05 febbraio 2008

Il paradigma della decadenza: "la monnezza"


L'emergenza rifiuti in Campania, che si fa ogni giorno più esplosiva, è una metafora del modello di sviluppo occidentale e del suo possibile, anzi probabile, destino. In genere si addebita la responsabilità di tale emergenza agli amministratori locali, ai governi nazionali, di sinistra o di destra, ai vari commissari straordinari, agli interessi della camorra e allo stesso popolo partenopeo poco incline, per storica indole, all'ordine. E queste responsabilità, naturalmente ci sono. Ma il nocciolo della questione non è affatto qui.

Napoli e la Campania non sono che la punta più evidente e più visibile di un gigantesco iceberg mondiale. Il fatto è che il modello di sviluppo occidentale, nel quale oggi rientrano anche la Russia, la Cina, l'India e tutti i Paesi cosiddetti terzomondisti dov'è penetrata la nostra economia, produce troppo. Tot di produzione vuol dire un altrettale tot di rifiuti. E poichè, come diceva Democrito già nel IV secolo a.C., "in natura nulla si crea e nulla si distrugge" il rifiuto lo si può spostare, lo si può nascondere, come fan i cani nascondendo la loro cacca sotto il tappeto, ma non lo si può eliminare.

Un caso classico di occultamento canino sono i termovalorizzatori. Il termovalorizzatore riduce solo apparentemente i rifiuti, in realtà semplicemente li comprime. Come sempre avviene con la tecnologia. La tecnologia comprime in tempi e spazi ridottissimi ciò che la natura elabora in tempi lenti e in spazi ampi. Ma l'energia così compressa rimbalza, prima o poi, come una molla e con la stessa forza che l'ha compressa. Il termovalorizzatore in realtà è un produttore di un concentrato di veleni (la diossina) che rimangono in circolazione per un tempo pressochè eterno, almeno in termini umani. Abbiamo reso la cacca meno visibile, ma non meno insidiosa.

É anche per questo che altre regioni italiane sembrano meno compromesse della Campania. Alcune di queste poi mandano i loro rifiuti in Germania, pagando il servizio a peso d'oro. E cosa fanno i bravi tedeschi? Fanno quello che farebbero i napoletani se solo potessero: scaricano i rifiuti più tossici altrove, sulle coste del Benin e di altri Paesi, troppo poveri e troppo deboli per opporsi al proprio genocidio. Ma prima o poi anche le coste del Benin diverranno sature. E allora tutto il pianeta sarà nelle condizioni in cui sono oggi Napoli e la Campania.

La soluzione sembrerebbe ovvia: produrre di meno. Ma non si può. Questo modello è basato sulle crescite esponenziali. Il che vuol dire che non solo, dio guardi, non può tornare indietro, non solo non può fermarsi, non solo non può rallentare, ma non può nemmeno mantenere, per quanto già vertiginosa, l'attuale velocità ma deve, per sua ineludibile coerenza interna, continuamente aumentarla, altrimenti implode su se stesso. E nessun Paese, preso singolarmente, può sottrarsi a questa folle corsa produttiva, perchè retrocederebbe a livelli considerati intollerabili. Ci vorrebbe una «moratoria mondiale della produzione». Ma chi mai oserebbe nemmeno pensarla? E se mai qualcuno ci pensasse sarebbe sommerso dai frizzi, dai lazzi, dagli insulti, dagli sputi proprio di coloro che lamentano i tumori, le leucemie, le malattie cardiovascolari, quelle respiratorie provocate dall'inquinamento, ma che, in una tragica fagia autodistruttiva, non sognano che di ingurgitare sempre nuovi prodotti, e si considerano poveri se non li hanno, confondendo i bisogni con i desideri che son cosa diversa. Moriremo non perchè poveri, ma perchè troppo ricchi.

Come nella «Grande abbuffata» di Marco Ferreri moriremo soffocati dalla nostra stessa merda. Moriremo come meritiamo. Come merita chi ha dimenticato ogni senso del limite e di sè e lo stesso istinto di sopravvivenza. Amen.
DI MASSIMO FINI

04 febbraio 2008

Qualcosa non quadra


Se fossimo in campo economico si potrebbe affermare, senza timore di smentita, che la società italiana vive, da 20 anni circa, in regime di duopolio.
Infatti che perdano o vincano le elezioni, i 2 schieramenti politici si presentano ormai da quasi 20 anni con gli stessi leader (si fa per dire) e portaborse.
Non c'è paura di sconfitta: tanto o vince Prodi o vince Berlusconi.
E chi perde ora vincerà la prossima volta.
E per i cittadini non cambia nulla.
Se prendiamo le leggi di Prodi e le giriamo su Berlusconi, cambiandone il nome, e facciamo lo stesso con le leggi varate dall'altro schieramento, non se ne accorge nessuno.
Infatti che vincano gli uni o gli altri non cambia assolutamente nulla!
Regime di duopolio, appunto, dove cane non scaccia cane ma lo protegge.

Ma lo spunto di questo articolo non parte da considerazioni politiche ma da un articolo di Maurizio d'Orlando comparso su asianews.it in data 19/09/2007 (1) e recentemente fatto circolare nella lista di «centrofondi.it» (un grazie a Raudace), da considerarsi a dir poco profetico e premonitore della attuale situazione dei mercati finanziari.

Nell'articolo si afferma quanto segue: «A causa di una montagna di mutui fuori parametro (subprime) concessa dalle società di credito fondiario in America, molte banche stanno entrando in crisi. Si parla di giganti come Citygroup e Bank of America negli USA ed in Europa di possibile crollo per banche del calibro di Deutsche Bank, Barclys, BNP Paribas e di alcune finanziarie (AXA) e fondi pensione.
Si parla di un buco di oltre 20 miliardi di dollari USA di titoli circolanti emessi nei mercati e privi di patrimonialità reale, di cui né il grande pubblico, né i professionisti di New York si erano accorti. Non si parla più di un problema di liquidità, ma di un problema di solvibilità.
Il problema si è originato negli USA a partire dal 1987, quando con pressioni della lobby bancaria - mediante elargizioni costate 300 milioni di Dollari USA - si è riusciti ad ottenere, passo dopo passo, l'abolizione della legge Glass-Steagall, approvata dal parlamento americano dopo la crisi del '29. La completa abolizione della legge è stata ottenuta nel 1999 grazie al Presidente Bill Clinton.
A suo tempo la legge era stata approvata per evitare il conflitto d'interessi tra banche e società che sottoscrivono obbligazioni ed azioni.
Principale fautore di questa liberalizzazione finanziaria è stato il precedente presidente della FED, Alan Greenspan.
Questi, divenuto governatore nel 1987, prima di tale nomina era stato membro del consiglio di amministrazione della J.P. Morgan, la prima banca ad usufruire della liberalizzazione.
Nei 18 anni di governatorato di Greenspan si è avuta la più grande espansione della finanza speculativa della storia mondiale e la crisi più che imminente avrebbe dimensioni planetarie.
In questo ultimo periodo i grandi gruppi finanziari e bancari si sono premuniti piazzando i titoli spazzatura sia in Europa che in Asia.
Questi titoli sono valutati AA o addirittura AAA dalle agenzie, cosiddette indipendenti, di valutazione dei valori mobiliari, come Standard & Poors, Moody's e Fitch…
A essere esposte in prima linea dovrebbero esserci teoricamente i fondi pensione, le assicurazioni e le grandi fondazioni americane, come pure i maggiori gruppi finanziari e bancari statunitensi, che sono all'origine dell'emissione incontrollata di titoli atipici di questi lunghi decenni.
Eppure c'è da dubitare che chi ha le chiavi del potere finanziario e monetario sia chiamato a rispondere dei propri misfatti. Alla radice del problema, infatti, ci sono le Banche Centrali ed in primo luogo la FED, che da tempo aveva un chiaro quadro della situazione…».

Ed infine la ciliegina sulla torta: «Chi controlla la FED sa dunque che non può fornire la soluzione nell'ambito stesso della FED. In questo scenario… gli Stati Uniti si preparano, insieme a Canada e Messico, a lanciare una moneta unica, detta 'Amero'. La soluzione proposta sarebbe l'abolizione del dollaro, sostituito dalla valuta dell'Unione del Nord America»…
In sintesi prima i banchieri a suon di tangenti ai politici (300 milioni di dollari dichiarati) fanno abolire le leggi a suo tempo create in USA per impedire un nuovo tracollo economico sul pianeta come quello del 1929; poi inondano il pianeta di moneta finanziaria senza valore intrinseco nell'economia reale, ma gravata comunque di interesse che l'economia reale ignara accetta e paga.
Quando l'economia reale strozzata dai debiti (soprattutto dagli interessi sui debiti) non ce la fa più, il banchiere che comanda - «colui che controlla la FED»- decide di abbandonare la barca, creare una nuova moneta (ovviamente gravata di interesse a debito) e abbandonare la società civile con in mano dollari che andranno bene solo per accendersi i sigari.

Unico problema: far fare ai politici una legge che dia corso legale alla nuova valuta.
E in questo l'articolo di Asia News ci informa che Greenspan e il CFR (Council on Foreign Relations) sono già all'opera.
Si tratta solo di avere il tempo per prezzolare i politici di turno.

A chi studia economia in una qualunque università occidentale viene insegnato che (primo esempio di globalizzazione al mondo) le Banche Centrali (Federal Riserve, BCE, Banca d'Italia, ecc.) sono state delegate dai singoli Stati nazionali a disciplinare l'emissione della moneta per evitare che questa fosse appannaggio degli appetiti elettorali dei sistemi politici.
Come può essere quindi, che siano proprio i banchieri a prezzolare i politici per fare della moneta esattamente l'uso che si voleva evitare da parte dei politici?
E come può essere che ciò riaccada dopo il 1929 quando si sapeva già, grazie a quella esperienza, come sarebbe andata a finire comportandosi in quel modo?
E come può essere che vi sia un soggetto che possiede (o decide per) la Federal Riserve e che noi non si sappia chi sia pur avendo un così grande potere?
Che è poi il potere dei poteri: quello di decidere l'emissione della moneta.
Come mai non viene mai citato in TV o sui giornali?
Come può essere che qualcuno decida di cambiare valuta senza coinvolgere le istituzioni democratiche di quel Paese in questa decisione?

E ancora: In Europa la situazione è identica o diversa?
Chi decide quanti euro ogni anno debbano essere messi in circolazione?
Chi possiede e ha potere decisionale nella BCE?
A chi rendono conto questi signori se compiono misfatti?
Quali controlli il parlamento europeo e i singoli Stati nazionali hanno sulla BCE?
E sulle banche nazionali?
A cosa è dovuta l'inflazione?
Perché se la moneta è in mano ai banchieri per evitare abuso da parte del sistema politico le monete continuano a svalutarsi?
Gli euro emessi appartengono agli Stati nazionali o alla BCE, che è un soggetto privato e che indebita gli Stati quando questi ricevono nuova moneta?
Con quali criteri e soprattutto chi decide quale interesse passivo applicare sulla moneta presa a debito dagli Stati nazionali e di conseguenza poi dai cittadini verso le banche?
Perché il parlamento italiano può decidere di occupare militarmente uno Stato straniero ma non può deliberare sulla propria moneta?
Ed infine, perché su queste tematiche c'è la totale disinformazione da parte dei mass media ufficiali?

Siamo sull'orlo di una crisi economica inevitabile salvo un miracolo.
Il sistema bancario, principale responsabile di questa crisi, se ne lava le mani e da nessuna parte viene messo sotto accusa.
Anzi i banchieri li troviamo come primi ministri o presidenti della repubblica.
Il sistema politico, occidentale in generale e italiano in particolare, ha dimostrato incompetenza e sudditanza a questo sistema.
Tutti noi sappiamo perfettamente che se anche va al governo la coalizione opposta non cambierà nulla.
Il cittadino fondamentalmente è al muro ed è impotente perché non capisce come funziona il sistema.
Non sa dove è il trucco, se trucco c'è.
Non sa cosa fare perché gli è stato fatto credere negli ultimi 70 anni che l'unico sistema economico possibile è quello occidentale, in quanto è il migliore e ha dato abbondanza e prosperità a tutti.
Non ce né un altro migliore.
L'altro possibile, cioè il comunismo, è morto da tempo perché peggiore di quello occidentale..

Ma noi sappiamo che non è così.
Sappiamo, nonostante il colpevole silenzio dei media ufficiali, che è possibile ricorrere ad un sistema monetario diverso, dove la moneta appartiene agli Stati e non a banchieri privati, senza che questo metta in discussione la società occidentale ed i suoi valori sociali, politici e democratici; sappiamo che, ad esempio, solo in Italia esistono oltre una ventina di esperimenti di moneta complementare (in Germania sono più di 100) che cercano di far sì che la spesa dei cittadini rimanga all'interno dell'economia nazionale e non se ne vada a gonfiare gli investimenti speculativi asiatici; sappiamo che il problema del deficit dello Stato italiano è collegato al debito che viene contratto dallo Stato verso banchieri privati allorché nuova moneta viene immessa in circolazione, e non solo per l'eccesso di spesa della «casta politica» rispetto alla raccolta delle imposte; sappiamo che i banchieri internazionali non vogliono che le masse siano informate su questi meccanismi, altrimenti non potrebbero più spiegare ai cittadini come mai Prodi e Letta sono stipendiati dalla Goldmann Sachs quando non hanno incarichi governativi, e che la Goldman è l'advisor (vale a dire il consulente che dice a chi vendere e a quale prezzo) per eccellenza quando lo Stato italiano vende qualche azienda pubblica; sappiamo che la scuola di pensiero dell'insigne economista Federico Caffè, misteriosamente scomparso nel 1987, che si opponeva alle distorsioni di questo sistema finanziario, non è morta con lui.

Allora riteniamo che sia giunto il momento di cominciare ad illustrare, da questo sito, quale è il trucco del capitalismo.
Che i banchieri internazionali lo vogliano o no.
bianchini carlo

02 febbraio 2008

Berlusconi: una nuova tassa


La giustizia a orologeria valica ormai i confini nazionali e dilaga, come un’inarrestabile cancrena, fino al Lussemburgo. Lì la Corte Europea di Giustizia ha stabilito che le norme italiane che consentono a Rete4 di trasmettere via etere senza concessione su frequenze spettanti a Europa7 che la concessione vinse in una regolare gara nel 1999 mentre Rete 4 la perse, sono “contrarie al diritto comunitario”, dunque illegali. A partire dalla legge Maccanico gentilmente offerta dal centrosinistra al Cavaliere nel 1997, per proseguire col decreto salva-Rete4 e con la legge Gasparri varati dal governo Berlusconi II tra il 2003 e il 2004. Giusto in tempo per il suo probabile ritorno a Palazzo Chigi, dunque, si ripropongono intatti i nobili moventi della sua “discesa in campo” del ‘94: salvare le sue televisioni da una qualunque legge antitrust e salvare se stesso dai processi (a Milano stanno per chiudersi quelli per i fondi neri Mediaset e per la corruzione del testimone David Mills, a Napoli sta per aprirsi quello per la tentata corruzione di Agostino Saccà e di alcuni senatori). La soluzione ideale sarebbe depenalizzare anche la corruzione e trasferire la Corte europea da Lussemburgo a Brescia, o ad Arcore, per legittimo sospetto.

Nell’attesa, va detto che non sarebbe occorso scomodare l’Europa se l’Ulivo prima e l’Unione poi avessero fatto il proprio dovere: tradurre in legge le sentenze della Corte costituzionale del 1994 e del 2002 che fissano per Mediaset un tetto invalicabile di due reti. Ma, nei quasi sette anni in cui ha governato, il centrosinistra - che secondo l’ex senatore Franco Debenedetti, sempre spiritoso, sarebbe affetto da inguaribile antiberlusconismo - le diede tutte vinte al Cainano. Costringendo Francesco Di Stefano a un’estenuante battaglia legale prima al Tar, poi al Consiglio di Stato, infine alla Corte europea. L’anno scorso si arrivò all’incredibile: già regnante l’Unione, l’Avvocatura dello Stato seguitò a difendere la legge Gasparri alla Corte di Lussemburgo contro le legittime richieste di Europa7. Ieri il ministro Gentiloni l’ha parzialmente ricordato, facendo notare di aver invitato Palazzo Chigi a modificare le regole d’ingaggio all’Avvocatura rispetto a quelle dettate dal governo Berlusconi. Ma la sua missiva al sottosegretario Enrico Letta rimase lettera morta e il governo dell’Unione continuò a schierarsi pro Gasparri e contro Di Stefano. Ora il Consiglio di Stato dovrà risarcire l’editore di Europa7 per i danni subiti dal 1999 a oggi e, possibilmente, levare le frequenze occupate da Rete4 grazie a una serie di proroghe legislative compiacenti, per assegnarle finalmente al legittimo beneficiario e consentirgli di accendere, con nove anni di ritardo, la sua emittente nazionale.

Mediaset, in un comunicato spiritoso almeno quanto Debenedetti, sostiene che “Rete4 è pienamente legittimata all’utilizzo delle frequenze su cui opera. Quindi nessun rischio per Rete4”. In realtà non spetta a Mediaset, ma al Consiglio di Stato, decidere se assegnare a Di Stefano il solo risarcimento pecuniario, o anche le frequenze finora negate. Intanto l’Europa, che ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per l’illegittimità della Gasparri, potrebbe presto condannare il nostro Paese a versare una multa di 400 mila euro al giorno. Risarcimento a Di Stefano ed eventuale multa saranno, ovviamente, a spese dei contribuenti.

Secondo l’infallibile pratica del “ridi e fotti”, per 15 anni il Cavaliere ha imposto al Parlamento gli affari suoi come affari di Stato. Mantenendo Rete4 sull’analogico terrestre, ha incamerato introiti pubblicitari da favola che non avrebbe mai visto se l’emittente fosse finita sul satellite. E ora chi paga i danni? Lo Stato. Cioè, pro quota, ciascun contribuente. Se esistesse un’informazione decente, da oggi tutti i giornali e le tv dovrebbero annunciare agli italiani una nuova tassa: la “tassa Berlusconi”. Se esistesse un centrosinistra decente, dovrebbe promuovere una gigantesca class action di 58 milioni di italiani per chiedere i danni a Silvio Berlusconi. Il quale intanto, se tornerà al governo, sarà chiamato ancora una volta a risolvere ciò che i suoi presunti avversari non hanno mai voluto nemmeno sfiorare. Come diceva Sabina Guzzanti nei panni di Massimo D’Alema,“io a Silvio Berlusconi ho fatto un discorso chiarissimo sul conflitto d’interessi. Gli ho detto: Silvio Berlusconi, il conflitto d’interessi è tuo? Risolvitelo da te!
di marco travaglio

05 febbraio 2008

Il paradigma della decadenza: "la monnezza"


L'emergenza rifiuti in Campania, che si fa ogni giorno più esplosiva, è una metafora del modello di sviluppo occidentale e del suo possibile, anzi probabile, destino. In genere si addebita la responsabilità di tale emergenza agli amministratori locali, ai governi nazionali, di sinistra o di destra, ai vari commissari straordinari, agli interessi della camorra e allo stesso popolo partenopeo poco incline, per storica indole, all'ordine. E queste responsabilità, naturalmente ci sono. Ma il nocciolo della questione non è affatto qui.

Napoli e la Campania non sono che la punta più evidente e più visibile di un gigantesco iceberg mondiale. Il fatto è che il modello di sviluppo occidentale, nel quale oggi rientrano anche la Russia, la Cina, l'India e tutti i Paesi cosiddetti terzomondisti dov'è penetrata la nostra economia, produce troppo. Tot di produzione vuol dire un altrettale tot di rifiuti. E poichè, come diceva Democrito già nel IV secolo a.C., "in natura nulla si crea e nulla si distrugge" il rifiuto lo si può spostare, lo si può nascondere, come fan i cani nascondendo la loro cacca sotto il tappeto, ma non lo si può eliminare.

Un caso classico di occultamento canino sono i termovalorizzatori. Il termovalorizzatore riduce solo apparentemente i rifiuti, in realtà semplicemente li comprime. Come sempre avviene con la tecnologia. La tecnologia comprime in tempi e spazi ridottissimi ciò che la natura elabora in tempi lenti e in spazi ampi. Ma l'energia così compressa rimbalza, prima o poi, come una molla e con la stessa forza che l'ha compressa. Il termovalorizzatore in realtà è un produttore di un concentrato di veleni (la diossina) che rimangono in circolazione per un tempo pressochè eterno, almeno in termini umani. Abbiamo reso la cacca meno visibile, ma non meno insidiosa.

É anche per questo che altre regioni italiane sembrano meno compromesse della Campania. Alcune di queste poi mandano i loro rifiuti in Germania, pagando il servizio a peso d'oro. E cosa fanno i bravi tedeschi? Fanno quello che farebbero i napoletani se solo potessero: scaricano i rifiuti più tossici altrove, sulle coste del Benin e di altri Paesi, troppo poveri e troppo deboli per opporsi al proprio genocidio. Ma prima o poi anche le coste del Benin diverranno sature. E allora tutto il pianeta sarà nelle condizioni in cui sono oggi Napoli e la Campania.

La soluzione sembrerebbe ovvia: produrre di meno. Ma non si può. Questo modello è basato sulle crescite esponenziali. Il che vuol dire che non solo, dio guardi, non può tornare indietro, non solo non può fermarsi, non solo non può rallentare, ma non può nemmeno mantenere, per quanto già vertiginosa, l'attuale velocità ma deve, per sua ineludibile coerenza interna, continuamente aumentarla, altrimenti implode su se stesso. E nessun Paese, preso singolarmente, può sottrarsi a questa folle corsa produttiva, perchè retrocederebbe a livelli considerati intollerabili. Ci vorrebbe una «moratoria mondiale della produzione». Ma chi mai oserebbe nemmeno pensarla? E se mai qualcuno ci pensasse sarebbe sommerso dai frizzi, dai lazzi, dagli insulti, dagli sputi proprio di coloro che lamentano i tumori, le leucemie, le malattie cardiovascolari, quelle respiratorie provocate dall'inquinamento, ma che, in una tragica fagia autodistruttiva, non sognano che di ingurgitare sempre nuovi prodotti, e si considerano poveri se non li hanno, confondendo i bisogni con i desideri che son cosa diversa. Moriremo non perchè poveri, ma perchè troppo ricchi.

Come nella «Grande abbuffata» di Marco Ferreri moriremo soffocati dalla nostra stessa merda. Moriremo come meritiamo. Come merita chi ha dimenticato ogni senso del limite e di sè e lo stesso istinto di sopravvivenza. Amen.
DI MASSIMO FINI

04 febbraio 2008

Qualcosa non quadra


Se fossimo in campo economico si potrebbe affermare, senza timore di smentita, che la società italiana vive, da 20 anni circa, in regime di duopolio.
Infatti che perdano o vincano le elezioni, i 2 schieramenti politici si presentano ormai da quasi 20 anni con gli stessi leader (si fa per dire) e portaborse.
Non c'è paura di sconfitta: tanto o vince Prodi o vince Berlusconi.
E chi perde ora vincerà la prossima volta.
E per i cittadini non cambia nulla.
Se prendiamo le leggi di Prodi e le giriamo su Berlusconi, cambiandone il nome, e facciamo lo stesso con le leggi varate dall'altro schieramento, non se ne accorge nessuno.
Infatti che vincano gli uni o gli altri non cambia assolutamente nulla!
Regime di duopolio, appunto, dove cane non scaccia cane ma lo protegge.

Ma lo spunto di questo articolo non parte da considerazioni politiche ma da un articolo di Maurizio d'Orlando comparso su asianews.it in data 19/09/2007 (1) e recentemente fatto circolare nella lista di «centrofondi.it» (un grazie a Raudace), da considerarsi a dir poco profetico e premonitore della attuale situazione dei mercati finanziari.

Nell'articolo si afferma quanto segue: «A causa di una montagna di mutui fuori parametro (subprime) concessa dalle società di credito fondiario in America, molte banche stanno entrando in crisi. Si parla di giganti come Citygroup e Bank of America negli USA ed in Europa di possibile crollo per banche del calibro di Deutsche Bank, Barclys, BNP Paribas e di alcune finanziarie (AXA) e fondi pensione.
Si parla di un buco di oltre 20 miliardi di dollari USA di titoli circolanti emessi nei mercati e privi di patrimonialità reale, di cui né il grande pubblico, né i professionisti di New York si erano accorti. Non si parla più di un problema di liquidità, ma di un problema di solvibilità.
Il problema si è originato negli USA a partire dal 1987, quando con pressioni della lobby bancaria - mediante elargizioni costate 300 milioni di Dollari USA - si è riusciti ad ottenere, passo dopo passo, l'abolizione della legge Glass-Steagall, approvata dal parlamento americano dopo la crisi del '29. La completa abolizione della legge è stata ottenuta nel 1999 grazie al Presidente Bill Clinton.
A suo tempo la legge era stata approvata per evitare il conflitto d'interessi tra banche e società che sottoscrivono obbligazioni ed azioni.
Principale fautore di questa liberalizzazione finanziaria è stato il precedente presidente della FED, Alan Greenspan.
Questi, divenuto governatore nel 1987, prima di tale nomina era stato membro del consiglio di amministrazione della J.P. Morgan, la prima banca ad usufruire della liberalizzazione.
Nei 18 anni di governatorato di Greenspan si è avuta la più grande espansione della finanza speculativa della storia mondiale e la crisi più che imminente avrebbe dimensioni planetarie.
In questo ultimo periodo i grandi gruppi finanziari e bancari si sono premuniti piazzando i titoli spazzatura sia in Europa che in Asia.
Questi titoli sono valutati AA o addirittura AAA dalle agenzie, cosiddette indipendenti, di valutazione dei valori mobiliari, come Standard & Poors, Moody's e Fitch…
A essere esposte in prima linea dovrebbero esserci teoricamente i fondi pensione, le assicurazioni e le grandi fondazioni americane, come pure i maggiori gruppi finanziari e bancari statunitensi, che sono all'origine dell'emissione incontrollata di titoli atipici di questi lunghi decenni.
Eppure c'è da dubitare che chi ha le chiavi del potere finanziario e monetario sia chiamato a rispondere dei propri misfatti. Alla radice del problema, infatti, ci sono le Banche Centrali ed in primo luogo la FED, che da tempo aveva un chiaro quadro della situazione…».

Ed infine la ciliegina sulla torta: «Chi controlla la FED sa dunque che non può fornire la soluzione nell'ambito stesso della FED. In questo scenario… gli Stati Uniti si preparano, insieme a Canada e Messico, a lanciare una moneta unica, detta 'Amero'. La soluzione proposta sarebbe l'abolizione del dollaro, sostituito dalla valuta dell'Unione del Nord America»…
In sintesi prima i banchieri a suon di tangenti ai politici (300 milioni di dollari dichiarati) fanno abolire le leggi a suo tempo create in USA per impedire un nuovo tracollo economico sul pianeta come quello del 1929; poi inondano il pianeta di moneta finanziaria senza valore intrinseco nell'economia reale, ma gravata comunque di interesse che l'economia reale ignara accetta e paga.
Quando l'economia reale strozzata dai debiti (soprattutto dagli interessi sui debiti) non ce la fa più, il banchiere che comanda - «colui che controlla la FED»- decide di abbandonare la barca, creare una nuova moneta (ovviamente gravata di interesse a debito) e abbandonare la società civile con in mano dollari che andranno bene solo per accendersi i sigari.

Unico problema: far fare ai politici una legge che dia corso legale alla nuova valuta.
E in questo l'articolo di Asia News ci informa che Greenspan e il CFR (Council on Foreign Relations) sono già all'opera.
Si tratta solo di avere il tempo per prezzolare i politici di turno.

A chi studia economia in una qualunque università occidentale viene insegnato che (primo esempio di globalizzazione al mondo) le Banche Centrali (Federal Riserve, BCE, Banca d'Italia, ecc.) sono state delegate dai singoli Stati nazionali a disciplinare l'emissione della moneta per evitare che questa fosse appannaggio degli appetiti elettorali dei sistemi politici.
Come può essere quindi, che siano proprio i banchieri a prezzolare i politici per fare della moneta esattamente l'uso che si voleva evitare da parte dei politici?
E come può essere che ciò riaccada dopo il 1929 quando si sapeva già, grazie a quella esperienza, come sarebbe andata a finire comportandosi in quel modo?
E come può essere che vi sia un soggetto che possiede (o decide per) la Federal Riserve e che noi non si sappia chi sia pur avendo un così grande potere?
Che è poi il potere dei poteri: quello di decidere l'emissione della moneta.
Come mai non viene mai citato in TV o sui giornali?
Come può essere che qualcuno decida di cambiare valuta senza coinvolgere le istituzioni democratiche di quel Paese in questa decisione?

E ancora: In Europa la situazione è identica o diversa?
Chi decide quanti euro ogni anno debbano essere messi in circolazione?
Chi possiede e ha potere decisionale nella BCE?
A chi rendono conto questi signori se compiono misfatti?
Quali controlli il parlamento europeo e i singoli Stati nazionali hanno sulla BCE?
E sulle banche nazionali?
A cosa è dovuta l'inflazione?
Perché se la moneta è in mano ai banchieri per evitare abuso da parte del sistema politico le monete continuano a svalutarsi?
Gli euro emessi appartengono agli Stati nazionali o alla BCE, che è un soggetto privato e che indebita gli Stati quando questi ricevono nuova moneta?
Con quali criteri e soprattutto chi decide quale interesse passivo applicare sulla moneta presa a debito dagli Stati nazionali e di conseguenza poi dai cittadini verso le banche?
Perché il parlamento italiano può decidere di occupare militarmente uno Stato straniero ma non può deliberare sulla propria moneta?
Ed infine, perché su queste tematiche c'è la totale disinformazione da parte dei mass media ufficiali?

Siamo sull'orlo di una crisi economica inevitabile salvo un miracolo.
Il sistema bancario, principale responsabile di questa crisi, se ne lava le mani e da nessuna parte viene messo sotto accusa.
Anzi i banchieri li troviamo come primi ministri o presidenti della repubblica.
Il sistema politico, occidentale in generale e italiano in particolare, ha dimostrato incompetenza e sudditanza a questo sistema.
Tutti noi sappiamo perfettamente che se anche va al governo la coalizione opposta non cambierà nulla.
Il cittadino fondamentalmente è al muro ed è impotente perché non capisce come funziona il sistema.
Non sa dove è il trucco, se trucco c'è.
Non sa cosa fare perché gli è stato fatto credere negli ultimi 70 anni che l'unico sistema economico possibile è quello occidentale, in quanto è il migliore e ha dato abbondanza e prosperità a tutti.
Non ce né un altro migliore.
L'altro possibile, cioè il comunismo, è morto da tempo perché peggiore di quello occidentale..

Ma noi sappiamo che non è così.
Sappiamo, nonostante il colpevole silenzio dei media ufficiali, che è possibile ricorrere ad un sistema monetario diverso, dove la moneta appartiene agli Stati e non a banchieri privati, senza che questo metta in discussione la società occidentale ed i suoi valori sociali, politici e democratici; sappiamo che, ad esempio, solo in Italia esistono oltre una ventina di esperimenti di moneta complementare (in Germania sono più di 100) che cercano di far sì che la spesa dei cittadini rimanga all'interno dell'economia nazionale e non se ne vada a gonfiare gli investimenti speculativi asiatici; sappiamo che il problema del deficit dello Stato italiano è collegato al debito che viene contratto dallo Stato verso banchieri privati allorché nuova moneta viene immessa in circolazione, e non solo per l'eccesso di spesa della «casta politica» rispetto alla raccolta delle imposte; sappiamo che i banchieri internazionali non vogliono che le masse siano informate su questi meccanismi, altrimenti non potrebbero più spiegare ai cittadini come mai Prodi e Letta sono stipendiati dalla Goldmann Sachs quando non hanno incarichi governativi, e che la Goldman è l'advisor (vale a dire il consulente che dice a chi vendere e a quale prezzo) per eccellenza quando lo Stato italiano vende qualche azienda pubblica; sappiamo che la scuola di pensiero dell'insigne economista Federico Caffè, misteriosamente scomparso nel 1987, che si opponeva alle distorsioni di questo sistema finanziario, non è morta con lui.

Allora riteniamo che sia giunto il momento di cominciare ad illustrare, da questo sito, quale è il trucco del capitalismo.
Che i banchieri internazionali lo vogliano o no.
bianchini carlo

02 febbraio 2008

Berlusconi: una nuova tassa


La giustizia a orologeria valica ormai i confini nazionali e dilaga, come un’inarrestabile cancrena, fino al Lussemburgo. Lì la Corte Europea di Giustizia ha stabilito che le norme italiane che consentono a Rete4 di trasmettere via etere senza concessione su frequenze spettanti a Europa7 che la concessione vinse in una regolare gara nel 1999 mentre Rete 4 la perse, sono “contrarie al diritto comunitario”, dunque illegali. A partire dalla legge Maccanico gentilmente offerta dal centrosinistra al Cavaliere nel 1997, per proseguire col decreto salva-Rete4 e con la legge Gasparri varati dal governo Berlusconi II tra il 2003 e il 2004. Giusto in tempo per il suo probabile ritorno a Palazzo Chigi, dunque, si ripropongono intatti i nobili moventi della sua “discesa in campo” del ‘94: salvare le sue televisioni da una qualunque legge antitrust e salvare se stesso dai processi (a Milano stanno per chiudersi quelli per i fondi neri Mediaset e per la corruzione del testimone David Mills, a Napoli sta per aprirsi quello per la tentata corruzione di Agostino Saccà e di alcuni senatori). La soluzione ideale sarebbe depenalizzare anche la corruzione e trasferire la Corte europea da Lussemburgo a Brescia, o ad Arcore, per legittimo sospetto.

Nell’attesa, va detto che non sarebbe occorso scomodare l’Europa se l’Ulivo prima e l’Unione poi avessero fatto il proprio dovere: tradurre in legge le sentenze della Corte costituzionale del 1994 e del 2002 che fissano per Mediaset un tetto invalicabile di due reti. Ma, nei quasi sette anni in cui ha governato, il centrosinistra - che secondo l’ex senatore Franco Debenedetti, sempre spiritoso, sarebbe affetto da inguaribile antiberlusconismo - le diede tutte vinte al Cainano. Costringendo Francesco Di Stefano a un’estenuante battaglia legale prima al Tar, poi al Consiglio di Stato, infine alla Corte europea. L’anno scorso si arrivò all’incredibile: già regnante l’Unione, l’Avvocatura dello Stato seguitò a difendere la legge Gasparri alla Corte di Lussemburgo contro le legittime richieste di Europa7. Ieri il ministro Gentiloni l’ha parzialmente ricordato, facendo notare di aver invitato Palazzo Chigi a modificare le regole d’ingaggio all’Avvocatura rispetto a quelle dettate dal governo Berlusconi. Ma la sua missiva al sottosegretario Enrico Letta rimase lettera morta e il governo dell’Unione continuò a schierarsi pro Gasparri e contro Di Stefano. Ora il Consiglio di Stato dovrà risarcire l’editore di Europa7 per i danni subiti dal 1999 a oggi e, possibilmente, levare le frequenze occupate da Rete4 grazie a una serie di proroghe legislative compiacenti, per assegnarle finalmente al legittimo beneficiario e consentirgli di accendere, con nove anni di ritardo, la sua emittente nazionale.

Mediaset, in un comunicato spiritoso almeno quanto Debenedetti, sostiene che “Rete4 è pienamente legittimata all’utilizzo delle frequenze su cui opera. Quindi nessun rischio per Rete4”. In realtà non spetta a Mediaset, ma al Consiglio di Stato, decidere se assegnare a Di Stefano il solo risarcimento pecuniario, o anche le frequenze finora negate. Intanto l’Europa, che ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per l’illegittimità della Gasparri, potrebbe presto condannare il nostro Paese a versare una multa di 400 mila euro al giorno. Risarcimento a Di Stefano ed eventuale multa saranno, ovviamente, a spese dei contribuenti.

Secondo l’infallibile pratica del “ridi e fotti”, per 15 anni il Cavaliere ha imposto al Parlamento gli affari suoi come affari di Stato. Mantenendo Rete4 sull’analogico terrestre, ha incamerato introiti pubblicitari da favola che non avrebbe mai visto se l’emittente fosse finita sul satellite. E ora chi paga i danni? Lo Stato. Cioè, pro quota, ciascun contribuente. Se esistesse un’informazione decente, da oggi tutti i giornali e le tv dovrebbero annunciare agli italiani una nuova tassa: la “tassa Berlusconi”. Se esistesse un centrosinistra decente, dovrebbe promuovere una gigantesca class action di 58 milioni di italiani per chiedere i danni a Silvio Berlusconi. Il quale intanto, se tornerà al governo, sarà chiamato ancora una volta a risolvere ciò che i suoi presunti avversari non hanno mai voluto nemmeno sfiorare. Come diceva Sabina Guzzanti nei panni di Massimo D’Alema,“io a Silvio Berlusconi ho fatto un discorso chiarissimo sul conflitto d’interessi. Gli ho detto: Silvio Berlusconi, il conflitto d’interessi è tuo? Risolvitelo da te!
di marco travaglio