29 marzo 2008

Brogli a Palermo:il Diavolo scopre i coperchi?


“Gli arresti di oggi rappresentano solo l’inizio. Ho presentato alla Digos e alla magistratura documenti che testimoniano diverse violazioni nel corso delle elezioni per le amministrative a Palermo l’anno scorso. Il 4 aprile attendiamo il pronunciamento del Tar sugli aspetti amministrativi. Esistono tutte le premesse per annullarle”. Abbiamo raggiunto Leo Luca Orlando dopo la notizia dell’arresto dei due presidenti di seggi elettorali a Palermo per i presunti brogli che l’ex sindaco della primavera palermitana aveva denunciato prima in conferenza stampa poi con una serie di dettagliati esposti. Messi insieme, dimostrerebbero che nelle urne il vincitore sarebbe stato lui. Le manipolazioni, secondo valutazioni dei tecnici di Orlando, avrebbero invece cambiato destinatario a ben 40 mila voti. Dietro tutto questo per Leo Luca Orlando ci sarebbe anche la mafia.
"Il voto amministrativo di Palermo dello scorso autunno è stato prima controllato, poi comprato e infine, visto che era a tutti evidente che avrei comunque vinto al primo turno, è stato manipolato: gli arresti di oggi sono una piccola conferma alle tante e circostanziate denunce che con centinaia di cittadini, anche candidati, presentammo nei giorni successivi al voto." Insiste Leoluca Orlando. “Perché la mafia non si accontenta più di contrattare o comprare i voti. Non si accontenta di certi piccoli regali. Abbiamo dimostrato che in pochi giorni sono stati comprati novemila telefonini tutti dello stesso tipo. Trova meno costoso, più redditizio e più sicuro manipolare il voto. Con cento euro compri un voto. Con un presidente infedele ne sposti trecento. Molto meno rischioso e con maggiori probabilità di risultato di quelli che ottieni blandendo o minacciando trecento persone”.

Ci sono delle responsabilità in tutto questo?
“Ho denunciato con nome e cognome il responsabile della macchina elettorale. Mi auguro che in attesa che si concludano le indagini questa persona non torni a dirigire la macchina elettorale di Palermo. Come ci si può fidare di una persona che convoca i presidenti di seggio e affida loro le schede in assenza di scrutatori e rappresentanti di lista? Alcuni sono stati trovati a timbrare le schede in tutta solitudine. Ricordiamo i verbali sbianchettati, i voti scomparsi nel nulla e, soprattutto, il caos scientificamente organizzato a Palazzo delle Aquile per la ricezione dei plichi elettorali di cui nessuno accertava l'autenticità e la provenienza. Ci sono immagini televisive di plichi lanciati all’ingresso da ragazzi in motorino".

Insomma, non è a ischio solo il voto di chi per necessità è pronto a mercificarlo ma anche il mio, il suo, quelli di chiunque che possono essere contraffatti con un colpo di penna.
“Sì. E tutto questo potrebbe ripetersi tra due settimane”

Segnali di solidarietà politica?
“Pochi. Talvolta ho sentito di combattere questa battaglia quasi da solo. Per fortuna sono intervenute alcune autorevoli voci a condannare certi rumorosi silenzi. Perché è una battaglia che non riguarda solo la mia elezione. E’ una battaglia per il diritto disatteso di ogni singolo elettore. Abbiamo dimostrato che sono state manipolate 40 mila schede. Più che sufficienti a cambiare il corso delle elezioni. 15 mila sarebbero valse ad andare al ballottaggio. 40 mila significavano la vittoria al primo turno. Ne ho parlato con il ministro dell’Interno. Perché così come hanno cambiato il corso delle elezioni comunali simili sviste, errori, caos pianificato, possono incidere anche sulla composizione del Parlamento. Chiediamo garanzie, per gli elelettori”.
di Pino Finocchiaro

Lo STATO-MAFIA si presenta



«Torniamo alla P2 finanziaria a cui ha fatto cenno. Che cosa significa?»
(Dall'intervista di Antonio Di Pietro ad Angelo Notarnicola pubblicata il 16.12.2005)

Che legalità vi aspettate da uno stato, se la mafia, la criminalità organizzata, controlla un quarto, forse un terzo del suo territorio, quindi dei collegi elettorali, quindi presumibilmente dei suoi parlamentari?
Avrete letto le trascrizioni delle telefonate che si scambiavano, in tutta tranquillità, anzi giocosamente, agenti e funzionari di polizia al G8 di Genova 2001, per organizzare pestaggi criminali di innocenti e per poi calunniarli e incastrarli piazzando nella Scuola Diaz bombe Molotov e coltelli portati da loro stessi, nel mentre che lasciavano i veri facinorosi devastare indisturbati la città?

Ebbene, non si tratta di eccezioni, ma della norma: questa, non un’altra, è la mentalità di illegalità e complicità, la prassi dominante di abuso e approfittamento, non solo nelle forze dell’ordine, ma anche nella “giustizia”, in tutto lo stato-mafia, in tutta la sua pubblica amministrazione, dagli appalti di opere pubbliche ai tribunali, dalle operazioni umanitarie alla guerra. Quelli che al processo hanno coperto le colpe dei loro superiori, stanno facendo una brillantissima carriera, sebbene per legge, essendo indagati, non possano essere promossi. Ma il sistema premia i suoi figli come umilia chi fa osservare la legge. Nessuna legalità, solo finzione e fanfare. Certo, esistono funzionari leali e corretti, ma non sono la maggioranza e non incidono sul comportamento dell’insieme.

Le indagini su numerosi giudici corrotti o deviati o direttamente collaboratori di mafia (come nel caso Campagna) o votati alla pronta e sistematica liberazione dei delinquenti, lo spettacolo di grandi processi penali costruiti sul nulla a scopo politico e che hanno gravemente condizionato la vita nazionale, hanno portato ai nostri occhi realtà identiche: l’abuso interessato dei poteri dello Stato è ambientale e accettato dal sistema del potere affettivo. Con tutte le occasioni di controlli incrociati a cui è esposto in un tribunale o in una questura, un magistrato o un funzionario di polizia corrotto verrebbe individuato e bloccato subito dai suoi colleghi, se l’ambiente stesso di questo stato non accettasse culturalmente e strutturalmente l’abuso.

Dovunque si intercetti, dovunque si riesca a sbirciare dietro le quinte, è questo che, troppo spesso, si trova, dagli ospedali ai tribunali, dalle caserme alle università – per non parlare dei ministeri. E si trova anche riscontro a una legge sociale ben nota: tra colleghi ci si copre, lupo non mangia lupo – con alcune eccezioni che confermano la regola.
Si definisce stato-mafia l’apparato di potere, basato su trame illecite per la legge ufficiale, che infiltra, invade e sostituisce lo Stato legale, rilevandone le istituzioni e i poteri, e piegandoli ad ogni abuso per fare i propri interessi. Si discute se lo Stato italiano sia uno stato-mafia oppure no. Secondo alcuni non lo sarebbe ancora, perché sarebbe piuttosto uno stato che deve patteggiare con la mafia, da essa infiltrato e sempre più soppiantato. Io ritengo che lo Stato italiano sia oggi compiutamente uno stato-mafia, specificamente in base a due sue precise caratteristiche: in esso, i collegi elettorali controllati dalla criminalità organizzata sono determinanti per la formazione e la sopravvivenza delle maggioranze parlamentari e dei governi; in esso, il consenso elettorale, finanziario e istituzionale si ottiene attraverso la promessa di partecipazione ai benefici di attività illecite o illegittime organizzate dalle forze politiche, sindacali, economiche - ancor più dopo la riforma-porcata della legge elettorale che ha dato alle segreterie dei partiti il potere di decidere chi può essere eletto e chi no; e ancor più se è vera la Pax Mastelliana tra politica e vertici sindacali dei magistrati, di cui presto dirò, e che avrebbe il fine di consociare i vertici sindacali dei magistrati nel sistema dell’affarismo politico. Ma già una conferma di una profonda anomalia è il fatto che la casta politica ha calpestato, in parallelo, la volontà popolare espressa coi due referendum che toccavano proprio privilegi dei politici e dei magistrati: l’abolizione del finanziamento pubblico ai primi e l’abolizione dell’irresponsabilità dei secondi.

L’affermazione che l’Italia sia uno stato-mafia si può superare, peraltro, rilevando che essa, ancor più che uno stato-mafia, come spiegherò, è uno stato massonico, formato dalla Massoneria straniera, già nel cosiddetto Risorgimento, gestito attraverso il sistema bancario, dal quale – tra l’altro – dipendono funzionalmente quasi tutte le imprese economiche, le pubbliche amministrazioni, persino le principali forze politiche. E dipendono, per il finanziamento, tutti i progetti, pubblici e privati, leciti e illeciti – solo un’associazione segreta, non un parlamento, può gestire i rapporti con parti essenziali e determinanti dell’economia reale, quali il mercato della droga. Questo sistema dicesi “capitalismo assoluto”.

Preciso che so che esiste un’altra e più autentica Massoneria, una Massoneria promotrice di progresso e dei lumi, e ad essa non voglio far torto; ma in questo libro tratto di quella finanziaria e politica.
Da ciò sorgono questioni di carattere etico e giuridico insieme; ad esse si risponderà gradualmente:
Quale obbedienza e quali tributi sono moralmente e giuridicamente esigibili da uno stato-mafia, e in generale a uno Stato che, nella sua realtà, è contrario e illegittimo rispetto alle sue stesse leggi e alla sua stessa costituzione? E, pragmaticamente, che cosa possiamo fare, dopo aver accertato quanto sopra?

Mafia e stato-mafia sono le due facce con cui si presenta ed agisce un medesimo potere economico. Sono mutuamente utili, perché la mafia usa lo stato-mafia per imporre i suoi interessi e le sue politiche alla nazione attraverso una facciata di legalità formale; e lo stato-mafia usa la mafia per dire alla gente: “Quella è la mafia, l’anti-Stato, la criminalità organizzata; io sono lo stato, la difesa della legge e dei cittadini, sostenetemi, abbiate fiducia, pagatemi le tasse”. In questo modo, con questa finta contrapposizione, mafia e stato-mafia, soprattutto nel Meridione, si deresponsabilizzano a vicenda: la mafia esercita il potere senza assumersene la responsabilità politica, che lascia allo Stato; lo Stato, scaricando la colpa sulla mafia, riesce a farsi accettare, a farsi votare, a farsi pagare le tasse, anche se amministra male, dà pessimi servizi, non assicura l’ordine pubblico.
Se il Meridione fosse indipendente, la mafia sarebbe costretta ad andare al potere, nelle istituzioni, ufficialmente, ad assumere le responsabilità politiche da cui oggi si esime, scaricandole sullo Stato. Si dovrebbe trasformare per prendersi cura della società, e probabilmente amministrerebbe il Meridione molto meglio di quanto lo amministra ora attraverso lo stato centralista unitario.

Lo stato-mafia rispetta le leggi solo quel tanto che serve a nascondere la loro sistematica violazione e il fatto che il suo potere, l’affarismo politico, la produzione del consenso elettorale, si basano su quella sistematica violazione e hanno come scopo la sua perpetuazione a profitto dei suoi detentori e a spese della collettività. Le ideologie e i colori politici sono solo maschere per raccogliere consenso e per nascondere il business comune a tutti i politicanti.
Ma l'inosservanza, quindi l’inefficacia, delle regole porta anche al malfunzionamento e alla disorganizzazione del sistema-paese: al suo fallimento.
Ridacchiando, la sera del 27 Novembre 2007 a Radio 2, l’arguto e simpaticissimo senatore omosessuale di maggioranza Franco Grillini (o uno che lo imitava molto bene) disse di aspirare a fare il ministro della difesa perché «le caserme sono piene di ben di Dio» e graziosamente informò gli ascoltatori che Prodi non può cadere anche se il governo stramazza ogni due giorni, anche la maggioranza non c’è più in parlamento, e due terzi del Paese le sono contro: le Camere non possono essere sciolte fino all’autunno, perché i 400 parlamentari di prima nomina matureranno il diritto alla pensione il 28 ottobre 2008.
Quando un parlamento non funziona ma non può esser sciolto solo perché gli “onorevoli” non hanno ancora maturato la pensione, allora la fogna dello stato-mafia è colma, anzi rigurgita. Dalla mefitica cloaca emerge chiaro che i partiti (e gli eletti, come insieme) sono l’anti-popolo, altroché i suoi rappresentanti! Sono i suoi parassiti. Il telegiornale di Rai News 24 del 3 ottobre 2007 riferiva che si è formato il Partito dei 400 – cioè dei 400 neoparlamentari di questo parlamento, i quali hanno bisogno di far durare la legislatura due anni e sei mesi per maturare il vitalizio, quindi, cascasse il mondo, non faranno mancare il loro voto alla maggioranza – quale che sia.

Priva di ogni etica e decoro, pur di mantenere i suoi privilegi pagati dalle tasse e dall’impoverimento della gente, pur di continuare a vivere in una torre d’avorio che la protegge dai problemi della gente, la Casta, a richiesta delle segreterie dei rispettivi partiti, dalle quali feudalmente dipendono le ricandidature, è pronta a votare qualsiasi porcata, persino una legge che, a sfacciato vantaggio della grande distribuzione alimentare, depenalizza la vendita di alimentari nocivi e punisce penalmente la diffusione di informazioni su tali alimenti, perché causa danno ai supermercati che devono venderli alla popolazione ignara…
Appunto il celebre libro di Stella e Rizzo, La Casta, ci fa capire a che cosa servono tante tasse: a mantenere i privilegi e le ruberie di Lorsignori politicanti e le loro clientele elettorali e degli sponsors. Una casta che, essendo di cultura mafiosa, ha logicamente un modo mafioso per imporre le tasse e uno altrettanto mafioso e terroristico (fino all’uso dei grigi e ignari militari col mitra spianato sui lavoratori inermi) per riscuoterle.
Lorsignori, coprendosi coi giornali e telegiornali che sono di loro proprietà, trattano l’attività politica come un mezzo non per servire il popolo, per amministrare bene la cosa pubblica, ma per arricchirsi e per assicurarsi rendite. Le rendite sono quei redditi che ti entrano anche se non fai nulla in cambio per gli altri, ossia anche se non fatichi, se non ti rendi utile, se non vali una cicca. In sostanza, sono redditi parassitari. Una volta eletti a qualche carica che comporti un reddito, non la mollano più. Tra di loro, si riconoscono reciprocamente questo diritto alla non-precarietà del reddito politico. Esigono la rendita fissa e garantita. Non accettano di poterla perdere. Se non sono rieletti, la Casta riconosce loro il diritto a qualche sistemazione alternativa, parassitaria, nei consigli di amministrazione o alla direzione di qualche ente pubblico più o meno inutile. Tutto da pagarsi con le tasse della gente.

In questo, è una casta perfettamente bipartisan, trasversale: solidale all’interno, inscena contrapposizioni ideologiche unicamente per ingannare gli elettori, per farli credere che ci sia dialettica, diversità, alternativa. Ai politicanti oggettivamente conviene, nel senso che rende molto di più e dà molta più sicurezza, essere tra loro solidali in contrapposizione al soggetto che vogliono sfruttare, ossia al popolo, e contrapporsi realmente, per dare l’illusione di una pluralità dialettica, anziché competere e contrapporsi realmente.
Ecco il bipolarismo vero: rappresentanti del popolo contro popolo elettore!
Sia pure con non poche, pregevolissime eccezioni – insufficienti però a modificare l’insieme – abbiamo una Casta governante scandalosamente ladra, che impone tasse scandalosamente alte per mantenere i suoi scandalosi sprechi e furti, ovviamente grida allo scandalo se qualcuno osa parlare di disobbedienza fiscale o secessione o paragonare quelle tasse al pizzo della camorra.

Prontamente, si mobilitano i soccorsi contro l’‘antipolitica” e il “qualunquismo”: il Capo dello Stato (eletto direttamente dalla casta dei parlamentari a comandare uno dei più dispendiosi palazzi del regime, il cui bilancio è tenuto segreto ai cittadini, e costa molto più di quello della Regina Elisabetta, circa 250 milioni l’anno), il Capo di Confindustria e della Fiat (la quale è sempre vissuta coi soldi dei contribuenti, privatizzando gli utili e socializzando i costi) e il Capo della Chiesa (la quale da sempre si nutre di denari pubblici e che gode annualmente di decine di miliardi di esenzioni fiscali) levano le loro autorevoli voci (la così detta “moral suasion”) per zittire la protesta degli sfruttati: vergogna! Contestare le tasse-pizzo dello “Stato” è barbaro neoqualunquismo, un crimine contro la società, un peccato contro Dio!
Lo Stato italiano nelle grinfie di un’oligarchia di mafia. Questo concetto verrà sviluppato attraverso tutto il libro.
“Oligarchia” è parola greca che significa governo (archìa) di pochi (olìgoi). Alexis de Toqueville, citato da Stella e Rizzo che definisce l’oligarchia un sistema centralizzato, con corpi intermedi indeboliti, e dove i vertici del potere istituzionale, anziché essere separati in una reciproca relazione di checks and balances (controlli e bilanciamenti), sono fittamente intrecciati e complici tra loro, mentre ciascuno degli oligarchi ha una sua riserva, un suo ambito di potere, che gli altri riconoscono e tutelano. Ciò «non implica che il popolo non possa votare, ma che i meccanismi elettorali sono costruiti in modo da confermare invariabilmente l’oligarchia».

La mafia comune (non quella politica) è la prima industria nazionale, con 90 miliardi l’anno di introiti. Ma è notorio che in intere regioni di certi lontani paesi extraeuropei, centro-asiatici, siti oltre il Volga e il Deserto dei Tartari, fare impresa, investire produttivamente, essere assunti e far carriera soprattutto nella pubblica amministrazione, è pressoché impossibile se non si passa attraverso, diciamo il locale Partito Dominocratico, che, longa manus del sistema bancario, dirige una potente rete aziendale di pseudo-cooperative (in realtà vere imprese commerciali), quasi tutte le amministrazioni locali, dicesi abbia rapporti speciali con la “giustizia” e, quale partito-azienda-piovra, riesce a boicottare e ad escludere dal mercato gli imprenditori indipendenti e che non si sottomettono alla sua legge e ai suoi oneri e che non si allineano. Ma narrasi pure che questo congegno è una piovra, una piovra non mafiosa, una piovra benigna, dal volto umano, dalle ventose umane, dai tentacoli umani, dall’intelligenza umana – una piovra che, nel più grande di quei Paesi centroasiatici, supera ampiamente i 90 miliardi della mafia nostrana, e che si è già accaparrata la maggioranza delle risorse territoriali di quelle regioni, intestandole a società patrimoniali di suoi adepti e a una gigantesca rete di società pseudo-cooperative, che hanno licenza di fare ogni sorta di speculazione, ricevendo ogni sorta di sovvenzione ed esenzione. Pseudo-cooperative, e in realtà imprese commerciali, perché le vere cooperative, quelle italiane, hanno una democrazia diretta dei soci, si gestiscono dal proprio interno, e dal proprio interno nominano i propri amministratori; mentre quelle centro-asiatiche hanno molti soci solo nominali, ricevono i propri amministratori e piani industriali direttamente dalla segreteria del Partito, e in cambio…
Intanto, nella nostra Italia, in 5 anni, 25% di aumento ai magistrati, 21 agli accademici, 20 ai dirigenti pubblici, 11 al resto degli statali.

Nel chiaro disegno di complicizzarli, o perlomeno tenerli fedeli, quali partecipi di un privilegio.
Gli alti dirigenti dello Stato hanno ricevuto subito dopo il passaggio all’euro, aumenti di circa il 100%: ora prendono in migliaia di Euro quanto prima prendevano in milioni di Lire. Ciò dimostra che ben sapevano, Lorsignori, che l’Euro aveva dimezzato il potere di acquisto dei redditi fissi. Però gli statali hanno ricevuto, da allora, aumenti quintupli rispetto ai lavoratori del settore privato: lo “stato” si tiene buoni i suoi pretoriani.
Mentre innumerevoli macchine blu solcano gli asfalti del Belpaese, più di quante ne hanno gli USA, al costo di miliardi l’anno, e lunghi convogli ferroviari deportano in Germania la monnezza campana, che i furbi amministratori Campani preferiscono far bruciare là, a spese dei Lombardi e dei Veneti, dopo che da questi sono già stati presi due volte i soldi sufficienti per smaltire i rifiuti dei Campani, e gli amministratori Campani li hanno usati per assumere personale che non lavora, ma vota (anzi, ha già votato) loro e i loro partiti, e per le altre, solite cose che rinforzano le loro poltrone. Già: certi leaders campani della sinistra hanno usato i soldi pubblici (cioè delle tasse dei Lombardi e dei Veneti) per assumere netturbini in un rapporto di 25 a 1 rispetto a quelli di Milano. Ma li hanno assunti per lavorare o per votare? Il risultato è che il malgoverno rimane in sella e che ora quelle stesse forze politiche fanno pagare, di nuovo, a Veneti e Lombardi il costo dell’asporto e dello smaltimento in Germania di quei rifiuti – le falsamente dette ecoballe, che non sono ‘eco’ perché i rifiuti che contengono non sono stati smistati dai netturbini-elettori, quindi non possono essere bruciate. E sempre quelle forze politiche, anziché rendere conto di come hanno usato i soldi per la costruzione degli inceneritori, richiedono ulteriori sacrifici e solidarietà al resto d’Italia per fare ciò che esse non hanno fatto. E per giustificare il loro non fare, il loro spendere senza fare, da un lato c’è un ministro della loro coalizione, che ha posto il veto un po’ su tutte: dalle discariche agli inceneritori ai rigassificatori; e dall’altro lato c’è il fatto che le locali procure della repubblica non hanno, a quanto si sa, aperto alcuna indagine, alcuna “Rifiutopoli”. Vallettopoli sì, Rifiutopoli no.

I Napoletani che oggi si scontrano con polizia e carabinieri per impedire la riapertura delle discariche chiuse, dimostrano di avere temperamento che i settentrionali non hanno. E anche senso dell’opportunità, o dell’opportunismo, perché quando i loro pessimi amministratori facevano ciò che han fatto coi soldi pubblici – assunzioni clientelari e spese inutili – i Campani non protestavano, ma li votavano, perché gli andava bene come spendevano i soldi, e perché confidavano che, poi, i risultati del malgoverno, grazie alle solite forze politiche, sarebbero stati pagati da Veneti e Lombardi. Oramai hanno imparato i vantaggi dell’unità d’Italia. Ora devono però imparare qualcosa di biologia: è vero che i loro politici, anziché fare gli inceneritori, hanno speso soldi per creare tanti meravigliosi posti di lavoro dove non si lavora (netturbini); ma è anche vero che questa succulenta polpetta alla napoletana è avvelenata: piena di diossina, di tumori, di morte, prodotti dai rifiuti trattati impropriamente. E, ora che l’Italia e il mondo sanno di questo e delle oltre quattrocento discariche clandestine di rifiuti tossici in Campania, l’agricoltura di quella regione pagherà il fio.
Perché gli amministratori delle altre regioni, ora, non subordinano la loro “solidarietà” al licenziamento delle persone assunte inutilmente, dei finti lavoratori? E alle dimissioni dei responsabili del malgoverno? Per non far saltare le trattative per il nuovo governo, o perché paventano che si incendi tutto l’enorme immondezzaio della politica italiana?
Lo Stato di cui ci occupiamo è lo strumento per rubare tutto e su tutto: il costo medio di un’ora di volo degli aerei blu è € 4.723, contro i 3.442 dell’ora di volo del più grosso aereo blu britannico, e i 1.304 del più piccolo. Altri costosi privilegi sono riservati ad altri magistrati, sempre a spese del contribuente, sempre per mantenere la struttura mafiosa che sfrutta il contribuente: 44 di autista e autoblù all’ex giudice costituzionale dopo meno di 10 anni di servizio, etc. etc. Perché i politicanti non aboliscono questi odiosi privilegi dei magistrati? Perché “sentono” di aver bisogno della complicità della Casta dei magistrati e perché gli emolumenti dei parlamentari sono collegati a quelli dei magistrati di grado più elevato: ecco il legame pericoloso tra le due Caste!

Mangioni a sbafo, gli “onorevoli”: ad educarli al compito che il sistema assegna loro concorre anche la gastronomia, che a loro viene spudoratamente semidonata: 84 cent i ravioli al ragù, 5 Euro e 20 un dentice al vapore… tutto a spese dei cittadini… e a favore non solo di molti onorevoli, ma anche di dipendenti parlamentari che già si pappano mediamente 115.419 Euro l’anno. Con 50 camerieri a oltre 112.000 l’anno per servirli, di cui 10 non lavoranti. Quanto vale, simile gente? È giusto pagare le tasse a loro? Certo, perché gli onorevoli possano andare in pensione presto, sempre più presto, sempre più giovani, per dedicarsi ad altri e più lucrosi traffici pagati dai cittadini troppo pecore per disfarsi di loro. Di loro, che si sono costruiti, a spese degli elettori un sistema previdenziale di rivoltante privilegio, che dona loro una rendita moltiplicata di 5 volte rispetto all’Inps. Avete capito? Si considerano ben 5 volte superiori ai lavoratori, ai comuni mortali! A loro spese, naturalmente! E poi fanno loro lo scherzetto nel tfr e gli limano i coefficienti di rivalutazione previdenziali! San Toni Negri, eletto grazie ai Radicali che lo volevano fuori di galera, fece nove sedute in Parlamento – ambiente che definì “repellente”; ma per quel suo nobile sforzo di resistere allo schifo ben nove sedute, percepisce, da quando ha sessant’anni, un vitalizio di, ora, 3.108 Euro al mese. Forse lo accetta per dimostrare che non è più estremista.

E i vertici della Lega Nord che si mettono a dirigere la banca CrediEuronord? Apprendisti stregoni, nel libro di Stella – ma non solo: si ritrovano con gestori che, con quattro o cinque affidamenti pseudo-garantiti, si mangiano tutto il capitale, portano la banca al dissesto, la fanno salvare da Fiorani, mettendo la pellaccia al riparo delle conseguenze penali di un fallimento. Sarà possibile per la Lega, ora, una vera autonomia critica e propositiva dove si tocchino gli interessi del sistema bancario? Fortunatamente, pare proprio di sì, a giudicare dall’attenzione e dal sostegno che la Lega, con alcune altre forze politiche, dà alle iniziative per una riforma monetaria e creditizia di attuazione della sovranità popolare e del lavoro come fondamento della Repubblica.
E la Casta di Stato (che sia benedetta) dona circa 75 miliardi di euro l’anno agli azionisti privati della Banca d’Italia in cambio di impulsi elettronici e di pezzi di carta stampati senza alcuna copertura, detti “banconote”. Gli studi di settore introdotti da Visco stroncano migliaia di piccole imprese, mentre il giro d’affari dei venditori abusivi, tollerati dalla pubblica autorità, si sottrae al fisco per oltre 100 miliardi l’anno di imponibile – pari a quello del pizzo raccolto dalla criminalità organizzata.

Eh sì, se lo “Stato” e la sua classe dirigente si reggono, nonostante la loro inefficienza e corruttela, è perché mantengono il Meridione nel sottosviluppo, e in tale sporco modo, col pretesto della solidarietà, ogni anno spremono dai Lombardi e dai Veneti 100 miliardi di Euro (altri 10 miliardi dalle restanti regioni settentrionali) che usano (oltre che per arricchirsi direttamente) per comperarsi sostegni e voti, in una redistribuzione clientelare a favore della burocrazia parassitaria, statale, romana; nonché della Campania, della Sicilia, della Calabria.
Oltre la scala familiare, nessuna solidarietà funziona, perché chi ne maneggia i soldi, pensa a come mangiarli. Da qui il grande e insostituibile valore pratico della famiglia, la quale è purtroppo ormai in liquidazione. Il punto centrale è semplice: non hanno bisogno di gestire bene, di modernizzarsi, di essere intelligenti e colti (in effetti, anche se non pochi di loro sono intelligenti e preparati, essi sono in larga maggioranza stupidi e ignoranti – basta ascoltare i loro discorsi in Parlamento o nei loro comizi) per restare al potere e rubare – per restare in sella, gli basta essere inefficienti, sabotare il Sud e inasprire il fisco. Quindi, devono impedire, e di fatto impediscono, che il Sud decolli economicamente. Al potere li mantiene, con un debole ricircolo interno, la grande finanza, sempre più straniera, sempre più rapace.

Sanno fare solo questo, in fondo – quasi tutti. Non sapendo fare altro, non possono che continuare a fare quello. Quindi non smetteranno mai, se non verranno cacciati con la forza. Si sono procurati rendite, posti fissi (e, per farlo, hanno clientelarmente dispensato milioni di altri posti fissi, parassitari, di rendita).
Gli imprenditori (veri) e i lavoratori autonomi devono ingegnarsi e innovarsi e imparare incessantemente, per sopravvivere nella concorrenza, mentre gli uomini della Casta non hanno concorrenza, la impediscono attraverso le leggi che si fanno in casa, ossia in parlamento, come la legge elettorale detta “porcata” (una condizione per certi versi analoga, di carriera automatica senza rischi e competizione, l’hanno creata per una categoria professionale di cui hanno molto bisogno: i magistrati). E dall’alto di questa posizione di rendita parassitaria essi fanno la morale agli imprenditori dicendo che devono competere e rischiare e pagare le tasse.
Il carattere tumorale, maligno, di questa Casta, è il seguente: quanto più Lorsignori sono inefficienti, ladri, mafiosi, sputtanati, e perdono perciostesso quote di consenso sano, tanto più alzano le tasse per procacciarsi i soldi con cui comperarsi consenso e supporto clientelare in sostituzione di quello sano, di quello della gente onesta, laboriosa, produttiva.

Questo è il meccanismo che ha prodotto e perpetua la Casta dei politicanti, dei burocrati, sindacalisti, dei pubblici amministratori, dei boiardi di stato a carriera assicurata, delle legioni di privilegiati a spese della collettività, il cui numero è sempre andato gonfiandosi, come un tumore maligno, proprio per la necessità di produrre questo tipo di consenso e di sostegno patologici in sostituzione di quelli sani. Un meccanismo che si reggeva, nell’era aurea della prima repubblica democristiana e poi del centro-sinistra, su precisi fattori:
a. la crescita demografica ed economica, che consentiva di finanziare a deficit la spesa presente;
b. la ricorrente svalutazione competitiva della Lira, che consentiva di recuperare i mercati stranieri.

Entrando nell’Euro con grandi sacrifici per il sistema paese, gli accorti e incorruttibili governanti dello “Stato” hanno reso impossibile sia la spesa a deficit che la svalutazione competitiva, e ciò proprio quando l’industria nazionale, prevalentemente a basso contenuto tecnologico (tessile, calzature, arredamento) veniva attaccata da paesi ultracompetitivi a lavoro schiavistico come la Cina. Inoltre, l’Euro, con la sua altissima valutazione sul Dollaro, strangola le esportazioni.
Intanto, le maggiori tasse raccolte dal Governo Prodi bis con la legge finanziaria per il 2007, sono assorbite e superate dall’aumento della spesa corrente e del deficit di bilancio. Ossia dalle spese clientelari e per l’acquisto di voti (60.000 precari della scuola messi a ruolo senza concorso). Queste sono le due priorità assolute dello “Stato”, a cui esso sacrifica ogni logica economica e ogni risanamento (ma che risanamento potrebbe esserci, se non iniziasse con l’eliminazione della Casta?).
Questa operazione clientelare è la prova del nove: l’Italia è spacciata.

Marco Della Luna
Estratto da “BASTA CON QUESTA ITALIA! Rivoluzione, secessione o emigrazione? - Il fallimento dello Stato mafio-massonico”

28 marzo 2008

Se l'europa è piena di poveri è perchè è ricca!


Viviamo nelle contraddizioni, ragioniamo sempre dimenticandole. Loro, sono dentro di noi, ma usarle solo con occhiali a tinte positive non è facile.
Se vi dicessi che c'è in Europa un Paese dove non esiste la disoccupazione, non esiste il lavoro precario, non esiste il problema dei pendolari, non esiste l'inflazione, dove le tasse sono al 10%, dove ognuno possiede una casa e quanto basta per vivere e quindi non ci sono poveri, mi prendereste per matto. E avreste ragione. Perchè questo è il Paese che non c'è. Ma è esistito. E' esistito un mondo fatto così. E si chiama Medioevo Europeo.

La disoccupazione appare, come fenomeno sociale, con la Rivoluzione industriale. Prima, con una popolazione formata al 90/95% da agricoltori e artigiani, ognuno, o quasi, viveva sul suo e del suo, aveva, nelle forme della proprietà o del possesso perpetuo, una casa e un terreno da coltivare. E anche i famigerati 'servi della gleba' (i servi casati), comunque una realtà marginale, se è vero che non possono lasciare la terra del padrone non ne possono essere nemmeno cacciati. Non esisteva il precariato perchè il contadino lavora tutta la vita sulla sua terra e l'artigiano nella sua bottega che è anche la sua casa (per questo non esiste nemmeno il pendolarismo). Il giovane apprendista non percepisce un salario, ma il Maestro ha il dovere, oltre che di insegnargli il mestiere, di fornirgli alloggio, vitto e vestiti (due, uno per la festa, l'altro per i giorni lavorativi; ma, in fondo, abbiamo davvero bisogno di più di due vestiti?).

Dopo i sette anni di apprendistato il giovane o rimarrà in bottega, pagato, o ne aprirà una propria. Senza difficoltà perchè c'è posto per tutti. Gli statuti artigiani infatti proibiscono ogni forma di concorrenza e quindi, di fatto, la formazione di posizioni oligopoliste. Per tutelare però l'acquirente (oggi diremo 'il consumatore') gli statuti stabiliscono regole rigidissime per garantire la qualità del prodotto.

Nelle campagne il fenomeno del bracciantato si creò quasi a ridosso della Rivoluzione industriale quando i grandi proprietari terrieri cominciarono a recintare i loro campi (enclosure) rompendo così il regime delle 'terre aperte' (open fields) e delle servitù comunitarie (ad uso di tutti) su cui si era retto per secoli lo straordinario ma delicato equilibrio del mondo agricolo. Per molti contadini, non avendo più il supporto delle servitù, la propria terra non era più sufficiente a sostentarli. Ma fu un fenomeno tardo. Perchè la concezione di quel mondo, contadino o artigiano, era che ogni nucleo familiare doveva avere il proprio spazio vitale. Scrive lo storico Giuseppe Felloni: "Le terre sono divise con criteri che antepongono l'equità distributiva all'efficenza economica".

Le imposte, comprendendovi quelle statali, quelle dovute al feudatario, nella forma di prelievo sul raccolto e di corvèes personali, la 'decima' alla Chiesa, non superarono mai il 10%. E' vero che anche i servizi erano minimi, ma per molti aspetti di quello che noi oggi chiamiamo 'welfare' sovveniva la Chiesa, naturalmente nei modi consentiti dai tempi.

Non esisteva l'inflazione. I prezzi rimanevano stabili per decenni. Una delle rare eccezioni fu la Spagna degli inizi del XVII secolo a causa dell'oro e dell'argento rapinati agli indios d'America. E nel suo 'Memorial' Gonzales de Collerigo scrisse con sarcastica lucidità: "Se la Spagna è povera è perchè è ricca". Che è poi la paradossale condizione in cui si trovano molti Paesi industrializzati di oggi.

In quel mondo, per quanto a noi appaia incredibile, non esistevano i poveri. Il termine 'pauperismo' nasce nell'opulenta Inghilterra degli anni '30 dell'Ottocento. Fu Alexis de Tocqueville, uno dei padri del mondo moderno, ad accorgersi per primo dello sconcertante fatto che nel Paese del massimo sforzo produttivo e industriale c'era un povero ogni sei abitanti mentre in Spagna e Portogallo, dove il processo era appena agli inizi, la proporzione era di 1 a 25 e che nei Paesi e nelle regioni non ancora toccate dalla Rivoluzione industriale non c'erano poveri. Perchè è la ricchezza dei molti, alzando il costo della vita, a rendere poveri tutti gli altri. Che è quanto sta accadendo oggi in Russia, in Cina, in Albania, in Afghanistan e persino in Italia.

Su tutto questo, credo, dovrebbero riflettere coloro che fra un mese saranno chiamati a governarci.

Massimo Fini

29 marzo 2008

Brogli a Palermo:il Diavolo scopre i coperchi?


“Gli arresti di oggi rappresentano solo l’inizio. Ho presentato alla Digos e alla magistratura documenti che testimoniano diverse violazioni nel corso delle elezioni per le amministrative a Palermo l’anno scorso. Il 4 aprile attendiamo il pronunciamento del Tar sugli aspetti amministrativi. Esistono tutte le premesse per annullarle”. Abbiamo raggiunto Leo Luca Orlando dopo la notizia dell’arresto dei due presidenti di seggi elettorali a Palermo per i presunti brogli che l’ex sindaco della primavera palermitana aveva denunciato prima in conferenza stampa poi con una serie di dettagliati esposti. Messi insieme, dimostrerebbero che nelle urne il vincitore sarebbe stato lui. Le manipolazioni, secondo valutazioni dei tecnici di Orlando, avrebbero invece cambiato destinatario a ben 40 mila voti. Dietro tutto questo per Leo Luca Orlando ci sarebbe anche la mafia.
"Il voto amministrativo di Palermo dello scorso autunno è stato prima controllato, poi comprato e infine, visto che era a tutti evidente che avrei comunque vinto al primo turno, è stato manipolato: gli arresti di oggi sono una piccola conferma alle tante e circostanziate denunce che con centinaia di cittadini, anche candidati, presentammo nei giorni successivi al voto." Insiste Leoluca Orlando. “Perché la mafia non si accontenta più di contrattare o comprare i voti. Non si accontenta di certi piccoli regali. Abbiamo dimostrato che in pochi giorni sono stati comprati novemila telefonini tutti dello stesso tipo. Trova meno costoso, più redditizio e più sicuro manipolare il voto. Con cento euro compri un voto. Con un presidente infedele ne sposti trecento. Molto meno rischioso e con maggiori probabilità di risultato di quelli che ottieni blandendo o minacciando trecento persone”.

Ci sono delle responsabilità in tutto questo?
“Ho denunciato con nome e cognome il responsabile della macchina elettorale. Mi auguro che in attesa che si concludano le indagini questa persona non torni a dirigire la macchina elettorale di Palermo. Come ci si può fidare di una persona che convoca i presidenti di seggio e affida loro le schede in assenza di scrutatori e rappresentanti di lista? Alcuni sono stati trovati a timbrare le schede in tutta solitudine. Ricordiamo i verbali sbianchettati, i voti scomparsi nel nulla e, soprattutto, il caos scientificamente organizzato a Palazzo delle Aquile per la ricezione dei plichi elettorali di cui nessuno accertava l'autenticità e la provenienza. Ci sono immagini televisive di plichi lanciati all’ingresso da ragazzi in motorino".

Insomma, non è a ischio solo il voto di chi per necessità è pronto a mercificarlo ma anche il mio, il suo, quelli di chiunque che possono essere contraffatti con un colpo di penna.
“Sì. E tutto questo potrebbe ripetersi tra due settimane”

Segnali di solidarietà politica?
“Pochi. Talvolta ho sentito di combattere questa battaglia quasi da solo. Per fortuna sono intervenute alcune autorevoli voci a condannare certi rumorosi silenzi. Perché è una battaglia che non riguarda solo la mia elezione. E’ una battaglia per il diritto disatteso di ogni singolo elettore. Abbiamo dimostrato che sono state manipolate 40 mila schede. Più che sufficienti a cambiare il corso delle elezioni. 15 mila sarebbero valse ad andare al ballottaggio. 40 mila significavano la vittoria al primo turno. Ne ho parlato con il ministro dell’Interno. Perché così come hanno cambiato il corso delle elezioni comunali simili sviste, errori, caos pianificato, possono incidere anche sulla composizione del Parlamento. Chiediamo garanzie, per gli elelettori”.
di Pino Finocchiaro

Lo STATO-MAFIA si presenta



«Torniamo alla P2 finanziaria a cui ha fatto cenno. Che cosa significa?»
(Dall'intervista di Antonio Di Pietro ad Angelo Notarnicola pubblicata il 16.12.2005)

Che legalità vi aspettate da uno stato, se la mafia, la criminalità organizzata, controlla un quarto, forse un terzo del suo territorio, quindi dei collegi elettorali, quindi presumibilmente dei suoi parlamentari?
Avrete letto le trascrizioni delle telefonate che si scambiavano, in tutta tranquillità, anzi giocosamente, agenti e funzionari di polizia al G8 di Genova 2001, per organizzare pestaggi criminali di innocenti e per poi calunniarli e incastrarli piazzando nella Scuola Diaz bombe Molotov e coltelli portati da loro stessi, nel mentre che lasciavano i veri facinorosi devastare indisturbati la città?

Ebbene, non si tratta di eccezioni, ma della norma: questa, non un’altra, è la mentalità di illegalità e complicità, la prassi dominante di abuso e approfittamento, non solo nelle forze dell’ordine, ma anche nella “giustizia”, in tutto lo stato-mafia, in tutta la sua pubblica amministrazione, dagli appalti di opere pubbliche ai tribunali, dalle operazioni umanitarie alla guerra. Quelli che al processo hanno coperto le colpe dei loro superiori, stanno facendo una brillantissima carriera, sebbene per legge, essendo indagati, non possano essere promossi. Ma il sistema premia i suoi figli come umilia chi fa osservare la legge. Nessuna legalità, solo finzione e fanfare. Certo, esistono funzionari leali e corretti, ma non sono la maggioranza e non incidono sul comportamento dell’insieme.

Le indagini su numerosi giudici corrotti o deviati o direttamente collaboratori di mafia (come nel caso Campagna) o votati alla pronta e sistematica liberazione dei delinquenti, lo spettacolo di grandi processi penali costruiti sul nulla a scopo politico e che hanno gravemente condizionato la vita nazionale, hanno portato ai nostri occhi realtà identiche: l’abuso interessato dei poteri dello Stato è ambientale e accettato dal sistema del potere affettivo. Con tutte le occasioni di controlli incrociati a cui è esposto in un tribunale o in una questura, un magistrato o un funzionario di polizia corrotto verrebbe individuato e bloccato subito dai suoi colleghi, se l’ambiente stesso di questo stato non accettasse culturalmente e strutturalmente l’abuso.

Dovunque si intercetti, dovunque si riesca a sbirciare dietro le quinte, è questo che, troppo spesso, si trova, dagli ospedali ai tribunali, dalle caserme alle università – per non parlare dei ministeri. E si trova anche riscontro a una legge sociale ben nota: tra colleghi ci si copre, lupo non mangia lupo – con alcune eccezioni che confermano la regola.
Si definisce stato-mafia l’apparato di potere, basato su trame illecite per la legge ufficiale, che infiltra, invade e sostituisce lo Stato legale, rilevandone le istituzioni e i poteri, e piegandoli ad ogni abuso per fare i propri interessi. Si discute se lo Stato italiano sia uno stato-mafia oppure no. Secondo alcuni non lo sarebbe ancora, perché sarebbe piuttosto uno stato che deve patteggiare con la mafia, da essa infiltrato e sempre più soppiantato. Io ritengo che lo Stato italiano sia oggi compiutamente uno stato-mafia, specificamente in base a due sue precise caratteristiche: in esso, i collegi elettorali controllati dalla criminalità organizzata sono determinanti per la formazione e la sopravvivenza delle maggioranze parlamentari e dei governi; in esso, il consenso elettorale, finanziario e istituzionale si ottiene attraverso la promessa di partecipazione ai benefici di attività illecite o illegittime organizzate dalle forze politiche, sindacali, economiche - ancor più dopo la riforma-porcata della legge elettorale che ha dato alle segreterie dei partiti il potere di decidere chi può essere eletto e chi no; e ancor più se è vera la Pax Mastelliana tra politica e vertici sindacali dei magistrati, di cui presto dirò, e che avrebbe il fine di consociare i vertici sindacali dei magistrati nel sistema dell’affarismo politico. Ma già una conferma di una profonda anomalia è il fatto che la casta politica ha calpestato, in parallelo, la volontà popolare espressa coi due referendum che toccavano proprio privilegi dei politici e dei magistrati: l’abolizione del finanziamento pubblico ai primi e l’abolizione dell’irresponsabilità dei secondi.

L’affermazione che l’Italia sia uno stato-mafia si può superare, peraltro, rilevando che essa, ancor più che uno stato-mafia, come spiegherò, è uno stato massonico, formato dalla Massoneria straniera, già nel cosiddetto Risorgimento, gestito attraverso il sistema bancario, dal quale – tra l’altro – dipendono funzionalmente quasi tutte le imprese economiche, le pubbliche amministrazioni, persino le principali forze politiche. E dipendono, per il finanziamento, tutti i progetti, pubblici e privati, leciti e illeciti – solo un’associazione segreta, non un parlamento, può gestire i rapporti con parti essenziali e determinanti dell’economia reale, quali il mercato della droga. Questo sistema dicesi “capitalismo assoluto”.

Preciso che so che esiste un’altra e più autentica Massoneria, una Massoneria promotrice di progresso e dei lumi, e ad essa non voglio far torto; ma in questo libro tratto di quella finanziaria e politica.
Da ciò sorgono questioni di carattere etico e giuridico insieme; ad esse si risponderà gradualmente:
Quale obbedienza e quali tributi sono moralmente e giuridicamente esigibili da uno stato-mafia, e in generale a uno Stato che, nella sua realtà, è contrario e illegittimo rispetto alle sue stesse leggi e alla sua stessa costituzione? E, pragmaticamente, che cosa possiamo fare, dopo aver accertato quanto sopra?

Mafia e stato-mafia sono le due facce con cui si presenta ed agisce un medesimo potere economico. Sono mutuamente utili, perché la mafia usa lo stato-mafia per imporre i suoi interessi e le sue politiche alla nazione attraverso una facciata di legalità formale; e lo stato-mafia usa la mafia per dire alla gente: “Quella è la mafia, l’anti-Stato, la criminalità organizzata; io sono lo stato, la difesa della legge e dei cittadini, sostenetemi, abbiate fiducia, pagatemi le tasse”. In questo modo, con questa finta contrapposizione, mafia e stato-mafia, soprattutto nel Meridione, si deresponsabilizzano a vicenda: la mafia esercita il potere senza assumersene la responsabilità politica, che lascia allo Stato; lo Stato, scaricando la colpa sulla mafia, riesce a farsi accettare, a farsi votare, a farsi pagare le tasse, anche se amministra male, dà pessimi servizi, non assicura l’ordine pubblico.
Se il Meridione fosse indipendente, la mafia sarebbe costretta ad andare al potere, nelle istituzioni, ufficialmente, ad assumere le responsabilità politiche da cui oggi si esime, scaricandole sullo Stato. Si dovrebbe trasformare per prendersi cura della società, e probabilmente amministrerebbe il Meridione molto meglio di quanto lo amministra ora attraverso lo stato centralista unitario.

Lo stato-mafia rispetta le leggi solo quel tanto che serve a nascondere la loro sistematica violazione e il fatto che il suo potere, l’affarismo politico, la produzione del consenso elettorale, si basano su quella sistematica violazione e hanno come scopo la sua perpetuazione a profitto dei suoi detentori e a spese della collettività. Le ideologie e i colori politici sono solo maschere per raccogliere consenso e per nascondere il business comune a tutti i politicanti.
Ma l'inosservanza, quindi l’inefficacia, delle regole porta anche al malfunzionamento e alla disorganizzazione del sistema-paese: al suo fallimento.
Ridacchiando, la sera del 27 Novembre 2007 a Radio 2, l’arguto e simpaticissimo senatore omosessuale di maggioranza Franco Grillini (o uno che lo imitava molto bene) disse di aspirare a fare il ministro della difesa perché «le caserme sono piene di ben di Dio» e graziosamente informò gli ascoltatori che Prodi non può cadere anche se il governo stramazza ogni due giorni, anche la maggioranza non c’è più in parlamento, e due terzi del Paese le sono contro: le Camere non possono essere sciolte fino all’autunno, perché i 400 parlamentari di prima nomina matureranno il diritto alla pensione il 28 ottobre 2008.
Quando un parlamento non funziona ma non può esser sciolto solo perché gli “onorevoli” non hanno ancora maturato la pensione, allora la fogna dello stato-mafia è colma, anzi rigurgita. Dalla mefitica cloaca emerge chiaro che i partiti (e gli eletti, come insieme) sono l’anti-popolo, altroché i suoi rappresentanti! Sono i suoi parassiti. Il telegiornale di Rai News 24 del 3 ottobre 2007 riferiva che si è formato il Partito dei 400 – cioè dei 400 neoparlamentari di questo parlamento, i quali hanno bisogno di far durare la legislatura due anni e sei mesi per maturare il vitalizio, quindi, cascasse il mondo, non faranno mancare il loro voto alla maggioranza – quale che sia.

Priva di ogni etica e decoro, pur di mantenere i suoi privilegi pagati dalle tasse e dall’impoverimento della gente, pur di continuare a vivere in una torre d’avorio che la protegge dai problemi della gente, la Casta, a richiesta delle segreterie dei rispettivi partiti, dalle quali feudalmente dipendono le ricandidature, è pronta a votare qualsiasi porcata, persino una legge che, a sfacciato vantaggio della grande distribuzione alimentare, depenalizza la vendita di alimentari nocivi e punisce penalmente la diffusione di informazioni su tali alimenti, perché causa danno ai supermercati che devono venderli alla popolazione ignara…
Appunto il celebre libro di Stella e Rizzo, La Casta, ci fa capire a che cosa servono tante tasse: a mantenere i privilegi e le ruberie di Lorsignori politicanti e le loro clientele elettorali e degli sponsors. Una casta che, essendo di cultura mafiosa, ha logicamente un modo mafioso per imporre le tasse e uno altrettanto mafioso e terroristico (fino all’uso dei grigi e ignari militari col mitra spianato sui lavoratori inermi) per riscuoterle.
Lorsignori, coprendosi coi giornali e telegiornali che sono di loro proprietà, trattano l’attività politica come un mezzo non per servire il popolo, per amministrare bene la cosa pubblica, ma per arricchirsi e per assicurarsi rendite. Le rendite sono quei redditi che ti entrano anche se non fai nulla in cambio per gli altri, ossia anche se non fatichi, se non ti rendi utile, se non vali una cicca. In sostanza, sono redditi parassitari. Una volta eletti a qualche carica che comporti un reddito, non la mollano più. Tra di loro, si riconoscono reciprocamente questo diritto alla non-precarietà del reddito politico. Esigono la rendita fissa e garantita. Non accettano di poterla perdere. Se non sono rieletti, la Casta riconosce loro il diritto a qualche sistemazione alternativa, parassitaria, nei consigli di amministrazione o alla direzione di qualche ente pubblico più o meno inutile. Tutto da pagarsi con le tasse della gente.

In questo, è una casta perfettamente bipartisan, trasversale: solidale all’interno, inscena contrapposizioni ideologiche unicamente per ingannare gli elettori, per farli credere che ci sia dialettica, diversità, alternativa. Ai politicanti oggettivamente conviene, nel senso che rende molto di più e dà molta più sicurezza, essere tra loro solidali in contrapposizione al soggetto che vogliono sfruttare, ossia al popolo, e contrapporsi realmente, per dare l’illusione di una pluralità dialettica, anziché competere e contrapporsi realmente.
Ecco il bipolarismo vero: rappresentanti del popolo contro popolo elettore!
Sia pure con non poche, pregevolissime eccezioni – insufficienti però a modificare l’insieme – abbiamo una Casta governante scandalosamente ladra, che impone tasse scandalosamente alte per mantenere i suoi scandalosi sprechi e furti, ovviamente grida allo scandalo se qualcuno osa parlare di disobbedienza fiscale o secessione o paragonare quelle tasse al pizzo della camorra.

Prontamente, si mobilitano i soccorsi contro l’‘antipolitica” e il “qualunquismo”: il Capo dello Stato (eletto direttamente dalla casta dei parlamentari a comandare uno dei più dispendiosi palazzi del regime, il cui bilancio è tenuto segreto ai cittadini, e costa molto più di quello della Regina Elisabetta, circa 250 milioni l’anno), il Capo di Confindustria e della Fiat (la quale è sempre vissuta coi soldi dei contribuenti, privatizzando gli utili e socializzando i costi) e il Capo della Chiesa (la quale da sempre si nutre di denari pubblici e che gode annualmente di decine di miliardi di esenzioni fiscali) levano le loro autorevoli voci (la così detta “moral suasion”) per zittire la protesta degli sfruttati: vergogna! Contestare le tasse-pizzo dello “Stato” è barbaro neoqualunquismo, un crimine contro la società, un peccato contro Dio!
Lo Stato italiano nelle grinfie di un’oligarchia di mafia. Questo concetto verrà sviluppato attraverso tutto il libro.
“Oligarchia” è parola greca che significa governo (archìa) di pochi (olìgoi). Alexis de Toqueville, citato da Stella e Rizzo che definisce l’oligarchia un sistema centralizzato, con corpi intermedi indeboliti, e dove i vertici del potere istituzionale, anziché essere separati in una reciproca relazione di checks and balances (controlli e bilanciamenti), sono fittamente intrecciati e complici tra loro, mentre ciascuno degli oligarchi ha una sua riserva, un suo ambito di potere, che gli altri riconoscono e tutelano. Ciò «non implica che il popolo non possa votare, ma che i meccanismi elettorali sono costruiti in modo da confermare invariabilmente l’oligarchia».

La mafia comune (non quella politica) è la prima industria nazionale, con 90 miliardi l’anno di introiti. Ma è notorio che in intere regioni di certi lontani paesi extraeuropei, centro-asiatici, siti oltre il Volga e il Deserto dei Tartari, fare impresa, investire produttivamente, essere assunti e far carriera soprattutto nella pubblica amministrazione, è pressoché impossibile se non si passa attraverso, diciamo il locale Partito Dominocratico, che, longa manus del sistema bancario, dirige una potente rete aziendale di pseudo-cooperative (in realtà vere imprese commerciali), quasi tutte le amministrazioni locali, dicesi abbia rapporti speciali con la “giustizia” e, quale partito-azienda-piovra, riesce a boicottare e ad escludere dal mercato gli imprenditori indipendenti e che non si sottomettono alla sua legge e ai suoi oneri e che non si allineano. Ma narrasi pure che questo congegno è una piovra, una piovra non mafiosa, una piovra benigna, dal volto umano, dalle ventose umane, dai tentacoli umani, dall’intelligenza umana – una piovra che, nel più grande di quei Paesi centroasiatici, supera ampiamente i 90 miliardi della mafia nostrana, e che si è già accaparrata la maggioranza delle risorse territoriali di quelle regioni, intestandole a società patrimoniali di suoi adepti e a una gigantesca rete di società pseudo-cooperative, che hanno licenza di fare ogni sorta di speculazione, ricevendo ogni sorta di sovvenzione ed esenzione. Pseudo-cooperative, e in realtà imprese commerciali, perché le vere cooperative, quelle italiane, hanno una democrazia diretta dei soci, si gestiscono dal proprio interno, e dal proprio interno nominano i propri amministratori; mentre quelle centro-asiatiche hanno molti soci solo nominali, ricevono i propri amministratori e piani industriali direttamente dalla segreteria del Partito, e in cambio…
Intanto, nella nostra Italia, in 5 anni, 25% di aumento ai magistrati, 21 agli accademici, 20 ai dirigenti pubblici, 11 al resto degli statali.

Nel chiaro disegno di complicizzarli, o perlomeno tenerli fedeli, quali partecipi di un privilegio.
Gli alti dirigenti dello Stato hanno ricevuto subito dopo il passaggio all’euro, aumenti di circa il 100%: ora prendono in migliaia di Euro quanto prima prendevano in milioni di Lire. Ciò dimostra che ben sapevano, Lorsignori, che l’Euro aveva dimezzato il potere di acquisto dei redditi fissi. Però gli statali hanno ricevuto, da allora, aumenti quintupli rispetto ai lavoratori del settore privato: lo “stato” si tiene buoni i suoi pretoriani.
Mentre innumerevoli macchine blu solcano gli asfalti del Belpaese, più di quante ne hanno gli USA, al costo di miliardi l’anno, e lunghi convogli ferroviari deportano in Germania la monnezza campana, che i furbi amministratori Campani preferiscono far bruciare là, a spese dei Lombardi e dei Veneti, dopo che da questi sono già stati presi due volte i soldi sufficienti per smaltire i rifiuti dei Campani, e gli amministratori Campani li hanno usati per assumere personale che non lavora, ma vota (anzi, ha già votato) loro e i loro partiti, e per le altre, solite cose che rinforzano le loro poltrone. Già: certi leaders campani della sinistra hanno usato i soldi pubblici (cioè delle tasse dei Lombardi e dei Veneti) per assumere netturbini in un rapporto di 25 a 1 rispetto a quelli di Milano. Ma li hanno assunti per lavorare o per votare? Il risultato è che il malgoverno rimane in sella e che ora quelle stesse forze politiche fanno pagare, di nuovo, a Veneti e Lombardi il costo dell’asporto e dello smaltimento in Germania di quei rifiuti – le falsamente dette ecoballe, che non sono ‘eco’ perché i rifiuti che contengono non sono stati smistati dai netturbini-elettori, quindi non possono essere bruciate. E sempre quelle forze politiche, anziché rendere conto di come hanno usato i soldi per la costruzione degli inceneritori, richiedono ulteriori sacrifici e solidarietà al resto d’Italia per fare ciò che esse non hanno fatto. E per giustificare il loro non fare, il loro spendere senza fare, da un lato c’è un ministro della loro coalizione, che ha posto il veto un po’ su tutte: dalle discariche agli inceneritori ai rigassificatori; e dall’altro lato c’è il fatto che le locali procure della repubblica non hanno, a quanto si sa, aperto alcuna indagine, alcuna “Rifiutopoli”. Vallettopoli sì, Rifiutopoli no.

I Napoletani che oggi si scontrano con polizia e carabinieri per impedire la riapertura delle discariche chiuse, dimostrano di avere temperamento che i settentrionali non hanno. E anche senso dell’opportunità, o dell’opportunismo, perché quando i loro pessimi amministratori facevano ciò che han fatto coi soldi pubblici – assunzioni clientelari e spese inutili – i Campani non protestavano, ma li votavano, perché gli andava bene come spendevano i soldi, e perché confidavano che, poi, i risultati del malgoverno, grazie alle solite forze politiche, sarebbero stati pagati da Veneti e Lombardi. Oramai hanno imparato i vantaggi dell’unità d’Italia. Ora devono però imparare qualcosa di biologia: è vero che i loro politici, anziché fare gli inceneritori, hanno speso soldi per creare tanti meravigliosi posti di lavoro dove non si lavora (netturbini); ma è anche vero che questa succulenta polpetta alla napoletana è avvelenata: piena di diossina, di tumori, di morte, prodotti dai rifiuti trattati impropriamente. E, ora che l’Italia e il mondo sanno di questo e delle oltre quattrocento discariche clandestine di rifiuti tossici in Campania, l’agricoltura di quella regione pagherà il fio.
Perché gli amministratori delle altre regioni, ora, non subordinano la loro “solidarietà” al licenziamento delle persone assunte inutilmente, dei finti lavoratori? E alle dimissioni dei responsabili del malgoverno? Per non far saltare le trattative per il nuovo governo, o perché paventano che si incendi tutto l’enorme immondezzaio della politica italiana?
Lo Stato di cui ci occupiamo è lo strumento per rubare tutto e su tutto: il costo medio di un’ora di volo degli aerei blu è € 4.723, contro i 3.442 dell’ora di volo del più grosso aereo blu britannico, e i 1.304 del più piccolo. Altri costosi privilegi sono riservati ad altri magistrati, sempre a spese del contribuente, sempre per mantenere la struttura mafiosa che sfrutta il contribuente: 44 di autista e autoblù all’ex giudice costituzionale dopo meno di 10 anni di servizio, etc. etc. Perché i politicanti non aboliscono questi odiosi privilegi dei magistrati? Perché “sentono” di aver bisogno della complicità della Casta dei magistrati e perché gli emolumenti dei parlamentari sono collegati a quelli dei magistrati di grado più elevato: ecco il legame pericoloso tra le due Caste!

Mangioni a sbafo, gli “onorevoli”: ad educarli al compito che il sistema assegna loro concorre anche la gastronomia, che a loro viene spudoratamente semidonata: 84 cent i ravioli al ragù, 5 Euro e 20 un dentice al vapore… tutto a spese dei cittadini… e a favore non solo di molti onorevoli, ma anche di dipendenti parlamentari che già si pappano mediamente 115.419 Euro l’anno. Con 50 camerieri a oltre 112.000 l’anno per servirli, di cui 10 non lavoranti. Quanto vale, simile gente? È giusto pagare le tasse a loro? Certo, perché gli onorevoli possano andare in pensione presto, sempre più presto, sempre più giovani, per dedicarsi ad altri e più lucrosi traffici pagati dai cittadini troppo pecore per disfarsi di loro. Di loro, che si sono costruiti, a spese degli elettori un sistema previdenziale di rivoltante privilegio, che dona loro una rendita moltiplicata di 5 volte rispetto all’Inps. Avete capito? Si considerano ben 5 volte superiori ai lavoratori, ai comuni mortali! A loro spese, naturalmente! E poi fanno loro lo scherzetto nel tfr e gli limano i coefficienti di rivalutazione previdenziali! San Toni Negri, eletto grazie ai Radicali che lo volevano fuori di galera, fece nove sedute in Parlamento – ambiente che definì “repellente”; ma per quel suo nobile sforzo di resistere allo schifo ben nove sedute, percepisce, da quando ha sessant’anni, un vitalizio di, ora, 3.108 Euro al mese. Forse lo accetta per dimostrare che non è più estremista.

E i vertici della Lega Nord che si mettono a dirigere la banca CrediEuronord? Apprendisti stregoni, nel libro di Stella – ma non solo: si ritrovano con gestori che, con quattro o cinque affidamenti pseudo-garantiti, si mangiano tutto il capitale, portano la banca al dissesto, la fanno salvare da Fiorani, mettendo la pellaccia al riparo delle conseguenze penali di un fallimento. Sarà possibile per la Lega, ora, una vera autonomia critica e propositiva dove si tocchino gli interessi del sistema bancario? Fortunatamente, pare proprio di sì, a giudicare dall’attenzione e dal sostegno che la Lega, con alcune altre forze politiche, dà alle iniziative per una riforma monetaria e creditizia di attuazione della sovranità popolare e del lavoro come fondamento della Repubblica.
E la Casta di Stato (che sia benedetta) dona circa 75 miliardi di euro l’anno agli azionisti privati della Banca d’Italia in cambio di impulsi elettronici e di pezzi di carta stampati senza alcuna copertura, detti “banconote”. Gli studi di settore introdotti da Visco stroncano migliaia di piccole imprese, mentre il giro d’affari dei venditori abusivi, tollerati dalla pubblica autorità, si sottrae al fisco per oltre 100 miliardi l’anno di imponibile – pari a quello del pizzo raccolto dalla criminalità organizzata.

Eh sì, se lo “Stato” e la sua classe dirigente si reggono, nonostante la loro inefficienza e corruttela, è perché mantengono il Meridione nel sottosviluppo, e in tale sporco modo, col pretesto della solidarietà, ogni anno spremono dai Lombardi e dai Veneti 100 miliardi di Euro (altri 10 miliardi dalle restanti regioni settentrionali) che usano (oltre che per arricchirsi direttamente) per comperarsi sostegni e voti, in una redistribuzione clientelare a favore della burocrazia parassitaria, statale, romana; nonché della Campania, della Sicilia, della Calabria.
Oltre la scala familiare, nessuna solidarietà funziona, perché chi ne maneggia i soldi, pensa a come mangiarli. Da qui il grande e insostituibile valore pratico della famiglia, la quale è purtroppo ormai in liquidazione. Il punto centrale è semplice: non hanno bisogno di gestire bene, di modernizzarsi, di essere intelligenti e colti (in effetti, anche se non pochi di loro sono intelligenti e preparati, essi sono in larga maggioranza stupidi e ignoranti – basta ascoltare i loro discorsi in Parlamento o nei loro comizi) per restare al potere e rubare – per restare in sella, gli basta essere inefficienti, sabotare il Sud e inasprire il fisco. Quindi, devono impedire, e di fatto impediscono, che il Sud decolli economicamente. Al potere li mantiene, con un debole ricircolo interno, la grande finanza, sempre più straniera, sempre più rapace.

Sanno fare solo questo, in fondo – quasi tutti. Non sapendo fare altro, non possono che continuare a fare quello. Quindi non smetteranno mai, se non verranno cacciati con la forza. Si sono procurati rendite, posti fissi (e, per farlo, hanno clientelarmente dispensato milioni di altri posti fissi, parassitari, di rendita).
Gli imprenditori (veri) e i lavoratori autonomi devono ingegnarsi e innovarsi e imparare incessantemente, per sopravvivere nella concorrenza, mentre gli uomini della Casta non hanno concorrenza, la impediscono attraverso le leggi che si fanno in casa, ossia in parlamento, come la legge elettorale detta “porcata” (una condizione per certi versi analoga, di carriera automatica senza rischi e competizione, l’hanno creata per una categoria professionale di cui hanno molto bisogno: i magistrati). E dall’alto di questa posizione di rendita parassitaria essi fanno la morale agli imprenditori dicendo che devono competere e rischiare e pagare le tasse.
Il carattere tumorale, maligno, di questa Casta, è il seguente: quanto più Lorsignori sono inefficienti, ladri, mafiosi, sputtanati, e perdono perciostesso quote di consenso sano, tanto più alzano le tasse per procacciarsi i soldi con cui comperarsi consenso e supporto clientelare in sostituzione di quello sano, di quello della gente onesta, laboriosa, produttiva.

Questo è il meccanismo che ha prodotto e perpetua la Casta dei politicanti, dei burocrati, sindacalisti, dei pubblici amministratori, dei boiardi di stato a carriera assicurata, delle legioni di privilegiati a spese della collettività, il cui numero è sempre andato gonfiandosi, come un tumore maligno, proprio per la necessità di produrre questo tipo di consenso e di sostegno patologici in sostituzione di quelli sani. Un meccanismo che si reggeva, nell’era aurea della prima repubblica democristiana e poi del centro-sinistra, su precisi fattori:
a. la crescita demografica ed economica, che consentiva di finanziare a deficit la spesa presente;
b. la ricorrente svalutazione competitiva della Lira, che consentiva di recuperare i mercati stranieri.

Entrando nell’Euro con grandi sacrifici per il sistema paese, gli accorti e incorruttibili governanti dello “Stato” hanno reso impossibile sia la spesa a deficit che la svalutazione competitiva, e ciò proprio quando l’industria nazionale, prevalentemente a basso contenuto tecnologico (tessile, calzature, arredamento) veniva attaccata da paesi ultracompetitivi a lavoro schiavistico come la Cina. Inoltre, l’Euro, con la sua altissima valutazione sul Dollaro, strangola le esportazioni.
Intanto, le maggiori tasse raccolte dal Governo Prodi bis con la legge finanziaria per il 2007, sono assorbite e superate dall’aumento della spesa corrente e del deficit di bilancio. Ossia dalle spese clientelari e per l’acquisto di voti (60.000 precari della scuola messi a ruolo senza concorso). Queste sono le due priorità assolute dello “Stato”, a cui esso sacrifica ogni logica economica e ogni risanamento (ma che risanamento potrebbe esserci, se non iniziasse con l’eliminazione della Casta?).
Questa operazione clientelare è la prova del nove: l’Italia è spacciata.

Marco Della Luna
Estratto da “BASTA CON QUESTA ITALIA! Rivoluzione, secessione o emigrazione? - Il fallimento dello Stato mafio-massonico”

28 marzo 2008

Se l'europa è piena di poveri è perchè è ricca!


Viviamo nelle contraddizioni, ragioniamo sempre dimenticandole. Loro, sono dentro di noi, ma usarle solo con occhiali a tinte positive non è facile.
Se vi dicessi che c'è in Europa un Paese dove non esiste la disoccupazione, non esiste il lavoro precario, non esiste il problema dei pendolari, non esiste l'inflazione, dove le tasse sono al 10%, dove ognuno possiede una casa e quanto basta per vivere e quindi non ci sono poveri, mi prendereste per matto. E avreste ragione. Perchè questo è il Paese che non c'è. Ma è esistito. E' esistito un mondo fatto così. E si chiama Medioevo Europeo.

La disoccupazione appare, come fenomeno sociale, con la Rivoluzione industriale. Prima, con una popolazione formata al 90/95% da agricoltori e artigiani, ognuno, o quasi, viveva sul suo e del suo, aveva, nelle forme della proprietà o del possesso perpetuo, una casa e un terreno da coltivare. E anche i famigerati 'servi della gleba' (i servi casati), comunque una realtà marginale, se è vero che non possono lasciare la terra del padrone non ne possono essere nemmeno cacciati. Non esisteva il precariato perchè il contadino lavora tutta la vita sulla sua terra e l'artigiano nella sua bottega che è anche la sua casa (per questo non esiste nemmeno il pendolarismo). Il giovane apprendista non percepisce un salario, ma il Maestro ha il dovere, oltre che di insegnargli il mestiere, di fornirgli alloggio, vitto e vestiti (due, uno per la festa, l'altro per i giorni lavorativi; ma, in fondo, abbiamo davvero bisogno di più di due vestiti?).

Dopo i sette anni di apprendistato il giovane o rimarrà in bottega, pagato, o ne aprirà una propria. Senza difficoltà perchè c'è posto per tutti. Gli statuti artigiani infatti proibiscono ogni forma di concorrenza e quindi, di fatto, la formazione di posizioni oligopoliste. Per tutelare però l'acquirente (oggi diremo 'il consumatore') gli statuti stabiliscono regole rigidissime per garantire la qualità del prodotto.

Nelle campagne il fenomeno del bracciantato si creò quasi a ridosso della Rivoluzione industriale quando i grandi proprietari terrieri cominciarono a recintare i loro campi (enclosure) rompendo così il regime delle 'terre aperte' (open fields) e delle servitù comunitarie (ad uso di tutti) su cui si era retto per secoli lo straordinario ma delicato equilibrio del mondo agricolo. Per molti contadini, non avendo più il supporto delle servitù, la propria terra non era più sufficiente a sostentarli. Ma fu un fenomeno tardo. Perchè la concezione di quel mondo, contadino o artigiano, era che ogni nucleo familiare doveva avere il proprio spazio vitale. Scrive lo storico Giuseppe Felloni: "Le terre sono divise con criteri che antepongono l'equità distributiva all'efficenza economica".

Le imposte, comprendendovi quelle statali, quelle dovute al feudatario, nella forma di prelievo sul raccolto e di corvèes personali, la 'decima' alla Chiesa, non superarono mai il 10%. E' vero che anche i servizi erano minimi, ma per molti aspetti di quello che noi oggi chiamiamo 'welfare' sovveniva la Chiesa, naturalmente nei modi consentiti dai tempi.

Non esisteva l'inflazione. I prezzi rimanevano stabili per decenni. Una delle rare eccezioni fu la Spagna degli inizi del XVII secolo a causa dell'oro e dell'argento rapinati agli indios d'America. E nel suo 'Memorial' Gonzales de Collerigo scrisse con sarcastica lucidità: "Se la Spagna è povera è perchè è ricca". Che è poi la paradossale condizione in cui si trovano molti Paesi industrializzati di oggi.

In quel mondo, per quanto a noi appaia incredibile, non esistevano i poveri. Il termine 'pauperismo' nasce nell'opulenta Inghilterra degli anni '30 dell'Ottocento. Fu Alexis de Tocqueville, uno dei padri del mondo moderno, ad accorgersi per primo dello sconcertante fatto che nel Paese del massimo sforzo produttivo e industriale c'era un povero ogni sei abitanti mentre in Spagna e Portogallo, dove il processo era appena agli inizi, la proporzione era di 1 a 25 e che nei Paesi e nelle regioni non ancora toccate dalla Rivoluzione industriale non c'erano poveri. Perchè è la ricchezza dei molti, alzando il costo della vita, a rendere poveri tutti gli altri. Che è quanto sta accadendo oggi in Russia, in Cina, in Albania, in Afghanistan e persino in Italia.

Su tutto questo, credo, dovrebbero riflettere coloro che fra un mese saranno chiamati a governarci.

Massimo Fini