19 febbraio 2008

NANOPARTICELLE, l'intervista da non diffondere



INTERVISTA AL DOTT. MONTANARI
La pericolosità delle nanoparticelle sta gradualmente assumendo importanza agli occhi dell'opinione pubblica. L'idea di essere circondati da piccole e pericolosissime particelle in grado di generare nel nostro corpo tumori o altri gravi danni non può che allarmare e farci sentire in un certo qual modo impotenti. Ci sono persone che tendono a negare qualsiasi presunto effetto negativo sulla nostra salute e intanto noi, consumatori, ci ritroviamo sempre più confusi e incapaci di fare utili per la nostra salute.

Per questa ragione abbiamo pensato di rivolgerci ad un importante rappresentante della comunità scientifica internazione ed esperto di nanoparticelle, il Dott. Montanari, con l'obiettivo di fare chiarezza sull'argomento e svelare opinioni.
Stefano Montanari, uno dei massimi esperti di nanopatologie, malattie legate alle micro e nanoparticelle, è direttore scientifico del laboratorio "Nanodiagnostics" di Modena, un centro che si occupa di ricerca sull'inquinamento provocato da polveri inorganiche.
Purtroppo, come ha sottolineato il nostro interlocutore, sull'argomento la disinformazione è davvero diffusa; per tale ragione manteniamo l'impegno assunto con il Dott. Montanari e pubblichiamo il testo dell'intervista nella sua forma integrale.

Gentile Dott. Montanari, negli ultimi anni si comincia a sentir parlare con una certa insistenza di polveri sottili, micro e nano particelle ed effetti dannosi sulla salute. Mi pare tuttavia che persista una certa disinformazione al riguardo: ad esempio, si concede molta importanza al PM10, che lei invece giudica "una polvere grossolana", rispetto a particelle con dimensioni inferiori, meno "note" ma decisamente più nocive per l'organismo. Ritiene colpevoli i mezzi di informazione in questo senso?

Le polveri fini e finissime, intorno e al di sotto del micron, sono incomparabilmente più aggressive per la salute rispetto a quelle grossolane. La classificazione di grossolano per le PM10 non è certo mia, ma è quella corrente nei testi tecnici. Su questa diversa aggressività, molto diversa, nei fatti, tutta la scienza è d'accordo senza eccezione alcuna. La Comunità Europea ha in corso vari studi non sulla nocività di queste polveri, che è ormai notissima, ma sul meccanismo che queste seguono per essere nocive. Ad esempio, il progetto DIPNA ha a capo mia moglie, la Dott. ssa Antonietta Gatti, e coinvolge 11 centri di ricerca in 6 paesi europei per studiare il meccanismo d'ingresso delle nanopolveri nel nucleo della cellula.

Quanto ai mezzi d'informazione, fatte salve le poche, meritevoli eccezioni, lavorano solo per disinformare. Purtroppo alcuni media si valgono della collaborazione di personaggi spacciati come uomini di scienza che sono disposti a prostituirsi per quattro soldi, il che aggrava la situazione allestendo un alone di credibilità. Del resto, pensi a ciò che si faceva anni fa quando le multinazionali del tabacco affittavano "scienziati" per dimostrare che il fumo è innocuo, arrivando anche a dimostrare che serve a prevenire certe malattie come il Morbo di Parkinson. Tutto questo oggi suona grottesco, ma allora la discussione era apertissima.

I risultati delle sue ricerche - condotte insieme alla Dott. ssa Gatti - che proseguono ormai da diversi anni, hanno evidenziato come in numerosi alimenti siano presenti queste nanoparticelle, sinonimo di rischio per la salute. Può farci degli esempi?

Non voglio fare esempi di marche e di prodotti perché sono tutti legalmente considerati innocenti. La legge non tiene in alcun conto il micro e nanoparticolato che, dunque, può non solo inquinare senza problemi di sorta ma addirittura essere usato come additivo per alimenti. Cosa, quest'ultima, che viene regolarmente fatta, per esempio, ma non solo, in certi tipi di cioccolato o di gomma da masticare. Malauguratamente chi legifera è di solito indietro anni rispetto alla scienza e basta ricordare lo scempio dell'amianto bandito nel 1992 quando si conosceva da sempre la sua cancerogenicità. Anche in quel caso, media e scienziati a gettone fecero una solidissima barriera per avversare la messa fuori legge di quel terribile inquinante del cui uso sconsiderato paghiamo tuttora e pagheremo ancora per decenni le conseguenze tragiche.

A riguardo, Lei ha sempre tenuto a precisare che l'obiettivo non era colpire alcun marchio o prodotto, quanto piuttosto diffondere la consapevolezza che l'ambiente è purtroppo ricco di inquinanti. Tuttavia, credo che per alcune aziende questo aspetto potrebbe rappresentare un problema, almeno in termini di reputazione. Dopo tutto questo tempo, c'è stata qualche azienda che l'ha contattata perché interessata seriamente a contrastare il problema.

Due o tre aziende lo hanno fatto ma la cosa non ha avuto seguito. Del resto, chi glie lo fa fare? Finché tutto tace...

Secondo lei, se un'impresa consapevole di avere i propri prodotti inquinati da nanoparticelle cercasse di affrontare il problema, quali strade potrebbe percorrere? Quali precauzioni, cioè, potrebbe porre in essere per prevenire e contrastare tale inquinamento?

Si controllano le materie prime e tutte le fasi di produzione. Volendo, la cosa è ampiamente fattibile perché tecnicamente non è difficile, ma farlo è impegnativo e, dunque, fa "perdere tempo". Poi è inutile, perché i consumatori sono tenuti accuratamente nell'ignoranza e non c'è pericolo che boicottino un prodotto. È solo la cultura che può metterci una pezza.

Ha sempre affermato che sono presenti tre tipologie di inquinamento da nanoparticelle: ambientale (ovvero particelle presenti nell'ambiente), industriale (frutto del processo produttivo del prodotto), volontario (ovvero il caso in cui si aggiungano nanoparticelle volontariamente per "migliorare" l'appetibilità di un prodotto. In riferimento a quest'ultimo, avete svolto analisi in dettaglio? Sono presenti reali rischi per la salute? È quindi possibile individuare aziende che utilizzano questi metodi deliberatamente? Sarebbe perlomeno interessante comprendere se sono consapevoli dei rischi cui sottopongono i loro clienti, non trova?

Purtroppo queste indagini hanno un costo che per noi che ci autofinanziamo come possiamo è tutt'altro che irrilevante. Dunque, non riusciamo a fare analisi sistematiche. Alcune aziende, ma sono pochissime, dichiarano le aggiunte in etichetta, ma la stragrande maggioranza se ne guarda bene. Personalmente credo che siano tutte assolutamente consapevoli del problema, tanto che so per certo che alcuni pezzi grossi di certe industrie non darebbero mai i loro prodotti ai loro figli, ma, lei lo sa, gli affari sono affari.

Cosa prevede la legge, in italia e in Europa, per tali questioni? Ad esempio, consente le aggiunte citate nella domanda precedente?

La legge tace.

Se dovesse fare una classifica delle fonti di inquinamento antropiche relative alle nanoparticelle, quali sarebbero ai primi posti in termini di pericolosità per l'uomo?

Inceneritori, fonderie e traffico automobilistico, ma le fonti sono in realtà infinite.

In alcuni siti internet viene riportato che i filtri antiparticolato montati sulle auto sono in realtà uno "specchio per le allodole": trattengono le particelle PM10 quando l'auto viaggia a basse velocità (ad esempio in città), mentre "sbriciolano" queste particelle quando aumenta la velocità, liberando nell'ambiente una grande quantità di nano particelle dannose. Sulla base della sua esperienza, questa rappresentazione corrisponde alla realtà?

Non è un pettegolezzo: è esattamente quanto affermano i costruttori del prodotto. Se così fosse non le pare che anziché risolvere un problema si ottenga il solo risultato di delocalizzarlo, portando le fonti di inquinamento fuori dai grandi centri abitati, rischiando di contaminare a questo punto coltivazioni localizzate ovviamente fuori città? Quei filtri renderanno molto più aggressive le polveri diminuendone le dimensioni granulometriche e avranno anche la particolarità di aumentare i consumi di carburanti, con ciò aumentando la quantità d'inquinanti nell'ambiente.

Pensi che, per motivi geometrici elementari, con una particella da 10 micron di diametro se ne fa un milione da 0,1 micron. E ognuna di queste è infinitamente più aggressiva di quella grossolana di partenza. Il filtro fa questo. Chi, poi, usa particolari additivi per sminuzzare le polveri, introduce pure un inquinante nuovo. Per quanto riguarda l'inquinamento da nanoparticelle, questo è ormai omogeneo quasi ovunque e, dunque, città o campagna fa poca differenza.

In una sua intervista ha dichiarato che, analizzando le nanoparticelle presenti in un organismo, riuscite a risalire alle fonti dell'inquinamento. Tale aspetto dovrebbe rappresentare un campanello di allarme per alcune attività imprenditoriali, tipicamente produttrici di questi inquinanti e che espongono quindi i propri dipendenti a seri rischi per la salute? Se non sono previsti delle vigenti norme di sicurezza e igiene sul lavoro, dovrebbero forse preoccuparsene perlomeno quelle aziende che, nei loro bilanci sociali, dichiarano di prestare massima attenzione alle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, non crede?

C'è una norma del diritto che prescrive di non far del male a nessuno. " Neminem laedere", dicevano i Latini. Questo, esista o no un particolare articolo di legge. Già qualcuno ha pagato per aver inquinato l'ambiente, ma per essere efficaci e non solo vagamente episodici occorre che la magistratura cominci a porre attenzione al problema, se non altro perché un essere che distrugge l'ambiente in cui vive è destinato ad estinguersi e questo problema è ben maggiore di tante delle sciocchezze su cui qualcuno si trastulla.

Lei ha più volte ribadito che gli inceneritori non sono assolutamente efficaci nello smaltimento dei rifiuti e che sono importanti fonti di inquinamento anche per quanto riguarda le nanoparticelle emesse durante il processo di incenerimento, che vengono disperse nell'aria. In questo senso, possiamo quindi pensare che siano a rischio, ad esempio, le coltivazioni biologiche in un raggio più o meno ampio rispetto alla presenza di un inceneritore?

Ovviamente un ambiente sporco non può che generare prodotti sporchi. Ripeto, comunque, che le nanoparticelle si diffondono omogeneamente ovunque ed è la stessa European Environment Agency, l'ente comunitario che si occupa d'inquinamento, che ce lo fa notare. Le particelle grossolane, invece, cascano a terra in un raggio di pochi chilometri, inquinando sì terra, erba, frutta e verdura, ma in maniera meno insidiosa. Insomma, porre un limite di qualche chilometro tra inceneritore e coltivazione non ha particolare senso scientifico.

Considerato peso e diametro delle nanoparticelle, non credo assolutamente sia insensato pensare che possano viaggiare spostate dal vento per molti chilometri, vanificando gli sforzi di coloro che investono per fornire prodotti di elevata qualità ai consumatori. Pensi ai pollini che hanno una massa qualche milione di volte superiore alle nanoparticelle di cui io mi occupo: qualsiasi paleontologo sa che i pollini europei si trovano al Polo Sud. Pensi alla sabbia del Sahara, relativamente pesantissima, che varca gli oceani e si trova nelle piogge rosse che conosciamo tutti. Faccia lei i suoi calcoli.

Non le pare che la tendenza potrebbe diventare quella di delocalizzare le fonti di inquinamento verso zone che offrono meno controlli?

Mi viene da pensare ai paesi in via di sviluppo o al terzo mondo. Ad esempio, nella produzione di energia non vedo molto remota la possibilità che si comincino a costruire impianti di generazione, anche inquinanti, dove nessuno si preoccuperebbe degli impatti sulla salute umana. Al contempo, questa rischia a mio parere di diventare la soluzione anche per lo smaltimento dei rifiuti, che potrebbe quindi concretizzarsi con la costruzione di inceneritori in questi luoghi.

Ha mai pensato che il Terzo Mondo siamo noi? Ha mai meditato sul perché l'Italia sta diventando terra di conquista per chi fabbrica inceneritori e non riesce a rifilarli a nessuno tranne che a noi? Il Terzo Mondo è più nei cervelli che nei portafogli e quell'arma di legittima difesa che è la cultura da noi è bandita. Dunque, siamo culturalmente Terzo Mondo. Accenda la TV, apra un giornale o entri in un'aula universitaria e si faccia lei la sua idea.
Dario Muzzarini

18 febbraio 2008

Kosovo: indipendenza e, nuovo problema


Kosovo ha dichiarato ufficialmente l'indipendenza durante la seduta speciale di Parlamento di Pristina. Mentre la comunità kosovara festeggia il "nuovo stato indipendente e democratico", gli osservatori stanno aspettando le reazioni da parte della Serbia, mentre il Cremlino affermando che crea un precedente pericoloso. Allo stesso tempo, l'Unione Europea annuncia la missione UE che prenderà il potere all'interno del Kosovo, istituendo un protettorato del tutto simile a quello delle Nazioni Unite e dando solo l'illusione che si tratti di una vera indipendenza. Il Kosovo non sarà molto diverso da quello che è stato negli ultimi nove anni, e si trasformerà probabilmente in nuovo porto franco, o peggio, nell'Iraq dell'Europa.

Hashim Thaci, dinanzi al Parlamento di Pristina, ha annunciato la dichiarazione unilaterale dell'indipendenza dello Stato del Kosovo. "Il Kosovo si dichiara uno stato indipendente, sovrano e democratico". Queste sono state le parole solenni per annunciare la proclamazione di uno Stato di 2 milioni di persone, circondato dal territorio serbo e con un PIL pari ad 1/100 delle sue importazioni. Solennità e festeggiamenti che tuttavia non sono riusciti a mascherare la grande farsa che questa proclamazione d'indipendenza nasconde. Nelle strade di Pristina sfilano cortei e bandiere albanesi, simboli propagandistici dell'Uck, ma non si vede alcuna bandiera dello Stato del Kosovo. Quello della bandiera del Kosovo è un vero e proprio giallo, perché non solo è stata resa nota solo nelle ultime ore, ma non è stata neanche esposta ufficialmente. Una cosa di per sé molta strana, considerando la foga e la fretta con cui i media e lo stesso Parlamento di Pristina, sono giunti al fatidico giorno dell'Indipendenza: tutto sembrava pronto, ma non c'era nessuna bandiera del Kosovo tra la popolazione. È evidente dunque che questi festeggiamenti siano stati un po' improvvisati, nelle ultime ore, forse a dimostrare che sino all'ultimo minuto neanche i kosovari stessi credevano a questa indipendenza. Oppure che sia l'Europa che gli Stati Uniti volevano chiudere la questione nel più breve tempo possibile, ossia prima che la Presidenza del Consiglio di Presidenza dell'Onu passasse nelle mani della Russia.
Generale Fabio Mini
Quel che è più grave, tuttavia, è "questa libertà regalata", non è che l'inizio di una nuova odissea che vedrà questa volta l'Europa ai vertici del comando. Infatti, allo scoccare della mezzanotte di ieri l'Unione europea ha ufficialmente lanciato una missione di "transizione" che dovrebbe portare il Kosovo verso l'indipendenza totale, senza prendere tuttavia alcuna posizione sul riconoscimento dello Stato che i kosovari, sostenuti dagli Stati Uniti, hanno dato vita. Nella totale discrezione gli Stati membri dell'Unione Europea hanno dato il via libera all'invio nella regione di 2 mila uomini, tra forze di polizia, personale giudiziario e doganale, ignorando gli avvertimenti del Governo di Belgrado, dello stesso Kremlino, che ha definito un'assoluta violazione del diritto internazionale. Nonostante tutto, infatti l'Ue sta coordinando, con il benestare delle autorità kosovare e delle Nazioni Unite, una missione in grande stile che prenderà il posto dell'Onu a tutti gli effetti, facendo perno sull'ufficio inaugurato proprio per questo scopo nell'aprile del 2006 all'interno del quale dovrebbe agire già un team di pianificazione. È stata definita Eulex, la missione costituita da un'entità politica che dovrà supervisionare il trasferimento dei poteri dalle Nazioni Unite alle autorità kosovare, da un'entità operativa che collaborerà con la polizia e l'amministrazione giudiziaria, e da un'entità permanente della Commissione Europea che dovrebbe guidare lo sviluppo economico del Kosovo per portarlo sino in Europa. Durante i quattro mesi in cui diventerà pienamente operativa, Eulex rileverà le funzione dell'ONU per stabilire un sistema legale per combattere la criminalità e rendere il Kosovo uno Stato. La missione europea avrà anche poteri militari, per cui potrà intervenire in maniera diretta, facendo ricorso alle stesse truppe della Nato e della Kfor. L'invio della missione è stato reso definitivo a poche ore dalla proclamazione da parte del Parlamento del Kosovo dell'indipendenza della provincia serba, al fine di evitare che venisse invalidata successivamente. L'Unione Europea prenderà così potere all'interno del Kosovo, istituendo un protettorato del tutto simile a quello delle Nazioni Unite e dando solo l'illusione che si tratti di una vera indipendenza. Il Kosovo non sarà molto diverso da quello che è stato negli ultimi nove anni, per cui in realtà i kosovari cambieranno solo "forza occupante". Ci si chiede, a questo punto, perché la Comunità Internazionale abbia voluto accelerare a tal punto l'Indipendenza del Kosovo, e soprattutto perché lo ha fatto a tali condizioni, accettando l'intervento della Unione Europea.
Una ragionevole risposta, e un'interessante analisi dell'escalation in atto è quella del Generale Fabio Mini, comandante della Nato in Kosovo, nel corso della sua intervista al Corriere della Sera. Egli infatti afferma che un Kosovo indipendente andrà a creare semplicemente un nuovo porto franco all'interno dell'Europa, al servizio delle entità economiche che vi faranno confluire traffici finanziari occulti. Il Kosovo diventerà "una base per le nuove banche per il denaro dell'Est, perché Montecarlo, Cipro, Madeira non sono più affidabili", creata da un manipolo di narco-trafficanti. Il Generale Mini ricorda infatti che l'attuale leader del Kosovo "è il mandante di almeno 28 assassinati del partito di Rugova. Uno che, come molti capi dell'Uck, non ha mai spiegato la fine di un migliaio di rom, serbi e albanesi accusati di collaborazionismo, desaparecidos negli anni del primo dopoguerra". Condanna duramente la Comunità Internazionale che ha deciso di creare uno Stato collaborando proprio con i criminali che hanno contribuito a distruggerlo, con la diaspora criminale che negli anni scorsi era stata allontanata. Senza escludere il grave impatto dell'effetto domino, Mini afferma che "questa proclamazione fa saltare il diritto internazionale fondato sulla sovranità degli Stati", creando nel cuore dell'Europa un altro Iraq.

Infatti, i veri giochi cominciano solo adesso, in quanto si dovrà attendere la reazione della Russia, che ha già minacciato contromisure economiche verso gli Stati che sosterranno questa indipendenza, nonché degli altri Stati Europei ed extra-europei. Non sappiamo fin quando l'Europa resterà a guardare mentre gli eurocrati e le forze statunitense porteranno al massimo della tensione, una situazione già al limite. Sin dalle prime ore della proclamazione dell'Indipendenza, tutti i movimenti secessionisti europei si sono risvegliati dal loro torpore, e primo tra tutti quello Basco, per poi essere seguito dalla Republika Srpska in Bosnia, dalla Vojvodina, e presto possiamo attenderci quelli dell'Ossezia, delle Fiandre, della Moldavia, di Cipro.
L'Europa sarà travolta da scandali e da tangentopoli, per fare terra bruciata intorno ai vecchi sistemi di potere, per fare posto ai nuovi, che spingeranno le loro mire espansionistiche verso le nuove "zone franche" d'Europa. Sotto questo punto di vista, non possiamo che confermare i timori del Generale Fabio Mini, della creazione di nuovi centri nevralgici per i traffici finanziari illegali, essendo saltati quelli che oggi erano al limite della legalità. Lo stato del Kosovo è diventato così il miraggio delle entità economiche europee e statunitense, ma non è il sogno di libertà dei kosovari che, con le loro stesse mani, si sono rinchiusi in un'altra schiavitù drogata dalla propaganda occidentale.
fonte: etleboro

La Borsa del Petrolio in Iran è pronta: nuova minaccia?



Due settimane fa Bush è stato inviato in missione in Medio Oriente per consegnare «una testa di cavallo ». Ricordiamo tutti la scena sconvolgente del film «Il Padrino» di Francis Ford Coppola, quando Luca Brasi va a Hollywood per convincere un recalcitrante produttore di film a prendere suo nipote Don Corleone nel prossimo film. Il grande produttore è infine convinto ad ingaggiare il giovane attore quando si risveglia nel suo letto affianco alla testa mozzata del suo pregiato purosangue. Penso che Bush abbia fatto «un’offerta che non si può rifiutare» di questo stesso genere ai dirigenti dei paesi del Golfo quando si è intrattenuto con loro agli inizi del mese.

I media hanno tentato di descrivere il viaggio di Bush in Medio Oriente come una «missione di pace», ma non si trattava che di una cortina di fumo. Infatti, tre giorni dopo che Bush ha lasciato Gerusalemme, Israele intensificava le sue operazioni militari nei territori occupati, riprendendo il suo spietato blocco del cibo, dell’acqua, delle medicine e dell’energia, contro il milione e mezzo di abitanti di Gaza. In termini chiari, o Bush ha dato il via libera alle operazioni o le aggressioni israeliane sono uno sberleffo al Presidente degli Stati Uniti.

Allora quale era lo scopo reale del viaggio di Bush ? Dopo tutto, non ha alcun interesse alla pace o al rispetto del suo impegno a risolvere la crisi israelo-palestinese. Perchè avrà scelto di visitare il Medio Oriente quando il suo secondo mandato presidenziale è agli sgoccioli e non ha alcuna chance di riuscita ?

A volte le visite personali sono importanti, in particolar modo quando la natura delle informazioni è così delicata che il messaggio deve essere trasmesso faccia a faccia. In questo caso Bush si è dato la pena di attraversare mezzo mondo per dire ai Sauditi ed ai loro amici degli stati del Golfo che dovevano continuare a legare il loro petrolio al dollaro, se no sarebbero andati «a riposare con i pesci» [altro riferimento al film Il Padrino, ndt]. In questi ultimi due mesi, diversi sceicchi e ministri delle finanze si sono lamentati per la caduta del dollaro e hanno minacciato di rompere con la famosa «indicizzazione con il dollaro» e di optare per un paniere di divise monetarie. Il viaggio di Bush sembra aver ravvivato lo spirito di cooperazione fraterna. Il malcontento è cessato e tutti sono risaliti «a bordo». I dirigenti regionali sembrano oggi molto meno infastiditi dal fatto che l’inflazione intacca le loro economie e non cessa di accrescere i costi della mano d’opera, del del cibo, dell’energia e degli immobili.

L’agenzia di stampa Reuters lo riassume così :

«Dopo una raffica di disaccordi pubblici sulla riforma monetaria l’anno scorso, le banche centrali del Golfo tentano di fare fronte comune vantando l’indicizzazione come fonte di stabilità e minimizzando la debolezza del dollaro come un fenomeno passeggero».

Si direbbe che Bush addolcisca le cose.

In queste due ultime settimane, i dirigenti del Golfo hanno osservato con nervosismo la Federal Reserve ribassare mostruosamente i tassi d’interesse di 125 punti di base. I ribassi erodono costantemente il capitale di 1 trilione di $ (mille miliardi) che gli sceicchi hanno investito nei buoni del tesoro e nei titoli USA.

«L’inflazione in Arabia Saudita e nell’Oman è al suo livello più alto da 16 anni. L’inflazione è salita ad un tetto raggiunto 19 anni fa negli Emirati Arabi uniti. I responsabili politici del Golfo sono pronti ad intervenire direttamente nel mercato dei prestiti, dei beni immobili e dei prodotti per compensare la riduzione dei tassi». (Reuters)

Il valore dei beni immobili è salito a razzo. Negli Emirati Arabi Uniti, il valore delle proprietà commerciali è duplicato dall’inizio del 2007. La bomba inflazionista ha costretto altri paesi del Golfo a versare aiuti alimentari alle loro popolazioni e ad «un’aumento del 70% dei salari per alcuni impiegati del governo federale degli Emirati Arabi Uniti».

I lavoratori emigrati malcontenti hanno violentemente manifestato recentemente a Dubai, esigendo d’essere indennizzati equamente per il forte aumento dei prezzi. Il valore del riyal, la moneta dell’Arabia Saudita ha raggiunto il suo livello più alto da 21 anni a questa parte.

Gli agenti di cambio si attendono un altro aumento dell’8% del dirham e del riyal entro il mese di aprile prossimo e predicono che i tassi d’interesse obbligheranno le banche centrali degli stati del Golfo a convertirsi all’euro o ad un paniere di divise monetarie della regione. Tuttavia, sino ad ora i fedeli principi sauditi non hanno cessato di sostenere il dollaro.

Difendere l’egemonia del dollaro

Qual è l’importanza quindi di continuare a valutare il petrolio in dollari? Gli Stati Uniti farebbero la guerra per difendere lo statuto di «moneta di riserva » mondiale del dollaro? La risposta a questa domanda potrebbe arrivare questa settimana, poichè la tanto attesa Borsa del Petrolio iraniano deve aprire tra il 1° e l’11 febbraio. Secondo Davoud Danesh-Jafari, il ministro delle finanze iraniano, «tutti i preparativi sono stati fatti per lanciare la borsa; si aprirà durante i dieci giorni della festa dell’Alba» (le cerimonie che commemorano la vittoria della Rivoluzione islamica del 1979 in Iran). Questa borsa è considerata come una minaccia diretta contro il dominio mondiale del dollaro, poichè esigerà che «il petrolio, i prodotti petrolchimici ed il gas iraniano» siano scambiati contro monete diverse dal dollaro USA. (Press TV, Iran)

Il sistema del petrodollaro non è diverso dal sistema dello standard aureo. Oggi questa divisa è semplicemente garanzia di una fonte di energia vitale da cui dipende ogni società industrializzata: il petrolio. Se il dollaro non fosse più l’unica moneta utilizzata nella vendita del petrolio, non sarebbe più di fatto la moneta di riserva mondiale e gli Stati Uniti sarebbero costretti a ridurre massicciamente il loro deficit commerciale, a ricostruire le loro capacità industriali e a ridivenire un paese esportatore. La sola alternativa è di creare una cerchia di regimi clienti, che reprimano le aspirazioni collettive dei loro popoli al fine di poter seguire scrupolosamente le direttive di Washington.

In quanto a sapere se l’amministrazione Bush comincerebbe una guerra per difendere l’egemonia del dollaro, è una domanda che bisognerebbe rivolgere a Saddam Hussein. L’Iraq fu invaso proprio sei mesi dopo la conversione di Saddam all’euro. Il messaggio è chiaro, l’Impero difenderà la sua moneta.
Ugualmente, l’Iran ha rimpiazzato il dollaro nel 2007 e ha richiesto che il Giappone paghi le sue enormi fatture d’energia in yen. La «conversione» ha irritato l’amministrazine Bush e d’allora l’Iran è il bersaglio dell’aggressività degli Stati Uniti. Infatti, anche se 16 agenzie d’informazione degli Stati Uniti hanno pubblicato un rapporto (NIE) dicendo che l’Iran non sta sviluppando armi nucleari e anche se l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica constata che l’Iran adempie ai suoi obblighi rispetto al Trattato di non-proliferazione nucleare (TNP), un attacco preventivo degli Stati Uniti contro l’Iran sembra sempre probabile.

E anche se i media occidentali minimizzano ormai le prospettive di una nuova guerra nella regione, Israele sta prendendo precauzioni e ciò suggerisce che l’idea non è poi così campata in aria. «Israele chiede che dei rifugi antibomba siano installati allo scopo di preparare il pubblico ad un’altra guerra che, questa volta, vedrà piovere missili». (Press TV, Iran)
«La prossima guerra conoscerà un ricorso massivo alle armi balistiche contro l’insieme del territorio israeliano» ha affermato Udi Shani, un generale a riposo. (Global Research)

La Russia, che pensa che le possibilità di un conflitto nel Golfo vadano in crescendo, ha risposto con l’invio di una forza navale nel Mediterraneo e nell’Atlantico del Nord.
Secondo un articolo apparso in inglese sul sito Global Research :

«La nave ammiraglia della flotta del Mar Nero della Russia, l’incrociatore lancia-missili Moskva ha raggiunto la flotta da guerra russa nel Mediterraneo il 18 gennaio per partecipare alle manovre in corso... L’operazione attuale è la prima operazione in grande scala della Marina russa nell’Atlantico negli ultimi 15 anni. Tutte le navi e gli aerei da combattimento trasportano munizioni da combattimento».

Anche la Francia pianifica manovre militari nello Stretto di Ormuz. L’operazione «Bouclier du Golfe 01» [Scudo del Golfo 01, ndt]) avrà luogo al largo delle coste dell’Iran e impiegherà migliaia di soldati in operazioni armate interforze che includeranno – tra l’altro – simulazioni di attacchi a piattaforme petrolifere».

Secondo il ministro della Difesa francese, «le esercitazioni che si svolgeranno dal 23 febbraio al 5 marzo vedranno la partecipazione di 1500 soldati francesi, 2500 degli Emirati e 1300 del Qatar. Queste manovre avranno luogo su terra, in mare ed in aria». E secondo il tenente-colonnello Fusalba, «circa una mezza dozzina di navi da guerra, 40 aerei e decine di veicoli blindati prenderanno parte alle esercitazioni militari». (Defense News)

Inoltre, nell’ultima settimana, tre dei principali cavi sottomarini che assicurano il traffico Internet sono stati rotti nel Golfo Persico e i tre quarti delle comunicazioni internazionali tra l’Europa ed il Medio Oriente sono state interrotte. Una gran parte del Medio Oriente è piombata nell’ignoranza [Vedi qui e qui N.d.r.].
E’ puramente una coicidenza o c’è qualcos’altro sotto la superfice ?
Ian Brockwell, dell’ «American Chronicle» ha detto:

«Nell’ipotesi che la rottura dei cavi non sia frutto del caso, ci dobbiamo chiedere chi farebbe una cosa del genere e perchè. Evidentemente l’Iran, che è stato il più colpito, non avrebbe avuto interessi in una tale azione e potrebbe essere il bersaglio dei responsabili. Si tratta del preludio di un attacco o di un test per un attacco futuro? Le comunicazioni sono sempre state un fattore importante dell’azione militare e la rottura dei cavi potrebbe ridurre la capacità di difendersi dell’Iran». (American Chronicle) [In realtà, come spiegato negli articoli e relativi commenti indicati sopra, l'Iran sarebbe stato colpito solo marginalmente dall'interruzione delle comunicazioni N.d.r.]

Malgrado l’assenza di copertura mediatica, nel Golfo le tensioni salgono e le probabilità di un attacco da parte degli Stati Uniti contro l’Iran rimangono molto elevate. Bush è convinto del fatto che se non affronta l’Iran, allora non lo farà nessuno. Crede anche che, se non difenderà militarmente il dollaro, l’unica superpotenza mondiale che sono gli stati Uniti apparterrà presto al passato. Ora, il vero problema è sapere se Bush si renderà conto che gli Stati Uniti sono già irrimediabilmente impantanati in due conflitti «non vincibili» o se ancora una volta «ascolterà i suoi visceri» e ci trascinerà in un nuovo rovinoso conflitto nella regione.
MIKE WHITNEY Global Research

19 febbraio 2008

NANOPARTICELLE, l'intervista da non diffondere



INTERVISTA AL DOTT. MONTANARI
La pericolosità delle nanoparticelle sta gradualmente assumendo importanza agli occhi dell'opinione pubblica. L'idea di essere circondati da piccole e pericolosissime particelle in grado di generare nel nostro corpo tumori o altri gravi danni non può che allarmare e farci sentire in un certo qual modo impotenti. Ci sono persone che tendono a negare qualsiasi presunto effetto negativo sulla nostra salute e intanto noi, consumatori, ci ritroviamo sempre più confusi e incapaci di fare utili per la nostra salute.

Per questa ragione abbiamo pensato di rivolgerci ad un importante rappresentante della comunità scientifica internazione ed esperto di nanoparticelle, il Dott. Montanari, con l'obiettivo di fare chiarezza sull'argomento e svelare opinioni.
Stefano Montanari, uno dei massimi esperti di nanopatologie, malattie legate alle micro e nanoparticelle, è direttore scientifico del laboratorio "Nanodiagnostics" di Modena, un centro che si occupa di ricerca sull'inquinamento provocato da polveri inorganiche.
Purtroppo, come ha sottolineato il nostro interlocutore, sull'argomento la disinformazione è davvero diffusa; per tale ragione manteniamo l'impegno assunto con il Dott. Montanari e pubblichiamo il testo dell'intervista nella sua forma integrale.

Gentile Dott. Montanari, negli ultimi anni si comincia a sentir parlare con una certa insistenza di polveri sottili, micro e nano particelle ed effetti dannosi sulla salute. Mi pare tuttavia che persista una certa disinformazione al riguardo: ad esempio, si concede molta importanza al PM10, che lei invece giudica "una polvere grossolana", rispetto a particelle con dimensioni inferiori, meno "note" ma decisamente più nocive per l'organismo. Ritiene colpevoli i mezzi di informazione in questo senso?

Le polveri fini e finissime, intorno e al di sotto del micron, sono incomparabilmente più aggressive per la salute rispetto a quelle grossolane. La classificazione di grossolano per le PM10 non è certo mia, ma è quella corrente nei testi tecnici. Su questa diversa aggressività, molto diversa, nei fatti, tutta la scienza è d'accordo senza eccezione alcuna. La Comunità Europea ha in corso vari studi non sulla nocività di queste polveri, che è ormai notissima, ma sul meccanismo che queste seguono per essere nocive. Ad esempio, il progetto DIPNA ha a capo mia moglie, la Dott. ssa Antonietta Gatti, e coinvolge 11 centri di ricerca in 6 paesi europei per studiare il meccanismo d'ingresso delle nanopolveri nel nucleo della cellula.

Quanto ai mezzi d'informazione, fatte salve le poche, meritevoli eccezioni, lavorano solo per disinformare. Purtroppo alcuni media si valgono della collaborazione di personaggi spacciati come uomini di scienza che sono disposti a prostituirsi per quattro soldi, il che aggrava la situazione allestendo un alone di credibilità. Del resto, pensi a ciò che si faceva anni fa quando le multinazionali del tabacco affittavano "scienziati" per dimostrare che il fumo è innocuo, arrivando anche a dimostrare che serve a prevenire certe malattie come il Morbo di Parkinson. Tutto questo oggi suona grottesco, ma allora la discussione era apertissima.

I risultati delle sue ricerche - condotte insieme alla Dott. ssa Gatti - che proseguono ormai da diversi anni, hanno evidenziato come in numerosi alimenti siano presenti queste nanoparticelle, sinonimo di rischio per la salute. Può farci degli esempi?

Non voglio fare esempi di marche e di prodotti perché sono tutti legalmente considerati innocenti. La legge non tiene in alcun conto il micro e nanoparticolato che, dunque, può non solo inquinare senza problemi di sorta ma addirittura essere usato come additivo per alimenti. Cosa, quest'ultima, che viene regolarmente fatta, per esempio, ma non solo, in certi tipi di cioccolato o di gomma da masticare. Malauguratamente chi legifera è di solito indietro anni rispetto alla scienza e basta ricordare lo scempio dell'amianto bandito nel 1992 quando si conosceva da sempre la sua cancerogenicità. Anche in quel caso, media e scienziati a gettone fecero una solidissima barriera per avversare la messa fuori legge di quel terribile inquinante del cui uso sconsiderato paghiamo tuttora e pagheremo ancora per decenni le conseguenze tragiche.

A riguardo, Lei ha sempre tenuto a precisare che l'obiettivo non era colpire alcun marchio o prodotto, quanto piuttosto diffondere la consapevolezza che l'ambiente è purtroppo ricco di inquinanti. Tuttavia, credo che per alcune aziende questo aspetto potrebbe rappresentare un problema, almeno in termini di reputazione. Dopo tutto questo tempo, c'è stata qualche azienda che l'ha contattata perché interessata seriamente a contrastare il problema.

Due o tre aziende lo hanno fatto ma la cosa non ha avuto seguito. Del resto, chi glie lo fa fare? Finché tutto tace...

Secondo lei, se un'impresa consapevole di avere i propri prodotti inquinati da nanoparticelle cercasse di affrontare il problema, quali strade potrebbe percorrere? Quali precauzioni, cioè, potrebbe porre in essere per prevenire e contrastare tale inquinamento?

Si controllano le materie prime e tutte le fasi di produzione. Volendo, la cosa è ampiamente fattibile perché tecnicamente non è difficile, ma farlo è impegnativo e, dunque, fa "perdere tempo". Poi è inutile, perché i consumatori sono tenuti accuratamente nell'ignoranza e non c'è pericolo che boicottino un prodotto. È solo la cultura che può metterci una pezza.

Ha sempre affermato che sono presenti tre tipologie di inquinamento da nanoparticelle: ambientale (ovvero particelle presenti nell'ambiente), industriale (frutto del processo produttivo del prodotto), volontario (ovvero il caso in cui si aggiungano nanoparticelle volontariamente per "migliorare" l'appetibilità di un prodotto. In riferimento a quest'ultimo, avete svolto analisi in dettaglio? Sono presenti reali rischi per la salute? È quindi possibile individuare aziende che utilizzano questi metodi deliberatamente? Sarebbe perlomeno interessante comprendere se sono consapevoli dei rischi cui sottopongono i loro clienti, non trova?

Purtroppo queste indagini hanno un costo che per noi che ci autofinanziamo come possiamo è tutt'altro che irrilevante. Dunque, non riusciamo a fare analisi sistematiche. Alcune aziende, ma sono pochissime, dichiarano le aggiunte in etichetta, ma la stragrande maggioranza se ne guarda bene. Personalmente credo che siano tutte assolutamente consapevoli del problema, tanto che so per certo che alcuni pezzi grossi di certe industrie non darebbero mai i loro prodotti ai loro figli, ma, lei lo sa, gli affari sono affari.

Cosa prevede la legge, in italia e in Europa, per tali questioni? Ad esempio, consente le aggiunte citate nella domanda precedente?

La legge tace.

Se dovesse fare una classifica delle fonti di inquinamento antropiche relative alle nanoparticelle, quali sarebbero ai primi posti in termini di pericolosità per l'uomo?

Inceneritori, fonderie e traffico automobilistico, ma le fonti sono in realtà infinite.

In alcuni siti internet viene riportato che i filtri antiparticolato montati sulle auto sono in realtà uno "specchio per le allodole": trattengono le particelle PM10 quando l'auto viaggia a basse velocità (ad esempio in città), mentre "sbriciolano" queste particelle quando aumenta la velocità, liberando nell'ambiente una grande quantità di nano particelle dannose. Sulla base della sua esperienza, questa rappresentazione corrisponde alla realtà?

Non è un pettegolezzo: è esattamente quanto affermano i costruttori del prodotto. Se così fosse non le pare che anziché risolvere un problema si ottenga il solo risultato di delocalizzarlo, portando le fonti di inquinamento fuori dai grandi centri abitati, rischiando di contaminare a questo punto coltivazioni localizzate ovviamente fuori città? Quei filtri renderanno molto più aggressive le polveri diminuendone le dimensioni granulometriche e avranno anche la particolarità di aumentare i consumi di carburanti, con ciò aumentando la quantità d'inquinanti nell'ambiente.

Pensi che, per motivi geometrici elementari, con una particella da 10 micron di diametro se ne fa un milione da 0,1 micron. E ognuna di queste è infinitamente più aggressiva di quella grossolana di partenza. Il filtro fa questo. Chi, poi, usa particolari additivi per sminuzzare le polveri, introduce pure un inquinante nuovo. Per quanto riguarda l'inquinamento da nanoparticelle, questo è ormai omogeneo quasi ovunque e, dunque, città o campagna fa poca differenza.

In una sua intervista ha dichiarato che, analizzando le nanoparticelle presenti in un organismo, riuscite a risalire alle fonti dell'inquinamento. Tale aspetto dovrebbe rappresentare un campanello di allarme per alcune attività imprenditoriali, tipicamente produttrici di questi inquinanti e che espongono quindi i propri dipendenti a seri rischi per la salute? Se non sono previsti delle vigenti norme di sicurezza e igiene sul lavoro, dovrebbero forse preoccuparsene perlomeno quelle aziende che, nei loro bilanci sociali, dichiarano di prestare massima attenzione alle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, non crede?

C'è una norma del diritto che prescrive di non far del male a nessuno. " Neminem laedere", dicevano i Latini. Questo, esista o no un particolare articolo di legge. Già qualcuno ha pagato per aver inquinato l'ambiente, ma per essere efficaci e non solo vagamente episodici occorre che la magistratura cominci a porre attenzione al problema, se non altro perché un essere che distrugge l'ambiente in cui vive è destinato ad estinguersi e questo problema è ben maggiore di tante delle sciocchezze su cui qualcuno si trastulla.

Lei ha più volte ribadito che gli inceneritori non sono assolutamente efficaci nello smaltimento dei rifiuti e che sono importanti fonti di inquinamento anche per quanto riguarda le nanoparticelle emesse durante il processo di incenerimento, che vengono disperse nell'aria. In questo senso, possiamo quindi pensare che siano a rischio, ad esempio, le coltivazioni biologiche in un raggio più o meno ampio rispetto alla presenza di un inceneritore?

Ovviamente un ambiente sporco non può che generare prodotti sporchi. Ripeto, comunque, che le nanoparticelle si diffondono omogeneamente ovunque ed è la stessa European Environment Agency, l'ente comunitario che si occupa d'inquinamento, che ce lo fa notare. Le particelle grossolane, invece, cascano a terra in un raggio di pochi chilometri, inquinando sì terra, erba, frutta e verdura, ma in maniera meno insidiosa. Insomma, porre un limite di qualche chilometro tra inceneritore e coltivazione non ha particolare senso scientifico.

Considerato peso e diametro delle nanoparticelle, non credo assolutamente sia insensato pensare che possano viaggiare spostate dal vento per molti chilometri, vanificando gli sforzi di coloro che investono per fornire prodotti di elevata qualità ai consumatori. Pensi ai pollini che hanno una massa qualche milione di volte superiore alle nanoparticelle di cui io mi occupo: qualsiasi paleontologo sa che i pollini europei si trovano al Polo Sud. Pensi alla sabbia del Sahara, relativamente pesantissima, che varca gli oceani e si trova nelle piogge rosse che conosciamo tutti. Faccia lei i suoi calcoli.

Non le pare che la tendenza potrebbe diventare quella di delocalizzare le fonti di inquinamento verso zone che offrono meno controlli?

Mi viene da pensare ai paesi in via di sviluppo o al terzo mondo. Ad esempio, nella produzione di energia non vedo molto remota la possibilità che si comincino a costruire impianti di generazione, anche inquinanti, dove nessuno si preoccuperebbe degli impatti sulla salute umana. Al contempo, questa rischia a mio parere di diventare la soluzione anche per lo smaltimento dei rifiuti, che potrebbe quindi concretizzarsi con la costruzione di inceneritori in questi luoghi.

Ha mai pensato che il Terzo Mondo siamo noi? Ha mai meditato sul perché l'Italia sta diventando terra di conquista per chi fabbrica inceneritori e non riesce a rifilarli a nessuno tranne che a noi? Il Terzo Mondo è più nei cervelli che nei portafogli e quell'arma di legittima difesa che è la cultura da noi è bandita. Dunque, siamo culturalmente Terzo Mondo. Accenda la TV, apra un giornale o entri in un'aula universitaria e si faccia lei la sua idea.
Dario Muzzarini

18 febbraio 2008

Kosovo: indipendenza e, nuovo problema


Kosovo ha dichiarato ufficialmente l'indipendenza durante la seduta speciale di Parlamento di Pristina. Mentre la comunità kosovara festeggia il "nuovo stato indipendente e democratico", gli osservatori stanno aspettando le reazioni da parte della Serbia, mentre il Cremlino affermando che crea un precedente pericoloso. Allo stesso tempo, l'Unione Europea annuncia la missione UE che prenderà il potere all'interno del Kosovo, istituendo un protettorato del tutto simile a quello delle Nazioni Unite e dando solo l'illusione che si tratti di una vera indipendenza. Il Kosovo non sarà molto diverso da quello che è stato negli ultimi nove anni, e si trasformerà probabilmente in nuovo porto franco, o peggio, nell'Iraq dell'Europa.

Hashim Thaci, dinanzi al Parlamento di Pristina, ha annunciato la dichiarazione unilaterale dell'indipendenza dello Stato del Kosovo. "Il Kosovo si dichiara uno stato indipendente, sovrano e democratico". Queste sono state le parole solenni per annunciare la proclamazione di uno Stato di 2 milioni di persone, circondato dal territorio serbo e con un PIL pari ad 1/100 delle sue importazioni. Solennità e festeggiamenti che tuttavia non sono riusciti a mascherare la grande farsa che questa proclamazione d'indipendenza nasconde. Nelle strade di Pristina sfilano cortei e bandiere albanesi, simboli propagandistici dell'Uck, ma non si vede alcuna bandiera dello Stato del Kosovo. Quello della bandiera del Kosovo è un vero e proprio giallo, perché non solo è stata resa nota solo nelle ultime ore, ma non è stata neanche esposta ufficialmente. Una cosa di per sé molta strana, considerando la foga e la fretta con cui i media e lo stesso Parlamento di Pristina, sono giunti al fatidico giorno dell'Indipendenza: tutto sembrava pronto, ma non c'era nessuna bandiera del Kosovo tra la popolazione. È evidente dunque che questi festeggiamenti siano stati un po' improvvisati, nelle ultime ore, forse a dimostrare che sino all'ultimo minuto neanche i kosovari stessi credevano a questa indipendenza. Oppure che sia l'Europa che gli Stati Uniti volevano chiudere la questione nel più breve tempo possibile, ossia prima che la Presidenza del Consiglio di Presidenza dell'Onu passasse nelle mani della Russia.
Generale Fabio Mini
Quel che è più grave, tuttavia, è "questa libertà regalata", non è che l'inizio di una nuova odissea che vedrà questa volta l'Europa ai vertici del comando. Infatti, allo scoccare della mezzanotte di ieri l'Unione europea ha ufficialmente lanciato una missione di "transizione" che dovrebbe portare il Kosovo verso l'indipendenza totale, senza prendere tuttavia alcuna posizione sul riconoscimento dello Stato che i kosovari, sostenuti dagli Stati Uniti, hanno dato vita. Nella totale discrezione gli Stati membri dell'Unione Europea hanno dato il via libera all'invio nella regione di 2 mila uomini, tra forze di polizia, personale giudiziario e doganale, ignorando gli avvertimenti del Governo di Belgrado, dello stesso Kremlino, che ha definito un'assoluta violazione del diritto internazionale. Nonostante tutto, infatti l'Ue sta coordinando, con il benestare delle autorità kosovare e delle Nazioni Unite, una missione in grande stile che prenderà il posto dell'Onu a tutti gli effetti, facendo perno sull'ufficio inaugurato proprio per questo scopo nell'aprile del 2006 all'interno del quale dovrebbe agire già un team di pianificazione. È stata definita Eulex, la missione costituita da un'entità politica che dovrà supervisionare il trasferimento dei poteri dalle Nazioni Unite alle autorità kosovare, da un'entità operativa che collaborerà con la polizia e l'amministrazione giudiziaria, e da un'entità permanente della Commissione Europea che dovrebbe guidare lo sviluppo economico del Kosovo per portarlo sino in Europa. Durante i quattro mesi in cui diventerà pienamente operativa, Eulex rileverà le funzione dell'ONU per stabilire un sistema legale per combattere la criminalità e rendere il Kosovo uno Stato. La missione europea avrà anche poteri militari, per cui potrà intervenire in maniera diretta, facendo ricorso alle stesse truppe della Nato e della Kfor. L'invio della missione è stato reso definitivo a poche ore dalla proclamazione da parte del Parlamento del Kosovo dell'indipendenza della provincia serba, al fine di evitare che venisse invalidata successivamente. L'Unione Europea prenderà così potere all'interno del Kosovo, istituendo un protettorato del tutto simile a quello delle Nazioni Unite e dando solo l'illusione che si tratti di una vera indipendenza. Il Kosovo non sarà molto diverso da quello che è stato negli ultimi nove anni, per cui in realtà i kosovari cambieranno solo "forza occupante". Ci si chiede, a questo punto, perché la Comunità Internazionale abbia voluto accelerare a tal punto l'Indipendenza del Kosovo, e soprattutto perché lo ha fatto a tali condizioni, accettando l'intervento della Unione Europea.
Una ragionevole risposta, e un'interessante analisi dell'escalation in atto è quella del Generale Fabio Mini, comandante della Nato in Kosovo, nel corso della sua intervista al Corriere della Sera. Egli infatti afferma che un Kosovo indipendente andrà a creare semplicemente un nuovo porto franco all'interno dell'Europa, al servizio delle entità economiche che vi faranno confluire traffici finanziari occulti. Il Kosovo diventerà "una base per le nuove banche per il denaro dell'Est, perché Montecarlo, Cipro, Madeira non sono più affidabili", creata da un manipolo di narco-trafficanti. Il Generale Mini ricorda infatti che l'attuale leader del Kosovo "è il mandante di almeno 28 assassinati del partito di Rugova. Uno che, come molti capi dell'Uck, non ha mai spiegato la fine di un migliaio di rom, serbi e albanesi accusati di collaborazionismo, desaparecidos negli anni del primo dopoguerra". Condanna duramente la Comunità Internazionale che ha deciso di creare uno Stato collaborando proprio con i criminali che hanno contribuito a distruggerlo, con la diaspora criminale che negli anni scorsi era stata allontanata. Senza escludere il grave impatto dell'effetto domino, Mini afferma che "questa proclamazione fa saltare il diritto internazionale fondato sulla sovranità degli Stati", creando nel cuore dell'Europa un altro Iraq.

Infatti, i veri giochi cominciano solo adesso, in quanto si dovrà attendere la reazione della Russia, che ha già minacciato contromisure economiche verso gli Stati che sosterranno questa indipendenza, nonché degli altri Stati Europei ed extra-europei. Non sappiamo fin quando l'Europa resterà a guardare mentre gli eurocrati e le forze statunitense porteranno al massimo della tensione, una situazione già al limite. Sin dalle prime ore della proclamazione dell'Indipendenza, tutti i movimenti secessionisti europei si sono risvegliati dal loro torpore, e primo tra tutti quello Basco, per poi essere seguito dalla Republika Srpska in Bosnia, dalla Vojvodina, e presto possiamo attenderci quelli dell'Ossezia, delle Fiandre, della Moldavia, di Cipro.
L'Europa sarà travolta da scandali e da tangentopoli, per fare terra bruciata intorno ai vecchi sistemi di potere, per fare posto ai nuovi, che spingeranno le loro mire espansionistiche verso le nuove "zone franche" d'Europa. Sotto questo punto di vista, non possiamo che confermare i timori del Generale Fabio Mini, della creazione di nuovi centri nevralgici per i traffici finanziari illegali, essendo saltati quelli che oggi erano al limite della legalità. Lo stato del Kosovo è diventato così il miraggio delle entità economiche europee e statunitense, ma non è il sogno di libertà dei kosovari che, con le loro stesse mani, si sono rinchiusi in un'altra schiavitù drogata dalla propaganda occidentale.
fonte: etleboro

La Borsa del Petrolio in Iran è pronta: nuova minaccia?



Due settimane fa Bush è stato inviato in missione in Medio Oriente per consegnare «una testa di cavallo ». Ricordiamo tutti la scena sconvolgente del film «Il Padrino» di Francis Ford Coppola, quando Luca Brasi va a Hollywood per convincere un recalcitrante produttore di film a prendere suo nipote Don Corleone nel prossimo film. Il grande produttore è infine convinto ad ingaggiare il giovane attore quando si risveglia nel suo letto affianco alla testa mozzata del suo pregiato purosangue. Penso che Bush abbia fatto «un’offerta che non si può rifiutare» di questo stesso genere ai dirigenti dei paesi del Golfo quando si è intrattenuto con loro agli inizi del mese.

I media hanno tentato di descrivere il viaggio di Bush in Medio Oriente come una «missione di pace», ma non si trattava che di una cortina di fumo. Infatti, tre giorni dopo che Bush ha lasciato Gerusalemme, Israele intensificava le sue operazioni militari nei territori occupati, riprendendo il suo spietato blocco del cibo, dell’acqua, delle medicine e dell’energia, contro il milione e mezzo di abitanti di Gaza. In termini chiari, o Bush ha dato il via libera alle operazioni o le aggressioni israeliane sono uno sberleffo al Presidente degli Stati Uniti.

Allora quale era lo scopo reale del viaggio di Bush ? Dopo tutto, non ha alcun interesse alla pace o al rispetto del suo impegno a risolvere la crisi israelo-palestinese. Perchè avrà scelto di visitare il Medio Oriente quando il suo secondo mandato presidenziale è agli sgoccioli e non ha alcuna chance di riuscita ?

A volte le visite personali sono importanti, in particolar modo quando la natura delle informazioni è così delicata che il messaggio deve essere trasmesso faccia a faccia. In questo caso Bush si è dato la pena di attraversare mezzo mondo per dire ai Sauditi ed ai loro amici degli stati del Golfo che dovevano continuare a legare il loro petrolio al dollaro, se no sarebbero andati «a riposare con i pesci» [altro riferimento al film Il Padrino, ndt]. In questi ultimi due mesi, diversi sceicchi e ministri delle finanze si sono lamentati per la caduta del dollaro e hanno minacciato di rompere con la famosa «indicizzazione con il dollaro» e di optare per un paniere di divise monetarie. Il viaggio di Bush sembra aver ravvivato lo spirito di cooperazione fraterna. Il malcontento è cessato e tutti sono risaliti «a bordo». I dirigenti regionali sembrano oggi molto meno infastiditi dal fatto che l’inflazione intacca le loro economie e non cessa di accrescere i costi della mano d’opera, del del cibo, dell’energia e degli immobili.

L’agenzia di stampa Reuters lo riassume così :

«Dopo una raffica di disaccordi pubblici sulla riforma monetaria l’anno scorso, le banche centrali del Golfo tentano di fare fronte comune vantando l’indicizzazione come fonte di stabilità e minimizzando la debolezza del dollaro come un fenomeno passeggero».

Si direbbe che Bush addolcisca le cose.

In queste due ultime settimane, i dirigenti del Golfo hanno osservato con nervosismo la Federal Reserve ribassare mostruosamente i tassi d’interesse di 125 punti di base. I ribassi erodono costantemente il capitale di 1 trilione di $ (mille miliardi) che gli sceicchi hanno investito nei buoni del tesoro e nei titoli USA.

«L’inflazione in Arabia Saudita e nell’Oman è al suo livello più alto da 16 anni. L’inflazione è salita ad un tetto raggiunto 19 anni fa negli Emirati Arabi uniti. I responsabili politici del Golfo sono pronti ad intervenire direttamente nel mercato dei prestiti, dei beni immobili e dei prodotti per compensare la riduzione dei tassi». (Reuters)

Il valore dei beni immobili è salito a razzo. Negli Emirati Arabi Uniti, il valore delle proprietà commerciali è duplicato dall’inizio del 2007. La bomba inflazionista ha costretto altri paesi del Golfo a versare aiuti alimentari alle loro popolazioni e ad «un’aumento del 70% dei salari per alcuni impiegati del governo federale degli Emirati Arabi Uniti».

I lavoratori emigrati malcontenti hanno violentemente manifestato recentemente a Dubai, esigendo d’essere indennizzati equamente per il forte aumento dei prezzi. Il valore del riyal, la moneta dell’Arabia Saudita ha raggiunto il suo livello più alto da 21 anni a questa parte.

Gli agenti di cambio si attendono un altro aumento dell’8% del dirham e del riyal entro il mese di aprile prossimo e predicono che i tassi d’interesse obbligheranno le banche centrali degli stati del Golfo a convertirsi all’euro o ad un paniere di divise monetarie della regione. Tuttavia, sino ad ora i fedeli principi sauditi non hanno cessato di sostenere il dollaro.

Difendere l’egemonia del dollaro

Qual è l’importanza quindi di continuare a valutare il petrolio in dollari? Gli Stati Uniti farebbero la guerra per difendere lo statuto di «moneta di riserva » mondiale del dollaro? La risposta a questa domanda potrebbe arrivare questa settimana, poichè la tanto attesa Borsa del Petrolio iraniano deve aprire tra il 1° e l’11 febbraio. Secondo Davoud Danesh-Jafari, il ministro delle finanze iraniano, «tutti i preparativi sono stati fatti per lanciare la borsa; si aprirà durante i dieci giorni della festa dell’Alba» (le cerimonie che commemorano la vittoria della Rivoluzione islamica del 1979 in Iran). Questa borsa è considerata come una minaccia diretta contro il dominio mondiale del dollaro, poichè esigerà che «il petrolio, i prodotti petrolchimici ed il gas iraniano» siano scambiati contro monete diverse dal dollaro USA. (Press TV, Iran)

Il sistema del petrodollaro non è diverso dal sistema dello standard aureo. Oggi questa divisa è semplicemente garanzia di una fonte di energia vitale da cui dipende ogni società industrializzata: il petrolio. Se il dollaro non fosse più l’unica moneta utilizzata nella vendita del petrolio, non sarebbe più di fatto la moneta di riserva mondiale e gli Stati Uniti sarebbero costretti a ridurre massicciamente il loro deficit commerciale, a ricostruire le loro capacità industriali e a ridivenire un paese esportatore. La sola alternativa è di creare una cerchia di regimi clienti, che reprimano le aspirazioni collettive dei loro popoli al fine di poter seguire scrupolosamente le direttive di Washington.

In quanto a sapere se l’amministrazione Bush comincerebbe una guerra per difendere l’egemonia del dollaro, è una domanda che bisognerebbe rivolgere a Saddam Hussein. L’Iraq fu invaso proprio sei mesi dopo la conversione di Saddam all’euro. Il messaggio è chiaro, l’Impero difenderà la sua moneta.
Ugualmente, l’Iran ha rimpiazzato il dollaro nel 2007 e ha richiesto che il Giappone paghi le sue enormi fatture d’energia in yen. La «conversione» ha irritato l’amministrazine Bush e d’allora l’Iran è il bersaglio dell’aggressività degli Stati Uniti. Infatti, anche se 16 agenzie d’informazione degli Stati Uniti hanno pubblicato un rapporto (NIE) dicendo che l’Iran non sta sviluppando armi nucleari e anche se l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica constata che l’Iran adempie ai suoi obblighi rispetto al Trattato di non-proliferazione nucleare (TNP), un attacco preventivo degli Stati Uniti contro l’Iran sembra sempre probabile.

E anche se i media occidentali minimizzano ormai le prospettive di una nuova guerra nella regione, Israele sta prendendo precauzioni e ciò suggerisce che l’idea non è poi così campata in aria. «Israele chiede che dei rifugi antibomba siano installati allo scopo di preparare il pubblico ad un’altra guerra che, questa volta, vedrà piovere missili». (Press TV, Iran)
«La prossima guerra conoscerà un ricorso massivo alle armi balistiche contro l’insieme del territorio israeliano» ha affermato Udi Shani, un generale a riposo. (Global Research)

La Russia, che pensa che le possibilità di un conflitto nel Golfo vadano in crescendo, ha risposto con l’invio di una forza navale nel Mediterraneo e nell’Atlantico del Nord.
Secondo un articolo apparso in inglese sul sito Global Research :

«La nave ammiraglia della flotta del Mar Nero della Russia, l’incrociatore lancia-missili Moskva ha raggiunto la flotta da guerra russa nel Mediterraneo il 18 gennaio per partecipare alle manovre in corso... L’operazione attuale è la prima operazione in grande scala della Marina russa nell’Atlantico negli ultimi 15 anni. Tutte le navi e gli aerei da combattimento trasportano munizioni da combattimento».

Anche la Francia pianifica manovre militari nello Stretto di Ormuz. L’operazione «Bouclier du Golfe 01» [Scudo del Golfo 01, ndt]) avrà luogo al largo delle coste dell’Iran e impiegherà migliaia di soldati in operazioni armate interforze che includeranno – tra l’altro – simulazioni di attacchi a piattaforme petrolifere».

Secondo il ministro della Difesa francese, «le esercitazioni che si svolgeranno dal 23 febbraio al 5 marzo vedranno la partecipazione di 1500 soldati francesi, 2500 degli Emirati e 1300 del Qatar. Queste manovre avranno luogo su terra, in mare ed in aria». E secondo il tenente-colonnello Fusalba, «circa una mezza dozzina di navi da guerra, 40 aerei e decine di veicoli blindati prenderanno parte alle esercitazioni militari». (Defense News)

Inoltre, nell’ultima settimana, tre dei principali cavi sottomarini che assicurano il traffico Internet sono stati rotti nel Golfo Persico e i tre quarti delle comunicazioni internazionali tra l’Europa ed il Medio Oriente sono state interrotte. Una gran parte del Medio Oriente è piombata nell’ignoranza [Vedi qui e qui N.d.r.].
E’ puramente una coicidenza o c’è qualcos’altro sotto la superfice ?
Ian Brockwell, dell’ «American Chronicle» ha detto:

«Nell’ipotesi che la rottura dei cavi non sia frutto del caso, ci dobbiamo chiedere chi farebbe una cosa del genere e perchè. Evidentemente l’Iran, che è stato il più colpito, non avrebbe avuto interessi in una tale azione e potrebbe essere il bersaglio dei responsabili. Si tratta del preludio di un attacco o di un test per un attacco futuro? Le comunicazioni sono sempre state un fattore importante dell’azione militare e la rottura dei cavi potrebbe ridurre la capacità di difendersi dell’Iran». (American Chronicle) [In realtà, come spiegato negli articoli e relativi commenti indicati sopra, l'Iran sarebbe stato colpito solo marginalmente dall'interruzione delle comunicazioni N.d.r.]

Malgrado l’assenza di copertura mediatica, nel Golfo le tensioni salgono e le probabilità di un attacco da parte degli Stati Uniti contro l’Iran rimangono molto elevate. Bush è convinto del fatto che se non affronta l’Iran, allora non lo farà nessuno. Crede anche che, se non difenderà militarmente il dollaro, l’unica superpotenza mondiale che sono gli stati Uniti apparterrà presto al passato. Ora, il vero problema è sapere se Bush si renderà conto che gli Stati Uniti sono già irrimediabilmente impantanati in due conflitti «non vincibili» o se ancora una volta «ascolterà i suoi visceri» e ci trascinerà in un nuovo rovinoso conflitto nella regione.
MIKE WHITNEY Global Research