30 giugno 2010

I terroristi del deficit colpiscono nel Regno Unito.




La settimana scorsa il nuovo governo inglese ha dichiarato che avrebbe abbandonato i piani di incentivi del governo precedente e che avrebbe introdotto le misure di austerità richieste per ripagare i debiti stimati in circa 1.000 miliardi di dollari. Questo equivale al taglio della spesa pubblica, al licenziamento dei dipendenti, alla riduzione dei consumi e all’aumento della disoccupazione e dei fallimenti. Ed equivale anche alla riduzione dell’offerta monetaria, in quanto tutto il “denaro” odierno ha origine in pratica sotto forma di prestiti o di debito. La riduzione dei debiti insoluti farà diminuire la quantità di denaro disponibile per pagare i lavoratori ed acquistare le merci, aggravando la depressione e portando altre sofferenze all’economia.

Il settore finanziario a volte è stato accusato di ridurre di proposito l’offerta monetaria, allo scopo di aumentare la domanda per i propri prodotti. I banchieri lavorano nel business del debito e se venisse concesso ai governi di creare abbastanza denaro per tenersi alla larga dai debiti – i governi stessi e i loro elettori – i prestatori fallirebbero. Le banche centrali, che hanno la responsabilità di mantenere il business bancario, insistono dunque su una “moneta stabile” a tutti costi, anche se questo significa il taglio dei servizi, il licenziamento dei dipendenti e l’aumento del debito e degli interessi. Affinché il business finanziario possa continuare a prosperare, ai governi non deve essere permesso di battere moneta, sia stampandola integralmente che prendendola a prestito dalle banche centrali di proprietà dello stato.

Oggi questo obiettivo finanziario è stato ampiamente raggiunto. Nella maggior parte dei paesi, più del 95% dell’offerta monetaria viene creata dalle banche sotto forma di prestiti (o “credito”). La piccola parte generata dal governo viene di solito creata solamente per sostituire banconote o monete metalliche perse o usurate dal tempo, e non per finanziare nuovi programmi di governo. All’inizio del ventesimo secolo, più o meno il 30% della valuta britannica veniva emessa dal governo come sotto forma di sterline cartacee o di monete, contro solamente il 3% di oggi. Negli Stati Uniti, attualmente solo le monete metalliche vengono emesse dal governo. Le banconote di dollari (Banconote della Federal Reserve) sono emesse dalla Federal Reserve, che è di proprietà di un consorzio di banche private.

Le banche anticipano il capitale ma non l’interesse necessario per ripagare i loro prestiti – e dato che i prestiti bancari sono ora praticamente l’unica fonte di nuovo denaro nell’economia, l’interesse può derivare solamente da altri debiti. Per le banche, questo significa che il business continua ad andare a gonfie vele ma per il resto dell’economia questo equivale a tagliare, stringere la cinghia e austerità. Dato che si paga sempre di più di quanto fosse stato anticipato, il sistema è intrinsecamente instabile. Quando la bolla del debito diventa troppo grande da sostenere, viene fatta arrivare una recessione o una depressione che spazza via una grossa parte del debito consentendo al processo di ricominciare da capo. Tutto questo viene definito “ciclo economico” e provoca un forte ondeggiamento dei mercati, permettendo alle classi capitalistiche che hanno dato il via al ciclo di raccogliere a buon mercato il patrimonio immobiliare ed altri beni nell’ondata di flessione.

Il settore finanziario, che controlla l’offerta monetaria e può facilmente impadronirsi dei media, riesce a persuadere il popolino a sottomersi vendendo il proprio programma come un “bilancio equilibrato”, come una “responsabilità fiscale” che risparmia alle future generazioni un enorme carico di debiti se si applicano oggi le misure di austerità. Bill Mitchell, docente di economia all’Università di New Castle in Australia, definisce tutto questo “terrorismo del deficit”. Il debito creato dalle banche diventa più importante delle scuole, dell’assistenza sanitaria o delle infrastrutture. Invece di “pensare al benessere generale”, lo scopo del governo diventa quello di mantenere il valore degli investimenti dei creditori del governo stesso.

L’Inghilterra indossa il cilicio

La nuova coalizione di governo in Inghilterra ha appena adottato questo programma, imponendo a sé stesso lo stesso genere di austerità fiscale che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha imposto da tempo ai paesi del Terzo Mondo, e che più di recente ha imposto ai paesi europei, tra cui Lettonia, Islanda, Irlanda e Grecia. Anche se quei paesi sono stati obbligati a sottomettersi ai loro creditori, l’Inghilterra ha dato spontaneamente un giro di vite, avendo ceduto sulla questione che deve ripagare i propri debiti per mantenere attivi i mercati per i propri titoli di stato.

I falchi del deficit puntano il dito minacciosamente verso la Grecia, che è stata praticamente estromessa del mercato privato delle obbligazioni perché nessuno vuole più i suoi titoli di stato. La Grecia è stata costretta a prendere a prestito soldi dal FMI e dall’Unione Monetaria Europea, che hanno imposto misure di austerità draconiane come condizione per i prestiti. Come un paese del Terzo Mondo che ha debiti contratti in una valuta straniera, la Grecia non può stampare euro né prenderli a prestito dalla propria banca centrale dato che queste alternative sono vietate dalle norme dell’Unione Monetaria Europea. In un tentativo disperato di salvare l’euro, la Banca Centrale Europa ha recentemente fatto uno strappo alla regola acquistando titoli greci sul mercato secondario invece che prestarli direttamento al governo di Atene, ma la BCE ha dichiarato che avrebbe “sterilizzato” gli acquisti fatti ritirando dal mercato una quantità equivalente di liquidità, rendendo l’accordo senza un nulla di fatto.

La Grecia è bloccata nella trappola del debito ma il Regno Unito non fa parte dell’Unione Monetaria Europea. E anche se appartiene all’Unione Europea, opera nella propria valuta nazionale che ha potere di emettere direttamente o di prendere a prestito dalla propria banca centrale. Come tutte le banche centrali, la Banca d’Inghilterra è un “prestatore di ultima istanza” il che significa che può creare denaro sui propri registri contabili senza doverlo prendere a prestito. La Banca d’Inghilterra è di proprietà del governo e dunque i prestiti dalla banca al governo dovrebbero essere in effetti esenti da interesse. Finché la Banca d’Inghilterra è disposta a comprare titoli che non vengono venduti sul mercato privato, non bisogna temere alcun crollo del valore dei titoli britannici.

Tuttavia i “terroristi del deficit” non capiscono questa soluzione ovvia, apparentemente a causa della loro paura dell’”iperinflazione”. Il 9 giugno scorso un commento da parte di “Cameroni” sul sito web finanziario di Rick Ackerman ha preso questa posizione. Intitolato “La Gran Bretagna diventa la prima a scegliere la deflazione”, inizia così:

Il nuovo governo di David Cameron in Inghilterra ha annunciato martedì che avrebbe introdotto misure di austerità per iniziare a pagare i debiti stimati in mille miliardi (di dollari) contratti dal governo britannico ... Detto questo, abbiamo appena ricevuto il segnale della fine delle misure globali di incentivi – un segnale che mette una pietra sopra il dibattito se l’Inghilterra debba “stampare” la propria via d’uscita dalla crisi oppure no... Si tratta in realtà di un momento celebrativo anche se, per molti, non sembra essere proprio così... i debiti dovranno essere ripagati... il tenore di vita diminuirà... ma si tratta di un futuro migliore di quello che ci potrebbe portare un’iperinflazione.


Iperinflazione o deflazione?

La terribile minaccia di iperinflazione è invariabilmente esibita per rigettare le proposte per risolvere la crisi dei bilanci governativi emettendo semplicemente i fondi necessari, sia come debito (obbligazioni) che come valuta. Quello che in genere i terroristi del deficit non dicono è che prima che un’economia possa essere minacciata di iperinflazione, deve passare attraverso un periodo di semplice inflazione, e ovunque i governi oggi non sono riusciti ad arrivare a questa fase, anche se ci stanno disperatamente provando. Cameroni osserva:

“I governi di tutto il pianeta hanno tentato la via degli incentivi nel corso dell’ultima crisi del credito e delle recessione, con pochi risultati. Hanno cercato, infruttuosamente, di generare persino una leggera inflazione nonostante enormi sforzi di incentivi e spese inutili”.


In effetti, l’offerta monetaria si sta riducendo ad un ritmo allarmante. In un articolo del 26 maggio sul Financial Times dal titolo “L’offerta monetaria degli Stati Uniti precipita ai livelli degli anni Trenta mentre Obama pensa a nuovi incentivi”, Ambrose Evans-Pritchard scrive:

“La quantità di moneta è scesa dai 14.200 miliardi di dollari ai 13.900 miliardi di dollari in tre mesi ad aprile, equivalenti ad un livello annuale di riduzione del 9,6 per cento. I beni dei fondi del mercato monetario istituzionale sono scesi ad un livello del 37 per cento, il più forte calo di sempre”

“E’ preoccupante”, ha detto il professor Tim Congdon dell’International Monetary Research. “La diminuzione dell’M3 non ha precedenti dalla Grande Depressione. La ragione prevalente è che i regolatori di tutto il mondo stiano esercitando pressioni sulle banche per aumentare i livelli dei capitali e per ridurre i loro beni di rischio. E’ questa la ragione per la quale gli Stati Uniti non si stanno riprendendo come dovrebbero”.


Difficilmente potrebbe essere stato iniettato troppo denaro in un’economia nella quale l’offerta monetaria si sta riducendo. Ma Cameroni conclude dicendo che visto che gli incentivi non sono riusciti a riportare il denaro necessario nell’offerta monetaria, i programmi di incentivi dovrebbero essere abbandonati a favore del loro esatto contrario – la più totale austerità. Cameroni ammette però che il risultato sarebbe devastante:

“Significherebbe una lunga, lenta e premeditata flessione finché non verrà raggiunta la solvibilità. Significherà che città, stati e contee falliranno e non saranno salvate. E sarà alquanto doloroso. La spesa pubblica sarà ridotta. I consumi potrebbero diminuire drasticamente. Le cifre sulla disoccupazione potrebbero schizzare alle stelle e i fallimenti potrebbero sbalordire i lettori di blog come questo. Metterà un freno alla crescita in tutto il mondo... Il Dow crollerà e ci saranno effetti di espansione in tutta l’Unione Europea e, alla fine, in tutto il mondo... i programmi di aiuti al Terzo Mondo saranno sventrati e non riesco ad immaginare le conseguenze che avranno sulle popolazioni più povere del pianeta.


Ma “ne vale la pena” dice Cameroni, perché prevale sull’inevitabile alternativa iperinflazionistica, che “è troppo sconvolgente da tenere in considerazione”.

L’iperinflazione, tuttavia, è un falso problema e prima di rigettare l’idea degli incentivi, dovremmo chiederci perché questi programmi hanno fallito. Forse perché erano incentivi elargiti al settore sbagliato dell’economia, l’intermediario finanziario improduttivo che per primo ha fatto precipitare la crisi. I governi hanno cercato di “rigonfiare” le loro economie fiacche riversando soldi alle banche che hanno avuto effetti rovinosi sui bilanci, ma le banche non si sono nemmeno degnate di dare quei fondi alle imprese e ai consumatori sotto forma di prestiti. Invece, hanno utilizzato quei finanziamenti a buon mercato per speculare, per acquistare banche più piccole, e per acquistare dei titoli governativi sicuri, riscuotendo un cospiscuo interesse da quegli stessi contribuenti che avevano dato loro i soldi del salvataggio. Sicuramente alle banche, in base al loro modello di business, viene chiesto di raggiungere quei profitti con prestiti rischiosi. Come tutte le aziende private, non sono là per fare l’interesse pubblico ma di guadagnare soldi per i loro azionisti.

In cerca di soluzioni

L’alternativa a riversare enormi quantità di denaro alle banche non è quella di far morire di fame e punire oltremodo e le imprese e i cittadini ma di foraggiarli direttamente con qualche incentivo, con progetti pubblici che forniscano i servizi necessari creando nel contempo posti di lavoro. Esistono numerosi precedenti di successo con questo approccio, tra cui i programmi di opere pubbliche compiuti in Inghilterra, Canada, Australia e Nuova Zelanda negli anni Trenta, Quaranta e Cinquant e che furono finanziati con denaro emesso dal governo, sia preso a prestito dalle loro banche centrali che stampato direttamente. La Banca d’Inghilterra è stata nazionalizzata nel 1946 nel corso di un forte governo laburista che fondò anche il Servizio Sanitario Nazionale, le ferrovie nazionali e che sviluppò molti altri programmi pubblici dal costo contenuto che giovarono all’economia per decenni.

In Australia, nel corso della crisi attuale, un pacchetto di incentivi sotto forma di contributo in denaro contante è stato dato direttamente alla popolazione come misura temporanea, e non si è avuta alcuna crescita negativa (recessione) per due trimestri e la disoccupazione si è mantenuta stabile al 5%. Il governo, tuttavia, ha preso a prestito questi soldi straordinari in maniera privata invece che emetterlo pubblicamente, sviato dalla paura dell’iperinflazione. Meglio sarebbe stato dare credito esente da interesse attraverso la banca centrale di proprietà dello stato ai cittadini e alle imprese, che erano d’accordo nell’investire il denaro in maniera produttiva.

I cinesi hanno fatto di meglio, espandendo la loro economia di oltre il 9% nel corso della crisi creando denaro aggiuntivo che è stato investito principalmente in infrastrutture pubbliche.

I paesi dell’Unione Monetaria Europea sono intrappolati in uno schema piramidale mortale, perché hanno abbandonato le loro valute sovrane per un euro controllato dalla BCE. I loro deficit possono essere finanziati solamente con altro debito, gravato da interesse, e quindi si deve sempre restituire più di quanto si fosse preso a prestito. La BCE potrebbe fornire un po’ di assistenza impegnandosi in un “alleggerimento quantitativo” (creando nuovi euro) ma ha insistito dicendo che l’avrebbe fatto solamente con la “sterilizzazione” – togliendo dal sistema l’equivalente dei soldi che venivano introdotti. Il modello dell’Unione Monetaria Europea è matematicamente insostenibile e destinato a fallire a meno che in qualche modo venga modificato, o ridando la sovranità economica ai propri paesi membri o consolidandoli in un unico paese con un unico governo.

Una terza possibilità, suggerita dai professori Randall Wray e Jan Kregel, sarebbe quella di assegnare alla BCE il ruolo di “datore di lavoro di ultima istanza”, utilizzando l’”alleggerimento quantitativo” per assumere i disoccupati ad uno stipendio minimo.

Una quarta possibilità sarebbe quella per i paesi membri di costituire delle “banche per lo sviluppo” di proprietà pubblica sulla base del modello cinese. Queste banche potrebbero emettere credito in euro per le opere pubbliche, creando posti di lavoro ed allargando l’offerta monetaria esattamente come fanno ogni giorno le banche private quando erogano dei prestiti. Oggi le banche private sono limitate nel loro potenziale di generazione di prestiti dal requisito sul capitale, da registri contabili infarciti di titoli tossici, da una mancanza di mutuatari cui si può fare credito e un modello di business che antepone il profitto degli azionisti all’interesse pubblico. Le banche di proprietà pubblica avrebbero i beni dello stato per tirare su il capitale, registri contabili puliti, un mandato per essere al servizio della gente e un mutuatario cui si può dare credito perché si tratta della nazione stessa, sostenuta dalla forza di riscossione delle imposte.

A differenza dei paesi dell’Unione Monetaria Europea, i governi di Inghilterra, Stati Uniti e altre nazioni sovrane possono ancora prendere denaro a prestito dalle proprie banche centrali, finanziando i programmi di cui si ha bisogno sostanzialmente esenti da interesse. Possono ma probabilmente non lo faranno, perché sono state ingannate a cedere quel potere sovrano ad un settore finanziario bugiardo che è volto a controllare i sistemi monetari mondiali in modo privato e autocratico. Il professor Carroll Quigley, un addetto ai lavori allevato dai banchieri internazionali, ha svelato questo piano nel 1966, scrivendo “Tragedy and Hope”:

“I poteri del capitalismo finanziario avevano un altro scopo più ampio, nientemeno quello di creare un sistema mondiale di controllo finanziario, in mani private, capace di dominare il sistema politico di ciascun paese e l'economia del mondo nel suo insieme. Questo sistema doveva essere controllato in un modo feudale da parte delle banche centrali del mondo che agiscono di concerto, attraverso accordi segreti cui si arrivava durante frequenti incontri e conferenze private”.


Proprio quando l’Unione Monetaria Europea sembrava essere sul punto di raggiungere quell’obiettivo, ha iniziato a cadere a pezzi. La sovranità potrebbe ancora prevalere.
di Ellen Brown

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30 giugno 2010

I terroristi del deficit colpiscono nel Regno Unito.




La settimana scorsa il nuovo governo inglese ha dichiarato che avrebbe abbandonato i piani di incentivi del governo precedente e che avrebbe introdotto le misure di austerità richieste per ripagare i debiti stimati in circa 1.000 miliardi di dollari. Questo equivale al taglio della spesa pubblica, al licenziamento dei dipendenti, alla riduzione dei consumi e all’aumento della disoccupazione e dei fallimenti. Ed equivale anche alla riduzione dell’offerta monetaria, in quanto tutto il “denaro” odierno ha origine in pratica sotto forma di prestiti o di debito. La riduzione dei debiti insoluti farà diminuire la quantità di denaro disponibile per pagare i lavoratori ed acquistare le merci, aggravando la depressione e portando altre sofferenze all’economia.

Il settore finanziario a volte è stato accusato di ridurre di proposito l’offerta monetaria, allo scopo di aumentare la domanda per i propri prodotti. I banchieri lavorano nel business del debito e se venisse concesso ai governi di creare abbastanza denaro per tenersi alla larga dai debiti – i governi stessi e i loro elettori – i prestatori fallirebbero. Le banche centrali, che hanno la responsabilità di mantenere il business bancario, insistono dunque su una “moneta stabile” a tutti costi, anche se questo significa il taglio dei servizi, il licenziamento dei dipendenti e l’aumento del debito e degli interessi. Affinché il business finanziario possa continuare a prosperare, ai governi non deve essere permesso di battere moneta, sia stampandola integralmente che prendendola a prestito dalle banche centrali di proprietà dello stato.

Oggi questo obiettivo finanziario è stato ampiamente raggiunto. Nella maggior parte dei paesi, più del 95% dell’offerta monetaria viene creata dalle banche sotto forma di prestiti (o “credito”). La piccola parte generata dal governo viene di solito creata solamente per sostituire banconote o monete metalliche perse o usurate dal tempo, e non per finanziare nuovi programmi di governo. All’inizio del ventesimo secolo, più o meno il 30% della valuta britannica veniva emessa dal governo come sotto forma di sterline cartacee o di monete, contro solamente il 3% di oggi. Negli Stati Uniti, attualmente solo le monete metalliche vengono emesse dal governo. Le banconote di dollari (Banconote della Federal Reserve) sono emesse dalla Federal Reserve, che è di proprietà di un consorzio di banche private.

Le banche anticipano il capitale ma non l’interesse necessario per ripagare i loro prestiti – e dato che i prestiti bancari sono ora praticamente l’unica fonte di nuovo denaro nell’economia, l’interesse può derivare solamente da altri debiti. Per le banche, questo significa che il business continua ad andare a gonfie vele ma per il resto dell’economia questo equivale a tagliare, stringere la cinghia e austerità. Dato che si paga sempre di più di quanto fosse stato anticipato, il sistema è intrinsecamente instabile. Quando la bolla del debito diventa troppo grande da sostenere, viene fatta arrivare una recessione o una depressione che spazza via una grossa parte del debito consentendo al processo di ricominciare da capo. Tutto questo viene definito “ciclo economico” e provoca un forte ondeggiamento dei mercati, permettendo alle classi capitalistiche che hanno dato il via al ciclo di raccogliere a buon mercato il patrimonio immobiliare ed altri beni nell’ondata di flessione.

Il settore finanziario, che controlla l’offerta monetaria e può facilmente impadronirsi dei media, riesce a persuadere il popolino a sottomersi vendendo il proprio programma come un “bilancio equilibrato”, come una “responsabilità fiscale” che risparmia alle future generazioni un enorme carico di debiti se si applicano oggi le misure di austerità. Bill Mitchell, docente di economia all’Università di New Castle in Australia, definisce tutto questo “terrorismo del deficit”. Il debito creato dalle banche diventa più importante delle scuole, dell’assistenza sanitaria o delle infrastrutture. Invece di “pensare al benessere generale”, lo scopo del governo diventa quello di mantenere il valore degli investimenti dei creditori del governo stesso.

L’Inghilterra indossa il cilicio

La nuova coalizione di governo in Inghilterra ha appena adottato questo programma, imponendo a sé stesso lo stesso genere di austerità fiscale che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha imposto da tempo ai paesi del Terzo Mondo, e che più di recente ha imposto ai paesi europei, tra cui Lettonia, Islanda, Irlanda e Grecia. Anche se quei paesi sono stati obbligati a sottomettersi ai loro creditori, l’Inghilterra ha dato spontaneamente un giro di vite, avendo ceduto sulla questione che deve ripagare i propri debiti per mantenere attivi i mercati per i propri titoli di stato.

I falchi del deficit puntano il dito minacciosamente verso la Grecia, che è stata praticamente estromessa del mercato privato delle obbligazioni perché nessuno vuole più i suoi titoli di stato. La Grecia è stata costretta a prendere a prestito soldi dal FMI e dall’Unione Monetaria Europea, che hanno imposto misure di austerità draconiane come condizione per i prestiti. Come un paese del Terzo Mondo che ha debiti contratti in una valuta straniera, la Grecia non può stampare euro né prenderli a prestito dalla propria banca centrale dato che queste alternative sono vietate dalle norme dell’Unione Monetaria Europea. In un tentativo disperato di salvare l’euro, la Banca Centrale Europa ha recentemente fatto uno strappo alla regola acquistando titoli greci sul mercato secondario invece che prestarli direttamento al governo di Atene, ma la BCE ha dichiarato che avrebbe “sterilizzato” gli acquisti fatti ritirando dal mercato una quantità equivalente di liquidità, rendendo l’accordo senza un nulla di fatto.

La Grecia è bloccata nella trappola del debito ma il Regno Unito non fa parte dell’Unione Monetaria Europea. E anche se appartiene all’Unione Europea, opera nella propria valuta nazionale che ha potere di emettere direttamente o di prendere a prestito dalla propria banca centrale. Come tutte le banche centrali, la Banca d’Inghilterra è un “prestatore di ultima istanza” il che significa che può creare denaro sui propri registri contabili senza doverlo prendere a prestito. La Banca d’Inghilterra è di proprietà del governo e dunque i prestiti dalla banca al governo dovrebbero essere in effetti esenti da interesse. Finché la Banca d’Inghilterra è disposta a comprare titoli che non vengono venduti sul mercato privato, non bisogna temere alcun crollo del valore dei titoli britannici.

Tuttavia i “terroristi del deficit” non capiscono questa soluzione ovvia, apparentemente a causa della loro paura dell’”iperinflazione”. Il 9 giugno scorso un commento da parte di “Cameroni” sul sito web finanziario di Rick Ackerman ha preso questa posizione. Intitolato “La Gran Bretagna diventa la prima a scegliere la deflazione”, inizia così:

Il nuovo governo di David Cameron in Inghilterra ha annunciato martedì che avrebbe introdotto misure di austerità per iniziare a pagare i debiti stimati in mille miliardi (di dollari) contratti dal governo britannico ... Detto questo, abbiamo appena ricevuto il segnale della fine delle misure globali di incentivi – un segnale che mette una pietra sopra il dibattito se l’Inghilterra debba “stampare” la propria via d’uscita dalla crisi oppure no... Si tratta in realtà di un momento celebrativo anche se, per molti, non sembra essere proprio così... i debiti dovranno essere ripagati... il tenore di vita diminuirà... ma si tratta di un futuro migliore di quello che ci potrebbe portare un’iperinflazione.


Iperinflazione o deflazione?

La terribile minaccia di iperinflazione è invariabilmente esibita per rigettare le proposte per risolvere la crisi dei bilanci governativi emettendo semplicemente i fondi necessari, sia come debito (obbligazioni) che come valuta. Quello che in genere i terroristi del deficit non dicono è che prima che un’economia possa essere minacciata di iperinflazione, deve passare attraverso un periodo di semplice inflazione, e ovunque i governi oggi non sono riusciti ad arrivare a questa fase, anche se ci stanno disperatamente provando. Cameroni osserva:

“I governi di tutto il pianeta hanno tentato la via degli incentivi nel corso dell’ultima crisi del credito e delle recessione, con pochi risultati. Hanno cercato, infruttuosamente, di generare persino una leggera inflazione nonostante enormi sforzi di incentivi e spese inutili”.


In effetti, l’offerta monetaria si sta riducendo ad un ritmo allarmante. In un articolo del 26 maggio sul Financial Times dal titolo “L’offerta monetaria degli Stati Uniti precipita ai livelli degli anni Trenta mentre Obama pensa a nuovi incentivi”, Ambrose Evans-Pritchard scrive:

“La quantità di moneta è scesa dai 14.200 miliardi di dollari ai 13.900 miliardi di dollari in tre mesi ad aprile, equivalenti ad un livello annuale di riduzione del 9,6 per cento. I beni dei fondi del mercato monetario istituzionale sono scesi ad un livello del 37 per cento, il più forte calo di sempre”

“E’ preoccupante”, ha detto il professor Tim Congdon dell’International Monetary Research. “La diminuzione dell’M3 non ha precedenti dalla Grande Depressione. La ragione prevalente è che i regolatori di tutto il mondo stiano esercitando pressioni sulle banche per aumentare i livelli dei capitali e per ridurre i loro beni di rischio. E’ questa la ragione per la quale gli Stati Uniti non si stanno riprendendo come dovrebbero”.


Difficilmente potrebbe essere stato iniettato troppo denaro in un’economia nella quale l’offerta monetaria si sta riducendo. Ma Cameroni conclude dicendo che visto che gli incentivi non sono riusciti a riportare il denaro necessario nell’offerta monetaria, i programmi di incentivi dovrebbero essere abbandonati a favore del loro esatto contrario – la più totale austerità. Cameroni ammette però che il risultato sarebbe devastante:

“Significherebbe una lunga, lenta e premeditata flessione finché non verrà raggiunta la solvibilità. Significherà che città, stati e contee falliranno e non saranno salvate. E sarà alquanto doloroso. La spesa pubblica sarà ridotta. I consumi potrebbero diminuire drasticamente. Le cifre sulla disoccupazione potrebbero schizzare alle stelle e i fallimenti potrebbero sbalordire i lettori di blog come questo. Metterà un freno alla crescita in tutto il mondo... Il Dow crollerà e ci saranno effetti di espansione in tutta l’Unione Europea e, alla fine, in tutto il mondo... i programmi di aiuti al Terzo Mondo saranno sventrati e non riesco ad immaginare le conseguenze che avranno sulle popolazioni più povere del pianeta.


Ma “ne vale la pena” dice Cameroni, perché prevale sull’inevitabile alternativa iperinflazionistica, che “è troppo sconvolgente da tenere in considerazione”.

L’iperinflazione, tuttavia, è un falso problema e prima di rigettare l’idea degli incentivi, dovremmo chiederci perché questi programmi hanno fallito. Forse perché erano incentivi elargiti al settore sbagliato dell’economia, l’intermediario finanziario improduttivo che per primo ha fatto precipitare la crisi. I governi hanno cercato di “rigonfiare” le loro economie fiacche riversando soldi alle banche che hanno avuto effetti rovinosi sui bilanci, ma le banche non si sono nemmeno degnate di dare quei fondi alle imprese e ai consumatori sotto forma di prestiti. Invece, hanno utilizzato quei finanziamenti a buon mercato per speculare, per acquistare banche più piccole, e per acquistare dei titoli governativi sicuri, riscuotendo un cospiscuo interesse da quegli stessi contribuenti che avevano dato loro i soldi del salvataggio. Sicuramente alle banche, in base al loro modello di business, viene chiesto di raggiungere quei profitti con prestiti rischiosi. Come tutte le aziende private, non sono là per fare l’interesse pubblico ma di guadagnare soldi per i loro azionisti.

In cerca di soluzioni

L’alternativa a riversare enormi quantità di denaro alle banche non è quella di far morire di fame e punire oltremodo e le imprese e i cittadini ma di foraggiarli direttamente con qualche incentivo, con progetti pubblici che forniscano i servizi necessari creando nel contempo posti di lavoro. Esistono numerosi precedenti di successo con questo approccio, tra cui i programmi di opere pubbliche compiuti in Inghilterra, Canada, Australia e Nuova Zelanda negli anni Trenta, Quaranta e Cinquant e che furono finanziati con denaro emesso dal governo, sia preso a prestito dalle loro banche centrali che stampato direttamente. La Banca d’Inghilterra è stata nazionalizzata nel 1946 nel corso di un forte governo laburista che fondò anche il Servizio Sanitario Nazionale, le ferrovie nazionali e che sviluppò molti altri programmi pubblici dal costo contenuto che giovarono all’economia per decenni.

In Australia, nel corso della crisi attuale, un pacchetto di incentivi sotto forma di contributo in denaro contante è stato dato direttamente alla popolazione come misura temporanea, e non si è avuta alcuna crescita negativa (recessione) per due trimestri e la disoccupazione si è mantenuta stabile al 5%. Il governo, tuttavia, ha preso a prestito questi soldi straordinari in maniera privata invece che emetterlo pubblicamente, sviato dalla paura dell’iperinflazione. Meglio sarebbe stato dare credito esente da interesse attraverso la banca centrale di proprietà dello stato ai cittadini e alle imprese, che erano d’accordo nell’investire il denaro in maniera produttiva.

I cinesi hanno fatto di meglio, espandendo la loro economia di oltre il 9% nel corso della crisi creando denaro aggiuntivo che è stato investito principalmente in infrastrutture pubbliche.

I paesi dell’Unione Monetaria Europea sono intrappolati in uno schema piramidale mortale, perché hanno abbandonato le loro valute sovrane per un euro controllato dalla BCE. I loro deficit possono essere finanziati solamente con altro debito, gravato da interesse, e quindi si deve sempre restituire più di quanto si fosse preso a prestito. La BCE potrebbe fornire un po’ di assistenza impegnandosi in un “alleggerimento quantitativo” (creando nuovi euro) ma ha insistito dicendo che l’avrebbe fatto solamente con la “sterilizzazione” – togliendo dal sistema l’equivalente dei soldi che venivano introdotti. Il modello dell’Unione Monetaria Europea è matematicamente insostenibile e destinato a fallire a meno che in qualche modo venga modificato, o ridando la sovranità economica ai propri paesi membri o consolidandoli in un unico paese con un unico governo.

Una terza possibilità, suggerita dai professori Randall Wray e Jan Kregel, sarebbe quella di assegnare alla BCE il ruolo di “datore di lavoro di ultima istanza”, utilizzando l’”alleggerimento quantitativo” per assumere i disoccupati ad uno stipendio minimo.

Una quarta possibilità sarebbe quella per i paesi membri di costituire delle “banche per lo sviluppo” di proprietà pubblica sulla base del modello cinese. Queste banche potrebbero emettere credito in euro per le opere pubbliche, creando posti di lavoro ed allargando l’offerta monetaria esattamente come fanno ogni giorno le banche private quando erogano dei prestiti. Oggi le banche private sono limitate nel loro potenziale di generazione di prestiti dal requisito sul capitale, da registri contabili infarciti di titoli tossici, da una mancanza di mutuatari cui si può fare credito e un modello di business che antepone il profitto degli azionisti all’interesse pubblico. Le banche di proprietà pubblica avrebbero i beni dello stato per tirare su il capitale, registri contabili puliti, un mandato per essere al servizio della gente e un mutuatario cui si può dare credito perché si tratta della nazione stessa, sostenuta dalla forza di riscossione delle imposte.

A differenza dei paesi dell’Unione Monetaria Europea, i governi di Inghilterra, Stati Uniti e altre nazioni sovrane possono ancora prendere denaro a prestito dalle proprie banche centrali, finanziando i programmi di cui si ha bisogno sostanzialmente esenti da interesse. Possono ma probabilmente non lo faranno, perché sono state ingannate a cedere quel potere sovrano ad un settore finanziario bugiardo che è volto a controllare i sistemi monetari mondiali in modo privato e autocratico. Il professor Carroll Quigley, un addetto ai lavori allevato dai banchieri internazionali, ha svelato questo piano nel 1966, scrivendo “Tragedy and Hope”:

“I poteri del capitalismo finanziario avevano un altro scopo più ampio, nientemeno quello di creare un sistema mondiale di controllo finanziario, in mani private, capace di dominare il sistema politico di ciascun paese e l'economia del mondo nel suo insieme. Questo sistema doveva essere controllato in un modo feudale da parte delle banche centrali del mondo che agiscono di concerto, attraverso accordi segreti cui si arrivava durante frequenti incontri e conferenze private”.


Proprio quando l’Unione Monetaria Europea sembrava essere sul punto di raggiungere quell’obiettivo, ha iniziato a cadere a pezzi. La sovranità potrebbe ancora prevalere.
di Ellen Brown

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