Gli espedienti ai quali Sec e Tesoro degli Stati Uniti si sono votati confermano che giovedì scorso la situazione dei mercati non era più soltanto seria, era disperata. Eppure quanti su tanti giornali spiegano la crisi paiono volersene dimenticare a memoria. E per un rimbalzo da borse alla cinese, ovvero finte, hanno ceduto troppo all’euforia. Mentre invece gli espedienti tentati restano per molti versi discutibili, e forse di precaria efficacia. Del resto tant’è: questo è il pressappochismo sortito da anni in cui si sono stampati più dollari che tappi di Coca-Cola. Per carità tralascio di citare che cosa tanti economisti hanno scritto fino all’altro ieri. Lasciamo stare; vediamo invece quali rischi di incoerenza e quanti margini di inefficacia vi siano nel gesto americano.
Bastasse davvero solo di vietare le vendite allo scoperto per risolvere le crisi finanziarie saremmo tutti a posto: neppure ci sarebbe stata la Grande Crisi degli Anni Trenta. Pure Hoover, 31° presidente degli Stati Uniti, era ossessionato dalle vendite al ribasso, che giudicava complotti. Finì nel ridicolo, perse le elezioni. Fa bene dunque McCain a non voler ripetere i suoi errori, e a chiedere la rimozione di Cox, presidente del Sec. Anni fa la Securities and Exchange Commission permise di alzare il livello di debito delle banche ora fallite, esagerando il rialzo. Per decreto ora invece blocca la principale delle scommesse al ribasso, con un atto che resta dubitabile. Infatti i short selling bloccati, lasciando gonfiati i vari valori finanziari, possono aggravarne il tracollo al loro sblocco. Inoltre vietando vendite allo scoperto si tampona la crisi, ma s’inaridisce una fonte di liquidità: in una situazione già illiquida si chiude uno dei canali di ricopertura. Vari titoli poi, come quelli sulle carte di credito, ne sono pericolosamente esclusi. Infine il divieto è di molto complicato dall’esistenza d’altri generi di scommesse al ribasso scambiate tra investitori direttamente, non in Borsa. Insomma questo mercato truccato di una Wall Street evoluta Shanghai, coi suoi corsi manipolati dallo Stato, tampona forse la crisi, ma non è detto la risolva.
C’è poco da fare: il ritorno alla salute richiede prima o poi inevitabile una distruzione vera di valori fittizi. E perciò anche l’altra misura, quella di creare un fondo mostruoso del Tesoro, in cui infilare mutui e crediti cartaccia, è disputabile nei suoi effetti. Dovrebbe acquisire a prezzi scontati valori enormi, mai prima pensati, tali da elevare di un sol colpo del 5% il debito Usa. E però in tal maniera si rischia pure il congelamento di valori fittizi, ovvero non remunerabili: l’esito giapponese degli anni ’90. I dubbi non finiscono: quanti abusi si verificheranno nella stima dei prezzi ai quali questa cartaccia sarà comprata coi soldi dei contribuenti. A prezzarli non sarà infatti un mercato che si è sospeso. Insomma siamo alla commedia di un liberismo finto, usato per speculare al rialzo, ma che si sospende al ribasso, e di una globalizzazione che allora è stata solo una americanizzazione. Diviene lecito a chiunque, temo, chiamare truffa, gli imbrogli di borsa per via dei quali gli Usa si sono mantenuti almeno dalla presidenza Clinton in un livello di consumi innaturali. E con che esito alla fine? Mercati finanziari americani sotto tutela dello Stato; alla cinese. Appunto alla comunista: coi guadagni incassati poi da pochi, ma pagati da tutti. Von Hayek, i liberisti veri, predicavano ben altro: di mai stampare moneta in eccesso. Il contrario di quanto s’è purtroppo, e troppo a lungo, plaudito per anni.
di Geminello Alvi
27 settembre 2008
Le cavie umane della scienza “medica”

Nel 1996, l’azienda Pfizer mette a punto un nuovo antibiotico il Trovan, che secondo gli economisti di Wall Street può portare profitti per un miliardo di dollari l’anno. Quanto esposto nel paragrafo precedente dovrebbe far capire che di fronte ad una simile cifra qualsiasi strategia sarà messa in atto perché tali profitti si concretizzino nel più breve tempo possibile, senza che ci si preoccupi minimamente del rispetto per la sacralità della vita umana. Siccome si vuole sperimentare tale farmaco anche contro la meningite, e siccome negli USA non ci sono abbastanza soggetti su cui sperimentarli, un’epidemia di meningite in Nigeria (che porterà alla morte di 15.800 persone) viene vista come una manna dal cielo da parte dell’azienda. I ricercatori della Pfizer in brevissimo tempo quindi si preparano alla sperimentazione sul campo dopo avere ricevuto il nulla osta della FDA.
Il test sulla sperimentazione clinica del nuovo farmaco viene “curiosamente” messo a punto nel giro di sei settimane, di fronte ad un periodo di circa un anno richiesto per effettuare una simile sperimentazione negli USA. Pare che la sperimentazione sia stata “ratificata” dai responsabili dell’ospedale locale con una lettera predatata, come dire che l’esperimento sarebbe iniziato subito e poi con qualche pressione si sarebbero “convinte” le autorità locali. Così vengono assoldati 200 bambini dalla multinazionale farmaceutica per provare il nuovo prodotto, dietro richiesta di un consenso puramente verbale.
E fin qui si tratta di una colpevole mancanza di cautela, ma la cosa peggiore è che la terapia a base del nuovo antibiotico viene mantenuta anche dopo che i bambini non reagiscono positivamente al trattamento: sono undici i bambini che muoiono dopo essere stati trattati in simile maniera col Trovan. Difficile dire quanti per la malattia e quanti per il mancato intervento.
Sulla base di questi dati esperimenti le autorità statunitensi permetteranno l’uso del farmaco solo agli adulti (gli effetti collaterali osservati anche in Occidente sono frequenti danni al fegato e finanche la morte). In Europa la medicina viene tolta dal commercio. Un farmaco inutile in sostanza, un farmaco mortale, che i geni dell’economia hanno valutato un miliardo di dollari e che bisognava tentare di piazzare a tutti i costi sul mercato.
Un simile modo di agire non è un caso isolato, sono sempre di più le sperimentazioni poco controllate e a basso costo portate avanti nei paesi poveri. In tali paesi è più facile trovare persone in cattive condizione di salute (soggetti ideali per le sperimentazioni) da assoldare con una piccola spesa per le aziende del farmaco.
Ma cerchiamo di capire cosa sta succedendo adesso nelle industrie farmaceutiche. Innanzitutto, come in altri settori, anche in campo farmaceutico si sono verificate numerose fusioni fra aziende, per cui le multinazionali del farmaco sono ormai dei colossi economici. Il settore farmaceutico rappresenta un mercato in rapida crescita, la medicalizzazione della vita copre ormai ogni aspetto ed ogni fase della vita, è diventato medico qualsiasi problema esistenziale, sociale, umano, di apprendimento, e persino malattie banali che in altri tempi si affrontavano benissimo con due giorni di riposo e una buona dose di vitamina c oggi sono diventate un “problema medico” da affrontare con un apposito farmaco.
Come succede per le automobili o per le saponette, anche in campo farmaceutico la legge della concorrenza costringe le aziende a produrre continuamente nuovi farmaci a ripetizione da immettere sul mercato. La strada dalla invenzione di un nuovo farmaco alla sua commercializzazione sarebbe lunga e costosa se non si fossero individuati, degli ottimi “luoghi di sperimentazione” nei paesi poveri. Lì si trovano cavie umane disponibili a poco prezzo, spesso analfabeti (e quindi si ottiene dubbio consenso puramente verbale e non scritto), si riesce a fare tutto a tempo di record e con pochi controlli scegliendo paesi stranieri dove le leggi in fatto di sperimentazione non sono così rigide come negli USA o nella CEE. Il New England Journal of Medicine riferisce che ogni giorno di ritardo prima dell’entrata in commercio di un nuovo medicinale costa in media al produttore 1,3 milioni di dollari di mancate vendite.
Come accade per i subappalti delle multinazionali dell’abbigliamento, anche in questo settore molto del lavoro sporco viene affidato a piccole società di comodo. In Svizzera è in corso un’inchiesta su una di queste organizzazioni, che arrivava ad utilizzare tossicodipendenti, rifugiati e addirittura importava pazienti dall’Estonia con appositi voli charter.
A questo scandalo delle cavie umane bisognerebbe aggiungere il fatto che mentre si ricercano farmaci contro l’obesità o l’impotenza (come se fossero poi problemi medici da risolversi con le pillole!) niente si fa per quelle malattie endemiche nei paesi poveri come la tubercolosi o la tripanosomiasi (malattia del sonno). Non credo nell’efficacia dei farmaci di chemiosintesi ma non posso escludere che in certe manifestazioni acute della malattia possano essere utili, in ogni caso queste aziende che proclamano di essere “al servizio del benessere e della salute dell’uomo” in realtà non si interessano ad altro che al profitto. Il farmaco contro la malattia del sonno, il DFMO, non viene più prodotto perché poco redditizio, e degli 8 milioni di tubercolotici solo 400.000 potrebbero pagarsi le cure. Neanche i milioni di persone che soffrono e muoiono di malaria giustificano uno sforzo delle industrie farmaceutiche dato che si tratta di persone troppo povere.
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Un mondo di plastica

C’erano una volta le grandi battaglie ideologiche, le manifestazioni oceaniche, il ’68, le piazze indignate, i cortei contro la guerra del Vietnam: episodi che in buona parte non condividiamo e che comunque si sono resi responsabili di errori, spesso di veri e propri crimini. Per questo non li rimpiangiamo in sé, ma è certo che – insieme a migliaia di altri fenomeni analoghi più o meno noti – testimoniano un’epoca nella quale gli uomini avevano ancora la voglia di lottare per qualcosa in cui credevano, un “qualcosa” comunque di alto profilo, perlomeno nelle intenzioni: l’ideologia, la pace, la giustizia, la libertà.
Ieri mi trovano ad osservare i portoni lungo una via e notavo come pressoché tutti esponessero il cartello “Vietato immettere pubblicità nelle cassette”. Anche questo, di per sé, un episodio di scarsa rilevanza e che riflette pure un’esigenza legittima per il cittadino stanco di vedere la propria cassetta intasata di depliants pubblicitari. Lo stesso cittadino che non sopporta più di vedere i muri imbrattati, gli accattoni per le strade, le prostitute sui marciapiedi, il fumo del vicino, i drogati sulle panchine della stazione. Che migliaia di civili innocenti siano massacrati in Afghanistan e Iraq con l’appoggio o l’omertà del nostro esercito e del nostro governo non frega niente a nessuno. Ma che qualche scalmanato napoletano danneggi un treno è assolutamente intollerabile. Che Banca d’Italia e BCE siano organismi privati che attraverso il signoraggio ci depredano di infiniti milioni di euro è troppo difficile da capire e non indigna che pochi “esperti”. Ma se la banca presso la quale abbiamo depositato il nostro conto ci aumenta di un paio di euro le commissioni a nostro carico siamo pronti anche a prendere il direttore per i piedi.
Questa è diventata la nostra società: quello che conta veramente o è troppo distante o è troppo complicato o non ci interessa o siamo convinti non si possa modificare. Il tempo delle grandi lotte è passato. Eppure, siccome la propria natura si può comprimere ma non cancellare completamente, ciò genera solo frustrazioni, odi reconditi, volontà di dirigere la propria rabbia ed indignazione contro bersagli più facili e vicini. Fatemi pure vivere in un mondo dove si massacrano innocenti per un barile di petrolio, dove tutto passa sopra le nostre teste ignare e lobotomizzate, dove io non conto assolutamente nulla e neppure ho diritto a conoscere la verità. Anzi, ci rinuncio proprio a tentare di conoscerla. Però, almeno, fatemi vivere in città pulite, tenetemi lontani gli zingari, lasciatemi tranquillo e sicuro.
Nel celebre film Matrix uno dei personaggi accetta di vivere nel mondo finto predisposto dalle macchine pur sapendolo tale, a patto che gli siano garantiti tutti i relativi agi.
L’orribile sospetto è che sia questo che vogliono gli uomini di oggi. Non importa che la nostra sia una società di plastica, basta che sia commestibile, che non si stia troppo male. Il sostantivo che va più di moda di questi tempi, non a caso, è “sicurezza”. Giustizia e libertà sono passati di moda.
di Andrea Marcon
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27 settembre 2008
I trucchi Usa non fermeranno la bufera
Gli espedienti ai quali Sec e Tesoro degli Stati Uniti si sono votati confermano che giovedì scorso la situazione dei mercati non era più soltanto seria, era disperata. Eppure quanti su tanti giornali spiegano la crisi paiono volersene dimenticare a memoria. E per un rimbalzo da borse alla cinese, ovvero finte, hanno ceduto troppo all’euforia. Mentre invece gli espedienti tentati restano per molti versi discutibili, e forse di precaria efficacia. Del resto tant’è: questo è il pressappochismo sortito da anni in cui si sono stampati più dollari che tappi di Coca-Cola. Per carità tralascio di citare che cosa tanti economisti hanno scritto fino all’altro ieri. Lasciamo stare; vediamo invece quali rischi di incoerenza e quanti margini di inefficacia vi siano nel gesto americano.
Bastasse davvero solo di vietare le vendite allo scoperto per risolvere le crisi finanziarie saremmo tutti a posto: neppure ci sarebbe stata la Grande Crisi degli Anni Trenta. Pure Hoover, 31° presidente degli Stati Uniti, era ossessionato dalle vendite al ribasso, che giudicava complotti. Finì nel ridicolo, perse le elezioni. Fa bene dunque McCain a non voler ripetere i suoi errori, e a chiedere la rimozione di Cox, presidente del Sec. Anni fa la Securities and Exchange Commission permise di alzare il livello di debito delle banche ora fallite, esagerando il rialzo. Per decreto ora invece blocca la principale delle scommesse al ribasso, con un atto che resta dubitabile. Infatti i short selling bloccati, lasciando gonfiati i vari valori finanziari, possono aggravarne il tracollo al loro sblocco. Inoltre vietando vendite allo scoperto si tampona la crisi, ma s’inaridisce una fonte di liquidità: in una situazione già illiquida si chiude uno dei canali di ricopertura. Vari titoli poi, come quelli sulle carte di credito, ne sono pericolosamente esclusi. Infine il divieto è di molto complicato dall’esistenza d’altri generi di scommesse al ribasso scambiate tra investitori direttamente, non in Borsa. Insomma questo mercato truccato di una Wall Street evoluta Shanghai, coi suoi corsi manipolati dallo Stato, tampona forse la crisi, ma non è detto la risolva.
C’è poco da fare: il ritorno alla salute richiede prima o poi inevitabile una distruzione vera di valori fittizi. E perciò anche l’altra misura, quella di creare un fondo mostruoso del Tesoro, in cui infilare mutui e crediti cartaccia, è disputabile nei suoi effetti. Dovrebbe acquisire a prezzi scontati valori enormi, mai prima pensati, tali da elevare di un sol colpo del 5% il debito Usa. E però in tal maniera si rischia pure il congelamento di valori fittizi, ovvero non remunerabili: l’esito giapponese degli anni ’90. I dubbi non finiscono: quanti abusi si verificheranno nella stima dei prezzi ai quali questa cartaccia sarà comprata coi soldi dei contribuenti. A prezzarli non sarà infatti un mercato che si è sospeso. Insomma siamo alla commedia di un liberismo finto, usato per speculare al rialzo, ma che si sospende al ribasso, e di una globalizzazione che allora è stata solo una americanizzazione. Diviene lecito a chiunque, temo, chiamare truffa, gli imbrogli di borsa per via dei quali gli Usa si sono mantenuti almeno dalla presidenza Clinton in un livello di consumi innaturali. E con che esito alla fine? Mercati finanziari americani sotto tutela dello Stato; alla cinese. Appunto alla comunista: coi guadagni incassati poi da pochi, ma pagati da tutti. Von Hayek, i liberisti veri, predicavano ben altro: di mai stampare moneta in eccesso. Il contrario di quanto s’è purtroppo, e troppo a lungo, plaudito per anni.
di Geminello Alvi
Bastasse davvero solo di vietare le vendite allo scoperto per risolvere le crisi finanziarie saremmo tutti a posto: neppure ci sarebbe stata la Grande Crisi degli Anni Trenta. Pure Hoover, 31° presidente degli Stati Uniti, era ossessionato dalle vendite al ribasso, che giudicava complotti. Finì nel ridicolo, perse le elezioni. Fa bene dunque McCain a non voler ripetere i suoi errori, e a chiedere la rimozione di Cox, presidente del Sec. Anni fa la Securities and Exchange Commission permise di alzare il livello di debito delle banche ora fallite, esagerando il rialzo. Per decreto ora invece blocca la principale delle scommesse al ribasso, con un atto che resta dubitabile. Infatti i short selling bloccati, lasciando gonfiati i vari valori finanziari, possono aggravarne il tracollo al loro sblocco. Inoltre vietando vendite allo scoperto si tampona la crisi, ma s’inaridisce una fonte di liquidità: in una situazione già illiquida si chiude uno dei canali di ricopertura. Vari titoli poi, come quelli sulle carte di credito, ne sono pericolosamente esclusi. Infine il divieto è di molto complicato dall’esistenza d’altri generi di scommesse al ribasso scambiate tra investitori direttamente, non in Borsa. Insomma questo mercato truccato di una Wall Street evoluta Shanghai, coi suoi corsi manipolati dallo Stato, tampona forse la crisi, ma non è detto la risolva.
C’è poco da fare: il ritorno alla salute richiede prima o poi inevitabile una distruzione vera di valori fittizi. E perciò anche l’altra misura, quella di creare un fondo mostruoso del Tesoro, in cui infilare mutui e crediti cartaccia, è disputabile nei suoi effetti. Dovrebbe acquisire a prezzi scontati valori enormi, mai prima pensati, tali da elevare di un sol colpo del 5% il debito Usa. E però in tal maniera si rischia pure il congelamento di valori fittizi, ovvero non remunerabili: l’esito giapponese degli anni ’90. I dubbi non finiscono: quanti abusi si verificheranno nella stima dei prezzi ai quali questa cartaccia sarà comprata coi soldi dei contribuenti. A prezzarli non sarà infatti un mercato che si è sospeso. Insomma siamo alla commedia di un liberismo finto, usato per speculare al rialzo, ma che si sospende al ribasso, e di una globalizzazione che allora è stata solo una americanizzazione. Diviene lecito a chiunque, temo, chiamare truffa, gli imbrogli di borsa per via dei quali gli Usa si sono mantenuti almeno dalla presidenza Clinton in un livello di consumi innaturali. E con che esito alla fine? Mercati finanziari americani sotto tutela dello Stato; alla cinese. Appunto alla comunista: coi guadagni incassati poi da pochi, ma pagati da tutti. Von Hayek, i liberisti veri, predicavano ben altro: di mai stampare moneta in eccesso. Il contrario di quanto s’è purtroppo, e troppo a lungo, plaudito per anni.
di Geminello Alvi
Le cavie umane della scienza “medica”

Nel 1996, l’azienda Pfizer mette a punto un nuovo antibiotico il Trovan, che secondo gli economisti di Wall Street può portare profitti per un miliardo di dollari l’anno. Quanto esposto nel paragrafo precedente dovrebbe far capire che di fronte ad una simile cifra qualsiasi strategia sarà messa in atto perché tali profitti si concretizzino nel più breve tempo possibile, senza che ci si preoccupi minimamente del rispetto per la sacralità della vita umana. Siccome si vuole sperimentare tale farmaco anche contro la meningite, e siccome negli USA non ci sono abbastanza soggetti su cui sperimentarli, un’epidemia di meningite in Nigeria (che porterà alla morte di 15.800 persone) viene vista come una manna dal cielo da parte dell’azienda. I ricercatori della Pfizer in brevissimo tempo quindi si preparano alla sperimentazione sul campo dopo avere ricevuto il nulla osta della FDA.
Il test sulla sperimentazione clinica del nuovo farmaco viene “curiosamente” messo a punto nel giro di sei settimane, di fronte ad un periodo di circa un anno richiesto per effettuare una simile sperimentazione negli USA. Pare che la sperimentazione sia stata “ratificata” dai responsabili dell’ospedale locale con una lettera predatata, come dire che l’esperimento sarebbe iniziato subito e poi con qualche pressione si sarebbero “convinte” le autorità locali. Così vengono assoldati 200 bambini dalla multinazionale farmaceutica per provare il nuovo prodotto, dietro richiesta di un consenso puramente verbale.
E fin qui si tratta di una colpevole mancanza di cautela, ma la cosa peggiore è che la terapia a base del nuovo antibiotico viene mantenuta anche dopo che i bambini non reagiscono positivamente al trattamento: sono undici i bambini che muoiono dopo essere stati trattati in simile maniera col Trovan. Difficile dire quanti per la malattia e quanti per il mancato intervento.
Sulla base di questi dati esperimenti le autorità statunitensi permetteranno l’uso del farmaco solo agli adulti (gli effetti collaterali osservati anche in Occidente sono frequenti danni al fegato e finanche la morte). In Europa la medicina viene tolta dal commercio. Un farmaco inutile in sostanza, un farmaco mortale, che i geni dell’economia hanno valutato un miliardo di dollari e che bisognava tentare di piazzare a tutti i costi sul mercato.
Un simile modo di agire non è un caso isolato, sono sempre di più le sperimentazioni poco controllate e a basso costo portate avanti nei paesi poveri. In tali paesi è più facile trovare persone in cattive condizione di salute (soggetti ideali per le sperimentazioni) da assoldare con una piccola spesa per le aziende del farmaco.
Ma cerchiamo di capire cosa sta succedendo adesso nelle industrie farmaceutiche. Innanzitutto, come in altri settori, anche in campo farmaceutico si sono verificate numerose fusioni fra aziende, per cui le multinazionali del farmaco sono ormai dei colossi economici. Il settore farmaceutico rappresenta un mercato in rapida crescita, la medicalizzazione della vita copre ormai ogni aspetto ed ogni fase della vita, è diventato medico qualsiasi problema esistenziale, sociale, umano, di apprendimento, e persino malattie banali che in altri tempi si affrontavano benissimo con due giorni di riposo e una buona dose di vitamina c oggi sono diventate un “problema medico” da affrontare con un apposito farmaco.
Come succede per le automobili o per le saponette, anche in campo farmaceutico la legge della concorrenza costringe le aziende a produrre continuamente nuovi farmaci a ripetizione da immettere sul mercato. La strada dalla invenzione di un nuovo farmaco alla sua commercializzazione sarebbe lunga e costosa se non si fossero individuati, degli ottimi “luoghi di sperimentazione” nei paesi poveri. Lì si trovano cavie umane disponibili a poco prezzo, spesso analfabeti (e quindi si ottiene dubbio consenso puramente verbale e non scritto), si riesce a fare tutto a tempo di record e con pochi controlli scegliendo paesi stranieri dove le leggi in fatto di sperimentazione non sono così rigide come negli USA o nella CEE. Il New England Journal of Medicine riferisce che ogni giorno di ritardo prima dell’entrata in commercio di un nuovo medicinale costa in media al produttore 1,3 milioni di dollari di mancate vendite.
Come accade per i subappalti delle multinazionali dell’abbigliamento, anche in questo settore molto del lavoro sporco viene affidato a piccole società di comodo. In Svizzera è in corso un’inchiesta su una di queste organizzazioni, che arrivava ad utilizzare tossicodipendenti, rifugiati e addirittura importava pazienti dall’Estonia con appositi voli charter.
A questo scandalo delle cavie umane bisognerebbe aggiungere il fatto che mentre si ricercano farmaci contro l’obesità o l’impotenza (come se fossero poi problemi medici da risolversi con le pillole!) niente si fa per quelle malattie endemiche nei paesi poveri come la tubercolosi o la tripanosomiasi (malattia del sonno). Non credo nell’efficacia dei farmaci di chemiosintesi ma non posso escludere che in certe manifestazioni acute della malattia possano essere utili, in ogni caso queste aziende che proclamano di essere “al servizio del benessere e della salute dell’uomo” in realtà non si interessano ad altro che al profitto. Il farmaco contro la malattia del sonno, il DFMO, non viene più prodotto perché poco redditizio, e degli 8 milioni di tubercolotici solo 400.000 potrebbero pagarsi le cure. Neanche i milioni di persone che soffrono e muoiono di malaria giustificano uno sforzo delle industrie farmaceutiche dato che si tratta di persone troppo povere.
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Un mondo di plastica

C’erano una volta le grandi battaglie ideologiche, le manifestazioni oceaniche, il ’68, le piazze indignate, i cortei contro la guerra del Vietnam: episodi che in buona parte non condividiamo e che comunque si sono resi responsabili di errori, spesso di veri e propri crimini. Per questo non li rimpiangiamo in sé, ma è certo che – insieme a migliaia di altri fenomeni analoghi più o meno noti – testimoniano un’epoca nella quale gli uomini avevano ancora la voglia di lottare per qualcosa in cui credevano, un “qualcosa” comunque di alto profilo, perlomeno nelle intenzioni: l’ideologia, la pace, la giustizia, la libertà.
Ieri mi trovano ad osservare i portoni lungo una via e notavo come pressoché tutti esponessero il cartello “Vietato immettere pubblicità nelle cassette”. Anche questo, di per sé, un episodio di scarsa rilevanza e che riflette pure un’esigenza legittima per il cittadino stanco di vedere la propria cassetta intasata di depliants pubblicitari. Lo stesso cittadino che non sopporta più di vedere i muri imbrattati, gli accattoni per le strade, le prostitute sui marciapiedi, il fumo del vicino, i drogati sulle panchine della stazione. Che migliaia di civili innocenti siano massacrati in Afghanistan e Iraq con l’appoggio o l’omertà del nostro esercito e del nostro governo non frega niente a nessuno. Ma che qualche scalmanato napoletano danneggi un treno è assolutamente intollerabile. Che Banca d’Italia e BCE siano organismi privati che attraverso il signoraggio ci depredano di infiniti milioni di euro è troppo difficile da capire e non indigna che pochi “esperti”. Ma se la banca presso la quale abbiamo depositato il nostro conto ci aumenta di un paio di euro le commissioni a nostro carico siamo pronti anche a prendere il direttore per i piedi.
Questa è diventata la nostra società: quello che conta veramente o è troppo distante o è troppo complicato o non ci interessa o siamo convinti non si possa modificare. Il tempo delle grandi lotte è passato. Eppure, siccome la propria natura si può comprimere ma non cancellare completamente, ciò genera solo frustrazioni, odi reconditi, volontà di dirigere la propria rabbia ed indignazione contro bersagli più facili e vicini. Fatemi pure vivere in un mondo dove si massacrano innocenti per un barile di petrolio, dove tutto passa sopra le nostre teste ignare e lobotomizzate, dove io non conto assolutamente nulla e neppure ho diritto a conoscere la verità. Anzi, ci rinuncio proprio a tentare di conoscerla. Però, almeno, fatemi vivere in città pulite, tenetemi lontani gli zingari, lasciatemi tranquillo e sicuro.
Nel celebre film Matrix uno dei personaggi accetta di vivere nel mondo finto predisposto dalle macchine pur sapendolo tale, a patto che gli siano garantiti tutti i relativi agi.
L’orribile sospetto è che sia questo che vogliono gli uomini di oggi. Non importa che la nostra sia una società di plastica, basta che sia commestibile, che non si stia troppo male. Il sostantivo che va più di moda di questi tempi, non a caso, è “sicurezza”. Giustizia e libertà sono passati di moda.
di Andrea Marcon
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