22 aprile 2011

Caso Parmalat, assolte le banche:ma chi sono i padroni?

http://static.nanopress.it/images/339x223/4d8c6004.jpg

Con un’assoluzione, che definire miracolosa è un eufemismo, per tutti i banchieri imputati per aggiotaggio, addirittura con formula piena “per non aver commesso il fatto” o perché “il fatto non sussiste”, si è concluso lo scorso 18 aprile al Tribunale di Milano il processo in merito al collocamento dei titoli obbligazionari Parmalat che hanno ridotto sul lastrico decine di migliaia di piccoli risparmiatori. Anche i difensori delle banche estere Bank of America, Citigroup, Deutsche Bank e Morgan Stanley, e dei loro funzionari, sono rimasti felicemente increduli di tanta magnanimità della giustizia italiana. Insomma, non c’è stata alcuna truffa nei confronti delle malcapitate famiglie italiane. I PM della Procura milanese dovranno meditare parecchio su questa sconfitta, poiché la «vecchia» legge n. 231, non ancora modificata, grazie anche alla loro campagna contro la revisione di tale normativa, si è rivelata non infallibile nel perseguire i reati nei confronti dei propri clienti di cui sono chiamate a rispondere le banche. Del resto se c’è stato chi perlomeno non ha ostacolato, se non proprio favorito, l’ennesima diffusione di titoli “spazzatura”, c’è stato sicuramente a livello internazionale chi ha tratto ingenti profitti dalla vicenda coinvolgente Callisto Tanzi. Le sentenze vanno rispettate, per quanto considerate inique e sgradite, come accade nelle guerre: chi vince ha ragione, scrive la storia e guai ai vinti! Ma in questo caso occorre chiedersi come i Giudici di Milano siano potuti arrivare a una tale decisione: o la norma di legge non è sufficientemente adeguata a proteggere i (comuni) cittadini, oppure le indagini sono state (volutamente?) insufficienti e insabbiate sul più bello, come se non si dovesse giungere a intaccare gli interessi dei “veri” padroni del vapore. Ad ogni modo, gli avvocati delle banche sono riusciti a dimostrare, districandosi nei bizantinismi della legislazione italiana, di aver rispettato la medesima e i regolamenti collegati. Qualcosa sicuramente non va: mentre un onesto e umile cittadino è spesso annichilito e umiliato di fronte all’arroganza della pubblica amministrazione e del potere giudiziario, quest’ultimi si dimostrano timidi e remissivi nei confronti di quei poteri forti, di cui le multinazionali finanziarie sono la suprema espressione. Cosa sarebbe accaduto negli USA o nel Regno Unito, vista la severità in tali paesi nei confronti dei reati finanziari? C’è da ritenere che lor signori difficilmente sarebbero riusciti a farla franca. Non è comunque un messaggio confortante nei confronti della gente che lavora onestamente dalla mattina alla sera per assicurare un futuro sereno per se e i propri figli, alla faccia del tanto sbandierato “Codice etico” delle banche e dell’intesa “Basilea 2”. Quale fiducia potranno continuare ad avere risparmiatori, investitori economici e padri di famiglia o imprenditori che accedono al credito? Non è certo un bel viatico per la ripresa dello sviluppo economico e della competitività del Bel Paese. E l’alzata di scudi di Berlusconi negli ultimi anni contro la Procura di Milano, fra spostamento delle sedi processuali, proposta di improcessabilità per le alte cariche dello Stato e prescrizione breve, sembra mirata essenzialmente a difendere nient’altro che i propri interessi e il proprio status, piuttosto che quelli degli Italiani continuamente vessati. Dall’altra parte, Bersani e compagni, impegnati prioritariamente nella mera demonizzazione dell’avversario, dimostrano di essere inermi, quando non conniventi, nei confronti di “certi poteri” da non toccare, pena la rottura di certi delicati equilibri in cui la politica è succube della speculazione finanziaria. Ciò conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che nella globalizzazione dei mercati i “veri” padroni del vapore sono altri e salvano sempre la corteccia; il segnale allarmante di un sistema malato e marcio fino alle radici è già da molto arrivato: ora una presa di coscienza generale, facendo leva sulle forze sane, è più che mai necessaria finché si è ancora in tempo.

di Roberto Bevilacqua

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22 aprile 2011

Caso Parmalat, assolte le banche:ma chi sono i padroni?

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Con un’assoluzione, che definire miracolosa è un eufemismo, per tutti i banchieri imputati per aggiotaggio, addirittura con formula piena “per non aver commesso il fatto” o perché “il fatto non sussiste”, si è concluso lo scorso 18 aprile al Tribunale di Milano il processo in merito al collocamento dei titoli obbligazionari Parmalat che hanno ridotto sul lastrico decine di migliaia di piccoli risparmiatori. Anche i difensori delle banche estere Bank of America, Citigroup, Deutsche Bank e Morgan Stanley, e dei loro funzionari, sono rimasti felicemente increduli di tanta magnanimità della giustizia italiana. Insomma, non c’è stata alcuna truffa nei confronti delle malcapitate famiglie italiane. I PM della Procura milanese dovranno meditare parecchio su questa sconfitta, poiché la «vecchia» legge n. 231, non ancora modificata, grazie anche alla loro campagna contro la revisione di tale normativa, si è rivelata non infallibile nel perseguire i reati nei confronti dei propri clienti di cui sono chiamate a rispondere le banche. Del resto se c’è stato chi perlomeno non ha ostacolato, se non proprio favorito, l’ennesima diffusione di titoli “spazzatura”, c’è stato sicuramente a livello internazionale chi ha tratto ingenti profitti dalla vicenda coinvolgente Callisto Tanzi. Le sentenze vanno rispettate, per quanto considerate inique e sgradite, come accade nelle guerre: chi vince ha ragione, scrive la storia e guai ai vinti! Ma in questo caso occorre chiedersi come i Giudici di Milano siano potuti arrivare a una tale decisione: o la norma di legge non è sufficientemente adeguata a proteggere i (comuni) cittadini, oppure le indagini sono state (volutamente?) insufficienti e insabbiate sul più bello, come se non si dovesse giungere a intaccare gli interessi dei “veri” padroni del vapore. Ad ogni modo, gli avvocati delle banche sono riusciti a dimostrare, districandosi nei bizantinismi della legislazione italiana, di aver rispettato la medesima e i regolamenti collegati. Qualcosa sicuramente non va: mentre un onesto e umile cittadino è spesso annichilito e umiliato di fronte all’arroganza della pubblica amministrazione e del potere giudiziario, quest’ultimi si dimostrano timidi e remissivi nei confronti di quei poteri forti, di cui le multinazionali finanziarie sono la suprema espressione. Cosa sarebbe accaduto negli USA o nel Regno Unito, vista la severità in tali paesi nei confronti dei reati finanziari? C’è da ritenere che lor signori difficilmente sarebbero riusciti a farla franca. Non è comunque un messaggio confortante nei confronti della gente che lavora onestamente dalla mattina alla sera per assicurare un futuro sereno per se e i propri figli, alla faccia del tanto sbandierato “Codice etico” delle banche e dell’intesa “Basilea 2”. Quale fiducia potranno continuare ad avere risparmiatori, investitori economici e padri di famiglia o imprenditori che accedono al credito? Non è certo un bel viatico per la ripresa dello sviluppo economico e della competitività del Bel Paese. E l’alzata di scudi di Berlusconi negli ultimi anni contro la Procura di Milano, fra spostamento delle sedi processuali, proposta di improcessabilità per le alte cariche dello Stato e prescrizione breve, sembra mirata essenzialmente a difendere nient’altro che i propri interessi e il proprio status, piuttosto che quelli degli Italiani continuamente vessati. Dall’altra parte, Bersani e compagni, impegnati prioritariamente nella mera demonizzazione dell’avversario, dimostrano di essere inermi, quando non conniventi, nei confronti di “certi poteri” da non toccare, pena la rottura di certi delicati equilibri in cui la politica è succube della speculazione finanziaria. Ciò conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che nella globalizzazione dei mercati i “veri” padroni del vapore sono altri e salvano sempre la corteccia; il segnale allarmante di un sistema malato e marcio fino alle radici è già da molto arrivato: ora una presa di coscienza generale, facendo leva sulle forze sane, è più che mai necessaria finché si è ancora in tempo.

di Roberto Bevilacqua

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