01 novembre 2009

Il trattato di Lisbona estorce l'ultimo sì

Il Trattato di Lisbona, creato per sostituire il precedente progetto di Costituzione Europea affossato nel 2005 dai no dei referendum francese ed olandese, già da tempo ratificato dal parlamento italiano
all’unanimità, sembra essere ormai in dirittura d’arrivo. Dopo un percorso assai tortuoso che pareva essersi spezzato inesorabilmente nel giugno dello scorso anno, quando il referendum in Irlanda decretò una secca bocciatura del documento, la protervia e la tenacia messa in mostra dai grandi poteri finanziari ed economici che governano l’Europa, sembra essere riuscita ad avere ragione anche degli ultimi aneliti di scetticismo.

A seguito di tutta una serie di forzature che fotografano appieno la qualità dello spirito democratico che animerà la nuova Europa, il referendum irlandese è stato ripetuto una seconda volta lo scorso 2 ottobre, riuscendo in questo caso a spuntare un sofferto si, dopo una campagna elettorale ossessiva e infarcita di mistificazioni in favore dell’approvazione del Trattato, portata avanti sfruttando l’argomento della crisi economica.
Il 10 ottobre è stata la volta della ratifica da parte del Presidente polacco Lech Kaczynski, le cui perplessità sono state “addomesticate” con estremo vigore dal Presidente della Commissione Europea Barroso e dal Premier svedese Fredrick Reinfeldt, Presidente di turno dell’Unione, entrambi presenti alla cerimonia.
Ieri i leader della UE hanno accolto unanimemente la deroga richiesta dalla Repubblica ceca, unico paese a non avere ancora sottoscritto il Trattato, aprendo la strada alla ratifica da parte del Presidente Vaclav Klaus, dopo che il prossimo 3 novembre la Corte Costituzionale, si sarà pronunciata sulla legittimità del Trattato di Lisbona rispetto all'ordinamento ceco. A questo riguardo va sottolineato come le pressioni da parte della UE nei confronti di Klaus, notoriamente scettico nei confronti di questo modello di Europa, siano state fortissime, spaziando dagli ammonimenti concernenti i costi determinati dai ritardi nella ratifica, per giungere alle vere e proprie minacce neppure troppo velate.

Caduto (o meglio fatto cadere a forza) anche l’ultimo ostacolo sembra dunque ormai spianata la strada per la nuova Europa, lastricata di falsi buoni propositi ma in realtà caratterizzata dal progressivo regresso delle conquiste sociali che i suoi cittadini avevano conquistato nel corso della seconda metà del novecento.
Un'Europa sempre più schiava delle Corporation, delle banche, delle grandi multinazionali, all’interno della quale perderà sempre più importanza il valore dell'individuo, deprivato dei propri diritti ed immolato sull'altare della competitività, del mercato e della concorrenza. Un'Europa sempre più privatizzata, succube della competizione sfrenata, probabilmente più omogenea solamente perché appiattita su un livello di qualità della vita decisamente più basso rispetto a quello di oggi.

di Marco Cedolin

27 ottobre 2009

Facebook appartiene alla CIA?


Quando il delirio speculativo di Wall Street ha fatto credere agli improvvidi che il valore di Facebook ammontava a 15 milioni di dollari, nel 2008 Zuckerberg è diventato il miliardario “che si è fatto tutto da solo”, il più giovane della storia della “graduatoria” della rivista Forbes, con 1500 milioni di dollari. A quel momento, il capitale di rischio investito dalla CIA sembrava avere ottenuto degli ottimi rendimenti, ma nel 2009 il “valore” di Facebook è andato ad aggiustarsi al suo valore reale e Zuckerberg è scomparso dalla graduatoria Forbes.

La bolla Facebook si è gonfiata quando William Gates, il titolare di Microsoft, vi acquisiva nell’ottobre 2007 una partecipazione dell’1.6%, per un ammontare di 240 milioni di dollari.

Questa operazione induceva a fare il ragionamento per cui, se l’1% di Facebook corrispondeva a 150 milioni di dollari, allora il valore del 100% doveva ammontare a 15 miliardi di dollari, ma il sotterfugio finiva per apparire nella sua piena luce.

La questione di fondo è che Facebook esiste grazie ad un investimento di capitali di rischio della CIA. Nel 2009, i grandi mezzi di comunicazione non si sono risparmiati nel produrre “propaganda informativa” per rendere omaggio a Zuckerberg come paradigma del giovane imprenditore di successo, ma la diffusione reiterata di questa “informazione” non è stata in grado di indurre la rivista Forbes a mantenerlo nella sua graduatoria, versione 2009. (1) Il bambino prodigio spariva dalla lista, malgrado l’intensa campagna propagandistica della CNN e della grande stampa mondiale, che riflettevano gli interessi di Wall Street. La lista Forbes corrisponde ad un Premio Oscar dei grandi affari e fa gonfiare o sgonfiare il valore delle azioni.

La CIA ha investito in Facebook molto prima che questa rete divenisse una delle reti sociali più popolari di Internet, questo secondo una inchiesta del giornalista britannico Tom Hodgkinson pubblicata nel

2008 nel giornale inglese The Guardian (3) e ripresa e commentata da qualche mezzo di comunicazione indipendente di lingua inglese, ma senza alcuna ripercussione nella grande stampa.

La propaganda corporativa ha trasformato il portale sociale Facebook in sinonimo di successo, di popolarità, e nel contempo di buoni affari. Facebook si presenta come un inoffensivo sito web di relazioni sociali, che facilità i rapporti interpersonali. La sua popolarità ha fatto prevedere che i suoi approssimativamente 70 milioni di utilizzatori potrebbero aumentare in un paio di anni a 200 milioni nel mondo intero, dato che nelle migliori settimane Facebook è arrivato a ricevere fino a due milioni di nuovi utilizzatori. Nel frattempo, Facebook non convince proprio tutti!

Critiche e detrattori

“Colui che non compare su Facebook non conta nulla o si colloca fuori del sistema”, affermano taluni. Al contrario, altri dichiarano che si tratta di uno strumento atto a costruirsi una nuova immagine senza contenuti, per darsi dell’importanza nel mega-supermercato che è diventato Internet, sostituto dei posti pubblici di anziana memoria. I più pragmatici sostengono che Facebook consiste solo in uno strumento per ritrovarsi fra vecchi compagni di infanzia o di gioventù, che si sono persi di vista fra i movimenti della vita.

I suoi difensori di sinistra ribadiscono invece che Facebook serve a promuovere le lotte contro la globalizzazione e a coordinare campagne contro attività come le riunioni del G8.

Il giornalista spagnolo Pascual Serrano ha descritto come Facebook sia stato utilizzato dal governo della Colombia per coordinare la giornata mondiale contro le FARC, che nel 2008 ha marcato lo scatenarsi dell’offensiva propagandista contro la guerriglia, che continua tutt’oggi.

Ed è molto evidente come Facebook sia stato utilizzato dalla CIA.

Per Walter Goobar, di MiradasAlSur.com, “si è trattato in realtà di un esperimento di manipolazione globale: [...] Facebook è uno strumento sofisticato finanziato dall’Ufficio Centrale d’Informazione, la CIA, che non solamente lo utilizza per il reclutamento di agenti e per la compilazione di informazioni in lungo e in largo attraverso tutto il pianeta, ma anche per allestire operazioni sotto copertura.”

A grandi linee, Facebook è uno strumento di comunicazione che consente di contattare e di archiviare indirizzi ed altri dati relativi a famigliari ed amici. Per istituzioni come il ministero di Sicurezza per la Patria, degli Stati Uniti, e, in generale, per l’insieme degli apparati di sicurezza dello Stato, consacratisi con pari entusiasmo al “nemico” interno come a quello esterno, dopo l’era Bush, Facebook è una miniera di informazioni sulle amicizie dei suoi utilizzatori.

Milioni di utenti offrono informazioni sulla loro identità, fotografie, e liste di oggetti di consumo da loro preferiti.

Un messaggio proveniente da un amico invita all’iscrizione e a partecipare a Facebook.

I dati personali, spesso catturati da ogni sorta di truffatori e clonatori di carte bancarie, vanno inoltre ad approdare nei dischi rigidi dei computers dei sistemi di sicurezza degli USA.

Il sistema Beacon di Facebook realizza degli elenchi di utenti e associati, includendovi anche coloro che non si sono mai iscritti o quelli che hanno disattivato la loro registrazione. Facebook si dimostra essere più pratico e rapido degli InfraGard (2), che corrispondono a 23.000 micro-comunità o “cellule” di piccoli commercianti-informatori organizzati dall’FBI al fine di conoscere i profili psico-politici della loro clientela.

Dopo il dicembre 2006, la CIA ha utilizzato Facebook per reclutare nuovi agenti.

Altre organizzazioni governative devono sottoporre il reclutamento e gli ingaggi a regole federali, ma la CIA ha acquisito una maggior libertà di azione che non ha avuto mai nemmeno sotto l’amministrazione Bush, perfino per torturare senza salvare nemmeno le apparenze.

La CIA ha dichiarato: “ Non è necessario ottenere un qualsivoglia permesso per poterci inserire in questa rete sociale.”

Capitale di rischio della CIA

Il giornalista britannico Tom Hodgkinson ha lanciato un ben motivato segnale di allarme rispetto alla proprietà della CIA su Facebook in un articolo ben documentato, “With friends like these…”, pubblicato nel giornale londinese The Guardian, il 14 gennaio 2008 (3).

Il giornalista ha sottolineato come dopo l’11 settembre 2001 l’entusiasmo per l’alta tecnologia si è assolutamente intensificato.

Entusiasmo che aveva già catturato gli apparati di sicurezza degli Stati Uniti, dopo che costoro avevano creato due anni innanzi il fondo di capitali “In-Q-Tel”, per far fronte ad opportunità di investimenti a rischio nelle alte tecnologie.

Secondo il giornalista Hodgkinson, i collegamenti di Facebook con la CIA passano attraverso Jim Breyer, uno dei tre associati chiave che nell’aprile 2005 ha investito in questa rete sociale 12,7 milioni di dollari, associato anche al fondo di capitali Accel Partners, membro dei consigli direttivi di giganti del calibro di Wal-Mart e Marvel Entertainment e per di più ex-presidente di National Venture Capital Association (NVCA), caratterizzata nell’investire su giovani talenti.

Hodgkinson ha scritto: “La più recente tornata di finanziamenti di Facebook è stata condotta da una compagnia finanziaria denominata Greylock Venture Capital, che vi ha impegnato 27,5 milioni di dollari.

Uno dei più importanti associati di Greylock si chiama Howard Cox, che è un altro ex-presidente di NVCA, che inoltre fa parte del consiglio direttivo di In-Q-Tel”.

“E In-Q-Tel, in cosa si configura?” si domanda Hodgkinson. “Bene, che lo crediate o no, (comunque lo potete verificare sul suo sito web) si tratta di un fondo di capitali a rischio della CIA. Creato nel 1999, la sua missione è quella di “individuare e di associarsi a società che sono intenzionate a sviluppare nuove tecnologie, per sostenere l’apporto di nuove soluzioni necessarie all’Ufficio Centrale d’Informazione CIA”.

La pagina web di In-Q-Tel (4) raccomandata da Hodgkinson è del tutto esplicita: “Nel 1998, il Direttore della Centrale di Intelligence (DCI) identificava la tecnologia come una prerogativa strategica superiore, direttamente connessa ai progressi della CIA nelle future tecnologie per migliorare le sue missioni di base, di compilazione e di analisi. I responsabili della Direzione di Scienza e Tecnologia hanno elaborato un piano radicale per creare una nuova struttura d’impresa con il compito di consentire un accresciuto accesso dell’Agenzia all’innovazione del settore privato.”

Anche aggiungendo ancora acqua non potremo avere più limpidità, conclude Hodgkinson.

di Ernesto Carmona

26 ottobre 2009

Mussolini era un agente britannico,


La notizia pubblicata dal Guardian il 14 ottobre, sugli assegni pagati dall'intelligence britannico a Mussolini nel 1917, ha avuto grande eco su tutte le testate mondiali. Molti gli interrogativi sollevati, ma non quello centrale: gli inglesi promossero il fascismo? Che Mussolini fosse stato finanziato dal MI5 era già stato menzionato da Sir Samuel Hoare nelle sue memorie nel 1954, ma ora uno storico di Cambridge, Peter Martland, ha trovato le ricevute dei pagamenti nelle carte dell'ex ministro degli Esteri britannico, che nel 1917 dirigeva un gruppo di 100 agenti del MI5 a Roma.

Il motivo del finanziamento, che ammontava all'equivalente di 6000 sterline odierne alla settimana, era quello di sostenere la campagna di Mussolini a favore della continuazione dello sforzo bellico italiano al fianco di Francia e Gran Bretagna. Il momento era delicato: infatti, si erano succedute diverse iniziative di pace, da quella, fallita, del ministro degli esteri austriaco Czernin per una pace separata con la Francia all'appello di Papa Benedetto XV ai capi delle potenze belligeranti, che ebbe sicuramente un grande impatto in Italia. È dunque credibile che gli inglesi, che consideravano l'Italia "l'alleato bellico meno affidabile", raddoppiassero gli sforzi per impedire una pace separata e continuare la carneficina sul continente.

Ma la simpatia britannica per Mussolini andava oltre la contingenza. È noto che Churchill ammirava il Duce e condusse una corrispondenza fino a pochi giorni dall'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale. Corrispondenza che molto probabilmente il Duce, in fuga verso la Svizzera nell'aprile 1945, recava con sé come lasciapassare e che scomparve dopo che Mussolini e la Petacci furono catturati e uccisi per ordine di Churchill.

Come ha documentato Jeff Steinberg in un articolo sull'EIR il 30 maggio 2003, sia il fascismo che il nazismo furono promossi da un'alleanza internazionale di finanzieri, di cui Samuel Hoare era autorevole membro. Questo gruppo si raccoglieva attorno a formazioni semi-segrete come il "Movimento Sinarchista dell'Impero" o ufficiali come, dal 1922, l'Unione Paneuropea fondata dal conte Coudenhouve-Kalergi.

Nei rapporti dell'intelligence americano durante la seconda guerra mondiale, raccolti da William Langer nel libro "Our Vichy Gamble", si descrivono gli scopi di questo gruppo come "il sogno di un nuovo sistema di 'sinarchia', e cioè il governo d'Europa su principii fascisti da parte di una fratellanza internazionale di finanzieri e industriali". Nell'ambito di questo disegno, una influente fazione dell'Impero Britannico, che comprendeva Hoare e Lord Beaverbrook, pianificò persino un colpo di stato per rovesciare Churchill e instaurare un governo filo-fascista a Londra.

Nel 1930, l'alleanza sinarchista diede vita alla Banca per i Regolamenti Internazionali (BIS). Gli artefici principali della BIS furono Montagu Norman, capo della Bank of England, Hjalmar Schacht (che poi divenne ministro dell'economia di Hitler) e Alberto Beneduce, il capo della politica economica del fascismo. Lo scopo della BIS fu di assicurare la stabilità del sistema monetario e finanziario post-Versailles, dominato dalla Gran Bretagna e basato sulle riparazioni di guerra imposte alla Germania.

Lo storico americano Carroll Quigley descrive la BIS così: "Questo sistema avrebbe dovuto essere controllato in modo feudale dalle banche centrali del mondo agenti in concerto, con accordi segreti stipulati nel corso di frequenti incontri e conferenze privati. L'apice del sistema doveva essere la Banca per i Regolamenti Internazionali di Basilea, una banca privata posseduta e controllata dalle banche centrali, esse stesse delle imprese private. Ogni banca centrale, nelle mani di uomini come Montagu Norman della Bank of England, Benjamin Strong della Federal Reserve di New York, Charles Rist della Banca di Francia e Hjalmar Schacht della Reichsbank, si adoperava per dominare il proprio governo tramite la sua abilità nel controllare i prestiti del Tesoro, manipolare i cambi esteri, influenzare il livello di attività economica nel paese e influenzare i politici compiacenti con successive remunerazioni nel mondo degli affari".

L'ostacolo iniziale alla partecipazione italiana era il pericolo di interferenza governativa sulla Banca d'Italia. Beneduce, come plenipotenziario di Mussolini, offrì la massima garanzia di indipendenza e riuscì a convincere Norman. Fu nominato vicepresidente della BIS.

Il ruolo della BIS nel promuovere l'ascesa al potere di Hitler è ben documentato nel libro "Das Hitler-Buch", scritto da un gruppo di ricercatori guidati da Helga Zepp-LaRouche (Wiesbaden, 1984).

by (MoviSol)

01 novembre 2009

Il trattato di Lisbona estorce l'ultimo sì

Il Trattato di Lisbona, creato per sostituire il precedente progetto di Costituzione Europea affossato nel 2005 dai no dei referendum francese ed olandese, già da tempo ratificato dal parlamento italiano
all’unanimità, sembra essere ormai in dirittura d’arrivo. Dopo un percorso assai tortuoso che pareva essersi spezzato inesorabilmente nel giugno dello scorso anno, quando il referendum in Irlanda decretò una secca bocciatura del documento, la protervia e la tenacia messa in mostra dai grandi poteri finanziari ed economici che governano l’Europa, sembra essere riuscita ad avere ragione anche degli ultimi aneliti di scetticismo.

A seguito di tutta una serie di forzature che fotografano appieno la qualità dello spirito democratico che animerà la nuova Europa, il referendum irlandese è stato ripetuto una seconda volta lo scorso 2 ottobre, riuscendo in questo caso a spuntare un sofferto si, dopo una campagna elettorale ossessiva e infarcita di mistificazioni in favore dell’approvazione del Trattato, portata avanti sfruttando l’argomento della crisi economica.
Il 10 ottobre è stata la volta della ratifica da parte del Presidente polacco Lech Kaczynski, le cui perplessità sono state “addomesticate” con estremo vigore dal Presidente della Commissione Europea Barroso e dal Premier svedese Fredrick Reinfeldt, Presidente di turno dell’Unione, entrambi presenti alla cerimonia.
Ieri i leader della UE hanno accolto unanimemente la deroga richiesta dalla Repubblica ceca, unico paese a non avere ancora sottoscritto il Trattato, aprendo la strada alla ratifica da parte del Presidente Vaclav Klaus, dopo che il prossimo 3 novembre la Corte Costituzionale, si sarà pronunciata sulla legittimità del Trattato di Lisbona rispetto all'ordinamento ceco. A questo riguardo va sottolineato come le pressioni da parte della UE nei confronti di Klaus, notoriamente scettico nei confronti di questo modello di Europa, siano state fortissime, spaziando dagli ammonimenti concernenti i costi determinati dai ritardi nella ratifica, per giungere alle vere e proprie minacce neppure troppo velate.

Caduto (o meglio fatto cadere a forza) anche l’ultimo ostacolo sembra dunque ormai spianata la strada per la nuova Europa, lastricata di falsi buoni propositi ma in realtà caratterizzata dal progressivo regresso delle conquiste sociali che i suoi cittadini avevano conquistato nel corso della seconda metà del novecento.
Un'Europa sempre più schiava delle Corporation, delle banche, delle grandi multinazionali, all’interno della quale perderà sempre più importanza il valore dell'individuo, deprivato dei propri diritti ed immolato sull'altare della competitività, del mercato e della concorrenza. Un'Europa sempre più privatizzata, succube della competizione sfrenata, probabilmente più omogenea solamente perché appiattita su un livello di qualità della vita decisamente più basso rispetto a quello di oggi.

di Marco Cedolin

27 ottobre 2009

Facebook appartiene alla CIA?


Quando il delirio speculativo di Wall Street ha fatto credere agli improvvidi che il valore di Facebook ammontava a 15 milioni di dollari, nel 2008 Zuckerberg è diventato il miliardario “che si è fatto tutto da solo”, il più giovane della storia della “graduatoria” della rivista Forbes, con 1500 milioni di dollari. A quel momento, il capitale di rischio investito dalla CIA sembrava avere ottenuto degli ottimi rendimenti, ma nel 2009 il “valore” di Facebook è andato ad aggiustarsi al suo valore reale e Zuckerberg è scomparso dalla graduatoria Forbes.

La bolla Facebook si è gonfiata quando William Gates, il titolare di Microsoft, vi acquisiva nell’ottobre 2007 una partecipazione dell’1.6%, per un ammontare di 240 milioni di dollari.

Questa operazione induceva a fare il ragionamento per cui, se l’1% di Facebook corrispondeva a 150 milioni di dollari, allora il valore del 100% doveva ammontare a 15 miliardi di dollari, ma il sotterfugio finiva per apparire nella sua piena luce.

La questione di fondo è che Facebook esiste grazie ad un investimento di capitali di rischio della CIA. Nel 2009, i grandi mezzi di comunicazione non si sono risparmiati nel produrre “propaganda informativa” per rendere omaggio a Zuckerberg come paradigma del giovane imprenditore di successo, ma la diffusione reiterata di questa “informazione” non è stata in grado di indurre la rivista Forbes a mantenerlo nella sua graduatoria, versione 2009. (1) Il bambino prodigio spariva dalla lista, malgrado l’intensa campagna propagandistica della CNN e della grande stampa mondiale, che riflettevano gli interessi di Wall Street. La lista Forbes corrisponde ad un Premio Oscar dei grandi affari e fa gonfiare o sgonfiare il valore delle azioni.

La CIA ha investito in Facebook molto prima che questa rete divenisse una delle reti sociali più popolari di Internet, questo secondo una inchiesta del giornalista britannico Tom Hodgkinson pubblicata nel

2008 nel giornale inglese The Guardian (3) e ripresa e commentata da qualche mezzo di comunicazione indipendente di lingua inglese, ma senza alcuna ripercussione nella grande stampa.

La propaganda corporativa ha trasformato il portale sociale Facebook in sinonimo di successo, di popolarità, e nel contempo di buoni affari. Facebook si presenta come un inoffensivo sito web di relazioni sociali, che facilità i rapporti interpersonali. La sua popolarità ha fatto prevedere che i suoi approssimativamente 70 milioni di utilizzatori potrebbero aumentare in un paio di anni a 200 milioni nel mondo intero, dato che nelle migliori settimane Facebook è arrivato a ricevere fino a due milioni di nuovi utilizzatori. Nel frattempo, Facebook non convince proprio tutti!

Critiche e detrattori

“Colui che non compare su Facebook non conta nulla o si colloca fuori del sistema”, affermano taluni. Al contrario, altri dichiarano che si tratta di uno strumento atto a costruirsi una nuova immagine senza contenuti, per darsi dell’importanza nel mega-supermercato che è diventato Internet, sostituto dei posti pubblici di anziana memoria. I più pragmatici sostengono che Facebook consiste solo in uno strumento per ritrovarsi fra vecchi compagni di infanzia o di gioventù, che si sono persi di vista fra i movimenti della vita.

I suoi difensori di sinistra ribadiscono invece che Facebook serve a promuovere le lotte contro la globalizzazione e a coordinare campagne contro attività come le riunioni del G8.

Il giornalista spagnolo Pascual Serrano ha descritto come Facebook sia stato utilizzato dal governo della Colombia per coordinare la giornata mondiale contro le FARC, che nel 2008 ha marcato lo scatenarsi dell’offensiva propagandista contro la guerriglia, che continua tutt’oggi.

Ed è molto evidente come Facebook sia stato utilizzato dalla CIA.

Per Walter Goobar, di MiradasAlSur.com, “si è trattato in realtà di un esperimento di manipolazione globale: [...] Facebook è uno strumento sofisticato finanziato dall’Ufficio Centrale d’Informazione, la CIA, che non solamente lo utilizza per il reclutamento di agenti e per la compilazione di informazioni in lungo e in largo attraverso tutto il pianeta, ma anche per allestire operazioni sotto copertura.”

A grandi linee, Facebook è uno strumento di comunicazione che consente di contattare e di archiviare indirizzi ed altri dati relativi a famigliari ed amici. Per istituzioni come il ministero di Sicurezza per la Patria, degli Stati Uniti, e, in generale, per l’insieme degli apparati di sicurezza dello Stato, consacratisi con pari entusiasmo al “nemico” interno come a quello esterno, dopo l’era Bush, Facebook è una miniera di informazioni sulle amicizie dei suoi utilizzatori.

Milioni di utenti offrono informazioni sulla loro identità, fotografie, e liste di oggetti di consumo da loro preferiti.

Un messaggio proveniente da un amico invita all’iscrizione e a partecipare a Facebook.

I dati personali, spesso catturati da ogni sorta di truffatori e clonatori di carte bancarie, vanno inoltre ad approdare nei dischi rigidi dei computers dei sistemi di sicurezza degli USA.

Il sistema Beacon di Facebook realizza degli elenchi di utenti e associati, includendovi anche coloro che non si sono mai iscritti o quelli che hanno disattivato la loro registrazione. Facebook si dimostra essere più pratico e rapido degli InfraGard (2), che corrispondono a 23.000 micro-comunità o “cellule” di piccoli commercianti-informatori organizzati dall’FBI al fine di conoscere i profili psico-politici della loro clientela.

Dopo il dicembre 2006, la CIA ha utilizzato Facebook per reclutare nuovi agenti.

Altre organizzazioni governative devono sottoporre il reclutamento e gli ingaggi a regole federali, ma la CIA ha acquisito una maggior libertà di azione che non ha avuto mai nemmeno sotto l’amministrazione Bush, perfino per torturare senza salvare nemmeno le apparenze.

La CIA ha dichiarato: “ Non è necessario ottenere un qualsivoglia permesso per poterci inserire in questa rete sociale.”

Capitale di rischio della CIA

Il giornalista britannico Tom Hodgkinson ha lanciato un ben motivato segnale di allarme rispetto alla proprietà della CIA su Facebook in un articolo ben documentato, “With friends like these…”, pubblicato nel giornale londinese The Guardian, il 14 gennaio 2008 (3).

Il giornalista ha sottolineato come dopo l’11 settembre 2001 l’entusiasmo per l’alta tecnologia si è assolutamente intensificato.

Entusiasmo che aveva già catturato gli apparati di sicurezza degli Stati Uniti, dopo che costoro avevano creato due anni innanzi il fondo di capitali “In-Q-Tel”, per far fronte ad opportunità di investimenti a rischio nelle alte tecnologie.

Secondo il giornalista Hodgkinson, i collegamenti di Facebook con la CIA passano attraverso Jim Breyer, uno dei tre associati chiave che nell’aprile 2005 ha investito in questa rete sociale 12,7 milioni di dollari, associato anche al fondo di capitali Accel Partners, membro dei consigli direttivi di giganti del calibro di Wal-Mart e Marvel Entertainment e per di più ex-presidente di National Venture Capital Association (NVCA), caratterizzata nell’investire su giovani talenti.

Hodgkinson ha scritto: “La più recente tornata di finanziamenti di Facebook è stata condotta da una compagnia finanziaria denominata Greylock Venture Capital, che vi ha impegnato 27,5 milioni di dollari.

Uno dei più importanti associati di Greylock si chiama Howard Cox, che è un altro ex-presidente di NVCA, che inoltre fa parte del consiglio direttivo di In-Q-Tel”.

“E In-Q-Tel, in cosa si configura?” si domanda Hodgkinson. “Bene, che lo crediate o no, (comunque lo potete verificare sul suo sito web) si tratta di un fondo di capitali a rischio della CIA. Creato nel 1999, la sua missione è quella di “individuare e di associarsi a società che sono intenzionate a sviluppare nuove tecnologie, per sostenere l’apporto di nuove soluzioni necessarie all’Ufficio Centrale d’Informazione CIA”.

La pagina web di In-Q-Tel (4) raccomandata da Hodgkinson è del tutto esplicita: “Nel 1998, il Direttore della Centrale di Intelligence (DCI) identificava la tecnologia come una prerogativa strategica superiore, direttamente connessa ai progressi della CIA nelle future tecnologie per migliorare le sue missioni di base, di compilazione e di analisi. I responsabili della Direzione di Scienza e Tecnologia hanno elaborato un piano radicale per creare una nuova struttura d’impresa con il compito di consentire un accresciuto accesso dell’Agenzia all’innovazione del settore privato.”

Anche aggiungendo ancora acqua non potremo avere più limpidità, conclude Hodgkinson.

di Ernesto Carmona

26 ottobre 2009

Mussolini era un agente britannico,


La notizia pubblicata dal Guardian il 14 ottobre, sugli assegni pagati dall'intelligence britannico a Mussolini nel 1917, ha avuto grande eco su tutte le testate mondiali. Molti gli interrogativi sollevati, ma non quello centrale: gli inglesi promossero il fascismo? Che Mussolini fosse stato finanziato dal MI5 era già stato menzionato da Sir Samuel Hoare nelle sue memorie nel 1954, ma ora uno storico di Cambridge, Peter Martland, ha trovato le ricevute dei pagamenti nelle carte dell'ex ministro degli Esteri britannico, che nel 1917 dirigeva un gruppo di 100 agenti del MI5 a Roma.

Il motivo del finanziamento, che ammontava all'equivalente di 6000 sterline odierne alla settimana, era quello di sostenere la campagna di Mussolini a favore della continuazione dello sforzo bellico italiano al fianco di Francia e Gran Bretagna. Il momento era delicato: infatti, si erano succedute diverse iniziative di pace, da quella, fallita, del ministro degli esteri austriaco Czernin per una pace separata con la Francia all'appello di Papa Benedetto XV ai capi delle potenze belligeranti, che ebbe sicuramente un grande impatto in Italia. È dunque credibile che gli inglesi, che consideravano l'Italia "l'alleato bellico meno affidabile", raddoppiassero gli sforzi per impedire una pace separata e continuare la carneficina sul continente.

Ma la simpatia britannica per Mussolini andava oltre la contingenza. È noto che Churchill ammirava il Duce e condusse una corrispondenza fino a pochi giorni dall'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale. Corrispondenza che molto probabilmente il Duce, in fuga verso la Svizzera nell'aprile 1945, recava con sé come lasciapassare e che scomparve dopo che Mussolini e la Petacci furono catturati e uccisi per ordine di Churchill.

Come ha documentato Jeff Steinberg in un articolo sull'EIR il 30 maggio 2003, sia il fascismo che il nazismo furono promossi da un'alleanza internazionale di finanzieri, di cui Samuel Hoare era autorevole membro. Questo gruppo si raccoglieva attorno a formazioni semi-segrete come il "Movimento Sinarchista dell'Impero" o ufficiali come, dal 1922, l'Unione Paneuropea fondata dal conte Coudenhouve-Kalergi.

Nei rapporti dell'intelligence americano durante la seconda guerra mondiale, raccolti da William Langer nel libro "Our Vichy Gamble", si descrivono gli scopi di questo gruppo come "il sogno di un nuovo sistema di 'sinarchia', e cioè il governo d'Europa su principii fascisti da parte di una fratellanza internazionale di finanzieri e industriali". Nell'ambito di questo disegno, una influente fazione dell'Impero Britannico, che comprendeva Hoare e Lord Beaverbrook, pianificò persino un colpo di stato per rovesciare Churchill e instaurare un governo filo-fascista a Londra.

Nel 1930, l'alleanza sinarchista diede vita alla Banca per i Regolamenti Internazionali (BIS). Gli artefici principali della BIS furono Montagu Norman, capo della Bank of England, Hjalmar Schacht (che poi divenne ministro dell'economia di Hitler) e Alberto Beneduce, il capo della politica economica del fascismo. Lo scopo della BIS fu di assicurare la stabilità del sistema monetario e finanziario post-Versailles, dominato dalla Gran Bretagna e basato sulle riparazioni di guerra imposte alla Germania.

Lo storico americano Carroll Quigley descrive la BIS così: "Questo sistema avrebbe dovuto essere controllato in modo feudale dalle banche centrali del mondo agenti in concerto, con accordi segreti stipulati nel corso di frequenti incontri e conferenze privati. L'apice del sistema doveva essere la Banca per i Regolamenti Internazionali di Basilea, una banca privata posseduta e controllata dalle banche centrali, esse stesse delle imprese private. Ogni banca centrale, nelle mani di uomini come Montagu Norman della Bank of England, Benjamin Strong della Federal Reserve di New York, Charles Rist della Banca di Francia e Hjalmar Schacht della Reichsbank, si adoperava per dominare il proprio governo tramite la sua abilità nel controllare i prestiti del Tesoro, manipolare i cambi esteri, influenzare il livello di attività economica nel paese e influenzare i politici compiacenti con successive remunerazioni nel mondo degli affari".

L'ostacolo iniziale alla partecipazione italiana era il pericolo di interferenza governativa sulla Banca d'Italia. Beneduce, come plenipotenziario di Mussolini, offrì la massima garanzia di indipendenza e riuscì a convincere Norman. Fu nominato vicepresidente della BIS.

Il ruolo della BIS nel promuovere l'ascesa al potere di Hitler è ben documentato nel libro "Das Hitler-Buch", scritto da un gruppo di ricercatori guidati da Helga Zepp-LaRouche (Wiesbaden, 1984).

by (MoviSol)