17 giugno 2007
Elettricità senza fili: Tesla docet
Questa volta un gruppo di ricercatori del Mit sembra proprio aver fatto il colpo grosso. Non solo, e non tanto, per aver pubblicamente mostrato, venerdì scorso, la trasmissione di energia elettrica senza fili tra due bobine in rame alla distanza di due metri. Quanto, e soprattutto, per la dimostrazione sperimentale della teoria sottostante, semplice e in accordo con tutte le leggi della fisica. E inspiegabilmente mai indagata da decenni.
Il segreto della lampadina da 60 watt accesa dalla bobina ricevente nel laboratorio del Mit sta infatti in una sola parola: risonanza. Un fenomeno antico come il mondo, in cui due corpi, vibranti alla stessa frequenza, stabiliscono tra sè condizioni ottimali per un rapido e massiccio trasferimento di energia. Esempio classico è il tavolo pieno di bicchieri di cristallo con vino a diversi livelli, ciascuno emette un suono diverso se toccato da un cucchiaio. E se nella stanza un cantante emette la nota giusta uno solo di loro esplode. Perché, in risonanza su quella frequenza, si carica energia acustica emessa dalla voce, fino a provocare la rottura. Ma questo fenomeno può valere non solo nell'acustica, ma altresì nella meccanica e nell'elettromagnetismo.
Questa l'intuizione di Marin Soljacic, il fisico del Mit che per primo ha puntato sulla risonanza magnetica come chiave per la trasmissione di energia. In pratica due bobine in rame magneticamente sincronizzate su 10 megahertz che fondono i propri campi magnetici nei due metri che le separano, e, tramite queste fanno passare "code" di energia, pari al 40% di quella emessa da una delle due bobine. Risultato: abbastanza in ricezione per illuminare la lampada da 60 watt. Ovvero: corrente sufficiente anche per ricaricare la batteria di un notebook.
Il tutto con una soluzione non pericolosa. Il campo magnetico accoppiato non è nocivo per gli esseri umani, nè le correnti, a bassa frequenza, avvertibili o dannose. In realtà, spiegano i ricercatori, le bobine risonanti creano un campo magnetico non irradiante attorno a sè, che tende a contenere l'energia non scambiata con l'altro magnete, senza disperderla nell'ambiente (come invece fanno le antenne dei telefonini). In questo modo un qualsiasi dispositivo elettrico del futuro dotato di un'antenna risonante calibrata sul punto di emissione "succhierà" l'energia necessaria, senza per questo saturare l'ambiente di cariche statiche.
Finora infatti alcuni tentativi di trasmissione elettrica senza fili si valevano di emissioni elettromagnetiche "libere", catturate da speciali (e complicatissimi) chip di "raccolta" di queste frequenze disordinate, spesso di rimbalzo dai muri della stanza. Il campo risonante del Mit, invece, fa da ponte all'energia anche in presenza di ostacoli metallici, o di persone tra le due bobine. Una scoperta semplice e fondamentale, insomma, con un'applicabilità pratica estremamente promettente. Al punto che il team bostoniano ha subito coniato per lei il termine WiTricity (wireless electricity). Candidato a un luminosa carriera.
Caravita
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17 giugno 2007
Elettricità senza fili: Tesla docet
Questa volta un gruppo di ricercatori del Mit sembra proprio aver fatto il colpo grosso. Non solo, e non tanto, per aver pubblicamente mostrato, venerdì scorso, la trasmissione di energia elettrica senza fili tra due bobine in rame alla distanza di due metri. Quanto, e soprattutto, per la dimostrazione sperimentale della teoria sottostante, semplice e in accordo con tutte le leggi della fisica. E inspiegabilmente mai indagata da decenni.
Il segreto della lampadina da 60 watt accesa dalla bobina ricevente nel laboratorio del Mit sta infatti in una sola parola: risonanza. Un fenomeno antico come il mondo, in cui due corpi, vibranti alla stessa frequenza, stabiliscono tra sè condizioni ottimali per un rapido e massiccio trasferimento di energia. Esempio classico è il tavolo pieno di bicchieri di cristallo con vino a diversi livelli, ciascuno emette un suono diverso se toccato da un cucchiaio. E se nella stanza un cantante emette la nota giusta uno solo di loro esplode. Perché, in risonanza su quella frequenza, si carica energia acustica emessa dalla voce, fino a provocare la rottura. Ma questo fenomeno può valere non solo nell'acustica, ma altresì nella meccanica e nell'elettromagnetismo.
Questa l'intuizione di Marin Soljacic, il fisico del Mit che per primo ha puntato sulla risonanza magnetica come chiave per la trasmissione di energia. In pratica due bobine in rame magneticamente sincronizzate su 10 megahertz che fondono i propri campi magnetici nei due metri che le separano, e, tramite queste fanno passare "code" di energia, pari al 40% di quella emessa da una delle due bobine. Risultato: abbastanza in ricezione per illuminare la lampada da 60 watt. Ovvero: corrente sufficiente anche per ricaricare la batteria di un notebook.
Il tutto con una soluzione non pericolosa. Il campo magnetico accoppiato non è nocivo per gli esseri umani, nè le correnti, a bassa frequenza, avvertibili o dannose. In realtà, spiegano i ricercatori, le bobine risonanti creano un campo magnetico non irradiante attorno a sè, che tende a contenere l'energia non scambiata con l'altro magnete, senza disperderla nell'ambiente (come invece fanno le antenne dei telefonini). In questo modo un qualsiasi dispositivo elettrico del futuro dotato di un'antenna risonante calibrata sul punto di emissione "succhierà" l'energia necessaria, senza per questo saturare l'ambiente di cariche statiche.
Finora infatti alcuni tentativi di trasmissione elettrica senza fili si valevano di emissioni elettromagnetiche "libere", catturate da speciali (e complicatissimi) chip di "raccolta" di queste frequenze disordinate, spesso di rimbalzo dai muri della stanza. Il campo risonante del Mit, invece, fa da ponte all'energia anche in presenza di ostacoli metallici, o di persone tra le due bobine. Una scoperta semplice e fondamentale, insomma, con un'applicabilità pratica estremamente promettente. Al punto che il team bostoniano ha subito coniato per lei il termine WiTricity (wireless electricity). Candidato a un luminosa carriera.
Caravita
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