09 settembre 2006

Quando la storia viene manipolata


Paolo Barnard, autore dell'interessantissimo volume "Perché ci odiano" pubblicato dalla Bur - ha espresso la sua opinione sul comunicato dell'UCOII e sulla situazione della comunità musulmana in Italia in due diverse email che ha avuto la gentilezza di inoltrarmi, e di cui pubblico molto volentieri alcuni stralci. Non voglio entrare nel merito dell'analisi del famigerato comunicato proposta in seguito, dal momento che la mia personale opinione su quel documento l'ho già espressa, e tantomeno sulla situazione dei musulmani in Italia, oggetto di numerosi post già pubblicati o che lo saranno tra breve. Ritengo comunque interessante dare spazio al punto di vista di un giornalista e di uno studioso che sarebbe opportuno conoscere, e magari in seguito - quando si saranno calmate le acque - approffondire e discutere, senza criminalizzazioni o isterismi, come sta purtroppo accadendo tuttora.

L'opinione di Barnard - sostiene lo stesso autore - deriva da uno studio approfondito e "sarebbe opportuno che io elencassi qui le prove di quanto affermo, ma non posso ovviamente riprodurre le oltre 340 pagine del mio libro". Consiglio quindi, ancora una volta, la lettura del libro su citato per capire da dove derivi un'opinione talmente "unpolitically correct" e direi persino rischiosa, soprattutto se espressa proprio mentre si sta discutendo di "cosa fare" dell'UCOII dopo la pubblicazione del comunicato in questione.

Per Barnard, "l’analogia fra i crimini israeliani e le pratiche naziste tracciata dall’UCOII è sicuramente uno sbaglio di comunicazione, ma vorrei sottolineare che nel merito essa è del tutto veritiera. Nel mio libro la documentazione storica, tutta esclusivamente di fonte ebraica autorevole, testimonia che in effetti Israele fin dalla sua nascita ha applicato in Palestina tecniche di discriminazione razziale e di terrore che ricalcano alla lettera la metodologia nazista e nazifascista con paralleli inquietanti persino nella ideologia sionista pre e post 1948, che vedeva e vede nell’arabo un "untermenschen" privo di qualità e di dignità umane. Il difetto dell’inserzione dell’UCOII sta solamente nell’aver 'brutalmente’ espresso quanto sopra alla ricerca di un effetto 'shock’ sul pubblico, probabilmente dettato dall’indignazione per quanto stava accadendo in Libano e dalla decennale frustrazione per l’indegno sistema di due pesi e due misure con cui sempre l’Occidente tratta le sofferenze arabe a fronte di quelle ebraiche. L’UCOII avrebbe dovuto invece condurre il pubblico italiano gradualmente attraverso una campagna di informazione di lungo respiro".

Barnard punta inoltre il dito contro "il sistema di due pesi e due misure e l’ipocrisia immorali che hanno sempre caratterizzato l’atteggiamento occidentale nei confronti della questione arabo-israeliana" che "vive e si nutre precisamente dell’assenza di verità storica sull’esistenza di un terrorismo ebraico dalle tinte talvolta neonaziste, che ha formato l’intera storia della nascita di Israele e che ancora oggi la forma, e che è ampiamente documentato oltre ogni possibile dubbio. Questo silenzio storico sulle sofferenze e sulle vite perdute di milioni di musulmani, sempre abbinato però a un’incessante (e in sé giusto) clamore per le sofferenze e per le vite perdute israeliane, ha permesso la nascita e la crescita proprio di quell’odio contro di noi che ha prodotto Al Qaida e ogni forma di terrorismo islamico-palestinese. Per fermare l’odio musulmano la verità va assolutamente raccontata, per quanto dura e scioccante, anche se certamente non con i metodi sbrigativi dell’UCOII. Secondo, non è possibile oggi alcun dialogo fra le parti, né alcuna speranza di pace, se la verità sui terrorismi non sarà appunto raccontata del tutto, se non sarà accettata e se le vittime arabe sottaciute e mai onorate non riceveranno pari dignità di quelle ebree. Chiedere alla parte araba di sedere ai tavoli di pace spazzando sotto al tappeto della Storia le immani ingiustizie e le atrocità che hanno patito per mano ebraica (col pieno appoggio occidentale) è assurdo e immorale, e in passato ha sempre condotto al fallimento delle trattative. Continuare così è sinonimo di rovina e di pericoli per l’intera umanità".

Nella sua seconda lettera, invece, Barnard si rivolge ad un dirigente musulmano e, idealmente, ai musulmani nel loro insieme dicendo: "Rendetevi conto: è in corso una immane campagna razzista di deumanizzazione del musulmano che deve essere ridotto a una figura infida, pericolosa e incompatibile con la modernità, e cioè un corpo alieno. E lei sa bene a cosa serve, e a chi serve, la deumanizzazione di un dato soggetto umano: serve a rendere possibile la sua repressione con metodi violenti senza suscitare reazioni di umano disgusto per quei metodi da parte delle opinioni pubbliche spettatrici. La Storia è zeppa di esempi, dalla Germania degli anni '30 e '40 contro gli ebrei, ai metodi di deumanizzazione del prigioniero politico in America Latina per permettere ai torturatori di seviziarlo senza crollare nel ribrezzo. Serve in altre parole a "rendere plausibile l'inimmaginabile" (Herman), e cioè, nel caso dell'Islam, a rendere plausibile la ancor maggiore brutalizzazione dei palestinesi fino al completamento della pulizia etnica della Palestina, e l'asservimento e/o abbruttimento sociale dei popoli musulmani che abitano i luoghi produttori di quelle risorse che devono "essere disponibili per il Mondo Libero" (NSC di Eisenhower), così che essi non siano mai più in grado di rivendicare per sé stessi quelle loro risorse. Questa non è dietrologia delirante. Sta accadendo già da decenni, e può accadere solo perché alle opinioni pubbliche occidentali fu venduta e ancora oggi è venduta una narrativa falsa su quasi tutto ciò che vi riguarda o che vi fu fatto. Dobbiamo invece, da occidentali, rivelare le verità della barbarie perpetrata dal mondo occidentale innanzitutto, poiché "oggi la gente non tollera più la barbarie, e se la scopre si mobilita per porle fine" (Chomsky).

Sherif El Sebaie
Fonte: http://salamelik.blogspot.com/

08 settembre 2006

Israele: un esercito senza storia


Se la percezione del suicidio di immagine registrato da “Israele” con la guerra di aggressione al Libano è immediata e senza appello a partire dai bombardamenti aerei su Beirut passando per la strage di Qana e finendo con la semina dei contenitori a grappolo sulle macerie dei villaggi colpiti (72 ore prima del “cessate il fuoco”, per rallentare l’opera di ricostruzione e colpire le popolazioni locali), è rimasta totalmente in ombra la dimensione e la profondità del K.O. subito a livello militare da Tsahal nello scontro con Hezbollah nel territorio della ‘Fascia Sud’.
Per facilità partiremo dalle immagini passate centinaia di volte sui media per celebrare la potenza di fuoco di “Israele” al ritmo - come si è voluto sostenere - di “1 colpo al minuto”: i semoventi d’artiglieria da 155 mm inquadrati sul terreno dalle telecamere a gruppi di 8-10 unità in azione isolata o congiunta di fuoco con centinaia di proiettili allineati e serventi di pezzo affaccendati a trasportare all’interno dei mezzi corazzati anche le cariche di lancio (contenitori cilindrici di colore bianco con polvere nera).
Saltando molte nozioni balistiche occorre sapere che il tiro di artiglieria è stato, in occasione di tutte le riprese televisive osservate, sempre ad alzo 45°, o giù di lì, alla massima gittata, mirato quindi sui villaggi e sulle città abbandonate dai profughi, per produrre più danni possibili ai centri abitati con l’obiettivo di fare terra bruciata al ritorno delle popolazioni locali colpevoli, nella logica di Tsahal, di appoggiare la struttura militare di Hezbollah.
Verrebbe da notare che “azioni belliche” dirette intenzionalmente contro villaggi, città e residenti sono nel diritto internazionale classificate come “crimini di guerra”.
In queste condizioni il fuoco di batteria è stato corretto sui dati della ricognizione aerea di zona che indica i livelli di distruzioni via via raggiunti sul terreno, per passare poi, secondo le priorità dei comandi di Tsahal, ad altri bersagli “paganti”.
Saltando problemi di effetto temperatura sulle anime dei cannoni, di umidità variabile delle cariche di lancio ed altro, si può affermare con tranquillità che sparare proiettili da 155 mm a distanze di 8-10 km può avere come obiettivo tattico solo bersagli civili di grosse dimensioni più che centri nemici di “punto” come posizioni fortificate di retrolinea o postazioni mobili di razzi Hezbollah.
Per capire l’usura e i costi di questo fuoco di artiglieria basterà pensare che l’interno dell’affusto del semovente dove scorre il proiettile spinto dalla carica di lancio, dopo 600-700 colpi deve essere completamente riallineato per mantenere l’efficienza della pressione di spinta, e dopo altri 400-500 colpi sostituito con costi altissimi.
Per quanto possa sembrare paradossale, la guerra di aggressione aerea, terrestre e navale al Libano è finita per costare ad “Israele” 6.8 miliardi di dollari, 1.7 miliardi di dollari in più di quanto occorrerà al Libano per ricostruire la sua economia e le sue infrastrutture. Queste indicazioni di spesa sono state rilevate dal quotidiano “New Yorker”, organo del Partito Comunista Americano, sul calcolo presunto dei costi per la “Israele Air Force” di 250 aerei F 15 e F 16 in azione di bombardamento per oltre un mese sul Libano, conteggiando uso del personale, i consumi dal carburante avio, fino al trasporto al bersaglio di 2 bombe da 500 pound ad ogni missione sugli obbiettivi in Libano. ;
Dal 1973 “Israele” ha ricevuto dagli USA linee di finanziamento, per acquisti militari, e crediti a fondo perduto per migliaia di miliardi di dollari.
Dopo la ritirata con la coda tra le gambe di Tsahal del 2000 dalla fascia a ridosso del confine “israelo”-libanese, Hezbollah ha costruito con l’assistenza di ingegneri militari migliaia di case isolate o a gruppi sui costoni delle colline, a ridosso di posizioni dominanti le vallate, disseminando il terreno di altrettante costruzioni che definiremo “falsi bersagli”.
Bersagli con le apparenze di fortini o di posizioni di osservazione. Con una particolarità. I capisaldi di difesa di Hezbollah sono stati costruiti invece con percentuali maggiorate di tondini di ferro, tetti orizzontali e solai in cemento spessorato.
In queste condizioni, le strutture portanti non collassano a sfoglia, ma rimangono in equilibrio precario senza seppellire sotto le macerie il piano terra. Sotto le fondamenta, in ordine sparso, sono stati costruiti dei rifugi antiaerei con più vie di fuga per l’esterno, su terreno libero. Hezbollah, coprendosi con un ombrello di “cemento armato” sulla testa , spesso a più piani, ha parzializzato gli effetti del bombardamento aereo con bombe a caduta libera da 350-500 pounds sganciate dagli F 16 e reso del tutto inoffensivo il tiro razzi aria-terra degli Apache e quello diretto, dei Merlava, da 120 mm capsulati.
Dal momento che un’abitazione del villaggio per essere approntata richiede gli stessi materiali per la costruzione di un bunker, a partire dallo sterro per la colata di cemento delle fondamenta, la ricognizione aerea e satellitare di Tsahal non è riuscita portare a termine una mappatura affidabile che distinguesse costruzioni “normali” da quelle con strutture ispessite e interrate da adibire a ricovero e protezione per i militanti di Hezbollah.
L’unico elemento che avrebbe potuto far distinguere a “Israele” l’obiettivo “vero” da quello “falso” con la ricognizione satellitare e aerea di zona era mantenere la contabilità aggiornata del numero dei viaggi delle betoniere costruzione per costruzione. Impresa pressoché impossibile che ha mandato, di fatto, a vuoto qualsiasi tentativo di osservazione e di classificazione dei bersagli da colpire, ammesso che sia possibile un bombardamento selettivo in grado di distruggere con precisione un bersaglio ed escluderne un altro con jets che spuntano velocità a media quota di 0.7-0.8 mach e che operano in condizioni di passaggio diretto sul bersaglio lanciando in sequenza di shaff alluminio magnesio per eludere la corsa a bersaglio di missili terra-aria Strela.
Tutte le strade di accesso ai villaggi, poco più che strade sterrate, costruite su tornanti “allungati”, sono state predisposte per interrare esplosivo plastico o posizionare cariche ai lati delle “strade”.
Il bombardamento aereo sulle strutture meno resistenti ha prodotto cumuli di macerie che sono state poi utilizzate da Hezbollah come centri di fuoco dotati di armi anticarro di grande precisione come i Kornet-E, con gittate, di giorno, oltre i 4.500 mt e una possibilità di perforazione di lastre d’acciaio di 1.200 mm, mentre nel combattimento ravvicinato il Partito di Dio ha usato gli RGP 39 con 500 mt di gittata anche come arma antipersonale contro Tsahal.
Il trasporto dei materiali edili per la fasciatura delle strutture in cemento armato ha permesso ad Hezbollah di trasportare a destinazione, sfuggendo anche qui alla ricognizione aerea e satellitare, esplosivi, mine anticarro, munizioni e armi leggere AK 47 e mitragliatrici AKM.
Per eludere e mandare a vuoto la ricerca aerea all’infrarosso, i nuclei di Nasrallah che operavano allo scoperto durante le ore notturne erano dotati di tute termiche di colore nero.
Il completamento di migliaia di abitazioni, dal 2000 al 2006, in aggiunta a quelle già esistenti, ha portato a un’efficace utilizzazione militare di queste strutture da parte di Hezbollah nel contrasto alla guerra di aggressione di Olmert e di “Israele”.
Gli appartamenti completati sono stati occupati dai combattenti del partito di Dio e dalle loro famiglie rinforzando un sistema di avvistamento e di allerta - specie nella fascia immediatamente a ridosso del confine, nei periodi precedenti l’aggressione di “Israele” - di grande efficienza, 24 ore su 24. Niente di quello che succedeva nell’area è sfuggito alla Milizia di Nasrallah.
Le strutture abbandonate sotto la pressione aerea, già minate, sono state fatte detonare a distanza da Hezbollah tutte le volte che un plotone o un unità di terra di Tsahal hanno preso possesso da vicino dei villaggi a ridosso del confine. In più casi, l’ utilizzo delle coperture ha portato all’annientamento di unità combattenti che avevano trovato rifugio all’interno delle stesse. Tsahal ha dovuto registrare la perdita di oltre 50 uomini prima di dover alloggiare all’aperto o in tenda i riservisti della fanteria esplorante.
Le perdite di Tsahal fin dai primi giorni dell’attacco via terra alla ‘Fascia Sud’ del Libano sono state ingenti. Sulla direttrice di attacco di Bint-Jbeil e Marun al-Ras, due villaggi a ridosso del confine, le forze corazzate di “Israele”, accompagnate da fanteria esplorante e da ricognizione blindata, hanno incontrato una forte resistenza.
I progressi sul terreno non hanno mai raggiunto profondità superiore a 1-3 km, mentre il controllo della zona, dopo una settimana, era ancora estremamente precario. La mobilità dei nuclei di Hezbollah, composti da unità di 7-8 combattenti armati di lanciarazzi e armi leggere, ha colto completamente di sorpresa lo stato maggiore di “Israele”.
Respinto l’attacco delle unità di élite di Tsahal che sono state ritirate dal campo con forti perdite, Hezbollah ha contenuto prima e contrastato poi con successo, in condizioni di inferiorità numerica di 1 a 10, la Brigata Golani e i battaglioni della Riserva della Israel Defence Force.
Per il Generale Halutz e il suo Stato maggiore il comportamento in battaglia delle Forze della Riserva è stato deludente. Per la prima volta nella “storia” di “Israele” l’assemblaggio sul campo di impiegati, operai dei kibbutz, universitari, professionisti e studenti delle scuole rabbiniche ha prodotto incertezze operative ed evidenziato larghi strati di demotivazione al combattimento.
Nel momento più intenso degli scontri, Hezbollah ha avuto sul campo 700 uomini.
Lo schieramento sul campo di Tsahal è stato tardivo e organizzato in condizioni di emergenza operativa rivelando crepe in coordinamento e logistica.
La mancanza di strade asfaltate ha reso problematico l’avanzamento dei carri da battaglia Merlava, costretti ad operare, proceduti da bulldozer, su percorsi accidentati e minati, esposti a contrattacchi anticarro di Hezbollah in zone rocciose a macchia mediterranea.
Un ambiente che ha offerto ottime capacità di mimetizzazione, appostamento e vie di fuga alla Milizia di Nasrallah, consentendole di limitare i caduti a qualche decina di uomini.
L’uso di formazioni di carri armati in colonna a quote collinari contraddistinte da vie di transito a scarsa carreggiata, sterrate, a tornanti lunghi, e da passaggi obbligati si è rivelato, e non poteva essere diversamente, un handicap strategico.
Le perdite di Tsahal al “cessate il fuoco”, in mezzi corazzati e blindati, possono essere riassunte in un numero non inferiore a 200 (duecento).
Le conferme sono arrivate da Victor Litovkin, un esperto militare di Ria Novosti, una delle più accreditate agenzie di stampa di Mosca. Ex ufficiale dell’Armata Sovietica, Litovkin può vantare, oltre a una riconosciuta serietà internazionale, un’ottima preparazione militare nel settore.
La sua relazione per “Reseau Voltaire” ha contabilizzato in 400 caduti e in oltre 1.000 feriti le perdite complessive di Tsahal nella ‘Fascia Sud’ del Libano. Da ricordare che i Merkava, come qualsiasi altro blindato, hanno un equipaggio formato da un conduttore, un armiere e un avvistatore capocarro.
Le azioni in profondità nella valle della Beqaa di commando di Tsahal alla ricerca e alla cattura, come è stato detto, di esponenti di primo piano di Hezbollah, e alla distruzione di depositi di razzi, si sono concluse con clamorosi e ripetuti insuccessi tattici.
Le forze elitrasportate di “Israele” sono state scoperte nelle fasi di trasferimento, attese e contrastate, ogni volta, duramente sul terreno da Hezbollah. Il ripiegamento dei commando è stato possibile solo con una forte copertura aerea.
La spiegazione va ricercata più che nella qualità professionale delle forze di Tsahal in una condizione di riequilibrio tecnologico sul terreno nell’avvistamento (satellitare dell’Iran?), radar (Siria?), nel probabile uso di U.A.V. (aerei senza pilota) e di un’efficiente comunicazione a terra di Hezbollah. Sull’intera ‘Fascia sud’ che va dal mare con una profondità di 8-10 km fino alle Fattorie di Shebaa, all’altezza del Golan e al fiume Litani, “Israele”, nell’ultima settimana prima del “cessate il fuoco”, ha operato più puntate di penetrazione, con fanteria a piedi, appoggiata da ricognizioni di Apache e appoggio di F 16 solo su direttrici di fondovalle sgombre da villaggi, città e posizioni fortificate di Hezbollah, con l’obbiettivo di tenere sotto controllo più terr eno possibile.
In queste condizioni, le linee di rifornimento di Tsahal si sono allungate fino al punto di non poter assicurare un’assistenza logistica e alimentare adeguata agli “scarponi” che aveva sul terreno, lasciandosi alle spalle e ai fianchi posizioni fisse e mobili di Hezbollah a qualche km di distanza. Una situazione tattica come, si può percepire, debole e sopportabile per tempi limitati.
Un altro aspetto da mettere in evidenza è stato il fallimento pressoché completo della Israel Defence Force nella distruzione di postazioni fisse e mobili di Hezbollah.
Il numero dei colpi piovuti dal Libano sull’Alta Galilea nell’arco di 3 settimane non ha subito interruzioni, a riprova della scarsa o nulla efficacia dell’azione d’individuazione e di distruzione dei punti e delle strutture di lancio di Hezbollah da parte dell’aviazione con la stella di David.
Si calcola che “Israele” sia stato colpito da oltre 4.500 razzi, di cui alcune decine (60) sono andati a bersaglio sulla città portuale di Haifa producendo danni di qualche entità a impianti industriali della zona.
Lo schieramento di batterie antimissile Patriot non ha sortito alcun effetto limitante. Non si è avuta notizia di lanci da parte di Tsahal contro razzi in arrivo sul territorio di “Israele”.
L’approntamento dei Patriot, con ogni probabilità, doveva servire a intercettare missili a maggior gittata e con tempi di percorrenza in volo più lunghi.
Il raggio d’azione di Hezbollah, con l’uso di razzi da 122 mm e 230 mm, è arrivato a 13 km con i Fajr, e ai 25-35 dei BM 21 e 31 lanciati da postazioni mobili sostenute durante le ore di luce da un’ottima mimetizzazione naturale e artificiale.
Postazioni carrate che dopo i lanci da rampe multicanna venivano opportunamente spostate sul terreno per non lasciare bersagli fissi ai jets di “Israele”.
Le vampe di lancio, lasciando una coda termica e una scia di fumo, permettono una rilevazione all’infrarosso e di immagini satellitari e la trasmissione di coordinate a terra e in volo che possono portare alla distruzione delle rampe. In più occasioni Hezbollah ha dato prova di disporre di un arsenale più agguerrito di quello usato sul campo come risposta all’aggressione di Tsahal al Libano. Si sono avute infatti notizie di singoli lanci Hezbollah che hanno raggiunto aree prossime alla città di Hadera e alla Cisgiordania Occupata con portate di tiro sui 70 km.
Un altro devastante insuccesso “Israele” l’ha incassato sul mare. La sua Marina da Guerra è uscita dal confronto con Hezbollah annientata per oltre metà della sua capacità bellica. Le perdite del personale imbarcato, per quanto difficili da quantificare nei numeri, sono state, come a terra, molto elevate.
L’affondamento al largo di Beirut e di Tiro di 3 modernissime unità capoclasse portaelicotteri, corvette da 850 tonnellate SAAR 5 con profili di coperta stealth, di fornitura Ingoold-USA e di una cannoniera SAAR 4.5 ad opera di batterie costiere di missili antinave C 801-2 di Hezbollah ha finito per dare risultati e significati diversi al confronto “Israele“-Libano da quello inizialmente sperato dall’Amministrazione Bush e messo in piedi con una guerra di aggressione dal governo Olmert.
La spallata auspicata dall’Amministrazione USA per la creazione di un “nuovo Medio Oriente“ si è rivelata un colpo lanciato nel vuoto che rafforza la capacità politica, militare e di immagine di Hezbollah e del Governo Siniora nel Medio Oriente e nel Golfo Persico, rafforzando il potere contrattuale di Siria e Iran.
L’America e “Israele” dovranno, in forza dei risultati raccolti sul campo, rivedere in profondità la loro strategia militare e, allo stesso tempo, ridimensionare molte delle ambizioni politiche e strategiche che coltivavano nella Regione.

Giancarlo Chetoni

06 settembre 2006

Tra il sacro ed il profano


Il seguente testo non vuole essere un attacco ai cattolici, molti dei quali sono persone degnissime ed in buona fede, ma una denuncia dell’inganno che si perpetua da millenni.

Anche se ho già affrontato il tema da differenti angolazioni, ritorno sull’argomento, essendo stato sollecitato da alcuni gentili lettori, per dare ulteriori delucidazioni. In primo luogo, vorrei raccontare un aneddoto: qualche giorno addietro, stanco di leggere i soliti stereotipati e fiacchi commenti circa il conflitto tra Israele ed Hezbollah, in cui si citavano olmert, diciamo d’alema, prodi, annan… cadendo nei più vieti luoghi comuni, ho scritto un commento in cui esortavo a considerare il ruolo dell’Opus diaboli (impropriamente Opus Dei), dei Gesuiti, del Vaticano, dei Cavalieri di Malta nel contesto internazionale in merito a conflitti, pedofilia, satanismo, controllo delle coscienze etc. La constatazione non è poi così peregrina: basti pensare alle banche cattoliche che primeggiano non certo nell’investimento in santini da vendere alle beghine che frequentano le chiese, ma in armi. Le armi si vendono ai belligeranti che notoriamente le usano per uccidere e distruggere. Sarebbe sufficiente questo per inchiodare la Chiesa massonica diabolica romana alle sue responsabilità, ma la Chiesa di Roma è molto più di una società di usurai istigatori di guerre.

Dicevo del commento: un utente del forum, credendo di essere ironico, mi ha esortato a scrivere un libro per collocarlo accanto al romanzo di Dan Brown, Il codice da Vinci. Qual è il motivo di questa stupida reazione? La maggior parte delle persone è abituata a pensare alla Chiesa di Roma come ad un club di decrepiti, panciuti e paciosi cardinali, amanti della buona cucina, rimbambiti, lussuriosi ed avidi, con tutto il corteo di vescovi altrettanto mangioni e libidinosi. Sono spesso considerati dei privilegiati che vivono nel lusso, dei gaudenti del tutto disinteressati a quello che accade intorno a loro. Si pensa quindi ad un’istituzione antiquata, ma tutto sommato non molto pericolosa, nonostante la presenza di certi sacerdoti lascivi ed alcuni cardinali finanzieri. Si crede che sia un'istituzione in crisi, a causa dello strapotere di logge e multinazionali. In realtà la Chiesa cattolica è una multinazionale: droga, pedofilia, satanismo non sono deviazioni della Chiesa, ma la sua quintessenza da sempre, anche se in forme differenti attraverso i secoli.

Il papa nero, ossia il generale dei Gesuiti, Hans Peter Kolvenbach,
è uno degli uomini più potenti ed intriganti che esistano. Nel libro Trance formation of America, gli autori spesso si riferiscono al pontefice, intimo amico di Ronald Reagan, come a persona al centro di loschi traffici: smercio di stupefacenti, pedopornografia, rituali luciferini, operazioni bancarie disinvolte, sacrifici umani, turpi collaborazioni con la Criminal Infamous Agency etc. Il pontefice contemporaneo di Reagan era Giovanni Paolo II, proprio lui, anche se probabilmente era una persona dalla mente controllata con droghe e con altri sistemi (Vedi Oltre l’MK Ultra).

Insomma la Chiesa di Roma, con le sue influenti diramazioni, è la cloaca in cui si riversa ogni liquame maleodorante. La Chiesa di Roma è la centrale operativa del crimine planetario: essa controlla la Massoneria, anche se ci fanno credere che sia in conflitto con le logge massoniche. Chi ce lo fa credere? Introvigne: ma lo avete visto, con quegli occhi satanici? Avete sentito quella voce chioccia? In confronto, la visione di un demone è rassicurante. Ci raccontano anche che la Chiesa cattolica è in contrasto con Scientology ed i Testimoni di Geova: quanti sanno che nell’Impero di USAtana il Vaticano ha stipulato un accordo con la congregazione fondata da Ron Hubbard per l’acquisizione di importanti istituti di credito? Quanti sanno che i cattolici nascondono, proprio come i testimoni di Geova, in immagini sacre apparentemente innocue, anche se kitch, simboli demoniaci e blasfemi (Vedi La chiave di volta). Quanti sanno che il Vaticano è implicato nell’infame operazione “scie chimiche”? (Vedi S. Pietro non scia) D’altronde dove si reca papa Ratzinger, gli aerei non passano. Leggete la risposta di Alfredo Lissoni, ufologo ed insegnante di religione, ad un lettore allarmato per il problema delle scie velenose. Lissoni, che pure si vanta di aver scritto dei libri sul governo occulto mondiale e sui segreti della C.I.A., farfuglia parole sguscianti, ambigue, inconsistenti, evasive. Visitate il sito di Blondet: non troverete neppure un articolo sul tema. Chissà perché… Sono questi gli “intellettuali cattolici”, figure lobotomizzate per mezzo di una religione fondata da un astuto e spregiudicato ebreo della Cilicia al servizio dei padroni Romani, una religione creata, mescolando rozze e sanguinarie credenze pagane ed ebraiche solo per rincretinire la gente, convincendola che due più due dà cinque. Sono questi gli intellettuali cattolici, furbastri ignoranti come socci mi scocci che promuovono la fanatica fede in madonne ologrammi, in fenomeni da baraccone. Quali sono poi i politici cattolici? andreotti-belzebù, il dottor Balanzone, belzebusconi… Ci si può fidare di costoro?

La Chiesa universale non è contro gli Stati Uniti ed Israele a favore degli Arabi o viceversa, poiché essa, con il suo immenso potere, manipola tutti i contendenti. Ovviamente, per riprendere una metafora di Icke, cattolici e massoni non di rado si azzuffano, quando bisogna spartirsi il bottino, ma sono come quei gangsters che litigano ferocemente dopo che, messa a segno la rapina in banca, si devono dividere i soldi. State certi che, in questi casi, la Chiesa di Roma fa quasi sempre la parte del leone, anzi… dell’orso.

Qualcuno esigerà che io esibisca delle prove di tutto ciò. Le prove esistono: basta saperle cercare. Si considerino i simboli luciferini (vedi L’arma di Benedetto XVI); si studi la storia e si analizzi la cronaca: la Chiesa di Roma è sempre stata al centro dei più efferati episodi, dalla persecuzione degli “eretici”, allo sterminio dei Catari, dalla distruzione della cultura Maya alle stragi di Ebrei, Ortodossi e Rom in Croazia con Pavlevic, santificato da quel sant’uomo di Giovanni Paolo II, alla guerra tra Hutu e Watussi fomentata da Radio Vaticana, fino agli omicidi eccellenti di Calvi e Sindona ed alle morti per tumore causate dalle antenne della micidiale emittente.

L’albero si vede dai suoi frutti: l’albero della Chiesa cattolica non può essere potato, perché la Chiesa tutta è corrotta e corruttrice. L’albero dev’essere svelto e bruciato.

tratto da zret.blogspot.com

09 settembre 2006

Quando la storia viene manipolata


Paolo Barnard, autore dell'interessantissimo volume "Perché ci odiano" pubblicato dalla Bur - ha espresso la sua opinione sul comunicato dell'UCOII e sulla situazione della comunità musulmana in Italia in due diverse email che ha avuto la gentilezza di inoltrarmi, e di cui pubblico molto volentieri alcuni stralci. Non voglio entrare nel merito dell'analisi del famigerato comunicato proposta in seguito, dal momento che la mia personale opinione su quel documento l'ho già espressa, e tantomeno sulla situazione dei musulmani in Italia, oggetto di numerosi post già pubblicati o che lo saranno tra breve. Ritengo comunque interessante dare spazio al punto di vista di un giornalista e di uno studioso che sarebbe opportuno conoscere, e magari in seguito - quando si saranno calmate le acque - approffondire e discutere, senza criminalizzazioni o isterismi, come sta purtroppo accadendo tuttora.

L'opinione di Barnard - sostiene lo stesso autore - deriva da uno studio approfondito e "sarebbe opportuno che io elencassi qui le prove di quanto affermo, ma non posso ovviamente riprodurre le oltre 340 pagine del mio libro". Consiglio quindi, ancora una volta, la lettura del libro su citato per capire da dove derivi un'opinione talmente "unpolitically correct" e direi persino rischiosa, soprattutto se espressa proprio mentre si sta discutendo di "cosa fare" dell'UCOII dopo la pubblicazione del comunicato in questione.

Per Barnard, "l’analogia fra i crimini israeliani e le pratiche naziste tracciata dall’UCOII è sicuramente uno sbaglio di comunicazione, ma vorrei sottolineare che nel merito essa è del tutto veritiera. Nel mio libro la documentazione storica, tutta esclusivamente di fonte ebraica autorevole, testimonia che in effetti Israele fin dalla sua nascita ha applicato in Palestina tecniche di discriminazione razziale e di terrore che ricalcano alla lettera la metodologia nazista e nazifascista con paralleli inquietanti persino nella ideologia sionista pre e post 1948, che vedeva e vede nell’arabo un "untermenschen" privo di qualità e di dignità umane. Il difetto dell’inserzione dell’UCOII sta solamente nell’aver 'brutalmente’ espresso quanto sopra alla ricerca di un effetto 'shock’ sul pubblico, probabilmente dettato dall’indignazione per quanto stava accadendo in Libano e dalla decennale frustrazione per l’indegno sistema di due pesi e due misure con cui sempre l’Occidente tratta le sofferenze arabe a fronte di quelle ebraiche. L’UCOII avrebbe dovuto invece condurre il pubblico italiano gradualmente attraverso una campagna di informazione di lungo respiro".

Barnard punta inoltre il dito contro "il sistema di due pesi e due misure e l’ipocrisia immorali che hanno sempre caratterizzato l’atteggiamento occidentale nei confronti della questione arabo-israeliana" che "vive e si nutre precisamente dell’assenza di verità storica sull’esistenza di un terrorismo ebraico dalle tinte talvolta neonaziste, che ha formato l’intera storia della nascita di Israele e che ancora oggi la forma, e che è ampiamente documentato oltre ogni possibile dubbio. Questo silenzio storico sulle sofferenze e sulle vite perdute di milioni di musulmani, sempre abbinato però a un’incessante (e in sé giusto) clamore per le sofferenze e per le vite perdute israeliane, ha permesso la nascita e la crescita proprio di quell’odio contro di noi che ha prodotto Al Qaida e ogni forma di terrorismo islamico-palestinese. Per fermare l’odio musulmano la verità va assolutamente raccontata, per quanto dura e scioccante, anche se certamente non con i metodi sbrigativi dell’UCOII. Secondo, non è possibile oggi alcun dialogo fra le parti, né alcuna speranza di pace, se la verità sui terrorismi non sarà appunto raccontata del tutto, se non sarà accettata e se le vittime arabe sottaciute e mai onorate non riceveranno pari dignità di quelle ebree. Chiedere alla parte araba di sedere ai tavoli di pace spazzando sotto al tappeto della Storia le immani ingiustizie e le atrocità che hanno patito per mano ebraica (col pieno appoggio occidentale) è assurdo e immorale, e in passato ha sempre condotto al fallimento delle trattative. Continuare così è sinonimo di rovina e di pericoli per l’intera umanità".

Nella sua seconda lettera, invece, Barnard si rivolge ad un dirigente musulmano e, idealmente, ai musulmani nel loro insieme dicendo: "Rendetevi conto: è in corso una immane campagna razzista di deumanizzazione del musulmano che deve essere ridotto a una figura infida, pericolosa e incompatibile con la modernità, e cioè un corpo alieno. E lei sa bene a cosa serve, e a chi serve, la deumanizzazione di un dato soggetto umano: serve a rendere possibile la sua repressione con metodi violenti senza suscitare reazioni di umano disgusto per quei metodi da parte delle opinioni pubbliche spettatrici. La Storia è zeppa di esempi, dalla Germania degli anni '30 e '40 contro gli ebrei, ai metodi di deumanizzazione del prigioniero politico in America Latina per permettere ai torturatori di seviziarlo senza crollare nel ribrezzo. Serve in altre parole a "rendere plausibile l'inimmaginabile" (Herman), e cioè, nel caso dell'Islam, a rendere plausibile la ancor maggiore brutalizzazione dei palestinesi fino al completamento della pulizia etnica della Palestina, e l'asservimento e/o abbruttimento sociale dei popoli musulmani che abitano i luoghi produttori di quelle risorse che devono "essere disponibili per il Mondo Libero" (NSC di Eisenhower), così che essi non siano mai più in grado di rivendicare per sé stessi quelle loro risorse. Questa non è dietrologia delirante. Sta accadendo già da decenni, e può accadere solo perché alle opinioni pubbliche occidentali fu venduta e ancora oggi è venduta una narrativa falsa su quasi tutto ciò che vi riguarda o che vi fu fatto. Dobbiamo invece, da occidentali, rivelare le verità della barbarie perpetrata dal mondo occidentale innanzitutto, poiché "oggi la gente non tollera più la barbarie, e se la scopre si mobilita per porle fine" (Chomsky).

Sherif El Sebaie
Fonte: http://salamelik.blogspot.com/

08 settembre 2006

Israele: un esercito senza storia


Se la percezione del suicidio di immagine registrato da “Israele” con la guerra di aggressione al Libano è immediata e senza appello a partire dai bombardamenti aerei su Beirut passando per la strage di Qana e finendo con la semina dei contenitori a grappolo sulle macerie dei villaggi colpiti (72 ore prima del “cessate il fuoco”, per rallentare l’opera di ricostruzione e colpire le popolazioni locali), è rimasta totalmente in ombra la dimensione e la profondità del K.O. subito a livello militare da Tsahal nello scontro con Hezbollah nel territorio della ‘Fascia Sud’.
Per facilità partiremo dalle immagini passate centinaia di volte sui media per celebrare la potenza di fuoco di “Israele” al ritmo - come si è voluto sostenere - di “1 colpo al minuto”: i semoventi d’artiglieria da 155 mm inquadrati sul terreno dalle telecamere a gruppi di 8-10 unità in azione isolata o congiunta di fuoco con centinaia di proiettili allineati e serventi di pezzo affaccendati a trasportare all’interno dei mezzi corazzati anche le cariche di lancio (contenitori cilindrici di colore bianco con polvere nera).
Saltando molte nozioni balistiche occorre sapere che il tiro di artiglieria è stato, in occasione di tutte le riprese televisive osservate, sempre ad alzo 45°, o giù di lì, alla massima gittata, mirato quindi sui villaggi e sulle città abbandonate dai profughi, per produrre più danni possibili ai centri abitati con l’obiettivo di fare terra bruciata al ritorno delle popolazioni locali colpevoli, nella logica di Tsahal, di appoggiare la struttura militare di Hezbollah.
Verrebbe da notare che “azioni belliche” dirette intenzionalmente contro villaggi, città e residenti sono nel diritto internazionale classificate come “crimini di guerra”.
In queste condizioni il fuoco di batteria è stato corretto sui dati della ricognizione aerea di zona che indica i livelli di distruzioni via via raggiunti sul terreno, per passare poi, secondo le priorità dei comandi di Tsahal, ad altri bersagli “paganti”.
Saltando problemi di effetto temperatura sulle anime dei cannoni, di umidità variabile delle cariche di lancio ed altro, si può affermare con tranquillità che sparare proiettili da 155 mm a distanze di 8-10 km può avere come obiettivo tattico solo bersagli civili di grosse dimensioni più che centri nemici di “punto” come posizioni fortificate di retrolinea o postazioni mobili di razzi Hezbollah.
Per capire l’usura e i costi di questo fuoco di artiglieria basterà pensare che l’interno dell’affusto del semovente dove scorre il proiettile spinto dalla carica di lancio, dopo 600-700 colpi deve essere completamente riallineato per mantenere l’efficienza della pressione di spinta, e dopo altri 400-500 colpi sostituito con costi altissimi.
Per quanto possa sembrare paradossale, la guerra di aggressione aerea, terrestre e navale al Libano è finita per costare ad “Israele” 6.8 miliardi di dollari, 1.7 miliardi di dollari in più di quanto occorrerà al Libano per ricostruire la sua economia e le sue infrastrutture. Queste indicazioni di spesa sono state rilevate dal quotidiano “New Yorker”, organo del Partito Comunista Americano, sul calcolo presunto dei costi per la “Israele Air Force” di 250 aerei F 15 e F 16 in azione di bombardamento per oltre un mese sul Libano, conteggiando uso del personale, i consumi dal carburante avio, fino al trasporto al bersaglio di 2 bombe da 500 pound ad ogni missione sugli obbiettivi in Libano. ;
Dal 1973 “Israele” ha ricevuto dagli USA linee di finanziamento, per acquisti militari, e crediti a fondo perduto per migliaia di miliardi di dollari.
Dopo la ritirata con la coda tra le gambe di Tsahal del 2000 dalla fascia a ridosso del confine “israelo”-libanese, Hezbollah ha costruito con l’assistenza di ingegneri militari migliaia di case isolate o a gruppi sui costoni delle colline, a ridosso di posizioni dominanti le vallate, disseminando il terreno di altrettante costruzioni che definiremo “falsi bersagli”.
Bersagli con le apparenze di fortini o di posizioni di osservazione. Con una particolarità. I capisaldi di difesa di Hezbollah sono stati costruiti invece con percentuali maggiorate di tondini di ferro, tetti orizzontali e solai in cemento spessorato.
In queste condizioni, le strutture portanti non collassano a sfoglia, ma rimangono in equilibrio precario senza seppellire sotto le macerie il piano terra. Sotto le fondamenta, in ordine sparso, sono stati costruiti dei rifugi antiaerei con più vie di fuga per l’esterno, su terreno libero. Hezbollah, coprendosi con un ombrello di “cemento armato” sulla testa , spesso a più piani, ha parzializzato gli effetti del bombardamento aereo con bombe a caduta libera da 350-500 pounds sganciate dagli F 16 e reso del tutto inoffensivo il tiro razzi aria-terra degli Apache e quello diretto, dei Merlava, da 120 mm capsulati.
Dal momento che un’abitazione del villaggio per essere approntata richiede gli stessi materiali per la costruzione di un bunker, a partire dallo sterro per la colata di cemento delle fondamenta, la ricognizione aerea e satellitare di Tsahal non è riuscita portare a termine una mappatura affidabile che distinguesse costruzioni “normali” da quelle con strutture ispessite e interrate da adibire a ricovero e protezione per i militanti di Hezbollah.
L’unico elemento che avrebbe potuto far distinguere a “Israele” l’obiettivo “vero” da quello “falso” con la ricognizione satellitare e aerea di zona era mantenere la contabilità aggiornata del numero dei viaggi delle betoniere costruzione per costruzione. Impresa pressoché impossibile che ha mandato, di fatto, a vuoto qualsiasi tentativo di osservazione e di classificazione dei bersagli da colpire, ammesso che sia possibile un bombardamento selettivo in grado di distruggere con precisione un bersaglio ed escluderne un altro con jets che spuntano velocità a media quota di 0.7-0.8 mach e che operano in condizioni di passaggio diretto sul bersaglio lanciando in sequenza di shaff alluminio magnesio per eludere la corsa a bersaglio di missili terra-aria Strela.
Tutte le strade di accesso ai villaggi, poco più che strade sterrate, costruite su tornanti “allungati”, sono state predisposte per interrare esplosivo plastico o posizionare cariche ai lati delle “strade”.
Il bombardamento aereo sulle strutture meno resistenti ha prodotto cumuli di macerie che sono state poi utilizzate da Hezbollah come centri di fuoco dotati di armi anticarro di grande precisione come i Kornet-E, con gittate, di giorno, oltre i 4.500 mt e una possibilità di perforazione di lastre d’acciaio di 1.200 mm, mentre nel combattimento ravvicinato il Partito di Dio ha usato gli RGP 39 con 500 mt di gittata anche come arma antipersonale contro Tsahal.
Il trasporto dei materiali edili per la fasciatura delle strutture in cemento armato ha permesso ad Hezbollah di trasportare a destinazione, sfuggendo anche qui alla ricognizione aerea e satellitare, esplosivi, mine anticarro, munizioni e armi leggere AK 47 e mitragliatrici AKM.
Per eludere e mandare a vuoto la ricerca aerea all’infrarosso, i nuclei di Nasrallah che operavano allo scoperto durante le ore notturne erano dotati di tute termiche di colore nero.
Il completamento di migliaia di abitazioni, dal 2000 al 2006, in aggiunta a quelle già esistenti, ha portato a un’efficace utilizzazione militare di queste strutture da parte di Hezbollah nel contrasto alla guerra di aggressione di Olmert e di “Israele”.
Gli appartamenti completati sono stati occupati dai combattenti del partito di Dio e dalle loro famiglie rinforzando un sistema di avvistamento e di allerta - specie nella fascia immediatamente a ridosso del confine, nei periodi precedenti l’aggressione di “Israele” - di grande efficienza, 24 ore su 24. Niente di quello che succedeva nell’area è sfuggito alla Milizia di Nasrallah.
Le strutture abbandonate sotto la pressione aerea, già minate, sono state fatte detonare a distanza da Hezbollah tutte le volte che un plotone o un unità di terra di Tsahal hanno preso possesso da vicino dei villaggi a ridosso del confine. In più casi, l’ utilizzo delle coperture ha portato all’annientamento di unità combattenti che avevano trovato rifugio all’interno delle stesse. Tsahal ha dovuto registrare la perdita di oltre 50 uomini prima di dover alloggiare all’aperto o in tenda i riservisti della fanteria esplorante.
Le perdite di Tsahal fin dai primi giorni dell’attacco via terra alla ‘Fascia Sud’ del Libano sono state ingenti. Sulla direttrice di attacco di Bint-Jbeil e Marun al-Ras, due villaggi a ridosso del confine, le forze corazzate di “Israele”, accompagnate da fanteria esplorante e da ricognizione blindata, hanno incontrato una forte resistenza.
I progressi sul terreno non hanno mai raggiunto profondità superiore a 1-3 km, mentre il controllo della zona, dopo una settimana, era ancora estremamente precario. La mobilità dei nuclei di Hezbollah, composti da unità di 7-8 combattenti armati di lanciarazzi e armi leggere, ha colto completamente di sorpresa lo stato maggiore di “Israele”.
Respinto l’attacco delle unità di élite di Tsahal che sono state ritirate dal campo con forti perdite, Hezbollah ha contenuto prima e contrastato poi con successo, in condizioni di inferiorità numerica di 1 a 10, la Brigata Golani e i battaglioni della Riserva della Israel Defence Force.
Per il Generale Halutz e il suo Stato maggiore il comportamento in battaglia delle Forze della Riserva è stato deludente. Per la prima volta nella “storia” di “Israele” l’assemblaggio sul campo di impiegati, operai dei kibbutz, universitari, professionisti e studenti delle scuole rabbiniche ha prodotto incertezze operative ed evidenziato larghi strati di demotivazione al combattimento.
Nel momento più intenso degli scontri, Hezbollah ha avuto sul campo 700 uomini.
Lo schieramento sul campo di Tsahal è stato tardivo e organizzato in condizioni di emergenza operativa rivelando crepe in coordinamento e logistica.
La mancanza di strade asfaltate ha reso problematico l’avanzamento dei carri da battaglia Merlava, costretti ad operare, proceduti da bulldozer, su percorsi accidentati e minati, esposti a contrattacchi anticarro di Hezbollah in zone rocciose a macchia mediterranea.
Un ambiente che ha offerto ottime capacità di mimetizzazione, appostamento e vie di fuga alla Milizia di Nasrallah, consentendole di limitare i caduti a qualche decina di uomini.
L’uso di formazioni di carri armati in colonna a quote collinari contraddistinte da vie di transito a scarsa carreggiata, sterrate, a tornanti lunghi, e da passaggi obbligati si è rivelato, e non poteva essere diversamente, un handicap strategico.
Le perdite di Tsahal al “cessate il fuoco”, in mezzi corazzati e blindati, possono essere riassunte in un numero non inferiore a 200 (duecento).
Le conferme sono arrivate da Victor Litovkin, un esperto militare di Ria Novosti, una delle più accreditate agenzie di stampa di Mosca. Ex ufficiale dell’Armata Sovietica, Litovkin può vantare, oltre a una riconosciuta serietà internazionale, un’ottima preparazione militare nel settore.
La sua relazione per “Reseau Voltaire” ha contabilizzato in 400 caduti e in oltre 1.000 feriti le perdite complessive di Tsahal nella ‘Fascia Sud’ del Libano. Da ricordare che i Merkava, come qualsiasi altro blindato, hanno un equipaggio formato da un conduttore, un armiere e un avvistatore capocarro.
Le azioni in profondità nella valle della Beqaa di commando di Tsahal alla ricerca e alla cattura, come è stato detto, di esponenti di primo piano di Hezbollah, e alla distruzione di depositi di razzi, si sono concluse con clamorosi e ripetuti insuccessi tattici.
Le forze elitrasportate di “Israele” sono state scoperte nelle fasi di trasferimento, attese e contrastate, ogni volta, duramente sul terreno da Hezbollah. Il ripiegamento dei commando è stato possibile solo con una forte copertura aerea.
La spiegazione va ricercata più che nella qualità professionale delle forze di Tsahal in una condizione di riequilibrio tecnologico sul terreno nell’avvistamento (satellitare dell’Iran?), radar (Siria?), nel probabile uso di U.A.V. (aerei senza pilota) e di un’efficiente comunicazione a terra di Hezbollah. Sull’intera ‘Fascia sud’ che va dal mare con una profondità di 8-10 km fino alle Fattorie di Shebaa, all’altezza del Golan e al fiume Litani, “Israele”, nell’ultima settimana prima del “cessate il fuoco”, ha operato più puntate di penetrazione, con fanteria a piedi, appoggiata da ricognizioni di Apache e appoggio di F 16 solo su direttrici di fondovalle sgombre da villaggi, città e posizioni fortificate di Hezbollah, con l’obbiettivo di tenere sotto controllo più terr eno possibile.
In queste condizioni, le linee di rifornimento di Tsahal si sono allungate fino al punto di non poter assicurare un’assistenza logistica e alimentare adeguata agli “scarponi” che aveva sul terreno, lasciandosi alle spalle e ai fianchi posizioni fisse e mobili di Hezbollah a qualche km di distanza. Una situazione tattica come, si può percepire, debole e sopportabile per tempi limitati.
Un altro aspetto da mettere in evidenza è stato il fallimento pressoché completo della Israel Defence Force nella distruzione di postazioni fisse e mobili di Hezbollah.
Il numero dei colpi piovuti dal Libano sull’Alta Galilea nell’arco di 3 settimane non ha subito interruzioni, a riprova della scarsa o nulla efficacia dell’azione d’individuazione e di distruzione dei punti e delle strutture di lancio di Hezbollah da parte dell’aviazione con la stella di David.
Si calcola che “Israele” sia stato colpito da oltre 4.500 razzi, di cui alcune decine (60) sono andati a bersaglio sulla città portuale di Haifa producendo danni di qualche entità a impianti industriali della zona.
Lo schieramento di batterie antimissile Patriot non ha sortito alcun effetto limitante. Non si è avuta notizia di lanci da parte di Tsahal contro razzi in arrivo sul territorio di “Israele”.
L’approntamento dei Patriot, con ogni probabilità, doveva servire a intercettare missili a maggior gittata e con tempi di percorrenza in volo più lunghi.
Il raggio d’azione di Hezbollah, con l’uso di razzi da 122 mm e 230 mm, è arrivato a 13 km con i Fajr, e ai 25-35 dei BM 21 e 31 lanciati da postazioni mobili sostenute durante le ore di luce da un’ottima mimetizzazione naturale e artificiale.
Postazioni carrate che dopo i lanci da rampe multicanna venivano opportunamente spostate sul terreno per non lasciare bersagli fissi ai jets di “Israele”.
Le vampe di lancio, lasciando una coda termica e una scia di fumo, permettono una rilevazione all’infrarosso e di immagini satellitari e la trasmissione di coordinate a terra e in volo che possono portare alla distruzione delle rampe. In più occasioni Hezbollah ha dato prova di disporre di un arsenale più agguerrito di quello usato sul campo come risposta all’aggressione di Tsahal al Libano. Si sono avute infatti notizie di singoli lanci Hezbollah che hanno raggiunto aree prossime alla città di Hadera e alla Cisgiordania Occupata con portate di tiro sui 70 km.
Un altro devastante insuccesso “Israele” l’ha incassato sul mare. La sua Marina da Guerra è uscita dal confronto con Hezbollah annientata per oltre metà della sua capacità bellica. Le perdite del personale imbarcato, per quanto difficili da quantificare nei numeri, sono state, come a terra, molto elevate.
L’affondamento al largo di Beirut e di Tiro di 3 modernissime unità capoclasse portaelicotteri, corvette da 850 tonnellate SAAR 5 con profili di coperta stealth, di fornitura Ingoold-USA e di una cannoniera SAAR 4.5 ad opera di batterie costiere di missili antinave C 801-2 di Hezbollah ha finito per dare risultati e significati diversi al confronto “Israele“-Libano da quello inizialmente sperato dall’Amministrazione Bush e messo in piedi con una guerra di aggressione dal governo Olmert.
La spallata auspicata dall’Amministrazione USA per la creazione di un “nuovo Medio Oriente“ si è rivelata un colpo lanciato nel vuoto che rafforza la capacità politica, militare e di immagine di Hezbollah e del Governo Siniora nel Medio Oriente e nel Golfo Persico, rafforzando il potere contrattuale di Siria e Iran.
L’America e “Israele” dovranno, in forza dei risultati raccolti sul campo, rivedere in profondità la loro strategia militare e, allo stesso tempo, ridimensionare molte delle ambizioni politiche e strategiche che coltivavano nella Regione.

Giancarlo Chetoni

06 settembre 2006

Tra il sacro ed il profano


Il seguente testo non vuole essere un attacco ai cattolici, molti dei quali sono persone degnissime ed in buona fede, ma una denuncia dell’inganno che si perpetua da millenni.

Anche se ho già affrontato il tema da differenti angolazioni, ritorno sull’argomento, essendo stato sollecitato da alcuni gentili lettori, per dare ulteriori delucidazioni. In primo luogo, vorrei raccontare un aneddoto: qualche giorno addietro, stanco di leggere i soliti stereotipati e fiacchi commenti circa il conflitto tra Israele ed Hezbollah, in cui si citavano olmert, diciamo d’alema, prodi, annan… cadendo nei più vieti luoghi comuni, ho scritto un commento in cui esortavo a considerare il ruolo dell’Opus diaboli (impropriamente Opus Dei), dei Gesuiti, del Vaticano, dei Cavalieri di Malta nel contesto internazionale in merito a conflitti, pedofilia, satanismo, controllo delle coscienze etc. La constatazione non è poi così peregrina: basti pensare alle banche cattoliche che primeggiano non certo nell’investimento in santini da vendere alle beghine che frequentano le chiese, ma in armi. Le armi si vendono ai belligeranti che notoriamente le usano per uccidere e distruggere. Sarebbe sufficiente questo per inchiodare la Chiesa massonica diabolica romana alle sue responsabilità, ma la Chiesa di Roma è molto più di una società di usurai istigatori di guerre.

Dicevo del commento: un utente del forum, credendo di essere ironico, mi ha esortato a scrivere un libro per collocarlo accanto al romanzo di Dan Brown, Il codice da Vinci. Qual è il motivo di questa stupida reazione? La maggior parte delle persone è abituata a pensare alla Chiesa di Roma come ad un club di decrepiti, panciuti e paciosi cardinali, amanti della buona cucina, rimbambiti, lussuriosi ed avidi, con tutto il corteo di vescovi altrettanto mangioni e libidinosi. Sono spesso considerati dei privilegiati che vivono nel lusso, dei gaudenti del tutto disinteressati a quello che accade intorno a loro. Si pensa quindi ad un’istituzione antiquata, ma tutto sommato non molto pericolosa, nonostante la presenza di certi sacerdoti lascivi ed alcuni cardinali finanzieri. Si crede che sia un'istituzione in crisi, a causa dello strapotere di logge e multinazionali. In realtà la Chiesa cattolica è una multinazionale: droga, pedofilia, satanismo non sono deviazioni della Chiesa, ma la sua quintessenza da sempre, anche se in forme differenti attraverso i secoli.

Il papa nero, ossia il generale dei Gesuiti, Hans Peter Kolvenbach,
è uno degli uomini più potenti ed intriganti che esistano. Nel libro Trance formation of America, gli autori spesso si riferiscono al pontefice, intimo amico di Ronald Reagan, come a persona al centro di loschi traffici: smercio di stupefacenti, pedopornografia, rituali luciferini, operazioni bancarie disinvolte, sacrifici umani, turpi collaborazioni con la Criminal Infamous Agency etc. Il pontefice contemporaneo di Reagan era Giovanni Paolo II, proprio lui, anche se probabilmente era una persona dalla mente controllata con droghe e con altri sistemi (Vedi Oltre l’MK Ultra).

Insomma la Chiesa di Roma, con le sue influenti diramazioni, è la cloaca in cui si riversa ogni liquame maleodorante. La Chiesa di Roma è la centrale operativa del crimine planetario: essa controlla la Massoneria, anche se ci fanno credere che sia in conflitto con le logge massoniche. Chi ce lo fa credere? Introvigne: ma lo avete visto, con quegli occhi satanici? Avete sentito quella voce chioccia? In confronto, la visione di un demone è rassicurante. Ci raccontano anche che la Chiesa cattolica è in contrasto con Scientology ed i Testimoni di Geova: quanti sanno che nell’Impero di USAtana il Vaticano ha stipulato un accordo con la congregazione fondata da Ron Hubbard per l’acquisizione di importanti istituti di credito? Quanti sanno che i cattolici nascondono, proprio come i testimoni di Geova, in immagini sacre apparentemente innocue, anche se kitch, simboli demoniaci e blasfemi (Vedi La chiave di volta). Quanti sanno che il Vaticano è implicato nell’infame operazione “scie chimiche”? (Vedi S. Pietro non scia) D’altronde dove si reca papa Ratzinger, gli aerei non passano. Leggete la risposta di Alfredo Lissoni, ufologo ed insegnante di religione, ad un lettore allarmato per il problema delle scie velenose. Lissoni, che pure si vanta di aver scritto dei libri sul governo occulto mondiale e sui segreti della C.I.A., farfuglia parole sguscianti, ambigue, inconsistenti, evasive. Visitate il sito di Blondet: non troverete neppure un articolo sul tema. Chissà perché… Sono questi gli “intellettuali cattolici”, figure lobotomizzate per mezzo di una religione fondata da un astuto e spregiudicato ebreo della Cilicia al servizio dei padroni Romani, una religione creata, mescolando rozze e sanguinarie credenze pagane ed ebraiche solo per rincretinire la gente, convincendola che due più due dà cinque. Sono questi gli intellettuali cattolici, furbastri ignoranti come socci mi scocci che promuovono la fanatica fede in madonne ologrammi, in fenomeni da baraccone. Quali sono poi i politici cattolici? andreotti-belzebù, il dottor Balanzone, belzebusconi… Ci si può fidare di costoro?

La Chiesa universale non è contro gli Stati Uniti ed Israele a favore degli Arabi o viceversa, poiché essa, con il suo immenso potere, manipola tutti i contendenti. Ovviamente, per riprendere una metafora di Icke, cattolici e massoni non di rado si azzuffano, quando bisogna spartirsi il bottino, ma sono come quei gangsters che litigano ferocemente dopo che, messa a segno la rapina in banca, si devono dividere i soldi. State certi che, in questi casi, la Chiesa di Roma fa quasi sempre la parte del leone, anzi… dell’orso.

Qualcuno esigerà che io esibisca delle prove di tutto ciò. Le prove esistono: basta saperle cercare. Si considerino i simboli luciferini (vedi L’arma di Benedetto XVI); si studi la storia e si analizzi la cronaca: la Chiesa di Roma è sempre stata al centro dei più efferati episodi, dalla persecuzione degli “eretici”, allo sterminio dei Catari, dalla distruzione della cultura Maya alle stragi di Ebrei, Ortodossi e Rom in Croazia con Pavlevic, santificato da quel sant’uomo di Giovanni Paolo II, alla guerra tra Hutu e Watussi fomentata da Radio Vaticana, fino agli omicidi eccellenti di Calvi e Sindona ed alle morti per tumore causate dalle antenne della micidiale emittente.

L’albero si vede dai suoi frutti: l’albero della Chiesa cattolica non può essere potato, perché la Chiesa tutta è corrotta e corruttrice. L’albero dev’essere svelto e bruciato.

tratto da zret.blogspot.com