15 gennaio 2008

Un paese a rischio di regime mediatico



Berlusconi, al di là delle smentite che non smentiscono nulla, ha proposto un baratto tra una nuova legge elettorale e l’integrale tutela del suo interesse privato. Non basta più respingere l’indecente proposta (e vorrei vedere il contrario!), ma è necessario aggiungere che una nuova legge elettorale che non venisse accompagnata dalla contestuale risoluzione dell’anomalia italiana in materia di conflitto d’interessi e di assetto dei media, ci condannerebbe a restare una democrazia dimezzata, un paese a rischio di “regime mediatico” per usare una espressione cara ad Umberto Eco... I ripetuti appelli del presidente Napolitano, le tante iniziative promosse da forze politiche, sociali, sindacali, religiose,stanno contribuendo a creare una nuova coscienza attorno al dramma delle morti sul lavoro. A questo positivo processo ha contribuito anche il silenzioso e quotidiano lavoro che è stato svolto dallo spazio che questo sito ha voluto dedicare a simili temi e che è stato impostato e gestito con grande rigore da Raffaelle Siniscalchi e da Diego Alhaique.
Il carteggio che qui pubblichiamo tra le organizzazioni sindacali e i vertici della Fsni dimostrano che forse è giunto il momento propizio per promuovere un appuntamento nazionale che metta insieme il mondo della comunicazione e quello del lavoro per arrivare all’approvazione di una campagna nazionale che faccia della cultura della prevenzione, della sicurezza e della lotta senza quartiere contro le morti bianche, un’autentica priorità nazionale. Se almeno un centesimo del tempo che viene dedicato dalle tv a spiare la vita degl’altri dal buco della serratura venisse dedicata alla rappresentazione della vita, e delle vite reali, ci sarebbero tempo e spazio sufficienti per programmare un’ efficace campagna mediatica.
La triste realtà, tuttavia, è che quasi tutte le tv, salvo le poche lodevoli eccezioni che spesso citiamo, sono ormai in mano ai signori degli appalti che sempre più spesso preparano e vendono programmi dove la realtà è ricostruita secondo i moduli dello spettacolo e della finzione, con tanto di ospiti pagati a tariffa, un tanto a lacrima.
Siamo arrivati al punto che, come ha acutamente scritto Norma Rangeri nel suo ultimo libro “Chi l’ha vista”, nella stessa serata e nello stesso orario, sulle reti della Rai e di Mediaset, si siano affrontati due programmi prodotti dalla solita Endemol, per altro ora controllata dalla medesima Mediaset che, in questo modo, vive anche nei palinsesti della Rai. Vi possiamo assicurare che per rilevare tale stranezza non è stato necessario ricorrere ad alcuna intercettazione telefonica….
Gli ospiti non a pagamento e i cittadini che fanno le domande ed esigono le risposte non sono più graditi. Adesso tutti hanno scoperto la “monnezza” ma quando Michele Santoro, Sandro Ruotolo, Milena Gabbanelli, per citare i casi più clamorosi, indagarono sulla discariche della Campania e sui loschi traffici che vi fiorivano furono accolti da invettive traversali. Allo stesso modo quando le famiglie degli operai di Torino o le mogli e le madri dei lavoratori morti a Monfalcone, urlano la loro rabbia, c’è sempre qualcuno che si risente per i loro eccessi e per l’ indebita amplificazione prodotta dai media. Questo club di “indignati speciali” non ha mai trovato il tempo e la voglia per indignarsi nei confronti di quelle trasmissioni dove si assiste alla più indecente mercificazione del dolore, degli affetti e si pratica il più inverecondo ossequio nei confronti degli “amici degli amici” persino quando si tratta di condannati per associazione mafiosa o per aver corrotto i magistrati.
L’Italia che continua a reclamare la legalità e a contrastare i poteri criminali non è stata mai invitata nei salotti a pagamento non appassiona le signore e i signori che producono i programmi dedicati ai grandi fratelli e ai piccoli cugini.
Dal servizio pubblico (ma non solo dal servizio pubblico) da tutti gli operatori dell’informazione, ci attendiamo uno scatto d’orgoglio, uno scontro aperto e dichiarato tra i custodi degli appalti e delle logge della conservazione e chi vorrebbe ridare forza, autonomia e dignità all’idea stessa d’impresa pubblica come ebbero a scrivere proprio su questo sito Enzo Biagi e Loris Mazzetti. Se questo non accadrà i signori delle logge e degli appalti continueranno a dominare e a tentare di mettere sotto il loro tallone, non solo l’intero mondo dei media, ma anche tanta parte della politica.
La Rai in queste ore è stata ulteriormente calpestata ed umiliata e nuovamente sottomessa alla logica del conflitto d’interesse. La destra sta facendo il suo mestiere con la consueta determinazione e spietatezza, ma noi, cosiddetti progressisti,cosa stiamo facendo? E’ inutile essere ipocriti le reazioni sono state deboli ed inefficaci. Non sempre, neppure noi di Articolo 21, abbiamo risposto con la necessaria durezza. Troppi trasversalismi deteriori sono stati tollerati. Troppi atteggiamenti equivoci sono stati condivisi, ma soprattutto non si è contrastata a tutti i livelli la logica della omologazione, della cancellazione di ogni differenza,della superficialità,del modello produttivo e organizzativo nel quale la finzione si è mangiata la realtà. Di fronte a quello che sta accadendo le unità corporative e gli unanimismi di facciata non servono più, anzi servono a renderci tutti complici e conniventi.
In questi ultimi mesi, per fortuna, qualcosa e qualcuno ha cominciato a rialzare la testa. Le organizzazioni sindacali, dall’Usigrai alla Cgil, stanno urlando il oro no alla svendita di quello che ancora resta della Rai. Gli autori del cinema, della televisione, della fiction, stanno tentando di rimettere insieme tutto il mondo degli autori (come ci hanno raccontato su questo stesso sito Santo della Volpe , Daniele Lucchetti, Michele Conforti e tanti altri).
La Fsni e le organizzazioni dei lavoratori stanno tentando una nuova alleanza non solo sui temi legati alla contrattazione,ma anche sulle questioni relative alla legalità, alla sicurezza, alla lotta contro le morti bianche.
L’Associazione Libera, coordinata da Don Luigi Ciotti, sta promuovendo iniziative ovunque per favorire una rinnovata attenzione dei media sul tema della lotta alla criminalità e ai poteri mafiosi.
La Tavola della Pace ha deciso d’indire un anno d’iniziative dedicate al tema della tutela dei diritti umani e civili e tra questi ha significativamente inserito il diritto individuale e collettivo, non solo a ricevere ma anche a produrre informazione.
Negli anni scorsi quest’associazione sotto la decisiva spinta di Enzo Biagi, di Sergio Lepri, del nostro presidente Federico Orlando,ha dato vita , insieme a decine di altre associazioni al “comitato per la libertà d’informazione” che si pose il compito di contrastare le leggi ad personam e di denunciare i guasti provocati dall’irrisolto conflitto d’interesse. Quel comitato riuscì persino a proporre e a far approvare una clamorosa risoluzione nella sede del Parlamento europeo.
Adesso è giunto il momento di rimetterlo in funzione per reclamare non solo il superamento della leggi vergogna ma anche soprattutto per sollecitare anche in questo campo l’approvazione di norme serie, rigorose, di tipo europeo, quali sono anche le pacatissime riforme avanzate dal ministro Gentiloni.
Silvio Berlusconi, al di là delle smentite che non smentiscono nulla, ha proposto un baratto tra una nuova legge elettorale e l’integrale tutela del suo interesse privato. Non basta più respingere l’indecente proposta (e vorrei vedere il contrario!),ma è necessario aggiungere che una nuova legge elettorale che non venisse accompagnata dalla contestuale risoluzione dell’anomalia italiana in materia di conflitto d’interessi e di assetto dei media, ci condannerebbe a restare una democrazia dimezzata, un paese a rischio di “regime mediatico” per usare una espressione cara ad Umberto Eco. Le condizioni di una possibile riproposizione di quel regime ci sono ancora e non mancano neppure le viltà, gli opportunismi di singoli e di piccoli gruppi all’interno della stessa maggioranza.
Per queste ragioni l’Associazione Articolo21 chiederà a tutte le forze associative, professionali e sindacali del settore della comunicazione di riprendere il cammino interrotto e di promuovere una campagna nazionale per richiedere a gran forza l’immediato rispetto degli impegni assunti in materia di conflitto d’interesse e di riforma della tv pubblica e privata che erano contenuti nel programma del centro- sinistra e che sino ad oggi non sono stati rispettati.
Per quanto ci riguarda proseguiremo su questa strada con grande spirito unitario ma anche con grande vigore e se questo dovesse comportare qualche polemica e persino qualche rottura con alcuni amici e compagni, sarà sempre preferibile al rischio che i ricatti e le minacce di Berlusconi possano far prevalere quel trasversalismo degli affari e delle logge che già tanti guasti ha provocato alla democrazia italiana.
G. Giulietti

14 gennaio 2008

Un'accelerazione della "deflazione" o depressione?


La gente tornerà a fare shopping abbastanza presto?
«Per altri tre-quattro mesi non sarà chiaro a quanto arriverà il rallentamento», dicono gli analisti di Shore Capital.
Lo chiamano rallentamento.
Pudico eufemismo.
Il processo che quegli analisti descrivono - prezzi bassi ma nessuno compra, aspettando che abbassino ancora - si chiama «deflazione» ed è il segno che la recessione sta per diventare «depressione».
Qualcosa del genere sta avvenendo anche in Italia nel settore immobiliare.
Nei modi rallentati propri di un mercato ingessato, come il nostro, da vincoli di locazione, tasse e spese notarili.
Ma il segnale che il boom della case sta cedendo viene da un breve articolo apparso su 24 Ore e segnalatoci da un lettore: «Arrivano i saldi immobiliari. La sede italiana del gruppo americano Remax ha presentato a Milano una maxi operazione di sconti che riguarda 500 tra i 10mila immobili detenuti in portafoglio e pubblicati online. Il motivo è il riconoscimento che il mercato immobiliare sta rallentando: il numero di compravendite nel 2008 è previsto in calo del 7% (fonte: Scenari immobiliari), il tempo medio di attesa è salito a 5 mesi (fonte: Nomisma)».
La Remax è un’agenzia immobiliare, tipo una grossa Tecnocasa.
Ecco come ha fatto: «Lo scorso 15 ottobre Remax Italia ha stampato i prezzi di tutti gli immobili presenti sul proprio sito; ha consegnato l’elenco al notaio; ha chiamato tutti i proprietari chiedendo loro se volevano partecipare all’iniziativa e ha registrato la percentuale di sconto che i proprietari interessati erano disposti a fare».
La manovra è ragionevole.
In Italia, i proprietari che hanno messo in vendita la casa tengono duro chiedendo prezzi da boom, ormai irrealisti, anche perché questi proprietari-venditori di solito non hanno un mutuo da pagare su quella casa, e dunque possono aspettare.
Ma i compratori non si fanno avanti, anche perché loro il mutuo devono accenderlo, se non vedono prezzi più bassi.
Il mercato è dunque immobile, cinque mesi per vendere un appartamento, calo delle compravendite del 7%.
La Remax tenta giustamente di rimettere in moto il mercato (se no lei non vede le grasse commissioni) chiedendo ai venditori di aderire volontariamente a ribassi, più realistici.
Ed ecco il risultato secondo 24 Ore: «Ha aderito all'iniziativa il 5% dei proprietari che in media ha scontato il prezzo dell’immobile dell’8,8% (Milano 8%, a Roma 12%, a Novara 25%). Meno dell’11,3% di sconto medio previsto da Nomisma per quest’anno, ma pur sempre una base di partenza della trattativa a un prezzo più basso».
«Si tratta di immobili di 220 località diverse proveniente per il 55% da Lombardia e Piemonte. Il valore medio dell’immobile scontato è di 268mila, superiore alla media di 250mila del valore degli immobili compravenduti riscontrata da Nomisma nel secondo semestre 2007 (per gli immobili acquistati con mutuo). Il picco massimo degli sconti (-47%) è stato raggiunto a Torino con un immobile che da una richiesta di 38mila euro è sceso a 20mila euro. Il valore degli immobili, che saranno online lunedì (i ‘saldi’ andranno avanti fino al 29 febbraio), va da 40mila a 4 milioni di euro».
Dunque: saldi di case in regioni «ricche» e assetate di tetto, Piemonte e Lombardia.
Tipici buoni appartamenti da 3-4 locali.
Lasciando perdere la super-offerta dell’immobile di Torino offerto col 47% di sconto (sarà un garage umido…), sembra conveniente.
Si può pensare che parecchi corrano a comprare con lo sconto di fine stagione.
Invece no.
Lo consiglia anche 24 Ore: «Lasciarsi ingolosire dall’offerta conviene davvero? Se si acquista con uno sconto del 10% oggi, in effetti, si corre il rischio che a fine anno il calo del mercato risulti analogo. Il rendimento dell’investimento da rivalutazione dell’immobile, in questo caso, sarebbe di fatto nullo. Insomma, chi può rimandare l’acquisto farebbe bene ad aspettare da qualche mese a fine anno per capire dove va davvero il mercato».
Dunque anche il giornale della Confindustria consiglia: aspettate a comprare casa, fra qualche mese i prezzi saranno ancora più bassi.
E’ il meccanismo psicologico che porta alla deflazione.
E presto coinvolgerà tutti gli acquisti che possono essere rimandati, con le conseguenze storiche della deflazione.
Presto offriranno sconti su auto, computer, elettrodomestici, iPod, telefonici ed altre carabattole elettroniche, poi scarpe e vestiario.
Non dite: bello, finalmente i prezzi calano!
Se potessimo mangiare computer e iPod sarebbe bello, ma mangiamo grano e carne e latte, che rincarano su scala mondiale, e vengono trasportati dal petrolio, che rincara e rincarerà per la domanda crescente dei nuovi consumatori-giganti, Cina e India.
Per le imprese, non sarà bello per niente.
Perché le imprese sono indebitate, e se non vendono non servono il debito con le banche.
Dapprima offriranno sconti; poiché la gente aspetta altri ribassi, i loro magazzini e piazzali si affolleranno di invenduto, e costeranno di più.
Arriva il punto in cui i profitti, limati, non bastano a pagare le rate dei fidi.
Cominceranno a fallire, con perdita di esportazioni, produzione, lavoro, profitti, disoccupazione crescente.
Per l’Italia, il processo sarà aggravato non primariamente - come in Gran Bretagna e in USA - dalle follie della finanza speculativa e dai consumatori stra-indebitati, ma dalla tassazione spoliatrice di Visco, peggiorata dalla truffa dell’IVA.
Lo Stato non paga i crediti IVA alle imprese, è noto.
Visco ha abolita la norma che consentiva di defalcare i crediti IVA compensandoli con altri contributi dovuti (altre tasse, contributi INPS, eccetera).
I piccoli imprenditori devono pagare l’IVA che non devono (e che non si sa se rivedranno mai restituita), e pagare anche le tasse e i balzelli più esosi d’Europa, mentre vendono meno e con profitti minori.
Aggrediti da tutti i lati, dallo Stato e dal mercato, soccomberanno presto.
La restituzione dell’IVA diventa cruciale per le piccole imprese, per quelle marginali: è il denaro liquido che serve loro per continuare ad operare.
Siccome Visco se lo trattiene, le imprese devono procurarsi denaro in banca, ad interessi che non scenderanno certo.
Visco dà il colpo di grazia ad un’economia reale che già arranca, sfiancata e meno produttiva delle altre europee.
Dunque ecco il futuro: avremo deflazione (prezzi calanti) per auto e iPod, di cui possiamo fare a meno, ma inflazione dei beni necessari ogni giorno, cibo, carburante, riscaldamento.
Naturalmente Visco dovrebbe accelerare almeno i rimborsi IVA.
Pensate lo farà?
Nemmeno per sogno.
Lui e l’altro complice Padoa Schioppa hanno appena ricevuto le lodi di Almunia, l’eurocretino: bravi, avete ridotto il debito pubblico all’1,3% del PIL.
Trichet, il governatore della Banca Centrale Europea, ha aggiunto: state solo attenti all’inflazione e ai prezzi.
Trichet si preoccupa dell’inflazione, mentre ci sono segni di delazione (in certi prezzi).
Anche la Federal Reserve di Chicago, nel 1929, si preoccupava dell’inflazione, mentre la deflazione era in pieno corso (2).
La FED rialzò i tassi d’interesse per due volte nel 1931.
Trichet sta facendo lo stesso.
Incompetenti, contabili e non economisti.
Ad Almunia non importa un fico che il «risanamento» sia stato ottenuto non con la riduzione della spesa pubblica corrente (anzi, aumentata quasi del 4%), né con la riduzione degli interessi sul debito (aumentati del 12,2%), bensì esclusivamente con l’ipertassazione: più 13% dalle imposte dirette (chi di voi ha guadagnato il 13% in più, l’anno scorso?), aggravio delle imposte indirette (più 4%), dei contributi sociali (più 5,8%, con pari aumento del costo del lavoro) e addirittura un aggravio del 40,6% delle imposte in conto capitale (praticamente raddoppiate: e sono imposte che intaccano non il reddito dei contribuenti ma il loro patrimonio o capitale, quindi la capacità di azione imprenditoriale).
Ad Almunia non interessa il trucco del mancato pagamento dell’IVA, vera truffa di Stato a danno dei cittadini.
E nemmeno l’altro trucco nei conti di Padoa Schioppa: le minori uscite sono dovute in grande parte al blocco degli «investimenti pubblici».
Lo Stato smette di spendere in infrastrutture pubbliche che servono all’economia, ma non smette di spendere per i suoi stipendi, auto blu ed aerei.
Anzi la spesa corrente sta per aumentare di nuovo perché pende il contratto del pubblico impiego: gli statali vogliono i loro 4-5 miliardi di euro di aumento complessivo, più il recupero dell’inflazione.
Lo vogliono da noi contribuenti che non abbiamo aumenti, e men che meno il recupero dell’inflazione.
Il «risanamento» lodato di Padoa Schioppa è dunque insostenibile nel tempo.
Quando gli statali avranno i loro aumenti, già non ci sarà più.
E i contribuenti dovranno pagare forse un 10 miliardi aggiuntivi.
Ce la faremo?
Alla fine, calerà anche l’introito tributario, per forza: i falliti non pagano tante tasse, e nemmeno i disoccupati.
E nemmeno i proprietari di case invendute pagano più le super-imposte sugli immobili, imposte in conto capitale, quelle che sono raddoppiate.
Come dice Tremonti: «E’ l’economia che determina i conti pubblici, non il contrario».
Visco e Padoa Schioppa credono giusto l’opposto, che i conti pubblici siano una variabile indipendente dall’economia, e che si possa «risanare» il debito pubblico a forza di tasse spoliatrici mentre i produttori smettono di produrre per la depressione mondiale.
Vedremo chi ha ragione.

fonte:tratto da M. Blondet

12 gennaio 2008

Perchè le banche hanno questo potere?


Anche senza essere economisti, si intuisce che la quantità di moneta necessaria ad una comunità sia quella che riflette i beni ed i servizi presenti sul mercato, più una quantità di denaro che permette alla comunità di fare investimenti che poi porteranno benessere a tutti.
Investimenti che riguardano la sfera della persona come la preparazione culturale (scuola),l’assistenza sanitaria, per passare poi alle infrastrutture (strade, ponti ecc.), ricerca e applicazione di nuove tecnologie e via dicendo.
Nelle comunità semplici dove si usava il baratto non era possibile fare tutta questa serie di investimenti semplicemente perché questi hanno la caratteristica di dare i loro frutti in un futuro mentre il baratto prevede solo lo scambio di beni già presenti. In questo tipo di comunità l’unico investimento possibile era il risparmio, ad esempio si toglieva una quota di semi di grano dal raccolto che permetteva la semina l’anno successivo e negli anni buoni si poteva pensare di scambiare la quota in surplus magari con un bue che sarebbe andato ad agevolare il lavoro dei campi.
Nel mondo moderno, con l’avvento della moneta, le comunità si sono potute evolvere in poco tempo grazie alla possibilità di anticipare la ricchezza futura attraverso l’indebitamento. Indebitarsi infatti non significa altro che materializzare guadagni futuri. Un artificio che consente alla comunità nel suo insieme di poter progredire molto più velocemente. Non ho sufficienti soldi per comprare quel macchinario che mi consentirà di aumentare la produzione? Mi faccio anticipare il guadagno che avrò da questo investimento e restituirò quanto mi è stato anticipato con l’incremento di lavoro. Lo stesso accade, o meglio dovrebbe accadere, allo Stato che dovendo costruire una strada si indebita con se stesso (la comunità) per materializzare le risorse per costruire quella strada che permetterà alla comunità di viaggiare meglio e fare scambi con maggiore facilità.
In questo quadro l’indebitamento assume una funzione di acceleratore dello sviluppo sociale. La banca quindi assume la funzione di “pompa” che rimette in circolo la ricchezza,moltiplicandola e svolge così un compito nobile, di cuore dell’intera comunità.
Così sarebbe se si limitasse ad anticipare ricchezza futura e per questo servizio chiedesse un giusto compenso, ma…
Eh sì anche qui c’è un “ma” e grosso come una casa: la banca non solo immette ricchezza futura (investimenti) che poi ritornerà alla comunità come incremento della ricchezza permanente, ma anticipa anche denaro che MAI si tradurrà in ricchezza reale e per questo, attraverso il debito impoverisce anziché arricchire. Anzi così facendo si impadronisce progressivamente di tutte le ricchezze attualmente disponibili.
Lo ritenete impossibile? Niente è impossibile se si può creare denaro e chiedere un interesse. Ora andiamo vedere come accade.

Abbiamo visto la funzione sociale che la banca assumerebbe se si limitasse a fare da cuore del sistema facendo circolare la ricchezza creando così altra ricchezza. Per questo prezioso servizio la banca è lecito che richieda un compenso, ma niente oltre a questo perché si limita a materializzare la ricchezza che verrà restituita da colui che metterà in opera l’investimento. Addirittura il solo fatto di esistere è una ricchezza per la comunità e per questo la persona dovrebbe ricevere quel tanto che gli permetta di vivere decorosamente e tutto questo sarebbe possibile senza togliere niente a nessuno, attualmente questo non è possibile semplicemente perché le istituzioni finanziarie hanno stravolto il loro ruolo all’interno della comunità, sia essa locale, nazionale o internazionale.
Le banche, infatti, oltre a farsi pagare il servizio, applicano anche un tasso di interesse. Il tasso di interesse non intacca la bontà dell’investimento se la ricchezza che riuscirò a produrre sarà superiore a quello che mi costa reperire le risorse. Il fatto è che la banca indebita anche per la vita normale dell’azienda (anticipo fatture, cassa ecc.) e anche per la vita quotidiana dell’individuo (auto, frigorifero, televisione ecc.) non solo investimenti che produrranno ricchezza, per questo a lungo andare il tasso di interesse impoverisce anziché arricchire.
Oltre a questo la banca non si limita a “pompare” nel sistema i depositi dei correntisti, cioè la ricchezza che viene risparmiata e che rimarrebbe inutilizzata, ma su questi crea denaro elettronico e magicamente anticipa quella ricchezza che dovrebbe essere creata. Anche qui non facciamo gli ortodossi e non la condanniamo per questo perché rientrerebbe comunque nella sua funzione sociale di anticipare una ricchezza che arriverà dall’investimento.
Il problema è che la banca ormai da molto tempo si è allontanata dalla sua funzione di aiuto e sostegno all’economia e ha utilizzato in modo “distorto” questa possibilità a tal punto che il sistema bancario può arrivare a prestare oltre 50 volte quello che i correntisti hanno depositato, annullando qualsiasi legame con l’economia reale.
Infatti la riserva obbligatoria delle banche oggi è al 2% ed in alcuni casi allo 0% e questo significa che il moltiplicatore bancario è (1/0,02-1) = 49; Tanto per capirci 100 euro depositati con i vari passaggi nel sistema possono “lievitare” fino a diventare 4.900, molto di più con riserva 0, semplicemente con un click del loro computer.
Potete trovare vari riferimenti nel gruppo di centrofondi dove si è svolta questa discussione, grazie a tutti coloro che hanno dato il loro contributo http://groups.google.com/group/centrofondi?hl=it
http://studimonetari.org/articoli/riservafrazionariaduepercento.html articolo di Marco Saba
http://www.centrofondi.it/articoli/credito_bancario_Munerotto.pdf studio di Federico Munerotto
http://www.centrofondi.it/articoli/Magia_Frazionaria.xls simulazione in excel di Davide911
Sui numeri e le percentuali della riserva obbligatoria consultare anche la Tav. 5 a pag. 11
http://www.bancaditalia.it/statistiche/indica/pimemo/pimemo08/pimemo08/suppl_01_08.pdf
Questo “scollamento” dall’economia reale ha creato dei potenti squilibri che oggi sono sotto gli occhi di tutti: l’indebitamento oltre ogni ragionevole limite
che si è impennato dopo gli anni ’90, che ha le caratteristiche tipiche della crescita
esponenziale degli interessi come abbiamo già avuto modo di esaminare nel report “A
quando la fine del paese dei balocchi” http://www.centrofondi.it/report/report_06_01_07.pdf e che si ritrova anche nelle famose curve di LaRouche www.movisol.org
In queste curve appare evidente come, al crescere del tempo, gli aggregati finanziari e monetari hanno un andamento esponenziale a danno dell’economia reale che invece decresce velocemente.
Episodi come la globalizzazione e lo sdoganamento della Cina hanno avuto l’unico scopo di procrastinare questo meccanismo perverso mascherando le reali condizioni del mondo economico.
Oltretutto dobbiamo pensare che il sistema bancario fruendo di leggi che gli impediscono di portare in bilancio la reale situazione (il denaro creato elettronicamente dal nulla) grazie agli accordi GAAP (Generally Accepted Accounting Principles), evade agli stati cifre esorbitanti, in Italia svariate centinaia di miliardi di euro, che da soli ridarebbero slancio alle economie in crisi. Ma non è ancora tutto. Dal 1998 con l’ultima riforma bancaria che porta il nome di Mario Draghi (vi ricorda qualcuno?) e fatta guarda caso con l’inasprirsi della curva del debito, le banche si sono tolte, con l’avallo dei politici, anche il divieto di entrare nei consigli di amministrazione delle società da loro finanziate, con il risultato che oggi oltre il 90% delle aziende sono governate e sono di fatto di proprietà dei gruppi bancari. E purtroppo la situazione si aggraverà ulteriormente quando si sentiranno gli effetti devastanti di Basilea2 che alzerà la riserva obbligatoria chiudendo repentinamente il rubinetto del credito con la conseguenza che moltissime aziende si ritroveranno nell’impossibilità di rientrare dalle linee di credito che gli erano state concesse a causa delle pessime condizioni dell’economia.
La situazione è molto critica e necessita da una parte dell’intervento della politica, quella sana, che imponga al sistema bancario una moratoria condonando almeno il 40% degli interessi dovuti, come chiede per i mutui l’economista Nino Galloni nel suo ultimo libro “Il grande mutuo” editori riuniti, liberando così risorse economiche indispensabili alla vita di un paese.
La politica poi dovrà farsi carico di far pagare le dovute tasse al sistema bancario, che poi si potrebbe anche accontentare della restituzione del capitale senza gli interessi visto che ha creato solo elettronicamente quel denaro. Riportare alla funzione sociale il mondo bancario è la priorità di questo periodo.
Nell’attesa che la politica faccia il suo dovere, ma visto l’andazzo della “casta” dovremo ricordarglielo noi, dobbiamo attivarci sganciandoci dal treno impazzito della globalizzazione, ritornando a risanare le economie locali, ricostruendo il mercato, oggi distrutto, alle nostre imprese e dando nuovo potere di acquisto alle famiglie attraverso l’adozione dei Buoni Locali http://www.centrofondi.it/report/scheda_BuoniLocali.pdf .
Altro sistema non c’è e il tempo ormai è scaduto quindi gambe in spalla e al lavoro che dobbiamo ricostruire di nuovo il nostro mondo!

Fonte: Centrofondi.it

15 gennaio 2008

Un paese a rischio di regime mediatico



Berlusconi, al di là delle smentite che non smentiscono nulla, ha proposto un baratto tra una nuova legge elettorale e l’integrale tutela del suo interesse privato. Non basta più respingere l’indecente proposta (e vorrei vedere il contrario!), ma è necessario aggiungere che una nuova legge elettorale che non venisse accompagnata dalla contestuale risoluzione dell’anomalia italiana in materia di conflitto d’interessi e di assetto dei media, ci condannerebbe a restare una democrazia dimezzata, un paese a rischio di “regime mediatico” per usare una espressione cara ad Umberto Eco... I ripetuti appelli del presidente Napolitano, le tante iniziative promosse da forze politiche, sociali, sindacali, religiose,stanno contribuendo a creare una nuova coscienza attorno al dramma delle morti sul lavoro. A questo positivo processo ha contribuito anche il silenzioso e quotidiano lavoro che è stato svolto dallo spazio che questo sito ha voluto dedicare a simili temi e che è stato impostato e gestito con grande rigore da Raffaelle Siniscalchi e da Diego Alhaique.
Il carteggio che qui pubblichiamo tra le organizzazioni sindacali e i vertici della Fsni dimostrano che forse è giunto il momento propizio per promuovere un appuntamento nazionale che metta insieme il mondo della comunicazione e quello del lavoro per arrivare all’approvazione di una campagna nazionale che faccia della cultura della prevenzione, della sicurezza e della lotta senza quartiere contro le morti bianche, un’autentica priorità nazionale. Se almeno un centesimo del tempo che viene dedicato dalle tv a spiare la vita degl’altri dal buco della serratura venisse dedicata alla rappresentazione della vita, e delle vite reali, ci sarebbero tempo e spazio sufficienti per programmare un’ efficace campagna mediatica.
La triste realtà, tuttavia, è che quasi tutte le tv, salvo le poche lodevoli eccezioni che spesso citiamo, sono ormai in mano ai signori degli appalti che sempre più spesso preparano e vendono programmi dove la realtà è ricostruita secondo i moduli dello spettacolo e della finzione, con tanto di ospiti pagati a tariffa, un tanto a lacrima.
Siamo arrivati al punto che, come ha acutamente scritto Norma Rangeri nel suo ultimo libro “Chi l’ha vista”, nella stessa serata e nello stesso orario, sulle reti della Rai e di Mediaset, si siano affrontati due programmi prodotti dalla solita Endemol, per altro ora controllata dalla medesima Mediaset che, in questo modo, vive anche nei palinsesti della Rai. Vi possiamo assicurare che per rilevare tale stranezza non è stato necessario ricorrere ad alcuna intercettazione telefonica….
Gli ospiti non a pagamento e i cittadini che fanno le domande ed esigono le risposte non sono più graditi. Adesso tutti hanno scoperto la “monnezza” ma quando Michele Santoro, Sandro Ruotolo, Milena Gabbanelli, per citare i casi più clamorosi, indagarono sulla discariche della Campania e sui loschi traffici che vi fiorivano furono accolti da invettive traversali. Allo stesso modo quando le famiglie degli operai di Torino o le mogli e le madri dei lavoratori morti a Monfalcone, urlano la loro rabbia, c’è sempre qualcuno che si risente per i loro eccessi e per l’ indebita amplificazione prodotta dai media. Questo club di “indignati speciali” non ha mai trovato il tempo e la voglia per indignarsi nei confronti di quelle trasmissioni dove si assiste alla più indecente mercificazione del dolore, degli affetti e si pratica il più inverecondo ossequio nei confronti degli “amici degli amici” persino quando si tratta di condannati per associazione mafiosa o per aver corrotto i magistrati.
L’Italia che continua a reclamare la legalità e a contrastare i poteri criminali non è stata mai invitata nei salotti a pagamento non appassiona le signore e i signori che producono i programmi dedicati ai grandi fratelli e ai piccoli cugini.
Dal servizio pubblico (ma non solo dal servizio pubblico) da tutti gli operatori dell’informazione, ci attendiamo uno scatto d’orgoglio, uno scontro aperto e dichiarato tra i custodi degli appalti e delle logge della conservazione e chi vorrebbe ridare forza, autonomia e dignità all’idea stessa d’impresa pubblica come ebbero a scrivere proprio su questo sito Enzo Biagi e Loris Mazzetti. Se questo non accadrà i signori delle logge e degli appalti continueranno a dominare e a tentare di mettere sotto il loro tallone, non solo l’intero mondo dei media, ma anche tanta parte della politica.
La Rai in queste ore è stata ulteriormente calpestata ed umiliata e nuovamente sottomessa alla logica del conflitto d’interesse. La destra sta facendo il suo mestiere con la consueta determinazione e spietatezza, ma noi, cosiddetti progressisti,cosa stiamo facendo? E’ inutile essere ipocriti le reazioni sono state deboli ed inefficaci. Non sempre, neppure noi di Articolo 21, abbiamo risposto con la necessaria durezza. Troppi trasversalismi deteriori sono stati tollerati. Troppi atteggiamenti equivoci sono stati condivisi, ma soprattutto non si è contrastata a tutti i livelli la logica della omologazione, della cancellazione di ogni differenza,della superficialità,del modello produttivo e organizzativo nel quale la finzione si è mangiata la realtà. Di fronte a quello che sta accadendo le unità corporative e gli unanimismi di facciata non servono più, anzi servono a renderci tutti complici e conniventi.
In questi ultimi mesi, per fortuna, qualcosa e qualcuno ha cominciato a rialzare la testa. Le organizzazioni sindacali, dall’Usigrai alla Cgil, stanno urlando il oro no alla svendita di quello che ancora resta della Rai. Gli autori del cinema, della televisione, della fiction, stanno tentando di rimettere insieme tutto il mondo degli autori (come ci hanno raccontato su questo stesso sito Santo della Volpe , Daniele Lucchetti, Michele Conforti e tanti altri).
La Fsni e le organizzazioni dei lavoratori stanno tentando una nuova alleanza non solo sui temi legati alla contrattazione,ma anche sulle questioni relative alla legalità, alla sicurezza, alla lotta contro le morti bianche.
L’Associazione Libera, coordinata da Don Luigi Ciotti, sta promuovendo iniziative ovunque per favorire una rinnovata attenzione dei media sul tema della lotta alla criminalità e ai poteri mafiosi.
La Tavola della Pace ha deciso d’indire un anno d’iniziative dedicate al tema della tutela dei diritti umani e civili e tra questi ha significativamente inserito il diritto individuale e collettivo, non solo a ricevere ma anche a produrre informazione.
Negli anni scorsi quest’associazione sotto la decisiva spinta di Enzo Biagi, di Sergio Lepri, del nostro presidente Federico Orlando,ha dato vita , insieme a decine di altre associazioni al “comitato per la libertà d’informazione” che si pose il compito di contrastare le leggi ad personam e di denunciare i guasti provocati dall’irrisolto conflitto d’interesse. Quel comitato riuscì persino a proporre e a far approvare una clamorosa risoluzione nella sede del Parlamento europeo.
Adesso è giunto il momento di rimetterlo in funzione per reclamare non solo il superamento della leggi vergogna ma anche soprattutto per sollecitare anche in questo campo l’approvazione di norme serie, rigorose, di tipo europeo, quali sono anche le pacatissime riforme avanzate dal ministro Gentiloni.
Silvio Berlusconi, al di là delle smentite che non smentiscono nulla, ha proposto un baratto tra una nuova legge elettorale e l’integrale tutela del suo interesse privato. Non basta più respingere l’indecente proposta (e vorrei vedere il contrario!),ma è necessario aggiungere che una nuova legge elettorale che non venisse accompagnata dalla contestuale risoluzione dell’anomalia italiana in materia di conflitto d’interessi e di assetto dei media, ci condannerebbe a restare una democrazia dimezzata, un paese a rischio di “regime mediatico” per usare una espressione cara ad Umberto Eco. Le condizioni di una possibile riproposizione di quel regime ci sono ancora e non mancano neppure le viltà, gli opportunismi di singoli e di piccoli gruppi all’interno della stessa maggioranza.
Per queste ragioni l’Associazione Articolo21 chiederà a tutte le forze associative, professionali e sindacali del settore della comunicazione di riprendere il cammino interrotto e di promuovere una campagna nazionale per richiedere a gran forza l’immediato rispetto degli impegni assunti in materia di conflitto d’interesse e di riforma della tv pubblica e privata che erano contenuti nel programma del centro- sinistra e che sino ad oggi non sono stati rispettati.
Per quanto ci riguarda proseguiremo su questa strada con grande spirito unitario ma anche con grande vigore e se questo dovesse comportare qualche polemica e persino qualche rottura con alcuni amici e compagni, sarà sempre preferibile al rischio che i ricatti e le minacce di Berlusconi possano far prevalere quel trasversalismo degli affari e delle logge che già tanti guasti ha provocato alla democrazia italiana.
G. Giulietti

14 gennaio 2008

Un'accelerazione della "deflazione" o depressione?


La gente tornerà a fare shopping abbastanza presto?
«Per altri tre-quattro mesi non sarà chiaro a quanto arriverà il rallentamento», dicono gli analisti di Shore Capital.
Lo chiamano rallentamento.
Pudico eufemismo.
Il processo che quegli analisti descrivono - prezzi bassi ma nessuno compra, aspettando che abbassino ancora - si chiama «deflazione» ed è il segno che la recessione sta per diventare «depressione».
Qualcosa del genere sta avvenendo anche in Italia nel settore immobiliare.
Nei modi rallentati propri di un mercato ingessato, come il nostro, da vincoli di locazione, tasse e spese notarili.
Ma il segnale che il boom della case sta cedendo viene da un breve articolo apparso su 24 Ore e segnalatoci da un lettore: «Arrivano i saldi immobiliari. La sede italiana del gruppo americano Remax ha presentato a Milano una maxi operazione di sconti che riguarda 500 tra i 10mila immobili detenuti in portafoglio e pubblicati online. Il motivo è il riconoscimento che il mercato immobiliare sta rallentando: il numero di compravendite nel 2008 è previsto in calo del 7% (fonte: Scenari immobiliari), il tempo medio di attesa è salito a 5 mesi (fonte: Nomisma)».
La Remax è un’agenzia immobiliare, tipo una grossa Tecnocasa.
Ecco come ha fatto: «Lo scorso 15 ottobre Remax Italia ha stampato i prezzi di tutti gli immobili presenti sul proprio sito; ha consegnato l’elenco al notaio; ha chiamato tutti i proprietari chiedendo loro se volevano partecipare all’iniziativa e ha registrato la percentuale di sconto che i proprietari interessati erano disposti a fare».
La manovra è ragionevole.
In Italia, i proprietari che hanno messo in vendita la casa tengono duro chiedendo prezzi da boom, ormai irrealisti, anche perché questi proprietari-venditori di solito non hanno un mutuo da pagare su quella casa, e dunque possono aspettare.
Ma i compratori non si fanno avanti, anche perché loro il mutuo devono accenderlo, se non vedono prezzi più bassi.
Il mercato è dunque immobile, cinque mesi per vendere un appartamento, calo delle compravendite del 7%.
La Remax tenta giustamente di rimettere in moto il mercato (se no lei non vede le grasse commissioni) chiedendo ai venditori di aderire volontariamente a ribassi, più realistici.
Ed ecco il risultato secondo 24 Ore: «Ha aderito all'iniziativa il 5% dei proprietari che in media ha scontato il prezzo dell’immobile dell’8,8% (Milano 8%, a Roma 12%, a Novara 25%). Meno dell’11,3% di sconto medio previsto da Nomisma per quest’anno, ma pur sempre una base di partenza della trattativa a un prezzo più basso».
«Si tratta di immobili di 220 località diverse proveniente per il 55% da Lombardia e Piemonte. Il valore medio dell’immobile scontato è di 268mila, superiore alla media di 250mila del valore degli immobili compravenduti riscontrata da Nomisma nel secondo semestre 2007 (per gli immobili acquistati con mutuo). Il picco massimo degli sconti (-47%) è stato raggiunto a Torino con un immobile che da una richiesta di 38mila euro è sceso a 20mila euro. Il valore degli immobili, che saranno online lunedì (i ‘saldi’ andranno avanti fino al 29 febbraio), va da 40mila a 4 milioni di euro».
Dunque: saldi di case in regioni «ricche» e assetate di tetto, Piemonte e Lombardia.
Tipici buoni appartamenti da 3-4 locali.
Lasciando perdere la super-offerta dell’immobile di Torino offerto col 47% di sconto (sarà un garage umido…), sembra conveniente.
Si può pensare che parecchi corrano a comprare con lo sconto di fine stagione.
Invece no.
Lo consiglia anche 24 Ore: «Lasciarsi ingolosire dall’offerta conviene davvero? Se si acquista con uno sconto del 10% oggi, in effetti, si corre il rischio che a fine anno il calo del mercato risulti analogo. Il rendimento dell’investimento da rivalutazione dell’immobile, in questo caso, sarebbe di fatto nullo. Insomma, chi può rimandare l’acquisto farebbe bene ad aspettare da qualche mese a fine anno per capire dove va davvero il mercato».
Dunque anche il giornale della Confindustria consiglia: aspettate a comprare casa, fra qualche mese i prezzi saranno ancora più bassi.
E’ il meccanismo psicologico che porta alla deflazione.
E presto coinvolgerà tutti gli acquisti che possono essere rimandati, con le conseguenze storiche della deflazione.
Presto offriranno sconti su auto, computer, elettrodomestici, iPod, telefonici ed altre carabattole elettroniche, poi scarpe e vestiario.
Non dite: bello, finalmente i prezzi calano!
Se potessimo mangiare computer e iPod sarebbe bello, ma mangiamo grano e carne e latte, che rincarano su scala mondiale, e vengono trasportati dal petrolio, che rincara e rincarerà per la domanda crescente dei nuovi consumatori-giganti, Cina e India.
Per le imprese, non sarà bello per niente.
Perché le imprese sono indebitate, e se non vendono non servono il debito con le banche.
Dapprima offriranno sconti; poiché la gente aspetta altri ribassi, i loro magazzini e piazzali si affolleranno di invenduto, e costeranno di più.
Arriva il punto in cui i profitti, limati, non bastano a pagare le rate dei fidi.
Cominceranno a fallire, con perdita di esportazioni, produzione, lavoro, profitti, disoccupazione crescente.
Per l’Italia, il processo sarà aggravato non primariamente - come in Gran Bretagna e in USA - dalle follie della finanza speculativa e dai consumatori stra-indebitati, ma dalla tassazione spoliatrice di Visco, peggiorata dalla truffa dell’IVA.
Lo Stato non paga i crediti IVA alle imprese, è noto.
Visco ha abolita la norma che consentiva di defalcare i crediti IVA compensandoli con altri contributi dovuti (altre tasse, contributi INPS, eccetera).
I piccoli imprenditori devono pagare l’IVA che non devono (e che non si sa se rivedranno mai restituita), e pagare anche le tasse e i balzelli più esosi d’Europa, mentre vendono meno e con profitti minori.
Aggrediti da tutti i lati, dallo Stato e dal mercato, soccomberanno presto.
La restituzione dell’IVA diventa cruciale per le piccole imprese, per quelle marginali: è il denaro liquido che serve loro per continuare ad operare.
Siccome Visco se lo trattiene, le imprese devono procurarsi denaro in banca, ad interessi che non scenderanno certo.
Visco dà il colpo di grazia ad un’economia reale che già arranca, sfiancata e meno produttiva delle altre europee.
Dunque ecco il futuro: avremo deflazione (prezzi calanti) per auto e iPod, di cui possiamo fare a meno, ma inflazione dei beni necessari ogni giorno, cibo, carburante, riscaldamento.
Naturalmente Visco dovrebbe accelerare almeno i rimborsi IVA.
Pensate lo farà?
Nemmeno per sogno.
Lui e l’altro complice Padoa Schioppa hanno appena ricevuto le lodi di Almunia, l’eurocretino: bravi, avete ridotto il debito pubblico all’1,3% del PIL.
Trichet, il governatore della Banca Centrale Europea, ha aggiunto: state solo attenti all’inflazione e ai prezzi.
Trichet si preoccupa dell’inflazione, mentre ci sono segni di delazione (in certi prezzi).
Anche la Federal Reserve di Chicago, nel 1929, si preoccupava dell’inflazione, mentre la deflazione era in pieno corso (2).
La FED rialzò i tassi d’interesse per due volte nel 1931.
Trichet sta facendo lo stesso.
Incompetenti, contabili e non economisti.
Ad Almunia non importa un fico che il «risanamento» sia stato ottenuto non con la riduzione della spesa pubblica corrente (anzi, aumentata quasi del 4%), né con la riduzione degli interessi sul debito (aumentati del 12,2%), bensì esclusivamente con l’ipertassazione: più 13% dalle imposte dirette (chi di voi ha guadagnato il 13% in più, l’anno scorso?), aggravio delle imposte indirette (più 4%), dei contributi sociali (più 5,8%, con pari aumento del costo del lavoro) e addirittura un aggravio del 40,6% delle imposte in conto capitale (praticamente raddoppiate: e sono imposte che intaccano non il reddito dei contribuenti ma il loro patrimonio o capitale, quindi la capacità di azione imprenditoriale).
Ad Almunia non interessa il trucco del mancato pagamento dell’IVA, vera truffa di Stato a danno dei cittadini.
E nemmeno l’altro trucco nei conti di Padoa Schioppa: le minori uscite sono dovute in grande parte al blocco degli «investimenti pubblici».
Lo Stato smette di spendere in infrastrutture pubbliche che servono all’economia, ma non smette di spendere per i suoi stipendi, auto blu ed aerei.
Anzi la spesa corrente sta per aumentare di nuovo perché pende il contratto del pubblico impiego: gli statali vogliono i loro 4-5 miliardi di euro di aumento complessivo, più il recupero dell’inflazione.
Lo vogliono da noi contribuenti che non abbiamo aumenti, e men che meno il recupero dell’inflazione.
Il «risanamento» lodato di Padoa Schioppa è dunque insostenibile nel tempo.
Quando gli statali avranno i loro aumenti, già non ci sarà più.
E i contribuenti dovranno pagare forse un 10 miliardi aggiuntivi.
Ce la faremo?
Alla fine, calerà anche l’introito tributario, per forza: i falliti non pagano tante tasse, e nemmeno i disoccupati.
E nemmeno i proprietari di case invendute pagano più le super-imposte sugli immobili, imposte in conto capitale, quelle che sono raddoppiate.
Come dice Tremonti: «E’ l’economia che determina i conti pubblici, non il contrario».
Visco e Padoa Schioppa credono giusto l’opposto, che i conti pubblici siano una variabile indipendente dall’economia, e che si possa «risanare» il debito pubblico a forza di tasse spoliatrici mentre i produttori smettono di produrre per la depressione mondiale.
Vedremo chi ha ragione.

fonte:tratto da M. Blondet

12 gennaio 2008

Perchè le banche hanno questo potere?


Anche senza essere economisti, si intuisce che la quantità di moneta necessaria ad una comunità sia quella che riflette i beni ed i servizi presenti sul mercato, più una quantità di denaro che permette alla comunità di fare investimenti che poi porteranno benessere a tutti.
Investimenti che riguardano la sfera della persona come la preparazione culturale (scuola),l’assistenza sanitaria, per passare poi alle infrastrutture (strade, ponti ecc.), ricerca e applicazione di nuove tecnologie e via dicendo.
Nelle comunità semplici dove si usava il baratto non era possibile fare tutta questa serie di investimenti semplicemente perché questi hanno la caratteristica di dare i loro frutti in un futuro mentre il baratto prevede solo lo scambio di beni già presenti. In questo tipo di comunità l’unico investimento possibile era il risparmio, ad esempio si toglieva una quota di semi di grano dal raccolto che permetteva la semina l’anno successivo e negli anni buoni si poteva pensare di scambiare la quota in surplus magari con un bue che sarebbe andato ad agevolare il lavoro dei campi.
Nel mondo moderno, con l’avvento della moneta, le comunità si sono potute evolvere in poco tempo grazie alla possibilità di anticipare la ricchezza futura attraverso l’indebitamento. Indebitarsi infatti non significa altro che materializzare guadagni futuri. Un artificio che consente alla comunità nel suo insieme di poter progredire molto più velocemente. Non ho sufficienti soldi per comprare quel macchinario che mi consentirà di aumentare la produzione? Mi faccio anticipare il guadagno che avrò da questo investimento e restituirò quanto mi è stato anticipato con l’incremento di lavoro. Lo stesso accade, o meglio dovrebbe accadere, allo Stato che dovendo costruire una strada si indebita con se stesso (la comunità) per materializzare le risorse per costruire quella strada che permetterà alla comunità di viaggiare meglio e fare scambi con maggiore facilità.
In questo quadro l’indebitamento assume una funzione di acceleratore dello sviluppo sociale. La banca quindi assume la funzione di “pompa” che rimette in circolo la ricchezza,moltiplicandola e svolge così un compito nobile, di cuore dell’intera comunità.
Così sarebbe se si limitasse ad anticipare ricchezza futura e per questo servizio chiedesse un giusto compenso, ma…
Eh sì anche qui c’è un “ma” e grosso come una casa: la banca non solo immette ricchezza futura (investimenti) che poi ritornerà alla comunità come incremento della ricchezza permanente, ma anticipa anche denaro che MAI si tradurrà in ricchezza reale e per questo, attraverso il debito impoverisce anziché arricchire. Anzi così facendo si impadronisce progressivamente di tutte le ricchezze attualmente disponibili.
Lo ritenete impossibile? Niente è impossibile se si può creare denaro e chiedere un interesse. Ora andiamo vedere come accade.

Abbiamo visto la funzione sociale che la banca assumerebbe se si limitasse a fare da cuore del sistema facendo circolare la ricchezza creando così altra ricchezza. Per questo prezioso servizio la banca è lecito che richieda un compenso, ma niente oltre a questo perché si limita a materializzare la ricchezza che verrà restituita da colui che metterà in opera l’investimento. Addirittura il solo fatto di esistere è una ricchezza per la comunità e per questo la persona dovrebbe ricevere quel tanto che gli permetta di vivere decorosamente e tutto questo sarebbe possibile senza togliere niente a nessuno, attualmente questo non è possibile semplicemente perché le istituzioni finanziarie hanno stravolto il loro ruolo all’interno della comunità, sia essa locale, nazionale o internazionale.
Le banche, infatti, oltre a farsi pagare il servizio, applicano anche un tasso di interesse. Il tasso di interesse non intacca la bontà dell’investimento se la ricchezza che riuscirò a produrre sarà superiore a quello che mi costa reperire le risorse. Il fatto è che la banca indebita anche per la vita normale dell’azienda (anticipo fatture, cassa ecc.) e anche per la vita quotidiana dell’individuo (auto, frigorifero, televisione ecc.) non solo investimenti che produrranno ricchezza, per questo a lungo andare il tasso di interesse impoverisce anziché arricchire.
Oltre a questo la banca non si limita a “pompare” nel sistema i depositi dei correntisti, cioè la ricchezza che viene risparmiata e che rimarrebbe inutilizzata, ma su questi crea denaro elettronico e magicamente anticipa quella ricchezza che dovrebbe essere creata. Anche qui non facciamo gli ortodossi e non la condanniamo per questo perché rientrerebbe comunque nella sua funzione sociale di anticipare una ricchezza che arriverà dall’investimento.
Il problema è che la banca ormai da molto tempo si è allontanata dalla sua funzione di aiuto e sostegno all’economia e ha utilizzato in modo “distorto” questa possibilità a tal punto che il sistema bancario può arrivare a prestare oltre 50 volte quello che i correntisti hanno depositato, annullando qualsiasi legame con l’economia reale.
Infatti la riserva obbligatoria delle banche oggi è al 2% ed in alcuni casi allo 0% e questo significa che il moltiplicatore bancario è (1/0,02-1) = 49; Tanto per capirci 100 euro depositati con i vari passaggi nel sistema possono “lievitare” fino a diventare 4.900, molto di più con riserva 0, semplicemente con un click del loro computer.
Potete trovare vari riferimenti nel gruppo di centrofondi dove si è svolta questa discussione, grazie a tutti coloro che hanno dato il loro contributo http://groups.google.com/group/centrofondi?hl=it
http://studimonetari.org/articoli/riservafrazionariaduepercento.html articolo di Marco Saba
http://www.centrofondi.it/articoli/credito_bancario_Munerotto.pdf studio di Federico Munerotto
http://www.centrofondi.it/articoli/Magia_Frazionaria.xls simulazione in excel di Davide911
Sui numeri e le percentuali della riserva obbligatoria consultare anche la Tav. 5 a pag. 11
http://www.bancaditalia.it/statistiche/indica/pimemo/pimemo08/pimemo08/suppl_01_08.pdf
Questo “scollamento” dall’economia reale ha creato dei potenti squilibri che oggi sono sotto gli occhi di tutti: l’indebitamento oltre ogni ragionevole limite
che si è impennato dopo gli anni ’90, che ha le caratteristiche tipiche della crescita
esponenziale degli interessi come abbiamo già avuto modo di esaminare nel report “A
quando la fine del paese dei balocchi” http://www.centrofondi.it/report/report_06_01_07.pdf e che si ritrova anche nelle famose curve di LaRouche www.movisol.org
In queste curve appare evidente come, al crescere del tempo, gli aggregati finanziari e monetari hanno un andamento esponenziale a danno dell’economia reale che invece decresce velocemente.
Episodi come la globalizzazione e lo sdoganamento della Cina hanno avuto l’unico scopo di procrastinare questo meccanismo perverso mascherando le reali condizioni del mondo economico.
Oltretutto dobbiamo pensare che il sistema bancario fruendo di leggi che gli impediscono di portare in bilancio la reale situazione (il denaro creato elettronicamente dal nulla) grazie agli accordi GAAP (Generally Accepted Accounting Principles), evade agli stati cifre esorbitanti, in Italia svariate centinaia di miliardi di euro, che da soli ridarebbero slancio alle economie in crisi. Ma non è ancora tutto. Dal 1998 con l’ultima riforma bancaria che porta il nome di Mario Draghi (vi ricorda qualcuno?) e fatta guarda caso con l’inasprirsi della curva del debito, le banche si sono tolte, con l’avallo dei politici, anche il divieto di entrare nei consigli di amministrazione delle società da loro finanziate, con il risultato che oggi oltre il 90% delle aziende sono governate e sono di fatto di proprietà dei gruppi bancari. E purtroppo la situazione si aggraverà ulteriormente quando si sentiranno gli effetti devastanti di Basilea2 che alzerà la riserva obbligatoria chiudendo repentinamente il rubinetto del credito con la conseguenza che moltissime aziende si ritroveranno nell’impossibilità di rientrare dalle linee di credito che gli erano state concesse a causa delle pessime condizioni dell’economia.
La situazione è molto critica e necessita da una parte dell’intervento della politica, quella sana, che imponga al sistema bancario una moratoria condonando almeno il 40% degli interessi dovuti, come chiede per i mutui l’economista Nino Galloni nel suo ultimo libro “Il grande mutuo” editori riuniti, liberando così risorse economiche indispensabili alla vita di un paese.
La politica poi dovrà farsi carico di far pagare le dovute tasse al sistema bancario, che poi si potrebbe anche accontentare della restituzione del capitale senza gli interessi visto che ha creato solo elettronicamente quel denaro. Riportare alla funzione sociale il mondo bancario è la priorità di questo periodo.
Nell’attesa che la politica faccia il suo dovere, ma visto l’andazzo della “casta” dovremo ricordarglielo noi, dobbiamo attivarci sganciandoci dal treno impazzito della globalizzazione, ritornando a risanare le economie locali, ricostruendo il mercato, oggi distrutto, alle nostre imprese e dando nuovo potere di acquisto alle famiglie attraverso l’adozione dei Buoni Locali http://www.centrofondi.it/report/scheda_BuoniLocali.pdf .
Altro sistema non c’è e il tempo ormai è scaduto quindi gambe in spalla e al lavoro che dobbiamo ricostruire di nuovo il nostro mondo!

Fonte: Centrofondi.it