12 maggio 2010

Uomini, mezzi uomini e...corruzione



A Porta a porta l'onorevole Nania, ex An, cercando di giustificare Scajola ha spiegato, poiché non era credibile che il ministro non si fosse reso conto che 600 mila euro per un appartamento di 180 metri quadri in una delle zone più suggestive di Roma era un prezzo totalmente fuori mercato, che è usuale che una persona comune quando si trova a trattare un affare con un uomo del potere sia naturalmente portata a fargli condizioni di favore senza che ciò comporti necessariamente una contropartita. Mio padre, Benso Fini, che nel dopoguerra ha diretto per 13 anni Il Corriere Lombardo, il primo quotidiano del pomeriggio italiano, allora assai importante, e che respingeva qualsiasi regalia, anche modesta, eccettuati i libri, mi ha insegnato che non si accettano favori immotivati. E questo mi ha evitato di cacciarmi in alcuni guai.

Nel 1979 lavoravo per il Nuovo Europeo di Mario Pirani e stavo trafficando per avere un'intervista da Toni Negri, in carcere da un mese. Oggi è semplice: ci si accorda con un parlamentare che entra in prigione e poi riferisce al giornalista. Allora le cose erano più complicate. Dopo estenuanti trattative riuscii a far arrivare a Negri le mie domande scritte e ad avere le sue risposte. Quando ebbi in mano tutto andai da Pirani, nel suo ufficio romano. Lui, che stava preparando il nuovo giornale, fu naturalmente molto contento: sarebbe stata la copertina del primo numero del "suo" Europeo. Nell'ufficio c'era anche l'Amministratore delegato Bruno Tassan Din che, preso dall'euforia, mi propose: «Venga con noi a Milano, sul nostro jet privato». «La ringrazio» risposi «ma ho già un biglietto Alitalia». «C'è anche Di Bella» disse Tassan Din per invogliarmi (era il direttore del Corriere). «Ragione in più per non venirci» replicai io, scherzando. Tassan Din parve molto seccato. Mezz'ora dopo Pirani mi richiamò nel suo ufficio: «Perché ha trattato così l'Amministratore delegato?». «Mio padre mi ha insegnato che non si accettano favori immotivati». Due anni dopo Tassan Din e Di Bella furono pescati nella P2. Se io fossi salito su quell'aereo i due avrebbero fatto probabilmente delle avances e io, magari non capendo subito bene, avrei potuto farmi trascinare in situazioni poco chiare e compromesso una volta mi sarei compromesso per sempre. In queste cose vale quello che vale per le ragazze: se si lasciano mettere una mano sul ginocchio si arriva alla hause. I politici si fanno mettere le mani su tutte e due le ginocchia. E questo mi stupisce un poco. Sono già dei miracolati, gente che non ha fatto un'ora di lavoro vero in vita sua, che non sa far nulla e sono potenti, ricchi e famosi.

Potrebbero accontentarsi. Invece non ne hanno mai basta. Anche quando non prendono direttamente tangenti si fanno dare affitti a equo canone, pagare mezzi appartamenti, regalare anche la carta igienica. Scajola, per scagionarsi, ha detto che avrebbe dovuto essere un cretino per dare 80 assegni circolari davanti a dei testimoni. Ma c'è anche un'altra ipotesi: il senso di impunità che dà il potere, la convinzione che non si pagherà mai dazio. Lo abbiamo già visto in Tangentopoli. Pillitteri non si faceva consegnare sulla sua scrivania i quattrini, malamente avvolti in carta di giornale? E perché mai la classe dirigente di oggi dovrebbe essere diversa, quando sono quindici anni che non si fa che delegittimare la Magistratura e si è inzeppato il Codice penale, soprattutto per i reati finanziari, quelli di "lorsignori", di leggi talmente "garantiste" che arrivare a una sentenza definitiva è quasi impossibile? Amintore Fanfani, che da vero uomo di potere non ambiva al denaro, abitava all'ottavo piano di un normalissimo condominio in via Platone, non in un appartamento davanti al Colosseo. Ma Fanfani, oltre a essere stato un notevole docente universitario, aveva statura (politica) di statista. Questi son solo degli ometti.

Massimo Fini

11 maggio 2010

Problema Greco, affare europeo

Non bisognava essere dei veggenti per indovinare che le draconiane "misure di austerità" imposte dal governo greco in cambio del prestito elargito dalla Ue e dal Fmi avrebbero causato imponenti proteste, con il rischio di violenze più o meno diffuse. E' noto che, ad Atene, la battaglia politica è sempre molto "vivace" e le organizzazioni sindacali piuttosto combattive. Il sangue che è già scorso è stato, probabilmente, causato da quelle frange di estrema sinistra, che in Grecia si riuniscono per lo più sotto le bandiere anarchiche, la cui presenza non va sopravvalutata. Si tratta di poche migliaia di persone che nella capitale stazionano nel quartiere di Exarchia, dove vivono in scalcagnate comunità all'interno di case occupate. Pur essendo un mito per gli "antagonisti" di tutta Europa, dal punto di vista politico questi gruppi radicali, anche se sono in grado di produrre danni, contano poco.
Sarebbe diverso se una parte della popolazione più indebolita dai piani governativi abbandonasse le forme pacifiche di contestazione. Nel giudicare le mosse del premier Papandreou, gli europei dovranno dunque tenere conto della sua esigenza di mantenere la pace sociale nella nazione. Le misure decise sono così pesanti che avrebbero provocato una reazione non solo nell'esuberante Grecia, ma in qualsiasi altro Paese europeo. Per rientrare dal debito fuori controllo, sono previsti il blocco degli stipendi dei lavoratori pubblici fino al 2014, l'abolizione di tredicesima e di quattordicesima per gli impiegati statali che guadagnano oltre 3.000 euri al mese, la cancellazioni di bonus che sono parte rilevante dello stipendio, l'aumento di altri due punti dell'Iva, con un incremento del 10% delle tasse su benzine, sigarette e alcolici, l'innalzamento dell'età pensionabile.
Va detto che quelle che sono state definite le cicale greche non se la passavano poi così bene nemmeno prima. I salari sono già bassi: quello minimo è pari al 60% dei corrispettivi olandese, belga, francese e al 50% dell'irlandese. La divisione della ricchezza, poi, è maggiormente sperequata rispetto agli altri Paesi dell'Eurozona. Il sistema economico greco ha molte colpe per l'attuale crisi. Il settore pubblico è ipertrofico ed inefficiente, essendo stato gonfiato con massicce assunzioni di carattere clientelare, l'evasione fiscale è immensa -perfino per un Paese come il nostro dove, al momento del conto, la domanda rituale è "con o senza fattura?"- la corruzione è ampiamente diffusa a tutti i livelli. Per l'economia greca, però, l'entrata nell'euro, tanto desiderata e poi raggiunta nel 2001, non è stato probabilmente un grande affare. Pur essendo i suoi prodotti poco competitivi, Atene non può più attuare svalutazioni competitive della moneta al fine di abbassare i prezzi delle sue merci, ma per rimettere in ordine i conti ha a disposizione solo lo strumento, doloroso, dei tagli e dell'innalzamento delle tasse.
Sono state comunque le esitazioni dell'Unione Europea ad aggravare la crisi, incoraggiando la speculazione finanziaria. La cancelliera Merkel, in particolare, ha a lungo tentennato, dando l'impressione di volere abbandonare la Grecia al proprio destino. Se è vero che la Germania non può essere il bancomat dei Paesi in difficoltà, bisogna però aggiungere che sono i tedeschi ad avere maggiormente guadagnato dall'entrata in vigore dell'euro, pur avendo abbandonato l'amato marco, vero e proprio simbolo identitario della nazione nel dopoguerra. Grazie alla parità monetaria, l'industria tedesca, infatti, ha potuto inondare con i suoi prodotti di alta qualità soprattutto i Paesi più deboli dell'area euro.
Giova inoltre ricordare che una parte consistente del debito greco è detenuto, oltre che da quelle francesi, dalle banche tedesche che, in caso di default, si potrebbero trovare nella condizione di chiedere sussidi governativi. Gli aiuti ad Atene sono dei prestiti al gravoso tasso del 5% che, se rimborsati, produrranno cospicui profitti per i Paesi che li hanno concessi i quali si indebitano a tassi minori. Si calcola che la stessa Germania guadagnerebbe, solo con la prima tranche di prestiti, 622 milioni di euri, la Francia 465 milioni e l'Italia 356 milioni. Comunque, la crisi greca, più di ogni altra cosa, ci ha mostrato che la solidarietà europea è un concetto aleatorio. Le settimane passate nell'incertezza, i toni "nazionalistici", con i quali i vari governi hanno voluto far mostra di difendere i risparmi dei propri cittadini, hanno evidenziato quanto l'Europa sia debole anche rispetto a quella moneta comune che riteneva il suo capolavoro e il suo gioiello.
Finalmente, la Merkel, mercoledì scorso, in un discorso al parlamento, che la stampa tedesca ha giudicato storico, ha dato l'impressione di assumersi le responsabilità che competono a un Paese così importante. Dopo avere dichiarato che "è in gioco il futuro dell'Europa e della Germania in Europa", la cancelliera ha aggiunto perentoriamente che "l'Europa oggi guarda alla Germania. Senza di noi o contro di noi non si può prendere alcuna decisione". Sembrerebbe la prima rivendicazione del ruolo di guida di Berlino in Europa, dopo decenni in cui la Germania ha messo ogni impegno per diluire la sua forza economica in un europeismo consensuale, negando di volere primeggiare anche politicamente. Ferma da tempo in stazione la locomotiva franco-tedesca, non sarebbe una brutta notizia che la sola Germania si decidesse a fare da traino per l'integrazione europea, abbandonando scrupoli e paure suscitati dal suo passato.
Sarebbe davvero eccessivo, però, trarre da un discorso parlamentare conclusioni politiche certe. L'Europa attuale, anche dal punto di vista economico, ha bisogno di rilevanti riforme che metteranno in luce se c'è davvero chi ambisce a fare da sprone agli altri. Oggi, si capisce che è stato sbagliato dotare della stessa moneta Paesi con divari economici troppo marcati. Probabilmente, si pensava di valersi ancora una volta del metodo funzionalista, compiendo un passo importante sul piano economico, nella convinzione che la coesione sociale scaturitane favorisse il rafforzamento delle istituzioni politiche. E' vero che l'integrazione continentale è nata con la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca), ma adesso ci si è spinti a un punto in cui l'iniziativa politica deve precedere ogni altra istanza.
Anche nel governo dell'economia, senza una politica fiscale comune e senza un coordinamento delle finanze dei vari Paesi, l'euro rappresenterà più una gabbia che un'opportunità, lasciando i Paesi più deboli nelle grinfie degli avvoltoi alla Soros. In fin dei conti, mentre l'Europa trema per la crisi della Grecia che rappresenta solo lo 0,3% del pil mondiale, gli Usa non sembrano avere le stesse difficoltà per la quasi bancarotta della ben più sostanziosa (economicamente) California. Vale a dire che, senza la politica e senza un governo responsabile, le potenze economiche sono solo tigri di carta.
di Roberto Zavaglia

10 maggio 2010

Crisi Greca o bancarotta dell'Euro?


Perché la Grecia ha fatto bancarotta?

Perché è un paese indebitato con il Fmi, la Banca centrale mondiale e con tutti gli altri paesi a cui ha venduto i propri titoli di stato.

A cosa servono i titoli di stato?

A far entrare denaro liquido nelle casse di uno stato, in cambio della promessa agli acquirenti di ricevere oltre al capitale prestato una percentuale di interessi.

E perché allora la Grecia non emette nuovi titoli di stato e non ripiana con le nuove entrate il suo disavanzo?

Perché non essendo più in grado di restituire capitali ed interessi a chi ha già acquistato i suoi titoli, una nuova asta andrebbe deserta.

E perché non è più in grado di restituire capitali ed interessi ai suoi creditori?

Perché è un paese indebitato. E sarà pur vero che per pagare e per morire c’è sempre tempo… Ma quel tempo prima o poi arriva…

E qual è la soluzione?

Restituire a agli stati nazionali la sovranità monetaria. Ma siccome dubito molto che da questo orecchio le consorterie finanziarie ci sentano, ricorreranno al metodo di sempre: farle un nuovo prestito, oppure comprare i suoi titoli anche se si sa in partenza che non è in grado di restituire il credito.

Ma così non se ne esce…

E chi ha detto che chi ha provocato tutto questo ne vuole uscire? Scopo dell’Alta Finanza non è quello di rientrare di un prestito ma impadronirsi dei popoli e degli stati, espropriarli della propria sovranità e governare, di paese in paese asservito, il mondo intero…

Ma l’euro non era la moneta forte che avrebbe dovuto garantire ai paesi membri la stabilità finanziaria e l’esercizio virtuoso delle economie nazionali?

E dove lo hai letto?

Non l’ho letto, l’ho sentito dire.

Ecco, appunto. Invece di stare al sentito dire, faresti bene a leggere il famoso Trattato di Maastricht. E se non hai tempo per leggerlo tutto, concentrati almeno sull’articolo 107: «Nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente trattato e dallo Statuto del SEBC, né la BCE né una Banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai Governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti».

Ovvero?

I Governi dei paesi membri della moneta unica europea NON possono interferire con le decisioni della Banca centrale europea. Spetta a lei e solo a lei decidere la politica economica degli stati nazionali. Ti ricordi quando monsieur Trichet decideva di alzare i tassi d’interesse bancari per contenere l’inflazione?

Ma se l’inflazione era ridotta ai minimi storici…

Vero. Ma se tu hai una merce e la vuoi vendere non cerchi di ricavarne il massimo profitto?

Beh, sì… ma che c’entra?

Che merce vendono i banchieri?

Il denaro…

…e quindi se te lo vendono ad un costo (= tasso d’interesse) più alto ci guadagnano di più, o no?

Capito. Ma dopo la grande crisi di due anni fa, con il fallimento della Lehman in America, il tasso d’inflazione s’era abbassato ancora di più. Mi sembra di ricordare che in America si prestava addirittura a zero interesse e in Europa ad appena l’1% e, sempre se non ricordo male, l’inflazione era addirittura scesa…

Il che dimostra due cose: la prima, che non è vero che alzare il tasso d’interesse dei prestiti bancari serve a contenere l’inflazione…

E la seconda?

Che dai banchieri non verrà mai alcun rimedio e meno che mai la salvezza dai misfatti che loro stessi compiono… Ti sei mai chiesto perché la Gran Bretagna non è voluta entrare nell’Unione Monetaria Europea?

No. Perché?

Perché con la moneta unica e, soprattutto con il disposto dell’articolo 107 del Trattato di Maastricht, insieme alla sovranità economica gli stati perdevano la possibilità, in casi di crisi come quello della Grecia, di ricorrere ad un espediente semplice semplice per salvare la propria economia…

E sarebbe?

La svalutazione della moneta nazionale.

Cioè?

Eh! ma non sai proprio niente di economia… Ma non te l’hanno insegnata a scuola?

No. A scuola, almeno fino alle medie superiori, non si insegna economia…

E ti sei mai chiesto perché non si insegna una materia così importante, soprattutto oggi?

???

Perché se hai un minimo di cognizione sulla materia, col cazzo che vai in banca e ti fai concedere come optional del tuo conto corrente bancario, il così detto scoperto: quel gruzzoletto che sta lì ad aspettare che tu lo tocchi per metterti al collo un cappio che finirà per strozzarti con interessi come manco il peggior strozzino si sognerebbe di poter fare… Ma ritorniamo alla svalutazione…

Ecco, sì…

Con la svalutazione della propria moneta, uno stato favorisce l’esportazione e la vendita dei propri prodotti all’estero, rende più costosi gli acquisti di merce estere dei propri cittadini con tutto quel che ne consegue in termini di ripresa della produttività e del consumo interno. Così La Gran Bretagna si salvò dalla crisi del 1929. E quando le hanno chiesto di entrare nell’euro se ne è ricordata. Ha detto: “No, grazie”. Così come ha risposto picche alla richiesta di concorrere al salvataggio della Grecia.

E allora perché la Bce non svaluta l’euro per salvare la Grecia?

Perché esiste una moneta unica europea ma non esiste gli Stati Uniti d’Europa, né sul piano politico né su quello economico. Per cui, la Grecia se ne avvantaggerebbe, ma a rimetterci sarebbero stati come la Francia e la Germania che hanno tutto l’interesse a conservare l’attuale cambio di valuta con il dollaro che, al momento, è per loro ancora vantaggioso.

E, quindi, chi pagherà la crisi?

E chi vuoi che la paghi? Per il momento i cittadini greci che vedranno stipendi e pensioni decurtate, le fabbriche chiudere, i disoccupati crescere e i banchieri arricchirsi come sempre… Oggi loro, ma avanti c’è posto…

Tu, quindi, pensi che la crisi contagerà gli altri paesi della zona euro, fino al ritorno alle monete nazionali?

No, perché andrebbe in crisi l’intero sistema finanziario dell’Occidente e lo stesso sistema capitalista. Prima o poi accadrà ma finché potranno cercheranno di salvare il salvabile, mangiandosi uno stato alla volta… Come è accaduto anni fa con l’Argentina…

di Miro Renzaglia

12 maggio 2010

Uomini, mezzi uomini e...corruzione



A Porta a porta l'onorevole Nania, ex An, cercando di giustificare Scajola ha spiegato, poiché non era credibile che il ministro non si fosse reso conto che 600 mila euro per un appartamento di 180 metri quadri in una delle zone più suggestive di Roma era un prezzo totalmente fuori mercato, che è usuale che una persona comune quando si trova a trattare un affare con un uomo del potere sia naturalmente portata a fargli condizioni di favore senza che ciò comporti necessariamente una contropartita. Mio padre, Benso Fini, che nel dopoguerra ha diretto per 13 anni Il Corriere Lombardo, il primo quotidiano del pomeriggio italiano, allora assai importante, e che respingeva qualsiasi regalia, anche modesta, eccettuati i libri, mi ha insegnato che non si accettano favori immotivati. E questo mi ha evitato di cacciarmi in alcuni guai.

Nel 1979 lavoravo per il Nuovo Europeo di Mario Pirani e stavo trafficando per avere un'intervista da Toni Negri, in carcere da un mese. Oggi è semplice: ci si accorda con un parlamentare che entra in prigione e poi riferisce al giornalista. Allora le cose erano più complicate. Dopo estenuanti trattative riuscii a far arrivare a Negri le mie domande scritte e ad avere le sue risposte. Quando ebbi in mano tutto andai da Pirani, nel suo ufficio romano. Lui, che stava preparando il nuovo giornale, fu naturalmente molto contento: sarebbe stata la copertina del primo numero del "suo" Europeo. Nell'ufficio c'era anche l'Amministratore delegato Bruno Tassan Din che, preso dall'euforia, mi propose: «Venga con noi a Milano, sul nostro jet privato». «La ringrazio» risposi «ma ho già un biglietto Alitalia». «C'è anche Di Bella» disse Tassan Din per invogliarmi (era il direttore del Corriere). «Ragione in più per non venirci» replicai io, scherzando. Tassan Din parve molto seccato. Mezz'ora dopo Pirani mi richiamò nel suo ufficio: «Perché ha trattato così l'Amministratore delegato?». «Mio padre mi ha insegnato che non si accettano favori immotivati». Due anni dopo Tassan Din e Di Bella furono pescati nella P2. Se io fossi salito su quell'aereo i due avrebbero fatto probabilmente delle avances e io, magari non capendo subito bene, avrei potuto farmi trascinare in situazioni poco chiare e compromesso una volta mi sarei compromesso per sempre. In queste cose vale quello che vale per le ragazze: se si lasciano mettere una mano sul ginocchio si arriva alla hause. I politici si fanno mettere le mani su tutte e due le ginocchia. E questo mi stupisce un poco. Sono già dei miracolati, gente che non ha fatto un'ora di lavoro vero in vita sua, che non sa far nulla e sono potenti, ricchi e famosi.

Potrebbero accontentarsi. Invece non ne hanno mai basta. Anche quando non prendono direttamente tangenti si fanno dare affitti a equo canone, pagare mezzi appartamenti, regalare anche la carta igienica. Scajola, per scagionarsi, ha detto che avrebbe dovuto essere un cretino per dare 80 assegni circolari davanti a dei testimoni. Ma c'è anche un'altra ipotesi: il senso di impunità che dà il potere, la convinzione che non si pagherà mai dazio. Lo abbiamo già visto in Tangentopoli. Pillitteri non si faceva consegnare sulla sua scrivania i quattrini, malamente avvolti in carta di giornale? E perché mai la classe dirigente di oggi dovrebbe essere diversa, quando sono quindici anni che non si fa che delegittimare la Magistratura e si è inzeppato il Codice penale, soprattutto per i reati finanziari, quelli di "lorsignori", di leggi talmente "garantiste" che arrivare a una sentenza definitiva è quasi impossibile? Amintore Fanfani, che da vero uomo di potere non ambiva al denaro, abitava all'ottavo piano di un normalissimo condominio in via Platone, non in un appartamento davanti al Colosseo. Ma Fanfani, oltre a essere stato un notevole docente universitario, aveva statura (politica) di statista. Questi son solo degli ometti.

Massimo Fini

11 maggio 2010

Problema Greco, affare europeo

Non bisognava essere dei veggenti per indovinare che le draconiane "misure di austerità" imposte dal governo greco in cambio del prestito elargito dalla Ue e dal Fmi avrebbero causato imponenti proteste, con il rischio di violenze più o meno diffuse. E' noto che, ad Atene, la battaglia politica è sempre molto "vivace" e le organizzazioni sindacali piuttosto combattive. Il sangue che è già scorso è stato, probabilmente, causato da quelle frange di estrema sinistra, che in Grecia si riuniscono per lo più sotto le bandiere anarchiche, la cui presenza non va sopravvalutata. Si tratta di poche migliaia di persone che nella capitale stazionano nel quartiere di Exarchia, dove vivono in scalcagnate comunità all'interno di case occupate. Pur essendo un mito per gli "antagonisti" di tutta Europa, dal punto di vista politico questi gruppi radicali, anche se sono in grado di produrre danni, contano poco.
Sarebbe diverso se una parte della popolazione più indebolita dai piani governativi abbandonasse le forme pacifiche di contestazione. Nel giudicare le mosse del premier Papandreou, gli europei dovranno dunque tenere conto della sua esigenza di mantenere la pace sociale nella nazione. Le misure decise sono così pesanti che avrebbero provocato una reazione non solo nell'esuberante Grecia, ma in qualsiasi altro Paese europeo. Per rientrare dal debito fuori controllo, sono previsti il blocco degli stipendi dei lavoratori pubblici fino al 2014, l'abolizione di tredicesima e di quattordicesima per gli impiegati statali che guadagnano oltre 3.000 euri al mese, la cancellazioni di bonus che sono parte rilevante dello stipendio, l'aumento di altri due punti dell'Iva, con un incremento del 10% delle tasse su benzine, sigarette e alcolici, l'innalzamento dell'età pensionabile.
Va detto che quelle che sono state definite le cicale greche non se la passavano poi così bene nemmeno prima. I salari sono già bassi: quello minimo è pari al 60% dei corrispettivi olandese, belga, francese e al 50% dell'irlandese. La divisione della ricchezza, poi, è maggiormente sperequata rispetto agli altri Paesi dell'Eurozona. Il sistema economico greco ha molte colpe per l'attuale crisi. Il settore pubblico è ipertrofico ed inefficiente, essendo stato gonfiato con massicce assunzioni di carattere clientelare, l'evasione fiscale è immensa -perfino per un Paese come il nostro dove, al momento del conto, la domanda rituale è "con o senza fattura?"- la corruzione è ampiamente diffusa a tutti i livelli. Per l'economia greca, però, l'entrata nell'euro, tanto desiderata e poi raggiunta nel 2001, non è stato probabilmente un grande affare. Pur essendo i suoi prodotti poco competitivi, Atene non può più attuare svalutazioni competitive della moneta al fine di abbassare i prezzi delle sue merci, ma per rimettere in ordine i conti ha a disposizione solo lo strumento, doloroso, dei tagli e dell'innalzamento delle tasse.
Sono state comunque le esitazioni dell'Unione Europea ad aggravare la crisi, incoraggiando la speculazione finanziaria. La cancelliera Merkel, in particolare, ha a lungo tentennato, dando l'impressione di volere abbandonare la Grecia al proprio destino. Se è vero che la Germania non può essere il bancomat dei Paesi in difficoltà, bisogna però aggiungere che sono i tedeschi ad avere maggiormente guadagnato dall'entrata in vigore dell'euro, pur avendo abbandonato l'amato marco, vero e proprio simbolo identitario della nazione nel dopoguerra. Grazie alla parità monetaria, l'industria tedesca, infatti, ha potuto inondare con i suoi prodotti di alta qualità soprattutto i Paesi più deboli dell'area euro.
Giova inoltre ricordare che una parte consistente del debito greco è detenuto, oltre che da quelle francesi, dalle banche tedesche che, in caso di default, si potrebbero trovare nella condizione di chiedere sussidi governativi. Gli aiuti ad Atene sono dei prestiti al gravoso tasso del 5% che, se rimborsati, produrranno cospicui profitti per i Paesi che li hanno concessi i quali si indebitano a tassi minori. Si calcola che la stessa Germania guadagnerebbe, solo con la prima tranche di prestiti, 622 milioni di euri, la Francia 465 milioni e l'Italia 356 milioni. Comunque, la crisi greca, più di ogni altra cosa, ci ha mostrato che la solidarietà europea è un concetto aleatorio. Le settimane passate nell'incertezza, i toni "nazionalistici", con i quali i vari governi hanno voluto far mostra di difendere i risparmi dei propri cittadini, hanno evidenziato quanto l'Europa sia debole anche rispetto a quella moneta comune che riteneva il suo capolavoro e il suo gioiello.
Finalmente, la Merkel, mercoledì scorso, in un discorso al parlamento, che la stampa tedesca ha giudicato storico, ha dato l'impressione di assumersi le responsabilità che competono a un Paese così importante. Dopo avere dichiarato che "è in gioco il futuro dell'Europa e della Germania in Europa", la cancelliera ha aggiunto perentoriamente che "l'Europa oggi guarda alla Germania. Senza di noi o contro di noi non si può prendere alcuna decisione". Sembrerebbe la prima rivendicazione del ruolo di guida di Berlino in Europa, dopo decenni in cui la Germania ha messo ogni impegno per diluire la sua forza economica in un europeismo consensuale, negando di volere primeggiare anche politicamente. Ferma da tempo in stazione la locomotiva franco-tedesca, non sarebbe una brutta notizia che la sola Germania si decidesse a fare da traino per l'integrazione europea, abbandonando scrupoli e paure suscitati dal suo passato.
Sarebbe davvero eccessivo, però, trarre da un discorso parlamentare conclusioni politiche certe. L'Europa attuale, anche dal punto di vista economico, ha bisogno di rilevanti riforme che metteranno in luce se c'è davvero chi ambisce a fare da sprone agli altri. Oggi, si capisce che è stato sbagliato dotare della stessa moneta Paesi con divari economici troppo marcati. Probabilmente, si pensava di valersi ancora una volta del metodo funzionalista, compiendo un passo importante sul piano economico, nella convinzione che la coesione sociale scaturitane favorisse il rafforzamento delle istituzioni politiche. E' vero che l'integrazione continentale è nata con la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca), ma adesso ci si è spinti a un punto in cui l'iniziativa politica deve precedere ogni altra istanza.
Anche nel governo dell'economia, senza una politica fiscale comune e senza un coordinamento delle finanze dei vari Paesi, l'euro rappresenterà più una gabbia che un'opportunità, lasciando i Paesi più deboli nelle grinfie degli avvoltoi alla Soros. In fin dei conti, mentre l'Europa trema per la crisi della Grecia che rappresenta solo lo 0,3% del pil mondiale, gli Usa non sembrano avere le stesse difficoltà per la quasi bancarotta della ben più sostanziosa (economicamente) California. Vale a dire che, senza la politica e senza un governo responsabile, le potenze economiche sono solo tigri di carta.
di Roberto Zavaglia

10 maggio 2010

Crisi Greca o bancarotta dell'Euro?


Perché la Grecia ha fatto bancarotta?

Perché è un paese indebitato con il Fmi, la Banca centrale mondiale e con tutti gli altri paesi a cui ha venduto i propri titoli di stato.

A cosa servono i titoli di stato?

A far entrare denaro liquido nelle casse di uno stato, in cambio della promessa agli acquirenti di ricevere oltre al capitale prestato una percentuale di interessi.

E perché allora la Grecia non emette nuovi titoli di stato e non ripiana con le nuove entrate il suo disavanzo?

Perché non essendo più in grado di restituire capitali ed interessi a chi ha già acquistato i suoi titoli, una nuova asta andrebbe deserta.

E perché non è più in grado di restituire capitali ed interessi ai suoi creditori?

Perché è un paese indebitato. E sarà pur vero che per pagare e per morire c’è sempre tempo… Ma quel tempo prima o poi arriva…

E qual è la soluzione?

Restituire a agli stati nazionali la sovranità monetaria. Ma siccome dubito molto che da questo orecchio le consorterie finanziarie ci sentano, ricorreranno al metodo di sempre: farle un nuovo prestito, oppure comprare i suoi titoli anche se si sa in partenza che non è in grado di restituire il credito.

Ma così non se ne esce…

E chi ha detto che chi ha provocato tutto questo ne vuole uscire? Scopo dell’Alta Finanza non è quello di rientrare di un prestito ma impadronirsi dei popoli e degli stati, espropriarli della propria sovranità e governare, di paese in paese asservito, il mondo intero…

Ma l’euro non era la moneta forte che avrebbe dovuto garantire ai paesi membri la stabilità finanziaria e l’esercizio virtuoso delle economie nazionali?

E dove lo hai letto?

Non l’ho letto, l’ho sentito dire.

Ecco, appunto. Invece di stare al sentito dire, faresti bene a leggere il famoso Trattato di Maastricht. E se non hai tempo per leggerlo tutto, concentrati almeno sull’articolo 107: «Nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente trattato e dallo Statuto del SEBC, né la BCE né una Banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai Governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti».

Ovvero?

I Governi dei paesi membri della moneta unica europea NON possono interferire con le decisioni della Banca centrale europea. Spetta a lei e solo a lei decidere la politica economica degli stati nazionali. Ti ricordi quando monsieur Trichet decideva di alzare i tassi d’interesse bancari per contenere l’inflazione?

Ma se l’inflazione era ridotta ai minimi storici…

Vero. Ma se tu hai una merce e la vuoi vendere non cerchi di ricavarne il massimo profitto?

Beh, sì… ma che c’entra?

Che merce vendono i banchieri?

Il denaro…

…e quindi se te lo vendono ad un costo (= tasso d’interesse) più alto ci guadagnano di più, o no?

Capito. Ma dopo la grande crisi di due anni fa, con il fallimento della Lehman in America, il tasso d’inflazione s’era abbassato ancora di più. Mi sembra di ricordare che in America si prestava addirittura a zero interesse e in Europa ad appena l’1% e, sempre se non ricordo male, l’inflazione era addirittura scesa…

Il che dimostra due cose: la prima, che non è vero che alzare il tasso d’interesse dei prestiti bancari serve a contenere l’inflazione…

E la seconda?

Che dai banchieri non verrà mai alcun rimedio e meno che mai la salvezza dai misfatti che loro stessi compiono… Ti sei mai chiesto perché la Gran Bretagna non è voluta entrare nell’Unione Monetaria Europea?

No. Perché?

Perché con la moneta unica e, soprattutto con il disposto dell’articolo 107 del Trattato di Maastricht, insieme alla sovranità economica gli stati perdevano la possibilità, in casi di crisi come quello della Grecia, di ricorrere ad un espediente semplice semplice per salvare la propria economia…

E sarebbe?

La svalutazione della moneta nazionale.

Cioè?

Eh! ma non sai proprio niente di economia… Ma non te l’hanno insegnata a scuola?

No. A scuola, almeno fino alle medie superiori, non si insegna economia…

E ti sei mai chiesto perché non si insegna una materia così importante, soprattutto oggi?

???

Perché se hai un minimo di cognizione sulla materia, col cazzo che vai in banca e ti fai concedere come optional del tuo conto corrente bancario, il così detto scoperto: quel gruzzoletto che sta lì ad aspettare che tu lo tocchi per metterti al collo un cappio che finirà per strozzarti con interessi come manco il peggior strozzino si sognerebbe di poter fare… Ma ritorniamo alla svalutazione…

Ecco, sì…

Con la svalutazione della propria moneta, uno stato favorisce l’esportazione e la vendita dei propri prodotti all’estero, rende più costosi gli acquisti di merce estere dei propri cittadini con tutto quel che ne consegue in termini di ripresa della produttività e del consumo interno. Così La Gran Bretagna si salvò dalla crisi del 1929. E quando le hanno chiesto di entrare nell’euro se ne è ricordata. Ha detto: “No, grazie”. Così come ha risposto picche alla richiesta di concorrere al salvataggio della Grecia.

E allora perché la Bce non svaluta l’euro per salvare la Grecia?

Perché esiste una moneta unica europea ma non esiste gli Stati Uniti d’Europa, né sul piano politico né su quello economico. Per cui, la Grecia se ne avvantaggerebbe, ma a rimetterci sarebbero stati come la Francia e la Germania che hanno tutto l’interesse a conservare l’attuale cambio di valuta con il dollaro che, al momento, è per loro ancora vantaggioso.

E, quindi, chi pagherà la crisi?

E chi vuoi che la paghi? Per il momento i cittadini greci che vedranno stipendi e pensioni decurtate, le fabbriche chiudere, i disoccupati crescere e i banchieri arricchirsi come sempre… Oggi loro, ma avanti c’è posto…

Tu, quindi, pensi che la crisi contagerà gli altri paesi della zona euro, fino al ritorno alle monete nazionali?

No, perché andrebbe in crisi l’intero sistema finanziario dell’Occidente e lo stesso sistema capitalista. Prima o poi accadrà ma finché potranno cercheranno di salvare il salvabile, mangiandosi uno stato alla volta… Come è accaduto anni fa con l’Argentina…

di Miro Renzaglia