31 marzo 2009
Il vero mestiere dei nostri banchieri
Sei miliardi e mezzo di euro. A tanto ammontano i profitti delle prime due banche italiane, UniCredit e Intesa Sanpaolo, nel 2008.
Più delle risorse nette destinate dal governo al rilancio dell´economia nel 2008, 2009 e 2010 messi insieme, che raggiungono a malapena lo 0,3 per cento del nostro prodotto interno lordo. Ma perché allora aiutiamo le banche con i soldi dei contribuenti? E dobbiamo davvero essere "fieri delle nostre banche", come sostenuto da Alessandro Profumo nel presentare alla stampa i conti del gruppo Unicredit? Sono domande che molti italiani si stanno ponendo in questi giorni.
Partiamo dalla prima domanda. È giusto intervenire a sostegno delle nostre banche perché sono state, nonostante questi preannunciati megaprofitti, nell´occhio del ciclone, al punto che il titolo Unicredit era arrivato a perdere fino al 60% da inizio d´anno e l´80% da luglio 2008, prima della resurrezione degli ultimi giorni. Inoltre il peggio potrebbe ancora venire perché sono sempre di più le imprese che non riescono a ripagare i propri debiti, ci dovranno essere più accantonamenti (quindi meno profitti) a fronte di rischi più elevati e la discesa dei tassi ha eroso proprio i margini su cui sono stati costruiti i megaprofitti. Infine, più che di aiuti sin qui si è trattato di interventi che potenzialmente offrono al Tesoro rendimenti superiori a quelli ottenibili sul mercato. Le stesse norme di alleggerimento fiscale per le fusioni e acquisizioni frequenti nel sistema bancario, come il cosiddetto "affrancamento" dell´avviamento, introdotto a novembre 2008, sono servite per lo più a compensare gli inasprimenti fiscali per le sole banche introdotti qualche mese prima nel nome di Robin Hood.
La seconda domanda è più impegnativa. Venerdì è fallita la Firstcity Bank della Georgia, la diciottesima banca costretta a chiudere i battenti negli Stati Uniti nel solo 2009. In Italia, invece, sin qui le banche non solo non sono fallite, ma addirittura macinano profitti. Bene, anzi, molto bene. Tuttavia, prima di essere fieri delle nostre banche bisogna interrogarsi sulla natura dei loro profitti e capire perché sono stati sin qui relativamente impermeabili alla crisi internazionale. La mia impressione è che sia l´impermeabilità di chi non si tuffa in acqua e, quindi, avverte solo gli spruzzi della tempesta dal litorale. Non deve nascondere i problemi strutturali del nostro sistema bancario, l´altra faccia della medaglia delle debolezze del nostro sistema economico. Le banche italiane ottengono i loro profitti da rendite di posizione nell´accesso al risparmio delle famiglie italiane e nella vendita dei prodotti dei fondi comuni di investimento. Per le banche l´Italia è stato il paese in cui tutte le famiglie sono da mungere. Lo dimostrano diverse analisi comparate sui costi dei servizi bancari nei paesi Ocse: commissioni più alte sui depositi e, nonostante questo, un divario maggiore fra tassi attivi (quelli chiesti alle famiglie che prendono a prestito) e passivi (quelli che remunerano i depositi). Le banche italiane ricavano dai primi il doppio di quanto spendano per i secondi, mentre negli altri paesi dell´Unione Europea a 15 il rapporto è al massimo di 3 a 2. Costano di più anche i crediti al consumo e i mutui offerti alle famiglie. Le banche italiane hanno poi di fatto svuotato i fondi comuni di investimento, di cui sono collocatori e quasi sempre proprietari, spingendo i clienti a comprare le loro obbligazioni bancarie. Poco da stupirsi nella patria dei conflitti di interesse. In ogni caso, il crollo dei fondi è avvenuto simultaneamente alla crescita delle obbligazioni bancarie. Sembrano l´uno lo specchio dell´altra. La concezione del ruolo sociale delle banche, per lunghi anni propugnata dalla stessa Banca d´Italia, è stata quella di chi lucra sui depositi, sulle famiglie, per aiutare le nostre fragili imprese. Per quanto già di per sé discutibile, questo principio è stato applicato al singolare, concentrando gli impieghi sui "grandi nomi" (il termine è dell´amministratore delegato di Deutsche Bank Italia). Queste scelte di concentrazione del credito, per di più offerto con spread risibili a imprese altamente indebitate, hanno molto poco a che fare con il mestiere del banchiere. Le banche abbondano così di sportellisti e non difettano di grandi relazioni con le grandi famiglie, ma mancano di personale in grado di leggere un business plan e di selezionare tra tante piccole imprese quelle che sono meritorie di credito.
Bene allora che una stampa sempre più indebitata, quindi pericolosamente sensibile alle ragioni delle nostre banche, si guardi bene dal celebrarne le gesta in questi giorni in cui si annunciano risultati lusinghieri. Importante anche che il Governo eviti la demagogia e il do ut des. Lasci fare ai prefetti il loro mestiere augurandosi che il loro intervento non sia necessario, ricordandosi che agli inizi del secolo scorso i prefetti telegrafavano a Giolitti che non avrebbero potuto garantire l´ordine pubblico se le banche fossero fallite. Lasci anche che i banchieri facciano il loro mestiere invece di concedere loro crediti (oppure laute commissioni per salvare Alitalia) per poi chiedere in cambio impegni a finanziare quanto l´esecutivo concede alle parti sociali, come nel caso del fondo di garanzia per le piccole imprese. Devono essere le banche, da sole, a ristrutturarsi. Partendo proprio dal rivedere la governance, come ripetutamente richiesto dal Governatore di Banca d´Italia. C´è troppa concentrazione della proprietà e ci sono troppe commistioni tra i consigli di amministrazione di istituti che dovrebbero essere tra di loro concorrenti. Non è certo così che ci potranno aiutare ad uscire al più presto dalla crisi.
di Tito Boeri
30 marzo 2009
Si salvi chi può: gli Usa verso la svalutazione del dollaro
Mercoledì scorso, il 18 marzo, la FED ha annunciato l'acquisto, nei prossimi sei mesi, di Titoli del Tesoro americano a lungo termine per un quantitativo di circa 300 miliardi di dollari, decidendo nel contempo di ampliare di 750 miliardi gli acquisti di titoli immobiliari garantiti (?) da mutui. Si è inoltre deciso di raddoppiare da 100 a 200 miliardi di dollari l'importo destinato all'acquisto del debito di Fannie Mae e di Freddie Mac, colossi immobiliari governativi. In questo modo la FED è decisamente passata all'azione, replicando le mosse che la Banca d'Inghilterra ha già attuato: il cosiddetto “quantitative easing”.
La misura consiste in una immissione di liquidità nel sistema bancario ottenuta attraverso l'acquisto di titoli, in genere di Stato, dalle banche: le quali, con il ricavato, possono incrementare le loro riserve. Oltre a questa prima conseguenza si ottiene anche l'abbassamento della curva dei tassi a lungo termine.
In genere misure di questo tipo vengono adottate quando altri interventi sui tassi risultino inefficaci in quanto, ad esempio, quelli a breve sono già, come nel caso attuale, troppo bassi. Ulteriore conseguenza di queste massicce iniezioni di liquidità è di tipo strettamente valutario: il sistema è inondato da una liquidità eccessiva e il contraccolpo sulla valuta di riferimento è inevitabile. Nella fattispecie, il cambio del dollaro ha subito risentito di questo atteggiamento della FED e ha portato, nei confronti dell'Euro ad una valutazione immediatamente superiore a 1,36. Stimolando eccessivamente la liquidità, inoltre, tale misura rischia di accentuare l'inflazione, cosa che, a livello europeo, Germania in primis, è vista con estrema preoccupazione.
In parole povere gli USA, oltre ad aver causato i grandi guai che ormai tutti conosciamo e aver gettato le basi per un dissesto a livello globale, stanno andando per conto loro proprio in quella politica finanziaria che è il cuore del problema. E lo stanno facendo proprio alla vigilia di quel G20 che avrebbe più che mai bisogno di accogliere il consenso di tutti per trovare un nuovo, e assai difficile, equilibrio finanziario, che porti l'economia globale fuori da una recessione così grave. Forti di una posizione dominante a livello valutario – essendo il dollaro moneta di riferimento per materie prime, a cominciare dal petrolio, e scambi internazionali – gli Stati Uniti non hanno alcun riguardo verso i partner commerciali ed agiscono impunemente cercando di salvare se stessi, quand’anche affossando la propria valuta con una svalutazione così marcata da poter essere definita, senza esagerare, "competitiva".
Cosa potrà accadere su questo fronte lo vedremo meglio nei prossimi giorni, ma, tanto per fissare qualche "prezzo" concreto, non è improbabile che nel cambio contro Euro, qualora si dovesse assistere al superamento grafico delle “medie mobili lunghe”, il dollaro si posizioni a una quota comunque superiore ai massimi precedenti. Fino a raggiungere, forse, un valore oscillante tra 1,70 e 1,80. In questo modo verrebbero penalizzate, e molto, tutte le esportazioni del Vecchio continente anche e proprio nei mercati che "contano", cioè in quelli orientali. Non contenti di tutto questo, gli USA vorrebbero che gli Stati Ue si impegnassero di più negli interventi di sostegno alle proprie economie, e insistono a chiederlo nonostante le valutazioni negative espresse, a livello ufficiale, qui in Europa. Muovendosi in questo modo prima del G20 Washington rischia di affossare un accordo globale – come d'altronde gli USA hanno storicamente già fatto nella conferenza economica del 1933 di Londra (guarda caso) con la amministrazione Roosevelt – prima ancora del suo stesso sorgere, generando una serie di svalutazioni a catena che porterebbero il pianeta intero al caos valutario. Prodromi di questa visione appaiono le mosse intese a svalutare il cambio della Svezia e, soprattutto, della Svizzera, che ha indebolito il franco con acquisti di oro. Pur essendo vero che questa mossa la Svizzera l'ha effettuata, per ora, solo quale misura compensativa di una eccessiva rivalutazione della propria moneta, essa lascia comunque interrogativi inquietanti sul futuro.
C'è da chiedersi, infine, come si possa continuare a ergersi a difensori del libero mercato globale, quando poi, in un clima come questo, il governo di Pechino – che ha consistenti investimenti in Titoli del Tesoro americano, quindi espressi in dollari – vedendo i propri investimenti a rischio si stranisca e si metta di traverso nell’acquisizione da parte di Coca Cola di China Huiyuan Juice.
by il Ribelle
29 marzo 2009
Intervista a David Icke
David Icke, il coraggioso giornalista britannico, già redattore della BBC e di altri prestigiosi giornali che da diversi anni ci informa con i suoi libri sui poteri occulti, le loro trame e i complotti che cercano di rendere schiava l’umanità, è stato ospite a Bellaria del riuscitissimo MacroFest promosso dalla Macro Edizioni.
Alle sue conferenze hanno assistito oltre 600 persone e in una pausa dei lavori abbiamo potuto scambiare un’interessante conversazione.
Complimenti David, le tue conferenze hanno sempre un gran successo, come mai riesci ad interessare così tante persone?
Senti, soltanto sette anni fa quando iniziarono ad invitarmi a parlare in giro mi ritrovavo a fare conferenze in Inghilterra o negli USA con poche decine di persone, sistemavo io le sedie e le rimettevo a posto alla fine. Poi, via via che approfondivo le mie ricerche e le comunicavo anche la gente che veniva ad ascoltarmi aumentava e così, oggi mi capita di parlare ad incontri con migliaia di persone. Da dieci giorni ad oggi ho parlato in Australia, Nuova Zelanda, USA, Bahamas e ora sono qui, sono passato per Londra e non sono neanche riuscito a vedere mia moglie, sono incasinato dai fusi orari e con una grande stanchezza addosso ma sono felice di essere qui.
Non ho nessuna intenzione di mettermi sul pulpito e fare prediche, con queste mie conferenze cerco solo di smuovere la situazione, cerco di convincere la gente a non cercare qualcuno che gli dica cosa deve fare ma che sia in grado di decidere da se.
Cosa è che ti chiedono e come è che li consigli?
Quando qualcuno mi chiede: “E adesso cosa devo fare?” io rispondo sempre: “Quello che pensi vada fatto.” Tutti noi siamo come le gocce nell’oceano e facciamo parte dell’infinito, perciò ognuno di noi sa bene quello che deve fare perché abbiamo tutti le stesse possibilità di trovare la nostra chiave personale per risolvere questi problemi. Abbiamo tutti gli stessi strumenti ma qualcuno lo capisce e qualcuno no.
E questi ultimi pensano che non possono, che non riescono e rimangono così nella loro passività a farsi condizionare in tutto.
Ogni volta che qualcuno di noi decide di fare qualcosa nella sua piena libertà è come se si togliesse un mattone da quel muro che hanno costruito per imprigionarci.
Il tuo schema di piramide del potere pone al suo vertice il gruppo di quelli che tu chiami “illuminati” e che controllano tutti quelli che stanno sotto di loro. Secondo te ci sono dei potenti personaggi pubblici che ne fanno parte?
Se stai pensando a personaggi come Bush, Berlusconi, Bin Laden ti sbagli. Loro sono solo delle marionette, degli esecutori che stanno qualche gradino più in basso. Questi personaggi stanno producendo tutta una serie di situazioni di crisi come quella che stiamo vivendo allo solo scopo di centralizzare il potere il più possibile. Dopo l’Unione Europea ora si sta facendo l’Unione Africana, il Nafta è stato solo il primo passo verso l’Unione Americana e già parlano di prossima Unione Asiatica e così poi saremo sistemati. Vanno a tappe forzate verso il totale potere di controllo sui popoli del mondo nelle mani di poche persone schiacciando i confini, le tradizioni, le culture, la storia, le costituzioni e noi non ce ne rendiamo ancora conto anzi, siamo portati a pensare che si tratta di un’evoluzione positiva.
Ma ricordiamo che la centralizzazione del potere erode la libertà dell’umanità.
Come vedi i fatti dell’11 settembre?
L’11 settembre ha dato inizio ad un ciclo, e certamente pian piano la verità verrà fuori come l’altro giorno quando un giornalista australiano ha scritto che come minimo in Afghanistan sono già morti più civili innocenti che a New York o, come ipotizzano certi esperti che quei terribili attentati non sono stati organizzati da Bin Laden come ci vogliono far credere.
Verrà il tempo in cui l’11 settembre perderà il potere che ha oggi dove le persone dicono “va bene, accettiamo tutto questo”, e quando l’appoggio di cui hanno bisogno per continuare questa guerra contro il cosiddetto “terrorismo” verrà meno inventeranno qualcosa d’altro perché le cose possano andare avanti così. Senza dubbio ci saranno altre e maggiori atrocità per giustificare lo sviluppo di questo programma diabolico.
E su Bin Laden che cosa pensi?
Ti dirò che la prima volta che vidi Bin Laden alla televisione dopo l’11 settembre dall’analisi del suo sguardo mi resi conto che non poteva essere un terrorista. Assolutamente no. Non c’entrava proprio niente con quanto accaduto l’11 settembre.
Ma quando Bin Laden apparve di recente su Al Jazira non era lo stesso uomo che avevo visto precedentemente, era un entità completamente diversa, l’energia era completamente diversa e i suoi occhi erano totalmente differenti.
Quando anni fa parlavo di clonazione e di controllo mentale e la gente mi rideva in faccia. Questo ora non succede più. Mi riferisco sempre al clonaggio di esseri umani. Oggi ci dicono che lo possono fare, ma già lo potevano fare da lungo tempo con i loro progetti e nei loro laboratori segreti con i loro esperti come il criminale nazista Mengele che hanno protetto per decenni negli USA in cambio della sua collaborazione.
Mengele era un alto grado degli illuminati connesso ai Rotschild, chi fa parte di questa linea di sangue non ha le nostre stesse emozioni, sono freddi proprio come dei rettili.
Realmente oggi non conosco che verità ci sia rispetto a Bin Laden, eccetto il fatto che lui non ha avuto niente a che fare con l’orchestrazione dei fatti dell’11 settembre. Potrebbe essere che Bin Laden ha imparato qualcosa durante la sua guerra antisovietica appoggiata dalla CIA. Ma che gioco sta facendo ora?
Sappiamo tutti che la famiglia Bin Laden è stata socia degli Agnelli e del Gruppo Charlye che ha come suoi partner George Bush e James Baker, che era segretario di stato durante la guerra del Golfo.
Ritornando a quello che dici sul controllo mentale, che tecnologie utilizzano?
Naturalmente hanno tecnologie di dispositivi elettronici ultraminiaturizzati che, figurati, possono venire iniettati attraverso l’ago di una semplice siringa, poi si servono delle manipolazioni genetiche e del DNA, di particolari segnali radio ed emissioni elettromagnetiche, con il sapiente utilizzo di particolari vibrazioni che sono capaci di produrre anche per mezzo dei riti segreti di cui sono custodi.
In questo modo riescono a controllare le persone, a farle pensare e agire come sta bene a loro e anche ad apparirci diversi da quei malvagi che sono in realtà.
Prendiamo la musica ad esempio quella che tutti i giovani ascoltano cantata dalle star del momento. Questi personaggi come Britney Spears, Michael Jackson e Madonna sono telecontrollati, manipolati e manipolatori a loro volta. Madonna è anche stata fotografata mentre prendeva parte a riti satanici. Michael Jackson veniva abusato sessualmente fin dall’età di cinque anni da suo padre che era un noto satanista. Ma ti rendi conto che gente cattura i nostri giovani ammirano e idolatrano!
A parte i testi delle loro canzoni e la musica, il lavoro che fanno per inserire vibrazioni subliminali nei brani moderni è incredibile, un grande produttore discografico che ho incontrato mi ha confidato che è una cosa molto diffusa e che in genere i cantanti e i musicisti non lo sanno ma che queste frequenze vengono aggiunte non durante il l’incisione in sala di registrazione ma mixati durante la fase di registrazione finale del disco o del CD. Così mentre noi ascoltiamo la musica che ci sembra normale questi segnali vengono captati dal nostro subconscio.
John Lennon aveva scoperto tutto e stava facendo ricerche su questo scandalo, stava anche preparando un disco per farci conoscere queste problematiche. Purtroppo sono riusciti a fermarlo prima e il suo lavoro non venne mai portato alla conoscenza del pubblico.
Grazie David, per tutto ciò che ci hai raccontato anche se sono tutte cose particolarmente inquietanti e, senti, è vero che ritornerai in Italia ancora e presto?
Si è vero probabilmente ritornerò in Italia il prossimo maggio per una o più conferenze penso a Milano o a Roma. Sono io che ringrazio per l’intervista e saluto tutti gli amici di Nexus italiano.
tratto da Nexus
31 marzo 2009
Il vero mestiere dei nostri banchieri
Sei miliardi e mezzo di euro. A tanto ammontano i profitti delle prime due banche italiane, UniCredit e Intesa Sanpaolo, nel 2008.
Più delle risorse nette destinate dal governo al rilancio dell´economia nel 2008, 2009 e 2010 messi insieme, che raggiungono a malapena lo 0,3 per cento del nostro prodotto interno lordo. Ma perché allora aiutiamo le banche con i soldi dei contribuenti? E dobbiamo davvero essere "fieri delle nostre banche", come sostenuto da Alessandro Profumo nel presentare alla stampa i conti del gruppo Unicredit? Sono domande che molti italiani si stanno ponendo in questi giorni.
Partiamo dalla prima domanda. È giusto intervenire a sostegno delle nostre banche perché sono state, nonostante questi preannunciati megaprofitti, nell´occhio del ciclone, al punto che il titolo Unicredit era arrivato a perdere fino al 60% da inizio d´anno e l´80% da luglio 2008, prima della resurrezione degli ultimi giorni. Inoltre il peggio potrebbe ancora venire perché sono sempre di più le imprese che non riescono a ripagare i propri debiti, ci dovranno essere più accantonamenti (quindi meno profitti) a fronte di rischi più elevati e la discesa dei tassi ha eroso proprio i margini su cui sono stati costruiti i megaprofitti. Infine, più che di aiuti sin qui si è trattato di interventi che potenzialmente offrono al Tesoro rendimenti superiori a quelli ottenibili sul mercato. Le stesse norme di alleggerimento fiscale per le fusioni e acquisizioni frequenti nel sistema bancario, come il cosiddetto "affrancamento" dell´avviamento, introdotto a novembre 2008, sono servite per lo più a compensare gli inasprimenti fiscali per le sole banche introdotti qualche mese prima nel nome di Robin Hood.
La seconda domanda è più impegnativa. Venerdì è fallita la Firstcity Bank della Georgia, la diciottesima banca costretta a chiudere i battenti negli Stati Uniti nel solo 2009. In Italia, invece, sin qui le banche non solo non sono fallite, ma addirittura macinano profitti. Bene, anzi, molto bene. Tuttavia, prima di essere fieri delle nostre banche bisogna interrogarsi sulla natura dei loro profitti e capire perché sono stati sin qui relativamente impermeabili alla crisi internazionale. La mia impressione è che sia l´impermeabilità di chi non si tuffa in acqua e, quindi, avverte solo gli spruzzi della tempesta dal litorale. Non deve nascondere i problemi strutturali del nostro sistema bancario, l´altra faccia della medaglia delle debolezze del nostro sistema economico. Le banche italiane ottengono i loro profitti da rendite di posizione nell´accesso al risparmio delle famiglie italiane e nella vendita dei prodotti dei fondi comuni di investimento. Per le banche l´Italia è stato il paese in cui tutte le famiglie sono da mungere. Lo dimostrano diverse analisi comparate sui costi dei servizi bancari nei paesi Ocse: commissioni più alte sui depositi e, nonostante questo, un divario maggiore fra tassi attivi (quelli chiesti alle famiglie che prendono a prestito) e passivi (quelli che remunerano i depositi). Le banche italiane ricavano dai primi il doppio di quanto spendano per i secondi, mentre negli altri paesi dell´Unione Europea a 15 il rapporto è al massimo di 3 a 2. Costano di più anche i crediti al consumo e i mutui offerti alle famiglie. Le banche italiane hanno poi di fatto svuotato i fondi comuni di investimento, di cui sono collocatori e quasi sempre proprietari, spingendo i clienti a comprare le loro obbligazioni bancarie. Poco da stupirsi nella patria dei conflitti di interesse. In ogni caso, il crollo dei fondi è avvenuto simultaneamente alla crescita delle obbligazioni bancarie. Sembrano l´uno lo specchio dell´altra. La concezione del ruolo sociale delle banche, per lunghi anni propugnata dalla stessa Banca d´Italia, è stata quella di chi lucra sui depositi, sulle famiglie, per aiutare le nostre fragili imprese. Per quanto già di per sé discutibile, questo principio è stato applicato al singolare, concentrando gli impieghi sui "grandi nomi" (il termine è dell´amministratore delegato di Deutsche Bank Italia). Queste scelte di concentrazione del credito, per di più offerto con spread risibili a imprese altamente indebitate, hanno molto poco a che fare con il mestiere del banchiere. Le banche abbondano così di sportellisti e non difettano di grandi relazioni con le grandi famiglie, ma mancano di personale in grado di leggere un business plan e di selezionare tra tante piccole imprese quelle che sono meritorie di credito.
Bene allora che una stampa sempre più indebitata, quindi pericolosamente sensibile alle ragioni delle nostre banche, si guardi bene dal celebrarne le gesta in questi giorni in cui si annunciano risultati lusinghieri. Importante anche che il Governo eviti la demagogia e il do ut des. Lasci fare ai prefetti il loro mestiere augurandosi che il loro intervento non sia necessario, ricordandosi che agli inizi del secolo scorso i prefetti telegrafavano a Giolitti che non avrebbero potuto garantire l´ordine pubblico se le banche fossero fallite. Lasci anche che i banchieri facciano il loro mestiere invece di concedere loro crediti (oppure laute commissioni per salvare Alitalia) per poi chiedere in cambio impegni a finanziare quanto l´esecutivo concede alle parti sociali, come nel caso del fondo di garanzia per le piccole imprese. Devono essere le banche, da sole, a ristrutturarsi. Partendo proprio dal rivedere la governance, come ripetutamente richiesto dal Governatore di Banca d´Italia. C´è troppa concentrazione della proprietà e ci sono troppe commistioni tra i consigli di amministrazione di istituti che dovrebbero essere tra di loro concorrenti. Non è certo così che ci potranno aiutare ad uscire al più presto dalla crisi.
di Tito Boeri
30 marzo 2009
Si salvi chi può: gli Usa verso la svalutazione del dollaro
Mercoledì scorso, il 18 marzo, la FED ha annunciato l'acquisto, nei prossimi sei mesi, di Titoli del Tesoro americano a lungo termine per un quantitativo di circa 300 miliardi di dollari, decidendo nel contempo di ampliare di 750 miliardi gli acquisti di titoli immobiliari garantiti (?) da mutui. Si è inoltre deciso di raddoppiare da 100 a 200 miliardi di dollari l'importo destinato all'acquisto del debito di Fannie Mae e di Freddie Mac, colossi immobiliari governativi. In questo modo la FED è decisamente passata all'azione, replicando le mosse che la Banca d'Inghilterra ha già attuato: il cosiddetto “quantitative easing”.
La misura consiste in una immissione di liquidità nel sistema bancario ottenuta attraverso l'acquisto di titoli, in genere di Stato, dalle banche: le quali, con il ricavato, possono incrementare le loro riserve. Oltre a questa prima conseguenza si ottiene anche l'abbassamento della curva dei tassi a lungo termine.
In genere misure di questo tipo vengono adottate quando altri interventi sui tassi risultino inefficaci in quanto, ad esempio, quelli a breve sono già, come nel caso attuale, troppo bassi. Ulteriore conseguenza di queste massicce iniezioni di liquidità è di tipo strettamente valutario: il sistema è inondato da una liquidità eccessiva e il contraccolpo sulla valuta di riferimento è inevitabile. Nella fattispecie, il cambio del dollaro ha subito risentito di questo atteggiamento della FED e ha portato, nei confronti dell'Euro ad una valutazione immediatamente superiore a 1,36. Stimolando eccessivamente la liquidità, inoltre, tale misura rischia di accentuare l'inflazione, cosa che, a livello europeo, Germania in primis, è vista con estrema preoccupazione.
In parole povere gli USA, oltre ad aver causato i grandi guai che ormai tutti conosciamo e aver gettato le basi per un dissesto a livello globale, stanno andando per conto loro proprio in quella politica finanziaria che è il cuore del problema. E lo stanno facendo proprio alla vigilia di quel G20 che avrebbe più che mai bisogno di accogliere il consenso di tutti per trovare un nuovo, e assai difficile, equilibrio finanziario, che porti l'economia globale fuori da una recessione così grave. Forti di una posizione dominante a livello valutario – essendo il dollaro moneta di riferimento per materie prime, a cominciare dal petrolio, e scambi internazionali – gli Stati Uniti non hanno alcun riguardo verso i partner commerciali ed agiscono impunemente cercando di salvare se stessi, quand’anche affossando la propria valuta con una svalutazione così marcata da poter essere definita, senza esagerare, "competitiva".
Cosa potrà accadere su questo fronte lo vedremo meglio nei prossimi giorni, ma, tanto per fissare qualche "prezzo" concreto, non è improbabile che nel cambio contro Euro, qualora si dovesse assistere al superamento grafico delle “medie mobili lunghe”, il dollaro si posizioni a una quota comunque superiore ai massimi precedenti. Fino a raggiungere, forse, un valore oscillante tra 1,70 e 1,80. In questo modo verrebbero penalizzate, e molto, tutte le esportazioni del Vecchio continente anche e proprio nei mercati che "contano", cioè in quelli orientali. Non contenti di tutto questo, gli USA vorrebbero che gli Stati Ue si impegnassero di più negli interventi di sostegno alle proprie economie, e insistono a chiederlo nonostante le valutazioni negative espresse, a livello ufficiale, qui in Europa. Muovendosi in questo modo prima del G20 Washington rischia di affossare un accordo globale – come d'altronde gli USA hanno storicamente già fatto nella conferenza economica del 1933 di Londra (guarda caso) con la amministrazione Roosevelt – prima ancora del suo stesso sorgere, generando una serie di svalutazioni a catena che porterebbero il pianeta intero al caos valutario. Prodromi di questa visione appaiono le mosse intese a svalutare il cambio della Svezia e, soprattutto, della Svizzera, che ha indebolito il franco con acquisti di oro. Pur essendo vero che questa mossa la Svizzera l'ha effettuata, per ora, solo quale misura compensativa di una eccessiva rivalutazione della propria moneta, essa lascia comunque interrogativi inquietanti sul futuro.
C'è da chiedersi, infine, come si possa continuare a ergersi a difensori del libero mercato globale, quando poi, in un clima come questo, il governo di Pechino – che ha consistenti investimenti in Titoli del Tesoro americano, quindi espressi in dollari – vedendo i propri investimenti a rischio si stranisca e si metta di traverso nell’acquisizione da parte di Coca Cola di China Huiyuan Juice.
by il Ribelle
29 marzo 2009
Intervista a David Icke
David Icke, il coraggioso giornalista britannico, già redattore della BBC e di altri prestigiosi giornali che da diversi anni ci informa con i suoi libri sui poteri occulti, le loro trame e i complotti che cercano di rendere schiava l’umanità, è stato ospite a Bellaria del riuscitissimo MacroFest promosso dalla Macro Edizioni.
Alle sue conferenze hanno assistito oltre 600 persone e in una pausa dei lavori abbiamo potuto scambiare un’interessante conversazione.
Complimenti David, le tue conferenze hanno sempre un gran successo, come mai riesci ad interessare così tante persone?
Senti, soltanto sette anni fa quando iniziarono ad invitarmi a parlare in giro mi ritrovavo a fare conferenze in Inghilterra o negli USA con poche decine di persone, sistemavo io le sedie e le rimettevo a posto alla fine. Poi, via via che approfondivo le mie ricerche e le comunicavo anche la gente che veniva ad ascoltarmi aumentava e così, oggi mi capita di parlare ad incontri con migliaia di persone. Da dieci giorni ad oggi ho parlato in Australia, Nuova Zelanda, USA, Bahamas e ora sono qui, sono passato per Londra e non sono neanche riuscito a vedere mia moglie, sono incasinato dai fusi orari e con una grande stanchezza addosso ma sono felice di essere qui.
Non ho nessuna intenzione di mettermi sul pulpito e fare prediche, con queste mie conferenze cerco solo di smuovere la situazione, cerco di convincere la gente a non cercare qualcuno che gli dica cosa deve fare ma che sia in grado di decidere da se.
Cosa è che ti chiedono e come è che li consigli?
Quando qualcuno mi chiede: “E adesso cosa devo fare?” io rispondo sempre: “Quello che pensi vada fatto.” Tutti noi siamo come le gocce nell’oceano e facciamo parte dell’infinito, perciò ognuno di noi sa bene quello che deve fare perché abbiamo tutti le stesse possibilità di trovare la nostra chiave personale per risolvere questi problemi. Abbiamo tutti gli stessi strumenti ma qualcuno lo capisce e qualcuno no.
E questi ultimi pensano che non possono, che non riescono e rimangono così nella loro passività a farsi condizionare in tutto.
Ogni volta che qualcuno di noi decide di fare qualcosa nella sua piena libertà è come se si togliesse un mattone da quel muro che hanno costruito per imprigionarci.
Il tuo schema di piramide del potere pone al suo vertice il gruppo di quelli che tu chiami “illuminati” e che controllano tutti quelli che stanno sotto di loro. Secondo te ci sono dei potenti personaggi pubblici che ne fanno parte?
Se stai pensando a personaggi come Bush, Berlusconi, Bin Laden ti sbagli. Loro sono solo delle marionette, degli esecutori che stanno qualche gradino più in basso. Questi personaggi stanno producendo tutta una serie di situazioni di crisi come quella che stiamo vivendo allo solo scopo di centralizzare il potere il più possibile. Dopo l’Unione Europea ora si sta facendo l’Unione Africana, il Nafta è stato solo il primo passo verso l’Unione Americana e già parlano di prossima Unione Asiatica e così poi saremo sistemati. Vanno a tappe forzate verso il totale potere di controllo sui popoli del mondo nelle mani di poche persone schiacciando i confini, le tradizioni, le culture, la storia, le costituzioni e noi non ce ne rendiamo ancora conto anzi, siamo portati a pensare che si tratta di un’evoluzione positiva.
Ma ricordiamo che la centralizzazione del potere erode la libertà dell’umanità.
Come vedi i fatti dell’11 settembre?
L’11 settembre ha dato inizio ad un ciclo, e certamente pian piano la verità verrà fuori come l’altro giorno quando un giornalista australiano ha scritto che come minimo in Afghanistan sono già morti più civili innocenti che a New York o, come ipotizzano certi esperti che quei terribili attentati non sono stati organizzati da Bin Laden come ci vogliono far credere.
Verrà il tempo in cui l’11 settembre perderà il potere che ha oggi dove le persone dicono “va bene, accettiamo tutto questo”, e quando l’appoggio di cui hanno bisogno per continuare questa guerra contro il cosiddetto “terrorismo” verrà meno inventeranno qualcosa d’altro perché le cose possano andare avanti così. Senza dubbio ci saranno altre e maggiori atrocità per giustificare lo sviluppo di questo programma diabolico.
E su Bin Laden che cosa pensi?
Ti dirò che la prima volta che vidi Bin Laden alla televisione dopo l’11 settembre dall’analisi del suo sguardo mi resi conto che non poteva essere un terrorista. Assolutamente no. Non c’entrava proprio niente con quanto accaduto l’11 settembre.
Ma quando Bin Laden apparve di recente su Al Jazira non era lo stesso uomo che avevo visto precedentemente, era un entità completamente diversa, l’energia era completamente diversa e i suoi occhi erano totalmente differenti.
Quando anni fa parlavo di clonazione e di controllo mentale e la gente mi rideva in faccia. Questo ora non succede più. Mi riferisco sempre al clonaggio di esseri umani. Oggi ci dicono che lo possono fare, ma già lo potevano fare da lungo tempo con i loro progetti e nei loro laboratori segreti con i loro esperti come il criminale nazista Mengele che hanno protetto per decenni negli USA in cambio della sua collaborazione.
Mengele era un alto grado degli illuminati connesso ai Rotschild, chi fa parte di questa linea di sangue non ha le nostre stesse emozioni, sono freddi proprio come dei rettili.
Realmente oggi non conosco che verità ci sia rispetto a Bin Laden, eccetto il fatto che lui non ha avuto niente a che fare con l’orchestrazione dei fatti dell’11 settembre. Potrebbe essere che Bin Laden ha imparato qualcosa durante la sua guerra antisovietica appoggiata dalla CIA. Ma che gioco sta facendo ora?
Sappiamo tutti che la famiglia Bin Laden è stata socia degli Agnelli e del Gruppo Charlye che ha come suoi partner George Bush e James Baker, che era segretario di stato durante la guerra del Golfo.
Ritornando a quello che dici sul controllo mentale, che tecnologie utilizzano?
Naturalmente hanno tecnologie di dispositivi elettronici ultraminiaturizzati che, figurati, possono venire iniettati attraverso l’ago di una semplice siringa, poi si servono delle manipolazioni genetiche e del DNA, di particolari segnali radio ed emissioni elettromagnetiche, con il sapiente utilizzo di particolari vibrazioni che sono capaci di produrre anche per mezzo dei riti segreti di cui sono custodi.
In questo modo riescono a controllare le persone, a farle pensare e agire come sta bene a loro e anche ad apparirci diversi da quei malvagi che sono in realtà.
Prendiamo la musica ad esempio quella che tutti i giovani ascoltano cantata dalle star del momento. Questi personaggi come Britney Spears, Michael Jackson e Madonna sono telecontrollati, manipolati e manipolatori a loro volta. Madonna è anche stata fotografata mentre prendeva parte a riti satanici. Michael Jackson veniva abusato sessualmente fin dall’età di cinque anni da suo padre che era un noto satanista. Ma ti rendi conto che gente cattura i nostri giovani ammirano e idolatrano!
A parte i testi delle loro canzoni e la musica, il lavoro che fanno per inserire vibrazioni subliminali nei brani moderni è incredibile, un grande produttore discografico che ho incontrato mi ha confidato che è una cosa molto diffusa e che in genere i cantanti e i musicisti non lo sanno ma che queste frequenze vengono aggiunte non durante il l’incisione in sala di registrazione ma mixati durante la fase di registrazione finale del disco o del CD. Così mentre noi ascoltiamo la musica che ci sembra normale questi segnali vengono captati dal nostro subconscio.
John Lennon aveva scoperto tutto e stava facendo ricerche su questo scandalo, stava anche preparando un disco per farci conoscere queste problematiche. Purtroppo sono riusciti a fermarlo prima e il suo lavoro non venne mai portato alla conoscenza del pubblico.
Grazie David, per tutto ciò che ci hai raccontato anche se sono tutte cose particolarmente inquietanti e, senti, è vero che ritornerai in Italia ancora e presto?
Si è vero probabilmente ritornerò in Italia il prossimo maggio per una o più conferenze penso a Milano o a Roma. Sono io che ringrazio per l’intervista e saluto tutti gli amici di Nexus italiano.
tratto da Nexus