12 febbraio 2010

Berlusconi, Israele e la sinistra





Ci sono sostanzialmente due modi di far politica: uno pensando al proprio tornaconto, l’altro a quello della comunità. No, non mettetevi a ridere. C’è gente, a questo mondo, tanti pochi, sempre più o sempre meno, che vivono vite normali, pensando a lavorare onestamente e a vivere il più serenamente possibile, non evadendo le tasse, facendo sacrifici, non approfittando dell’ altrui ingenuità, aiutando il prossimo con opere di volontariato e lavorando più per amore che per danaro.

Che costoro rappresentino oggi una esigua minoranza e che l’attuale non sia il loro mondo è un dato di fatto inoppugnabile. “Ognuno ha il governo che si merita”, si diceva un tempo; ma forse questi pochi fanno parte di quel 50% di cittadini che non si reca a votare avendone mille e una ragioni.

Ne pensavo in questi giorni seguendo la visita del Presidente del Consiglio Berlusconi in Israele. Chi era e chi è Berlusconi lo sanno tutti, anche se i giudizi sono spesso discordanti. Per qualche giudice è un delinquente incallito, per i suoi sostenitori è un perseguitato che s’è fatto dal niente, per Bossi era un mafioso diventato improvvisamente santo. Per noi è semplicemente un imprenditore che ha fatto tanti soldi troppo in fretta, cosa che ci riporta in mente quel famoso detto di Honoré de Balzac secondo il quale “ dietro ogni grande fortuna si nasconde un delitto”.

Che poi in questo mare politico di lazzaroni, di ladroni, di buzzurri, di personaggi arroganti e ignoranti riciclati dalla pattumiera della prima repubblica la faccia di Berlusconi ispiri anche un po’ di simpatia è anch’esso un dato di fatto. Ma queste sono caratteristiche che con la politica - che dovrebbe consistere nell’arte di governare uno stato – poco “c’azzeccano”. In politica ciò che conta sono i risultati e a noi non pare che di risultati i vari governi Berlusconi ne abbiano prodotti molti: il debito pubblico ha continuato a crescere, il boom economico ha lasciato il posto ad una massiccia disoccupazione e le riforme sono rimaste appiccicate sui manifesti demagogici della Lega (partito di proprietà di Berlusconi) e di qualche ministro bontempone che vorrebbe aiutare i giovani disoccupati dando loro i soldi tolti dalle miserevoli pensioni dei vecchi.

La colpa dell’attuale crisi - si sente spesso dire - non è dei nostri governanti, è dell’America. Sono loro che ci hanno trascinato nell’ attuale baratro finanziario. Cosa certamente vera, ma che non giustifica le scelte dei nostri governanti di continuare a prender ordini, in campo economico e militare, da una potenza che ha da tempo imboccato il viale del tramonto.

Nei giorni scorsi hanno fatto un gran clamore le parole pronunciate da Berlusconi al parlamento di Israele, lo stato che cura gli interessi imperialisti degli USA in Medio Oriente. Nell’occasione il nostro premier ha detto tutto e il contrario di tutto: giustificando i continui massacri dei terroristi sionisti contro il popolo palestinese, ma commovendosi per gli innocenti morti in quei massacri; sposando tesi demenziali ( “Giusto l’attacco su Gaza”) ed invocando il diritto di Israele a difendersi da cosiddetti missili che a malapena riescono a superare il confine israeliano, ma criticando l’entità sionista per la continua occupazione di territori palestinesi; invitando Israele a rispettare i diritti umani, ma promettendo il disimpegno dell’Italia nei rapporti commerciali con l’Iran; trattenendosi amichevolmente con personaggi del calibro di Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro degli esteri Tipzi Livni contro la quale un tribunale inglese ha emesso di recente un mandato di cattura per crimini di guerra, ma incontrandosi subito dopo con Abu Mazen per manifestargli il suo dolore per le stragi di Gaza. E a chi gli chiedeva se avesse visto il “Muro dell’apartheid” appena eretto dal governo sionista ha risposto di no, che era intento a prender appunti sul discorso che doveva tenere alla Knesset. Contraddizioni pesanti, che hanno fatto il giro del mondo, nonostante il silenzio assordante delle destre e delle sinistre italiane, unite oggi nel nome di Israele come lo erano ieri quando D’Alema bombardava Belgrado.

Dal dopoguerra ad oggi il nostro Paese ha sempre mantenuto una certa neutralità sulla questione palestinese e l’uscita del nostro premier ha colto molti di sorpresa. Qualcuno ha scritto che tutta questa confusione può esser stata generata dallo “spasmodico desiderio dell’uomo di essere amato da tutti”, qualcun altro che in questo agire insensato sia stato influenzato dal suo Ministro degli Esteri Frattini (sionista di ferro fin da quando scriveva per il “Manifesto”), altri ancora (Gianni Petrosillo) che “Berlusconi è solo un politico di infima caratura” .

A noi che ricordiamo un altro Silvio Berlusconi, amico di Craxi e dei palestinesi, queste tesi non convincono. E’ per questo che ci spaventano le parole pronunciate da Mohammad Hannoun, presidente dell’API, l’associazione dei palestinesi italiani: “Non bisogna dimenticare che è un uomo d’affari e avrà obiettivi personali e aziendali da raggiungere…Non ultimo nei confronti del suo rivale commerciale, Rupert Murdoch, le cui tv sono state co-protagoniste delle campagne di diffamazione nei suoi confronti. Avrà voluto dimostrargli che anche lui è filo-sionista e sta con il più forte”.

Parole pesanti che però, alla luce della stranezza di questa vicenda, non possono non venir considerate. Ci sarebbe da rabbrividire al solo pensare di esser rappresentati da un primo ministro che confonde i propri interessi economici con i crimini di guerra. Strano che la sinistra dei diritti umani, quella che tanto tuonò sul conflitto di interessi sulle televisioni, non se ne sia accorta.

di Enzo Chiaradia

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12 febbraio 2010

Berlusconi, Israele e la sinistra





Ci sono sostanzialmente due modi di far politica: uno pensando al proprio tornaconto, l’altro a quello della comunità. No, non mettetevi a ridere. C’è gente, a questo mondo, tanti pochi, sempre più o sempre meno, che vivono vite normali, pensando a lavorare onestamente e a vivere il più serenamente possibile, non evadendo le tasse, facendo sacrifici, non approfittando dell’ altrui ingenuità, aiutando il prossimo con opere di volontariato e lavorando più per amore che per danaro.

Che costoro rappresentino oggi una esigua minoranza e che l’attuale non sia il loro mondo è un dato di fatto inoppugnabile. “Ognuno ha il governo che si merita”, si diceva un tempo; ma forse questi pochi fanno parte di quel 50% di cittadini che non si reca a votare avendone mille e una ragioni.

Ne pensavo in questi giorni seguendo la visita del Presidente del Consiglio Berlusconi in Israele. Chi era e chi è Berlusconi lo sanno tutti, anche se i giudizi sono spesso discordanti. Per qualche giudice è un delinquente incallito, per i suoi sostenitori è un perseguitato che s’è fatto dal niente, per Bossi era un mafioso diventato improvvisamente santo. Per noi è semplicemente un imprenditore che ha fatto tanti soldi troppo in fretta, cosa che ci riporta in mente quel famoso detto di Honoré de Balzac secondo il quale “ dietro ogni grande fortuna si nasconde un delitto”.

Che poi in questo mare politico di lazzaroni, di ladroni, di buzzurri, di personaggi arroganti e ignoranti riciclati dalla pattumiera della prima repubblica la faccia di Berlusconi ispiri anche un po’ di simpatia è anch’esso un dato di fatto. Ma queste sono caratteristiche che con la politica - che dovrebbe consistere nell’arte di governare uno stato – poco “c’azzeccano”. In politica ciò che conta sono i risultati e a noi non pare che di risultati i vari governi Berlusconi ne abbiano prodotti molti: il debito pubblico ha continuato a crescere, il boom economico ha lasciato il posto ad una massiccia disoccupazione e le riforme sono rimaste appiccicate sui manifesti demagogici della Lega (partito di proprietà di Berlusconi) e di qualche ministro bontempone che vorrebbe aiutare i giovani disoccupati dando loro i soldi tolti dalle miserevoli pensioni dei vecchi.

La colpa dell’attuale crisi - si sente spesso dire - non è dei nostri governanti, è dell’America. Sono loro che ci hanno trascinato nell’ attuale baratro finanziario. Cosa certamente vera, ma che non giustifica le scelte dei nostri governanti di continuare a prender ordini, in campo economico e militare, da una potenza che ha da tempo imboccato il viale del tramonto.

Nei giorni scorsi hanno fatto un gran clamore le parole pronunciate da Berlusconi al parlamento di Israele, lo stato che cura gli interessi imperialisti degli USA in Medio Oriente. Nell’occasione il nostro premier ha detto tutto e il contrario di tutto: giustificando i continui massacri dei terroristi sionisti contro il popolo palestinese, ma commovendosi per gli innocenti morti in quei massacri; sposando tesi demenziali ( “Giusto l’attacco su Gaza”) ed invocando il diritto di Israele a difendersi da cosiddetti missili che a malapena riescono a superare il confine israeliano, ma criticando l’entità sionista per la continua occupazione di territori palestinesi; invitando Israele a rispettare i diritti umani, ma promettendo il disimpegno dell’Italia nei rapporti commerciali con l’Iran; trattenendosi amichevolmente con personaggi del calibro di Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro degli esteri Tipzi Livni contro la quale un tribunale inglese ha emesso di recente un mandato di cattura per crimini di guerra, ma incontrandosi subito dopo con Abu Mazen per manifestargli il suo dolore per le stragi di Gaza. E a chi gli chiedeva se avesse visto il “Muro dell’apartheid” appena eretto dal governo sionista ha risposto di no, che era intento a prender appunti sul discorso che doveva tenere alla Knesset. Contraddizioni pesanti, che hanno fatto il giro del mondo, nonostante il silenzio assordante delle destre e delle sinistre italiane, unite oggi nel nome di Israele come lo erano ieri quando D’Alema bombardava Belgrado.

Dal dopoguerra ad oggi il nostro Paese ha sempre mantenuto una certa neutralità sulla questione palestinese e l’uscita del nostro premier ha colto molti di sorpresa. Qualcuno ha scritto che tutta questa confusione può esser stata generata dallo “spasmodico desiderio dell’uomo di essere amato da tutti”, qualcun altro che in questo agire insensato sia stato influenzato dal suo Ministro degli Esteri Frattini (sionista di ferro fin da quando scriveva per il “Manifesto”), altri ancora (Gianni Petrosillo) che “Berlusconi è solo un politico di infima caratura” .

A noi che ricordiamo un altro Silvio Berlusconi, amico di Craxi e dei palestinesi, queste tesi non convincono. E’ per questo che ci spaventano le parole pronunciate da Mohammad Hannoun, presidente dell’API, l’associazione dei palestinesi italiani: “Non bisogna dimenticare che è un uomo d’affari e avrà obiettivi personali e aziendali da raggiungere…Non ultimo nei confronti del suo rivale commerciale, Rupert Murdoch, le cui tv sono state co-protagoniste delle campagne di diffamazione nei suoi confronti. Avrà voluto dimostrargli che anche lui è filo-sionista e sta con il più forte”.

Parole pesanti che però, alla luce della stranezza di questa vicenda, non possono non venir considerate. Ci sarebbe da rabbrividire al solo pensare di esser rappresentati da un primo ministro che confonde i propri interessi economici con i crimini di guerra. Strano che la sinistra dei diritti umani, quella che tanto tuonò sul conflitto di interessi sulle televisioni, non se ne sia accorta.

di Enzo Chiaradia

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