11 ottobre 2012

Tutti con la carta di credito

Lo sapete? Entro pochissimi anni, si avvererà uno dei tanti sogni dei banksters: tutti dovremo avere la carta di credito per acquistare beni e oggetti che eccedono i 50 euro di spesa. Io non sono un esperto del sistema finanziario, né uno studioso di economia, ma certe considerazioni, per farle, basta un minimo di osservazione, esperienza e ragionamento. Del resto le “spiegazioni” dei tecnici mi interessano molto poco visto che so ben valutare da solo, il dare e avere che ne consegue. Vediamo: ripercorriamo questi ultimi anni, più o meno dalla Seconda Repubblica in avanti, dove passo dopo passo, ma con una pianificazione evidente, anche se poco percepibile dall’opinione pubblica, si portò avanti un progetto di adeguamento di tutta l’economia e la finanza del paese al sistema bancario nazionale e internazionale, favorendone i loro interessi. Iniziarono, guarda caso, i governi Amato e Ciampi (non sentite un tintinnio di squadre, finanza e compassi?), sostenuti indirettamente dalla sinistra post comunista, oramai liberal (quella che gira con La Repubblica in tasca) ad incentivare tutto quello che era possibile incentivare per adeguare l’economia e la società italiana al sistema bancario. Ma anche i governi di centro destra non furono da meno, indice di una subordinazione trasversale di tutti i politici alla City di Londra e a Wall Street. Ricordate quando, come fumo negli occhi, ci fu il “regalino” ai correntisti che i libretti di assegni non si sarebbero più pagati? Tutto non iniziò proprio da lì, ma noi possiamo benissimo prendere quell’avvenimento come punto di partenza. Ovviamente le banche in cambio dei foglietto di assegno gratuiti ebbero tanti e tali altri vantaggi da compensare ampiamente quei risibili costi, cosicchè i clienti in pochi anni si videro lievitare a dismisura le spese di tenuta del conto corrente, fino ad arrivare all’assurdo che un normale cliente che deposita una modesta somma in banca, ma poi neppure troppo modesta, a fine anno, tra costi di ogni natura e quel poco di interesse che ci prende, non compensa la spesa annua per questo suo deposito, mentre le banche, proprio con i soldi del cliente, moltiplicati per centinaia di migliaia di altri “castelletti” simili, li investe o li presta a sua volta con ben altre remunerazioni. Se non fosse tragico, ci sarebbe da ridere. E che ci fosse stato uno statista che intervenisse e mettesse un freno a questo sconcio, a questa rapina legalizza! Mai. Comunque sia, in quegli anni ‘90, in men che non si dica, si fece in modo di ridimensionare il valore del “mattone”, storico rifugio dei risparmiatori; i depositi bancari abbassarono a livelli irrisori l’interesse sui depositi; i libretti postali, altro storico rifugio di un popolo che è sempre stato amante del risparmio, dovettero adeguarsi per legge a quelli bancari; si tese a forzare l’indicizzazione delle rate dei mutui, e tante e altre disposizioni simili, furono introdotte, sotto traccia, nella nostra società: tutte gradite e utili alle banche. Tanto si sono impinguate e tanto potere anno eroso che non è un caso che oggi, ogni cento metri e spesso meno, trovate lussuosi sportelli bancari, a 5 o 6 porte, tutti blindati e super computerizzati, ma quasi privi di clienti: come è stato possibile? Non credete che un business e un motivo importante ci sia? Ma torniamo a quegli anni ’90 dove, nel frattempo il mercato azionario, da sempre visto con diffidenza dal nostro popolo, venne sponsrizzato alla grande e gli italiani che avevano qualche risparmio, di fronte ad un “mattone” che non dava più rendite e sicurezza e i conti correnti a risparmio che rendevano poco e nulla, si trovarono quasi costretti ad investire in titoli azionari. Anche le liberalizzazioni che nel frattempo spogliavano il paese di ogni sua risorsa, regalandola ai privati e alle banche d’affari internazionali, offrivano la possibilità di ampliare a dismisura gli investimenti in titoli azionari da parte dei cittadini. E tutti furono invogliati verso promettenti “offerte pubbliche” e la mecca della Borsa, con la messa in vendita di Azioni di importanti e conosciutissime aziende o imprese. Tutta una economia “virtuale” esplose alla grande, con immensa gioia di finanzieri e speculatori e amari pianti di chi, entro pochi anni, vide tutti i suoi risparmi e liquidazioni di anni di lavoro, svanire nel nulla: per dieci che ci guadagnavano, centro andavano sul lastrico. A simbolo di una nuova Era la figura del promotore finanziario prese decisamente quota, furono istituiti apposti albi e corsi, e i cittadini dovettero sorbirsi, pur se non richiesto, anche con telefonate a casa, “consigli” interessati per invogliarli investire il loro denaro. Al contempo, tutto il paese venne progressivamente invaso da proposte di accedere a prestiti, di acquistare beni di consumo con la formula del finanziamento facile: compri oggi e paghi in comode rate, iniziando tra sei mesi; le carte di credito vennero elargite con disinvoltura. Le cassette delle poste si riempirono di reclame per accedere ad un prestito, ad un finanziamento o per fare una carta di credito. Se anni prima, per ottenere un prestito, occorreva non essere protestati e poter dare garanzie, ora non c’erano più problemi: bastava una busta paga, ma poi, sarebbe anche bastato avere un conto in banca. Tra sub prime e ricollocazione di investimenti e prestiti a forte rischio, il mondo finanziario sapeva bene come far fruttare anche il giro di denaro virtuale, senza rimetterci. Neppure un mago ci sarebbe riuscito. L’obiettivo era chiaro: gli storici risparmi degli italiani facevano gola ai banksters e le speculazioni, in uno Stato che nulla provvedeva, ne legiferava, per proteggere i cittadini da questi avvoltoi, non avevano più freni. Da allora se ne è fatta di strada, del resto la Seconda Repubblica era nata proprio con questi presupposti: trasformare i partiti in aggregati di potere, puro e semplice, spogliandoli di ogni orpello ideologico e di rappresentativa sociale, adeguare il più possibile le Istituzioni al sistema anglosassone, il più idoneo a garantire il potere a lobby e consorterie. E quando parliamo di Lobby e Consorterie, quelle di genere finanziario sono le più importanti. Il resto lo conosciamo: i grandi Organismi mondialisti: dalla Banca Mondiale, al FMI, alla BCE, vigilavano, ricattavano e obbligavano i governi a sottomettersi all’usura da loro stessi messa in atto, a prendere “prestiti” per la nazione, fatti passare come aiuti, costringendo questi governi a distogliere ingenti risorse finanziarie per pagare i debiti contratti con questi malfattori. Il debito pubblico, tra signoraggio monetario, usura bancaria e imposizioni mondialiste non sarebbe mai più stato possibile azzerarlo, anzi non poteva che lievitare progressivamente determinando un cappio attorno al collo dei popoli, irreversibile. In ogni caso, intorno al 2007, l’economia virtuale crollò miseramente e non è peregrino ritenere che il “botto” venne anche “aiutato” a determinarsi per oscure manovre messe in atto dalla stessa Alta Finanza internazionale, anche se qualche banca ci rimetteva le penne. Quando si parla di Alta Finanza internazionale, infatti, seppur ci si riferisce ad una miriade di banche, credito, assicurazioni, ecc., in realtà il vero potere è concentrato in pochissime storiche famiglie che fanno e disfanno tutto il sistema a loro tornaconto speculativo e di potere. Il potere dei banksters comunque era così forte che subito Presidenti e Governi, quelli della stessa America compresi, hanno varato provvedimenti di “salvataggio delle banche”, devolvendo enormi capitali pubblici verso il mondo bancario, proprio quello che aveva determinato la crisi. E il popolo? Cornuto e mazziato! Comunque sia il “giocattolo” si era rotto: le “bolle” degli investimenti a rischio girati e rigirati erano scoppiate e al contempo nelle Nazioni l’economia e la finanza, stremate dal signoraggio monetario e dall’usura legalizzata, entravano in crisi costringendo i banksters a fare quello che non avevano mai fatto. Pensate forse che i banksters ritennero di limitare e rivedere le speculazioni, le imposizioni ricattatorie e lo strozzinaggio? Ma quando mai, anzi decuplicarono le imposizioni. Da sempre, infatti, il potere dell’Alta Finanza si era esercitato con discrezione, attraverso i politici e i partiti compiacenti, non a caso definiti i camerieri dei banchieri, e i banksters facevano un pò quello che hanno sempre fatto i Rothschild durante la loro rapace esistenza: essere i veri padroni di tutto, ma per interposta persona, non apparire mai direttamente e fare in modo che si parlasse di loro il meno possibile. Ora però la crisi finanziaria internazionale aveva determinato il rischio che qualche governo nazionale, sotto la pressante richiesta mondialista di devolvere tutto il bilancio statale al pagamento degli usurai, emanando misure lacrime e sangue, poteva tergiversare o non spingere, come preteso, la lama dei tagli fino all’osso del popolo. Tagli di ogni genere alle pensioni, tagli alla sanità, licenziamenti nel settore pubblico, limitazioni di spesa per tutte quelle necessità di cui uno Stato e i cittadini hanno bisogno. Niente, tutto deve essere devoluto per pagare il debito pubblico (una vera e propria invenzione dei banksters), per impinguare le casse del sistema bancario. Anzi occorreva anche introdurre una Legge, come è stato fatto, che rendesse obbligatorio per il bilancio dello Stato, tenere conto di questo famigerato debito pubblico obbligando il governo ad adeguarsi di conseguenza. Per far questo si imponeva però di mettere al governo i cosiddetti “tecnici”, tutti uomini usciti dal mondo bancari0 e finanziario, ma dovevano mantenersi per il tempo necessario e con il consenso dei partiti senza più diatribe, per esempio, tra un Prodi o un Berlusconi. I banksters erano costretti ad uscire allo scoperto. Potete ben immaginare quale era il compito assegnato ai “tecnici”, visto che questi soggetti, mai eletti da nessuno, a nessuno dovevano dar conto e quindi potevano emanare i provvedimenti più impensabili e restrittivi. Del resto ai politici tradizionali, ai cosiddetti partiti, come abbiamo detto, oramai ridotti ad aggregati di potere e centrali di corruzione, non gli pareva vero di lasciar fare il lavoro sporco ai “tecnici”, e non dover essere loro costretti a farlo. Da qui il sostegno bipartisan a questi governi diretta espressione dei banksters. Quello che hanno fatto in Grecia è sotto gli occhi di tutti, ma anche da noi non hanno scherzato e ancora hanno da fare, come per esempio ridurre gli stipendi e le pensioni anche direttamente e non solo indirettamente come hanno fatto fino ad oggi. Tanto per fare un altro esempio, il loro sogno, il sogno dei banksters, è quello che ogni cittadino, dalla culla alla bara, abbia la sua carta di credito e quella usi invece che il denaro contante. Un sogno che fa il paio con quello di obbligare tutti ad avere un conto in banca e che già negli anni passati costrinse coloro che esercitano una qualsiasi attività commerciale ad averne almeno uno. Il nostro Monti, ovviamente, appena messo al governo, provvide subito a costringere anziani e pensionati, spesso recalcitranti e diffidenti verso le banche (del resto i C/C sono ben lungi da essere gratuiti come si vuol far credere), a farsi il loro bel conto corrente bancario, mettendo un limite al prelievo in contanti delle loro pensioni. Ma questo per le banche era solo un palliativo L’ideale per loro è quello di costringere tutte le persone che acquistano o trattano un bene qualsiasi, un oggetto qualsiasi a pagarlo con la carta di credito. Che pacchia: un tempo lontanissimo le banche potevano emettere banconote in base alle riserve aure, poi questa proporzione fu lasciata cadere ed emettevano banconote eccedendo e di molto la copertura aurea, poi il sistema dei titoli e dei conti correnti prese sempre più a sostituire la carta moneta, ora si vorrebbe che questa scomparisse, in modo che tutto il giro di acquisti e vendite sarebbe regolato dalle carte di credito, da un clic del mouse, con grandi profitti per il mondo bancario e un evidente controllo su le spese del cliente. Per esaudire questi desiderata dei banksters, Monti ha però riscontrato alcune resistenze, causate dalle abitudini e dalla costituzione sociale della nostra economia, ma di certo non ci ha rinunciato, del resto proprio quello è uno dei compiti primari che gli è stato affidato. Non si dimentichi infatti che tutta l’economia una volta che sarà totalmente regolata dal sistema bancaria, amplierà a dismisura il potere dei banksters. Quindi verso questo obiettivo ci si arriverà gradualmente. Intanto è stato introdotto, a partire dal 1° gennaio 2014, per gli esercizi commerciali e non solo, l’obbligo di accettare carte di credito, per ogni pagamento eccedente i 50 euro. Capita la furbizia? Si comincia a preparare il terreno in modo che tutto sia predisposto, anche tecnicamente, per far poi scattare l’obbligo a tutti, acquirenti e venditori, di usare la carta di credito per ogni spesa oltre i 50 euro. L’obbligo vero e proprio, invece, quello che limita l’uso del contante solo sotto i 50 euro, è stato provvisoriamente rimandato a uno o più decreti del Ministero dello Sviluppo economico di concerto con il Ministero dell’Economia (meglio sarebbe stato chiamarli: Ministero dello Sviluppo economico delle Banche e Ministero dell’Economia bancaria). E’ così la carta di credito, marchingegno che dovendo comunque vivere in questa società dei consumi, poteva anche avere i suoi vantaggi, ma ovviamente come libera scelta del cittadino e non come imposizione e soprattutto se garantita da disposizioni di legge che ne limitano le speculazioni bancarie, di fatto, diverrà obbligatoria. Signori il gioco è fatto: cominciate a farvi almeno un paio di carte di credito, visto che una sola, per un qualsiasi motivo, potrebbe non bastare, e rassegnatevi ad essere sempre più avvolti nella ragnatela stesa su quasi tutto il pianeta dai banksters. Ma finchè c’è la fila, formatasi notte tempo, davanti ai negozi che vendono l’Ipod5, a chi gliene frega qualcosa? E poi c’è sempre qualche imbecille che ripete il mantra dei governi tecnici: sono provvedimenti atti a combattere il riciclaggio e le transazioni in nero. Beh, sapete che vi dico: che avendo la pistola puntata alla tempia, soppesando i pro e i contro, penso proprio che all’usura del signoraggio bancario, e preferibile quella del pizzo mafioso, e agli arricchimenti a dismisura delle banche, è preferibile che si arricchisca chi ricicla e tratta in nero. Senza dubbio. Ma fino a quando dovremo avere questa pistola puntata alla tempia? di Maurizio Barozzi

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11 ottobre 2012

Tutti con la carta di credito

Lo sapete? Entro pochissimi anni, si avvererà uno dei tanti sogni dei banksters: tutti dovremo avere la carta di credito per acquistare beni e oggetti che eccedono i 50 euro di spesa. Io non sono un esperto del sistema finanziario, né uno studioso di economia, ma certe considerazioni, per farle, basta un minimo di osservazione, esperienza e ragionamento. Del resto le “spiegazioni” dei tecnici mi interessano molto poco visto che so ben valutare da solo, il dare e avere che ne consegue. Vediamo: ripercorriamo questi ultimi anni, più o meno dalla Seconda Repubblica in avanti, dove passo dopo passo, ma con una pianificazione evidente, anche se poco percepibile dall’opinione pubblica, si portò avanti un progetto di adeguamento di tutta l’economia e la finanza del paese al sistema bancario nazionale e internazionale, favorendone i loro interessi. Iniziarono, guarda caso, i governi Amato e Ciampi (non sentite un tintinnio di squadre, finanza e compassi?), sostenuti indirettamente dalla sinistra post comunista, oramai liberal (quella che gira con La Repubblica in tasca) ad incentivare tutto quello che era possibile incentivare per adeguare l’economia e la società italiana al sistema bancario. Ma anche i governi di centro destra non furono da meno, indice di una subordinazione trasversale di tutti i politici alla City di Londra e a Wall Street. Ricordate quando, come fumo negli occhi, ci fu il “regalino” ai correntisti che i libretti di assegni non si sarebbero più pagati? Tutto non iniziò proprio da lì, ma noi possiamo benissimo prendere quell’avvenimento come punto di partenza. Ovviamente le banche in cambio dei foglietto di assegno gratuiti ebbero tanti e tali altri vantaggi da compensare ampiamente quei risibili costi, cosicchè i clienti in pochi anni si videro lievitare a dismisura le spese di tenuta del conto corrente, fino ad arrivare all’assurdo che un normale cliente che deposita una modesta somma in banca, ma poi neppure troppo modesta, a fine anno, tra costi di ogni natura e quel poco di interesse che ci prende, non compensa la spesa annua per questo suo deposito, mentre le banche, proprio con i soldi del cliente, moltiplicati per centinaia di migliaia di altri “castelletti” simili, li investe o li presta a sua volta con ben altre remunerazioni. Se non fosse tragico, ci sarebbe da ridere. E che ci fosse stato uno statista che intervenisse e mettesse un freno a questo sconcio, a questa rapina legalizza! Mai. Comunque sia, in quegli anni ‘90, in men che non si dica, si fece in modo di ridimensionare il valore del “mattone”, storico rifugio dei risparmiatori; i depositi bancari abbassarono a livelli irrisori l’interesse sui depositi; i libretti postali, altro storico rifugio di un popolo che è sempre stato amante del risparmio, dovettero adeguarsi per legge a quelli bancari; si tese a forzare l’indicizzazione delle rate dei mutui, e tante e altre disposizioni simili, furono introdotte, sotto traccia, nella nostra società: tutte gradite e utili alle banche. Tanto si sono impinguate e tanto potere anno eroso che non è un caso che oggi, ogni cento metri e spesso meno, trovate lussuosi sportelli bancari, a 5 o 6 porte, tutti blindati e super computerizzati, ma quasi privi di clienti: come è stato possibile? Non credete che un business e un motivo importante ci sia? Ma torniamo a quegli anni ’90 dove, nel frattempo il mercato azionario, da sempre visto con diffidenza dal nostro popolo, venne sponsrizzato alla grande e gli italiani che avevano qualche risparmio, di fronte ad un “mattone” che non dava più rendite e sicurezza e i conti correnti a risparmio che rendevano poco e nulla, si trovarono quasi costretti ad investire in titoli azionari. Anche le liberalizzazioni che nel frattempo spogliavano il paese di ogni sua risorsa, regalandola ai privati e alle banche d’affari internazionali, offrivano la possibilità di ampliare a dismisura gli investimenti in titoli azionari da parte dei cittadini. E tutti furono invogliati verso promettenti “offerte pubbliche” e la mecca della Borsa, con la messa in vendita di Azioni di importanti e conosciutissime aziende o imprese. Tutta una economia “virtuale” esplose alla grande, con immensa gioia di finanzieri e speculatori e amari pianti di chi, entro pochi anni, vide tutti i suoi risparmi e liquidazioni di anni di lavoro, svanire nel nulla: per dieci che ci guadagnavano, centro andavano sul lastrico. A simbolo di una nuova Era la figura del promotore finanziario prese decisamente quota, furono istituiti apposti albi e corsi, e i cittadini dovettero sorbirsi, pur se non richiesto, anche con telefonate a casa, “consigli” interessati per invogliarli investire il loro denaro. Al contempo, tutto il paese venne progressivamente invaso da proposte di accedere a prestiti, di acquistare beni di consumo con la formula del finanziamento facile: compri oggi e paghi in comode rate, iniziando tra sei mesi; le carte di credito vennero elargite con disinvoltura. Le cassette delle poste si riempirono di reclame per accedere ad un prestito, ad un finanziamento o per fare una carta di credito. Se anni prima, per ottenere un prestito, occorreva non essere protestati e poter dare garanzie, ora non c’erano più problemi: bastava una busta paga, ma poi, sarebbe anche bastato avere un conto in banca. Tra sub prime e ricollocazione di investimenti e prestiti a forte rischio, il mondo finanziario sapeva bene come far fruttare anche il giro di denaro virtuale, senza rimetterci. Neppure un mago ci sarebbe riuscito. L’obiettivo era chiaro: gli storici risparmi degli italiani facevano gola ai banksters e le speculazioni, in uno Stato che nulla provvedeva, ne legiferava, per proteggere i cittadini da questi avvoltoi, non avevano più freni. Da allora se ne è fatta di strada, del resto la Seconda Repubblica era nata proprio con questi presupposti: trasformare i partiti in aggregati di potere, puro e semplice, spogliandoli di ogni orpello ideologico e di rappresentativa sociale, adeguare il più possibile le Istituzioni al sistema anglosassone, il più idoneo a garantire il potere a lobby e consorterie. E quando parliamo di Lobby e Consorterie, quelle di genere finanziario sono le più importanti. Il resto lo conosciamo: i grandi Organismi mondialisti: dalla Banca Mondiale, al FMI, alla BCE, vigilavano, ricattavano e obbligavano i governi a sottomettersi all’usura da loro stessi messa in atto, a prendere “prestiti” per la nazione, fatti passare come aiuti, costringendo questi governi a distogliere ingenti risorse finanziarie per pagare i debiti contratti con questi malfattori. Il debito pubblico, tra signoraggio monetario, usura bancaria e imposizioni mondialiste non sarebbe mai più stato possibile azzerarlo, anzi non poteva che lievitare progressivamente determinando un cappio attorno al collo dei popoli, irreversibile. In ogni caso, intorno al 2007, l’economia virtuale crollò miseramente e non è peregrino ritenere che il “botto” venne anche “aiutato” a determinarsi per oscure manovre messe in atto dalla stessa Alta Finanza internazionale, anche se qualche banca ci rimetteva le penne. Quando si parla di Alta Finanza internazionale, infatti, seppur ci si riferisce ad una miriade di banche, credito, assicurazioni, ecc., in realtà il vero potere è concentrato in pochissime storiche famiglie che fanno e disfanno tutto il sistema a loro tornaconto speculativo e di potere. Il potere dei banksters comunque era così forte che subito Presidenti e Governi, quelli della stessa America compresi, hanno varato provvedimenti di “salvataggio delle banche”, devolvendo enormi capitali pubblici verso il mondo bancario, proprio quello che aveva determinato la crisi. E il popolo? Cornuto e mazziato! Comunque sia il “giocattolo” si era rotto: le “bolle” degli investimenti a rischio girati e rigirati erano scoppiate e al contempo nelle Nazioni l’economia e la finanza, stremate dal signoraggio monetario e dall’usura legalizzata, entravano in crisi costringendo i banksters a fare quello che non avevano mai fatto. Pensate forse che i banksters ritennero di limitare e rivedere le speculazioni, le imposizioni ricattatorie e lo strozzinaggio? Ma quando mai, anzi decuplicarono le imposizioni. Da sempre, infatti, il potere dell’Alta Finanza si era esercitato con discrezione, attraverso i politici e i partiti compiacenti, non a caso definiti i camerieri dei banchieri, e i banksters facevano un pò quello che hanno sempre fatto i Rothschild durante la loro rapace esistenza: essere i veri padroni di tutto, ma per interposta persona, non apparire mai direttamente e fare in modo che si parlasse di loro il meno possibile. Ora però la crisi finanziaria internazionale aveva determinato il rischio che qualche governo nazionale, sotto la pressante richiesta mondialista di devolvere tutto il bilancio statale al pagamento degli usurai, emanando misure lacrime e sangue, poteva tergiversare o non spingere, come preteso, la lama dei tagli fino all’osso del popolo. Tagli di ogni genere alle pensioni, tagli alla sanità, licenziamenti nel settore pubblico, limitazioni di spesa per tutte quelle necessità di cui uno Stato e i cittadini hanno bisogno. Niente, tutto deve essere devoluto per pagare il debito pubblico (una vera e propria invenzione dei banksters), per impinguare le casse del sistema bancario. Anzi occorreva anche introdurre una Legge, come è stato fatto, che rendesse obbligatorio per il bilancio dello Stato, tenere conto di questo famigerato debito pubblico obbligando il governo ad adeguarsi di conseguenza. Per far questo si imponeva però di mettere al governo i cosiddetti “tecnici”, tutti uomini usciti dal mondo bancari0 e finanziario, ma dovevano mantenersi per il tempo necessario e con il consenso dei partiti senza più diatribe, per esempio, tra un Prodi o un Berlusconi. I banksters erano costretti ad uscire allo scoperto. Potete ben immaginare quale era il compito assegnato ai “tecnici”, visto che questi soggetti, mai eletti da nessuno, a nessuno dovevano dar conto e quindi potevano emanare i provvedimenti più impensabili e restrittivi. Del resto ai politici tradizionali, ai cosiddetti partiti, come abbiamo detto, oramai ridotti ad aggregati di potere e centrali di corruzione, non gli pareva vero di lasciar fare il lavoro sporco ai “tecnici”, e non dover essere loro costretti a farlo. Da qui il sostegno bipartisan a questi governi diretta espressione dei banksters. Quello che hanno fatto in Grecia è sotto gli occhi di tutti, ma anche da noi non hanno scherzato e ancora hanno da fare, come per esempio ridurre gli stipendi e le pensioni anche direttamente e non solo indirettamente come hanno fatto fino ad oggi. Tanto per fare un altro esempio, il loro sogno, il sogno dei banksters, è quello che ogni cittadino, dalla culla alla bara, abbia la sua carta di credito e quella usi invece che il denaro contante. Un sogno che fa il paio con quello di obbligare tutti ad avere un conto in banca e che già negli anni passati costrinse coloro che esercitano una qualsiasi attività commerciale ad averne almeno uno. Il nostro Monti, ovviamente, appena messo al governo, provvide subito a costringere anziani e pensionati, spesso recalcitranti e diffidenti verso le banche (del resto i C/C sono ben lungi da essere gratuiti come si vuol far credere), a farsi il loro bel conto corrente bancario, mettendo un limite al prelievo in contanti delle loro pensioni. Ma questo per le banche era solo un palliativo L’ideale per loro è quello di costringere tutte le persone che acquistano o trattano un bene qualsiasi, un oggetto qualsiasi a pagarlo con la carta di credito. Che pacchia: un tempo lontanissimo le banche potevano emettere banconote in base alle riserve aure, poi questa proporzione fu lasciata cadere ed emettevano banconote eccedendo e di molto la copertura aurea, poi il sistema dei titoli e dei conti correnti prese sempre più a sostituire la carta moneta, ora si vorrebbe che questa scomparisse, in modo che tutto il giro di acquisti e vendite sarebbe regolato dalle carte di credito, da un clic del mouse, con grandi profitti per il mondo bancario e un evidente controllo su le spese del cliente. Per esaudire questi desiderata dei banksters, Monti ha però riscontrato alcune resistenze, causate dalle abitudini e dalla costituzione sociale della nostra economia, ma di certo non ci ha rinunciato, del resto proprio quello è uno dei compiti primari che gli è stato affidato. Non si dimentichi infatti che tutta l’economia una volta che sarà totalmente regolata dal sistema bancaria, amplierà a dismisura il potere dei banksters. Quindi verso questo obiettivo ci si arriverà gradualmente. Intanto è stato introdotto, a partire dal 1° gennaio 2014, per gli esercizi commerciali e non solo, l’obbligo di accettare carte di credito, per ogni pagamento eccedente i 50 euro. Capita la furbizia? Si comincia a preparare il terreno in modo che tutto sia predisposto, anche tecnicamente, per far poi scattare l’obbligo a tutti, acquirenti e venditori, di usare la carta di credito per ogni spesa oltre i 50 euro. L’obbligo vero e proprio, invece, quello che limita l’uso del contante solo sotto i 50 euro, è stato provvisoriamente rimandato a uno o più decreti del Ministero dello Sviluppo economico di concerto con il Ministero dell’Economia (meglio sarebbe stato chiamarli: Ministero dello Sviluppo economico delle Banche e Ministero dell’Economia bancaria). E’ così la carta di credito, marchingegno che dovendo comunque vivere in questa società dei consumi, poteva anche avere i suoi vantaggi, ma ovviamente come libera scelta del cittadino e non come imposizione e soprattutto se garantita da disposizioni di legge che ne limitano le speculazioni bancarie, di fatto, diverrà obbligatoria. Signori il gioco è fatto: cominciate a farvi almeno un paio di carte di credito, visto che una sola, per un qualsiasi motivo, potrebbe non bastare, e rassegnatevi ad essere sempre più avvolti nella ragnatela stesa su quasi tutto il pianeta dai banksters. Ma finchè c’è la fila, formatasi notte tempo, davanti ai negozi che vendono l’Ipod5, a chi gliene frega qualcosa? E poi c’è sempre qualche imbecille che ripete il mantra dei governi tecnici: sono provvedimenti atti a combattere il riciclaggio e le transazioni in nero. Beh, sapete che vi dico: che avendo la pistola puntata alla tempia, soppesando i pro e i contro, penso proprio che all’usura del signoraggio bancario, e preferibile quella del pizzo mafioso, e agli arricchimenti a dismisura delle banche, è preferibile che si arricchisca chi ricicla e tratta in nero. Senza dubbio. Ma fino a quando dovremo avere questa pistola puntata alla tempia? di Maurizio Barozzi

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