24 gennaio 2010

Tagliare le poltrone? Era solo un bluff

Solo gli ingenui potevano credere che alla vigilia delle elezioni degli amministratori la maggioranza avrebbe abolito... gli amministratori. In Italia infatti per eliminare un posto bisogna crearne due. È questa la vecchia regola della Democrazia cristiana che ha governato per sessanta anni con i proconsoli, con i cacicchi e con gli ascari ed è questa la regola anche di questo governo.
Questo governo ha appunto annunziato, per il secondo anno consecutivo, il rinvio di un anno – e fanno dunque due - del dimagrimento degli enti locali più obesi del mondo. Il Consiglio dei ministri ha già predisposto il decreto legge che contraddice la legge. Insomma è la strategia di Penelope applicata al contrario: quella voleva imbrogliare i «proci», che sono gli scrocconi e i gozzovigliatori della ricchezza pubblica, la ricchezza di Ulisse; qui invece vogliono imbrogliare Ulisse. Se dunque la legge finanziaria li aveva condannati, oggi il governo li resuscita.
Ma rimangono morti che camminano. Gli enti locali, infatti, sono troppo spesso assembramenti condominiali, distributori di prebende stipendiali e serbatoi di consenso per la famigerata partitocrazia italiana. Ed è significativo che la rivolta contro la riduzione del venti per cento dei consiglieri e del numero degli assessori sia stata trasversale, coinvolgendo anche i Comuni governati dalla sinistra. È ovvio che ciascuno difenda i propri privilegi, i propri amici, i propri stipendi. È il governo centrale che non deve consegnarsi in ostaggio. Anzi è nel rapporto con la periferia che si misura la sua forza. Nel punto più distante lo Stato verifica la sua vicinanza ai cittadini. In periferia si certifica la credibilità del centro.
E tuttavia la pessima figura del governo non ci stupisce e non ci coglie impreparati. È anzi un assaggio del futuro federalista, della prossima grande riforma e dell´alta sfida ai fannulloni nella pubblica amministrazione. È un ulteriore disvelamento della demagogia imbonitoria. L´abbattimento della burocrazia che si autoriproduce, l´abolizione delle Province e appunto la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori negli enti locali erano infatti tre obiettivi caratterizzanti del programma elettorale del Popolo della libertà, tre piccole-grandi riforme di buon senso, gli strumenti più ovvi di qualsiasi progetto di risparmio economico, il nuovo inizio di una stagione più seria e più responsabile anche sul piano morale.
Ma purtroppo il clientelismo è una vecchia piaga preunitaria del nostro Paese: era una specie di ‘spoil system´ dei conquistatori che si annettevano contrade estranee. Vi hanno fatto ricorso anche lo Stato piemontese e gli uomini del Risorgimento. Purtroppo è stato uno strumento dell´Unità d´Italia. Imponendo uomini fidati i nuovi amministratori cercavano di controllare le istituzioni ereditate non solo dal Borbone, ma anche dai Papalini, dagli austroungarici e da tutti gli Stati e staterelli preunitari. Se ne servì poi il fascismo che ingrossò a dismisura la pubblica amministrazione non solo collocando i camerati ma lenendo così la disoccupazione e domando il malumore sociale. Infine la Democrazia cristiana ne fece una scienza fondata sulla sua cultura comunitaria e antistatuale. Ai democrstiani non importavano l´efficienza e il rigore dello Stato laico ma soltanto il consenso e il benessere impiegatizio. Il risultato, noto a tutti gli studiosi, è che in Italia lo Stato non è la più alta e qualificata sintesi della maturità sociale ma è un ente di collocamento. E dunque ogni volta che c´è stata e c´è in progetto una riforma contro l´istituzione obesa i politici italiani finiscono col renderla ancora più panciuta.
Il ministro della Semplificazione, il leghista Calderoli, è uno dei generali del Federalismo, la più strombazzata delle riforme – la rivoluzione leghista – che dovrebbe appunto semplificare e rendere veloce il rapporto tra i cittadini e le istituzioni. Ebbene, la sua ritirata di oggi, il salvataggio di ben trentamila poltrone e lo sperpero di dodici milioni di euro suonano come profezia del suo Federalismo e del suo destino. È infatti facile prevedere che il Federalismo aggiungerà alle burocrazie e ai ceti politici locali le burocrazie federali, i funzionari e i clienti del Federalismo. Oggi il ministro della Semplificazione si è trasformato nel ministro della Complicazione. (Presto avrà bisogno di un´agile struttura – almeno due sottosegretari – per risemplificarsi).

di Francesco Merlo

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24 gennaio 2010

Tagliare le poltrone? Era solo un bluff

Solo gli ingenui potevano credere che alla vigilia delle elezioni degli amministratori la maggioranza avrebbe abolito... gli amministratori. In Italia infatti per eliminare un posto bisogna crearne due. È questa la vecchia regola della Democrazia cristiana che ha governato per sessanta anni con i proconsoli, con i cacicchi e con gli ascari ed è questa la regola anche di questo governo.
Questo governo ha appunto annunziato, per il secondo anno consecutivo, il rinvio di un anno – e fanno dunque due - del dimagrimento degli enti locali più obesi del mondo. Il Consiglio dei ministri ha già predisposto il decreto legge che contraddice la legge. Insomma è la strategia di Penelope applicata al contrario: quella voleva imbrogliare i «proci», che sono gli scrocconi e i gozzovigliatori della ricchezza pubblica, la ricchezza di Ulisse; qui invece vogliono imbrogliare Ulisse. Se dunque la legge finanziaria li aveva condannati, oggi il governo li resuscita.
Ma rimangono morti che camminano. Gli enti locali, infatti, sono troppo spesso assembramenti condominiali, distributori di prebende stipendiali e serbatoi di consenso per la famigerata partitocrazia italiana. Ed è significativo che la rivolta contro la riduzione del venti per cento dei consiglieri e del numero degli assessori sia stata trasversale, coinvolgendo anche i Comuni governati dalla sinistra. È ovvio che ciascuno difenda i propri privilegi, i propri amici, i propri stipendi. È il governo centrale che non deve consegnarsi in ostaggio. Anzi è nel rapporto con la periferia che si misura la sua forza. Nel punto più distante lo Stato verifica la sua vicinanza ai cittadini. In periferia si certifica la credibilità del centro.
E tuttavia la pessima figura del governo non ci stupisce e non ci coglie impreparati. È anzi un assaggio del futuro federalista, della prossima grande riforma e dell´alta sfida ai fannulloni nella pubblica amministrazione. È un ulteriore disvelamento della demagogia imbonitoria. L´abbattimento della burocrazia che si autoriproduce, l´abolizione delle Province e appunto la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori negli enti locali erano infatti tre obiettivi caratterizzanti del programma elettorale del Popolo della libertà, tre piccole-grandi riforme di buon senso, gli strumenti più ovvi di qualsiasi progetto di risparmio economico, il nuovo inizio di una stagione più seria e più responsabile anche sul piano morale.
Ma purtroppo il clientelismo è una vecchia piaga preunitaria del nostro Paese: era una specie di ‘spoil system´ dei conquistatori che si annettevano contrade estranee. Vi hanno fatto ricorso anche lo Stato piemontese e gli uomini del Risorgimento. Purtroppo è stato uno strumento dell´Unità d´Italia. Imponendo uomini fidati i nuovi amministratori cercavano di controllare le istituzioni ereditate non solo dal Borbone, ma anche dai Papalini, dagli austroungarici e da tutti gli Stati e staterelli preunitari. Se ne servì poi il fascismo che ingrossò a dismisura la pubblica amministrazione non solo collocando i camerati ma lenendo così la disoccupazione e domando il malumore sociale. Infine la Democrazia cristiana ne fece una scienza fondata sulla sua cultura comunitaria e antistatuale. Ai democrstiani non importavano l´efficienza e il rigore dello Stato laico ma soltanto il consenso e il benessere impiegatizio. Il risultato, noto a tutti gli studiosi, è che in Italia lo Stato non è la più alta e qualificata sintesi della maturità sociale ma è un ente di collocamento. E dunque ogni volta che c´è stata e c´è in progetto una riforma contro l´istituzione obesa i politici italiani finiscono col renderla ancora più panciuta.
Il ministro della Semplificazione, il leghista Calderoli, è uno dei generali del Federalismo, la più strombazzata delle riforme – la rivoluzione leghista – che dovrebbe appunto semplificare e rendere veloce il rapporto tra i cittadini e le istituzioni. Ebbene, la sua ritirata di oggi, il salvataggio di ben trentamila poltrone e lo sperpero di dodici milioni di euro suonano come profezia del suo Federalismo e del suo destino. È infatti facile prevedere che il Federalismo aggiungerà alle burocrazie e ai ceti politici locali le burocrazie federali, i funzionari e i clienti del Federalismo. Oggi il ministro della Semplificazione si è trasformato nel ministro della Complicazione. (Presto avrà bisogno di un´agile struttura – almeno due sottosegretari – per risemplificarsi).

di Francesco Merlo

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