08 giugno 2008

Hanno Zero


Al di là delle previsioni del tempo, io la TV la guardo poco.

E che la guarderei a fare? Per sentire i soliti pazzarielli di casta che strombazzano le solite pubblicità che forse avrebbero lasciata perplessa perfino la nostra di nuovo galeotta Wanna Marchi, o i soliti scienziati da avanspettacolo che non passerebbero un’interrogazione al liceo (hanno zero, in senso di voto) ma che pontificano con un risolino su argomenti a loro ignoti? O per sentire i soliti giornalisti che trattano con uguale incompetenza di tutto lo scibile umano e che, magari, fingono di fare gli “avvocati del diavolo” nei riguardi di chi finge altrettanto di stare dall’altra parte?

A quanto mi si sta comunicando con una raffica di messaggi, pare che ieri sera (giovedì) la RAI, a mezzo Michele Santoro e del suo AnnoZero, abbia dedicato gran parte della serata al solito, ormai stucchevole, problema dei rifiuti campani, ancora una volta spacciati per emergenza. Sempre a quanto mi si comunica, pare che nel corso della trasmissione a nessuno sia venuto in mente di ripetere altro che...
l’evidente idiozia secondo cui la soluzione è quella di costruire inceneritori, ribattezzati per l’occasione “termocombustori”, perché “altrimenti, dove li mettiamo i rifiuti?” E a San Francisco, a Seattle, ad Edmonton, a Perth e in tutte le altre grandi città, quelle che all’ineffabile professor Michele Giugliano del Politecnico di Milano (in quale posizione della classifica mondiale dove Bologna, la prima università italiana, occupa un vergognoso 173° posto, si collocherà il Politecnico?) risultano esser paesini sperduti nella tundra canadese (vedi Matrix), che si fa? E, restando in Italia, che si fa a Vedelago di Treviso? E perché da tredici anni non si costruisce un inceneritore negli Stati Uniti? E perché in Germania i nostri rifiuti, quelli che paghiamo a caro prezzo per poterli mandare laggiù, li differenziano e ce li rivendono?

Di fatto, il messaggio che doveva passare, ieri come sempre, era il solito: quello di un’emergenza terribile cui si fa fronte solo costruendo una selva d’inceneritori intorno ai quali la malavita, e qui comprendo anche la politica italiana com’è ora, banchetterà a crepapelle. E ci banchetteranno anche le industrie farmaceutiche e pure chi altri della salute o, meglio, della malattia ha fatto un business colossale. Oncologi di casta in testa.

Mi si chiede perché nessuno abbia detto che gl’inceneritori, come tutto ciò che sta nell’universo, rispettano la legge di conservazione della massa e non un grammo d’immondizia sparisce. Perché nessuno abbia detto che quell’immondizia si trasforma in porcheria infinitamente più tossica di quanto non fosse all’origine. Perché nessuno abbia detto che parte di quella roba resterà nell’ambiente in saecula saeculorum e l’altra avrà tutto il tempo, comunque, di fare disastri. Perché nessuno abbia detto che le ceneri che lo scienziato Chicco Testa avrebbe definito - per carità, in ossequio alla legge - “inerti” siano in realtà delle bombe ecologiche. Perché nessuno abbia detto che le discariche fatte come si fanno in Campania, cioè con materiali putrescibili, sono una vera e propria follia e che le discariche ben fatte danno ben pochi problemi. Perché il giornalista Marco Travaglio non abbia fatto notare tutto questo. E, tra le altre mille domande, perché io non sia stato invitato.

Risponderò solo a quest’ultimo quesito: perché non mi si gradisce. Del resto, se mai qualcuno m’invitasse, mi farebbe parlare un paio di minuti al massimo per poi interrompermi di continuo, mentre per mostrare come stanno le cose, per smontare le balle di cui siamo nutriti con generosità, io avrei bisogno di un paio d’ore almeno. Non avrei i tempi televisivi. Non farei spettacolo. Oltre a disturbare gli affari di chi conta.

Così finirà esattamente com’è finita con l’amianto, quando, grazie all’opera di scienziati in affitto disponibili allora come ora, si negò per decenni l’evidenza di una strage ed ora ne stiamo pagando, e a carissimo prezzo, le conseguenze.

E così sarà con l’illusione di risolvere il problema energetico sfruttando il nucleare, un’idea che, scientificamente ed economicamente, non sta né in cielo né in terra ma che sarà fonte di un bottino smisurato per chi avrà le mani in pasta. Che importa ciò che dice Carlo Rubbia? In fondo si tratta solo di un Premio Nobel. L’Italia ha ben altre fonti culturali, una delle quali è il professor Franco Battaglia (Università di Modena e Reggio Emilia) che, con la prefazione dello statista Silvio Berlusconi, ha dedicato un libro illuminante (appunto) per dimostrarci come dal sole non si ricavi energia.

Che fare, allora? Intanto non si può altro che rassegnarsi ad incenerire questa casta che ci sta trascinando a fondo con velocità crescente, e poi cominciare a lavorare senza troppi arzigogoli, secondo scienza e buon senso. Sarà dura, ma ce la potremo fare.

Stefano Montanari

06 giugno 2008

Veleni camuffati da bolle false


In un gioco al massacro, il banco da le carte e fa vincere e vince sempre. Ma chi da le carte? Chi mischia o smazza in questo gioco oramai troppo pericoloso? Mentre l'informazione comincia a parlare sottovoce di questi intrecci perversi Confindustria e, gli imprenditori si nascondono facendo i Ponzio Pilato della situazione. La burocrazia una macchina impazzita che vessa per pochi euro ma, dorme sulle grandi truffe organizzate. Ma che ci mangiano tutti? Oramai una cena al vetriolo.

"Il presidente della Repubblica ha ragione. La Campania è stata per molti anni la pattumiera del nord. E dico anche, mi scuseranno i napoletani, che come questo sia stato possibile è ormai il segreto di Pulcinella". L'uomo ha l'accento marcato delle valli lombarde. Ha meno di 40 anni e da più di 15 sposta e spinge rifiuti da un estremo all'altro del Paese. Chiede l'anonimato, perché qualche problema di giustizia lo ha già avuto e non intende averne altri. Perché di "monnezza", pericolosa o innocua che sia, speciale o meno che sia, ci campa.

Gli imprenditori come lui li chiamano "broker". Intermediano tra il rifiuto che caricano e la discarica in cui lo sversano. Al committente, pubblico o privato, offrono un servizio chiavi in mano: trasporto, conferimento e smaltimento. Formalmente, "clean", pulito, proprio come vuole la battuta di Toni Servillo nel film "Gomorra". Ma che lo sia davvero, "clean", questo dipende solo da loro. Perché l'industriale che firma per lo smaltimento di fanghi, vernici, acidi o altri residui di lavorazioni tossiche non vuole e non deve sapere che fine quei rifiuti faranno. Perché non vuole e non deve portarne la responsabilità per eventuali danni alle persone e all'ambiente. Dal sistema ci guadagnano o quantomeno ci hanno guadagnato tutti i protagonisti del ciclo. L'imprenditore che dimezza il costo di smaltimento. Il broker che ricarica sui costi fino al cinquanta per cento. La discarica non autorizzata che interra i veleni.

Di aziende di "intermediazione rifiuti" in Italia ce ne sono almeno un migliaio. "Di fatto - spiega il nostro broker lombardo - parliamo sempre delle stesse cinquanta persone cui quelle società, in un modo o in un altro, fanno capo". La storia dei traffici illeciti di rifiuti nord-sud documentata dagli atti parlamentari delle diverse commissioni di inchiesta è quella di indagini a loro modo esemplari come "Re Mida" o "Eldorado". E' quella che, a partire dal 1995, denunciarono con forza e nel completo disinteresse parlamentari come Massimo Scalia (presidente della prima commissione di inchiesta sui rifiuti) e quindi manager coraggiosi come Roberto Cetera e Lorenzo Miracle di "Ecolog" (la società del gruppo Fs che in sette anni di emergenza ha smaltito circa due milioni di tonnellate di rifiuti in Germania), oggi costretti agli arresti domiciliari dall'accusa della procura di Napoli di aver commesso ciò contro cui hanno pubblicamente combattuto in solitudine per anni (traffico illecito di rifiuti), a cominciare dalla denuncia del ruolo opaco dei centri di stoccaggio e trasformazione umbri, per finire alle società di trasporti campane.

Il broker lombardo sorride. "Il Sistema del traffico illecito dei rifiuti ha sempre camminato su due gambe. Il trasporto su gomma e l'intermediazione fasulla dei centri di stoccaggio e trasformazione. Da questo punto di vista, ovviamente i treni per la Germania sono sempre stati visti come fumo negli occhi. Detto questo, il Sistema non ha funzionato sempre nello stesso modo. E' andato affinandosi con il tempo. Cambiavano le leggi in senso restrittivo, si trovavano nuovi mezzi per aggirarle".

In principio - correvano i primi anni '90 - fu davvero "l'età dell'oro". Nessun controllo, libera circolazione dei mezzi lungo l'Autosole. "Per un chilo di rifiuti tossici, l'industriale del nord arrivava a pagare anche 600 lire. Il costo effettivo per lo smaltimento nelle discariche campane era tra le 20 e le 30 lire. L'utile, dunque, di circa il 90 per cento". A Pianura finirono i fanghi venefici dell'Acna di Cengio e Dio solo sa cos'altro, se è vero come è vero, racconta l'uomo, che "in una discarica di Giugliano venivano interrati direttamente i cassoni dei camion che arrivavano dalla Lombardia, dal Veneto, dal Piemonte".

Poi venne approvato il decreto Ronchi, cominciò l'emergenza campana e le cose, almeno apparentemente, si complicarono. Ai rifiuti (quale che ne fosse la natura) venne attribuito un codice di identificazione che avrebbe dovuto consentire di tracciarne il percorso dalla sorgente alla foce. Per impedire ai committenti di dichiarare in partenza rifiuti diversi da quelli che venivano caricati e alla discarica di accettare monnezza per la quale non era autorizzata allo smaltimento.

Il Sistema si adeguò. "I trucchi erano e restano a tutt'oggi due. Il primo si chiama "girobolla". Il secondo, che ne è una variante, è lo "scarico di conferimento"".
Il girobolla funziona come il gioco delle tre carte. "Il rifiuto pericoloso esce dalla fabbrica del nord con un codice e una destinazione finale. Diciamo in Campania. Lungo la strada si ferma almeno due o tre volte in altrettanti impianti di stoccaggio e trasformazione, che sono per lo più concentrati tra Toscana e Umbria. In questi centri, al trasportatore viene consegnata una nuova bolla di accompagnamento che non è più quella originaria, ma un documento di trasporto che certifica, in modo falso, che il carico di rifiuti è stato trattato e trasformato in innocuo materiale di recupero. In realtà, l'immondizia non è mai scesa dal camion. Ma quando arriva in discarica può essere accolta perché risulta essere altro da ciò che è".

L'industriale a monte è libero da ogni sospetto o seccatura perché avrà da mostrare un documento che attesta il trattamento intermedio di quei rifiuti e per la stessa ragione lo saranno il broker e la discarica che quei rifiuti ha interrato. Lo "scarico di conferimento" è ancora più semplice. Nel centro di stoccaggio e trasformazione il carico di rifiuti cambia di mano. "Il camion che ha fatto la prima tratta se ne torna indietro e la responsabilità dello smaltimento diventa del centro di stoccaggio. A questo punto arrivano i camion dal sud. Caricano e sversano dove solo loro sanno. In Campania o anche in regioni limitrofe".

Il finto declassamento dei rifiuti o il loro passaggio di mano rendono di fatto irrintracciabile la reale origine del carico e la sua effettiva destinazione. Fanno da diga tra chi i veleni li produce e chi li interra. Dice l'uomo: "Faccio un esempio per far capire come andassero le cose ancora nel 2003. Milano era in piena emergenza e l'Amsa conferiva i suoi rifiuti solidi urbani, dunque non nocivi, in Campania, dove però era scoppiata a sua volta l'emergenza. A Napoli, l'allora commissario straordinario vietò l'importazione di rifiuti da altre regioni, ma con il meccanismo del conferimento dei rifiuti a centri di stoccaggio intermedi i rifiuti milanesi continuarono ad affluire nella discarica di Trentola Ducenta, in provincia di Caserta".

Tutti sapevano. Tutti sanno. Compresi, evidentemente, chi i carichi velenosi li trasporta. "Loro sono davvero le ultime ruote del carro. Lo fanno per mangiare. I camion fanno una prima tratta da sud a nord trasportando merci regolari e per non tornare indietro vuoti caricano immondizia. Quale che sia". Del resto, i controlli lungo il tragitto pare non spaventino proprio nessuno. "Un conto è essere bloccati dalla Forestale o dai carabinieri del Nucleo di tutela ambientale. Ma questo succede soltanto quando si è finiti in un'indagine, magari si è stati intercettati e si sa quale è il camion da fermare. Un altro conto è essere controllati dalla polizia stradale. Il camion viaggia chiuso e se i pesi sono rispettati e le bolle di accompagnamento sono a posto, nessuno andrà ad aprire i cassoni per vedere se davvero ciò che c'è dentro è o meno materiale nocivo. E il gioco è fatto".
fonte: Repubblica.it

Derivati: un'arma di distruzione di massa


Triste spettacolo: Henry Paulson, il segretario al Tesoro USA, è andato per quattro giorni in Medio Oriente col cappello in mano, a bussare alla porta dei fondi sovrani petroliferi e ad implorarli: comprate pezzi di economia americana, i nostri meravigliosi istituti finanziari, le belle banche d’affari; il momento è opportuno, vengono via per poco.

Il ministro Paulson sta ipotecando l’America, scrive il Los Angeles Times . E si domanda: «Cosa significherà per gli americani il fatto che le decisioni sui nostri posti di lavoro, sui nostri mutui-casa, i mutui-scuola, eccetera, dipenderanno in ultima istanza da governi stranieri? Cosa significa cedere il controllo della nostra economia a creditori sovrani?». Domanda inutile.

Lo stesso Paulson, a novembre, finito il governo Bush, sarà un disoccupato. Probabilmente sta già cercandosi un lavoro a Wall Street; e nel momento in cui Wall Street sta per licenziare 25 mila strapagati genii della finanza, le sue prospettive d’assunzione non sono eccellenti. I fondi sovrani hanno già impegnato molto capitale nel salvataggio dell’America e della giostra finanziaria globale.

Citigroup è stata salvata (per il momento) da 20 miliardi di dollari forniti da un consorzio di fondi sovrani, Abu Dhabi (il più grosso, con in cassa 900 miliardi di dollari), Kuweit e Singapore. Merrill Lynch è stata salvata con 11 miliardi di dollari di Kuweit, Singapore e Sud Corea. Morgan Stanley da 5 miliardi forniti dal fondo sovrano della Cina. La UBS appartiene ormai a Singapore per il 9%. E’ improbabile che facciano di più.

I fondi sovrani hanno già perso 25 miliardi di dollari nei loro investimenti americani, ha rivelato David Rubenstein, il capintesta del Carlyle Group: è stato un cattivo affare per loro investire in banche e istituzioni finanziarie USA le cui azioni continuano a crollare perchè nascondono «enormi perdite non riconosciute» e «molte di loro non sopravviveranno come istituzioni indipendenti» (Rubenstein dixit) .

Ed ora, voci sempre più allarmate a Wall Street annunciano che sta per scoppiare la bolla dei derivati. Se la bolla dei mutui subprime è stata feroce per milioni di americani che hanno perso la casa, se il rincaro di greggio e grani ha colpito miliardi di persone nel mondo, non avete ancora visto niente. Il mercato dei derivati ha un valore nominale di 596 trilioni di dollari - una dozzina di volte l’economia reale mondiale, cento volte più di tutto il capitale di tutti i fondi sovrani messi insieme.

Le voci allarmistiche riguardano un’altra storica banca d’affari USA, la Lehmann Brothers, che ha dovuto farsi prestare d’urgenza cifre enormi dalla Federal Reserve (e lo nega), e probabilmente dovrà essere in qualche modo nazionalizzata. Ora appare chiaro il motivo per cui la JP Morgan, qualche settimana fa, ha salvato in tutta fretta la Bear Stearns, comprandola coi soldi della FED: la JP Morgan era la controparte dei contratti derivati nascosti nella pancia di Bear Stearns, e se quella fosse crollata, anche la Morgan sarebbe andata nella spazzatura. Con l’acquisto, i contratti derivati tra le due banche sono stati silenziosamente cancellati. Ma quante volte potrà ripetersi il trucco?

Secondo Paul Volcker, ex governatore della Federal Reserve al tempo di Reagan, il guaio è che oggi l’intero sistema finanziario è fondato sui derivati: sono il modo nuovo con cui la speculazione ha creato moneta (pseudo-capitale) al di fuori dalle regole bancarie, che impongono una proporzione tra capitale e creazione di liquidità. Sono infinite promesse e impegni di pagamento (sofisticatissime cambiali) che sono state rifilate dalla fantasia finanziaria americana a infinite banche, fondi (anche fondi-pensione), grossi investitori privati ed altri coglioni in giro per il mondo. Questi contratti non sono mai scritti nei bilanci di nessuna entità, sono privi di ogni regolazione, e sono stati per lo più comprati a credito.

Un mostruoso mercato nero di «valori» che nessuno capisce (anche Warren Buffett, l’uomo più ricco del pianeta, lo ha confessato) e che la finanza ha accettato come «valori veri», sui quali espandere il credito o chiedendo o facendo prestiti. Ora queste «cose» sono nelle pance di infiniti enti, e non sono negoziabili perchè il mercato assegna oggi loro valore zero .

Si noti che la bolla dei subprime e quella dei derivati sono intimamente collegate; e così i derivati sono anche la causa del rincaro di greggio e granaglie.

«Questa emergenza sul cibo», ha scritto il giornale inglese New Statesman, «è cresciuta in un lampo... La ragione della cosiddetta ‘penuria alimentare’ è la speculazione sui futures sulle materie prime dovuta al collasso del mercato dei derivati. Gestori e amministratori, disperatamente alla ricerca di rapidi profitti, stanno sottraendo trilioni di dollari dalle azioni e dalle obbligazioni sui mutui e le gettano a comprare futures sui grani e sulle materie prime. Si chiama a Wall Street ‘superciclo delle materie prime’, e porterà la fame su scala epica».

Sono 580 trilioni di «valori» che stanno per scomparire. Per farsi un’idea: l’intero patrimonio immobiliare del mondo è valutabile a 75 trilioni; il prodotto interno lordo di tutto il pianeta non supera i 50 trilioni. Dunque i derivati emessi sono dieci volte l’economia reale del mondo intero.

Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, si tratta di un valore «nominale». Ma se questa bolla esplode, sottrae all’economia reale 11 trilioni di dollari, circa come l’intero prodotto lordo USA .

Ecco perchè Warren Buffett ha chiamato i derivati «la vera arma di distruzione di massa». E pensare che la cercavano in Iraq.
M. Blondet

08 giugno 2008

Hanno Zero


Al di là delle previsioni del tempo, io la TV la guardo poco.

E che la guarderei a fare? Per sentire i soliti pazzarielli di casta che strombazzano le solite pubblicità che forse avrebbero lasciata perplessa perfino la nostra di nuovo galeotta Wanna Marchi, o i soliti scienziati da avanspettacolo che non passerebbero un’interrogazione al liceo (hanno zero, in senso di voto) ma che pontificano con un risolino su argomenti a loro ignoti? O per sentire i soliti giornalisti che trattano con uguale incompetenza di tutto lo scibile umano e che, magari, fingono di fare gli “avvocati del diavolo” nei riguardi di chi finge altrettanto di stare dall’altra parte?

A quanto mi si sta comunicando con una raffica di messaggi, pare che ieri sera (giovedì) la RAI, a mezzo Michele Santoro e del suo AnnoZero, abbia dedicato gran parte della serata al solito, ormai stucchevole, problema dei rifiuti campani, ancora una volta spacciati per emergenza. Sempre a quanto mi si comunica, pare che nel corso della trasmissione a nessuno sia venuto in mente di ripetere altro che...
l’evidente idiozia secondo cui la soluzione è quella di costruire inceneritori, ribattezzati per l’occasione “termocombustori”, perché “altrimenti, dove li mettiamo i rifiuti?” E a San Francisco, a Seattle, ad Edmonton, a Perth e in tutte le altre grandi città, quelle che all’ineffabile professor Michele Giugliano del Politecnico di Milano (in quale posizione della classifica mondiale dove Bologna, la prima università italiana, occupa un vergognoso 173° posto, si collocherà il Politecnico?) risultano esser paesini sperduti nella tundra canadese (vedi Matrix), che si fa? E, restando in Italia, che si fa a Vedelago di Treviso? E perché da tredici anni non si costruisce un inceneritore negli Stati Uniti? E perché in Germania i nostri rifiuti, quelli che paghiamo a caro prezzo per poterli mandare laggiù, li differenziano e ce li rivendono?

Di fatto, il messaggio che doveva passare, ieri come sempre, era il solito: quello di un’emergenza terribile cui si fa fronte solo costruendo una selva d’inceneritori intorno ai quali la malavita, e qui comprendo anche la politica italiana com’è ora, banchetterà a crepapelle. E ci banchetteranno anche le industrie farmaceutiche e pure chi altri della salute o, meglio, della malattia ha fatto un business colossale. Oncologi di casta in testa.

Mi si chiede perché nessuno abbia detto che gl’inceneritori, come tutto ciò che sta nell’universo, rispettano la legge di conservazione della massa e non un grammo d’immondizia sparisce. Perché nessuno abbia detto che quell’immondizia si trasforma in porcheria infinitamente più tossica di quanto non fosse all’origine. Perché nessuno abbia detto che parte di quella roba resterà nell’ambiente in saecula saeculorum e l’altra avrà tutto il tempo, comunque, di fare disastri. Perché nessuno abbia detto che le ceneri che lo scienziato Chicco Testa avrebbe definito - per carità, in ossequio alla legge - “inerti” siano in realtà delle bombe ecologiche. Perché nessuno abbia detto che le discariche fatte come si fanno in Campania, cioè con materiali putrescibili, sono una vera e propria follia e che le discariche ben fatte danno ben pochi problemi. Perché il giornalista Marco Travaglio non abbia fatto notare tutto questo. E, tra le altre mille domande, perché io non sia stato invitato.

Risponderò solo a quest’ultimo quesito: perché non mi si gradisce. Del resto, se mai qualcuno m’invitasse, mi farebbe parlare un paio di minuti al massimo per poi interrompermi di continuo, mentre per mostrare come stanno le cose, per smontare le balle di cui siamo nutriti con generosità, io avrei bisogno di un paio d’ore almeno. Non avrei i tempi televisivi. Non farei spettacolo. Oltre a disturbare gli affari di chi conta.

Così finirà esattamente com’è finita con l’amianto, quando, grazie all’opera di scienziati in affitto disponibili allora come ora, si negò per decenni l’evidenza di una strage ed ora ne stiamo pagando, e a carissimo prezzo, le conseguenze.

E così sarà con l’illusione di risolvere il problema energetico sfruttando il nucleare, un’idea che, scientificamente ed economicamente, non sta né in cielo né in terra ma che sarà fonte di un bottino smisurato per chi avrà le mani in pasta. Che importa ciò che dice Carlo Rubbia? In fondo si tratta solo di un Premio Nobel. L’Italia ha ben altre fonti culturali, una delle quali è il professor Franco Battaglia (Università di Modena e Reggio Emilia) che, con la prefazione dello statista Silvio Berlusconi, ha dedicato un libro illuminante (appunto) per dimostrarci come dal sole non si ricavi energia.

Che fare, allora? Intanto non si può altro che rassegnarsi ad incenerire questa casta che ci sta trascinando a fondo con velocità crescente, e poi cominciare a lavorare senza troppi arzigogoli, secondo scienza e buon senso. Sarà dura, ma ce la potremo fare.

Stefano Montanari

06 giugno 2008

Veleni camuffati da bolle false


In un gioco al massacro, il banco da le carte e fa vincere e vince sempre. Ma chi da le carte? Chi mischia o smazza in questo gioco oramai troppo pericoloso? Mentre l'informazione comincia a parlare sottovoce di questi intrecci perversi Confindustria e, gli imprenditori si nascondono facendo i Ponzio Pilato della situazione. La burocrazia una macchina impazzita che vessa per pochi euro ma, dorme sulle grandi truffe organizzate. Ma che ci mangiano tutti? Oramai una cena al vetriolo.

"Il presidente della Repubblica ha ragione. La Campania è stata per molti anni la pattumiera del nord. E dico anche, mi scuseranno i napoletani, che come questo sia stato possibile è ormai il segreto di Pulcinella". L'uomo ha l'accento marcato delle valli lombarde. Ha meno di 40 anni e da più di 15 sposta e spinge rifiuti da un estremo all'altro del Paese. Chiede l'anonimato, perché qualche problema di giustizia lo ha già avuto e non intende averne altri. Perché di "monnezza", pericolosa o innocua che sia, speciale o meno che sia, ci campa.

Gli imprenditori come lui li chiamano "broker". Intermediano tra il rifiuto che caricano e la discarica in cui lo sversano. Al committente, pubblico o privato, offrono un servizio chiavi in mano: trasporto, conferimento e smaltimento. Formalmente, "clean", pulito, proprio come vuole la battuta di Toni Servillo nel film "Gomorra". Ma che lo sia davvero, "clean", questo dipende solo da loro. Perché l'industriale che firma per lo smaltimento di fanghi, vernici, acidi o altri residui di lavorazioni tossiche non vuole e non deve sapere che fine quei rifiuti faranno. Perché non vuole e non deve portarne la responsabilità per eventuali danni alle persone e all'ambiente. Dal sistema ci guadagnano o quantomeno ci hanno guadagnato tutti i protagonisti del ciclo. L'imprenditore che dimezza il costo di smaltimento. Il broker che ricarica sui costi fino al cinquanta per cento. La discarica non autorizzata che interra i veleni.

Di aziende di "intermediazione rifiuti" in Italia ce ne sono almeno un migliaio. "Di fatto - spiega il nostro broker lombardo - parliamo sempre delle stesse cinquanta persone cui quelle società, in un modo o in un altro, fanno capo". La storia dei traffici illeciti di rifiuti nord-sud documentata dagli atti parlamentari delle diverse commissioni di inchiesta è quella di indagini a loro modo esemplari come "Re Mida" o "Eldorado". E' quella che, a partire dal 1995, denunciarono con forza e nel completo disinteresse parlamentari come Massimo Scalia (presidente della prima commissione di inchiesta sui rifiuti) e quindi manager coraggiosi come Roberto Cetera e Lorenzo Miracle di "Ecolog" (la società del gruppo Fs che in sette anni di emergenza ha smaltito circa due milioni di tonnellate di rifiuti in Germania), oggi costretti agli arresti domiciliari dall'accusa della procura di Napoli di aver commesso ciò contro cui hanno pubblicamente combattuto in solitudine per anni (traffico illecito di rifiuti), a cominciare dalla denuncia del ruolo opaco dei centri di stoccaggio e trasformazione umbri, per finire alle società di trasporti campane.

Il broker lombardo sorride. "Il Sistema del traffico illecito dei rifiuti ha sempre camminato su due gambe. Il trasporto su gomma e l'intermediazione fasulla dei centri di stoccaggio e trasformazione. Da questo punto di vista, ovviamente i treni per la Germania sono sempre stati visti come fumo negli occhi. Detto questo, il Sistema non ha funzionato sempre nello stesso modo. E' andato affinandosi con il tempo. Cambiavano le leggi in senso restrittivo, si trovavano nuovi mezzi per aggirarle".

In principio - correvano i primi anni '90 - fu davvero "l'età dell'oro". Nessun controllo, libera circolazione dei mezzi lungo l'Autosole. "Per un chilo di rifiuti tossici, l'industriale del nord arrivava a pagare anche 600 lire. Il costo effettivo per lo smaltimento nelle discariche campane era tra le 20 e le 30 lire. L'utile, dunque, di circa il 90 per cento". A Pianura finirono i fanghi venefici dell'Acna di Cengio e Dio solo sa cos'altro, se è vero come è vero, racconta l'uomo, che "in una discarica di Giugliano venivano interrati direttamente i cassoni dei camion che arrivavano dalla Lombardia, dal Veneto, dal Piemonte".

Poi venne approvato il decreto Ronchi, cominciò l'emergenza campana e le cose, almeno apparentemente, si complicarono. Ai rifiuti (quale che ne fosse la natura) venne attribuito un codice di identificazione che avrebbe dovuto consentire di tracciarne il percorso dalla sorgente alla foce. Per impedire ai committenti di dichiarare in partenza rifiuti diversi da quelli che venivano caricati e alla discarica di accettare monnezza per la quale non era autorizzata allo smaltimento.

Il Sistema si adeguò. "I trucchi erano e restano a tutt'oggi due. Il primo si chiama "girobolla". Il secondo, che ne è una variante, è lo "scarico di conferimento"".
Il girobolla funziona come il gioco delle tre carte. "Il rifiuto pericoloso esce dalla fabbrica del nord con un codice e una destinazione finale. Diciamo in Campania. Lungo la strada si ferma almeno due o tre volte in altrettanti impianti di stoccaggio e trasformazione, che sono per lo più concentrati tra Toscana e Umbria. In questi centri, al trasportatore viene consegnata una nuova bolla di accompagnamento che non è più quella originaria, ma un documento di trasporto che certifica, in modo falso, che il carico di rifiuti è stato trattato e trasformato in innocuo materiale di recupero. In realtà, l'immondizia non è mai scesa dal camion. Ma quando arriva in discarica può essere accolta perché risulta essere altro da ciò che è".

L'industriale a monte è libero da ogni sospetto o seccatura perché avrà da mostrare un documento che attesta il trattamento intermedio di quei rifiuti e per la stessa ragione lo saranno il broker e la discarica che quei rifiuti ha interrato. Lo "scarico di conferimento" è ancora più semplice. Nel centro di stoccaggio e trasformazione il carico di rifiuti cambia di mano. "Il camion che ha fatto la prima tratta se ne torna indietro e la responsabilità dello smaltimento diventa del centro di stoccaggio. A questo punto arrivano i camion dal sud. Caricano e sversano dove solo loro sanno. In Campania o anche in regioni limitrofe".

Il finto declassamento dei rifiuti o il loro passaggio di mano rendono di fatto irrintracciabile la reale origine del carico e la sua effettiva destinazione. Fanno da diga tra chi i veleni li produce e chi li interra. Dice l'uomo: "Faccio un esempio per far capire come andassero le cose ancora nel 2003. Milano era in piena emergenza e l'Amsa conferiva i suoi rifiuti solidi urbani, dunque non nocivi, in Campania, dove però era scoppiata a sua volta l'emergenza. A Napoli, l'allora commissario straordinario vietò l'importazione di rifiuti da altre regioni, ma con il meccanismo del conferimento dei rifiuti a centri di stoccaggio intermedi i rifiuti milanesi continuarono ad affluire nella discarica di Trentola Ducenta, in provincia di Caserta".

Tutti sapevano. Tutti sanno. Compresi, evidentemente, chi i carichi velenosi li trasporta. "Loro sono davvero le ultime ruote del carro. Lo fanno per mangiare. I camion fanno una prima tratta da sud a nord trasportando merci regolari e per non tornare indietro vuoti caricano immondizia. Quale che sia". Del resto, i controlli lungo il tragitto pare non spaventino proprio nessuno. "Un conto è essere bloccati dalla Forestale o dai carabinieri del Nucleo di tutela ambientale. Ma questo succede soltanto quando si è finiti in un'indagine, magari si è stati intercettati e si sa quale è il camion da fermare. Un altro conto è essere controllati dalla polizia stradale. Il camion viaggia chiuso e se i pesi sono rispettati e le bolle di accompagnamento sono a posto, nessuno andrà ad aprire i cassoni per vedere se davvero ciò che c'è dentro è o meno materiale nocivo. E il gioco è fatto".
fonte: Repubblica.it

Derivati: un'arma di distruzione di massa


Triste spettacolo: Henry Paulson, il segretario al Tesoro USA, è andato per quattro giorni in Medio Oriente col cappello in mano, a bussare alla porta dei fondi sovrani petroliferi e ad implorarli: comprate pezzi di economia americana, i nostri meravigliosi istituti finanziari, le belle banche d’affari; il momento è opportuno, vengono via per poco.

Il ministro Paulson sta ipotecando l’America, scrive il Los Angeles Times . E si domanda: «Cosa significherà per gli americani il fatto che le decisioni sui nostri posti di lavoro, sui nostri mutui-casa, i mutui-scuola, eccetera, dipenderanno in ultima istanza da governi stranieri? Cosa significa cedere il controllo della nostra economia a creditori sovrani?». Domanda inutile.

Lo stesso Paulson, a novembre, finito il governo Bush, sarà un disoccupato. Probabilmente sta già cercandosi un lavoro a Wall Street; e nel momento in cui Wall Street sta per licenziare 25 mila strapagati genii della finanza, le sue prospettive d’assunzione non sono eccellenti. I fondi sovrani hanno già impegnato molto capitale nel salvataggio dell’America e della giostra finanziaria globale.

Citigroup è stata salvata (per il momento) da 20 miliardi di dollari forniti da un consorzio di fondi sovrani, Abu Dhabi (il più grosso, con in cassa 900 miliardi di dollari), Kuweit e Singapore. Merrill Lynch è stata salvata con 11 miliardi di dollari di Kuweit, Singapore e Sud Corea. Morgan Stanley da 5 miliardi forniti dal fondo sovrano della Cina. La UBS appartiene ormai a Singapore per il 9%. E’ improbabile che facciano di più.

I fondi sovrani hanno già perso 25 miliardi di dollari nei loro investimenti americani, ha rivelato David Rubenstein, il capintesta del Carlyle Group: è stato un cattivo affare per loro investire in banche e istituzioni finanziarie USA le cui azioni continuano a crollare perchè nascondono «enormi perdite non riconosciute» e «molte di loro non sopravviveranno come istituzioni indipendenti» (Rubenstein dixit) .

Ed ora, voci sempre più allarmate a Wall Street annunciano che sta per scoppiare la bolla dei derivati. Se la bolla dei mutui subprime è stata feroce per milioni di americani che hanno perso la casa, se il rincaro di greggio e grani ha colpito miliardi di persone nel mondo, non avete ancora visto niente. Il mercato dei derivati ha un valore nominale di 596 trilioni di dollari - una dozzina di volte l’economia reale mondiale, cento volte più di tutto il capitale di tutti i fondi sovrani messi insieme.

Le voci allarmistiche riguardano un’altra storica banca d’affari USA, la Lehmann Brothers, che ha dovuto farsi prestare d’urgenza cifre enormi dalla Federal Reserve (e lo nega), e probabilmente dovrà essere in qualche modo nazionalizzata. Ora appare chiaro il motivo per cui la JP Morgan, qualche settimana fa, ha salvato in tutta fretta la Bear Stearns, comprandola coi soldi della FED: la JP Morgan era la controparte dei contratti derivati nascosti nella pancia di Bear Stearns, e se quella fosse crollata, anche la Morgan sarebbe andata nella spazzatura. Con l’acquisto, i contratti derivati tra le due banche sono stati silenziosamente cancellati. Ma quante volte potrà ripetersi il trucco?

Secondo Paul Volcker, ex governatore della Federal Reserve al tempo di Reagan, il guaio è che oggi l’intero sistema finanziario è fondato sui derivati: sono il modo nuovo con cui la speculazione ha creato moneta (pseudo-capitale) al di fuori dalle regole bancarie, che impongono una proporzione tra capitale e creazione di liquidità. Sono infinite promesse e impegni di pagamento (sofisticatissime cambiali) che sono state rifilate dalla fantasia finanziaria americana a infinite banche, fondi (anche fondi-pensione), grossi investitori privati ed altri coglioni in giro per il mondo. Questi contratti non sono mai scritti nei bilanci di nessuna entità, sono privi di ogni regolazione, e sono stati per lo più comprati a credito.

Un mostruoso mercato nero di «valori» che nessuno capisce (anche Warren Buffett, l’uomo più ricco del pianeta, lo ha confessato) e che la finanza ha accettato come «valori veri», sui quali espandere il credito o chiedendo o facendo prestiti. Ora queste «cose» sono nelle pance di infiniti enti, e non sono negoziabili perchè il mercato assegna oggi loro valore zero .

Si noti che la bolla dei subprime e quella dei derivati sono intimamente collegate; e così i derivati sono anche la causa del rincaro di greggio e granaglie.

«Questa emergenza sul cibo», ha scritto il giornale inglese New Statesman, «è cresciuta in un lampo... La ragione della cosiddetta ‘penuria alimentare’ è la speculazione sui futures sulle materie prime dovuta al collasso del mercato dei derivati. Gestori e amministratori, disperatamente alla ricerca di rapidi profitti, stanno sottraendo trilioni di dollari dalle azioni e dalle obbligazioni sui mutui e le gettano a comprare futures sui grani e sulle materie prime. Si chiama a Wall Street ‘superciclo delle materie prime’, e porterà la fame su scala epica».

Sono 580 trilioni di «valori» che stanno per scomparire. Per farsi un’idea: l’intero patrimonio immobiliare del mondo è valutabile a 75 trilioni; il prodotto interno lordo di tutto il pianeta non supera i 50 trilioni. Dunque i derivati emessi sono dieci volte l’economia reale del mondo intero.

Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, si tratta di un valore «nominale». Ma se questa bolla esplode, sottrae all’economia reale 11 trilioni di dollari, circa come l’intero prodotto lordo USA .

Ecco perchè Warren Buffett ha chiamato i derivati «la vera arma di distruzione di massa». E pensare che la cercavano in Iraq.
M. Blondet