28 aprile 2013

Fino a quale abiezione umana può condurre la “politica”?







A volte basta un filmato di pochi minuti per prendere atto di qualcosa che si agita nella propria coscienza e che vuole uscire prepotentemente per gridare: “così non si può andare avanti”, “basta!”, “non se ne può più!”.
È quello che ho percepito nitidamente mentre osservavo le scene, dal Cairo, degli scontri di piazza tra opposte fazioni politiche e che invito a guardare per comprendere bene quello che vado a scrivere:http://english.ahram.org.eg/NewsContentMulti/69657/Multimedia.aspx
Partiamo dall’ambientazione: un posto orrendo, pieno di asfalto e cemento, di cavalcavia, di palazzoni, di lavori in corso e di polvere, di automobili strombazzanti che rendono l’aria irrespirabile.
In questa fantastica “location” ha luogo la battaglia di strada tra sostenitori di due diversi schieramenti politici egiziani.
Ma al di là delle fazioni sul campo, chi c’è, umanamente parlando, sopra e sotto la sopraelevata? Un’accozzaglia di facinorosi, molto probabilmente nullafacenti, oppure prezzolati (il che è lo stesso), fanatizzati dalla “politica” e dalle “passioni” che essa è in grado di smuovere ad un punto tale dal lanciarsi pietre in testa e, peggio ancora, spararsi alla rinfusa, nel mucchio, e se poi ci scappa il morto tanto meglio.
Queste scene le abbiamo già viste chissà quante volte, soprattutto da quando c’è internet, ma questa volta mi va di dire qualcosa al riguardo. Perché guai ad “abituarsi” a questa follia.
Cosa girerà nella testa di uno che, parandosi malamente con un sacchetto, spara all’indirizzo degli avversari politici della sua stessanazione? Per prima cosa che l’avversario è come un insetto nocivo, da eliminare senza pietà.
Questa è la “politica” intesa modernamente, che ci piaccia o no.
Quella che ci fa identificare completamente con le “proprie idee”, che ci fa ritenere – solo noi, ovviamente – dalla parte della Ragione, del Giusto, del Bene.
E se uno incarna tutte queste elevate e nobili qualità, l’altro non può che rappresentare il Torto, lo Sbagliato, il Male.
Da lì alla volontà di spaccare la testa al prossimo o sparargli direttamente un colpo, il passo è molto più breve di quanto si pensi. Non parliamo poi se “il nemico” mi finisce tra le mani…
Ora, quando uno che la vede in questo modo si associa ad altri suoi sodali, scontrandosi con una moltitudine eguale e contraria, la frittata è assicurata.
Entrambe le fazioni – su questo non c’è dubbio – ritengono di essere dalla parte delle suddette istanze positive, ed i loro componenti non sono rosi dal benché minimo turbamento al riguardo.
Altrimenti uno non può linciare un essere umano in quel modo. Non so voi, ma a me fa una particolare impressione vedere chi infierisce vigliaccamente, di straforo, su uno che ha già preso un sacco di botte ed è di fatto alla mercé di tutti. Ma come si fa a dare un calcio in testa ad un moribondo? A colpirlo con un bastone mentre si trova più di là che di qua?
Ma non gli fa un minimo di pietà un loro simile che praticamente sta chiedendo “smettete, per favore, non ce la faccio più”?
Il problema è che non lo considerano un loro “simile” ma come un appartenente ad un’altra specie.
Misteri della “politica” moderna, che da quando con la “democrazia” (declinata in vari modi in tutto il mondo) ha persuaso che “il popolo” abbia il diritto di decidere chi, come e quanto debba governare, in base ai suoi schiribizzi, non può che produrre fenomeni aberranti, “di massa”, che vanno dalle manifestazioni di piazza (comprese quelle “pacifiche”, che contengono in sé i germi della degenerazione) ai tafferugli senza esclusione di colpi.
E non si creda che il contesto non abbia a che vedere con tutto ciò. Troppa gente in poco spazio, un rumore di fondo che logorerebbe i nervi anche a un santo, brutture visive ad ogni angolo, senza possibilità di scampo. Nessuno spazio per la bellezza.
Lo credo bene che questa gente è nervosa e scarica tutta la sua esasperazione nella “politica”. Credono forse che se al potere andrà il loro preferito, la città diventerà finalmente “a misura d’uomo”? Che la loro vita migliorerà come per incanto?
No, sarà esattamente come “lo schifo” di prima.
O magari “bella” come prima, solo che essendosi fissati con la “politica” - talmente pervasiva dal generare persino “partiti islamici” quando l’Islam non è riducibile a quello - s’illudono sui “miracoli” che quella può offrire. E finiscono così per ritrovarsi a dire: “Si stava meglio quando si stava peggio”.
Con questo, beninteso, non intendo dire che ogni governante equivale all’altro. Esistono governanti più giusti o più iniqui di altri. Ma il metro con cui misurarli non possono essere le nostre rispettive, soggettive preferenze di fazione dettate da un egoismo di categoria, di appartenenza sociale eccetera.
Un governante retto e probo lo si misura solo in base a quanto si attiene al “timor di Dio”. Non c’è altro da aggiungere: a buon intenditor poche parole.
In questi paesi della “Primavera araba”, invece, turbe stravolte inseguono i loro particolarissimi sogni (o incubi) da quando sono cominciate. Se ne vedono di tutti i colori: da chi s’è fissato con lo “Stato islamico” senza esser guidato da un autentico “musulmano” (“sottomesso” al volere divino), quasi che si trattasse di una questione di “ingegneria istituzionale”, a chi è spuntato dalla ‘fogna’ in cui era provvidenzialmente tenuto per esigere ogni tipo di “libertà”, anche la più assurda e nociva.
Nessuno, dal Maghreb al Levante islamico, che prendesse il più “timorato di Dio” e lo mettesse alla guida della sua comunità. Peccato, specialmente per chi inalbera la bandiera dell’Islam, perché in questo caso ha una responsabilità maggiore rispetto ad altri.
Ma non si pensi che questo discorso valga solo per gli egiziani o “gli arabi” in genere. Vale anche per noi che ci consideriamo tanto più “civili”. Guai ad illudersi che se la situazione sociale ed economica dovesse ulteriormente degradarsi i “bravi italiani” mai e poi mai sarebbero capaci di giungere a tanto.
No, l’uomo è una belva feroce dappertutto, senza un briciolo di compassione verso qualsiasi altro essere che non sia il suo effimero e mendace “io”. Eppure una possibilità gli è stata data, e la contiene dentro di sé, come uno di quei tesori nascosti che nessuno, prima di scoprirlo, sapeva dove fosse.
Invero creammo l’uomo nella forma migliore. Quindi lo riducemmo all’infimo grado dell’abiezione” (Corano, sura 95: vv. 4-5).
Ecco, forse mai come oggi, per non finire così in basso, l’uomo deve stare lontano da una “politica” che sembra preparata apposta, fin nelle sue premesse “filosofiche”, per precipitarlo in quel baratro dal quale, solo ristabilendo la sua gerarchia interiore - di cui quella esteriore, “politica”, è immagine ed applicazione alle cose del “mondo” - può sperare di risalire, salvando se stesso e, di riflesso, l’intero genere umano.
C’è un passaggio coranico che si ricorda spesso, il quale recita che “chi uccide un uomo è come se uccidesse l’umanità intera”. Allo stesso modo, chi perviene alla stazione dell’Islam, della “sottomissione”, al grado in cui tra uomo e Dio vi è reciproco compiacimento, quello della Realtà Suprema, è come se “salvasse” tutti gli uomini.
I quali, nella loro cecità, insistono nel vedere problemi “politici” dappertutto, cercandone la soluzione nella “politica” stessa, cioè nelle loro fantasie, quando basterebbe solo mettersi al servizio e agli ordini di chi, solo, ha i titoli ed il carisma per guidare una comunità.
di Enrico Galoppini 

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28 aprile 2013

Fino a quale abiezione umana può condurre la “politica”?







A volte basta un filmato di pochi minuti per prendere atto di qualcosa che si agita nella propria coscienza e che vuole uscire prepotentemente per gridare: “così non si può andare avanti”, “basta!”, “non se ne può più!”.
È quello che ho percepito nitidamente mentre osservavo le scene, dal Cairo, degli scontri di piazza tra opposte fazioni politiche e che invito a guardare per comprendere bene quello che vado a scrivere:http://english.ahram.org.eg/NewsContentMulti/69657/Multimedia.aspx
Partiamo dall’ambientazione: un posto orrendo, pieno di asfalto e cemento, di cavalcavia, di palazzoni, di lavori in corso e di polvere, di automobili strombazzanti che rendono l’aria irrespirabile.
In questa fantastica “location” ha luogo la battaglia di strada tra sostenitori di due diversi schieramenti politici egiziani.
Ma al di là delle fazioni sul campo, chi c’è, umanamente parlando, sopra e sotto la sopraelevata? Un’accozzaglia di facinorosi, molto probabilmente nullafacenti, oppure prezzolati (il che è lo stesso), fanatizzati dalla “politica” e dalle “passioni” che essa è in grado di smuovere ad un punto tale dal lanciarsi pietre in testa e, peggio ancora, spararsi alla rinfusa, nel mucchio, e se poi ci scappa il morto tanto meglio.
Queste scene le abbiamo già viste chissà quante volte, soprattutto da quando c’è internet, ma questa volta mi va di dire qualcosa al riguardo. Perché guai ad “abituarsi” a questa follia.
Cosa girerà nella testa di uno che, parandosi malamente con un sacchetto, spara all’indirizzo degli avversari politici della sua stessanazione? Per prima cosa che l’avversario è come un insetto nocivo, da eliminare senza pietà.
Questa è la “politica” intesa modernamente, che ci piaccia o no.
Quella che ci fa identificare completamente con le “proprie idee”, che ci fa ritenere – solo noi, ovviamente – dalla parte della Ragione, del Giusto, del Bene.
E se uno incarna tutte queste elevate e nobili qualità, l’altro non può che rappresentare il Torto, lo Sbagliato, il Male.
Da lì alla volontà di spaccare la testa al prossimo o sparargli direttamente un colpo, il passo è molto più breve di quanto si pensi. Non parliamo poi se “il nemico” mi finisce tra le mani…
Ora, quando uno che la vede in questo modo si associa ad altri suoi sodali, scontrandosi con una moltitudine eguale e contraria, la frittata è assicurata.
Entrambe le fazioni – su questo non c’è dubbio – ritengono di essere dalla parte delle suddette istanze positive, ed i loro componenti non sono rosi dal benché minimo turbamento al riguardo.
Altrimenti uno non può linciare un essere umano in quel modo. Non so voi, ma a me fa una particolare impressione vedere chi infierisce vigliaccamente, di straforo, su uno che ha già preso un sacco di botte ed è di fatto alla mercé di tutti. Ma come si fa a dare un calcio in testa ad un moribondo? A colpirlo con un bastone mentre si trova più di là che di qua?
Ma non gli fa un minimo di pietà un loro simile che praticamente sta chiedendo “smettete, per favore, non ce la faccio più”?
Il problema è che non lo considerano un loro “simile” ma come un appartenente ad un’altra specie.
Misteri della “politica” moderna, che da quando con la “democrazia” (declinata in vari modi in tutto il mondo) ha persuaso che “il popolo” abbia il diritto di decidere chi, come e quanto debba governare, in base ai suoi schiribizzi, non può che produrre fenomeni aberranti, “di massa”, che vanno dalle manifestazioni di piazza (comprese quelle “pacifiche”, che contengono in sé i germi della degenerazione) ai tafferugli senza esclusione di colpi.
E non si creda che il contesto non abbia a che vedere con tutto ciò. Troppa gente in poco spazio, un rumore di fondo che logorerebbe i nervi anche a un santo, brutture visive ad ogni angolo, senza possibilità di scampo. Nessuno spazio per la bellezza.
Lo credo bene che questa gente è nervosa e scarica tutta la sua esasperazione nella “politica”. Credono forse che se al potere andrà il loro preferito, la città diventerà finalmente “a misura d’uomo”? Che la loro vita migliorerà come per incanto?
No, sarà esattamente come “lo schifo” di prima.
O magari “bella” come prima, solo che essendosi fissati con la “politica” - talmente pervasiva dal generare persino “partiti islamici” quando l’Islam non è riducibile a quello - s’illudono sui “miracoli” che quella può offrire. E finiscono così per ritrovarsi a dire: “Si stava meglio quando si stava peggio”.
Con questo, beninteso, non intendo dire che ogni governante equivale all’altro. Esistono governanti più giusti o più iniqui di altri. Ma il metro con cui misurarli non possono essere le nostre rispettive, soggettive preferenze di fazione dettate da un egoismo di categoria, di appartenenza sociale eccetera.
Un governante retto e probo lo si misura solo in base a quanto si attiene al “timor di Dio”. Non c’è altro da aggiungere: a buon intenditor poche parole.
In questi paesi della “Primavera araba”, invece, turbe stravolte inseguono i loro particolarissimi sogni (o incubi) da quando sono cominciate. Se ne vedono di tutti i colori: da chi s’è fissato con lo “Stato islamico” senza esser guidato da un autentico “musulmano” (“sottomesso” al volere divino), quasi che si trattasse di una questione di “ingegneria istituzionale”, a chi è spuntato dalla ‘fogna’ in cui era provvidenzialmente tenuto per esigere ogni tipo di “libertà”, anche la più assurda e nociva.
Nessuno, dal Maghreb al Levante islamico, che prendesse il più “timorato di Dio” e lo mettesse alla guida della sua comunità. Peccato, specialmente per chi inalbera la bandiera dell’Islam, perché in questo caso ha una responsabilità maggiore rispetto ad altri.
Ma non si pensi che questo discorso valga solo per gli egiziani o “gli arabi” in genere. Vale anche per noi che ci consideriamo tanto più “civili”. Guai ad illudersi che se la situazione sociale ed economica dovesse ulteriormente degradarsi i “bravi italiani” mai e poi mai sarebbero capaci di giungere a tanto.
No, l’uomo è una belva feroce dappertutto, senza un briciolo di compassione verso qualsiasi altro essere che non sia il suo effimero e mendace “io”. Eppure una possibilità gli è stata data, e la contiene dentro di sé, come uno di quei tesori nascosti che nessuno, prima di scoprirlo, sapeva dove fosse.
Invero creammo l’uomo nella forma migliore. Quindi lo riducemmo all’infimo grado dell’abiezione” (Corano, sura 95: vv. 4-5).
Ecco, forse mai come oggi, per non finire così in basso, l’uomo deve stare lontano da una “politica” che sembra preparata apposta, fin nelle sue premesse “filosofiche”, per precipitarlo in quel baratro dal quale, solo ristabilendo la sua gerarchia interiore - di cui quella esteriore, “politica”, è immagine ed applicazione alle cose del “mondo” - può sperare di risalire, salvando se stesso e, di riflesso, l’intero genere umano.
C’è un passaggio coranico che si ricorda spesso, il quale recita che “chi uccide un uomo è come se uccidesse l’umanità intera”. Allo stesso modo, chi perviene alla stazione dell’Islam, della “sottomissione”, al grado in cui tra uomo e Dio vi è reciproco compiacimento, quello della Realtà Suprema, è come se “salvasse” tutti gli uomini.
I quali, nella loro cecità, insistono nel vedere problemi “politici” dappertutto, cercandone la soluzione nella “politica” stessa, cioè nelle loro fantasie, quando basterebbe solo mettersi al servizio e agli ordini di chi, solo, ha i titoli ed il carisma per guidare una comunità.
di Enrico Galoppini 

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