per cui Paulson ha lavorato così duramente per l’approvazione del decreto Salvataggio per i Tycoons; perché è una manna dal cielo per i giganti del sistema bancario. La Citigroup non ha raccolto la Wachovia per puro caso, né la JP Morgan ha acquistato Washington Mutual perché voleva compiere il suo dovere civico e impedire il totale collasso del sistema. Assolutamente no; sapevano chiaramente dove soffiava il vento. Di fatto, non ce n’è uno di questi casi che non mandi puzza di bruciato.

Questo ha detto Sara Lepro di AP:
“La Citigroup ha acconsentito lunedì ad acquistare le operazioni bancarie della Wachovia per $ 2,1 miliardi in un accordo combinato dai regolatori federali, rendendo la banca di Charlotte l’ultima vittima della sempre più vasta crisi finanziaria globale.

L’accordo espande grandemente i diritti di vendita della Citigroup—fornendole un totale di più di 4300 filiali Usa e 600 miliardi in depositi—e le assicura un posto tra le Tre Grandi dell’industria bancaria Usa, assieme alla Bank of America Corp. e alla JP Morgan Chase & Co.

Ma tutto ciò avviene ad un costo: Citigroup Inc. ha detto che ridurrà i suoi dividendi trimestrali della metà, a 16 centesimi. Diluirà anche gli attuali azionisti vendendo 10 miliardi di azioni ordinarie per sostenere la sua posizione di capitale. Oltre ad essersi assunta $ 53 miliardi in debiti, Citigroup assorbirà sino a 42 miliardi di perdite del portafoglio prestiti da 312 miliardi della Wachovia, mentre la Federal Deposit Insurance Corp. [FDIC, assicurazione federale sui depositi, n.d.t.] si è dichiarata d’accordo a coprire le rimanenti perdite. Citigroup emetterà anche azioni privilegiate e garanzie per la FDIC per 12 miliardi di dollari.”

Questa è la frase chiave della Lepro:
“Il piano di salvataggio per le istituzioni finanziarie da $ 700 miliardi proposto dal governo, votato lunedì dalla Camera dei Rappresentanti, probabilmente si dimostrerà un ulteriore guadagno per la Citi.

Mentre il piano è in generale progettato per impedire che le banche si approfittino della vendita al governo di beni in difficoltà, vi è un’eccezione per il caso di beni acquistati in una unione o in un rilevamento, o da aziende che hanno fatto bancarotta. Questo permetterebbe alla Citigroup di vendere le obbligazioni tossiche e altri beni ottenuti dalla Wachovia per un prezzo più alto di quello realmente pagato per essi”.

Perciò la Citi non solo ottiene un’armata di correntisti (il più economico capitale disponibile!) ma, allo stesso tempo, potrà scaricare tutta la sua spazzatura poggiata sui mutui sui contribuenti! E, indovinate un po’, l’affare fatto dalla JP Morgan è praticamente identico.

È o no un giochetto da esperti?

Qualcuno ha voglia di scommettere che anche la G-Sax otterrà un posto in prima fila succhiando miliardi di dollari dei contribuenti per rimettere assieme il suo traballante bilancio?

E quale sarà il risultato netto della rapina da parte dei banchieri gangster di Paulson? Maggiore consolidamento dell’industria finanziaria e totale distruzione delle banche locali e regionali. Questa è una cosa certa. Le piccola banche di tutta la nazione se la prenderanno in saccoccia se passa il decreto. Potete scommetterci.

Il paese non ha tempo per questa cinica caccia al tesoro. Il sistema sta mostrando pessimi segni e abbiamo UNA sola possibilità per fare un buon decreto di emergenza.

Secondo Bloomberg News, 29 settembre:
“La Federal Reserve immetterà ulteriori $ 630 miliardi nel sistema finanziario globale, allagando le banche di contanti per alleviare la peggiore crisi bancaria dai tempi della Grande Depressione. La Fed ha aumentato i suoi scambi di valuta con banche centrali straniere da $ 330 miliardi a $ 620 miliardi per rendere una maggiore quantità di dollari disponibile in tutto il mondo. Il Term Auction Facility, il programma d’emergenza di prestiti della Fed, si espanderà da $ 300 miliardi a $ 450 miliardi. Tra le autorità partecipanti vi sono la Banca Centrale Europea, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Giappone.

La crisi si sta riflettendo su tutta l’economia globale, provocando la caduta del mercato azionario e costringendo i governi europei a salvare quattro banche negli ultimi due giorni appena”. (Bloomberg)

Afferrato il concetto? La Fed aveva già accantonato il voto negativo del Congresso e pompato denaro nel sistema; e guardate cos’è successo.

Nulla!

Il Libor [London Interbank Offered Rate. Da Wikipedia: “Il libor è il tasso di riferimento europeo al quale le banche si prestano denaro tra loro, spesso durante la notte (in batch notturno), dopo la chiusura dei mercati” N.d.t.] è ancora al massimo storico, il Ted spread [Il Ted spread è la differenza tra i tassi di interesse dei prestiti interbancari e quelli dei buoni del Tesoro USA a breve termine. E’ un indice del rischio percepito sul credito, dato che i buoni del Tesoro sono considerati a basso rischio a differenza dei prestiti interbancari N.d.t.] si è allargato livelli record mentre i prestiti interbancari sembrano bloccati ad un punto morto. Vi è una corsa al mercato valutario che sta riducendo la capacità delle imprese di utilizzare credito a breve termine. Il sistema si sta spegnendo, amici, e l’olio di serpente di Paulson non servirà a nulla. 400 economisti di fama—non i falchi fanatici che lavorano per l’amministrazione Bush –si sono opposti a questo piano di salvataggio.

Questo è un disastro in tempo reale e richiede vere soluzioni. Come fa notare Nouriel Roubini, presidente della Roubini Global Economics, siamo sull’orlo della “madre di tutte le corse agli sportelli”, un saccheggio senza confini delle riserve che farebbe crollare il sistema finanziario. Questa è l’opinione di Roubini su quale sarà la prossima testa a cadere:
“Il prossimo passo di questo panico potrebbe diventare la madre di tutte le corse gli sportelli, cioè una corsa agli oltre $1000 miliardi di prestiti interbancari a breve termine con l’estero del sistema finanziario e bancario Usa, dato che le banche straniere si stanno iniziando a preoccupare della sicurezza delle loro esposizioni liquide verso le istituzioni finanziarie USA; tale silenziosa corsa agli sportelli da oltre confine è già iniziata dal momento che le banche straniere sono preoccupate della solvibilità delle banche Usa e stanno iniziando a ridurre la loro esposizione. E se questa corsa accelera, come potrebbe accadere, potrebbe avvenire un collasso totale del sistema finanziario Usa. Siamo perciò ora in una situazione di panico generalizzato e siamo ritornati a rischio di crollo sistemico dell’intero sistema finanziario. E le autorità Usa e quelle straniere sembrano non avere capito nulla su cosa ci sia bisogno di fare. Forse dovrebbero già oggi iniziare una coordinata riduzione di 100 punti base dei tassi in tutte le maggiori economie del mondo per mostrare che hanno seriamente iniziato a riconoscere e ad affrontare questa crisi finanziaria in rapido peggioramento.” (Nouriel Roubini, EconoMonitor)

Non un solo centesimo dovrebbe andare a questa ultima truffa di Wall Street. Nessun salvataggio!

Mike Whitney vive nello stato di Washington. Può essere contattato all’indirizzo fergiewhitney@msn.com

Titolo originale: " Why the Bailout Stinks "

Fonte: http://www.counterpunch.org
Link
02.10.2008

SALVIAMO I PROPRIETARI DI CASA! PERCHE’ IL PIANO PAULSON E’ UNA TRUFFA

DI PAUL CRAIG ROBERTS
Counterpunch

Questo piano di salvataggio di Paulson è, esso stesso, una gigantesca frode come i mutui subprime ad eccessiva leva finanziaria?

Ieri, qui su CounterPunch, ho discusso del piano di salvataggio proposto e fatto notare che la proposta non può avere successo se danneggia la posizione di credito del Tesoro Usa e/o la combinazione del mark-to-market [utilizzo dei prezzi stabiliti dal mercato N.d.t.] e dello short-selling [detto anche “vendita allo scopeto”, lo Short Selling è un operazione finanziaria che consiste nella vendita di strumenti finanziari non posseduti con successivo riacquisto. Da BorsaItaliana.it N.d.t.] permette a chi lo pratica di prosperare trascinando sempre più istituzioni finanziarie alla bancarotta.

Il commento di un lettore e un articolo dei professori di Yale Jonathan Kopell and William Goetzmann, sollevano esattamente questa questione della fraudolenza del pacchetto Paulson.

Come dice un lettore: “abbiamo debito a tre differenti livelli: il debito personale familiare, il debito del settore finanziario e il debito pubblico. Il primo ha inondato il secondo e ora stanno facendo sì che il secondo inondi il terzo. L’atteggiamento dei nostri leader è quello di non fare nulla per il primo livello di debito, e fare finta che il terzo livello di debito non abbia alcuna importanza”.

L’argomento in favore del piano di salvataggio è che le banche saranno libere dagli strumenti finanziari in difficoltà e potranno ritornare a fare prestiti, e che il Tesoro Usa recupererà gran parte dei costi del salvataggio perché solo una piccola percentuale dei sottostanti i mutui sono cattivi. Esaminiamo questo argomento.

In realtà il piano Paulson non affronta il problema principale. Affronta solo i problemi delle istituzioni finanziarie che detengono beni in difficoltà. In base al piano di salvataggio, i beni in difficoltà si spostano dai bilanci delle banche al bilancio del Tesoro. Ma il sottostante problema—la continua diminuzione dei valori dei mutui e delle case—rimane e continua a peggiorare.

L’origine della crisi è al livello dei proprietari di casa. I proprietari non riescono a ripagare i mutui. Spostare gli strumenti finanziari nei libri contabili del Tesoro non ferma il crescente tasso di insolvibilità.

Il piano di salvataggio si concentra sul lato sbagliato del problema. Il salvataggio dovrebbe concentrarsi sull’origine del problema, i proprietari di casa che si dichiarano insolventi. Il salvataggio dovrebbe indennizzare i proprietari insolventi e pagare i mutui criminali. Come fanno notare Koppell e Goetzmann, gli strumenti finanziari sono in difficoltà a causa dell’insolvibilità dei mutui. Fermare il problema alla sua origine restaurerebbe il valore dei derivati basati su mutui e porrebbe fine alla crisi.

Questo approccio ha l’ulteriore vantaggio di fermare la valanga nei prezzi delle case e porre termine all’erosione della base fiscale locale che risulta dai pignoramenti e dalle case gettate sul mercato. E per quanto riguarda l’azzardo morale di salvare i proprietari di casa che hanno fatto eccessiva leva finanziaria [over-leveraged] su se stessi? Chiedetevi: qual è la differenza con l’azzardo morale di salvare le istituzioni finanziarie che hanno creato obbligazioni su prestiti questionabili, li hanno assicurati e venduti come titoli di investimento? Il Congresso dovrebbe concentrare il piano di salvataggio sul rifinanziamento dei mutui in difficoltà come la Home Owners’ Loan Corp. fece negli anni 30, non su istituzioni in difficoltà che detengono strumenti in difficoltà legati ai mutui. Il Congresso deve fare un passo indietro, stabilire udienze e parlare con Koppell e Goetzmann. Il Congresso deve sapere i fatti prima di intraprendere un’azione. L’ultima cosa che il Congresso ha bisogno di fare è lasciarsi spaventare ancora una volta fino ad acconsentire ad un’iniziativa disastrosa.

Paul Craig Roberts [email] è stato Assistente Segretario del ministero del Tesoro americano, durante l’Amministrazione Reagan. E’ un ex Editore Associato del Wall Street Journal, è stato per 16 anni columnist di Business Week e di Scripps Howard News Service e di Creator’s Sindacate di Los Angeles. Ha avuto numerose cattedre universitarie, inclusa quella "William E. Simon" della facoltà di Politica Economica del Center for Strategic and International Studies della Georgetown University e Senior Research Fellow dell’Hoover Institution e della Stanford University. E’ stato insignito della Legion d’Onore dal Presidente della Francia e gli è stata assegnata la medaglia d’argento del Ministero del Tesoro Usa, per il suo “importante contributo alla formulazione della politica economica americana”.
di Mike Whitney

Fonte: http://www.counterpunch.org

Una democrazia senza parlamento

Titoli di giornali di ieri: “Berlusconi: imporrò i decreti” (la Repubblica). Più soft, una volta si diceva “più gesuitico”, il Corriere: “Berlusconi: farò più decreti”. Poiché non eravamo a Napoli, luogo del pronunciamento, non possiamo giurare su quale dei due verbi abbia usato il premier. Sta di fatto che, nel clima della legge Alfano, cui i costituzionalisti negano il titolo di “lodo” non essendo il ministro di giustizia un’autorità neutrale chiamata a mediare vertenze, un delirio di onnipotenza e di insofferenza per le istituzioni parlamentari e per la costituzione della repubblica sta dilagando nella destra. Mercoledì ne abbiamo avuto tre manifestazioni simultanee: quella appena ricordata del premier a Napoli, l’annuncio di Tremonti che l’indomani sarebbe andato in parlamento a riferire solo sulla legge finanziaria e non sulla crisi mondiale, come chiedevano i deputati; la teoria di Elio Vito, ministro dei rapporti col parlamento, illustrata nel question-time, che la decretazione è un modo di adeguare il processo legislativo al nuovo secolo, che mal sopporta tempi e modi della legiferazione parlamentare.

Ma dove hanno letto, costoro, che la nostra democrazia non è più quella codificata nella costituzione e che il governo può strafottersene delle regole scritte e dei rappresentanti del popolo? Il 4 luglio, Europa pubblicò l’appello di 110 docenti dell’Associazione costituzionalisti, presieduta da Alessandro Pace, al capo dello stato, al governo, alle camere, e naturalmente al “popolo sovrano” che la nostra costituzione, non mutata, riconosce appunto unico sovrano e tuttavia nega anche ad esso l’esercizio della sovranità fuori dei modi e dei limiti stabiliti dalla legge. A maggior ragione, fuori di quei limiti e modi non si possono porre i governanti, sulle cui spalle non c’è neanche la forfora della sovranità. Fare le leggi è dunque mestiere del parlamento. Il governo può fare decreti solo in caso di necessità e urgenza. Non ha necessità e urgenza la guerra ai graffiti che Berlusconi ha indicato da Napoli come uno dei prossimi oggetti del suo governare per decreti.

Ma oltre ai requisiti di necessità e urgenza, i decreti debbono essere “puntuali e omogenei”, cioè riguardare una singola materia, come impone la legge 400 del 1988 sui poteri della presidenza del consiglio. Invece non lo sono più da quando i loro testi sono diventati vere e proprie lenzuolate, nelle quali ci sono non una ma dieci, quindici materie: una , forse, con caratteri di necessità e urgenza, le altre come Dio vuole. Prassi fraudolenta, il capo dello stato talvolta obbietta, altre volte concede l’autorizzazione, che il cavaliere nella sua cultura brianzola chiama il “visto”. La frode si moltiplica quando la lenzuolata, autorizzata dal Quirinale per evitare la guerra perpetua col governo, viene inzeppata di emendamenti in parlamento e quindi diventa una cosa diversa da quella “vistata” cioè autorizata dal capo dello stato. E’ una vera e propria prassi di rapina nei confronti del presidente della repubblica e del parlamento. Il presidente della camera Fini ha formalmente protestato contro questa legiferazione per decreti. Dall’inizio del governo Berlusconi, deputati e senatori si sono limitari a convertire in leggi i decreti del governo. Per di più prendendosi lo sberleffo di Vito.

Il quale, per negare questa mortificante realtà, rinfacciava all’aula di Montecitorio che i parlamentari hanno votato anche la ratifica di non so quale trattato internazionale. Hai detto un prospero.
Siamo grati a Fini della protesta, altrettanto ci aspettiamo da Schifani, che sovrintende all’altro ramo del parlamento. E ci aspettiamo anche che dicano la cosa essenziale: poiché Berlusconi lamenta l’inadeguatezza dei suoi poteri di premier e la farraginosità dei regolamenti parlamentari – le due cause della lentezza del processo legislativo – camera e senato, dove la maggioranza ha numeri sovrabbondanti, procedano subito ad adeguare la legge 400 sui poteri del presidente del consiglio e a snellire radicalmente i regolamenti parlamentari. Il governo potrà così governare con la velocità della Tav, come piacerebbe a Berlusconi e non solo a lui.

Di più, la legge 400 sui poteri della presidenza del consiglio potrebbe essere trasformata da legge ordinaria a norma costituzionale: aggiungendo così ai requisiti di necessità e urgenza, già scritti in costituzione, quelli di puntualità e omogeneità, scritti nella legge e snobbati dalle lenzuolate. Sarebbe la strada semplice e corretta per restare nella democrazia parlamentare. Che altrimenti, anche senza evocare Putin o Videla, vedrebbe giorno dopo giorno le sue istituzioni (e la libertà dei cittadini) ridursi come le anime dantesche, “ombre vane fuor che nell’aspetto”.
di Federico Orlando

Una rivolta dei “consumatori” può scatenare una rivoluzione?



Il proletariato borghese – I ceti medi potrebbero trasformarsi in classe rivoluzionaria, prendendo il posto che Marx aveva immaginato del proletariato. La globalizzazione del mercato del lavoro e i ridotti livelli del supporto previdenziale nazionale e della occupazione potrebbero diminuire nella gente l'attaccamento a certe istituzioni. Il gap crescente tra loro e un piccolo numero di individui ultra-ricchi molto in vista potrebbe accendere la disillusione nei confronti della meritocrazia, mentre le sotto-classi urbane in aumento potrebbero rappresentare una crescente minaccia per l'ordine e la stabilità sociali, dato che il peso del debito acquisito e il fallimento del supporto pensionistico cominciano a bruciare. Di fronte a questa doppia sfida, i ceti medi di tutto il mondo, usando l'accesso al sapere, potrebbero unire risorse e abilità per dare forma a processi transnazionali nell'interesse della propria classe.” ― Rapporto del Ministero della Difesa Inglese: “Programma sugli Andamenti Globali Strategici 2007-2036 del Development, Concepts and Doctrine Centre (DCDC)” [Centro per lo Sviluppo di Concetti e Dottrine], (Terza Edizione) p.96, Marzo 2007.

Parole davvero profetiche, considerata la gravissima siutuazione del capitalismo per effetto della speculazione rampante e di un'economia basata sull'illusoria creazione di una fetta di benessere, quest'analisi del Ministero della Difesa ha qualche significato?

Il potere del grande capitale transnazionale ha trasformato non soltanto lo scenario economico ma anche la natura del modo in cui viviamo, dal cibo che mangiamo (e dove lo acquistiamo) fino alla struttura dei nostri spazi sociali, e a giudicare dal livello d'insoddisfazione della società capitalista contemporanea, ampie fasce di popolazione non sono fesse e contente.

Ma al contrario di epoche precedenti questa insoddisfazione, che non ha una voce politica coerente, sta trovando altre vie d'uscita e di espressione.

Con una popolazione incastrata nel debito che adesso si estende alla sua progenie, i “bei tempi” dei passati decenni sono finiti con un botto e, dato che l'unica “soluzione” alla crisi del capitalismo sembra essere negli effetti del cambiamento climatico, nel caos causato dalla “globalizzazione” (imperialismo rimodernato sotto altro nome) e nell'estesa destabilizzazione come la guerra senza fine, quali sono le possibilità di porre termine alla follia del capitalismo?

La sinistra, essa stessa prodotto di una società che di fatto non esiste più, ha fallito sia nel non riconoscere questa trasformazione, sia nel non produrre una struttura teorica che possa essere usata per apportare un cambiamento radicale.

Nel Regno Unito cinque gigantesche catene di supermarket dominano la fornitura alimentare al dettaglio, e a causa della loro solidità sul mercato impongono non solo il prezzo ma anche il tipo, la qualità e la provenienza di quello che vendono.

Eppure il 75% degli alimenti coltivati e prodotti nel Regno Unito proviene da piccoli produttori.

Sfortunatamente, per il piccolo agricoltore, questi non possono offrirlo al prezzo richiesto dai monopoli dei supermarket, e tanto meno farlo per tutto il corso dell'anno, mentre i generi alimentari provenienti dai paesi in via di sviluppo non solo costano meno ma sono anche disponibili su richiesta. La globalizzazione ha spezzato il legame biologico e storico fra la produzione agricola e il consumo.

Un terzo dei 20 miliardi di sterline spesi annualmente in abbigliamento e in casalinghi vengono spesi nelle otto settimane che precedono il Natale. Tuttavia, la tanto decantata economia dei consumi è in gran parte un'illusione dato che opera quasi completamente sul credito/debito. Il credito proviene dall'enorme eccedenza estratta dal settore bancario e finanziario attraverso il controllo e il possesso del circuito globale di capitale, che a sua volta presta ai consumatori addebitando loro gli interessi sul prestito.

Di contro, solo una piccola percentuale del prodotto interno lordo del Regno Unito proviene dalla manifattura, la nostra non è più un'economia produttiva in realtà, ma soltanto un'economia dei consumi. Il “benessere” di cui godiamo adesso ha due fonti: il credito o il debito per mezzo del settore finanziario che in cambio finanzia l'economia del credito (be', almeno così è stato fino a poco tempo fa). Ovviamente è un ciclo chiuso, poiché nessun benessere vero e proprio viene prodotto, in altre parole è un'economia parassita che dipende completamente dalla presa che il grande capitale ha sul circuito globale di capitale e dall'estrarre il sovrappiù da un terzo mondo disperato e sempre più povero. Perciò il capitalismo industriale è stato sostituito quasi completamente dal capitalismo dei consumi.

Quindi, cosa implica questa trasformazione e come dovremmo affrontarla?

Con la fine della classe lavoratrice organizzata, tramite la distruzione dei sindacati di categoria (a parte i sindacati del pubblico impiego, e in maniera rilevante, lo stato è il più grande datore di lavoro) e la distruzione totale delle comunità della classe operaia, dato che le attività produttive sono state tolte di mezzo, anche la tradizionale solidarietà che si creava nelle comunità e nei luoghi di lavoro è scomparsa.

Accanto a questo, con la scissione della società in una “middle-class” carica di debiti e in una “under-class” relegata in quartieri fatiscenti, lo stato delle aziende e dell'apparato di sicurezza sembra al sicuro. Esso ha a disposizione tutte le “leggi” per reprimere qualunque dissenso reale che sfidi il potere dello stato in maniera significativa.

Infatti, per fare un esempio, è riuscito a mettere una parte della classe operaia contro l'altra, demonizzandone e criminalizzandone la parte giovane, creando un'atmosfera di paura e di paranoia attraverso la complicità dei media (per es., “sensazione che il crimine stia dilagando”, “comportamento antisociale”, “abuso di alcolici”, “accoltellamenti”, “bande giovanili”), davvero un ritorno alla “classe criminale” dell'epoca vittoriana. In questo modo lo stato e/o i media hanno messo i lavoratori nelle condizioni di divorarsi l'un l'altro, piuttosto che fare luce sulla vera causa della frammentazione della società, il capitalismo.

Eppure, a dispetto della nostra esistenza depoliticizzata e alienata, questa è una società che si sta spaccando in una pletora di fratture, fratture che stanno trovando un'espressione ma non nel modo “tradizionale”, cioè attraverso la lotta di classe.

In compenso vediamo i cosiddetti gruppi di interesse, generalmente nel ceto medio, in cerca di “alternative” per costruire stili di vita “ecologici”, come ripartizioni dei generi alimentari, progetti di energia “sostenibile”, riciclaggio, nostalgici viaggi in un passato (“retaggio”) perlopiù fittizio, una ricerca di “britannicità”, molti dei quali ― non c'è da sorprendersi, dato che gli stessi lavorano nei media ― trovano espressione in una marea di programmi in TV e alla radio. Nell'insieme, sa di elitarismo, ma si può affermare che questi sono progetti di lusso, e allora cosa succede quando finiscono i soldi?

D'altra parte, non vi è dubbio che l'attrattiva del capitalismo consumistico stia svanendo ancor prima di finire fuori strada, e questo processo sta accelerando con la crisi del capitale che si mangia la casa, e il costo della vita alle stelle. Quindi si sta verificando un certo tipo di sintesi tra i bisogni reali e la realtà, ma manca di espressioni fattibili.

Potrebbe essere come dice il rapporto del Ministero della Difesa, “Di fronte a questa doppia sfida i ceti medi di tutto il mondo, usando l'accesso al sapere, potrebbero unire risorse e abilità per dare forma a processi transnazionali nell'interesse della propria classe”, e se così fosse, dov'è la sinistra in questo processo?

Se questa è di fatto una riflessione accurata dei processi attualmente in corso, come possono questi due settori del proletariato trovare un terreno comune senza una qualche espressione collettiva?

Attualmente, la sinistra esistente quasi ignora la cosiddetta “middle class”, i professionisti, manager, operatori dei media, intellettuali e accademici che in realtà fanno andare il capitalismo (a parte cioè quelli che ironicamente compongono la leadership della sinistra)?

Cruciali per questo processo sono gli impiegati del servizio pubblico, senza i quali lo stato non ha potere. Una qualche alleanza fra la restante classe operaia organizzata e il ceto medio professionista potrebbe portare ad un cambiamento rivoluzionario?

Io sostengo che molto dipende da come si metterà l'attuale crisi del capitale. Se, come potrebbe essere il caso, la classe capitalista internazionale è ben decisa a usare una serie infinita di guerre come soluzione alla crisi dell'accumulazione, allora si mette davvero male.

Perciò smascherare la “guerra al terrore”, in realtà la guerra al pianeta e alle sue genti insita nella natura del capitalismo, deve essere di certo il nostro obiettivo primario, altrimenti tutto è perduto.

di WILLIAM BOWLES
creative-i.info

700 miliardi per camuffare la storia



Durante la settimana finanziaria che va dal 15 al 19 settembre, la globalizzazione finanziaria aveva dimostrato di essere definitivamente morta. Ma prima che il crollo di Wall Street coinvolgesse Main Street (l’economia reale), il Governo americano ha preso una decisione senza precedenti: la costituzione di un ente federale con a disposizione 700 miliardi di dollari da destinare al riacquisto dei valori finanziari tossici che sono all’origine del perpetuarsi del crollo dei listini finanziari mondiali.

Secondo gli analisti il piano Paulson sarebbe quantitativamente dieci volte superiore al piano Marshall con cui si ricostruì l’Europa post-bellica e superiore al costo della guerra del Vietnam. Si consideri poi che la Cina, detenendo metà del debito estero Usa, detiene un importo di 500 miliardi di dollari in titoli statunitensi. L’immissione di 700 miliardi di dollari da parte del Tesoro, rappresenta di fatto una importante svalutazione del loro debito verso la Cina. Quanto potranno sopportare ancora la Cina, e gli altri detentori di titoli del debito Usa, un tal genere di furto? Il modello di fatto imperiale, spacciato col nome altisonante di globalizzazione, è in rianimazione ma con certezza di morte. Anzi, il piano Paulson non farà altro che prolungare l’agonia del malato. Questo perché quel credito di 700 miliardi non è strategicamente vincolato a risollevare l’ansimante economia reale, quanto piuttosto volto a riversare direttamente sui cittadini americani, ed indirettamente sulla popolazione mondiale, il disastro prodotto dall’immissione nel sistema della finanza di titoli puramente speculativi.

Ciò su cui non si può discutere, è invece il definitivo fallimento del modello liberista. Il blocco delle vendite allo scoperto ed il paracadute offerto ai mercati con i soldi dei cittadini, sono decisioni dirigistiche ed antimercatiste che dovrebbero segnare pure per gli irriducibili liberisti, il definitivo fallimento della deregulation , dell’idea per cui i mercati abbandonati a sé stessi raggiungerebbero l’equilibrio ottimale in favore della ricchezza. Se si fossero abbandonati i mercati ai loro destini, le famiglie più importanti del pianeta, dai Morgan ai Mellon ai Du Pont ai Rothschild, sarebbero probabilmente alle cronache come storico caso di "eccellente suicidio di massa", produzioni e commerci sarebbero fermi, intere nazioni sarebbero nel più completo caos.

In tutta questa storia c’è anche un altro dato interessante che emerge e che è bene che i politici tengano presente già nell’immediato futuro, visti i sacrifici che esso è costato alle popolazioni da loro amministrate. Gli illuminati osservatori economici del Fondo monetario internazionale, della Banca Mondiale, dell’Ocse, e delle agenzie di rating private (S & P, Moody’s, Fitch) che finora hanno giudicato sulla bontà delle scelte economiche fatte da stati sovrani ed aziende, da oggi, che genere di mestiere potranno fare? La risposta è che l’economia mondiale, nella sua facciata reale, necessita di braccia per la ricostruzione e l’arricchimento tecnologico delle sue infrastrutture e delle sue produzioni, di modo che i popoli del pianeta, dopo un quarantennio di politiche liberiste a cui sono stati via via sottoposti, possano tornare a vedere il sereno offerto da un’economia che migliori i loro tenori di vita piuttosto che distruggerli.

Ora, dovrebbe essere ovvio anche a Paulson – forse non a Bush – che quel credito di 700 miliardi, corrisponde ad una nuova immissione di liquidità nel sistema, che al pari dei circa 2-3 miliardi che ogni giorno dal luglio-agosto 2007 fino alla scorsa settimana, le banche centrali avevano cominciato ad iniettare nel mercato per sorreggere la maturanda crisi, rifluirà sui prodotti finanziari speculativi che abbiano come sottostante oro, petrolio, materie prime, generi alimentari. Ciò comporterà a breve una nuova ondata iperinflazionistica sui beni di prima necessità. In sostanza, quei 700 miliardi non serviranno altro che ad alimentare la fase d’iperinflazione globale, con un botto ancor più violento sui mercati finanziari e impensabili ripercussioni nell’economia reale. Chi cerca di dare una giustificazione "razionale" alla decisione del Tesoro, cerca di far passare come meritorio il salvataggio poiché "in fondo dietro ai titoli tossici detenuti dal sistema finanziario, vi sarebbero degli immobili" (come a dire che così tossici non sarebbero). Ma questa considerazione, oltre a non essere avvalorata dai mercati (tanta è la crisi di fiducia creatasi tra gli operatori) non è avvalorata neanche dalla ragione. La garanzia offerta ai valori finanziari da parte del relativo sottostante reale immobiliare, infatti, può garantire un equivalente valore finanziario, non una piramide di carta molte volte superiore al valore degli immobili stessi.

Ma perché Paulson, ha proceduto in un salvataggio che evidentemente non farà altro che procrastinare il crollo dei mercati piuttosto che evitarlo?

In sostanza Paulson-Bush stanno solo prendendo tempo. Ma per quale motivo? Tempo per cosa? Riflettiamo sul primo crollo finanziario del nuovo millennio, quello che va dal marzo 2000 all’ottobre 2002. Nell’immaginario collettivo il primo crollo dei mercati del nuovo millennio avvenne in seguito alla distruzione delle Twin Towers nel settembre del 2001. Esso cominciò invece nel marzo del 2000 e fino al 10 settembre 2001 le borse mondiali avevano perso circa il 30% del loro valore. Dall’11 settembre fino ai minimi dell’ottobre 2002 gli indici persero un ulteriore 30%.

Dunque il primo crack dei mercati nel nuovo millennio avvenne ben prima dell’11 settembre e corrispose sostanzialmente allo scoppio della bolla dei titoli della new economy (telecom, media and tech), ma per la popolazione mondiale esso avvenne a causa di Osama Bin Laden. In seguito i mercati mondiali si ripresero sostituendo la mega bolla new economy con una nuova bolla speculativa, quella del settore immobiliare.

Mentre scrivo le agenzie di stampa rendono conto dell’ultimo discorso di G. W. Bush alle Nazioni Unite, in cui afferma che "Siria ed Iran continuano a sponsorizzare il terrorismo" (mentre in Iraq ci dovevano essere armi di distruzione di massa!). Per l’opinione pubblica occidentale, che nella maggioranza dei casi non ha mai letto alcun discorso di Ahmadinejad, quell’iraniano è colui che vuole sterminare Israele, visto che così i media hanno riferito (sic).

Nel corso dell’ultima settimana si sono verificati vari attentati di presunta matrice terroristica da Islamabad a Gerusalemme allo Yemen ai Paesi Baschi (tralasciando quelli del casertano). In breve, mentre la globalizzazione, grazie al piano Paulson, rimanda la sua dichiarazione di decesso, varie "operazioni caos" si scatenano con ritmo accelerato a giro per il pianeta.

Se scoppiasse una nuova importante guerra, la storia ufficiale di questi giorni diverrebbe: «La guerra contro il terrorismo fece crollare i mercati finanziari e l’economia mondiale.»

A cospetto di un sistema fallito, l’unico modo per salvare i creditori privilegiati, ossia la popolazione mondiale unitariamente intesa, è seguire il "piano LaRouche": organizzare il fallimento del sistema e non attendere che esso si verifichi per forza d’inerzia, distinguere tra quelli che sono crediti esigibili (stipendi, pensioni, liquidità per il funzionamento dello stato e del welfare) e quelli che non sono esigibili perché frutto di mere speculazioni. Ricreare un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale sul modello rooseveltiano di Bretton Woods. Da qui lanciare linee di credito a livello globale con cui finanziare nuovi progetti infrastrutturali e le imprese private.

Per fare ciò è necessario che alla disponibilità di Russia, Cina e India si aggiunga quella degli Stati Uniti. Gli altri si allineerebbero di conseguenza.

Claudio Giudici

A Chiaiano Berlusconi ha qualche problema...



L’Italia sta diventando ogni giorno che passa un Paese sempre più surreale, dove il non sense rappresenta la regola e le atmosfere kafkiane sono corollario delle nostre giornate.


Un Paese dove il governo è intenzionato a costruire infrastrutture di ogni genere, contro la volontà dei cittadini che di quelle infrastrutture dovranno sopportarne il peso, imponendo la presenza dei cantieri per mezzo dell’esercito e delle forze dell’ordine, quasi si trattasse di un’operazione di occupazione in piena regola.


Centrali nucleari, cancrovalorizzatori, discariche tossiche, ferrovie ad alta velocità, basi militari statunitensi, centrali a carbone e turbogas, rigassificatori, autostrade e molte altre opere di cementificazione selvaggia, verranno imposte con la forza nei prossimi anni ai cittadini che non le vogliono, attraverso l’uso dell’esercito, della polizia, dei carabinieri e di una nuova legislazione che in Italia ora sottopone al segreto militare i cantieri delle grandi infrastrutture.



Un esempio di quello che ci aspetta lo si è avuto ieri a Chiaiano dove circa 8000 persone hanno dato vita all’ennesima manifestazione


http://ilcorrosivo.blogspot.com/2008/05/spazzatura-e-manganelli.html


contro la mega discarica che dovrebbe sorgere accanto alle loro case, ammorbando il loro futuro e minando tanto la salute della popolazione quanto l’integrità dell’ambiente. A Chiaiano i cittadini chiedevano fosse concesso ad una loro delegazione, composta anche da amministratori, l’ingresso nel cantiere per prendere visione dei lavori che vengono portati avanti. Lo Stato ha risposto di no, quasi all’interno dell’area fossero custoditi segreti la cui natura non poteva essere resa pubblica, creando momenti di forte tensione con i dimostranti che sono poi stati costretti ad indietreggiare dal lancio di lacrimogeni e dal mulinare dei manganelli. I manifestanti hanno poi creato alcune barricate lungo la strada che conduce alla futura discarica, senza cercare mai lo scontro fisico ma ribadendo che loro saranno lì quando fra breve tempo arriveranno i camion che trasporteranno i rifiuti. Non molleranno mai perché è impossibile mollare quando è in gioco la propria salute e quella dei propri figli.



Berlusconi (e chi verrà dopo di lui) impegnato a sfornare miracoli a ripetizione in questa Italia che proprio non vuole saperne di fare come Lazzaro, sembra avere qualche problema di più rispetto ai pochi che è solito ammettere. Non sembra infatti davvero proponibile l’ipotesi di tenere aperte le discariche ed i cantieri delle grandi opere (in alcuni casi come quelli del TAV destinati a durare una ventina di anni) ricorrendo al continuo presidio in forze, giorno dopo giorno, di esercito e polizia, indispensabile per reprimere la protesta dei cittadini che difenderanno il proprio diritto ad esistere con le unghie e con i denti. Così come sembra improponibile l’immagine di un’Italia dove gli italiani siano costretti ad identificare le forze dell’ordine e l’esercito con il loro nemico, che occupa i terreni, costruisce check point e militarizza il territorio.


Se in un Paese occorrono l’esercito e la polizia per costruire le infrastrutture, significa che chi lo governa ha sbagliato qualcosa, probabilmente la natura delle infrastrutture stesse e l’opportunità della loro costruzione.


Prenderne atto e comprendere come sia giunta l’ora d’iniziare ad ascoltare cosa hanno da dire i cittadini, che dopo decenni di cementificazione selvaggia stanno iniziando ad aprire gli occhi, sarebbe l’unico vero miracolo di cui il nostro Paese ha bisogno, prima che l’arroganza di chi detiene il potere e difende unicamente i profitti della consorteria del cemento e del tondino, porti ad una frattura insanabile che difficilmente potrebbe poi essere ricomposta.


di Marco Cedolin



I crack finanziari come il doping


I crack finanziari come i casi di doping nello sport. E' la teoria di Alberto Cei, professore di psicologia all'Università di Tor Vergata (Roma) e di Cassino. Il meccanismo è lo stesso: un sistema che spinge a ottenere il massimo dei risultati, non importa come, in barba alle regole. Perché le regole sono altre: non quelle dettate da leggi e regolamenti che valgono soltanto per i fessi. I vincenti agiscono in un altro modo: puntano dritti agli obiettivi, quelli veri, da raggiungere a qualunque costo. Sono "I Signori dei tranelli", i protagonisti del saggio che Cei pubblicherà tra poche settimane.

Da cosa nasce il suo parallelo tra sport ed economia?
"Parliamo sempre di persone di successo: atleti che vincono le Olimpiadi, multimiliardari. Per esempio Barry Bond, campione americano di baseball, si è imbottito di steroidi, arrivando al discredito, perché era secondo e voleva diventare il primo nella classifica del record dei lanci fuori campo".

Chi sono i signori dei tranelli?
"Sono le persone di successo che ritengono di non poter mai essere perseguite, che vivono in un ambiente nel quale si sentono sicure. Al tempo stesso, su di loro grava una forte pressione sociale che li spinge a ottenere il massimo, anche illegalmente. Hanno anche una serie di premi, stock options per i manager, che incentivano ancora di più questo atteggiamento. La loro è un'attività intenzionale: non sono mele marce, sono persone assolutamente brillanti, oltre a essere socialmente ben posizionate".

Se quindi agiscono secondo una sorta di mandato, e non a scopo personale, perseguirli per aver violato la legge potrebbe apparire quasi come un'ingiustizia. "La frode è stata istituzionalizzata in qualche modo: si creano scatole cinesi per cui non si capisce più niente, nessuno è in grado di risalire all'origine, e capire di chi è la colpa. Di conseguenza, si sta cercando di far passare il principio che se non si salvano le società sull'orlo del baratro sarà peggio per l'intero sistema. E così, per salvare il rapporto di fiducia tra i cittadini e gli intermediari finanziari, lo Stato diventa un azionista".

E' una buona soluzione, o ci sono altre terapie meno costose?
"Le terapie migliori sono quelle legate al buon senso, come quella suggerita da Joseph Stiglitz (Premio Nobel per l'Economia 2001, ndr): non più incentivi annuali, ma quinquennali, per evitare di mettere sotto pressione i manager e valutare gli effetti della loro gestione nel lungo periodo. E poi i controlli: è ampiamente emerso che quelli esistenti non funzionano, e infatti la maggior parte delle frodi finanziarie sono state scoperte per caso, da Parmalat in Italia a Enron negli Stati Uniti. La Grant Thornton per Parmalat e la Arthur Andersen per Enron erano conniventi. Si era di fronte a sistemi d'interconnessione. Anche l'immagine pubblica di queste grandi aziende era assolutamente positiva. Si creava una sorta di pace sociale: la Enron era perfettamente a posto anche dal punto di vista della beneficenza. Una truffa istituzionalizzata, un impegno quotidiano non certo opera esclusiva di manager come Tanzi: non si tratta di frodi singole, è un sistema che va mantenuto in piedi con il lavoro quotidiano di molte persone".

Un sistema che si basa, scriveva qualche giorno fa l'Herald Tribune, su una filosofia da tempo imperante, che mette al centro di tutto "l'ottimismo".
"Quello che conta è la ricerca del risultato ad ogni costo. Sicuramente ottenere i risultati è un fatto auspicabile, come lo è vincere nello sport: è il come che è diventato patologico. L'assenza totale di controlli, l'esaltazione dell'orientamento al rischio, la pressione sociale si uniscono al desiderio legittimo di vincere e di accumulare denaro. Ha prevalso una sorta di cultura dell'arroganza. Non era sbagliato l'obiettivo, ma il modo, unito alla consapevolezza che i controlli sono inesistenti. I controlli costituiscono un forte elemento di deterrenza, perché "i signori dei tranelli" non vogliono perdere la faccia di fronte al proprio ambiente sociale: puoi fare quello che vuoi, ma se vieni scoperto vuole dire che non sei stato abbastanza bravo e vieni eliminato. Però non vanno bene il controlli solo alla fine: le persone così non hanno un argine".

L'aver scoperto fin troppe frodi finanziarie, il discredito sociale caduto addosso a persone che fino a poco tempo fa erano considerati i maghi della finanza, potrebbe aiutare a far cambiare le regole del gioco?
"Io sarei pessimista su questo. Le soluzioni ci sarebbero, ripeto: controlli indipendenti, togliere gli incentivi annuali, introdurre una sorta di educazione dei dipendenti delle società finanziarie ad essere socialmente responsabili. E invece già si sente dire che "i migliori" della Lehman Brothers verranno sicuramente riassunti, troveranno subito un altro ottimo lavoro. I migliori in che cosa? Non lo sapremo mai. Non si tratta di chi ha avuto il miglior dottorato a Princeton. Secondo me non c'è un'alternativa: trovarla dovrebbe essere la funzione dello Stato, ma stiamo vedendo che non si è pronti".

Cosa dovrebbe fare lo Stato?
"Cambiare le regole oppure utilizzare le regole che ci sono, è questa la strada da percorrere. In Italia ha sempre prevalso il principio dell'impunità per chi commette dei reati, si è rassegnati a questo. Sono curioso di vedere quello che succede negli Stati Uniti, alla fine quella può essere un'occasione per far crescere un'opinione pubblica, anche se mi sembra complicato. Mi sembra l'unico posto al mondo dove questo potrebbe accadere: noi siamo rassegnati su tutti i fronti, in Italia nessuno fa causa perché si sa che la causa finirà tra 30 anni e semmai ne beneficeranno i nipoti".
di ROSARIA AMATO

Base Dal Molin: la dittatura è nuda.


La politica è totalmente alla mercè del potere economico e i “politicanti sono i camerieri dei banchieri”, come diceva correttamente, il poeta statunitense Ezra Pound.
Lo sappiamo benissimo.
Ma ogni volta che l’intreccio tra Potere e istituzioni, tra padroni e vassalli, viene alla luce non può non scuotere le coscienze di tutti noi.
La base militare statunitense Dal Molin a Vicenza è proprio uno di questi casi.

Il Consiglio di Stato, cioè il massimo organo della giustizia amministrativa ha ieri infatti sospeso la decisione del Tar del Veneto favorevole al Referendum popolare.
Secondo i magistrati “non è condivisibile” l’argomentazione del Tar.
Il referendum popolare del 5 ottobre prossimo, non abrogativo ma solo consultivo, non sa da fare!

Perché si vieta a dei liberi cittadini, in barba alla Costituzione della Repubblica italiana, di esprimere il proprio parere su una questione che li riguarda molto da vicino?
Per quale motivo i palazzi del potere tremano al punto tale da prendere decisioni della più bieca dittatura?
A prescindere dalle farneticazioni dei magistrati del “porto delle nebbie”, vi è una paura folle che il 5 ottobre il popolo consapevole di Vicenza dica NO (scrivendo però sulla scheda SI) ad una sudditanza politico-economia pluridecennale.
Questo naturalmente non è permesso in dittatura, perché come disse Charles Bukowski: “la differenza fra una democrazia e una dittatura, è che in una democrazia prima voti e poi ordini; in una dittatura non devi perdere tempo a votare”.

Oggi possiamo finalmente dire che la nostra democrazia rappresentativa, altro non è che una dittatura oligarchica mascherata e camuffata da democrazia. E dobbiamo ringraziare la base Dal Molin e i vicentini per aver messo a nudo la Dittatura !
Ringraziamo pure i “camerieri” dei banchieri, perché con i loro atteggiamenti e le loro dichiarazioni completano e arricchiscono il quadro.
Per esempio l’onorevole Manuela Dal Lago, vicepresidente dei deputati della Lega nord dice che “la decisione del Consiglio di Stato è frutto del buon senso e non di pressioni politiche” (AGI, 1 ottobre 2008). Gli ipnotisti, come i manipolatori mentali, sanno bene che nella nostra mente il segno NO non esiste. E’ infatti impossibile pensare a una cosa “in negativo”, per esempio “pensare di non pensare” o immaginare un’assenza senza pensare in qualche modo alla relativa presenza.[1]
Nel dichiarare che “NON” ci sono pressioni politiche per la base, significa semplicemente che esistono delle pressioni politiche ed economiche! Non sappiamo se l’onorevole è a conoscenza delle tecniche di manipolazione linguistica, ma basta dire una cosa ben precisa per farla pensare alle masse.

Ricordo che la Lega ha sempre affermato “Padroni a casa nostra”… anche se non hanno mai spiegato se per “Padroni”: intendono i cittadini (padani) oppure i graduati militari!
Tale arrogante ipocrisia vale anche per tutti gli altri partiti da destra verso sinistra.

La bella notizia in tutto questo è che a Vicenza, domenica 5 ottobre il referendum si farà lo stesso.
Il Sindaco vicentino Variati, davanti a migliaia di manifestanti ieri sera ha infatti precisato: “se non ci permettono di votare domenica dentro le nostre scuole, bene, allora voteremo davanti alle nostre scuole». Gazebi autogestiti al posto dei seggi, dalle 8 alle 21 come previsto, in 53 postazioni come 53 dovevano essere i punti di raccolta delle schede-voto, con tre scrutatori volontari in ogni banchetto per garantire la serietà e la correttezza anche nei confronti di chi tenterà sabotaggi.

Il Sistema dittatoriale può, e lo ha fatto, bocciare un referendum popolare, impedire lo svolgersi di una manifestazione pacifica, picchiare giovani inermi, infiltrarsi per creare zizzania ma non può fare assolutamente nulla contro le coscienze individuali che si muovono.
Mi auguro che domenica prossima saranno tantissime le coscienze che andranno davanti alle scuole per esprimere il proprio voto, il quale, a prescindere dal pezzo di carta e dal SI oppure dal NO, è sinonimo di libertà di espressione democratica.

E’ indubbiamente arrivato – dopo 60 anni - il momento di svegliarci da questo torpore e diventare responsabili del nostro futuro e di quello dei nostri figli.
Le guerre e i crimini danno fastidio? Il terrorismo incute timore?
Se pensassimo fino in fondo – anche al momento del voto e delle manifestazioni - capiremmo che le basi militari sono basi di guerra e per la guerra.
Le guerre servono per rimettere in piedi l’economia americana (la storia lo insegna dal 1939 dopo la Grande Depressione , Vietnam, ecc.) e per occupare “legalmente” altri Stati.
Il terrorismo internazionale è funzionale a tale Sistema e per questo alimentato costantemente, perché permette di attaccare atri paesi (Afghanistan, Iraq, ecc.) e di far passare leggi anti-democratiche e illegittime.
Per ultimo, ricordiamo che le basi militari sono le metastasi di un sistema destinato a crollare autodistruggendosi.

[1] “Al gusto di cioccolato: come smascherare i trucchi della manipolazione linguistica”, psichiatra Matteo Rampin

Come arrestare la macchina infernale?


Come è possibile che banche secolari siano state a tal punto scosse? Com’è possibile che siano le banche belghe a trovarsi in prima linea a subire il fuoco della crisi finanziaria? E perché quelle che si chiamano le autorità "di controllo prudenziale", quelle che, dunque, per definizione avrebbero dovuto assicurarsi che le istituzioni finanziarie gestissero i loro affari con prudenza, sono state scavalcate? Nonostante "il wargames", lo “stress test”, ed i controlli in ogni tipo operati in questi ultimi anni? La crisi attuale è anzitutto una crisi di fiducia, cioè, in termini bancari, una crisi di credito. Una banca può obiettivamente avere un buon bilancio ed essere una macchina operativa molto efficace; ma se, un giorno, i suoi fornitori di crediti, in modo massiccio, non gli danno più fiducia, anche per motivi infondati, smette di respirare. È ciò che è avvenuto per Fortis e per Dexia. Per questo l'intervento delle autorità pubbliche era importante, e le stesse, opportunamente, hanno agito molto rapidamente. Ma perché due delle nostre grandi banche, di cui si elogiava la capacità di resilienza ancora sei mesi fa, sono fra i primi domini europei a cadere? Sono state certamente indebolite da opzioni strategiche (acquisto di ABN Amro per Fortis, attività di valorizzazione del credito per Dexia). Sono inoltre istituzioni situate in un paese, il nostro, tradizionalmente molto aperto ai capitali stranieri, e che ha, dunque, importato alcune tecniche anglosassoni oggi dannose (i crediti strutturati da Fortis, la valorizzazione del credito da Dexia). Oggi, occorre fermare con urgenza questa macchina infernale che si attacca, una dopo l'altra, alle banche del continente. Gli interventi dello Stato, le iniezioni massicce di liquidità, le garanzie dei regolatori non basteranno se non ritorna anche la fiducia degli attori. E ciò, non è soltanto una questione di miliardi, è una questione di sistema. Oggi, è chiaro, non si farà economia per una rifusione completa, globale, totale del sistema finanziario mondiale.
di Pierre-Henri Thomas

03 ottobre 2008

Liberomercato "sovietizzato"



Le nostre grandi imprese hanno fama, a livello internazionale, di essere “dopate” e di non stare alle regole del gioco economico. E’ cosa questa che certo non si può smentire, ma le innumerevoli denuncie e sanzioni comminateci dalle istituzioni europee, fortemente sollecitate da imprese internazionali concorrenti (dietro le quali ci sono altrettanti sistemi-paese), sono sempre state pretestuose o, almeno, dis-equilibrate, stando a quanto avveniva in casa d’altri.


La verità è che l’Italia si trova, da un quindicennio a questa parte, sotto il fuoco incrociato di chi, a livello internazionale, punta ad accaparrarsi fette sempre più consistenti di risorse nazionali, sfruttando la complessiva debolezza politica del nostro sistema-nazione. Spessissimo il nostro capitalismo accattone, il vero responsabile della decadenza italica, ha allungato la mano nelle tasche dei contribuenti per coprire la propria mala gestione (quel capitalismo parassitario che abbiamo chiamato Gf&ID), tentando di socializzare le perdite dopo aver abbondantemente privatizzato i profitti.


Resta inteso che queste “manovre di rapina” (il che non significa affatto che la rapina sia la sostanza stessa del modo di produzione capitalistico) sono state rese possibili dalla debolezza degli agenti politici, i quali hanno permesso, tanto alle imprese decotte del nostro capitalismo assistito che alla finanza nostrana, collegata alla più potente finanza americana ed europea, di godere della massima impunità e della più vasta libertà d’azione.


Così, ad esempio, per la Fiat che ha ottenuto in passato - e che continua ad ottenere anche oggi - nelle forme più disparate, milioni di euro di sovvenzioni statali, con il ricatto delle maestranze alle quali “offre” paternalisticamente la propria protezione (ma non erano le imprese a domandare forza-lavoro sul mercato, come insegnatoci nelle lunghe lezioni di economia da professori zelanti e “tecnicamente” corretti?), solo dopo aver abbondantemente succhiato alle mammelle delle casse pubbliche.


E così anche per le grandi banche del Bel Paese, le quali hanno goduto di una legislazione sbilanciata a loro favore e dell’inefficienza, nonché compiacenza (evidentemente non è un difetto solo americano), delle autorità di controllo le quali, soventemente, hanno chiuso tutti e due gli occhi dinanzi a trucchi e malefatte di ogni tipo.


La Comunità Europea, per tali ragioni, ha più volte condannato l’Italia, con l’accusa di aver fatto uso ed abuso di misure perturbatrici della libera concorrenza nel mercato comunitario, contravvenendo alle "Sacre Scritture Mercatiste" divulgate dalla tecnocrazia economica che appesta gli organismi comunitari e che fa gli interessi dei poteri forti transanazionali.


All’improvviso però sopraggiunge il terremoto finanziario e in Europa tutti si riscoprono sostenitori dell’intervento pubblico in economia, dettato dall’eccezionalità della congiuntura. Le leggi del capitalismo ideologico restano allora come sospese, ma sempre valevoli nella testa di questi imbonitori, in attesa che i “correttivi” statali possano fare piazza pulita, con mezzi del tutto "straordinari", dei parassiti e degli usurpatori affetti da ipomania individualistica e accumulativa. Sarà, ma eccezione dopo eccezione ci si avvicina sempre di più alla regola.


Dopo aver ascoltato per anni i giannizzeri incravattati di “eurolandia” spararle grosse sulle virtù taumaturgiche della mano invisibile che crea e distrugge ma che alla fine riequilibra con maggiore perfezione, il nuovo messaggio è una vera e propria retromarcia. Oggi, difatti, siamo in presenza di una debacle sistemica che ha ben poco di fisiologico (almeno nel senso che sono letteralmente saltati gli stessi fondamenti sui quali aveva sin qui poggiato il castello finanziario occidentale) ed è per questo che gli indefessi liberisti, grandi esperti del piffero, rilasciano dichiarazioni sempre più vaghe e ambigue. Obiettivamente, questi tecnici sopravvalutati e pluripremiati non ci stanno capendo un’acca, proprio come noi poveri mortali, non potendo minimamente prevedere, con gli strumenti categoriali a disposizione, quale sbocco prenderà questa crisi e a quali sconvolgimenti porterà. Per questo vi propongo qui sotto un articolo, tratto dal Foglio, dove vengono denunciate, più o meno, le cose che avevo precedentemente detto nel pezzo sull’Alitalia e che mi trovano pienamente d'accordo.



Da "Il Foglio"


GLI AIUTI DI STATO NON ERANO ILLEGALI?



Il governo inglese statalizza la banca Bradford & Bingley, impegnata nel credito immobiliare britannico, che rischiava l'insolvenza. Questa operazione, decisa con rapidità, dopo che potenziali acquirenti privati si erano ritirati, punta alla salvaguardia dei depositanti, in preda al panico. Ma è evidente che l'esigenza di difendere i risparmiatori da diseconomie esterne causate da condotte bancarie imprudenti non vale a cancellare il fatto che si è, verosimilmente, in presenza di un aiuto di stato, contrario alle regole europee sulla concorrenza. I regolatori britannici non sembrano preoccuparsene.



E tacciono, finora, i commissari europei competenti per la concorrenza e i mercati finanziari, che in altri casi furono solleciti ad ammonire i governi a non violare tali regole (vedi caso Alitalia e, con riguardo al settore del credito, al trattamento preferenziale con-cesso a Banca Popolare Italiana nella scalata ad Antonveneta che attirò critiche sulla Banca d'Italia). Ma il caso più imponente è quello di Fortis, un colosso banco-assicurativo, numero uno nella rete bancaria belga, con una posizione di primaria importanza anche in Olanda e in Lussemburgo.



I governi dei tre paesi hanno erogato, complessivamente, 11,2 miliardi di euro per l'acquisto del 49 per cento delle azioni, rispettivamente di Fortis Belgio, Fortis Olanda e Fortis Lussemburgo. Anche questa statalizzazione (che implica il controllo governativo di Fortis, visto che il restante 51 per cento è frazionato) è un salvataggio, perché decisa dopo che i privati hanno declinato l'interesse a rilevare il gruppo.



La Commissione di Bruxelles sostiene che non si tratta "necessariamente" di aiuto di stato: lo sarebbe solo se i governi comprassero le azioni a un prezzo inferiore al valore di mercato. Ma si potrebbe argomentare che se i privati hanno declinato quell'operazione che invece i governi realizzano l'aiuto di stato c'è. Nel perimetro di Fortis ci sono alcune attività acquisite da Abn Amro, un'operazione che dovrebbe essere completata in ottobre.



I tre governi, quindi, si prendono in carico anche questi asset che poi dovranno rivendere. Sorgono così pure domande sul comportamento dei regolatori finanziari quando Fortis chiuse quell'operazione. E' da dubitare che Fortis avesse allora i parametri patrimoniali per quell'acquisizione. Che dicono i regolatori? C'è una crisi di credibilità, nel centro dell'Europa.


di Giovanni Petrosillo

La fine del secolo americano


Henry Paulson ha presentato un piano di 700 miliardi di $ per salvare il sistema bancario americano, chiedendo ai G7 di adottare un’iniziativa analoga a livello mondiale. Dominique Strauss-Khan, ha rettificato l’entità del buco imputabile ai subprime - sarebbero 1.300 miliardi di $ - ed ha chiesto la collaborazione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali di tutto il mondo per ridisegnare l’architettura del sistema finanziario internazionale.


Nel mese di febbraio il Fondo Monetario Internazionale (FMI) stimava a 1.100 miliardi di $ le perdite del settore finanziario dovute alla crisi dei mutui subprime americani e prevedeva un brusco rallentamento dell’economia globale. Il suo direttore generale, Dominique Strauss-Khan, promise anche di approfondire, con uno studio appropriato, l’impatto sistemico del rialzo dei prezzi delle materie prime, in particolare del petrolio. Nel mese di giugno, in seguito ad un’esplicita richiesta del G8 di Osaka, ribadì il suo impegno a relazionare in autunno. La richiesta del G8 non piacque al segretario di Stato americano Hank Paulson, che accusò i ministri di Francia e Italia, fautori dell’iniziativa, di non conoscere il reale funzionamento dei mercati e di parlare troppo facilmente di speculazione. A tranquillizzarlo bastò l’estrema genericità dell’impegno preso da Dominique Strauss-Khan. Oggi, dopo il fallimento della Lehman Brothers, i due compari si ritrovano al capezzale dell’economia globale, cercando di tutelare gli interessi dell’oligarchia finanziaria sulla pelle dei popoli.



Henry Paulson ha presentato un piano di 700 miliardi di $ per salvare il sistema bancario americano, chiedendo ai G7 di adottare un’iniziativa analoga a livello mondiale. Dominique Strauss-Khan, ha rettificato l’entità del buco imputabile ai subprime - sarebbero 1.300 miliardi di $ - ed ha chiesto la collaborazione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali di tutto il mondo per ridisegnare l’architettura del sistema finanziario internazionale. Sono passati tanti anni da quando tre immigrati ebrei di origine tedesca – i fratelli Henry, Immanuel e Mayer Lehman – costituirono a Montgomery (Alabama) la Lehman Brothers (1850). Non era ancora una banca, ma un negozio di tessuti. All’origine di ogni grande fortuna, c’è sempre un grande crimine. Gli economisti la chiamano accumulazione originaria.
La geniale intuizione dei fratelli Lehman fu quella di sfruttare l’economia schiavista degli Stati del sud facendosi pagare in cotone grezzo, che rivendevano al nord tramite la loro filiale di New York. Durante la guerra civile (1861-65), i fratelli Lehman erano schierati su entrambi i fronti, avendo una sede in Alabama ed una a Manhattan. Finita la guerra, lucrando sul finanziamento della ricostruzione, ampliarono i loro interessi al mercato del caffé, altra materia prima coltivata con l’impiego di schiavi africani. Infine entrarono nel business delle ferrovie e della consulenza finanziaria.

Il salto di qualità, per la famiglia Lehman, avvenne grazie all’alleanza con Goldman Sachs (1906). Entrarono in tutti i settori dell’economia americana, sopravvissero alla crisi del 1929, beneficiarono della seconda guerra mondiale, parteciparono alla grande espansione delle multinazionali americane nel dopoguerra. Negli anni in cui il mondo affrontava le crisi determinate dall’aumento del prezzo del petrolio, la Lehman Brothers raggiunse il suo apogeo, grazie alla fusione con due colossi della finanza americana: Kuhn Loeb (1975) ed American Express (1984). Il quartiere generale era a Manhattan, dove occupava tre piani della torre nord nel World Trade Center. Quel fatidico 11 settembre 2001, tra le 2.974 vittime dell’attentato terroristico, ci fu anche un suo dipendente. Una sola persona, contro le 295 vittime della Cantor Fitzgerald e le 175 della Aon Corporation, altre società che avevano sede nello stesso edificio. Pare che quel giorno, per pura casualità, molti manager fossero assenti. Quello della Lehman Brothers non è soltanto il fallimento di una prestigiosa banca globale, specializzata in finanza creativa.

È il crollo definitivo e irreversibile dell’american dream, un sogno diventato incubo. Quanto sta accadendo non è una crisi come le altre, ma è la fine di un’epoca, la fine del secolo americano. In poco più di cento anni, una colonia europea è divenuta potenza mondiale. Ha vinto due guerre, ha dominato il mondo, ha sconfitto il suo apparente antagonista, continua a minacciare nemici reali e immaginari con il suo apparato militare. È servita da modello per la società multirazziale, da banca centrale per l’economia globale, da quartiere generale della strategia sionista. Ha alimentato speranze ed illusioni, ma ormai è un sistema in frantumi, un dead man walking in attesa del colpo di grazia. Il fallimento della Lehman Brothers, con tutto quello che sta accadendo, può essere paragonato al crollo del muro di Berlino (1989), che anticipò di qualche anno lo scioglimento dell’URSS (1991) per implosione della sua economia. Questo spiega la preoccupazione dell’oligarchia, non tanto per le risorse finanziarie bruciate in questa ed altre crisi, quanto i suoi riflessi sistemici.

Non è in gioco l’economia globale, termine usato per indicare un progetto più che una realtà, ma la sopravvivenza degli apparati mondialisti come sistema di potere capace di gestire la crisi. Le soluzioni proposte, anche se verranno attuate, potranno solo ritardare il grande crac. Vediamole in sintesi, partendo dalle ragioni del crollo. Senza indagare sulle deficienze strutturali del sistema capitalista, accenniamo alla causa scatenante della crisi in atto. Si chiama finanza creativa. Consiste nel prestare denaro spalmando i rischi su una miriade di titoli complessi immessi sul mercato mobiliare. Il fine è lucrare interesse, sia sui mutui che sulla negoziazione dei titoli. Usura che genera usura, come in tutte le bolle speculative che sfociano in crac. Questa volta l’ondata malefica è partita dal settore immobiliare. Per facilitare l’acquisto di case, le banche offrivano mutui fino al 100% del valore dell’immobile. I titoli rappresentativi dei mutui venivano impacchettati, insieme ad altri titoli, in obbligazioni vendute sul mercato, con due vantaggi per le banche: trasferire ad altri operatori il rischio d’insolvenza dei propri clienti e rientrare subito del denaro prestato per erogare altri prestiti. Questo gioco sporco non poteva durare a lungo. Nell’estate 2007 il mercato si è accorto che molti mutuatari non avrebbero potuto restituire i soldi ricevuti, facendo crollare, non solo le obbligazioni che contenevano mutui inesigibili, ma anche altri titoli legati a valori immobiliari. Il capro espiatorio sono state le agenzie di rating, accusate di aver minimizzato il potenziale problema, ma ormai la finanza creativa era stata smascherata.



L’idea di spalmare il rischio trasferendolo ad altri, non riguardava solo i mutui immobiliari. Molti altri impieghi delle banche erano stati impacchettati in obbligazioni vendute sul mercato: prestiti per l’acquisto di auto, carte di credito, finanziamenti di fusioni e acquisizioni. Stavolta sul banco degli imputati è finita anche la Lehman Brothers, accusata di aver cucinato i libri contabili, cioè di aver nascosto 13 miliardi di crediti ormai inesigibili. Di fronte alla prospettiva del fallimento, sono emersi due possibili acquirenti, la Bank of America e la Barclays, i quali chiedevano al governo americano di sostenere la transazione con fondi federali, come aveva fatto con altre banche ed assicurazioni invischiate nel losco affare dei mutui subprime. Ci riferiamo a Fannie Mae e Freddie Mac, salvate con un piano di 200 miliardi di $, e all’American International Group (Aig), benficiaria di altri 85 miliardi di $. Ma il governo si è rifiutato, la Barclays ha ritirato la sua offerta e Bank of America ha preferito comprare Merrill Lynch. Così, alla prestigiosa Lehman Brothers, non è rimasta altra scelta che dichiarare il fallimento, scatenando il panico sui mercati finanziari. Passiamo ora ad analizzare le soluzioni prospettate. Il presidente della Federal Reserve, l’economista Ben Bernanke, ha studiato molto bene la crisi del 1929. La sua teoria è nota: per evitare una nuova grande depressione, la banca centrale può anche gettare pacchi di banconote con un elicottero. In sostanza, è quanto si vuole che avvenga.

Dieci grandi banche (Bank of America, Citibank, Barclays, Credit Suisse, Ubs, JpMorgan, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Deutsche Bank, Morgan Stanley) hanno costituito un fondo di 70 miliardi di dollari per assicurarsi liquidità aggiuntiva. Il Tesoro americano ha varato il piano Paulson per 700 miliardi di dollari, al fine di acquistare i titoli senza valore di mercato dalle banche in difficoltà. Questi titoli saranno gestiti dal Tesoro stesso in piena autonomia, cioè assumendo gestori di fondi ed intermediari specializzati, ma soprattutto nella più totale impunità, cioè al riparo da eventuali azioni legali di risparmiatori e contribuenti. È dovuto intervenire George Bush per garantire il sostegno bipartisan al piano. In questa difficile congiuntura, come è avvenuto per tutto il secolo americano, gli USA hanno dapprima esportato la crisi e poi chiesto il sostegno degli altri Paesi attraverso le istituzioni finanziarie internazionali, costituite per sostenere i loro interessi imperialisti e trasformate progressivamente in agenti dell’oligarchia mondialista. Con queste premesse, è nata l’iniziativa di Dominique Strauss- Khan. In vista della prossima riunione del Fondo Monetario Internazionale, che si terrà a Washington nel mese di ottobre, ha chiesto agli Stati di fare, al loro interno ed a livello globale, ciò che stanno facendo gli USA.

L’intervento a breve termine dovrebbe essere così articolato: iniezione di nuova liquidità, acquisizione degli attivi inesigibili, apporto di capitali a vantaggio delle banche in crisi. Un’agenzia intergovernativa dovrebbe acquisire i crediti inesigibili e detenerli fino a quando non giungono a scadenza e possono essere rivenduti senza rischi. La soluzione proposta, da tutte queste persone di grande intelligenza, è fin troppo banale: ricapitalizzare il sistema finanziario col sostegno pubblico, sia a livello statale che mondiale. Lo Stato, questo vecchio arnese messo ai margini dell’economia dai profeti del liberismo, dovrebbe ora intervenire per salvare i profitti dei banchieri. La cooperazione internazionale, rimpiazzata dalla global governance dei poteri occulti, viene ora invocata per evitare il peggio. Resta da chiedersi perché il resto del mondo dovrebbe salvare dal crollo la civiltà americana. Alcuni invocano un vago senso di responsabilità globale, quello funzionale all’attuazione del progetto mondialista. Altri l’interdipendenza economica, quella imposta con la guerra permanente. Forse un nuovo conflitto mondiale, un attacco alla Russia o all’Iran, darebbe fiato all’economia USA, come avvenne nel 1939, a dieci anni dal crollo storico di Wall Street. La teoria tardoimperialista dello scontro di civiltà col mondo arabo e le operazioni militari contro presunte centrali del terrorismo islamico sono servite a poco. Ma il secolo americano è finito. L’oligarchia è seriamente in crisi. Al crollo simbolico della Lehman Brothers seguirà l’implosione di tutto il sistema. Il vero problema, nella teoria e nella prassi rivoluzionaria, non è stabilire tra quanti anni ciò avverrà e quanta moneta sarà bruciata nel prossimo grande crac, ma è capire quanti e quali uomini resteranno in piedi tra le rovine dell’utopia mercatista per costruire un vero socialismo.

Raffaele Ragni
Rinascita Campania