09 aprile 2013

L'ex ministro Paolo Savona chiede che l'Italia esca dall'euro



Paolo SavonaPaolo Savona, ex ministro e presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, ha proposto che l'Italia si liberi del “cappio europeo che si va stringendo al collo”, considerando la convenienza di uscire dall'Euro o dall'Unione. Si tratta della prima figura autorevole, rappresentativa di una parte dell'establishment politico-economico, a rompere il tabù imposto negli ultimi vent'anni, e a mettere in discussione una scelta che per l'Italia si sta rivelando sempre più disastrosa.
In una lettera al direttore de Il Foglio, Savona ha scritto il 10 novembre che entrando nell'Euro fin dalla sua nascita, l'Italia ha accettato “il vincolo esterno nella promessa di un futuro migliore che non si è realizzato; anzi stringe la corda attorno al collo che si è volontariamente posta”.
Ben presto si è capito che una moneta senza governo non avrebbe funzionato; data l'impossibilità di governare la moneta con un organismo politico, fu introdotta una “governance delle regole”, e cioè i parametri di Maastricht e il Patto di Stabilità. Però, il meccanismo è fallito e ora si cerca di riformarlo senza passare per i Parlamenti, come prevede il Trattato, e farlo approvare direttamente dai capi di stato. “Dal governo delle regole si passa al governo del loro aggiramento. L'Italia si troverà di fronte a uno di quei momenti storici che richiedono una scelta importante (…)”
“Anche se si fa finta che il problema non esista, il cappio europeo si va stringendo attorno al collo dell'Italia. È giunto il momento di comprendere che cosa stia effettivamente succedendo nella revisione del Trattato di cui si parla e nella realtà delle cose europee, prendendo le necessarie decisioni; compresa quella di esaminare l'opportunità di restare o meno nell'Unione o nella sola euro area, come ha fatto e fa il Regno Unito gestendo autonomamente tassi di interesse, creazione monetaria e rapporti di cambio. Se l'Italia decidesse di seguire il Regno Unito – ma questa scelta va seriamente studiata – essa attraverserebbe certamente una gravi crisi di adattamento, con danni immediati ma effetti salutari, quelli che ci sono finora mancati: sostituirebbe infatti il poco dignitoso vincolo esterno con una diretta responsabilità di governo dei gruppi dirigenti. Si aprirebbe così la possibilità di sostituire a un sicuro declino un futuro migliore attraverso il re impossessamento della sovranità di esercitare scelte economiche autonome, comprese quelle riguardanti le alleanze globali”.
Mentre Savona ha auspicato un dibattito nazionale su questo tema, nessuno dei vari Giavazzi, Boeri ecc. ha avuto il coraggio di rispondere. Lo ha fatto Giorgio La Malfa, antico collega e amico di Savona, il quale ha scritto che “un Paese governato seriamente potrebbe scegliere la strada che oggi suggerisce Savona”. Ma teme che “il problema della partecipazione/esclusione dall’euro possa essere il detonatore della divisione del Paese fra una parte che si sente in condizioni di condividere le politiche della Germania e una parte che non è in condizioni di farlo”. Per cui, “non abbiamo alternative, oggi come oggi, alla partecipazione all’euro”.
L'argomento di La Malfa è in realtà stato confezionato da ambienti filo-separatisti come l'Economist e la Commissione EU di Barroso, ed è il contrario della realtà. L'Euro ha provocato un decennio di declino economico che ha aumentato il divario nord-sud; se cerchiamo un detonatore della spaccatura finale del paese va cercata proprio nella permanenza nell'Eurozona. La stretta deflazionistica che si preannuncia, blindata dalla riforma del Patto denunciata da Savona, non farà che esasperare il divario nord-sud e far crollare la capacità di sostenere gli squilibri nazionali.
Ironicamente, il vantaggio supremo dell'uscita dall'Euro non è affrontato nemmeno da Savona: si tratta del ripristino del credito pubblico sovrano, e quindi della capacità di finanziare investimenti su larga scala per garantire la ripresa.
Carriera istituzionale di Paolo Savona
Dopo la laurea inizia la sua carriera in Banca d'Italia vincendo il concorso per entrare al Servizio Studi. Qui collabora con i Governatori Donato Menichella e Guido Carli. Dirige insieme ad Antonio Fazio il gruppo di lavoro che crea il primo modello econometrico dell'economia italiana, M1BI. Trascorre un periodo di studio al MIT di Boston, dove conosce Franco Modigliani. Insieme a Michele Fratianni studia la creazione monetaria internazionale. Trascorre un periodo di specializzazione alla Federal Reserve.
Nel 1976 Guido Carli diventa Presidente di Confindustria e chiede a Savona di seguirlo come Direttore Generale [1], carica che manterrà fino al 1980.
Successivamente è Presidente del Credito Industriale Sardo, Segretario Generale per la Programmazione Economica al Ministero del Bilancio, Direttore Generale e poi Amministratore delegato della Banca Nazionale del Lavoro, quindi Presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, di Impregilo e di Gemina.
Ministro dell'Industria nel Governo Ciampi, è stato fino a maggio 2006 Capo del Dipartimento per le Politiche Comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri e Coordinatore del Comitato Tecnico per la Strategia di Lisbona, che ha redatto il Piano Italiano per la Crescita e l'Occupazione presentato alla Commissione Europea il 15 ottobre 2005.
            di  Edoardo Capuano 
Da Ottobre 2007 è presidente di Banca di Roma (Unicredit).

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09 aprile 2013

L'ex ministro Paolo Savona chiede che l'Italia esca dall'euro



Paolo SavonaPaolo Savona, ex ministro e presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, ha proposto che l'Italia si liberi del “cappio europeo che si va stringendo al collo”, considerando la convenienza di uscire dall'Euro o dall'Unione. Si tratta della prima figura autorevole, rappresentativa di una parte dell'establishment politico-economico, a rompere il tabù imposto negli ultimi vent'anni, e a mettere in discussione una scelta che per l'Italia si sta rivelando sempre più disastrosa.
In una lettera al direttore de Il Foglio, Savona ha scritto il 10 novembre che entrando nell'Euro fin dalla sua nascita, l'Italia ha accettato “il vincolo esterno nella promessa di un futuro migliore che non si è realizzato; anzi stringe la corda attorno al collo che si è volontariamente posta”.
Ben presto si è capito che una moneta senza governo non avrebbe funzionato; data l'impossibilità di governare la moneta con un organismo politico, fu introdotta una “governance delle regole”, e cioè i parametri di Maastricht e il Patto di Stabilità. Però, il meccanismo è fallito e ora si cerca di riformarlo senza passare per i Parlamenti, come prevede il Trattato, e farlo approvare direttamente dai capi di stato. “Dal governo delle regole si passa al governo del loro aggiramento. L'Italia si troverà di fronte a uno di quei momenti storici che richiedono una scelta importante (…)”
“Anche se si fa finta che il problema non esista, il cappio europeo si va stringendo attorno al collo dell'Italia. È giunto il momento di comprendere che cosa stia effettivamente succedendo nella revisione del Trattato di cui si parla e nella realtà delle cose europee, prendendo le necessarie decisioni; compresa quella di esaminare l'opportunità di restare o meno nell'Unione o nella sola euro area, come ha fatto e fa il Regno Unito gestendo autonomamente tassi di interesse, creazione monetaria e rapporti di cambio. Se l'Italia decidesse di seguire il Regno Unito – ma questa scelta va seriamente studiata – essa attraverserebbe certamente una gravi crisi di adattamento, con danni immediati ma effetti salutari, quelli che ci sono finora mancati: sostituirebbe infatti il poco dignitoso vincolo esterno con una diretta responsabilità di governo dei gruppi dirigenti. Si aprirebbe così la possibilità di sostituire a un sicuro declino un futuro migliore attraverso il re impossessamento della sovranità di esercitare scelte economiche autonome, comprese quelle riguardanti le alleanze globali”.
Mentre Savona ha auspicato un dibattito nazionale su questo tema, nessuno dei vari Giavazzi, Boeri ecc. ha avuto il coraggio di rispondere. Lo ha fatto Giorgio La Malfa, antico collega e amico di Savona, il quale ha scritto che “un Paese governato seriamente potrebbe scegliere la strada che oggi suggerisce Savona”. Ma teme che “il problema della partecipazione/esclusione dall’euro possa essere il detonatore della divisione del Paese fra una parte che si sente in condizioni di condividere le politiche della Germania e una parte che non è in condizioni di farlo”. Per cui, “non abbiamo alternative, oggi come oggi, alla partecipazione all’euro”.
L'argomento di La Malfa è in realtà stato confezionato da ambienti filo-separatisti come l'Economist e la Commissione EU di Barroso, ed è il contrario della realtà. L'Euro ha provocato un decennio di declino economico che ha aumentato il divario nord-sud; se cerchiamo un detonatore della spaccatura finale del paese va cercata proprio nella permanenza nell'Eurozona. La stretta deflazionistica che si preannuncia, blindata dalla riforma del Patto denunciata da Savona, non farà che esasperare il divario nord-sud e far crollare la capacità di sostenere gli squilibri nazionali.
Ironicamente, il vantaggio supremo dell'uscita dall'Euro non è affrontato nemmeno da Savona: si tratta del ripristino del credito pubblico sovrano, e quindi della capacità di finanziare investimenti su larga scala per garantire la ripresa.
Carriera istituzionale di Paolo Savona
Dopo la laurea inizia la sua carriera in Banca d'Italia vincendo il concorso per entrare al Servizio Studi. Qui collabora con i Governatori Donato Menichella e Guido Carli. Dirige insieme ad Antonio Fazio il gruppo di lavoro che crea il primo modello econometrico dell'economia italiana, M1BI. Trascorre un periodo di studio al MIT di Boston, dove conosce Franco Modigliani. Insieme a Michele Fratianni studia la creazione monetaria internazionale. Trascorre un periodo di specializzazione alla Federal Reserve.
Nel 1976 Guido Carli diventa Presidente di Confindustria e chiede a Savona di seguirlo come Direttore Generale [1], carica che manterrà fino al 1980.
Successivamente è Presidente del Credito Industriale Sardo, Segretario Generale per la Programmazione Economica al Ministero del Bilancio, Direttore Generale e poi Amministratore delegato della Banca Nazionale del Lavoro, quindi Presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, di Impregilo e di Gemina.
Ministro dell'Industria nel Governo Ciampi, è stato fino a maggio 2006 Capo del Dipartimento per le Politiche Comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri e Coordinatore del Comitato Tecnico per la Strategia di Lisbona, che ha redatto il Piano Italiano per la Crescita e l'Occupazione presentato alla Commissione Europea il 15 ottobre 2005.
            di  Edoardo Capuano 
Da Ottobre 2007 è presidente di Banca di Roma (Unicredit).

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