15 giugno 2010

America, dove il denaro conta più della vita


america tassa successione
"Morirei piuttosto che farmi spillare soldi dal fisco!". Quello che sembra lo sfogo sarcastico di qualche evasore fiscale rischia di diventare l’agghiacciante realtà nella Terra delle opportunità
"Morirei piuttosto che farmi spillare soldi dal fisco!". Quello che sembra lo sfogo sarcastico di qualche evasore fiscale rischia di diventare l’agghiacciante realtà nella Terra delle opportunità. Nonostante i tentativi di abolirla risalenti al 2001, infatti, negli Stati Uniti esiste ancora una pesante tassa di successione, che prevede un’aliquota del 45% applicata al patrimonio dei ricchi che lasciano questo mondo – la soglia di imponibile sotto la quale scatta l’esenzione è di 2,6 milioni di euro –, che obbliga gli eredi a corrispondere allo Stato quasi metà del patrimonio che si apprestano a ricevere. Oggetto di aspri scontri in Congresso fin dall’amministrazione Clinton, la tassa ha resistito fino all’insediamento di Obama, il quale ha dichiarato di voler porre fine alla manovra avviata da Bush per abolirla.

C’è però un piccolo inconveniente: sembra che per un motivo non meglio precisato, il Congresso di Washington si sia “scordato” di votare la proroga per il 2010 e che in attesa del 2011, quando si potrà riportare in vigore la tassa a un’aliquota maggiorata (55%), si sia creata una specie di finestra di esenzione fiscale che permette agli ereditieri dei più ricchi (e anziani) americani di ricevere le fortune dei padri senza sganciare un solo dollaro allo Stato.

Perché questo accada deve però realizzarsi un evento non di poco conto: il riccone deve tirare le cuoia entro il 31 dicembre 2010. Questo grazie a una dimenticanza che, considerando i tempi che corrono, appare più che mai sospetta. Il gettito netto garantito da questa tassa ammonta infatti a 23 miliardi di dollari e pare molto strano che i parlamentari americani abbiano rinunciato a tale somma – vitale per un paese che ha un deficit di 1200 miliardi – solo perché hanno controllato male la propria agenda. Che sia stato invece una specie di gentile omaggio che Obama abbia voluto fare ai ricchi e potenti contribuenti americani…?

Al di là delle considerazioni politiche e del tono quasi scherzoso con cui si descrive la situazione, ci sono da fare alcune considerazioni di ordine ben più alto che testimoniano la gravità della condizione culturale e spirituale dell’uomo moderno e occidentale. Il punto da cui sono partiti giornalisti e osservatori per commentare il fatto è stata la morte di Dan Duncan, ricco imprenditore texano del settore del gas naturale, che è deceduto a marzo lasciando una fortuna ammontante a 9 miliardi di dollari di cui, in virtù del buco legislativo citato prima, neanche un dollaro è andato all’erario.

anziani duncan morte tassa successione america
Più di un giornalista ha avanzato il sospetto che la morte del facoltoso settantasettenne sia stata in qualche modo calcolata per evitare di cedere al fisco
Più di un giornalista ha avanzato il sospetto che la morte del facoltoso settantasettenne sia stata in qualche modo calcolata per evitare di cedere al fisco, contro cui Duncan ha lottato tutta la vita a suon di iniziative benefiche tax free e finanziamenti a enti di volontariato che davano diritto a consistenti agevolazioni fiscali. Allargando l’obiettivo, molti hanno pensato che i numerosi ricchi e vecchi americani, diversi dei quali tenuti in vita da macchinari e respiratori artificiali, abbiano fatto un serio pensiero all’opportunità di togliersi la vita per risparmiare sulle tasse. Senza contare che il sistema sanitario americano, di fatto privatizzato, è uno dei più cari del mondo.

Senza voler entrare nel campo dell’eutanasia, troppo spinoso e soggettivo per poterne discutere in un articoletto di attualità, si ritiene comunque gravissimo il fatto che molti abbiano anche solo pensato a dare un prezzo alla vita. Anch’essa quindi, bene supremo e intangibile, viene contabilizzata nella società occidentale, materialista e utilitarista, il cui obiettivo è quello di massimizzare costantemente i guadagni e minimizzare le perdite.

Del disprezzo della vita altrui ce n’eravamo accorti tutti da tempo: le inutili guerre, i crimini umanitari, i cibi tossici, i disastri ambientali ci fanno capire ogni giorno come per questa gente la vita del prossimo abbia un valore pari a zero. Ma, pur in questo scenario sconcertante, pensavamo magari che il loro egoismo li tenesse attaccati quantomeno alla propria di vita. Invece non è così: pur di godere di un’esenzione fiscale, pur di mantenere intatto un patrimonio che – per chi crede nell’aldilà – dove stanno andando loro non servirà a un bel niente, sono disposti a valutare addirittura la possibilità di togliersi la vita, volontariamente e con una tempistica calcolata con precisione.

Sarà banale, ma davanti a situazioni come questa viene proprio da chiedersi: ma dove stiamo andando…?

di Francesco Bevilacqua

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15 giugno 2010

America, dove il denaro conta più della vita


america tassa successione
"Morirei piuttosto che farmi spillare soldi dal fisco!". Quello che sembra lo sfogo sarcastico di qualche evasore fiscale rischia di diventare l’agghiacciante realtà nella Terra delle opportunità
"Morirei piuttosto che farmi spillare soldi dal fisco!". Quello che sembra lo sfogo sarcastico di qualche evasore fiscale rischia di diventare l’agghiacciante realtà nella Terra delle opportunità. Nonostante i tentativi di abolirla risalenti al 2001, infatti, negli Stati Uniti esiste ancora una pesante tassa di successione, che prevede un’aliquota del 45% applicata al patrimonio dei ricchi che lasciano questo mondo – la soglia di imponibile sotto la quale scatta l’esenzione è di 2,6 milioni di euro –, che obbliga gli eredi a corrispondere allo Stato quasi metà del patrimonio che si apprestano a ricevere. Oggetto di aspri scontri in Congresso fin dall’amministrazione Clinton, la tassa ha resistito fino all’insediamento di Obama, il quale ha dichiarato di voler porre fine alla manovra avviata da Bush per abolirla.

C’è però un piccolo inconveniente: sembra che per un motivo non meglio precisato, il Congresso di Washington si sia “scordato” di votare la proroga per il 2010 e che in attesa del 2011, quando si potrà riportare in vigore la tassa a un’aliquota maggiorata (55%), si sia creata una specie di finestra di esenzione fiscale che permette agli ereditieri dei più ricchi (e anziani) americani di ricevere le fortune dei padri senza sganciare un solo dollaro allo Stato.

Perché questo accada deve però realizzarsi un evento non di poco conto: il riccone deve tirare le cuoia entro il 31 dicembre 2010. Questo grazie a una dimenticanza che, considerando i tempi che corrono, appare più che mai sospetta. Il gettito netto garantito da questa tassa ammonta infatti a 23 miliardi di dollari e pare molto strano che i parlamentari americani abbiano rinunciato a tale somma – vitale per un paese che ha un deficit di 1200 miliardi – solo perché hanno controllato male la propria agenda. Che sia stato invece una specie di gentile omaggio che Obama abbia voluto fare ai ricchi e potenti contribuenti americani…?

Al di là delle considerazioni politiche e del tono quasi scherzoso con cui si descrive la situazione, ci sono da fare alcune considerazioni di ordine ben più alto che testimoniano la gravità della condizione culturale e spirituale dell’uomo moderno e occidentale. Il punto da cui sono partiti giornalisti e osservatori per commentare il fatto è stata la morte di Dan Duncan, ricco imprenditore texano del settore del gas naturale, che è deceduto a marzo lasciando una fortuna ammontante a 9 miliardi di dollari di cui, in virtù del buco legislativo citato prima, neanche un dollaro è andato all’erario.

anziani duncan morte tassa successione america
Più di un giornalista ha avanzato il sospetto che la morte del facoltoso settantasettenne sia stata in qualche modo calcolata per evitare di cedere al fisco
Più di un giornalista ha avanzato il sospetto che la morte del facoltoso settantasettenne sia stata in qualche modo calcolata per evitare di cedere al fisco, contro cui Duncan ha lottato tutta la vita a suon di iniziative benefiche tax free e finanziamenti a enti di volontariato che davano diritto a consistenti agevolazioni fiscali. Allargando l’obiettivo, molti hanno pensato che i numerosi ricchi e vecchi americani, diversi dei quali tenuti in vita da macchinari e respiratori artificiali, abbiano fatto un serio pensiero all’opportunità di togliersi la vita per risparmiare sulle tasse. Senza contare che il sistema sanitario americano, di fatto privatizzato, è uno dei più cari del mondo.

Senza voler entrare nel campo dell’eutanasia, troppo spinoso e soggettivo per poterne discutere in un articoletto di attualità, si ritiene comunque gravissimo il fatto che molti abbiano anche solo pensato a dare un prezzo alla vita. Anch’essa quindi, bene supremo e intangibile, viene contabilizzata nella società occidentale, materialista e utilitarista, il cui obiettivo è quello di massimizzare costantemente i guadagni e minimizzare le perdite.

Del disprezzo della vita altrui ce n’eravamo accorti tutti da tempo: le inutili guerre, i crimini umanitari, i cibi tossici, i disastri ambientali ci fanno capire ogni giorno come per questa gente la vita del prossimo abbia un valore pari a zero. Ma, pur in questo scenario sconcertante, pensavamo magari che il loro egoismo li tenesse attaccati quantomeno alla propria di vita. Invece non è così: pur di godere di un’esenzione fiscale, pur di mantenere intatto un patrimonio che – per chi crede nell’aldilà – dove stanno andando loro non servirà a un bel niente, sono disposti a valutare addirittura la possibilità di togliersi la vita, volontariamente e con una tempistica calcolata con precisione.

Sarà banale, ma davanti a situazioni come questa viene proprio da chiedersi: ma dove stiamo andando…?

di Francesco Bevilacqua

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