13 maggio 2009

Crimini di guerra: processo a Israele



















La Corte Suprema d’Israele ha formulato una serie di accuse ai comportamenti dei vertici militari nazionali durante l’operazione “Piombo Fuso”. All’indomani di elezioni che hanno spostato a destra il quadro politico dello stato ebraico e a fronte di un compatto consenso dell’opinione pubblica alla guerra lampo su Gaza, la tela del potere si squarcia ed apre le porte ad un sofisticato problema giuridico: Israele ha violato o meno le convenzioni internazionali al punto di poter configurare l’accusa di crimini di guerra? Mentre la diplomazia mondiale riparte dalla questione mediorientale con il duo Obama - Mitchell a capo e il presidente iraniano Ahmadjnejad dichiara di voler lavorare alla soluzione di “due popoli due stati”, una parte del paese non chiude gli occhi, anzi ha il coraggio di guardarsi alla specchio,rilanciando sul tema della devastazione di Gaza. Una quaestio giuridica e morale che orienterà il dibattito politico e storico mondiale sui duri giorni del massacro nella Striscia.

I nodi giuridici più rilevanti riguardano la rottura dei vertici militari che hanno diretto l’operazione “Piombo Fuso” con le regole del diritto internazionale di guerra, incentrato sui dettami della Convenzione di Ginevra. Era necessario - ci si domanda - distruggere case, famiglie, ospedali e colpire persino i medici? E quelle fiammate di luce nel nero cielo di Gaza non sono quel fosforo proibito dagli accordi di guerra? Le accuse si rincorrono e formano un quadro fosco e oscuro che toccherà alla giustizia rischiarare.

Eccole, dunque. In primo luogo, Israele non ha distinto gli obiettivi militari da quelli civili. I droni hanno abbattuto case private e colpito ospedali perfettamente estranei agli obiettivi militari, quelli in cui si pensava di colpire il nemico manifesto di questa guerra, Hamas. I fatti in questione, ampiamente documentati dai dossier giornalistici di tutto il mondo, mostrano come il tema della sproporzione delle due parti in conflitto si sia risolto in un massacro di innocenti: si stenterebbe a chiamare semplicemente guerra un evento così connotato. La morte di tanti civili uccide giuridicamente il principio di necessità, come ben afferma The Guardian in un editoriale recente, attento ai temi dottrinari sollevati dal conflitto arabo- israeliano.

Quei morti erano davvero necessari visti i reali rapporti di forza tra le parti, un grande esercito contro un gruppo di miliziani? E poi: i medici sono stati i bersagli preferiti di “Piombo Fuso”. Molti gli ospedali distrutti e molti i medici ed il personale sanitario bersagliato in una Striscia completamente sigillata e isolata dal mondo intero. Sempre il noto quotidiano inglese afferma che anche l’uccisione di medici rientra, come pure ha lasciato intuire la Corte suprema israeliana, nel novero dei crimini di guerra. E ancora altri fatti, altri crimini: famiglie usate come scudi umani, senza distinzioni tra uomini, donne e bambini e massiccio uso di bombe al fosforo. Sembra che Israele abbia voluto agire al di sopra delle leggi, svilendo i principi di proporzionalità, necessità e distinzione propri del diritto internazionale. In ultima analisi, secondo la Corte, “Piombo Fuso” ha violato il complesso dei diritti umani accettati dalla comunità internazionale.

Ma Israele non è solo “Piombo Fuso” e il processo aperto sui crimini di guerra non significa la condanna di tutto il popolo israeliano. L’esclusione dei giornalisti da Gaza nei giorni duri della campagna militare nasce dalla volontà di Israele di assicurarsi quell’impunità dai crimini di guerra che la comunità internazionale stenta oggi – per fortuna - a riconoscerle. Osservatori umanitari e uomini dell’informazione adesso hanno avuto accesso alla Striscia. E hanno visto: gli israeliani dovranno spiegare la violenza che hanno perpetrato verso i palestinesi e fronteggiare l’accusa di aver condotto veri e propri crimini di guerra. Haartez ha riportato di recente le dichiarazioni dei soldati israeliani che avrebbero colpito intenzionalmente una donna e suoi tre bambini. Uno di loro avrebbe affermato che la vita di un palestinese conta meno di quella di un israeliano.

L’osservatorio per i diritti umani ha da tempo chiesto una commissione di inchiesta per i crimini di Gaza, mentre Richard Falk, dell’osservatorio dell’Onu per i diritti umani in Palestina, ha chiaramente ammesso che la storia del lancio dei razzi Quassam da parte di Hamas non determina il principio di una eguale responsabilità rispetto alla guerra. Ma l’attivazione della comunità internazionale sui crimini di Gaza riuscirà ad applicare la giustizia sui più grandi alleati dell’occidente dell’area mediorientale?

di Stefania Pavone

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13 maggio 2009

Crimini di guerra: processo a Israele



















La Corte Suprema d’Israele ha formulato una serie di accuse ai comportamenti dei vertici militari nazionali durante l’operazione “Piombo Fuso”. All’indomani di elezioni che hanno spostato a destra il quadro politico dello stato ebraico e a fronte di un compatto consenso dell’opinione pubblica alla guerra lampo su Gaza, la tela del potere si squarcia ed apre le porte ad un sofisticato problema giuridico: Israele ha violato o meno le convenzioni internazionali al punto di poter configurare l’accusa di crimini di guerra? Mentre la diplomazia mondiale riparte dalla questione mediorientale con il duo Obama - Mitchell a capo e il presidente iraniano Ahmadjnejad dichiara di voler lavorare alla soluzione di “due popoli due stati”, una parte del paese non chiude gli occhi, anzi ha il coraggio di guardarsi alla specchio,rilanciando sul tema della devastazione di Gaza. Una quaestio giuridica e morale che orienterà il dibattito politico e storico mondiale sui duri giorni del massacro nella Striscia.

I nodi giuridici più rilevanti riguardano la rottura dei vertici militari che hanno diretto l’operazione “Piombo Fuso” con le regole del diritto internazionale di guerra, incentrato sui dettami della Convenzione di Ginevra. Era necessario - ci si domanda - distruggere case, famiglie, ospedali e colpire persino i medici? E quelle fiammate di luce nel nero cielo di Gaza non sono quel fosforo proibito dagli accordi di guerra? Le accuse si rincorrono e formano un quadro fosco e oscuro che toccherà alla giustizia rischiarare.

Eccole, dunque. In primo luogo, Israele non ha distinto gli obiettivi militari da quelli civili. I droni hanno abbattuto case private e colpito ospedali perfettamente estranei agli obiettivi militari, quelli in cui si pensava di colpire il nemico manifesto di questa guerra, Hamas. I fatti in questione, ampiamente documentati dai dossier giornalistici di tutto il mondo, mostrano come il tema della sproporzione delle due parti in conflitto si sia risolto in un massacro di innocenti: si stenterebbe a chiamare semplicemente guerra un evento così connotato. La morte di tanti civili uccide giuridicamente il principio di necessità, come ben afferma The Guardian in un editoriale recente, attento ai temi dottrinari sollevati dal conflitto arabo- israeliano.

Quei morti erano davvero necessari visti i reali rapporti di forza tra le parti, un grande esercito contro un gruppo di miliziani? E poi: i medici sono stati i bersagli preferiti di “Piombo Fuso”. Molti gli ospedali distrutti e molti i medici ed il personale sanitario bersagliato in una Striscia completamente sigillata e isolata dal mondo intero. Sempre il noto quotidiano inglese afferma che anche l’uccisione di medici rientra, come pure ha lasciato intuire la Corte suprema israeliana, nel novero dei crimini di guerra. E ancora altri fatti, altri crimini: famiglie usate come scudi umani, senza distinzioni tra uomini, donne e bambini e massiccio uso di bombe al fosforo. Sembra che Israele abbia voluto agire al di sopra delle leggi, svilendo i principi di proporzionalità, necessità e distinzione propri del diritto internazionale. In ultima analisi, secondo la Corte, “Piombo Fuso” ha violato il complesso dei diritti umani accettati dalla comunità internazionale.

Ma Israele non è solo “Piombo Fuso” e il processo aperto sui crimini di guerra non significa la condanna di tutto il popolo israeliano. L’esclusione dei giornalisti da Gaza nei giorni duri della campagna militare nasce dalla volontà di Israele di assicurarsi quell’impunità dai crimini di guerra che la comunità internazionale stenta oggi – per fortuna - a riconoscerle. Osservatori umanitari e uomini dell’informazione adesso hanno avuto accesso alla Striscia. E hanno visto: gli israeliani dovranno spiegare la violenza che hanno perpetrato verso i palestinesi e fronteggiare l’accusa di aver condotto veri e propri crimini di guerra. Haartez ha riportato di recente le dichiarazioni dei soldati israeliani che avrebbero colpito intenzionalmente una donna e suoi tre bambini. Uno di loro avrebbe affermato che la vita di un palestinese conta meno di quella di un israeliano.

L’osservatorio per i diritti umani ha da tempo chiesto una commissione di inchiesta per i crimini di Gaza, mentre Richard Falk, dell’osservatorio dell’Onu per i diritti umani in Palestina, ha chiaramente ammesso che la storia del lancio dei razzi Quassam da parte di Hamas non determina il principio di una eguale responsabilità rispetto alla guerra. Ma l’attivazione della comunità internazionale sui crimini di Gaza riuscirà ad applicare la giustizia sui più grandi alleati dell’occidente dell’area mediorientale?

di Stefania Pavone

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