30 gennaio 2010

Il colosso "statale" di nome Fiat

La crisi ha reso la Fiat un’impresa assetata di risorse pubbliche, più di quanto non lo fosse in passato. Un’azienda che non riesce a stare sul mercato, senza avvalersi della stampella statale, è un pessimo esempio, oltreché un fattore di destabilizzazione, per tutto il sistema-Paese il quale, tra mille difficoltà e peripezie, tenta strenuamente di reagire e di risollevarsi con le proprie forze, dopo essere stato sobbalzato dal sisma sistemico dell’ultimo anno.

Se l’organismo italiano non riuscirà a liberarsi della patologia assistenzialistica, specialmente in una congiuntura gravissima come quella attuale, perderà di elasticità e si sclerotizzerà definitivamente. Il rischio è quello di precipitare tra i paesi pezzenti del capitalismo all’occidentale, dove la debolezza economica implica la drastica dipendenza politica dagli Stati più saldi.

Semmai, le risorse e le energie, sempre più scarse, dovrebbero essere orientate verso politiche di rilancio generale dell’economia, con sostegno ai settori più innovativi e performativi, quelli cioè che garantiscono uno sviluppo accelerato e l’aggredimento dei mercati esteri.

In Italia abbiamo aziende molto virtuose che hanno dimostrato di saper produrre ricchezza senza sottrarre nulla allo Stato, proprio a quest’ultime la mano pubblica dovrebbe fornire appoggio politico e facilitazioni commerciali. Ci sono poi le PMI che si sgolano, da tempo immemorabile, per ottenere almeno gli sgravi fiscali, ma questi non arrivano perché il governo non sa ancora quanti mezzi finanziari potrà impegnare per garantirsi un certo equilibrio di bilancio, al fine di conciliare esigenze di rilancio dell’economia e stabilità di cassa.

Ma l’esecutivo sembra non tenere conto di questi problemi quando deve trattare con la Fiat e si ostina a dissipare le scarne risorse disponibili in un solo settore, peraltro tecnologicamente maturo ed incapace di generare progresso. La Fiat goded i appannaggi e di privilegi che non merita più dal punto di vista sociale, e men che meno da quello economico.

Questo gigante gargantuesco si mangia un mare di finanziamenti senza restituire niente al tessuto produttivo nazionale. Abbiamo detto in un’altra occasione quali sono pessimi i numeri di Torino (Fiat: cuore americano, portafoglio lussemburghese, sudore italiano) e qui ricordiamo soltanto, a supporto di quanto scritto, che il Lingotto si colloca all’ultimo posto tra i colossi europei per investimenti nella ricerca e nello sviluppo delle nuove tecnologie.

Data questa situazione è una pazzia per lo Stato proseguire nel foraggiamento di una parte privata che non produce innovazione e che sposta all’estero i suoi capitali, i suoi impianti e il grosso dell’occupazione. Quando la Fiat ha bisogno di qualcosa si attacca voracemente alle mammelle di "mamma Italia" , non disdegnando nemmeno l'arma del ricatto. L’ultimo è dell’altro ieri, Torino ha messo in cassa integrazione 30 mila addetti dei suoi stabilimenti italiani per fare pressione sul governo ed ottenere ulteriori incentivi alla rottamazione nel 2010. Altri 2 mld di euro che la Fiat sottrarrà allo Stato e ai contribuenti. Mentre il governo prende la sua decisione, Marchionne e Montezemolo ci costringono pure a sborsare i quattrini necessari alla CIG. Ricordiamo che questa misura sociale è assente in altri paesi dove il Lingotto opera e dove naturalmente non sono stati annunciati tagli di nessun tipo.

Marchionne ha detto più volte, negli ultimi tempi, che la Fiat è una multinazionale. Sarà verosimile... ma lui sembra il solo a non accorgersene

di Gianni Petrosillo

29 gennaio 2010

Bond in dollari? Si, come no



Fantastico. Degno da Banda degli Onesti. Anzi, sicuramente meno. Tremonti sta pensando a emettere Bond a cinque anni. In Dollari. Già sentita la puzza? Allora siete un passo avanti a molti italiani. Sicuramente anni luce rispetto al nostro Ministro.

Per tutti gli altri, piccolo riassunto della situazione.

Quando uno Stato finisce i soldi (per pagare i dipendenti pubblici e un milione di altre cose) allora emette dei Buoni del Tesoro. La cosa funziona, sinteticamente, così. Con periodicità ormai conclamata, lo Stato italiano - visto che non solo ha finito i soldi da un pezzo, ma anzi viaggia costantemente in deficit (per intenderci, non riesce neanche a pagare gli interessi sui debiti: roba che una azienda normale avrebbe portato i libri in Tribunale da un pezzo) - emette delle cambiali, con differente durata. Naturalmente non le chiama cambiali, ma Buoni del Tesoro, Titoli di Stato o cose del genere, così, tanto per farle suonare meglio.

I cittadini (ma anche gli stranieri) che decidono di acquistare questi "pagherò", versano allo Stato un tot (in moneta sonante) mentre lo Stato gli rende un pezzo di carta - appunto: una cambiale - con la quale si impegna, alla scadenza, a ridare indietro il denaro "investito" dal cittadino oltre a un certo interesse. Attualmente, intorno all'1%. Il cittadino, alla fine - naturalmente se nel frattempo lo Stato non è fallito - incassa il denaro versato più l'1% promesso.

Per quelli che pensano che la cosa sia un affare, tutto ok, si direbbe. Malgrado l'alta possibilità di default del nostro Stato (che molti si ostinano ancora a non far entrare nel novero delle possibilità), malgrado il fatto che con l'imminente inflazione galoppante (vista l'attività tipografica di Bce e soprattutto Fed nello stampare banconote e nel mandarle in giro senza controvalore) l'1% potrebbe essere veramente una miseria, oggi Tremonti si lancia in una operazione ulteriore, stile Madoff: decide di emettere Bond in Dollari. A cinque anni.

Proprio così: si acquistano titoli di Stato in Dollari, ovviamente acquistati al prezzo corrente del Dollaro e prestati allo Stato, e tra cinque anni si rivedrà indietro il proprio gruzzoletto oltre all'interesse. Sempre in Dollari e - dopo - essere stati riconvertiti in Euro. Ancora nessun odore?

Andiamo avanti. Siamo alla fine, niente paura.

Poniamo che oggi si decidesse di acquistare 100 Euro di Dollari: al tasso corrente (1,413) ci verrebbero consegnati 141 dollari e qualcosina. E poniamo che il Bond venduto dal nostro Totò sia al tasso del 3%. Alla fine dei cinque anni, lo Stato ci darà indietro 141 dollari più il 3%, ovvero 4,23 dollari in più. Ora, 141 più 4.23, ci troveremo in tasca ben 145.23 Dollari. Con i quali naturalmente possiamo soffiarci il naso, finché non li riconvertiamo in Euro. A questo punto lo Stato penserà per noi a riconvertirli in Euro, ergo andrà ad acquistare Euro pagando 145.23 Dollari, che è quanto ci spetta.

Naturalmente - ecco il punto - li acquisterà, alla scadenza, ovvero tra cinque anni, al tasso di allora. Non al tasso corrente con il quale abbiamo acquistato Dollari oggi. Se il Dollaro, tra cinque anni, varrà molto, avremo fatto un affare, riceveremo indietro molti più euro di quanti ne abbiamo versati oggi. Esempio: un Dollaro (tra cinque anni) con tasso di cambio uguale a oggi, ci farebbe tornare nelle tasche, interesse incluso, quasi 103 euro. E avremmo guadagnato. Effettivamente quanto - ovvero quanto varranno 103 Euro - naturalmente, lo sapremo solo tra cinque anni.

Dunque la prima domanda, già (quasi) risolutiva: quanto varranno 103 euro tra cinque anni?

E ora, "per i più abili e allenati", domandone finale, definitivo: vista la politica monetaria della Fed (stampa di banconote senza copertura aurea reale, e soprattutto senza specificare la quantità di banconote immesse sul mercato), vista la fine che stanno facendo i Titoli di Stato Usa (la Cina, maggior possessore mondiale, se ne sta disfacendo comperando oro, visto che puzza di bruciato - ovvero di default Usa - l'ha già annusata da un pezzo), visto lo stato della crisi in Usa (e le riserve auree che gli Stati Uniti dovranno vendere per continuare a finanziare i vari pantani, tipo Iraq e Afghanistan), ebbene, quanto varrà il Dollaro Usa tra cinque anni? Sarà debole o forte?

Poniamo il caso che - come chiunque dotato di buon senso capisce da sé - il Dollaro Usa tra cinque anni sarà scambiato non a 1,413 come oggi ma a 1,7, o a 2 euro, cosa accadrebbe? Lo Stato andrà ad acquistare tanti più Euro possibili con i nostri 145,23 Dollari accumulati, e con un cambio anche solo a 1,7, ci torneranno in tasca la bellezza di... 85 Euro. Dunque avremo perso il 15% da questo affarone targato Italia.

Fantastico, dicevamo, vero?

Ebbene, Tremonti è il "nostro" Ministro. E fa, ovviamente, il bene dello Stato. A spese di chi? Dei cittadini, naturalmente. Ma non sono i cittadini, lo Stato?
di Valerio Lo Monaco

28 gennaio 2010

Tremonti, i bond e il destino del dollaro

Da anni trattiamo l’argomento “dollaro” e la sua possibile fine, come moneta di riferimento mondiale, ma in Italia, ancora oggi, la maggioranza degli italiani è convinta che gli Stati Uniti siano la superpotenza economica che fu. I media italiani niente o poco hanno lasciato trapelare sulla reale situazione economica degli USA e della sua moneta, il dollaro, attraverso il quale, un tempo, hanno dominato il mondo. Il dollaro è destinato a svalutarsi e diventare carta straccia e gli italiani non si sono accorti di niente.Per un approfondimento sul tema, rimandiamo ai nostri precedenti articoli . Quello che mi preme rilevare in questo scritto è il ruolo della sinistra (si fa per dire) nel nascondere tali tematiche. Ancora oggi, i figliocci del PCI, i D’Alema, i Veltroni, i Fassino, ecc. guardano al mito americano (che fu) e spesso nei loro discorsi che sanno di antico e cadaverico guardano estasiati agli USA e addirittura riprendono pari pari gli slogan dei politici statunitensi di turno, senza neppure tradurli all’italiano, tipo “yes, we can”.I politici della presunta sinistra italiana non hanno capito assolutamente niente della realtà degli Stati Uniti. Il tramonto degli Stati Uniti è già iniziato e sicuramente ignorano anche la possibilità che possano arrivare ad un “default”, al fallimento e persino alla fine della stessa unione. Gli Stati Uniti potrebbero cessare di esistere come stato unitario e questi non si sono accorti di niente.Un partito di sinistra (se fosse di sinistra) dovrebbe trattare temi economici in difesa dei cittadini, per il bene dei cittadini ed in particolare delle classi più povere, contro la destra conservatrice, che storicamente rappresenta gli interessi dell’oligarchia, delle classi dominanti, imprenditoriali e capitalistiche.Non sarebbe compito dei politici di sinistra parlare della possibile truffa che sta architettando il signor Tremonti, ai danni degli ignari cittadini italiani? Invece ne parla principalmente una certa “destra” (2). Dove sono i sinistri politici italiani?Il Signor Tremonti, il superministro dell’Economia, che si ritrova nella disperata situazione di trovare soldi liquidi per mandare avanti la “baracca italiana” ha pensato ad un tranello, una truffa bella e buona ai danni degli ignari cittadini italiani, orfani dell’informazione e della sinistra: emettere buoni del tesoro in dollari, a cinque anni; ovviamente con allettanti tassi di interesse, sicuramente ben superiori al misero 0,5%/1% che ripaga un buono in Euro.Che cosa spera di ricavarne Tremonti?Lui – ma non il popoli italiano, tenuto nella più completa ignoranza in materia, dai media e dai partiti, compresi quelli di sinistra – sa bene che il dollaro rischia una forte svalutazione. Lui – ma non i Veltroni, i D’Alema, i Fassino, ecc. – conosce bene la situazione economica statunitense, con una disoccupazione crescente, una forte riduzione delle entrate fiscali, una bilancia commerciale sempre più negativa, un debito pubblico alle stelle ed un presidente, Barack Obama, spendaccione e guerrafondaio come nessun altro presidente USA. L’attuale presidente USA ha la necessità di grandi quantità di soldi, per finanziare le sue guerre in America Latina, in Asia e in Africa; soldi che appaiono magicamente, stampandoli! E, infatti, il pacifista Obama in un solo anno alla guida degli USA è stato capace di incrementare il debito pubblico USA di 1.611 miliardi di dollari, in sostanza un terzo di tutto l’incremento che ha subito il debito pubblico statunitense durante gli otto anni di gestione del guerrafondaio Bush . Lui, il Signor Tremonti - ma non i nostri sinistri politici – queste cose le conosce bene; anzi, sa che il pacifista Obama incrementando le spese ed estendendo le guerre al Pakistan, all’Iran, allo Yemen, al Corno d’Africa ed in America Latina, dove sono in atto ingenti spostamenti di truppe (circa 20.000 militari nell’occupazione di Haiti; migliaia nelle nuove basi in Colombia e nella Triplce Frontiera in America del Sud, in Honduras e tutto il centro America) avrà una crescente necessità di dollari, che appariranno magicamente facendoli fuoriuscire dal cilindro, ossia stampandoli, cosa che fa aumentare fortemente, da qua a cinque anni, il rischio di svalutazione. E’ sbagliato dire che Tremonti starebbe pensando all'emissione di buoni del tesoro in dollari per finanziare le spese dello stato italiano perché spera che il dollaro possa svalutarsi, da qui a cinque anni, facendo fare un affare all’Italia, o meglio al politico di turno, ossia a lui stesso (che immaginiamo tra cinque anni sarà ancora al comando del ministero che dirige oggi, vista l’inconsistenza della classe politica che dovrebbe sostituirlo). No, l’operazione non si baserebbe sulla speranza di veder svalutato il dollaro, da qui a cinque anni, ma su una certezza: il dollaro si svaluterà sicuramente; è solo questione di tempo e cinque anni sono un periodo sicuramente sufficiente per assistere alla sua svalutazione, e forse anche alla sua fine!Dunque, Tremonti ben sapendo che il dollaro da qui a cinque anni si svaluterà ha pensato bene di orchestrare questa manovra, che ben possiamo definire truffa. Ammettiamo che con tale operazione riesca a raccogliere 1.000 milioni di dollari, da restituire con un interesse ad esempio del 5%, che porta il debito complessivo a 1.050 milioni di dollari. Oggi, al cambio di 1,41 dollari per Euro, si ritroverebbe ad incassare circa 710 milioni di euro. Se il dollaro, in questi cinque anni si dovesse svalutare ad esempio del 50%, passando dagli attuali 1,41 a 2,11, lo stato italiano si ritroverebbe a dover pagare, per i 1.050 milioni di dollari ricevuti cinque anni prima, meno di 500 milioni di Euro. Un bell’affare per lo stato, una vera e propria truffa per i cittadini!Il dollaro è da considerarsi carta straccia e lo sta salvando solamente il fatto che è la moneta di riferimento per le transazioni economiche, soprattutto del petrolio. Di conseguenza tutti gli stati sono costretti ad avere scorte di dollari (le famose riserve internazionali).L'area di utilizzo del dollaro, però, è destinata a ridursi; infatti, in Africa, in America Latina ed in Medio oriente stanno nascendo o si cominciano ad utilizzare monete alternative, regionali. La Cina, al momento il più grande detentore di dollari, si sta liberando delle sue riserve in dollari, acquistando oro o investendoli in altri paesi asiatici, in Africa e in America Latina. Se il principale prodotto del mondo, il petrolio, riuscisse a svincolarsi del dollaro, ossia si potesse commercializzare anche in Euro o altra moneta, allora arriverebbe veramente la fine per il dollaro. Tutti gli stati, che detengono dollari sarebbero costretti a liberarsi per acquistare la nuova moneta necessaria per acquistare il petrolio. Questa enorme quantità di dollari in vendita farebbe crollare il suo valore. Certamente le cose non succederanno da un momento all’altro, ma succederanno. Il dollaro è destinato ad essere sostituito perché il paese emissore è in crisi profonda e non da più le garanzie che offriva una volta.Di seguito, proponiamo una tabella Il Dollaro, pur continuando ad essere largamente la principale moneta di riserva (nel 2008, il 64% delle riserve internazionali era costituita da dollari), mostra lievi ma inequivocabili segni di flessione. Sarà, però nei prossimi anni che si accelererà la caduta.Il ministro Tremonti se sta pensando a buoni del tesoro in dollari, è perché pensa che si svaluterà. E’ dunque una truffa, di cui però i partiti di sinistra, oggi stampella del capitale, si guardano bene dal parlare.Attilio Folliero, Caracas, 27/01/2010>

30 gennaio 2010

Il colosso "statale" di nome Fiat

La crisi ha reso la Fiat un’impresa assetata di risorse pubbliche, più di quanto non lo fosse in passato. Un’azienda che non riesce a stare sul mercato, senza avvalersi della stampella statale, è un pessimo esempio, oltreché un fattore di destabilizzazione, per tutto il sistema-Paese il quale, tra mille difficoltà e peripezie, tenta strenuamente di reagire e di risollevarsi con le proprie forze, dopo essere stato sobbalzato dal sisma sistemico dell’ultimo anno.

Se l’organismo italiano non riuscirà a liberarsi della patologia assistenzialistica, specialmente in una congiuntura gravissima come quella attuale, perderà di elasticità e si sclerotizzerà definitivamente. Il rischio è quello di precipitare tra i paesi pezzenti del capitalismo all’occidentale, dove la debolezza economica implica la drastica dipendenza politica dagli Stati più saldi.

Semmai, le risorse e le energie, sempre più scarse, dovrebbero essere orientate verso politiche di rilancio generale dell’economia, con sostegno ai settori più innovativi e performativi, quelli cioè che garantiscono uno sviluppo accelerato e l’aggredimento dei mercati esteri.

In Italia abbiamo aziende molto virtuose che hanno dimostrato di saper produrre ricchezza senza sottrarre nulla allo Stato, proprio a quest’ultime la mano pubblica dovrebbe fornire appoggio politico e facilitazioni commerciali. Ci sono poi le PMI che si sgolano, da tempo immemorabile, per ottenere almeno gli sgravi fiscali, ma questi non arrivano perché il governo non sa ancora quanti mezzi finanziari potrà impegnare per garantirsi un certo equilibrio di bilancio, al fine di conciliare esigenze di rilancio dell’economia e stabilità di cassa.

Ma l’esecutivo sembra non tenere conto di questi problemi quando deve trattare con la Fiat e si ostina a dissipare le scarne risorse disponibili in un solo settore, peraltro tecnologicamente maturo ed incapace di generare progresso. La Fiat goded i appannaggi e di privilegi che non merita più dal punto di vista sociale, e men che meno da quello economico.

Questo gigante gargantuesco si mangia un mare di finanziamenti senza restituire niente al tessuto produttivo nazionale. Abbiamo detto in un’altra occasione quali sono pessimi i numeri di Torino (Fiat: cuore americano, portafoglio lussemburghese, sudore italiano) e qui ricordiamo soltanto, a supporto di quanto scritto, che il Lingotto si colloca all’ultimo posto tra i colossi europei per investimenti nella ricerca e nello sviluppo delle nuove tecnologie.

Data questa situazione è una pazzia per lo Stato proseguire nel foraggiamento di una parte privata che non produce innovazione e che sposta all’estero i suoi capitali, i suoi impianti e il grosso dell’occupazione. Quando la Fiat ha bisogno di qualcosa si attacca voracemente alle mammelle di "mamma Italia" , non disdegnando nemmeno l'arma del ricatto. L’ultimo è dell’altro ieri, Torino ha messo in cassa integrazione 30 mila addetti dei suoi stabilimenti italiani per fare pressione sul governo ed ottenere ulteriori incentivi alla rottamazione nel 2010. Altri 2 mld di euro che la Fiat sottrarrà allo Stato e ai contribuenti. Mentre il governo prende la sua decisione, Marchionne e Montezemolo ci costringono pure a sborsare i quattrini necessari alla CIG. Ricordiamo che questa misura sociale è assente in altri paesi dove il Lingotto opera e dove naturalmente non sono stati annunciati tagli di nessun tipo.

Marchionne ha detto più volte, negli ultimi tempi, che la Fiat è una multinazionale. Sarà verosimile... ma lui sembra il solo a non accorgersene

di Gianni Petrosillo

29 gennaio 2010

Bond in dollari? Si, come no



Fantastico. Degno da Banda degli Onesti. Anzi, sicuramente meno. Tremonti sta pensando a emettere Bond a cinque anni. In Dollari. Già sentita la puzza? Allora siete un passo avanti a molti italiani. Sicuramente anni luce rispetto al nostro Ministro.

Per tutti gli altri, piccolo riassunto della situazione.

Quando uno Stato finisce i soldi (per pagare i dipendenti pubblici e un milione di altre cose) allora emette dei Buoni del Tesoro. La cosa funziona, sinteticamente, così. Con periodicità ormai conclamata, lo Stato italiano - visto che non solo ha finito i soldi da un pezzo, ma anzi viaggia costantemente in deficit (per intenderci, non riesce neanche a pagare gli interessi sui debiti: roba che una azienda normale avrebbe portato i libri in Tribunale da un pezzo) - emette delle cambiali, con differente durata. Naturalmente non le chiama cambiali, ma Buoni del Tesoro, Titoli di Stato o cose del genere, così, tanto per farle suonare meglio.

I cittadini (ma anche gli stranieri) che decidono di acquistare questi "pagherò", versano allo Stato un tot (in moneta sonante) mentre lo Stato gli rende un pezzo di carta - appunto: una cambiale - con la quale si impegna, alla scadenza, a ridare indietro il denaro "investito" dal cittadino oltre a un certo interesse. Attualmente, intorno all'1%. Il cittadino, alla fine - naturalmente se nel frattempo lo Stato non è fallito - incassa il denaro versato più l'1% promesso.

Per quelli che pensano che la cosa sia un affare, tutto ok, si direbbe. Malgrado l'alta possibilità di default del nostro Stato (che molti si ostinano ancora a non far entrare nel novero delle possibilità), malgrado il fatto che con l'imminente inflazione galoppante (vista l'attività tipografica di Bce e soprattutto Fed nello stampare banconote e nel mandarle in giro senza controvalore) l'1% potrebbe essere veramente una miseria, oggi Tremonti si lancia in una operazione ulteriore, stile Madoff: decide di emettere Bond in Dollari. A cinque anni.

Proprio così: si acquistano titoli di Stato in Dollari, ovviamente acquistati al prezzo corrente del Dollaro e prestati allo Stato, e tra cinque anni si rivedrà indietro il proprio gruzzoletto oltre all'interesse. Sempre in Dollari e - dopo - essere stati riconvertiti in Euro. Ancora nessun odore?

Andiamo avanti. Siamo alla fine, niente paura.

Poniamo che oggi si decidesse di acquistare 100 Euro di Dollari: al tasso corrente (1,413) ci verrebbero consegnati 141 dollari e qualcosina. E poniamo che il Bond venduto dal nostro Totò sia al tasso del 3%. Alla fine dei cinque anni, lo Stato ci darà indietro 141 dollari più il 3%, ovvero 4,23 dollari in più. Ora, 141 più 4.23, ci troveremo in tasca ben 145.23 Dollari. Con i quali naturalmente possiamo soffiarci il naso, finché non li riconvertiamo in Euro. A questo punto lo Stato penserà per noi a riconvertirli in Euro, ergo andrà ad acquistare Euro pagando 145.23 Dollari, che è quanto ci spetta.

Naturalmente - ecco il punto - li acquisterà, alla scadenza, ovvero tra cinque anni, al tasso di allora. Non al tasso corrente con il quale abbiamo acquistato Dollari oggi. Se il Dollaro, tra cinque anni, varrà molto, avremo fatto un affare, riceveremo indietro molti più euro di quanti ne abbiamo versati oggi. Esempio: un Dollaro (tra cinque anni) con tasso di cambio uguale a oggi, ci farebbe tornare nelle tasche, interesse incluso, quasi 103 euro. E avremmo guadagnato. Effettivamente quanto - ovvero quanto varranno 103 Euro - naturalmente, lo sapremo solo tra cinque anni.

Dunque la prima domanda, già (quasi) risolutiva: quanto varranno 103 euro tra cinque anni?

E ora, "per i più abili e allenati", domandone finale, definitivo: vista la politica monetaria della Fed (stampa di banconote senza copertura aurea reale, e soprattutto senza specificare la quantità di banconote immesse sul mercato), vista la fine che stanno facendo i Titoli di Stato Usa (la Cina, maggior possessore mondiale, se ne sta disfacendo comperando oro, visto che puzza di bruciato - ovvero di default Usa - l'ha già annusata da un pezzo), visto lo stato della crisi in Usa (e le riserve auree che gli Stati Uniti dovranno vendere per continuare a finanziare i vari pantani, tipo Iraq e Afghanistan), ebbene, quanto varrà il Dollaro Usa tra cinque anni? Sarà debole o forte?

Poniamo il caso che - come chiunque dotato di buon senso capisce da sé - il Dollaro Usa tra cinque anni sarà scambiato non a 1,413 come oggi ma a 1,7, o a 2 euro, cosa accadrebbe? Lo Stato andrà ad acquistare tanti più Euro possibili con i nostri 145,23 Dollari accumulati, e con un cambio anche solo a 1,7, ci torneranno in tasca la bellezza di... 85 Euro. Dunque avremo perso il 15% da questo affarone targato Italia.

Fantastico, dicevamo, vero?

Ebbene, Tremonti è il "nostro" Ministro. E fa, ovviamente, il bene dello Stato. A spese di chi? Dei cittadini, naturalmente. Ma non sono i cittadini, lo Stato?
di Valerio Lo Monaco

28 gennaio 2010

Tremonti, i bond e il destino del dollaro

Da anni trattiamo l’argomento “dollaro” e la sua possibile fine, come moneta di riferimento mondiale, ma in Italia, ancora oggi, la maggioranza degli italiani è convinta che gli Stati Uniti siano la superpotenza economica che fu. I media italiani niente o poco hanno lasciato trapelare sulla reale situazione economica degli USA e della sua moneta, il dollaro, attraverso il quale, un tempo, hanno dominato il mondo. Il dollaro è destinato a svalutarsi e diventare carta straccia e gli italiani non si sono accorti di niente.Per un approfondimento sul tema, rimandiamo ai nostri precedenti articoli . Quello che mi preme rilevare in questo scritto è il ruolo della sinistra (si fa per dire) nel nascondere tali tematiche. Ancora oggi, i figliocci del PCI, i D’Alema, i Veltroni, i Fassino, ecc. guardano al mito americano (che fu) e spesso nei loro discorsi che sanno di antico e cadaverico guardano estasiati agli USA e addirittura riprendono pari pari gli slogan dei politici statunitensi di turno, senza neppure tradurli all’italiano, tipo “yes, we can”.I politici della presunta sinistra italiana non hanno capito assolutamente niente della realtà degli Stati Uniti. Il tramonto degli Stati Uniti è già iniziato e sicuramente ignorano anche la possibilità che possano arrivare ad un “default”, al fallimento e persino alla fine della stessa unione. Gli Stati Uniti potrebbero cessare di esistere come stato unitario e questi non si sono accorti di niente.Un partito di sinistra (se fosse di sinistra) dovrebbe trattare temi economici in difesa dei cittadini, per il bene dei cittadini ed in particolare delle classi più povere, contro la destra conservatrice, che storicamente rappresenta gli interessi dell’oligarchia, delle classi dominanti, imprenditoriali e capitalistiche.Non sarebbe compito dei politici di sinistra parlare della possibile truffa che sta architettando il signor Tremonti, ai danni degli ignari cittadini italiani? Invece ne parla principalmente una certa “destra” (2). Dove sono i sinistri politici italiani?Il Signor Tremonti, il superministro dell’Economia, che si ritrova nella disperata situazione di trovare soldi liquidi per mandare avanti la “baracca italiana” ha pensato ad un tranello, una truffa bella e buona ai danni degli ignari cittadini italiani, orfani dell’informazione e della sinistra: emettere buoni del tesoro in dollari, a cinque anni; ovviamente con allettanti tassi di interesse, sicuramente ben superiori al misero 0,5%/1% che ripaga un buono in Euro.Che cosa spera di ricavarne Tremonti?Lui – ma non il popoli italiano, tenuto nella più completa ignoranza in materia, dai media e dai partiti, compresi quelli di sinistra – sa bene che il dollaro rischia una forte svalutazione. Lui – ma non i Veltroni, i D’Alema, i Fassino, ecc. – conosce bene la situazione economica statunitense, con una disoccupazione crescente, una forte riduzione delle entrate fiscali, una bilancia commerciale sempre più negativa, un debito pubblico alle stelle ed un presidente, Barack Obama, spendaccione e guerrafondaio come nessun altro presidente USA. L’attuale presidente USA ha la necessità di grandi quantità di soldi, per finanziare le sue guerre in America Latina, in Asia e in Africa; soldi che appaiono magicamente, stampandoli! E, infatti, il pacifista Obama in un solo anno alla guida degli USA è stato capace di incrementare il debito pubblico USA di 1.611 miliardi di dollari, in sostanza un terzo di tutto l’incremento che ha subito il debito pubblico statunitense durante gli otto anni di gestione del guerrafondaio Bush . Lui, il Signor Tremonti - ma non i nostri sinistri politici – queste cose le conosce bene; anzi, sa che il pacifista Obama incrementando le spese ed estendendo le guerre al Pakistan, all’Iran, allo Yemen, al Corno d’Africa ed in America Latina, dove sono in atto ingenti spostamenti di truppe (circa 20.000 militari nell’occupazione di Haiti; migliaia nelle nuove basi in Colombia e nella Triplce Frontiera in America del Sud, in Honduras e tutto il centro America) avrà una crescente necessità di dollari, che appariranno magicamente facendoli fuoriuscire dal cilindro, ossia stampandoli, cosa che fa aumentare fortemente, da qua a cinque anni, il rischio di svalutazione. E’ sbagliato dire che Tremonti starebbe pensando all'emissione di buoni del tesoro in dollari per finanziare le spese dello stato italiano perché spera che il dollaro possa svalutarsi, da qui a cinque anni, facendo fare un affare all’Italia, o meglio al politico di turno, ossia a lui stesso (che immaginiamo tra cinque anni sarà ancora al comando del ministero che dirige oggi, vista l’inconsistenza della classe politica che dovrebbe sostituirlo). No, l’operazione non si baserebbe sulla speranza di veder svalutato il dollaro, da qui a cinque anni, ma su una certezza: il dollaro si svaluterà sicuramente; è solo questione di tempo e cinque anni sono un periodo sicuramente sufficiente per assistere alla sua svalutazione, e forse anche alla sua fine!Dunque, Tremonti ben sapendo che il dollaro da qui a cinque anni si svaluterà ha pensato bene di orchestrare questa manovra, che ben possiamo definire truffa. Ammettiamo che con tale operazione riesca a raccogliere 1.000 milioni di dollari, da restituire con un interesse ad esempio del 5%, che porta il debito complessivo a 1.050 milioni di dollari. Oggi, al cambio di 1,41 dollari per Euro, si ritroverebbe ad incassare circa 710 milioni di euro. Se il dollaro, in questi cinque anni si dovesse svalutare ad esempio del 50%, passando dagli attuali 1,41 a 2,11, lo stato italiano si ritroverebbe a dover pagare, per i 1.050 milioni di dollari ricevuti cinque anni prima, meno di 500 milioni di Euro. Un bell’affare per lo stato, una vera e propria truffa per i cittadini!Il dollaro è da considerarsi carta straccia e lo sta salvando solamente il fatto che è la moneta di riferimento per le transazioni economiche, soprattutto del petrolio. Di conseguenza tutti gli stati sono costretti ad avere scorte di dollari (le famose riserve internazionali).L'area di utilizzo del dollaro, però, è destinata a ridursi; infatti, in Africa, in America Latina ed in Medio oriente stanno nascendo o si cominciano ad utilizzare monete alternative, regionali. La Cina, al momento il più grande detentore di dollari, si sta liberando delle sue riserve in dollari, acquistando oro o investendoli in altri paesi asiatici, in Africa e in America Latina. Se il principale prodotto del mondo, il petrolio, riuscisse a svincolarsi del dollaro, ossia si potesse commercializzare anche in Euro o altra moneta, allora arriverebbe veramente la fine per il dollaro. Tutti gli stati, che detengono dollari sarebbero costretti a liberarsi per acquistare la nuova moneta necessaria per acquistare il petrolio. Questa enorme quantità di dollari in vendita farebbe crollare il suo valore. Certamente le cose non succederanno da un momento all’altro, ma succederanno. Il dollaro è destinato ad essere sostituito perché il paese emissore è in crisi profonda e non da più le garanzie che offriva una volta.Di seguito, proponiamo una tabella Il Dollaro, pur continuando ad essere largamente la principale moneta di riserva (nel 2008, il 64% delle riserve internazionali era costituita da dollari), mostra lievi ma inequivocabili segni di flessione. Sarà, però nei prossimi anni che si accelererà la caduta.Il ministro Tremonti se sta pensando a buoni del tesoro in dollari, è perché pensa che si svaluterà. E’ dunque una truffa, di cui però i partiti di sinistra, oggi stampella del capitale, si guardano bene dal parlare.Attilio Folliero, Caracas, 27/01/2010>