12 febbraio 2008

Il denaro: come si crea



Parlare del denaro è stato sempre difficile specialmente nel periodo storico che stiamo vivendo. Il denaro è al centro delle nostre esistenze ed a causa sua abbiamo abbandonato i ritmi naturali del vivere in armonia con il tutto.

I cambiamenti che stiamo affrontando sia come persone che come comunità ci richiedono una grado maggiore di responsabilità intesa nel senso etimologico di abilità nel dare risposte alle nuove e forti sollecitazioni.

Ci confrontiamo con gli specchi delle nostre debolezze, delle nostre paure e affiorano le verità nascoste per poterli superare.

Tra le altre cose che stanno emergendo alla luce c'è anche la verità sul denaro come mezzo per detenere il potere sulle masse.

Il meccanismo è semplicissimo ed efficacissimo:

il primo passo è indebitare lo Stato

* attraverso accordi segreti e collusioni politiche le banche centrali, che al contrario di quello che si pensa sono di proprietà di privati, si sono impossessate della facoltà di stampare la moneta, facoltà che naturalmente deve appartenere al popolo (sovranità monetaria) perché lavora e crea ricchezza
* la moneta stampata al solo costo tipografico, non ci sono più le riserve auree, viene immessa in circolazione contro un indebitamento dello Stato tramite l'emissione dei titoli di stato gravati da un tasso di interesse deciso dalla Banca centrale.
* Il ricavato della vendita dei titoli va tutto alla Banca centrale e lo stato si trova indebitato (debito pubblico ad oggi 1.476 miliardi di euro pari a 2.857 milioni di miliardi di lire e paga ogni anno circa il 6% di questa cifra in interessi).

Il secondo quello di indebitare i cittadini

* le banche commerciali secondo le attuali leggi bancarie possono creare soldi virtuali, con un solo click sul computer, fino a 98 volte i depositi che i risparmiatori e le aziende hanno presso di loro.
* In pratica se alla mia banca io deposito 100 soldi, questa, una volta depositata la riserva frazionaria alla Banca centrale, può prestare fino a 10 volte e forse più i soldi depositati prendendoci anche gli interessi
* Da quanto sopra se ne deduce che, contro una ricchezza fittizia (denaro di carta della Banca centrale) o virtuale (denaro elettronico della Banca commerciale), il sistema bancario (privato) riceve ricchezza reale fatta del lavoro di tutti noi e se non riusciamo a restituire il prestito con gli interessi si prendono anche le nostre case e le nostre aziende (Fiat, ecc.).

Questa truffa non è una cosa solo italiana, ma appartiene a tutto il mondo: in occidente con lo schema sopra descritto, mentre nel terzo mondo con la razzia delle ricchissime materie prime attraverso i prestiti, che nessuno stato potrà mai restituire, concessi per il tramite della Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale.

In pratica se immetto denaro per 100 e chiedo 105, avrò sempre qualcuno cui mancheranno quei 5 ed avrò sempre la certezza matematica che sempre più persone o stati dipenderanno da me (dal denaro).

Dentro questo meccanismo perverso la competizione e la lotta è feroce per accaparrarsi questo 5: i prezzi salgono, le tasse sono altissime, i diritti elementari negati e sono forti (ed inutili) le contrapposizioni politiche.

Gli enormi ed illeciti profitti accumulati dal sistema bancario vengono utilizzati per fomentare guerre, aumentare le divisioni ed esasperare la competizione tra le persone aziende e stati.
Benvenuti all'inferno!

Si può fare qualcosa? Si e anche molto, ma ognuno deve fare la propria parte senza delegare niente a nessuno.

Questo semplice meccanismo di controllo si basa sulla ignoranza e sulla mancanza di informazioni.

Prendendo coscienza del suo funzionamento e facendolo conoscere agli altri si toglie il collante che ci tiene legati a questo Matrix e più persone conosceranno la verità e più facile sarà smascherare la falsità che ci circonda.

Gradualmente, superato il primo momento di naturale e comprensibile rifiuto, ci si renderà sempre più conto che stiamo vivendo in una grande illusione: nella illusione di essere liberi, nell'illusione della democrazia, nell'illusione della religione, nell'illusione della politica, nell'illusione della carenza e della povertà.

Con la consapevolezza che tutto quello che viviamo è solo una gabbia invisibile per la nostra mente, le divisioni assumeranno sempre meno significato ed il passaggio ad un nuovo modo di vivere sarà naturale.
fonte: yoytopia.net

11 febbraio 2008

I politici sono diventati meno intoccabili?



Sarà un caso ma da quando il governo Prodi è entrato in crisi sembra che almeno nell’interregno delle elezioni siano venute meno le non poche guarentigie che la nostra repubblica ha accordato ai suoi terminali mafiosi più esposti. O perché le protezioni regionali concesse da certe stanze si sono alleggerite o perché qualche magistratura locale si è fatta più coraggiosa, ecco che miracolosamente carabinieri e poliziotti sono stati lasciati liberi di picchiare qualche colpo. Ne fanno fede le perquisizioni già miracolose nelle case e negli uffici inviolabili del plurindagato governatore calabrese Agazio Loiero ed altre piccole iniziative nel sud e anche nel nord. Si è svegliata persino la sonnolenta polizia napoletana andando ad acciuffare tale Vicienzo o’ chiatto, molto reclamizzato dalle fonti dominanti ma in realtà solo un boss del quartiere di Secondigliano. Sono segnali probabilmente provvisori destinati ad epater le bourgeois (a far fessa l’opinione pubblica detto nell’amata e coltissima seconda lingua diffusa in questo sito) in attesa che si ricompongano gli equilibri squassati dalla crisi politica e si richiudano le acque puenti del sempre più esteso intreccio politica-crimine organizzato.

In questo contesto si vorrebbe far rientrare l’altisonante operazione trans-oceanica Palermo-New York (con triangolazioni canadesi), che sui giornali di venerdì scorso intendeva rinverdire le glorie della Pizza Connection degli anni ’80 sulle quali è nato ed ha prosperato il più potente gruppo di potere che abbia mai comandato in Italia dopo la Fiat di Valletta-Agnelli e l’Eni di Enrico Mattei: parliamo ovviamente della super-casta dell’antimafia, con le sue carriere politiche e i suoi super magistrati e super poliziotti, con i suoi bilanci miliardari e le innovative leggi anti-crimine, copiate dai nuovi codici americani, a cominciare dai programmi di protezione per i collaboratori di giustizia.

E’ in quel periodo che vennero radicalmente modificati i rapporti di collaborazione riservata tra Italia e Usa, il cui baricentro passò progressivamente dalla CIA al FBI. La fine della guerra fredda determinò poi la definitiva precedenza del Bureau e la sostanziale estromissione dell’agenzia dalle vicende italiane, ratificata dal processo milanese per il rapimento del imam Abu Omar.

La storia tenta spesso di imitare se stessa ma sempre a livelli più scadenti. Le firme più informate e suggestive del Corriere e di Repubblica ci hanno presentato adesso questo divertente affresco della retata da 90 arresti tra le due sponde continentali. Ma dando pochissimi chiarimenti giudiziari, ad esempio sugli effettivi reati commessi, e dilungandosi in racconti ad effetto di vita vissuta sulle manovre di Cosa Nostra siculo-Usa per uscire dalla sua doppia crisi epocale. Attraversando gustose storie e storielle di viaggi e ristoranti, donne e progetti di nuovi loschi affari, alla fin fine vi riferiamo il succo che dalla clamorosa retata abbiamo ricavato.

La premessa è che, negli anni ’80 il vecchio establishment mafioso dei Bontade- Badalamenti-Inzerillo alleato della super famiglia Gambino negli Usa si trovo schiacciato tra la nuova repressione a tolleranza zero del procuratore speciale Rudy-Rudy Giuliani e la cosiddetta “seconda guerra di mafia” scatenata dalle famiglie paesane e rampanti dei Corleonesi di Totò Riina. Una tenaglia micidiale: tra pentiti e manette da un lato e i mitra dall’altro, fu una strage epocale. I perdenti vennero braccati e massacrati fino negli Usa. La vecchia mafia siculo-americana morì lì, travolgendo anche alcuni suoi noti referenti politici come Salvo Lima. Il processo a Giulio Andreotti fu figlio di quell’ondata epocale. Non appena chiusa quella fase, ne iniziò subito una seconda limitata al versante italiano, quando il nuovo potente “complesso antimafia” nato dalla collaborazione con Giuliani si lanciò con i nuovi strumenti investigativi e con altri mezzi contro la nuova mafia vincente dei Corleonesi.

Il celebre corvo di Palermo denunciò che il killer Totuccio Contorno, l’ultimo degli uomini di Bontade, aveva approfittato della sua posizione di pentito per vendicarsi a revolverate di vari nemici Corleonesi, aiutando così la Patria e gli inquirenti che guardavano da un’altra parte. Poi vennero gli arresti clamorosi, Riina, Bagarella e gli altri, poi i maxiprocessi e gli ergastoli in quantità. Quando l’anno scorso è stato preso anche il vecchio Provenzano con i suoi acciacchi e gli antiquati pizzini, anche la mafia strettamente siciliana, era già finita da un pezzo. E’ irrilevante che molti continuino ad esaltarne il pericolo per approfittare dei beni mafiosi sequestrati, preferendo invece tacere su altri fronti mafiosi oggi molto più pericolosi della scalcagnata Cosa Nostra: la camorra napoletana, con cui il sistema di potere di Bassolino è riuscito sinora a convivere (ma non giuriamo sul domani); e soprattutto sulla ‘ndranghetra calabrese diventata grazie all’alacre porto di Gioia Tauro, potenza economica internazionale della cocaina che ha messo radici in Germania, Canada, Australia.

L’ultimo blitz ha dunque più che altro più un valore mediatico e persino romantico. Nessun “colpo ai padrini “ come è stato detto, ma semmai ai possibili futuri padrini. L’operazione, 54 arresti in America e 23 a Palermo, è stata realizzata quasi tutta negli Usa dagli americani con una minima partecipazione delle procure antimafia siciliane e delle celebratissime giubbe rosse a cavallo canadesi. L’FBI l’ha montata con testimonianze di nuovi pentiti, intercettazioni e -non si dice ma è da giurarci- su precise soffiate anche incartate da intercettazioni. Al dunque ne sono usciti tre nomi degni di considerazione. A New York, è stato arrestato un certo Frank Calì di 42 anni, palermitano di padre, nato a Brooklin, che ha sposato una Inzerillo ed è considerato dal FBI come l’astro nascente della nuova Cosa nostra americana. Frank Calì aveva imbastito una rete di contatti con gli ultimi Corleonesi di Sicilia con l’ambiziosa proposta di giungere a una nuova pace e a nuovi fruttuosi affari tra vecchi nemici e vecchie sponde. Ma, leggendo sulla stampa delle sue pubbliche ostentazioni di potere e che si era intestato di persona negli Usa una decina di società di import-export e di costruzioni, si capisce subito che un pollo simile non poteva fare una lunga carriera.

Forse con troppa fantasia, questa indagine del FBI è stata battezzata “Old Bridge”, cioè “il vecchio ponte” New York-Palermo che qualcuno voleva riattivare. Grazie al lavoro diplomatico di Frank Calì, iniziato nel 2003 con viaggi e incontri, i giovani eredi Inzerillo si erano già riaffacciati a Palermo, dove è stato preso Giovanni Inzerillo, il più giovane del famiglia quasi sterminata dai Corleonesi negli anni ’80. Ma il ritorno degli esiliati non era affatto gradito a molti superstiti Corleonesi ancora in circolazione, timorosi di subire qualche vendetta a sorpresa. Il portavoce del dissenso era tale Antonino Rotolo, un capofamiglia fedelissimo di Totò Riina. E qui tocchiamo una corda sensibile. Il terzo nome importante è quello di certo Giovanni Nicchi un altro giovane, che la polizia italiana ha indicato con tranquilla sicurezza ai colleghi americani come il futuro capo di Cosa Nostra siciliana. Ora, un primo caso vuole che Nicchi sia un uomo di Rotolo cioè di Riina. E un secondo caso rivela che mentre gli Inzerillo cadevano nella rete, lui l’uomo dei Corleonesi è sfuggito alla polizia italiana e figura tra i 13 latitanti delle retate. Sommando due più due non è difficile capire chi è che ha mandato a monte la riapertura del vecchio ponte facendo arrestare gli epigoni americani della vecchia mafia perdente.

A parte l’evidente compiacimento trasmesso dagli inquirenti ai cronisti, va dato atto che l’operazione Old Bridge ha bloccato sul nascere l’ipotesi –solo l’ipotesi- di una nuova generazione di boss mafiosi un po’ dilettanteschi in Usa e in Italia. Tutto bene, un po’ di pubblicità fa sempre bene alla polizia. Ma solo se gli sforzi di soldi e di uomini dedicati a quei mafiosi da due soldi, verranno seriamente profusi in altre direzioni meno cinematografiche ma sempre più pericolose e coinvolte con il sistema politico del Paese. Forse l’Italia non è ancora un narco-Stato ma la strada per diventarlo non è troppo lunga.

Claudio Lanti

10 febbraio 2008

Il riciclaggio è solo quello POLITICO?



Gli appalti. La scelta delle aree per le discariche. Le aziende di smaltimento. Persino le assunzioni al Commissariato. Nella regione il business dei rifiuti scatena gli interessi di tutte le forze politiche.

Da una parte i nomi e cognomi dei dipendenti, dall'altra quelli dei loro sponsor politici. Ecco, se si vuole capire che cosa è davvero accaduto in Campania dove, dall'11 febbraio del 1994, esiste un Commissariato per l'emergenza rifiuti che ha speso quasi 2 miliardi di euro senza riuscire a centrare nessuno degli obiettivi imposti, si può benissimo partire da qui. Da questo lungo elenco di nomi preparato in via ufficiosa nel 2004 dalla direzione del personale nelle settimane in cui, dopo le dimissioni di Antonio Bassolino, il Commissariato veniva scorporato in tre diverse sezioni: rifiuti, acque e bonifica.

Leggendo la lista, di cui L'espresso è riuscito a ottenere una copia, diventano, riga dopo riga, chiare le responsabilità di un'intera classe politica: non solo dei bassoliniani del Partito democratico che governano la regione, ma anche dell'opposizione di centrodestra che all'ombra del Vesuvio ha partecipato e partecipa con passione all'immondo banchetto della spazzatura.

Sì perché qui la monnezza, un business che tra appalti e stipendi, fattura un milione di euro al giorno, è un affare di tutti. I politici, prima ancora che la camorra, ci guadagnano non solo in termini di consenso elettorale, imponendo assunzioni nei 18 diversi consorzi di raccolta, tutti rigorosamente lottizzati, ma anche indicando le aree di imprenditori amici dove potrebbero essere aperte discariche e centri di stoccaggio, gestendo pompe di benzina convenzionate con le aziende dei rifiuti, improvvisandosi trasportatori e soprattutto creando decine e decine di aziende a capitale misto pubblico-privato dove piazzare amici, compagni di partito e parenti.

Anche per questo il Commissariato, dove pure nel corso degli anni hanno lavorato giorno e notte molti tecnici di assoluto valore, si è a poco a poco trasformato in carrozzone dove arrivava, 'comandato' da altre amministrazioni pubbliche, personale ansioso di intascare le 70 ore di straordinario mensili garantite a ciascun dipendente. Così, mentre il nuovo commissario Gianni De Gennaro va affannosamente a caccia di terreni dove riversare almeno una parte delle oltre 300 mila tonnellate di rifiuti che ancora intasano gli angoli delle strade della regione, la lista segreta dei vecchi dipendenti del Commissariato diventa adesso una fotografia impietosa di quanto è accaduto. Un'istantanea della Casta che comanda in Campania.

Scorrendo l'elenco, le sorprese non mancano: a segnalare i 'comandati' non erano solo i Ds, la Margherita, l'Udeur. Ci davano dentro pure Forza Italia e Alleanza nazionale. Negli uffici del Commissariato erano per esempio di casa Antonio e Flavio Martuscello, i due dioscuri azzurri del napoletano, rispettivamente deputato ed ex sottosegretario all'Ambiente il primo, consigliere regionale più votato d'Italia, il secondo. I Martuscello avevano sponsorizzato sei diversi nomi. Altri due erano invece stati proposti dal consigliere regionale azzurro Giuseppe Sagliocco, il quale, dopo aver inviato tecnici di suo fiducia al Commissariato, tre anni fa non si è trovato in imbarazzo a capeggiare, assieme a un bel gruppo di parlamentari del centrodestra, le proteste della popolazione che chiedeva il blocco dell'unica discarica ancora disponibile quella di Parco Saurino 2, a Santa Maria La Fossa. Una segnalazione era poi arrivata tramite Francesco Bianco, fino a due anni fa in Regione nelle fila del partito di Berlusconi, e ora capogruppo in Comune per l'Udeur.

Lì Bianco si è ritrovato accanto ai professionisti delle nomine: gli iscritti del partito di Clemente Mastella (nell'elenco compare pure una sua sponsorizzazione diretta) che al Commissariato piazzavano personale per intervento del segretario regionale Antonio Fantini, di Pasquale Giuditta, un deputato sposato con la sorella di lady Mastella, dell'ex assessore regionale all'Ambiente Ugo De Flaviis poi cacciato dal Campanile ("Pago per le nomine non fatte", disse De Flaviis) e dell'ex sottosegretario all'Agricoltura nel governo D'Alema, Nello Di Nardo, dal 2006 cordinatore nazionale degli eletti dell'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Ancora più folta ovviamente è la pattuglia dei raccomandati dal Partito democratico (Ds e Margherita). A parte i nomi che recano vicino la dicitura 'Presidenza' (leggi Bassolino), dietro ai quali si celano non solo tecnici considerati di area di centrosinistra, ma anche raccomandati dal centrodestra (tra i dipendenti c'è per esempio la nipote di un consigliere regionale di Alleanza nazionale), nella colonna degli sponsor appare il nome del ministro dell'Innovazione Luigi Nicolais, del sindaco di Ercolano (politicamente uomo di Nicolais), Nino Daniele, del leader dei rutelliani in Campania, Antonio Villari e dell'ex subcommissario ai rifiuti ed ex assessore al Comune, Massimo Paulucci. Non è tutto. La lista prosegue citando spesso il capogruppo dei Ds in Regione, Antonio Amato, il fedelissimo di De Mita Antonio Valiante, l'assessore comunale Giorgio Nugnes e Andrea Losco, oggi eurodeputato rutelliano, ma un tempo commissario ai rifiuti e presidente di Regione, dopo l'esponente di An, Antonio Rastrelli (i nomi degli uomini di Rastrelli vengono indicati nell'elenco con la dicitura '99').

Adesso con i rifiuti di nuovo per le strade, il clima di consociativismo politico che ha reso possibile l'ennesima emergenza non sfugge ai campani, che scendono in piazza per protestare. E a farne le spese sono un po' tutti. Chi tenta di bloccare la polizia e i funzionari di De Gennaro ormai non fa più differenze di colore di casacca. Ne sa qualcosa Pietro Diodato, consigliere regionale di An e membro della commissione Ambiente, celebre a Napoli per una serie di denunce contro gli sprechi della giunta comunale di Rosa Russo Iervolino. Diodato con la spazzatura ci è cresciuto. I suoi nonni fino a vent'anni fa trasportavano con i loro camion la monnezza nella discarica privata di Pianura, quella che De Gennaro avrebbe voluto riaprire e che invece ospiterà solo un sito di stoccaggio per ecoballe. Oggi Diodato nel quartiere dove è nato e cresciuto ci può mettere piede solo a suo rischio e pericolo. Ai primi di febbraio la folla inferocita ha bruciato un grande distributore di benzina a forma di camion da poco aperto da sua nipote e la sua sede elettorale. Agli abitanti, che inizialmente si muovevano in massa assieme a ultras del Napoli e gruppi di figli di camorristi in motorino, non era andata giù un'intervista in cui Diodato si mostrava possibilista sull'utilizzo della discarica e soprattuto un emendamento da lui presentato in occasione della discussione della legge regionale sui rifiuti. Cosa proponeva Diodato? Semplicemente che i capannoni vicini alla discarica potessero essere utilizzati per ospitare impianti per la separazione della spazzatura. "La mia intenzione era solo quella di creare dei nuovi posti di lavoro", assicura il consigliere di An. Ma per i manifestanti il fatto che sulla strada diretta ai capannoni, dove ci sono già altri distributori, i famigliari di Diodato avessero aperto una pompa proprio della marca di carburanti con cui è convenzionata l'azienda comunale della nettezza urbana, era diventata la prova di come anche lui sulla monnezza ci volesse marciare. Diodato, ovviamente nega, ma intanto si trova a fare i conti con il nemico in casa.

Il vero leader della protesta di Pianura è infatti il consigliere comunale Marco Nonno, un fascista di altri tempi che sull'auto tiene appiccicato un adesivo che avverte: 'Balilla a bordo'. Suo fratello è stato condannato a 14 anni di carcere per aver sprangato a morte, sul finire degli anni '70, un ambientalista, lui però è fatto di altra pasta e anche se adesso è nei guai per aver tentato di vendere via Internet una vecchia mitragliatrice da guerra, respinge le accuse di chi lo segnala come uno dei fomentatori degli scontri: "Non ho pagato nessuno dei manifestanti e soprattuto non ho fatto affari loschi. Con quelli che hanno costruito intorno alla discarica non ho niente da vedere". Una precisazione d'obbligo, visto che tra i primi nemici della discarica, oltre che gli abitanti, ci sono gli imprenditori legati alla camorra che hanno edificato palazzine abusive il cui valore crollerebbe se qui arrivassero i rifiuti.

In Campania del resto funziona così. Pensi alla monnezza e spunta il politico. Anche quello che non ti aspetti. Persino Paolo Russo, il parlamentare di Forza Italia che insieme al senatore di Rifondazione Tommaso Sodano nella passata legislatura fece luce su molti degli affari sporchi legati alla gestione del business ambientale, ha vicino a lui chi fa soldi con la spazzatura. Il fratello del suo assistente parlamentare compare nella compagine societaria di tre aziende interessate nella gestione del ciclo dei rifiuti. Mentre la Ecocampania, specializzata in raccolta, faceva capo al segretario provinciale dell'Udeur di Caserta, Nicola Ferraro, poi arrestato dalla Procura di Santa Maria Capua a Vetere. Sempre di rifiuti, tramite quattro società al quale è stata tolta la certificazione antimafia per condizionamenti da parte del clan dei Casalesi, si occupa anche il fratello di Nicola Marrazzo, consigliere regionale e segretario provinciale di Napoli dell'Italia dei Valori.

Ma è andando a Caserta che il continuo conflitto d'interessi, o meglio gli interessi che intrecciano il business ambientale con la politica, diventano ancora più evidenti. Qui, secondo i pm antimafia, la facevano da padrone aziende di smaltimento dei fratelli Orsi, due imprenditori legatissimi al presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, Mario Landolfi, e al deputato di Forza Italia Nicola Cosentino, un ex socialdemocratico più volte candidato dagli azzurri nonostante la parentela acquisita con il boss Peppe Russo, detto ''o Padrino'. Gli Orsi erano in costante contatto con il segretario particolare di Landolfi, ora arrestato, ma visto che si trattava di gente dai forti ideali, quando al governo c'era finita la sinistra si erano iscritti ai Ds per intercessione del consigliere regionale Angelo Brancaccio. Poi anche Brancaccio è finito in manette. E una volta scarcerato, l'ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella, lo ha voluto con sé come vice segretario regionale dell'Udeur. Il riciclaggio, almeno a livello politico, in Campania, nonostante tutto funziona.
fonte: L'Espresso

12 febbraio 2008

Il denaro: come si crea



Parlare del denaro è stato sempre difficile specialmente nel periodo storico che stiamo vivendo. Il denaro è al centro delle nostre esistenze ed a causa sua abbiamo abbandonato i ritmi naturali del vivere in armonia con il tutto.

I cambiamenti che stiamo affrontando sia come persone che come comunità ci richiedono una grado maggiore di responsabilità intesa nel senso etimologico di abilità nel dare risposte alle nuove e forti sollecitazioni.

Ci confrontiamo con gli specchi delle nostre debolezze, delle nostre paure e affiorano le verità nascoste per poterli superare.

Tra le altre cose che stanno emergendo alla luce c'è anche la verità sul denaro come mezzo per detenere il potere sulle masse.

Il meccanismo è semplicissimo ed efficacissimo:

il primo passo è indebitare lo Stato

* attraverso accordi segreti e collusioni politiche le banche centrali, che al contrario di quello che si pensa sono di proprietà di privati, si sono impossessate della facoltà di stampare la moneta, facoltà che naturalmente deve appartenere al popolo (sovranità monetaria) perché lavora e crea ricchezza
* la moneta stampata al solo costo tipografico, non ci sono più le riserve auree, viene immessa in circolazione contro un indebitamento dello Stato tramite l'emissione dei titoli di stato gravati da un tasso di interesse deciso dalla Banca centrale.
* Il ricavato della vendita dei titoli va tutto alla Banca centrale e lo stato si trova indebitato (debito pubblico ad oggi 1.476 miliardi di euro pari a 2.857 milioni di miliardi di lire e paga ogni anno circa il 6% di questa cifra in interessi).

Il secondo quello di indebitare i cittadini

* le banche commerciali secondo le attuali leggi bancarie possono creare soldi virtuali, con un solo click sul computer, fino a 98 volte i depositi che i risparmiatori e le aziende hanno presso di loro.
* In pratica se alla mia banca io deposito 100 soldi, questa, una volta depositata la riserva frazionaria alla Banca centrale, può prestare fino a 10 volte e forse più i soldi depositati prendendoci anche gli interessi
* Da quanto sopra se ne deduce che, contro una ricchezza fittizia (denaro di carta della Banca centrale) o virtuale (denaro elettronico della Banca commerciale), il sistema bancario (privato) riceve ricchezza reale fatta del lavoro di tutti noi e se non riusciamo a restituire il prestito con gli interessi si prendono anche le nostre case e le nostre aziende (Fiat, ecc.).

Questa truffa non è una cosa solo italiana, ma appartiene a tutto il mondo: in occidente con lo schema sopra descritto, mentre nel terzo mondo con la razzia delle ricchissime materie prime attraverso i prestiti, che nessuno stato potrà mai restituire, concessi per il tramite della Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale.

In pratica se immetto denaro per 100 e chiedo 105, avrò sempre qualcuno cui mancheranno quei 5 ed avrò sempre la certezza matematica che sempre più persone o stati dipenderanno da me (dal denaro).

Dentro questo meccanismo perverso la competizione e la lotta è feroce per accaparrarsi questo 5: i prezzi salgono, le tasse sono altissime, i diritti elementari negati e sono forti (ed inutili) le contrapposizioni politiche.

Gli enormi ed illeciti profitti accumulati dal sistema bancario vengono utilizzati per fomentare guerre, aumentare le divisioni ed esasperare la competizione tra le persone aziende e stati.
Benvenuti all'inferno!

Si può fare qualcosa? Si e anche molto, ma ognuno deve fare la propria parte senza delegare niente a nessuno.

Questo semplice meccanismo di controllo si basa sulla ignoranza e sulla mancanza di informazioni.

Prendendo coscienza del suo funzionamento e facendolo conoscere agli altri si toglie il collante che ci tiene legati a questo Matrix e più persone conosceranno la verità e più facile sarà smascherare la falsità che ci circonda.

Gradualmente, superato il primo momento di naturale e comprensibile rifiuto, ci si renderà sempre più conto che stiamo vivendo in una grande illusione: nella illusione di essere liberi, nell'illusione della democrazia, nell'illusione della religione, nell'illusione della politica, nell'illusione della carenza e della povertà.

Con la consapevolezza che tutto quello che viviamo è solo una gabbia invisibile per la nostra mente, le divisioni assumeranno sempre meno significato ed il passaggio ad un nuovo modo di vivere sarà naturale.
fonte: yoytopia.net

11 febbraio 2008

I politici sono diventati meno intoccabili?



Sarà un caso ma da quando il governo Prodi è entrato in crisi sembra che almeno nell’interregno delle elezioni siano venute meno le non poche guarentigie che la nostra repubblica ha accordato ai suoi terminali mafiosi più esposti. O perché le protezioni regionali concesse da certe stanze si sono alleggerite o perché qualche magistratura locale si è fatta più coraggiosa, ecco che miracolosamente carabinieri e poliziotti sono stati lasciati liberi di picchiare qualche colpo. Ne fanno fede le perquisizioni già miracolose nelle case e negli uffici inviolabili del plurindagato governatore calabrese Agazio Loiero ed altre piccole iniziative nel sud e anche nel nord. Si è svegliata persino la sonnolenta polizia napoletana andando ad acciuffare tale Vicienzo o’ chiatto, molto reclamizzato dalle fonti dominanti ma in realtà solo un boss del quartiere di Secondigliano. Sono segnali probabilmente provvisori destinati ad epater le bourgeois (a far fessa l’opinione pubblica detto nell’amata e coltissima seconda lingua diffusa in questo sito) in attesa che si ricompongano gli equilibri squassati dalla crisi politica e si richiudano le acque puenti del sempre più esteso intreccio politica-crimine organizzato.

In questo contesto si vorrebbe far rientrare l’altisonante operazione trans-oceanica Palermo-New York (con triangolazioni canadesi), che sui giornali di venerdì scorso intendeva rinverdire le glorie della Pizza Connection degli anni ’80 sulle quali è nato ed ha prosperato il più potente gruppo di potere che abbia mai comandato in Italia dopo la Fiat di Valletta-Agnelli e l’Eni di Enrico Mattei: parliamo ovviamente della super-casta dell’antimafia, con le sue carriere politiche e i suoi super magistrati e super poliziotti, con i suoi bilanci miliardari e le innovative leggi anti-crimine, copiate dai nuovi codici americani, a cominciare dai programmi di protezione per i collaboratori di giustizia.

E’ in quel periodo che vennero radicalmente modificati i rapporti di collaborazione riservata tra Italia e Usa, il cui baricentro passò progressivamente dalla CIA al FBI. La fine della guerra fredda determinò poi la definitiva precedenza del Bureau e la sostanziale estromissione dell’agenzia dalle vicende italiane, ratificata dal processo milanese per il rapimento del imam Abu Omar.

La storia tenta spesso di imitare se stessa ma sempre a livelli più scadenti. Le firme più informate e suggestive del Corriere e di Repubblica ci hanno presentato adesso questo divertente affresco della retata da 90 arresti tra le due sponde continentali. Ma dando pochissimi chiarimenti giudiziari, ad esempio sugli effettivi reati commessi, e dilungandosi in racconti ad effetto di vita vissuta sulle manovre di Cosa Nostra siculo-Usa per uscire dalla sua doppia crisi epocale. Attraversando gustose storie e storielle di viaggi e ristoranti, donne e progetti di nuovi loschi affari, alla fin fine vi riferiamo il succo che dalla clamorosa retata abbiamo ricavato.

La premessa è che, negli anni ’80 il vecchio establishment mafioso dei Bontade- Badalamenti-Inzerillo alleato della super famiglia Gambino negli Usa si trovo schiacciato tra la nuova repressione a tolleranza zero del procuratore speciale Rudy-Rudy Giuliani e la cosiddetta “seconda guerra di mafia” scatenata dalle famiglie paesane e rampanti dei Corleonesi di Totò Riina. Una tenaglia micidiale: tra pentiti e manette da un lato e i mitra dall’altro, fu una strage epocale. I perdenti vennero braccati e massacrati fino negli Usa. La vecchia mafia siculo-americana morì lì, travolgendo anche alcuni suoi noti referenti politici come Salvo Lima. Il processo a Giulio Andreotti fu figlio di quell’ondata epocale. Non appena chiusa quella fase, ne iniziò subito una seconda limitata al versante italiano, quando il nuovo potente “complesso antimafia” nato dalla collaborazione con Giuliani si lanciò con i nuovi strumenti investigativi e con altri mezzi contro la nuova mafia vincente dei Corleonesi.

Il celebre corvo di Palermo denunciò che il killer Totuccio Contorno, l’ultimo degli uomini di Bontade, aveva approfittato della sua posizione di pentito per vendicarsi a revolverate di vari nemici Corleonesi, aiutando così la Patria e gli inquirenti che guardavano da un’altra parte. Poi vennero gli arresti clamorosi, Riina, Bagarella e gli altri, poi i maxiprocessi e gli ergastoli in quantità. Quando l’anno scorso è stato preso anche il vecchio Provenzano con i suoi acciacchi e gli antiquati pizzini, anche la mafia strettamente siciliana, era già finita da un pezzo. E’ irrilevante che molti continuino ad esaltarne il pericolo per approfittare dei beni mafiosi sequestrati, preferendo invece tacere su altri fronti mafiosi oggi molto più pericolosi della scalcagnata Cosa Nostra: la camorra napoletana, con cui il sistema di potere di Bassolino è riuscito sinora a convivere (ma non giuriamo sul domani); e soprattutto sulla ‘ndranghetra calabrese diventata grazie all’alacre porto di Gioia Tauro, potenza economica internazionale della cocaina che ha messo radici in Germania, Canada, Australia.

L’ultimo blitz ha dunque più che altro più un valore mediatico e persino romantico. Nessun “colpo ai padrini “ come è stato detto, ma semmai ai possibili futuri padrini. L’operazione, 54 arresti in America e 23 a Palermo, è stata realizzata quasi tutta negli Usa dagli americani con una minima partecipazione delle procure antimafia siciliane e delle celebratissime giubbe rosse a cavallo canadesi. L’FBI l’ha montata con testimonianze di nuovi pentiti, intercettazioni e -non si dice ma è da giurarci- su precise soffiate anche incartate da intercettazioni. Al dunque ne sono usciti tre nomi degni di considerazione. A New York, è stato arrestato un certo Frank Calì di 42 anni, palermitano di padre, nato a Brooklin, che ha sposato una Inzerillo ed è considerato dal FBI come l’astro nascente della nuova Cosa nostra americana. Frank Calì aveva imbastito una rete di contatti con gli ultimi Corleonesi di Sicilia con l’ambiziosa proposta di giungere a una nuova pace e a nuovi fruttuosi affari tra vecchi nemici e vecchie sponde. Ma, leggendo sulla stampa delle sue pubbliche ostentazioni di potere e che si era intestato di persona negli Usa una decina di società di import-export e di costruzioni, si capisce subito che un pollo simile non poteva fare una lunga carriera.

Forse con troppa fantasia, questa indagine del FBI è stata battezzata “Old Bridge”, cioè “il vecchio ponte” New York-Palermo che qualcuno voleva riattivare. Grazie al lavoro diplomatico di Frank Calì, iniziato nel 2003 con viaggi e incontri, i giovani eredi Inzerillo si erano già riaffacciati a Palermo, dove è stato preso Giovanni Inzerillo, il più giovane del famiglia quasi sterminata dai Corleonesi negli anni ’80. Ma il ritorno degli esiliati non era affatto gradito a molti superstiti Corleonesi ancora in circolazione, timorosi di subire qualche vendetta a sorpresa. Il portavoce del dissenso era tale Antonino Rotolo, un capofamiglia fedelissimo di Totò Riina. E qui tocchiamo una corda sensibile. Il terzo nome importante è quello di certo Giovanni Nicchi un altro giovane, che la polizia italiana ha indicato con tranquilla sicurezza ai colleghi americani come il futuro capo di Cosa Nostra siciliana. Ora, un primo caso vuole che Nicchi sia un uomo di Rotolo cioè di Riina. E un secondo caso rivela che mentre gli Inzerillo cadevano nella rete, lui l’uomo dei Corleonesi è sfuggito alla polizia italiana e figura tra i 13 latitanti delle retate. Sommando due più due non è difficile capire chi è che ha mandato a monte la riapertura del vecchio ponte facendo arrestare gli epigoni americani della vecchia mafia perdente.

A parte l’evidente compiacimento trasmesso dagli inquirenti ai cronisti, va dato atto che l’operazione Old Bridge ha bloccato sul nascere l’ipotesi –solo l’ipotesi- di una nuova generazione di boss mafiosi un po’ dilettanteschi in Usa e in Italia. Tutto bene, un po’ di pubblicità fa sempre bene alla polizia. Ma solo se gli sforzi di soldi e di uomini dedicati a quei mafiosi da due soldi, verranno seriamente profusi in altre direzioni meno cinematografiche ma sempre più pericolose e coinvolte con il sistema politico del Paese. Forse l’Italia non è ancora un narco-Stato ma la strada per diventarlo non è troppo lunga.

Claudio Lanti

10 febbraio 2008

Il riciclaggio è solo quello POLITICO?



Gli appalti. La scelta delle aree per le discariche. Le aziende di smaltimento. Persino le assunzioni al Commissariato. Nella regione il business dei rifiuti scatena gli interessi di tutte le forze politiche.

Da una parte i nomi e cognomi dei dipendenti, dall'altra quelli dei loro sponsor politici. Ecco, se si vuole capire che cosa è davvero accaduto in Campania dove, dall'11 febbraio del 1994, esiste un Commissariato per l'emergenza rifiuti che ha speso quasi 2 miliardi di euro senza riuscire a centrare nessuno degli obiettivi imposti, si può benissimo partire da qui. Da questo lungo elenco di nomi preparato in via ufficiosa nel 2004 dalla direzione del personale nelle settimane in cui, dopo le dimissioni di Antonio Bassolino, il Commissariato veniva scorporato in tre diverse sezioni: rifiuti, acque e bonifica.

Leggendo la lista, di cui L'espresso è riuscito a ottenere una copia, diventano, riga dopo riga, chiare le responsabilità di un'intera classe politica: non solo dei bassoliniani del Partito democratico che governano la regione, ma anche dell'opposizione di centrodestra che all'ombra del Vesuvio ha partecipato e partecipa con passione all'immondo banchetto della spazzatura.

Sì perché qui la monnezza, un business che tra appalti e stipendi, fattura un milione di euro al giorno, è un affare di tutti. I politici, prima ancora che la camorra, ci guadagnano non solo in termini di consenso elettorale, imponendo assunzioni nei 18 diversi consorzi di raccolta, tutti rigorosamente lottizzati, ma anche indicando le aree di imprenditori amici dove potrebbero essere aperte discariche e centri di stoccaggio, gestendo pompe di benzina convenzionate con le aziende dei rifiuti, improvvisandosi trasportatori e soprattutto creando decine e decine di aziende a capitale misto pubblico-privato dove piazzare amici, compagni di partito e parenti.

Anche per questo il Commissariato, dove pure nel corso degli anni hanno lavorato giorno e notte molti tecnici di assoluto valore, si è a poco a poco trasformato in carrozzone dove arrivava, 'comandato' da altre amministrazioni pubbliche, personale ansioso di intascare le 70 ore di straordinario mensili garantite a ciascun dipendente. Così, mentre il nuovo commissario Gianni De Gennaro va affannosamente a caccia di terreni dove riversare almeno una parte delle oltre 300 mila tonnellate di rifiuti che ancora intasano gli angoli delle strade della regione, la lista segreta dei vecchi dipendenti del Commissariato diventa adesso una fotografia impietosa di quanto è accaduto. Un'istantanea della Casta che comanda in Campania.

Scorrendo l'elenco, le sorprese non mancano: a segnalare i 'comandati' non erano solo i Ds, la Margherita, l'Udeur. Ci davano dentro pure Forza Italia e Alleanza nazionale. Negli uffici del Commissariato erano per esempio di casa Antonio e Flavio Martuscello, i due dioscuri azzurri del napoletano, rispettivamente deputato ed ex sottosegretario all'Ambiente il primo, consigliere regionale più votato d'Italia, il secondo. I Martuscello avevano sponsorizzato sei diversi nomi. Altri due erano invece stati proposti dal consigliere regionale azzurro Giuseppe Sagliocco, il quale, dopo aver inviato tecnici di suo fiducia al Commissariato, tre anni fa non si è trovato in imbarazzo a capeggiare, assieme a un bel gruppo di parlamentari del centrodestra, le proteste della popolazione che chiedeva il blocco dell'unica discarica ancora disponibile quella di Parco Saurino 2, a Santa Maria La Fossa. Una segnalazione era poi arrivata tramite Francesco Bianco, fino a due anni fa in Regione nelle fila del partito di Berlusconi, e ora capogruppo in Comune per l'Udeur.

Lì Bianco si è ritrovato accanto ai professionisti delle nomine: gli iscritti del partito di Clemente Mastella (nell'elenco compare pure una sua sponsorizzazione diretta) che al Commissariato piazzavano personale per intervento del segretario regionale Antonio Fantini, di Pasquale Giuditta, un deputato sposato con la sorella di lady Mastella, dell'ex assessore regionale all'Ambiente Ugo De Flaviis poi cacciato dal Campanile ("Pago per le nomine non fatte", disse De Flaviis) e dell'ex sottosegretario all'Agricoltura nel governo D'Alema, Nello Di Nardo, dal 2006 cordinatore nazionale degli eletti dell'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Ancora più folta ovviamente è la pattuglia dei raccomandati dal Partito democratico (Ds e Margherita). A parte i nomi che recano vicino la dicitura 'Presidenza' (leggi Bassolino), dietro ai quali si celano non solo tecnici considerati di area di centrosinistra, ma anche raccomandati dal centrodestra (tra i dipendenti c'è per esempio la nipote di un consigliere regionale di Alleanza nazionale), nella colonna degli sponsor appare il nome del ministro dell'Innovazione Luigi Nicolais, del sindaco di Ercolano (politicamente uomo di Nicolais), Nino Daniele, del leader dei rutelliani in Campania, Antonio Villari e dell'ex subcommissario ai rifiuti ed ex assessore al Comune, Massimo Paulucci. Non è tutto. La lista prosegue citando spesso il capogruppo dei Ds in Regione, Antonio Amato, il fedelissimo di De Mita Antonio Valiante, l'assessore comunale Giorgio Nugnes e Andrea Losco, oggi eurodeputato rutelliano, ma un tempo commissario ai rifiuti e presidente di Regione, dopo l'esponente di An, Antonio Rastrelli (i nomi degli uomini di Rastrelli vengono indicati nell'elenco con la dicitura '99').

Adesso con i rifiuti di nuovo per le strade, il clima di consociativismo politico che ha reso possibile l'ennesima emergenza non sfugge ai campani, che scendono in piazza per protestare. E a farne le spese sono un po' tutti. Chi tenta di bloccare la polizia e i funzionari di De Gennaro ormai non fa più differenze di colore di casacca. Ne sa qualcosa Pietro Diodato, consigliere regionale di An e membro della commissione Ambiente, celebre a Napoli per una serie di denunce contro gli sprechi della giunta comunale di Rosa Russo Iervolino. Diodato con la spazzatura ci è cresciuto. I suoi nonni fino a vent'anni fa trasportavano con i loro camion la monnezza nella discarica privata di Pianura, quella che De Gennaro avrebbe voluto riaprire e che invece ospiterà solo un sito di stoccaggio per ecoballe. Oggi Diodato nel quartiere dove è nato e cresciuto ci può mettere piede solo a suo rischio e pericolo. Ai primi di febbraio la folla inferocita ha bruciato un grande distributore di benzina a forma di camion da poco aperto da sua nipote e la sua sede elettorale. Agli abitanti, che inizialmente si muovevano in massa assieme a ultras del Napoli e gruppi di figli di camorristi in motorino, non era andata giù un'intervista in cui Diodato si mostrava possibilista sull'utilizzo della discarica e soprattuto un emendamento da lui presentato in occasione della discussione della legge regionale sui rifiuti. Cosa proponeva Diodato? Semplicemente che i capannoni vicini alla discarica potessero essere utilizzati per ospitare impianti per la separazione della spazzatura. "La mia intenzione era solo quella di creare dei nuovi posti di lavoro", assicura il consigliere di An. Ma per i manifestanti il fatto che sulla strada diretta ai capannoni, dove ci sono già altri distributori, i famigliari di Diodato avessero aperto una pompa proprio della marca di carburanti con cui è convenzionata l'azienda comunale della nettezza urbana, era diventata la prova di come anche lui sulla monnezza ci volesse marciare. Diodato, ovviamente nega, ma intanto si trova a fare i conti con il nemico in casa.

Il vero leader della protesta di Pianura è infatti il consigliere comunale Marco Nonno, un fascista di altri tempi che sull'auto tiene appiccicato un adesivo che avverte: 'Balilla a bordo'. Suo fratello è stato condannato a 14 anni di carcere per aver sprangato a morte, sul finire degli anni '70, un ambientalista, lui però è fatto di altra pasta e anche se adesso è nei guai per aver tentato di vendere via Internet una vecchia mitragliatrice da guerra, respinge le accuse di chi lo segnala come uno dei fomentatori degli scontri: "Non ho pagato nessuno dei manifestanti e soprattuto non ho fatto affari loschi. Con quelli che hanno costruito intorno alla discarica non ho niente da vedere". Una precisazione d'obbligo, visto che tra i primi nemici della discarica, oltre che gli abitanti, ci sono gli imprenditori legati alla camorra che hanno edificato palazzine abusive il cui valore crollerebbe se qui arrivassero i rifiuti.

In Campania del resto funziona così. Pensi alla monnezza e spunta il politico. Anche quello che non ti aspetti. Persino Paolo Russo, il parlamentare di Forza Italia che insieme al senatore di Rifondazione Tommaso Sodano nella passata legislatura fece luce su molti degli affari sporchi legati alla gestione del business ambientale, ha vicino a lui chi fa soldi con la spazzatura. Il fratello del suo assistente parlamentare compare nella compagine societaria di tre aziende interessate nella gestione del ciclo dei rifiuti. Mentre la Ecocampania, specializzata in raccolta, faceva capo al segretario provinciale dell'Udeur di Caserta, Nicola Ferraro, poi arrestato dalla Procura di Santa Maria Capua a Vetere. Sempre di rifiuti, tramite quattro società al quale è stata tolta la certificazione antimafia per condizionamenti da parte del clan dei Casalesi, si occupa anche il fratello di Nicola Marrazzo, consigliere regionale e segretario provinciale di Napoli dell'Italia dei Valori.

Ma è andando a Caserta che il continuo conflitto d'interessi, o meglio gli interessi che intrecciano il business ambientale con la politica, diventano ancora più evidenti. Qui, secondo i pm antimafia, la facevano da padrone aziende di smaltimento dei fratelli Orsi, due imprenditori legatissimi al presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, Mario Landolfi, e al deputato di Forza Italia Nicola Cosentino, un ex socialdemocratico più volte candidato dagli azzurri nonostante la parentela acquisita con il boss Peppe Russo, detto ''o Padrino'. Gli Orsi erano in costante contatto con il segretario particolare di Landolfi, ora arrestato, ma visto che si trattava di gente dai forti ideali, quando al governo c'era finita la sinistra si erano iscritti ai Ds per intercessione del consigliere regionale Angelo Brancaccio. Poi anche Brancaccio è finito in manette. E una volta scarcerato, l'ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella, lo ha voluto con sé come vice segretario regionale dell'Udeur. Il riciclaggio, almeno a livello politico, in Campania, nonostante tutto funziona.
fonte: L'Espresso