04 dicembre 2009

I bonds sequestrati a Chiasso: clamorosi sviluppi




Vi ricordate la vicenda dei 138 miliardi di dollari di Bonds USA sequestrati a Giugno dalla Guardia di finanza di Chiasso? Siamo stati tra i primi a parlarne, ed anche diffusamente. Da un nostro post è perfino scaturita una interrogazione parlamentare al Ministro Tremonti, rimasta per ora senza risposta.

Se vi ricordate vi erano due fonti che erano apparse, fin dall'inizio, bene informate; Asia News, diretta da padre Cervellera e il blog di un losco individuo, ">Hal Turner, un suprematista bianco titolare anche di una web-radio e non nuovo ad indiscrezioni clamorose, da insider, sulla tenuta del sistema finanziario americano.

Negli ultimi mesi, dopo un caso apparentemente analogo di sequestro, verificatosi all'aeroporto di Malpensa con i bond prontamente (e semplicisticamente, come vedremo) riconosciuti come falsi, era stata messa la sordina a tutta la vicenda.

Silenzio e buio totali.

Anzi, da parte americana avevano fatto qualcosa di più che mettere la sordina al misterioso Hal Turner: l'avevano arrestato, con accuse alquanto capziose, tanto che lo stesso Hal in questo accorato appello, risalente al giorno dell'arresto, avanzava l'ipotesi che fosse tutto un pretesto e che volessero fermarlo per le sue rivelazioni sul dollaro e sui bonds di Chiasso. (si ascolti dal minuto 7.49).

Farneticazioni di un fanatico?

Mica tanto.

Nei mesi successivi, tramite il blog di famiglia era riuscito a raccogliere poche misere decine di dollari di donazioni per la sua liberazione, ma improvvisamente, circa due mesi fa, è riuscito a trovare 500.000 dollari (in bonds !!) per il suo rilascio su cauzione (con lo strano diveto di usare internet o qualunqe altro mezzo di comunicazione). Da dove siano arrivati non è difficile capirlo. Si tratta di un bell'aiutino dalla stessa FBI, di cui in effetti era, provatamente, un informatore. Il motivo è presto detto: il suo diretto superiore è nel frattempo diventato il Governatore del New Jersey ed aver finanziato con cifre intorno ai 100.000 dollari/anno un tipo come Hal è in effetti il primo serio scandalo politico in cui è coinvolto.

Ricapitolo: Esplode lo scandalo dei bonds di Chiasso anche sui media americani, uno strano soggetto, sicuramente ben informato e/o con ottime entrature ad alto livello, pubblica riservatissime foto dei bonds e dei passaporti dei due giapponesi fermati ( e rilasciati!!) dalla nostra guardia di finanza, foto che potevano essere a disposizione solo dell'US Secret Service, incaricato dell'indagine, e viene immediatamente arrestato con accuse del tutto capziose. In seguito, grazie alle indagini, si scopre che il tipo è un informatore storico della FBI, con ottime entrature in strani circoli antisemiti e suprematisti, oltre che con notevoli accessi a fonti superiservate, tra cui l'attuale governatore del New Jersey.

Nel tentativo di tacitarlo lo si rilascia su cauzione, con l'espresso e pubblico, stranissimo, vincolo al silenzio, ma "purtroppo" la cosa è ormai scappata di mano e va ingigantendosi di ora in ora.

E l'altra beninformata fonte, Asia News?

Beh, a quanto pare si è deciso di usare i grossi calibri, da questo lato, un segno che si vuole dare autorevolezza al lavoro svolto sottotraccia, attingendo a fonti chiaramente ben informate.

E' infatti intervenuto, con un articolo ricco di informazioni, L'Avvenire, il quotidiano cattolico per eccellenza, insieme al cattedratico "L'Osservatore Romano".

Si parla di "intrigo mondiale" e giustamente.

Nonostante le buone premesse, nell'articolo si ricostruisce, a partire da buone informazioni, una storiella che non sta in piedi nemmeno con le stampelle.

Sarebbero, i Bonds, dei "falsi autentici", ovvero VERI bonds, fraudolentemente realizzati da funzionari infedeli della Federal Reserve o del Governo Americano. Questo per cercare, in qualche disperato modo, di trovare una spiegazione al fatto, ormai evidente, che NON SI TRATTA DI FALSI.

Giova qui ricordare che, da un lato l'Italia ha un DISPERATO BISOGNO dei 38 miliardi di euro di penale che potrebbe legittimamente esigere sui bonds sequestrati e dall'altro, anche prendendo per buona la stiracchiatissima ipotesi formulata, pare evidente che vi sia in circolazione una ENORME quantità di denaro e/o titoli "autentici", stampati senza controllo (poco importa se da funzionari "deviati" o scrupolosi), circolanti per vie traverse e segrete, in cambio di servigi altrettanto trasversali e misteriosi ed in barba a qualunque garanzia.

Uh, ma guarda. E pensare che c'e' chi insiste a ritenere che tenere segreto il totale del circolante in dollari, come fa la Federal da qualche anno, non sia poi cosi importante.

A me invece pare che tutto si leghi, ma non voglio ripetermi ancora. Quel che avevo da scrivere, anche senza le ultime novità, che danno maggior forza alle mie convinzioni in merito, l'ho scritto qui.

di Pietro Cambi

03 dicembre 2009

La Morgan Stanley teme la crisi del debito nel Regno Unito per il 2010




L’Inghilterra rischia di diventare la prima nazione del G10 a rischiare la fuga dei capitali e una crisi sul debito nei prossimi mesi, secondo una nota di Morgan Stanley.

La banca d’investimento ha dichiarato che sussiste il rischio che il mix tossico di problemi inglesi arriveranno al capolinea presto, il prossimo anno, attivato dalla paura che Westminster potrebbe dimostrarsi incapace di restaurare credibilità fiscale.

“I crescenti timori di un parlamento senza una maggioranza stabile probabilmente peseranno sia sulla valuta sia sui rendimenti dei Gilt (titoli del debito), dal momento che sarà in un certo senso un salto nel buio, ed aumenterà la probabilità che alcune delle agenzie di rating toglieranno lo status di AAA al Regno Unito”, si legge nel report scritto dalla banca d’investimento europea, di Roman Carr, Teun Draaisma e Graham Secker



“in una situazione estrema, una crisi fiscale potrebbe portare ad una fuga dei capitali interni, grave debolezza del Pound e una svendita di buoni del tesoro inglesi. La Banca d’Inghilterra potrebbe sentirsi costretta ad alzare i tassi per sostenere la fiducia nella politica monetaria e stabilizzare la moneta, minacciando la fragile ripresa economica”, hanno dichiarato.

Morgan Stanley ha dichiarato che questi eventi a catena potrebbero alzare i rendimenti del Gilt a 10 anni di 150 punti base.

Questo farebbe alzare il costo dei prestiti ben oltre il 5% - il livello che ora affronta la Grecia, e ben più alto dei costi di Italia, Messico e Brasile (NDFC: l’affezionato lettore avrà tristemente notato l’accostamento del nostro paese ad altri che percepiamo come lontani).

I migliori titoli di debito di aziende come BP, GSK, o Tesco, potrebbero portare un rischio premium inferiore al debito sovrano inglese – semplicemente impensabile in passato.

Una impennata dei rendimenti dei bond potrebbero complicare molto l’obiettivo di finanziare il deficit di budget, che è atteso per essere il peggiore di tutto il gruppo OSCE l’anno prossimo, al 13.3% del PIL.

Per un certo tempo gli investitori sono stati preoccupati, in privato, del fatto che la Banca d’Inghilterra avrebbe dovuto alzare i tassi prima di essere pronta a farlo – rischiando una recessione a W , ed una incipiente spirale di pagamento del debito – ma questa è la prima volta che una principale società di investimenti solleva un warning così forte.

Nessuna nazione del G10 ha visto la sua abilità di fornire uno stimolo di emergenza severamente limitato da forze esterne dall’inizio della crisi del credito.

Non è chiaro come i mercati potrebbero rispondere se iniziassero a mettere in discussione l’efficacia del potere statale (NDFC: vogliamo tirare a indovinare?)

Morgan Stanley dichiara che la sterlina potrebbe cadere di un altro 10% in termini di potere d’acquisto. Questo completerebbe il più aspro declino del Pound dai tempi della rivoluzione industriale, superiore al calo del 30% dopo che l’Inghilterra uscì dal Gold Standard nelle cataclismiche circostanze del 1931.

Le azioni inglesi performerebbero ragionevolmente bene.

Un buon 65% dei guadagni delle aziende della borsa inglese vengono dall’estero, quindi godrebbero di vantaggi della caduta della moneta.

Anche se il report “Tempi più duri nel 2010” non è collegato alla debacle di Dubai , ci ricorda che le nazioni hanno a malapena comprato tempo durante la crisi per rivolgersi agli stimoli fiscali e travasare le perdite private sui libri contabili pubblici.

I salvataggi – per quanto necessari – non hanno risolto il problema sottostante del debito. Hanno accumulato un secondo insieme di problemi, degradagando il debito sovrano in buona parte del mondo.

Morgan Stanley ha dichiarato che il travaglio inglese è una delle tre “sorprese” attese per il 2010.

Le altre due sono

* Rimbalzo del dollaro
* Forti performance delle azioni delle compagnie farmaceutiche (NDFC: “...!”)

David Buik, di BGC Partners, ha dichiarato che l’Inghilterra è particolarmente fuori forma perchè i ritorni fiscali sono soggetti ad una forte leva sul ciclo economico globale: i servizi finanziari hanno fornito il 27% dei ritorni in fase di boom, ma ora sono crollati.

Gli inglesi hanno mancato di mettere da parte denaro negli anni delle vacche grasse per bilanciare questo ciclo fiscale giunto al momento della verità. Hanno avuto un deficit del 3% del PIL al massimo del boom, mentre le nazioni prudenti come la Finlandia e perfino la Spagna avevano un surplus di più del 2%.

“Dobbiamo alzare l’IVA al 20% e fare tagli seriamente drammatici nei servizi che vanno oltre tutto cio’ di cui stanno parlando Alistair Darling o David Cameron. Nessuno sembra avere il coraggio di fronteggiare questo” , ha dichiarato Buik.

Il report coincide con le notizie che l’Inghilterra è ora ufficialmente la sola nazione del G20 ad essere ancora in recessione. Il Canada ha riportato che la sua economia è cresciuta dello 0,1% nel terzo trimestre. L’inghilterra, per contro, si è contratta dello 0,3%, secondo le più recenti stime.
di Ambrose Evans-Pritchard

02 dicembre 2009

Wto: l'unica certezza è che il modello (perdente) non si cambia

La fine della WTO, tante volte decretata, quante respinta e negata. E così le Ministeriali si continuano a fare, senza troppa passione e con sempre meno pubblicità, ma sempre con il pericolo che qualche infausta decisione passi sopra la testa delle popolazioni aggravandone di più la già pesante situazione.

Su quest'ultima in anticipo ci si è affrettati a dire che non si sarebbe negoziato nulla, ma poi invece nella conferenza stampa d'apertura hanno dichiarato di volere una conclusione "rapida e di successo" per il ciclo di negoziati "dello sviluppo" lanciato dalla Wto nel 2001 a Doha, ma anche che il contenuto di sviluppo si è annacquato nei testi in discussione, e che ad esso è appeso, però, il risultato finale delle trattative.

Sono giunti a Ginevra oltre 2.700 delegati, di cui solo 139 su 153 membri dell'organizzazione, 350 giornalisti e circa 500 rappresentanti della società civile, e dopo la giornata di sabato dedicata ad una manifestazione antiWTO con anche alcuni dei protagonisti della "Battaglia di Seattle", che si è snodata per la città con tanto di trattori, ed imbarcazioni dei pescatori trasportate su dei carri - ma purtroppo anche preceduta da un po' di bande giovanili più casseurs forse che veri black bloc, che hanno fatto razzia di vetrine ed auto parcheggiate - domenica invece e' stata utilizzata dai ministri al commercio di Brasile, Argentina, Sudafrica, e alcuni tra gli Stati emergenti più influenti del G20, che in ambito Wto guidano il raggruppamento del G33, per "posizionarsi" rispetto a Europa e Stati Uniti in vista dell'apertura.

I Paesi in via di sviluppo affermano infatti di voler tenere in vita questo ciclo di negoziati e volerlo concludere presto e con successo, specificando però che per successo intendono che lo vogliono amico dello sviluppo. La Wto, ha il peccato originale di essere nato come club dei Paesi ricchi che negli anni è anche molto cambiato, il Doha round infatti è stato lanciato per aiutare i paesi poveri a migliorare le proprie condizioni attraverso un commercio più libero, ma il processo è lungo e resta ancora tanta strada da fare nel negoziato perché questo proposito diventi realtà.

Sembrerebbe esserci un accordo chiuso all'80% secondo lo stesso segretario generale Pascal Lamy, ma rimangono grandi differenze, su come esattamente i membri taglieranno le proprie tariffe sui prodotti agricoli e industriali, elimineranno i sussidi in agricoltura e apriranno il mercato dei servizi.
Il gruppo dei G20 in ambito Wto, coordinato dal Brasile, sostiene la necessità di una maggiore apertura dei mercati agricoli a Nord ma anche a Sud, e ha lanciato in direzione della ministeriale un documento nel quale ha affermato che l'agricoltura deve essere tema centrale in ogni accordo per via di come i sussidi dei Paesi ricchi stanno schiacciando i più poveri fuori dal mercato.

Un altro comunicato dei G33, gruppo coordinato dall'Indonesia che combatte per assicurare che i Paesi più poveri siano protetti in qualche modo dagli effetti più destabilizzanti dell'apertura dei mercati, hanno chiarito però in un proprio documento che ogni accordo debba proteggere i mezzi di sussistenza dei piccoli produttori soprattutto agricoli. Ma il negoziatore statunitense al commercio Ron Kirk, prima della partenza per Ginevra, ha chiarito che il suo Paese si sente impegnato, insieme ad altri, a giocare un ruolo di leadership nella Wto per spingere le esportazioni americane e far crescere il numero dei posti di lavoro ben pagati che gli americani vogliono e di cui hanno bisogno.

Un posizionamento chiaro che da solo getta un'ombra di grande incertezza sulla ministeriale che si apre in questi momenti.
Questo è pure un vertice diverso da tutti gli altri perché arriva in piena crisi economica, finanziaria, sociale ed ambientale, ma mentre nelle riunioni di G8 e G20 i leaders globali fanno a gara per mettere faccia e firme sotto proposte di ri-regolazione di borse e mercati finanziari, qui non si presentano e quasi alla chetichella tentano di chiudere un nuovo pacchetto di liberalizzazioni che ha perso tutti i suoi contenuti di riequilibrio Nord-Sud, che rischia di rafforzare il predominio di pochi interessi forti, a Nord come a Sud, alle spese dei diritti di tutti gli altri.

La Wto si è arenata da anni nell'esame di 17 diversi trattati, un pugno dei quali si occupa davvero di barriere doganali, tariffe e protezionismo, mentre la maggior parte cerca di limitare la capacità degli Stati di sostenere le produzioni "pulite" e i piccoli e medi produttori agricoli e manifatturieri, di vietare la costruzione di fondi nazionali di stimolo alla ripresa, che aiutino le imprese e i lavoratori del proprio Paese, di fissare parametri di gestione dei servizi pubblici perché siano prevalentemente in mano ai privati senza che i Parlamenti nazionali possano dire niente al riguardo.

L'ultima crisi economico finanziaria ha dimostrato l'insostenibilità di un sistema dove la finanza ed i capitali si sganciano dall'economia reale, dove persino il cibo diventa oggetto di speculazione finanziaria condannando alla fame oltre un miliardo di persone e questa crisi complessa ha dimostrato come i fallimenti del mercato siano alla base dei peggiori squilibri del pianeta, e come le ricette per curare questi disastri non possano essere le stesse proposte e riproposte da quasi trent'anni.

La soluzione alle attuali crisi alimentare, produttiva e climatica richiede un profondo e radicale spostamento da un'agricoltura e un modello energetico, industriale, produttivo, di distribuzione ed orientato all'esportazione, verso un'economia attenta ai bisogni del territorio, a Nord come a Sud. Non è più il momento di stare a guardare, è a rischio la stabilità e la sopravvivenza di intere comunità per gli anni a venire.

di Maurizio Gubbiotti

04 dicembre 2009

I bonds sequestrati a Chiasso: clamorosi sviluppi




Vi ricordate la vicenda dei 138 miliardi di dollari di Bonds USA sequestrati a Giugno dalla Guardia di finanza di Chiasso? Siamo stati tra i primi a parlarne, ed anche diffusamente. Da un nostro post è perfino scaturita una interrogazione parlamentare al Ministro Tremonti, rimasta per ora senza risposta.

Se vi ricordate vi erano due fonti che erano apparse, fin dall'inizio, bene informate; Asia News, diretta da padre Cervellera e il blog di un losco individuo, ">Hal Turner, un suprematista bianco titolare anche di una web-radio e non nuovo ad indiscrezioni clamorose, da insider, sulla tenuta del sistema finanziario americano.

Negli ultimi mesi, dopo un caso apparentemente analogo di sequestro, verificatosi all'aeroporto di Malpensa con i bond prontamente (e semplicisticamente, come vedremo) riconosciuti come falsi, era stata messa la sordina a tutta la vicenda.

Silenzio e buio totali.

Anzi, da parte americana avevano fatto qualcosa di più che mettere la sordina al misterioso Hal Turner: l'avevano arrestato, con accuse alquanto capziose, tanto che lo stesso Hal in questo accorato appello, risalente al giorno dell'arresto, avanzava l'ipotesi che fosse tutto un pretesto e che volessero fermarlo per le sue rivelazioni sul dollaro e sui bonds di Chiasso. (si ascolti dal minuto 7.49).

Farneticazioni di un fanatico?

Mica tanto.

Nei mesi successivi, tramite il blog di famiglia era riuscito a raccogliere poche misere decine di dollari di donazioni per la sua liberazione, ma improvvisamente, circa due mesi fa, è riuscito a trovare 500.000 dollari (in bonds !!) per il suo rilascio su cauzione (con lo strano diveto di usare internet o qualunqe altro mezzo di comunicazione). Da dove siano arrivati non è difficile capirlo. Si tratta di un bell'aiutino dalla stessa FBI, di cui in effetti era, provatamente, un informatore. Il motivo è presto detto: il suo diretto superiore è nel frattempo diventato il Governatore del New Jersey ed aver finanziato con cifre intorno ai 100.000 dollari/anno un tipo come Hal è in effetti il primo serio scandalo politico in cui è coinvolto.

Ricapitolo: Esplode lo scandalo dei bonds di Chiasso anche sui media americani, uno strano soggetto, sicuramente ben informato e/o con ottime entrature ad alto livello, pubblica riservatissime foto dei bonds e dei passaporti dei due giapponesi fermati ( e rilasciati!!) dalla nostra guardia di finanza, foto che potevano essere a disposizione solo dell'US Secret Service, incaricato dell'indagine, e viene immediatamente arrestato con accuse del tutto capziose. In seguito, grazie alle indagini, si scopre che il tipo è un informatore storico della FBI, con ottime entrature in strani circoli antisemiti e suprematisti, oltre che con notevoli accessi a fonti superiservate, tra cui l'attuale governatore del New Jersey.

Nel tentativo di tacitarlo lo si rilascia su cauzione, con l'espresso e pubblico, stranissimo, vincolo al silenzio, ma "purtroppo" la cosa è ormai scappata di mano e va ingigantendosi di ora in ora.

E l'altra beninformata fonte, Asia News?

Beh, a quanto pare si è deciso di usare i grossi calibri, da questo lato, un segno che si vuole dare autorevolezza al lavoro svolto sottotraccia, attingendo a fonti chiaramente ben informate.

E' infatti intervenuto, con un articolo ricco di informazioni, L'Avvenire, il quotidiano cattolico per eccellenza, insieme al cattedratico "L'Osservatore Romano".

Si parla di "intrigo mondiale" e giustamente.

Nonostante le buone premesse, nell'articolo si ricostruisce, a partire da buone informazioni, una storiella che non sta in piedi nemmeno con le stampelle.

Sarebbero, i Bonds, dei "falsi autentici", ovvero VERI bonds, fraudolentemente realizzati da funzionari infedeli della Federal Reserve o del Governo Americano. Questo per cercare, in qualche disperato modo, di trovare una spiegazione al fatto, ormai evidente, che NON SI TRATTA DI FALSI.

Giova qui ricordare che, da un lato l'Italia ha un DISPERATO BISOGNO dei 38 miliardi di euro di penale che potrebbe legittimamente esigere sui bonds sequestrati e dall'altro, anche prendendo per buona la stiracchiatissima ipotesi formulata, pare evidente che vi sia in circolazione una ENORME quantità di denaro e/o titoli "autentici", stampati senza controllo (poco importa se da funzionari "deviati" o scrupolosi), circolanti per vie traverse e segrete, in cambio di servigi altrettanto trasversali e misteriosi ed in barba a qualunque garanzia.

Uh, ma guarda. E pensare che c'e' chi insiste a ritenere che tenere segreto il totale del circolante in dollari, come fa la Federal da qualche anno, non sia poi cosi importante.

A me invece pare che tutto si leghi, ma non voglio ripetermi ancora. Quel che avevo da scrivere, anche senza le ultime novità, che danno maggior forza alle mie convinzioni in merito, l'ho scritto qui.

di Pietro Cambi

03 dicembre 2009

La Morgan Stanley teme la crisi del debito nel Regno Unito per il 2010




L’Inghilterra rischia di diventare la prima nazione del G10 a rischiare la fuga dei capitali e una crisi sul debito nei prossimi mesi, secondo una nota di Morgan Stanley.

La banca d’investimento ha dichiarato che sussiste il rischio che il mix tossico di problemi inglesi arriveranno al capolinea presto, il prossimo anno, attivato dalla paura che Westminster potrebbe dimostrarsi incapace di restaurare credibilità fiscale.

“I crescenti timori di un parlamento senza una maggioranza stabile probabilmente peseranno sia sulla valuta sia sui rendimenti dei Gilt (titoli del debito), dal momento che sarà in un certo senso un salto nel buio, ed aumenterà la probabilità che alcune delle agenzie di rating toglieranno lo status di AAA al Regno Unito”, si legge nel report scritto dalla banca d’investimento europea, di Roman Carr, Teun Draaisma e Graham Secker



“in una situazione estrema, una crisi fiscale potrebbe portare ad una fuga dei capitali interni, grave debolezza del Pound e una svendita di buoni del tesoro inglesi. La Banca d’Inghilterra potrebbe sentirsi costretta ad alzare i tassi per sostenere la fiducia nella politica monetaria e stabilizzare la moneta, minacciando la fragile ripresa economica”, hanno dichiarato.

Morgan Stanley ha dichiarato che questi eventi a catena potrebbero alzare i rendimenti del Gilt a 10 anni di 150 punti base.

Questo farebbe alzare il costo dei prestiti ben oltre il 5% - il livello che ora affronta la Grecia, e ben più alto dei costi di Italia, Messico e Brasile (NDFC: l’affezionato lettore avrà tristemente notato l’accostamento del nostro paese ad altri che percepiamo come lontani).

I migliori titoli di debito di aziende come BP, GSK, o Tesco, potrebbero portare un rischio premium inferiore al debito sovrano inglese – semplicemente impensabile in passato.

Una impennata dei rendimenti dei bond potrebbero complicare molto l’obiettivo di finanziare il deficit di budget, che è atteso per essere il peggiore di tutto il gruppo OSCE l’anno prossimo, al 13.3% del PIL.

Per un certo tempo gli investitori sono stati preoccupati, in privato, del fatto che la Banca d’Inghilterra avrebbe dovuto alzare i tassi prima di essere pronta a farlo – rischiando una recessione a W , ed una incipiente spirale di pagamento del debito – ma questa è la prima volta che una principale società di investimenti solleva un warning così forte.

Nessuna nazione del G10 ha visto la sua abilità di fornire uno stimolo di emergenza severamente limitato da forze esterne dall’inizio della crisi del credito.

Non è chiaro come i mercati potrebbero rispondere se iniziassero a mettere in discussione l’efficacia del potere statale (NDFC: vogliamo tirare a indovinare?)

Morgan Stanley dichiara che la sterlina potrebbe cadere di un altro 10% in termini di potere d’acquisto. Questo completerebbe il più aspro declino del Pound dai tempi della rivoluzione industriale, superiore al calo del 30% dopo che l’Inghilterra uscì dal Gold Standard nelle cataclismiche circostanze del 1931.

Le azioni inglesi performerebbero ragionevolmente bene.

Un buon 65% dei guadagni delle aziende della borsa inglese vengono dall’estero, quindi godrebbero di vantaggi della caduta della moneta.

Anche se il report “Tempi più duri nel 2010” non è collegato alla debacle di Dubai , ci ricorda che le nazioni hanno a malapena comprato tempo durante la crisi per rivolgersi agli stimoli fiscali e travasare le perdite private sui libri contabili pubblici.

I salvataggi – per quanto necessari – non hanno risolto il problema sottostante del debito. Hanno accumulato un secondo insieme di problemi, degradagando il debito sovrano in buona parte del mondo.

Morgan Stanley ha dichiarato che il travaglio inglese è una delle tre “sorprese” attese per il 2010.

Le altre due sono

* Rimbalzo del dollaro
* Forti performance delle azioni delle compagnie farmaceutiche (NDFC: “...!”)

David Buik, di BGC Partners, ha dichiarato che l’Inghilterra è particolarmente fuori forma perchè i ritorni fiscali sono soggetti ad una forte leva sul ciclo economico globale: i servizi finanziari hanno fornito il 27% dei ritorni in fase di boom, ma ora sono crollati.

Gli inglesi hanno mancato di mettere da parte denaro negli anni delle vacche grasse per bilanciare questo ciclo fiscale giunto al momento della verità. Hanno avuto un deficit del 3% del PIL al massimo del boom, mentre le nazioni prudenti come la Finlandia e perfino la Spagna avevano un surplus di più del 2%.

“Dobbiamo alzare l’IVA al 20% e fare tagli seriamente drammatici nei servizi che vanno oltre tutto cio’ di cui stanno parlando Alistair Darling o David Cameron. Nessuno sembra avere il coraggio di fronteggiare questo” , ha dichiarato Buik.

Il report coincide con le notizie che l’Inghilterra è ora ufficialmente la sola nazione del G20 ad essere ancora in recessione. Il Canada ha riportato che la sua economia è cresciuta dello 0,1% nel terzo trimestre. L’inghilterra, per contro, si è contratta dello 0,3%, secondo le più recenti stime.
di Ambrose Evans-Pritchard

02 dicembre 2009

Wto: l'unica certezza è che il modello (perdente) non si cambia

La fine della WTO, tante volte decretata, quante respinta e negata. E così le Ministeriali si continuano a fare, senza troppa passione e con sempre meno pubblicità, ma sempre con il pericolo che qualche infausta decisione passi sopra la testa delle popolazioni aggravandone di più la già pesante situazione.

Su quest'ultima in anticipo ci si è affrettati a dire che non si sarebbe negoziato nulla, ma poi invece nella conferenza stampa d'apertura hanno dichiarato di volere una conclusione "rapida e di successo" per il ciclo di negoziati "dello sviluppo" lanciato dalla Wto nel 2001 a Doha, ma anche che il contenuto di sviluppo si è annacquato nei testi in discussione, e che ad esso è appeso, però, il risultato finale delle trattative.

Sono giunti a Ginevra oltre 2.700 delegati, di cui solo 139 su 153 membri dell'organizzazione, 350 giornalisti e circa 500 rappresentanti della società civile, e dopo la giornata di sabato dedicata ad una manifestazione antiWTO con anche alcuni dei protagonisti della "Battaglia di Seattle", che si è snodata per la città con tanto di trattori, ed imbarcazioni dei pescatori trasportate su dei carri - ma purtroppo anche preceduta da un po' di bande giovanili più casseurs forse che veri black bloc, che hanno fatto razzia di vetrine ed auto parcheggiate - domenica invece e' stata utilizzata dai ministri al commercio di Brasile, Argentina, Sudafrica, e alcuni tra gli Stati emergenti più influenti del G20, che in ambito Wto guidano il raggruppamento del G33, per "posizionarsi" rispetto a Europa e Stati Uniti in vista dell'apertura.

I Paesi in via di sviluppo affermano infatti di voler tenere in vita questo ciclo di negoziati e volerlo concludere presto e con successo, specificando però che per successo intendono che lo vogliono amico dello sviluppo. La Wto, ha il peccato originale di essere nato come club dei Paesi ricchi che negli anni è anche molto cambiato, il Doha round infatti è stato lanciato per aiutare i paesi poveri a migliorare le proprie condizioni attraverso un commercio più libero, ma il processo è lungo e resta ancora tanta strada da fare nel negoziato perché questo proposito diventi realtà.

Sembrerebbe esserci un accordo chiuso all'80% secondo lo stesso segretario generale Pascal Lamy, ma rimangono grandi differenze, su come esattamente i membri taglieranno le proprie tariffe sui prodotti agricoli e industriali, elimineranno i sussidi in agricoltura e apriranno il mercato dei servizi.
Il gruppo dei G20 in ambito Wto, coordinato dal Brasile, sostiene la necessità di una maggiore apertura dei mercati agricoli a Nord ma anche a Sud, e ha lanciato in direzione della ministeriale un documento nel quale ha affermato che l'agricoltura deve essere tema centrale in ogni accordo per via di come i sussidi dei Paesi ricchi stanno schiacciando i più poveri fuori dal mercato.

Un altro comunicato dei G33, gruppo coordinato dall'Indonesia che combatte per assicurare che i Paesi più poveri siano protetti in qualche modo dagli effetti più destabilizzanti dell'apertura dei mercati, hanno chiarito però in un proprio documento che ogni accordo debba proteggere i mezzi di sussistenza dei piccoli produttori soprattutto agricoli. Ma il negoziatore statunitense al commercio Ron Kirk, prima della partenza per Ginevra, ha chiarito che il suo Paese si sente impegnato, insieme ad altri, a giocare un ruolo di leadership nella Wto per spingere le esportazioni americane e far crescere il numero dei posti di lavoro ben pagati che gli americani vogliono e di cui hanno bisogno.

Un posizionamento chiaro che da solo getta un'ombra di grande incertezza sulla ministeriale che si apre in questi momenti.
Questo è pure un vertice diverso da tutti gli altri perché arriva in piena crisi economica, finanziaria, sociale ed ambientale, ma mentre nelle riunioni di G8 e G20 i leaders globali fanno a gara per mettere faccia e firme sotto proposte di ri-regolazione di borse e mercati finanziari, qui non si presentano e quasi alla chetichella tentano di chiudere un nuovo pacchetto di liberalizzazioni che ha perso tutti i suoi contenuti di riequilibrio Nord-Sud, che rischia di rafforzare il predominio di pochi interessi forti, a Nord come a Sud, alle spese dei diritti di tutti gli altri.

La Wto si è arenata da anni nell'esame di 17 diversi trattati, un pugno dei quali si occupa davvero di barriere doganali, tariffe e protezionismo, mentre la maggior parte cerca di limitare la capacità degli Stati di sostenere le produzioni "pulite" e i piccoli e medi produttori agricoli e manifatturieri, di vietare la costruzione di fondi nazionali di stimolo alla ripresa, che aiutino le imprese e i lavoratori del proprio Paese, di fissare parametri di gestione dei servizi pubblici perché siano prevalentemente in mano ai privati senza che i Parlamenti nazionali possano dire niente al riguardo.

L'ultima crisi economico finanziaria ha dimostrato l'insostenibilità di un sistema dove la finanza ed i capitali si sganciano dall'economia reale, dove persino il cibo diventa oggetto di speculazione finanziaria condannando alla fame oltre un miliardo di persone e questa crisi complessa ha dimostrato come i fallimenti del mercato siano alla base dei peggiori squilibri del pianeta, e come le ricette per curare questi disastri non possano essere le stesse proposte e riproposte da quasi trent'anni.

La soluzione alle attuali crisi alimentare, produttiva e climatica richiede un profondo e radicale spostamento da un'agricoltura e un modello energetico, industriale, produttivo, di distribuzione ed orientato all'esportazione, verso un'economia attenta ai bisogni del territorio, a Nord come a Sud. Non è più il momento di stare a guardare, è a rischio la stabilità e la sopravvivenza di intere comunità per gli anni a venire.

di Maurizio Gubbiotti