11 luglio 2007

La Ricerca Scientifica



Ma cos'è' il metodo scientifico così largamente propagandato quale unica e “pura” forma di verità e chi sono veramente gli scienziati? Questi “cervelloni” che ci donano ogni ben di dio per la nostra piacevole vita?
Molto distanti dall'essere immacolati ricercatori, sono in genere “stipendiati” dallo Stato e, per la maggior parte, da “Enti e Fondazioni private” e loro, come la maggior parte dei comuni mortali, desiderano fare carriera e guadagnare di più, mantenendo il loro posto di lavoro.
Tutte le ricerche a cui si applicano vengono “ordinate” e devono necessariamente portare due risultati: arricchire chi li finanzia; arricchire loro, di riflesso.
Se poi le ricerche da loro effettuate siano più o meni utili al miglioramento della vita del genere umano, questo è solo un aspetto secondario. Gli scienziati quindi sono, a tutti gli effetti, dei “sacerdoti” di una dottrina che non opera esclusivamente per il bene dell'umanità come, invece, ci fanno credere, bensì semplici “operai” al servizio di chi li finanzia con grassi assegni allo scopo di produrre un bene o servizio che dia non solo un profitto economico, ma anche di potere a chi lo ha ordinato.
Quanto è attendibile chi lavora sottoposto a questi condizionamenti?

Non desidero qui elencare di nuovo tutte le sperimentazioni fatte sull'uomo nel corso degli ultimi 50 anni.
Il metodo scientifico non è affatto sacro e le cifre parlano da sole: milioni di persone muoiono ogni anno di varie malattie, nonostante le campagne di vaccinazione, ogni giorno muoiono negli ospedali italiani 90 persone a causa di infezioni e di terapie anti-vita, decine di migliaia ogni anno si ammalano di leucemia e cancro a causa delle microonde elettromagnetiche, altre decine di migliaia vengono ricoverate negli ospedali con gravi infezioni respiratorie e cardiache a causa delle irrorazioni con le scie chimiche nei cieli del mondo intero, migliaia e migliaia ogni anno vengono ricoverate per reazioni allergiche e intossicazioni da farmaci ecc. ecc.
Diciamo che è giunto il tempo di smettere di chiamare “metodo scientifico” quello che in realtà è solo ignoranza umana rivestita di mistificazioni accademiche e spesso volutamente devastanti per l'umanità.
Ricordiamoci sempre che i nostri cinque sensi sono limitati solo a ciò che percepiamo e quindi ci fanno vedere le cose in maniera parziale, per non parlare degli indottrinamenti mentali a cui veniamo sottoposti fin dalla nostra culla, tutti sviluppati per farci credere che la scienza umana sia al di sopra di tutto, anche di quella Divina.
Ma in realtà le cose non stanno affatto così!!!

Cosa c'è in effetti di più irrazionale della razionalità? In nome di questa impostazione assolutamente integralista, molti si dibattono scontrandosi e dividendosi per i più banali motivi, cercando di discreditare altri con “prove” che provengono da altri umani con le loro razionalità basate su metodi parziali ed inesatti. Sulla base di questo, vediamo spesso in TV esperti del CICAP negare tutto ciò che non rientra nella loro “religione” scientista.
Tempo fa abbiamo assistito ad una puntata di “Cominciamo Bene” su RaiTre (9 maggio 2005) in cui il Prof. Odifreddi ha attaccato frontalmente la religione, omologandola ai maghi ed alla superstizione, o anche ad una puntata delle “Iene” su Mediaset (5 maggio 2005) in cui una “povera” Margherita Hack esprime con orgoglio una fede incrollabile verso l'ateismo piu' assoluto in nome del dio della scienza.
Ma se si vuole fare una seria “ricerca scientifica” sincera e scevra da pregiudizi, il principio fondamentale dovrebbe essere proprio il prendere in considerazione tutte le possibili variabili di un fenomeno, qualunque esso sia, perchè non necessariamente è detto che quello che al nostro pensiero sembra più corretto sia veramente la cosa più giusta.
Solamente quando l'uomo sarà libero dagli schemi mentali precostituiti dalla nascita e dai pregiudizi ignoranti delle vere realtà a cui la nostra mente è ancora ottusa, potrà scoprire nel prossimo futuro cose meravigliose che potranno cambiare in meglio la condizione dell'intera umanità, promuovendola così da semplice parassita del pianeta Terra ad una nuova specie veramente degna di vivere nell'universo con altri in pace e armonia per gli eoni degli eoni.
B O J S

10 luglio 2007

Riforma o Rivoluzione aspettando l'8 settembre

In questo caos politico ognuno dice "facciamo chiarezza". Un altro modo di dire mettiamoci d'accordo sulle balle da raccontare tanto cosa possono farci? Nuotiamo sulla stessa acqua! Qualcuno si lascia sfuggire "Non possiamo pensare alle riforme, dobbiamo pensare alle tasse, alle evasioni fiscali a tutto quello che è tassabile".

Perchè ?

Perchè, si è scoperto l’immenso spreco provocato dalle «partecipate», ossia dagli enti un tempo pubblici o municipali ora pseudo-privatizzati, dall’ENI all’ENEL alla Centrale del Latte di un qualunque Comune.
Queste aziende ex di Stato sono state dichiarate «private», il che significa che sono ora soggette al diritto privato e non al controllo pubblico.
Ma la loro privatizzazione è meramente formale, legalistica.
Restano aziende pubbliche per almeno due motivi: poiché l’azionista di maggioranza di queste presunte società per azioni resta il Tesoro, o il Comune o la Regione, a pagare le perdite sono sempre i contribuenti, attraverso le casse pubbliche.
Queste SpA presunte, fornendo un servizio pubblico, non possono esser lasciate.
Non si possono lasciare senza luce, acqua e gas i cittadini delle ex-municipali, ora «partecipate».
Queste cosiddette imprese, inoltre, continuano ad operare più o meno in regime di monopolio: dunque sono al di fuori di ogni «mercato», su di loro non agisce la mano invisibile di Adam Smith, e non devono occuparsi di alcuna «competitività».
A che cosa è servito dunque «privatizzarle»?
E si capisce che sarebbe facile, qui la «riforma»: basta ritornare al sistema pubblico per tutto ciò che dà servizi pubblici. Perché la privatizzazione (pseudo) non ha nulla a che fare con la devoluzione, e nemmeno con la democrazia. Aziende pubbliche erano autoritarie, ma soggette a qualche genere di controllo e in teoria almeno, possono essere rese più trasparenti.
Le aziende «partecipate» restano autoritarie, ma ora opache e non-responsabili, in mano ad oligarchie che si sottraggono ad ogni controllo ed esame.
Sono «private» nel senso che se ne infischiano del bene pubblico (res publica), ma non portano nessuna efficienza né vantaggio al consumatore o utente.
Dunque, si deve creare uno statuto giuridico diverso e nuovo per queste aziende.
Si deve ri-centralizzare ogni servizio pubblico: la regionalizzazione, proclamata per portare «il potere vicino al cittadino», è solo un enorme colabrodo con più buchi di prima.
E poi, che senso ha chiamare Servizio Sanitario Nazionale un’entità che invece è gestita dalle regioni, ciascuna a suo modo, con ineguali servizi e costi enormemente diversi?
Perché infinite municipalizzate per fornire elettricità e gas, comprati da fornitori unici e colossali, come l’Arabia, l’Algeria e la Russia, che sono pure stati sovrani?
Centralizzare è d’obbligo, per risparmiare e rendere più efficiente il servizio, e perché i manager capaci non sono poi tanti.
Ma questa riforma «facile» è anche quella che non si farà.
L’Ulivo non la farà perché è appunto il partito dei parassiti miliardari di stato e delle burocrazie inadempienti. Ma anche il Polo si è ben guardato dal fare una riforma di questo spreco vergognoso: è troppo comodo disporre di posti inutili ma ben pagati per amici e clienti.
Chi può farlo?
Strano a dirsi nella presunta «culla del diritto» (dove è vero il diritto non è mai uscito dalla culla), nessun giurista, nessuna Corte costituzionale, ha avvertito la perversione legale, la vera patologia del diritto che è costituita da «partecipate» che sono «private» per statuto, ma le cui perdite vengono pagate da contribuenti.
Il mostro giuridico dura, perché serve.
La Banca d’Italia non fiata: il grande responsabile e promotore di queste privatizzazioni false e mostruose è stato Mario Draghi, che può citare in suo appoggio anche Monti, Ciampi, Padoa Schioppa…tutta gente che il «mercato» non sa nemmeno cos’è, e che ha trovato il modo di perpetuare il suo potere attraverso questo nuovo mostro giuridico.
Nessuno vorrà farlo.
Nessuna burocrazia inutile, nella storia, si è riformata da sé.
Nessuna mostruosità è mai stata spontaneamente risanata, anche quando la sua natura suicida era chiara a tutti: così come la legge sciagurata che diede al Parlamento polacco l’obbligo di decidere all’unanimità, benchè palesemente paralizzante e patologico, non fu mai sanato dai parlamentari.
Il motivo è semplice: ciascuno di loro aveva un diritto di veto, un potere demente a cui non voleva rinunziare.
La «guarigione» venne solo dall’esterno: con spartizioni della Polonia fra le potenze vicine, perdite di territorio e di indipendenza spaventevoli…
Così accadrà all’Italia.
Stiamo davvero andando verso la situazione dell’Argentina, a forza di tasse per pagare i parassiti e i loro sprechi.
Il nostro destino è già stato descritto: «Una spirale discendente a circolo vizioso, dove la debolezza della crescita economica provoca introiti fiscali in diminuzione nonostante ogni inasprimento della torchia; conseguente rialzo dei tassi a lungo termine sul debito pubblico, a cui seguiranno tasse ancora più feroci, che provocheranno un ulteriore rallentamento dell’economia e un deficit pubblico crescente dovuto a introiti fiscali ancora diminuiti».
La spirale argentina.
Nessuno ci salverà, perché lorsignori che sono al potere saranno pronti ad accusare chi proponesse le necessarie evidenti riforme di «ritorno al centralismo», di socialismo (tale è la pretesa che la cosa pubblica resti pubblica e non sia regalata ai privati), e di sospette nostalgie autoritarie antidemocratiche.
Ma la «democrazia» su cui loro presiedono e da cui ricavano le loro ricchezze è quella così definita da Gore Vidal: «il sistema che dà ai ricchi la licenza di rubare ai poveri, facendo loro credere che hanno votato per questo risultato».
La sola soluzione - come sempre quando si tratta di sbattere fuori una grossa casta di parassiti costosi - si chiama rivoluzione.
Ma chi la vuole fare?
Blondet M.

09 luglio 2007

Garibaldi: pirata, massone e ... Padre della Patria


Giuseppe Garibaldi ci è stato presentato come l'eroe dagli occhi
azzurri, biondo, alto, coraggioso, romantico, idealista; colui il quale
metteva a repentaglio la propria vita per la libertà altrui. Non esiste
città d'Italia che non gli abbia dedicato una piazza o una strada.
Garibaldi non era alto, era biondiccio e pieno di reumatismi, camminava
quasi curvo e dovevano alzarlo in due sul suo cavallo. Portava i
capelli lunghi, si dice nel sud, perché violentando una ragazza questa
gli staccò un orecchio. Questo signore non era un eroe; oggi lo si
chiamerebbe delinquente, terrorista, mercenario. Era alto 1,65, aveva
le gambe arcuate e curava molto la sua persona.

Fra il 1825 ed il 1832 fu quasi sempre imbarcato intraprendendo viaggi
nel Mediterraneo. Nel 1833, durante un viaggio a Taganrog ebbe modo di
conoscere dei rivoluzionari che lo affascinarono all'idea della
fratellanza umana ed universale e all'abolizione delle classi, idee che
si rifacevano al Saint Simon. Cominciò, pertanto, a pensare all'idea
dell'unificazione italiana da realizzare con l'abbattimento di tutte le
monarchie allora dominanti e la fondazione di una repubblica.

Accrebbe codesta convinzione quando incontrò Giuseppe Mazzini nei
sobborghi di Marsiglia e, affascinato dalle idee del genovese, si
iscrisse alla setta segreta "Giovine Italia". Nel dicembre del 1833 si
arruolò nella marina piemontese per sobillare e per praticare la
propaganda della setta tra i marinai savoiardi. Nel 1834 tentò un'
insurrezione a Genova contro il Piemonte; scoperto riuscì a fuggire in
Francia. Processato in contumacia a Genova, fu condannato a morte per
alto tradimento dal governo piemontese. Nel 1835 fuggì in Brasile,
considerato una specie d'Eldorado dagli emigranti piemontesi che in
patria non trovavano lavoro, ed erano tantissimi; da lì e dalle altre
province del nord, ogni anno un milione di emigranti raggiungevano le
terre Sudamericane.

Fra i 28 e 40 anni Garibaldi visse come un corsaro ed imitò i grandi
pirati del passato assaltando navi, saccheggiando e, come dice Denis
Mack Smith a pag. 14 "...si abituò a vedere nei grandi proprietari
delle pampas un tipo ideale di persona delle pampas". Al diavolo la
lotta di classe! il danaro era più importante - diciamo noi. A Rio de
Janeiro si iscrisse alla sezione locale della Giovine Italia. Nel 1836
chiese a Mazzini se poteva cominciare la lotta di liberazione
affondando navi piemontesi ed austriache che stazionavano a Rio.
Il rappresentante piemontese nella capitale brasiliana rapportò al
governo sabaudo che nelle case di quei rivoluzionari sventolava la
bandiera tricolore, simbolo di rivoluzione e sovversivismo. Nel maggio
del 1837, con i soldi della carboneria, Garibaldi mise in mare una
barca di 20 tonnellate per predare navi brasiliane; non a caso fu
battezzata Mazzini.

Quest'uomo, condannato a morte per alto tradimento e poi pirata e
corsaro nel fiume Rio Grande, è il nostro eroe nazionale; anzi, non lo
è più! Ora è eroe della nazione Nord. In Uruguay si batteva per
assicurare il monopolio commerciale all'Impero Britannico contrastando
l'egemonia cattolico-ispanica. Nel 1844, a Montevideo iniziò la sua
vera carriera di massone dopo l'iniziazione avuta con l'iscrizione alla
Giovine Italia del Mazzini. In Italia i pennivendoli di regime
continuano ad osannare le imprese banditesche del pirata nizzardo
offendendo la storia e la dignità delle nazioni Sudamericane.

L'indignazione della gente è racchiusa in un articolo di un giornale,
il Pais che vende 300.000 copie giornaliere e che così si è espresso
il 27-7-1995 a pag. 6: "... Garibaldi. Il presidente d'Italia è stato
nostro illustre visitante...... Disgraziatamente, in un momento della
sua visita, il presidente italiano si è riferito alla presenza di
Garibaldi nel Rio della Plata, in un momento molto speciale della
storia delle nazioni di questa parte del mondo. E, senza animo di
riaprire vecchie polemiche e aspre discussioni, diciamo al dott.
Scalfaro che il suo compatriota (ndr, Giuseppe Garibaldi) non ha
lottato per la libertà di queste nazioni come (Scalfaro) afferma.
Piuttosto il contrario". La carriera massonica di Garibaldi culminò
col 33°gr. ricevuto a Torino nel 1862, la suprema carica di Gran
Hierofante del Rito Egiziano del Menphis-Misraim nel 1881.

Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi dal 4° al 33° e
a condurre il rito fu mandato Francesco Crispi accompagnato da altri
cinque fra massoni. Il mito di Garibaldi finisce quando si apprende che
la spedizione dei Mille fu finanziata dalla massoneria inglese con una
somma spaventosa di piastre turche equivalenti a milioni di dollari in
moneta attuale (2). Con tale montagna di denaro poté corrompere
generali, alti funzionari e ministri borbonici, tra i quali non pochi
erano massoni. Come poteva vincere Francesco II, se il suo primo
ministro, Don Liborio Romano era massone d'alto grado.

Appena arrivato a Palermo, Garibaldi saccheggiò il Banco di Sicilia di
ben cinque milioni di ducati come fece saccheggiare tutte le chiese e
tutto ciò che trovava sulla sua strada. In una lettera Vittorio
Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le ruberie del pirata
nizzardo : "Come avrete visto, ho liquidato rapidamente la
sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene - siatene certo - questo
personaggio non è affatto così docile né così onesto come lo si dipinge
, e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto,
come prova l'affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso
qui, ad esempio l'infame furto di tutto il denaro dell'erario, è da
attribuirsi interamente a lui, che s'è circondato di canaglie, ne ha
seguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una
situazione spaventosa".

Ma erano mille i garibaldini? Certamente. Ma ogni giorno sbarcavano
sulla costa siciliana migliaia di soldati piemontesi congedati dall'
esercito sabaudo per l'occasione dall'altro massone Cavour ed arruolati
in quello del generale nizzardo. Una spedizione ben congegnata,
raffinata, scientifica, appoggiata dalla flotta inglese ed assistita
da valenti esperti internazionali. La massoneria siciliana, da anni,
stava preparando la sollevazione e mise a disposizione di Garibaldi
tutto l'apparato mafioso della Trinacria. A Bronte fece fucilare
per mano di Nino Bixio i contadini che avevano osato "usurpare" le
terre concesse agli inglesi dai Borbone.

Ecco chi era il vero Garibaldi! Amico e servo dei figli d'Albione,
assassino e criminale di guerra per aver fatto fucilare cittadini
italiani a Bronte. Il socialismo, l'uguaglianza, la libertà potevano
anche andare a farsi benedire di fronte allo sporco danaro e al suo
servilismo massonico. Suo fine non era dare libertà alle genti del Sud
ma togliere loro anche la vita. Scopo della sua missione fu quello di
distruggere la chiesa cattolica e sostituirla con quella massonica
guidata da Londra.

Garibaldi, questo avventuriero, definiva Pio IX "...un metro cubo di
letame" in quanto lo riteneva - acerrimo nemico dell'Italia e dell'
unità". Considerava il papa "...la più nociva di tutte le creature,
perché egli, più di nessun altro, è un ostacolo al progresso umano,
alla fratellanza degli uomini e dei popoli", inoltre affermò che:
"...Se sorgesse una società del demonio, che combattesse dispotismo e
preti, mi arruolerei nelle sue file" . Era chiaro l'obiettivo della
massoneria: colpire il potere della chiesa e con esso scardinare le
monarchie cattoliche per asservirle ad uno stato laico per potere
finalmente mettere le mani sui nuovi mercati, sulle loro immense
ricchezze umane, sulle loro ricche industrie, sui loro demani pubblici,
sui beni ecclesiastici, sulle riserve auree del Regno delle Due Sicilie, sulle banche.

Con la breccia di Porta Pia finì il potere temporale dei papi con
grande esultanza dei fra massoni. Roma divenne così capitale d'Italia
e della massoneria, come aveva stabilito Albert Pike, designando come
suo successore Adriano Lemmi, massimo esponente del Rito Palladio.

11 luglio 2007

La Ricerca Scientifica



Ma cos'è' il metodo scientifico così largamente propagandato quale unica e “pura” forma di verità e chi sono veramente gli scienziati? Questi “cervelloni” che ci donano ogni ben di dio per la nostra piacevole vita?
Molto distanti dall'essere immacolati ricercatori, sono in genere “stipendiati” dallo Stato e, per la maggior parte, da “Enti e Fondazioni private” e loro, come la maggior parte dei comuni mortali, desiderano fare carriera e guadagnare di più, mantenendo il loro posto di lavoro.
Tutte le ricerche a cui si applicano vengono “ordinate” e devono necessariamente portare due risultati: arricchire chi li finanzia; arricchire loro, di riflesso.
Se poi le ricerche da loro effettuate siano più o meni utili al miglioramento della vita del genere umano, questo è solo un aspetto secondario. Gli scienziati quindi sono, a tutti gli effetti, dei “sacerdoti” di una dottrina che non opera esclusivamente per il bene dell'umanità come, invece, ci fanno credere, bensì semplici “operai” al servizio di chi li finanzia con grassi assegni allo scopo di produrre un bene o servizio che dia non solo un profitto economico, ma anche di potere a chi lo ha ordinato.
Quanto è attendibile chi lavora sottoposto a questi condizionamenti?

Non desidero qui elencare di nuovo tutte le sperimentazioni fatte sull'uomo nel corso degli ultimi 50 anni.
Il metodo scientifico non è affatto sacro e le cifre parlano da sole: milioni di persone muoiono ogni anno di varie malattie, nonostante le campagne di vaccinazione, ogni giorno muoiono negli ospedali italiani 90 persone a causa di infezioni e di terapie anti-vita, decine di migliaia ogni anno si ammalano di leucemia e cancro a causa delle microonde elettromagnetiche, altre decine di migliaia vengono ricoverate negli ospedali con gravi infezioni respiratorie e cardiache a causa delle irrorazioni con le scie chimiche nei cieli del mondo intero, migliaia e migliaia ogni anno vengono ricoverate per reazioni allergiche e intossicazioni da farmaci ecc. ecc.
Diciamo che è giunto il tempo di smettere di chiamare “metodo scientifico” quello che in realtà è solo ignoranza umana rivestita di mistificazioni accademiche e spesso volutamente devastanti per l'umanità.
Ricordiamoci sempre che i nostri cinque sensi sono limitati solo a ciò che percepiamo e quindi ci fanno vedere le cose in maniera parziale, per non parlare degli indottrinamenti mentali a cui veniamo sottoposti fin dalla nostra culla, tutti sviluppati per farci credere che la scienza umana sia al di sopra di tutto, anche di quella Divina.
Ma in realtà le cose non stanno affatto così!!!

Cosa c'è in effetti di più irrazionale della razionalità? In nome di questa impostazione assolutamente integralista, molti si dibattono scontrandosi e dividendosi per i più banali motivi, cercando di discreditare altri con “prove” che provengono da altri umani con le loro razionalità basate su metodi parziali ed inesatti. Sulla base di questo, vediamo spesso in TV esperti del CICAP negare tutto ciò che non rientra nella loro “religione” scientista.
Tempo fa abbiamo assistito ad una puntata di “Cominciamo Bene” su RaiTre (9 maggio 2005) in cui il Prof. Odifreddi ha attaccato frontalmente la religione, omologandola ai maghi ed alla superstizione, o anche ad una puntata delle “Iene” su Mediaset (5 maggio 2005) in cui una “povera” Margherita Hack esprime con orgoglio una fede incrollabile verso l'ateismo piu' assoluto in nome del dio della scienza.
Ma se si vuole fare una seria “ricerca scientifica” sincera e scevra da pregiudizi, il principio fondamentale dovrebbe essere proprio il prendere in considerazione tutte le possibili variabili di un fenomeno, qualunque esso sia, perchè non necessariamente è detto che quello che al nostro pensiero sembra più corretto sia veramente la cosa più giusta.
Solamente quando l'uomo sarà libero dagli schemi mentali precostituiti dalla nascita e dai pregiudizi ignoranti delle vere realtà a cui la nostra mente è ancora ottusa, potrà scoprire nel prossimo futuro cose meravigliose che potranno cambiare in meglio la condizione dell'intera umanità, promuovendola così da semplice parassita del pianeta Terra ad una nuova specie veramente degna di vivere nell'universo con altri in pace e armonia per gli eoni degli eoni.
B O J S

10 luglio 2007

Riforma o Rivoluzione aspettando l'8 settembre

In questo caos politico ognuno dice "facciamo chiarezza". Un altro modo di dire mettiamoci d'accordo sulle balle da raccontare tanto cosa possono farci? Nuotiamo sulla stessa acqua! Qualcuno si lascia sfuggire "Non possiamo pensare alle riforme, dobbiamo pensare alle tasse, alle evasioni fiscali a tutto quello che è tassabile".

Perchè ?

Perchè, si è scoperto l’immenso spreco provocato dalle «partecipate», ossia dagli enti un tempo pubblici o municipali ora pseudo-privatizzati, dall’ENI all’ENEL alla Centrale del Latte di un qualunque Comune.
Queste aziende ex di Stato sono state dichiarate «private», il che significa che sono ora soggette al diritto privato e non al controllo pubblico.
Ma la loro privatizzazione è meramente formale, legalistica.
Restano aziende pubbliche per almeno due motivi: poiché l’azionista di maggioranza di queste presunte società per azioni resta il Tesoro, o il Comune o la Regione, a pagare le perdite sono sempre i contribuenti, attraverso le casse pubbliche.
Queste SpA presunte, fornendo un servizio pubblico, non possono esser lasciate.
Non si possono lasciare senza luce, acqua e gas i cittadini delle ex-municipali, ora «partecipate».
Queste cosiddette imprese, inoltre, continuano ad operare più o meno in regime di monopolio: dunque sono al di fuori di ogni «mercato», su di loro non agisce la mano invisibile di Adam Smith, e non devono occuparsi di alcuna «competitività».
A che cosa è servito dunque «privatizzarle»?
E si capisce che sarebbe facile, qui la «riforma»: basta ritornare al sistema pubblico per tutto ciò che dà servizi pubblici. Perché la privatizzazione (pseudo) non ha nulla a che fare con la devoluzione, e nemmeno con la democrazia. Aziende pubbliche erano autoritarie, ma soggette a qualche genere di controllo e in teoria almeno, possono essere rese più trasparenti.
Le aziende «partecipate» restano autoritarie, ma ora opache e non-responsabili, in mano ad oligarchie che si sottraggono ad ogni controllo ed esame.
Sono «private» nel senso che se ne infischiano del bene pubblico (res publica), ma non portano nessuna efficienza né vantaggio al consumatore o utente.
Dunque, si deve creare uno statuto giuridico diverso e nuovo per queste aziende.
Si deve ri-centralizzare ogni servizio pubblico: la regionalizzazione, proclamata per portare «il potere vicino al cittadino», è solo un enorme colabrodo con più buchi di prima.
E poi, che senso ha chiamare Servizio Sanitario Nazionale un’entità che invece è gestita dalle regioni, ciascuna a suo modo, con ineguali servizi e costi enormemente diversi?
Perché infinite municipalizzate per fornire elettricità e gas, comprati da fornitori unici e colossali, come l’Arabia, l’Algeria e la Russia, che sono pure stati sovrani?
Centralizzare è d’obbligo, per risparmiare e rendere più efficiente il servizio, e perché i manager capaci non sono poi tanti.
Ma questa riforma «facile» è anche quella che non si farà.
L’Ulivo non la farà perché è appunto il partito dei parassiti miliardari di stato e delle burocrazie inadempienti. Ma anche il Polo si è ben guardato dal fare una riforma di questo spreco vergognoso: è troppo comodo disporre di posti inutili ma ben pagati per amici e clienti.
Chi può farlo?
Strano a dirsi nella presunta «culla del diritto» (dove è vero il diritto non è mai uscito dalla culla), nessun giurista, nessuna Corte costituzionale, ha avvertito la perversione legale, la vera patologia del diritto che è costituita da «partecipate» che sono «private» per statuto, ma le cui perdite vengono pagate da contribuenti.
Il mostro giuridico dura, perché serve.
La Banca d’Italia non fiata: il grande responsabile e promotore di queste privatizzazioni false e mostruose è stato Mario Draghi, che può citare in suo appoggio anche Monti, Ciampi, Padoa Schioppa…tutta gente che il «mercato» non sa nemmeno cos’è, e che ha trovato il modo di perpetuare il suo potere attraverso questo nuovo mostro giuridico.
Nessuno vorrà farlo.
Nessuna burocrazia inutile, nella storia, si è riformata da sé.
Nessuna mostruosità è mai stata spontaneamente risanata, anche quando la sua natura suicida era chiara a tutti: così come la legge sciagurata che diede al Parlamento polacco l’obbligo di decidere all’unanimità, benchè palesemente paralizzante e patologico, non fu mai sanato dai parlamentari.
Il motivo è semplice: ciascuno di loro aveva un diritto di veto, un potere demente a cui non voleva rinunziare.
La «guarigione» venne solo dall’esterno: con spartizioni della Polonia fra le potenze vicine, perdite di territorio e di indipendenza spaventevoli…
Così accadrà all’Italia.
Stiamo davvero andando verso la situazione dell’Argentina, a forza di tasse per pagare i parassiti e i loro sprechi.
Il nostro destino è già stato descritto: «Una spirale discendente a circolo vizioso, dove la debolezza della crescita economica provoca introiti fiscali in diminuzione nonostante ogni inasprimento della torchia; conseguente rialzo dei tassi a lungo termine sul debito pubblico, a cui seguiranno tasse ancora più feroci, che provocheranno un ulteriore rallentamento dell’economia e un deficit pubblico crescente dovuto a introiti fiscali ancora diminuiti».
La spirale argentina.
Nessuno ci salverà, perché lorsignori che sono al potere saranno pronti ad accusare chi proponesse le necessarie evidenti riforme di «ritorno al centralismo», di socialismo (tale è la pretesa che la cosa pubblica resti pubblica e non sia regalata ai privati), e di sospette nostalgie autoritarie antidemocratiche.
Ma la «democrazia» su cui loro presiedono e da cui ricavano le loro ricchezze è quella così definita da Gore Vidal: «il sistema che dà ai ricchi la licenza di rubare ai poveri, facendo loro credere che hanno votato per questo risultato».
La sola soluzione - come sempre quando si tratta di sbattere fuori una grossa casta di parassiti costosi - si chiama rivoluzione.
Ma chi la vuole fare?
Blondet M.

09 luglio 2007

Garibaldi: pirata, massone e ... Padre della Patria


Giuseppe Garibaldi ci è stato presentato come l'eroe dagli occhi
azzurri, biondo, alto, coraggioso, romantico, idealista; colui il quale
metteva a repentaglio la propria vita per la libertà altrui. Non esiste
città d'Italia che non gli abbia dedicato una piazza o una strada.
Garibaldi non era alto, era biondiccio e pieno di reumatismi, camminava
quasi curvo e dovevano alzarlo in due sul suo cavallo. Portava i
capelli lunghi, si dice nel sud, perché violentando una ragazza questa
gli staccò un orecchio. Questo signore non era un eroe; oggi lo si
chiamerebbe delinquente, terrorista, mercenario. Era alto 1,65, aveva
le gambe arcuate e curava molto la sua persona.

Fra il 1825 ed il 1832 fu quasi sempre imbarcato intraprendendo viaggi
nel Mediterraneo. Nel 1833, durante un viaggio a Taganrog ebbe modo di
conoscere dei rivoluzionari che lo affascinarono all'idea della
fratellanza umana ed universale e all'abolizione delle classi, idee che
si rifacevano al Saint Simon. Cominciò, pertanto, a pensare all'idea
dell'unificazione italiana da realizzare con l'abbattimento di tutte le
monarchie allora dominanti e la fondazione di una repubblica.

Accrebbe codesta convinzione quando incontrò Giuseppe Mazzini nei
sobborghi di Marsiglia e, affascinato dalle idee del genovese, si
iscrisse alla setta segreta "Giovine Italia". Nel dicembre del 1833 si
arruolò nella marina piemontese per sobillare e per praticare la
propaganda della setta tra i marinai savoiardi. Nel 1834 tentò un'
insurrezione a Genova contro il Piemonte; scoperto riuscì a fuggire in
Francia. Processato in contumacia a Genova, fu condannato a morte per
alto tradimento dal governo piemontese. Nel 1835 fuggì in Brasile,
considerato una specie d'Eldorado dagli emigranti piemontesi che in
patria non trovavano lavoro, ed erano tantissimi; da lì e dalle altre
province del nord, ogni anno un milione di emigranti raggiungevano le
terre Sudamericane.

Fra i 28 e 40 anni Garibaldi visse come un corsaro ed imitò i grandi
pirati del passato assaltando navi, saccheggiando e, come dice Denis
Mack Smith a pag. 14 "...si abituò a vedere nei grandi proprietari
delle pampas un tipo ideale di persona delle pampas". Al diavolo la
lotta di classe! il danaro era più importante - diciamo noi. A Rio de
Janeiro si iscrisse alla sezione locale della Giovine Italia. Nel 1836
chiese a Mazzini se poteva cominciare la lotta di liberazione
affondando navi piemontesi ed austriache che stazionavano a Rio.
Il rappresentante piemontese nella capitale brasiliana rapportò al
governo sabaudo che nelle case di quei rivoluzionari sventolava la
bandiera tricolore, simbolo di rivoluzione e sovversivismo. Nel maggio
del 1837, con i soldi della carboneria, Garibaldi mise in mare una
barca di 20 tonnellate per predare navi brasiliane; non a caso fu
battezzata Mazzini.

Quest'uomo, condannato a morte per alto tradimento e poi pirata e
corsaro nel fiume Rio Grande, è il nostro eroe nazionale; anzi, non lo
è più! Ora è eroe della nazione Nord. In Uruguay si batteva per
assicurare il monopolio commerciale all'Impero Britannico contrastando
l'egemonia cattolico-ispanica. Nel 1844, a Montevideo iniziò la sua
vera carriera di massone dopo l'iniziazione avuta con l'iscrizione alla
Giovine Italia del Mazzini. In Italia i pennivendoli di regime
continuano ad osannare le imprese banditesche del pirata nizzardo
offendendo la storia e la dignità delle nazioni Sudamericane.

L'indignazione della gente è racchiusa in un articolo di un giornale,
il Pais che vende 300.000 copie giornaliere e che così si è espresso
il 27-7-1995 a pag. 6: "... Garibaldi. Il presidente d'Italia è stato
nostro illustre visitante...... Disgraziatamente, in un momento della
sua visita, il presidente italiano si è riferito alla presenza di
Garibaldi nel Rio della Plata, in un momento molto speciale della
storia delle nazioni di questa parte del mondo. E, senza animo di
riaprire vecchie polemiche e aspre discussioni, diciamo al dott.
Scalfaro che il suo compatriota (ndr, Giuseppe Garibaldi) non ha
lottato per la libertà di queste nazioni come (Scalfaro) afferma.
Piuttosto il contrario". La carriera massonica di Garibaldi culminò
col 33°gr. ricevuto a Torino nel 1862, la suprema carica di Gran
Hierofante del Rito Egiziano del Menphis-Misraim nel 1881.

Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi dal 4° al 33° e
a condurre il rito fu mandato Francesco Crispi accompagnato da altri
cinque fra massoni. Il mito di Garibaldi finisce quando si apprende che
la spedizione dei Mille fu finanziata dalla massoneria inglese con una
somma spaventosa di piastre turche equivalenti a milioni di dollari in
moneta attuale (2). Con tale montagna di denaro poté corrompere
generali, alti funzionari e ministri borbonici, tra i quali non pochi
erano massoni. Come poteva vincere Francesco II, se il suo primo
ministro, Don Liborio Romano era massone d'alto grado.

Appena arrivato a Palermo, Garibaldi saccheggiò il Banco di Sicilia di
ben cinque milioni di ducati come fece saccheggiare tutte le chiese e
tutto ciò che trovava sulla sua strada. In una lettera Vittorio
Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le ruberie del pirata
nizzardo : "Come avrete visto, ho liquidato rapidamente la
sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene - siatene certo - questo
personaggio non è affatto così docile né così onesto come lo si dipinge
, e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto,
come prova l'affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso
qui, ad esempio l'infame furto di tutto il denaro dell'erario, è da
attribuirsi interamente a lui, che s'è circondato di canaglie, ne ha
seguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una
situazione spaventosa".

Ma erano mille i garibaldini? Certamente. Ma ogni giorno sbarcavano
sulla costa siciliana migliaia di soldati piemontesi congedati dall'
esercito sabaudo per l'occasione dall'altro massone Cavour ed arruolati
in quello del generale nizzardo. Una spedizione ben congegnata,
raffinata, scientifica, appoggiata dalla flotta inglese ed assistita
da valenti esperti internazionali. La massoneria siciliana, da anni,
stava preparando la sollevazione e mise a disposizione di Garibaldi
tutto l'apparato mafioso della Trinacria. A Bronte fece fucilare
per mano di Nino Bixio i contadini che avevano osato "usurpare" le
terre concesse agli inglesi dai Borbone.

Ecco chi era il vero Garibaldi! Amico e servo dei figli d'Albione,
assassino e criminale di guerra per aver fatto fucilare cittadini
italiani a Bronte. Il socialismo, l'uguaglianza, la libertà potevano
anche andare a farsi benedire di fronte allo sporco danaro e al suo
servilismo massonico. Suo fine non era dare libertà alle genti del Sud
ma togliere loro anche la vita. Scopo della sua missione fu quello di
distruggere la chiesa cattolica e sostituirla con quella massonica
guidata da Londra.

Garibaldi, questo avventuriero, definiva Pio IX "...un metro cubo di
letame" in quanto lo riteneva - acerrimo nemico dell'Italia e dell'
unità". Considerava il papa "...la più nociva di tutte le creature,
perché egli, più di nessun altro, è un ostacolo al progresso umano,
alla fratellanza degli uomini e dei popoli", inoltre affermò che:
"...Se sorgesse una società del demonio, che combattesse dispotismo e
preti, mi arruolerei nelle sue file" . Era chiaro l'obiettivo della
massoneria: colpire il potere della chiesa e con esso scardinare le
monarchie cattoliche per asservirle ad uno stato laico per potere
finalmente mettere le mani sui nuovi mercati, sulle loro immense
ricchezze umane, sulle loro ricche industrie, sui loro demani pubblici,
sui beni ecclesiastici, sulle riserve auree del Regno delle Due Sicilie, sulle banche.

Con la breccia di Porta Pia finì il potere temporale dei papi con
grande esultanza dei fra massoni. Roma divenne così capitale d'Italia
e della massoneria, come aveva stabilito Albert Pike, designando come
suo successore Adriano Lemmi, massimo esponente del Rito Palladio.