01 aprile 2009

Sigonella è sempre più spaziale

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.. Global Broadcast Service (GBS) e dal marzo 2009 i terminal terrestri presenti a Sigonella e nelle basi “sorelle” di Norfolk (Virginia) e Wahiawa (isole Hawaii) sono passati sotto il comando e il controllo del 50th Space Communications Squadron, lo speciale squadrone di telecomunicazioni spaziali dell’US Air Force.

“Il trasferimento del Global Broadcast Service al 50th SCS è finalizzato ad accrescere l’operatività e l’efficienza del sistema di supporto stellare a favore delle missioni dell’US Pacific Command”, ha dichiarato il colonnello Donald Fielden, comandante del 50° squadrone di telecomunicazioni spaziali. “Il GBS è parte integrante dell’arsenale informativo che abbiano creato per le operazioni di guerra in un’area geografica che si estende dall’oceano Pacifico all’Afghanistan. Accrescendo la flessibilità del GBS, siamo in grado di aumentare direttamente le funzioni delle nostre truppe all’estero, potenziandone enormemente le funzioni”.


Il Global Broadcast Service è il sistema chiave per le trasmissioni satellitari di altissimo livello strategico. Sviluppato nella seconda metà degli anni ’90, è divenuto pienamente operativo solo a partire dal 2005 con l’installazione dei terminal terrestri a Sigonella, Norfolk e Wahiawa. Il GBS, come riferito dai vertici delle forze armate USA, “assicura la trasmissione veloce e in qualsiasi parte del globo di video, immagini ed altre informazioni top secret o non coperte da segreto su richiesta delle forze militari”. Il Global Broadcast Service garantisce alle unità le informazioni di fonte satellitare che sono considerate prioritarie dai Comandi delle forze armate “per condurre nel migliore dei modi e con precisione le operazioni di conflitto armato”. “Il GBS – aggiungono i manuali USA - sostiene le operazioni di routine e le esercitazioni militari, le attività speciali, le risposte in caso di crisi, la predisposizione degli obiettivi degli attacchi. Il GBS supporterà inoltre il passaggio e la conduzione di brevi operazioni di guerra nucleare”.


Ai tre siti terrestri del Global Broadcast Service giungono costantemente flussi di dati provenienti da varie fonti d’intelligence, inclusi i comandi e le agenzie metereologiche, dai velivoli senza pilota UAV di nuova generazione e finanche dai network televisivi commerciali. Nelle stazioni di Sigonella, Norfolk e Wahiawa le informazioni vengono immagazzinate, selezionate ed elaborate, e successivamente inviate ai satelliti distanti 22,300 miglia, grazie a potentissime antenne che trasmettono in UHF ed EHF (Ultra and Extremely High Frequency – frequenze ultra e ed estremamente alte, con un range compreso cioè tra i 300Mhz e i 300Ghz, quello cioè delle cosiddette “microonde”).


Attualmente sono sei i satelliti geostazionari connessi ai terminal terrestri GBS: i due Ultra-high Frequency Follow-On (UFO) Satellites 8 e 10, che trasmettono intorno ai 20.2-21.2 GHz (Ka-band), e quattro “satelliti commerciali” (Ku Band). Ad essi è assegnato il compito di trasferire ordini e dati informativi ad oltre 700 siti di ricezione terrestri dell’esercito, della marina e dell’aeronautica militare USA realizzati in differenti aree operative internazionali. Come ricorda ancora il colonnello Donald Fielden del 50th Space Communications Squadron, “le operazioni Enduring Freedom e Iraqi Freedom hanno evidenziato come il GBS sia una componente integrale e vitale per i nostri sistemi di guerra”.


Dopo la messa in orbita dei satellite UFO e la realizzazione dei tre centri terrestri in Sicilia, Virginia e nelle Hawaii, nel 2007 ha preso il via la “fase 2” di sviluppo globale del GBS. È stato sottoscritto un contratto di 30 milioni di dollari con il colosso dell’industria bellica statunitense Raytheon per unificare sotto un unico centro di controllo i terminal terrestri di Sigonella, Norfolk e Wahiawa, che sino ad allora avevano operato in modo indipendente. Il contractor ha pure fornito le tecnologie per ridurre la larghezza della banda di trasmissione dei tre impianti, in modo da renderli idonei a ricevere i dati audio e video raccolti dai nuovi velivoli senza pilota Global Hawk dell’US Air Force, destinati in buona parte ad operare dalla base siciliana di Sigonella.


La tappa successiva del programma di sviluppo del Global Broadcast Service prevede la sua piena integrazione nel Defense Satellite Communications System del Dipartimento della Difesa. Con il lancio nello spazio dei satelliti militari Delta IV, Atlas V e WGS 1, si darà vita ad un unico sistema di telecomunicazioni spaziali, denominato “Wideband Global SATCOM (WGS) Satellites”. “Il WGS sarà l’elemento chiave del futuro sistema di telecomunicazioni delle forze armate USA ed alleate a livello globale”, spiega il Pentagono. “Esso assicurerà il comando tattico, il controllo, le comunicazioni, i sistemi informatici, d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento C4ISR, e la gestione delle operazioni di guerra”.


La nuova architettura delle comunicazioni per le Star Wars USA (a cui partecipano Raytheon, Boeing, EDS, Hughes e Lochkeed Martin), sarà operativa entro il 2015 con il completamento del MUOS (Mobile User Objetive System), il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari in UHF che si affiancherà agli UFO, i cui terminal terrestri sono in avanzata fase di realizzazione a Niscemi (Caltanissetta), Kojarena-Geraldton (Australia) e nelle basi del GBS di Norfolk e Wahiawa. La stazione di telecomunicazioni dell’US Navy di Niscemi è stata scelta al posto di Sigonella dopo che uno studio sulle onde elettromagnetiche dell’antenna UHF del sistema MUOS aveva determinato che esse potevano causare la detonazione dei sistemi d’arma e creare gravi pericoli al traffico aereo che anima lo scalo militare siciliano. Come abbiamo visto anche i terminal del Global Broadcast Service emettono segnali simili in UHF.


Il 50° Squadrone per le Comunicazioni Spaziali che ha assunto il controllo delle facilities di Sigonella, Norfolk e Wahiawa, appartiene al 50th Space Wing con sede nella base aerea di Schriever, Colorado. Attivato nel 1997, lo squadrone assicura il controllo, il coordinamento e il funzionamento dei sistemi tecnologici e informatici dei programmi satellitari del Dipartimento della Difesa, garantendo il loro collegamento con più di 170 satelliti e i centri di comunicazione delle forze NATO e di altri alleati regionali degli Stati Uniti d’America. Il 50th SCS opera pure in 22 nodi della Defense Information Systems Agency, utilizzati per le trasmissioni supersegrete con 485 stazioni militari di spionaggio distribuite in tutti e cinque continnete. Lo squadrone amministra infine il “Major Command Communications Coordination Center” dell’aeronautica militare e il controllo della Rete Informatica Digitale Spaziale delle forze armate USA.


di Antonio Mazzeo

31 marzo 2009

Sito aggiornato www.blog.fantapolitik.com

Il vero mestiere dei nostri banchieri

non-arrendersi-mai

Sei miliardi e mezzo di euro. A tanto ammontano i profitti delle prime due banche italiane, UniCredit e Intesa Sanpaolo, nel 2008.

Più delle risorse nette destinate dal governo al rilancio dell´economia nel 2008, 2009 e 2010 messi insieme, che raggiungono a malapena lo 0,3 per cento del nostro prodotto interno lordo. Ma perché allora aiutiamo le banche con i soldi dei contribuenti? E dobbiamo davvero essere "fieri delle nostre banche", come sostenuto da Alessandro Profumo nel presentare alla stampa i conti del gruppo Unicredit? Sono domande che molti italiani si stanno ponendo in questi giorni.

Partiamo dalla prima domanda. È giusto intervenire a sostegno delle nostre banche perché sono state, nonostante questi preannunciati megaprofitti, nell´occhio del ciclone, al punto che il titolo Unicredit era arrivato a perdere fino al 60% da inizio d´anno e l´80% da luglio 2008, prima della resurrezione degli ultimi giorni. Inoltre il peggio potrebbe ancora venire perché sono sempre di più le imprese che non riescono a ripagare i propri debiti, ci dovranno essere più accantonamenti (quindi meno profitti) a fronte di rischi più elevati e la discesa dei tassi ha eroso proprio i margini su cui sono stati costruiti i megaprofitti. Infine, più che di aiuti sin qui si è trattato di interventi che potenzialmente offrono al Tesoro rendimenti superiori a quelli ottenibili sul mercato. Le stesse norme di alleggerimento fiscale per le fusioni e acquisizioni frequenti nel sistema bancario, come il cosiddetto "affrancamento" dell´avviamento, introdotto a novembre 2008, sono servite per lo più a compensare gli inasprimenti fiscali per le sole banche introdotti qualche mese prima nel nome di Robin Hood.

La seconda domanda è più impegnativa. Venerdì è fallita la Firstcity Bank della Georgia, la diciottesima banca costretta a chiudere i battenti negli Stati Uniti nel solo 2009. In Italia, invece, sin qui le banche non solo non sono fallite, ma addirittura macinano profitti. Bene, anzi, molto bene. Tuttavia, prima di essere fieri delle nostre banche bisogna interrogarsi sulla natura dei loro profitti e capire perché sono stati sin qui relativamente impermeabili alla crisi internazionale. La mia impressione è che sia l´impermeabilità di chi non si tuffa in acqua e, quindi, avverte solo gli spruzzi della tempesta dal litorale. Non deve nascondere i problemi strutturali del nostro sistema bancario, l´altra faccia della medaglia delle debolezze del nostro sistema economico. Le banche italiane ottengono i loro profitti da rendite di posizione nell´accesso al risparmio delle famiglie italiane e nella vendita dei prodotti dei fondi comuni di investimento. Per le banche l´Italia è stato il paese in cui tutte le famiglie sono da mungere. Lo dimostrano diverse analisi comparate sui costi dei servizi bancari nei paesi Ocse: commissioni più alte sui depositi e, nonostante questo, un divario maggiore fra tassi attivi (quelli chiesti alle famiglie che prendono a prestito) e passivi (quelli che remunerano i depositi). Le banche italiane ricavano dai primi il doppio di quanto spendano per i secondi, mentre negli altri paesi dell´Unione Europea a 15 il rapporto è al massimo di 3 a 2. Costano di più anche i crediti al consumo e i mutui offerti alle famiglie. Le banche italiane hanno poi di fatto svuotato i fondi comuni di investimento, di cui sono collocatori e quasi sempre proprietari, spingendo i clienti a comprare le loro obbligazioni bancarie. Poco da stupirsi nella patria dei conflitti di interesse. In ogni caso, il crollo dei fondi è avvenuto simultaneamente alla crescita delle obbligazioni bancarie. Sembrano l´uno lo specchio dell´altra. La concezione del ruolo sociale delle banche, per lunghi anni propugnata dalla stessa Banca d´Italia, è stata quella di chi lucra sui depositi, sulle famiglie, per aiutare le nostre fragili imprese. Per quanto già di per sé discutibile, questo principio è stato applicato al singolare, concentrando gli impieghi sui "grandi nomi" (il termine è dell´amministratore delegato di Deutsche Bank Italia). Queste scelte di concentrazione del credito, per di più offerto con spread risibili a imprese altamente indebitate, hanno molto poco a che fare con il mestiere del banchiere. Le banche abbondano così di sportellisti e non difettano di grandi relazioni con le grandi famiglie, ma mancano di personale in grado di leggere un business plan e di selezionare tra tante piccole imprese quelle che sono meritorie di credito.

Bene allora che una stampa sempre più indebitata, quindi pericolosamente sensibile alle ragioni delle nostre banche, si guardi bene dal celebrarne le gesta in questi giorni in cui si annunciano risultati lusinghieri. Importante anche che il Governo eviti la demagogia e il do ut des. Lasci fare ai prefetti il loro mestiere augurandosi che il loro intervento non sia necessario, ricordandosi che agli inizi del secolo scorso i prefetti telegrafavano a Giolitti che non avrebbero potuto garantire l´ordine pubblico se le banche fossero fallite. Lasci anche che i banchieri facciano il loro mestiere invece di concedere loro crediti (oppure laute commissioni per salvare Alitalia) per poi chiedere in cambio impegni a finanziare quanto l´esecutivo concede alle parti sociali, come nel caso del fondo di garanzia per le piccole imprese. Devono essere le banche, da sole, a ristrutturarsi. Partendo proprio dal rivedere la governance, come ripetutamente richiesto dal Governatore di Banca d´Italia. C´è troppa concentrazione della proprietà e ci sono troppe commistioni tra i consigli di amministrazione di istituti che dovrebbero essere tra di loro concorrenti. Non è certo così che ci potranno aiutare ad uscire al più presto dalla crisi.

di Tito Boeri

01 aprile 2009

Sigonella è sempre più spaziale

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.. Global Broadcast Service (GBS) e dal marzo 2009 i terminal terrestri presenti a Sigonella e nelle basi “sorelle” di Norfolk (Virginia) e Wahiawa (isole Hawaii) sono passati sotto il comando e il controllo del 50th Space Communications Squadron, lo speciale squadrone di telecomunicazioni spaziali dell’US Air Force.

“Il trasferimento del Global Broadcast Service al 50th SCS è finalizzato ad accrescere l’operatività e l’efficienza del sistema di supporto stellare a favore delle missioni dell’US Pacific Command”, ha dichiarato il colonnello Donald Fielden, comandante del 50° squadrone di telecomunicazioni spaziali. “Il GBS è parte integrante dell’arsenale informativo che abbiano creato per le operazioni di guerra in un’area geografica che si estende dall’oceano Pacifico all’Afghanistan. Accrescendo la flessibilità del GBS, siamo in grado di aumentare direttamente le funzioni delle nostre truppe all’estero, potenziandone enormemente le funzioni”.


Il Global Broadcast Service è il sistema chiave per le trasmissioni satellitari di altissimo livello strategico. Sviluppato nella seconda metà degli anni ’90, è divenuto pienamente operativo solo a partire dal 2005 con l’installazione dei terminal terrestri a Sigonella, Norfolk e Wahiawa. Il GBS, come riferito dai vertici delle forze armate USA, “assicura la trasmissione veloce e in qualsiasi parte del globo di video, immagini ed altre informazioni top secret o non coperte da segreto su richiesta delle forze militari”. Il Global Broadcast Service garantisce alle unità le informazioni di fonte satellitare che sono considerate prioritarie dai Comandi delle forze armate “per condurre nel migliore dei modi e con precisione le operazioni di conflitto armato”. “Il GBS – aggiungono i manuali USA - sostiene le operazioni di routine e le esercitazioni militari, le attività speciali, le risposte in caso di crisi, la predisposizione degli obiettivi degli attacchi. Il GBS supporterà inoltre il passaggio e la conduzione di brevi operazioni di guerra nucleare”.


Ai tre siti terrestri del Global Broadcast Service giungono costantemente flussi di dati provenienti da varie fonti d’intelligence, inclusi i comandi e le agenzie metereologiche, dai velivoli senza pilota UAV di nuova generazione e finanche dai network televisivi commerciali. Nelle stazioni di Sigonella, Norfolk e Wahiawa le informazioni vengono immagazzinate, selezionate ed elaborate, e successivamente inviate ai satelliti distanti 22,300 miglia, grazie a potentissime antenne che trasmettono in UHF ed EHF (Ultra and Extremely High Frequency – frequenze ultra e ed estremamente alte, con un range compreso cioè tra i 300Mhz e i 300Ghz, quello cioè delle cosiddette “microonde”).


Attualmente sono sei i satelliti geostazionari connessi ai terminal terrestri GBS: i due Ultra-high Frequency Follow-On (UFO) Satellites 8 e 10, che trasmettono intorno ai 20.2-21.2 GHz (Ka-band), e quattro “satelliti commerciali” (Ku Band). Ad essi è assegnato il compito di trasferire ordini e dati informativi ad oltre 700 siti di ricezione terrestri dell’esercito, della marina e dell’aeronautica militare USA realizzati in differenti aree operative internazionali. Come ricorda ancora il colonnello Donald Fielden del 50th Space Communications Squadron, “le operazioni Enduring Freedom e Iraqi Freedom hanno evidenziato come il GBS sia una componente integrale e vitale per i nostri sistemi di guerra”.


Dopo la messa in orbita dei satellite UFO e la realizzazione dei tre centri terrestri in Sicilia, Virginia e nelle Hawaii, nel 2007 ha preso il via la “fase 2” di sviluppo globale del GBS. È stato sottoscritto un contratto di 30 milioni di dollari con il colosso dell’industria bellica statunitense Raytheon per unificare sotto un unico centro di controllo i terminal terrestri di Sigonella, Norfolk e Wahiawa, che sino ad allora avevano operato in modo indipendente. Il contractor ha pure fornito le tecnologie per ridurre la larghezza della banda di trasmissione dei tre impianti, in modo da renderli idonei a ricevere i dati audio e video raccolti dai nuovi velivoli senza pilota Global Hawk dell’US Air Force, destinati in buona parte ad operare dalla base siciliana di Sigonella.


La tappa successiva del programma di sviluppo del Global Broadcast Service prevede la sua piena integrazione nel Defense Satellite Communications System del Dipartimento della Difesa. Con il lancio nello spazio dei satelliti militari Delta IV, Atlas V e WGS 1, si darà vita ad un unico sistema di telecomunicazioni spaziali, denominato “Wideband Global SATCOM (WGS) Satellites”. “Il WGS sarà l’elemento chiave del futuro sistema di telecomunicazioni delle forze armate USA ed alleate a livello globale”, spiega il Pentagono. “Esso assicurerà il comando tattico, il controllo, le comunicazioni, i sistemi informatici, d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento C4ISR, e la gestione delle operazioni di guerra”.


La nuova architettura delle comunicazioni per le Star Wars USA (a cui partecipano Raytheon, Boeing, EDS, Hughes e Lochkeed Martin), sarà operativa entro il 2015 con il completamento del MUOS (Mobile User Objetive System), il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari in UHF che si affiancherà agli UFO, i cui terminal terrestri sono in avanzata fase di realizzazione a Niscemi (Caltanissetta), Kojarena-Geraldton (Australia) e nelle basi del GBS di Norfolk e Wahiawa. La stazione di telecomunicazioni dell’US Navy di Niscemi è stata scelta al posto di Sigonella dopo che uno studio sulle onde elettromagnetiche dell’antenna UHF del sistema MUOS aveva determinato che esse potevano causare la detonazione dei sistemi d’arma e creare gravi pericoli al traffico aereo che anima lo scalo militare siciliano. Come abbiamo visto anche i terminal del Global Broadcast Service emettono segnali simili in UHF.


Il 50° Squadrone per le Comunicazioni Spaziali che ha assunto il controllo delle facilities di Sigonella, Norfolk e Wahiawa, appartiene al 50th Space Wing con sede nella base aerea di Schriever, Colorado. Attivato nel 1997, lo squadrone assicura il controllo, il coordinamento e il funzionamento dei sistemi tecnologici e informatici dei programmi satellitari del Dipartimento della Difesa, garantendo il loro collegamento con più di 170 satelliti e i centri di comunicazione delle forze NATO e di altri alleati regionali degli Stati Uniti d’America. Il 50th SCS opera pure in 22 nodi della Defense Information Systems Agency, utilizzati per le trasmissioni supersegrete con 485 stazioni militari di spionaggio distribuite in tutti e cinque continnete. Lo squadrone amministra infine il “Major Command Communications Coordination Center” dell’aeronautica militare e il controllo della Rete Informatica Digitale Spaziale delle forze armate USA.


di Antonio Mazzeo

31 marzo 2009

Sito aggiornato www.blog.fantapolitik.com

Il vero mestiere dei nostri banchieri

non-arrendersi-mai

Sei miliardi e mezzo di euro. A tanto ammontano i profitti delle prime due banche italiane, UniCredit e Intesa Sanpaolo, nel 2008.

Più delle risorse nette destinate dal governo al rilancio dell´economia nel 2008, 2009 e 2010 messi insieme, che raggiungono a malapena lo 0,3 per cento del nostro prodotto interno lordo. Ma perché allora aiutiamo le banche con i soldi dei contribuenti? E dobbiamo davvero essere "fieri delle nostre banche", come sostenuto da Alessandro Profumo nel presentare alla stampa i conti del gruppo Unicredit? Sono domande che molti italiani si stanno ponendo in questi giorni.

Partiamo dalla prima domanda. È giusto intervenire a sostegno delle nostre banche perché sono state, nonostante questi preannunciati megaprofitti, nell´occhio del ciclone, al punto che il titolo Unicredit era arrivato a perdere fino al 60% da inizio d´anno e l´80% da luglio 2008, prima della resurrezione degli ultimi giorni. Inoltre il peggio potrebbe ancora venire perché sono sempre di più le imprese che non riescono a ripagare i propri debiti, ci dovranno essere più accantonamenti (quindi meno profitti) a fronte di rischi più elevati e la discesa dei tassi ha eroso proprio i margini su cui sono stati costruiti i megaprofitti. Infine, più che di aiuti sin qui si è trattato di interventi che potenzialmente offrono al Tesoro rendimenti superiori a quelli ottenibili sul mercato. Le stesse norme di alleggerimento fiscale per le fusioni e acquisizioni frequenti nel sistema bancario, come il cosiddetto "affrancamento" dell´avviamento, introdotto a novembre 2008, sono servite per lo più a compensare gli inasprimenti fiscali per le sole banche introdotti qualche mese prima nel nome di Robin Hood.

La seconda domanda è più impegnativa. Venerdì è fallita la Firstcity Bank della Georgia, la diciottesima banca costretta a chiudere i battenti negli Stati Uniti nel solo 2009. In Italia, invece, sin qui le banche non solo non sono fallite, ma addirittura macinano profitti. Bene, anzi, molto bene. Tuttavia, prima di essere fieri delle nostre banche bisogna interrogarsi sulla natura dei loro profitti e capire perché sono stati sin qui relativamente impermeabili alla crisi internazionale. La mia impressione è che sia l´impermeabilità di chi non si tuffa in acqua e, quindi, avverte solo gli spruzzi della tempesta dal litorale. Non deve nascondere i problemi strutturali del nostro sistema bancario, l´altra faccia della medaglia delle debolezze del nostro sistema economico. Le banche italiane ottengono i loro profitti da rendite di posizione nell´accesso al risparmio delle famiglie italiane e nella vendita dei prodotti dei fondi comuni di investimento. Per le banche l´Italia è stato il paese in cui tutte le famiglie sono da mungere. Lo dimostrano diverse analisi comparate sui costi dei servizi bancari nei paesi Ocse: commissioni più alte sui depositi e, nonostante questo, un divario maggiore fra tassi attivi (quelli chiesti alle famiglie che prendono a prestito) e passivi (quelli che remunerano i depositi). Le banche italiane ricavano dai primi il doppio di quanto spendano per i secondi, mentre negli altri paesi dell´Unione Europea a 15 il rapporto è al massimo di 3 a 2. Costano di più anche i crediti al consumo e i mutui offerti alle famiglie. Le banche italiane hanno poi di fatto svuotato i fondi comuni di investimento, di cui sono collocatori e quasi sempre proprietari, spingendo i clienti a comprare le loro obbligazioni bancarie. Poco da stupirsi nella patria dei conflitti di interesse. In ogni caso, il crollo dei fondi è avvenuto simultaneamente alla crescita delle obbligazioni bancarie. Sembrano l´uno lo specchio dell´altra. La concezione del ruolo sociale delle banche, per lunghi anni propugnata dalla stessa Banca d´Italia, è stata quella di chi lucra sui depositi, sulle famiglie, per aiutare le nostre fragili imprese. Per quanto già di per sé discutibile, questo principio è stato applicato al singolare, concentrando gli impieghi sui "grandi nomi" (il termine è dell´amministratore delegato di Deutsche Bank Italia). Queste scelte di concentrazione del credito, per di più offerto con spread risibili a imprese altamente indebitate, hanno molto poco a che fare con il mestiere del banchiere. Le banche abbondano così di sportellisti e non difettano di grandi relazioni con le grandi famiglie, ma mancano di personale in grado di leggere un business plan e di selezionare tra tante piccole imprese quelle che sono meritorie di credito.

Bene allora che una stampa sempre più indebitata, quindi pericolosamente sensibile alle ragioni delle nostre banche, si guardi bene dal celebrarne le gesta in questi giorni in cui si annunciano risultati lusinghieri. Importante anche che il Governo eviti la demagogia e il do ut des. Lasci fare ai prefetti il loro mestiere augurandosi che il loro intervento non sia necessario, ricordandosi che agli inizi del secolo scorso i prefetti telegrafavano a Giolitti che non avrebbero potuto garantire l´ordine pubblico se le banche fossero fallite. Lasci anche che i banchieri facciano il loro mestiere invece di concedere loro crediti (oppure laute commissioni per salvare Alitalia) per poi chiedere in cambio impegni a finanziare quanto l´esecutivo concede alle parti sociali, come nel caso del fondo di garanzia per le piccole imprese. Devono essere le banche, da sole, a ristrutturarsi. Partendo proprio dal rivedere la governance, come ripetutamente richiesto dal Governatore di Banca d´Italia. C´è troppa concentrazione della proprietà e ci sono troppe commistioni tra i consigli di amministrazione di istituti che dovrebbero essere tra di loro concorrenti. Non è certo così che ci potranno aiutare ad uscire al più presto dalla crisi.

di Tito Boeri