19 maggio 2010
In Europa al tempo della crisi
Vorrei tornare brevemente sull’analisi proposta dal Leap circa la quale mi sono già espresso con un epigrafico commento domenica scorsa. Ovviamente rincalzo quanto sostenuto in quella sede laddove esistono molteplici segnali, anche economici, che danno torto ai ricercatori francesi, quanto meno troppo arditi nel parlare di una sorta di “colpo di stato” messo in atto a Bruxelles e finalizzato alla fortificazione degli interessi geoeconomici dei 26 Stati membri verso mercati impazziti che portano ancora impresso a fuoco il marchio della bestia dominante “angloamericana”.
Se quest’ultimo aspetto appare incontrovertibile (e siamo stati tra i primi a far presente che non esiste una neutralità degli stessi ma che al contrario le regole del libero scambio sembrano agire apposta per far crescere la preminenza Usa) non lo è altrettanto il dato delle conseguenze politiche che scaturiranno da siffatte scelte. Sarebbe davvero troppo bello poter far discendere da azioni di protezione finanziaria, nondimeno molto dubbie, il disaccoppiamento che ci permetterà di sbarazzarci dell’influenza dei vecchi padroni.
Che dalle spesse catene con le quali gli statunitensi hanno avvolto l’Europa, da più di un cinquantennio, ci si possa divincolare attuando una riforma economica - la quale, peraltro, ha oggi i contorni di una mera presa di tempo di fronte ad un terremoto sistemico non compreso a fondo nelle sue causae causantes - deve apparire una bizzarria soprattutto a chi ha un quadro più o meno preciso della presenza delle basi americane in tutto il continente, nonché un'idea del condizionamento politico esercitato da Washington sui singoli governi europei.
La conformazione unipolare del mondo uscito dalla guerra fredda, ribattezzato dagli intellettuali Usa, et pour cause, il New American Century, è durata relativamente poco ed oggi non regge più in faccia alla Storia. Tuttavia, in questo processo di riconfigurazione geopolitica mondiale l’Europa non è ben collocata ed, anzi, sembra l’unica area geografica e politica ancora incapace di schierarsi e di imboccare una propria via atta a recuperare un peso internazionale adeguato alle sue potenzialità.
Ritenere che si possa agganciare il treno dell’epoca storica basandosi su scelte di bilancio e finanziarie lascia quanto meno interdetti. Vorrei anche rammentare che fino a qualche giorno fa, uno dei più importanti banchieri centrali americani, Paul Volcker, riferendosi alla crisi greca e all’indisponibilità della Germania ad attuare un piano di soccorso, più solidaristico di quanto sia stato fatto, parlava di inevitabile disintegrazione dell’euro. Lo seguiva il Presidente francese Sarkozy, il quale, di fronte ai tentennamenti tedeschi, minacciava di abbandonare la moneta unica prima della sua disintegrazione per assenza di decisioni coraggiose. Inoltre, le borse, dopo aver accolto positivamente la notizia del piano da 750 mld di euro, sono tornate a traballare pericolosamente facendo registrare indici negativi sulle principali piazze europee, spandendo dubbi sull’efficacia stessa degli interventi programmati. Pare, infatti, che i 750 mld stanziati da BCE e FMI siano virtuali e non reali come quelli versati da Paulson alle banche americane in fallimento nel 2008. Chissà dove hanno rintracciato i ricercatori del Leap questa “ricostituzione di nuovi equilibri globali” favorevoli ad Eurolandia.
Ma più di tutto deve farci riflettere il ruolo giocato da Obama in questa vicenda. Il presidente Usa ha continuamente interferito sulle azioni dell’eurogruppo, come riporta Federico Rampini su Repubblica del 15 maggio. Telefonate alla Merkel, a Zapatero, e poi pressioni sulla Grecia e su altri esecutivi continentali per reclamare piani di austerità che non applica in casa sua. Il risanamento dei conti sta diventando il feticcio che ci costringerà a pagare i guasti e il servilismo dei nostri governanti. Che qualche spesa sia da calmierare non lo mette in dubbio nessuno, tuttavia bisogna avere il coraggio di allargare i cordoni della borsa per stimolare la crescita nei settori di punta e in quelli in grado di aggredire i mercati esteri, dove sono proprio gli americani ad eccellere Qualsiasi piano d’azione in questo senso giustificherà i sacrifici che ci verranno chiesti, altrimenti si tratterà della solita tosatura contro i popoli europei a vantaggio di un ordine internazionale dannoso per i loro interessi e per la loro libertà.
di Gianni Petrosillo
18 maggio 2010
Solo palliativi contro la speculazione
L’Unione europea continua ad agire come soggetto passivo per contrastare gli effetti della speculazione proveniente dal mondo finanziario statunitense e britannico e che come obiettivo primario, nemmeno troppo nascosto, ha l’euro e il suo ruolo di moneta di scambio nelle transazioni internazionali. Le misure triennali di aiuto alla Grecia per 120 miliardi di euro concordate con il Fondo monetario internazionale e la creazione di un fondo di 750 miliardi di euro per sostenere l’euro, non sono altro che dei palliativi che non vanno al cuore del problema.
Non ha senso infatti prestare soldi alla Grecia, quindi indebitarla ulteriormente, per permetterle di pagare altri debiti. Come non ha senso l’impegno preso dalla Banca centrale europea e delle altre banche centrali dei Paesi europei di comprare i titoli degli altri Paesi in difficoltà a causa delle manovre degli speculatori che cercano di fare calare il prezzo di mercato dei Bot e allo stesso tempo far schizzare alle stelle i rendimenti. Questo tipo di interventi non fanno altro che arricchire gli speculatori che potranno così contare su qualcuno che gli compra in tempo reale i Bot che stanno vendendo.
A nessuno dei tecnocrati che siedono alla Commissione di Bruxelles o alla Bce come Jean Claude Trichet (nella foto), né tanto meno ai capi di governo della UE, viene in mente che la soluzione molto più ovvia è semplicemente quella di eliminare la speculazione in base al principio che non si può andare sul mercato con operazioni di compravendita di titoli se non si possiedono i soldi necessari. Oggi dobbiamo invece assistere impotenti all’azione di speculatori come Soros e Paulson che, utilizzando appena 1 dollaro sono in grado di mobilitarne 100 puntando sulla variazione del valore di un titolo nel brevissimo periodo, un giorno o addirittura meno. Lo stesso può avvenire per il valore di un prodotto come il petrolio per il quale l’attività di compravendita dei futures, soltanto una volta su dieci, a dire tanto, comporta il trasferimento reale del bene nelle mani di chi compra.
Ma eliminare la speculazione non è facile sia perché essa ha la sua principale base operativa negli Stati Uniti dove è Wall Street a dettare la danza, sia perché il primo protettore degli speculatori è lo stesso Barack Obama che da criminali come Soros e Paulson o da banche come la Goldman Sachs, che ha truffato i propri clienti, ha ricevuto sostanziosi finanziamenti per la campagna elettorale delle presidenziali e che di conseguenza ha deciso di trasformarsi nel loro maggiordomo. E’ quindi del tutto illusorio aspettarsi che l’Unione europea si muova e faccia pressioni su Obama per una normativa che blocchi l’attività degli speculatori. La speculazione è infatti parte integrante del sistema economico e finanziario basato sull’idea di una crescita infinita. E’ una manifestazione di quel Libero Mercato che nessun presidente ha intenzione di toccare anche se comporta una razzia dei beni dei cittadini da parte dei gangster di Wall Street e dei loro degni colleghi della City londinese. Oltretutto, i predecessori di Obama che avevano provato a mettere paletti al mondo della finanza (come Lincoln, Garfield, McKinley e Kennedy) sono stati velocemente uccisi e sostituiti. Non ci sarà quindi nessun accordo tra Europa, Gran Bretagna e Usa per bloccare gli speculatori. Ci saranno soltanto ad ottobre alcune misure dettate dalla Commissione europea per regolamentare le vendite allo scoperto e i cosiddetti “credit default swaps”. Regole sulle quali sta lavorando un apposito gruppo di studio. Il commissario europeo al mercato interno Michel Barnier ha ammesso la sua impotenza: “Prima devo capire come funzionano esattamente (sic) e poi interverremo. Il nostro obiettivo è quello di avere una registrazione obbligatoria e una trasparenza totale”. Soluzione che arriverà un po’ in ritardo visto che la maggioranza delle operazioni avvengono per via telematica e con meccanismi di vendita e di acquisto che si attivano in maniera automatica.
di Filippo Ghira
Capire perchè l'unione monetaria europea ci sta distruggendo
Ecco cosa è successo. A distanza di 8 anni dal fatidico 1 gennaio 2002 - quando l’Euro divenne definitivamente la moneta comune a 16 nazioni in Europa - i mercati finanziari (leggi il Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori) hanno finalmente compreso che i Paesi d’Europa non sono più sovrani, specialmente nell’emissione della loro moneta. Dunque i mercati hanno dato un’occhiata ai grandi debiti dei 16 Stati della zona Euro e hanno concluso che per noi ripagarli è un vero problema. Da qui il loro panico, e la conseguente crisi di cui tutti i giornali parlano, che oggi colpisce la Grecia ma domani colpirà tutti gli altri, Germania inclusa. E ciò perché è una crisi strutturale, non di un paio di Paesi.
Vi chiederete: perché ripagare i nostri debiti è diventato un problema così allarmante? Non eravamo indebitati anche prima dell’Euro? Oggi noi Stati della zona Euro stiamo USANDO l’Euro, non ne siamo più i proprietari. Una volta noi italiani possedevano la lira, i francesi i franchi e i tedeschi i marchi ecc. Non siamo cioè più sovrani nell’uso della nostra moneta. L’Euro è a tutti gli effetti una moneta senza Stato, è una moneta ‘mercenaria’ che tutti i sedici USANO. Fra usare una moneta e possederla la differenza è enorme. Perché oggi ogni Paese dell’Euro deve, PRIMA DI SPENDERE per la cittadinanza, fare una di due cose: 1) prendere in prestito l’Euro, 2) TASSARE i propri cittadini per racimolarlo.
Spiegazione di 1) Prendere in prestito l’Euro: letteralmente dobbiamo andarlo a trovare, proprio come fa un padre di famiglia che prima di pagare le spese di casa deve trovare i soldi da qualche parte (lavoro, prestiti). Oggi, si badi bene, un Paese come l’Italia o la Francia deve bussare alle porte di creditori privati per farsi PRESTARE gli Euro PRIMA di poterli spendere per la comunità (vendiamo titoli di Stato sui mercati di capitali dove dobbiamo competere e pagare tassi decisi dai privati). Il nostro Tesoro e la nostra Banca Centrale non possono più emettere moneta in autonomia. Ecco perché oggi i nostri debiti sono un vero problema.
Al contrario, prima dell’avvento dell’Euro, noi eravamo Paesi sovrani nella moneta (lira, franchi, marchi…), e i nostri governi potevano spendere senza il bisogno di trovare il denaro in anticipo. Letteralmente se lo inventavano, come fanno oggi gli USA o la Gran Bretagna per esempio. Magari spendevano troppo, è possibile (caso Italia), ma con la propria moneta sovrana avevano tutti i mezzi per rimediare. Certamente si indebitavano, eccome, ma era un debito che contraevano DOPO AVER SPESO, non prima ancora di spendere come accade con l’Euro oggi, e soprattutto lo potevano ripagare semplicemente inventandosi il denaro necessario (suona incredibile ma è esattamente così), come fanno oggi gli USA o il Giappone. Avevano cioè il potere sovrano di gestire la propria moneta e di conseguenza i propri debiti in autonomia, e questo rassicurava i mercati finanziari che non andavano nel panico sul debito nazionale di allora come invece è accaduto oggi con la Grecia (e domani con tutti i sedici Paesi dell’Euro).
E infatti, nonostante USA o Giappone siano indebitati fino al collo, nonostante l’Inghilterra sia messa forse peggio della Grecia in quanto a debiti, i mercati non sono nel panico per loro. Il motivo, lo ripeto, è che USA, Giappone o Inghilterra hanno moneta sovrana, cioè possono spendere senza doversi PRIMA indebitare, e possono ripagare i loro debiti inventandosi moneta, cose che noi 16 non possiamo fare più. Considerate inoltre che un ‘caso greco’ non si verificò mai, per esempio, con l’Italia spendacciona, indebitata, inflazionistica ma con moneta sovrana degli anni ’60 e ‘70. Al contrario, quell’Italia era assai prospera, e la sua ricchezza di allora ancora oggi ci nutre.
Ecco cosa sta accadendo. Di chi è la colpa? Dell’inganno dell’Euro voluto a tavolino dai grandi burocrati europei (Prodi, Ciampi e centrosinistra in Italia) per l’esclusivo interesse del Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori (e degli USA naturalmente), i quali oggi (ma già da prima) ci saccheggiano imponendoci misure di tagli a tutto ciò che è pubblico per comprarselo domani a due soldi. Possono farlo perché oggi noi, per i motivi sopraccitati, siamo indebitati veramente, e siamo ricattabili. Non per nulla alla Commissione Europea trovano pianta stabile 229 lobbisti del Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori, in un rapporto di 4 a 1 rispetto a chi perora la causa dei cittadini.
p.s. Sapete chi ha voluto l’Italia nell’unione monetaria? La confindustria tedesca, che ha voluto inchiodare la nostra industria nella moneta unica così che ci fosse impossibile in futuro svalutare la lira per renderci competitivi contro il marco e vendere più di loro. Capito? Prodi non è scemo, è un criminale. Altro che caso Anemone.
di Paolo Barnard
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19 maggio 2010
In Europa al tempo della crisi
Vorrei tornare brevemente sull’analisi proposta dal Leap circa la quale mi sono già espresso con un epigrafico commento domenica scorsa. Ovviamente rincalzo quanto sostenuto in quella sede laddove esistono molteplici segnali, anche economici, che danno torto ai ricercatori francesi, quanto meno troppo arditi nel parlare di una sorta di “colpo di stato” messo in atto a Bruxelles e finalizzato alla fortificazione degli interessi geoeconomici dei 26 Stati membri verso mercati impazziti che portano ancora impresso a fuoco il marchio della bestia dominante “angloamericana”.
Se quest’ultimo aspetto appare incontrovertibile (e siamo stati tra i primi a far presente che non esiste una neutralità degli stessi ma che al contrario le regole del libero scambio sembrano agire apposta per far crescere la preminenza Usa) non lo è altrettanto il dato delle conseguenze politiche che scaturiranno da siffatte scelte. Sarebbe davvero troppo bello poter far discendere da azioni di protezione finanziaria, nondimeno molto dubbie, il disaccoppiamento che ci permetterà di sbarazzarci dell’influenza dei vecchi padroni.
Che dalle spesse catene con le quali gli statunitensi hanno avvolto l’Europa, da più di un cinquantennio, ci si possa divincolare attuando una riforma economica - la quale, peraltro, ha oggi i contorni di una mera presa di tempo di fronte ad un terremoto sistemico non compreso a fondo nelle sue causae causantes - deve apparire una bizzarria soprattutto a chi ha un quadro più o meno preciso della presenza delle basi americane in tutto il continente, nonché un'idea del condizionamento politico esercitato da Washington sui singoli governi europei.
La conformazione unipolare del mondo uscito dalla guerra fredda, ribattezzato dagli intellettuali Usa, et pour cause, il New American Century, è durata relativamente poco ed oggi non regge più in faccia alla Storia. Tuttavia, in questo processo di riconfigurazione geopolitica mondiale l’Europa non è ben collocata ed, anzi, sembra l’unica area geografica e politica ancora incapace di schierarsi e di imboccare una propria via atta a recuperare un peso internazionale adeguato alle sue potenzialità.
Ritenere che si possa agganciare il treno dell’epoca storica basandosi su scelte di bilancio e finanziarie lascia quanto meno interdetti. Vorrei anche rammentare che fino a qualche giorno fa, uno dei più importanti banchieri centrali americani, Paul Volcker, riferendosi alla crisi greca e all’indisponibilità della Germania ad attuare un piano di soccorso, più solidaristico di quanto sia stato fatto, parlava di inevitabile disintegrazione dell’euro. Lo seguiva il Presidente francese Sarkozy, il quale, di fronte ai tentennamenti tedeschi, minacciava di abbandonare la moneta unica prima della sua disintegrazione per assenza di decisioni coraggiose. Inoltre, le borse, dopo aver accolto positivamente la notizia del piano da 750 mld di euro, sono tornate a traballare pericolosamente facendo registrare indici negativi sulle principali piazze europee, spandendo dubbi sull’efficacia stessa degli interventi programmati. Pare, infatti, che i 750 mld stanziati da BCE e FMI siano virtuali e non reali come quelli versati da Paulson alle banche americane in fallimento nel 2008. Chissà dove hanno rintracciato i ricercatori del Leap questa “ricostituzione di nuovi equilibri globali” favorevoli ad Eurolandia.
Ma più di tutto deve farci riflettere il ruolo giocato da Obama in questa vicenda. Il presidente Usa ha continuamente interferito sulle azioni dell’eurogruppo, come riporta Federico Rampini su Repubblica del 15 maggio. Telefonate alla Merkel, a Zapatero, e poi pressioni sulla Grecia e su altri esecutivi continentali per reclamare piani di austerità che non applica in casa sua. Il risanamento dei conti sta diventando il feticcio che ci costringerà a pagare i guasti e il servilismo dei nostri governanti. Che qualche spesa sia da calmierare non lo mette in dubbio nessuno, tuttavia bisogna avere il coraggio di allargare i cordoni della borsa per stimolare la crescita nei settori di punta e in quelli in grado di aggredire i mercati esteri, dove sono proprio gli americani ad eccellere Qualsiasi piano d’azione in questo senso giustificherà i sacrifici che ci verranno chiesti, altrimenti si tratterà della solita tosatura contro i popoli europei a vantaggio di un ordine internazionale dannoso per i loro interessi e per la loro libertà.
di Gianni Petrosillo
18 maggio 2010
Solo palliativi contro la speculazione
L’Unione europea continua ad agire come soggetto passivo per contrastare gli effetti della speculazione proveniente dal mondo finanziario statunitense e britannico e che come obiettivo primario, nemmeno troppo nascosto, ha l’euro e il suo ruolo di moneta di scambio nelle transazioni internazionali. Le misure triennali di aiuto alla Grecia per 120 miliardi di euro concordate con il Fondo monetario internazionale e la creazione di un fondo di 750 miliardi di euro per sostenere l’euro, non sono altro che dei palliativi che non vanno al cuore del problema.
Non ha senso infatti prestare soldi alla Grecia, quindi indebitarla ulteriormente, per permetterle di pagare altri debiti. Come non ha senso l’impegno preso dalla Banca centrale europea e delle altre banche centrali dei Paesi europei di comprare i titoli degli altri Paesi in difficoltà a causa delle manovre degli speculatori che cercano di fare calare il prezzo di mercato dei Bot e allo stesso tempo far schizzare alle stelle i rendimenti. Questo tipo di interventi non fanno altro che arricchire gli speculatori che potranno così contare su qualcuno che gli compra in tempo reale i Bot che stanno vendendo.
A nessuno dei tecnocrati che siedono alla Commissione di Bruxelles o alla Bce come Jean Claude Trichet (nella foto), né tanto meno ai capi di governo della UE, viene in mente che la soluzione molto più ovvia è semplicemente quella di eliminare la speculazione in base al principio che non si può andare sul mercato con operazioni di compravendita di titoli se non si possiedono i soldi necessari. Oggi dobbiamo invece assistere impotenti all’azione di speculatori come Soros e Paulson che, utilizzando appena 1 dollaro sono in grado di mobilitarne 100 puntando sulla variazione del valore di un titolo nel brevissimo periodo, un giorno o addirittura meno. Lo stesso può avvenire per il valore di un prodotto come il petrolio per il quale l’attività di compravendita dei futures, soltanto una volta su dieci, a dire tanto, comporta il trasferimento reale del bene nelle mani di chi compra.
Ma eliminare la speculazione non è facile sia perché essa ha la sua principale base operativa negli Stati Uniti dove è Wall Street a dettare la danza, sia perché il primo protettore degli speculatori è lo stesso Barack Obama che da criminali come Soros e Paulson o da banche come la Goldman Sachs, che ha truffato i propri clienti, ha ricevuto sostanziosi finanziamenti per la campagna elettorale delle presidenziali e che di conseguenza ha deciso di trasformarsi nel loro maggiordomo. E’ quindi del tutto illusorio aspettarsi che l’Unione europea si muova e faccia pressioni su Obama per una normativa che blocchi l’attività degli speculatori. La speculazione è infatti parte integrante del sistema economico e finanziario basato sull’idea di una crescita infinita. E’ una manifestazione di quel Libero Mercato che nessun presidente ha intenzione di toccare anche se comporta una razzia dei beni dei cittadini da parte dei gangster di Wall Street e dei loro degni colleghi della City londinese. Oltretutto, i predecessori di Obama che avevano provato a mettere paletti al mondo della finanza (come Lincoln, Garfield, McKinley e Kennedy) sono stati velocemente uccisi e sostituiti. Non ci sarà quindi nessun accordo tra Europa, Gran Bretagna e Usa per bloccare gli speculatori. Ci saranno soltanto ad ottobre alcune misure dettate dalla Commissione europea per regolamentare le vendite allo scoperto e i cosiddetti “credit default swaps”. Regole sulle quali sta lavorando un apposito gruppo di studio. Il commissario europeo al mercato interno Michel Barnier ha ammesso la sua impotenza: “Prima devo capire come funzionano esattamente (sic) e poi interverremo. Il nostro obiettivo è quello di avere una registrazione obbligatoria e una trasparenza totale”. Soluzione che arriverà un po’ in ritardo visto che la maggioranza delle operazioni avvengono per via telematica e con meccanismi di vendita e di acquisto che si attivano in maniera automatica.
di Filippo Ghira
Capire perchè l'unione monetaria europea ci sta distruggendo
Ecco cosa è successo. A distanza di 8 anni dal fatidico 1 gennaio 2002 - quando l’Euro divenne definitivamente la moneta comune a 16 nazioni in Europa - i mercati finanziari (leggi il Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori) hanno finalmente compreso che i Paesi d’Europa non sono più sovrani, specialmente nell’emissione della loro moneta. Dunque i mercati hanno dato un’occhiata ai grandi debiti dei 16 Stati della zona Euro e hanno concluso che per noi ripagarli è un vero problema. Da qui il loro panico, e la conseguente crisi di cui tutti i giornali parlano, che oggi colpisce la Grecia ma domani colpirà tutti gli altri, Germania inclusa. E ciò perché è una crisi strutturale, non di un paio di Paesi.
Vi chiederete: perché ripagare i nostri debiti è diventato un problema così allarmante? Non eravamo indebitati anche prima dell’Euro? Oggi noi Stati della zona Euro stiamo USANDO l’Euro, non ne siamo più i proprietari. Una volta noi italiani possedevano la lira, i francesi i franchi e i tedeschi i marchi ecc. Non siamo cioè più sovrani nell’uso della nostra moneta. L’Euro è a tutti gli effetti una moneta senza Stato, è una moneta ‘mercenaria’ che tutti i sedici USANO. Fra usare una moneta e possederla la differenza è enorme. Perché oggi ogni Paese dell’Euro deve, PRIMA DI SPENDERE per la cittadinanza, fare una di due cose: 1) prendere in prestito l’Euro, 2) TASSARE i propri cittadini per racimolarlo.
Spiegazione di 1) Prendere in prestito l’Euro: letteralmente dobbiamo andarlo a trovare, proprio come fa un padre di famiglia che prima di pagare le spese di casa deve trovare i soldi da qualche parte (lavoro, prestiti). Oggi, si badi bene, un Paese come l’Italia o la Francia deve bussare alle porte di creditori privati per farsi PRESTARE gli Euro PRIMA di poterli spendere per la comunità (vendiamo titoli di Stato sui mercati di capitali dove dobbiamo competere e pagare tassi decisi dai privati). Il nostro Tesoro e la nostra Banca Centrale non possono più emettere moneta in autonomia. Ecco perché oggi i nostri debiti sono un vero problema.
Al contrario, prima dell’avvento dell’Euro, noi eravamo Paesi sovrani nella moneta (lira, franchi, marchi…), e i nostri governi potevano spendere senza il bisogno di trovare il denaro in anticipo. Letteralmente se lo inventavano, come fanno oggi gli USA o la Gran Bretagna per esempio. Magari spendevano troppo, è possibile (caso Italia), ma con la propria moneta sovrana avevano tutti i mezzi per rimediare. Certamente si indebitavano, eccome, ma era un debito che contraevano DOPO AVER SPESO, non prima ancora di spendere come accade con l’Euro oggi, e soprattutto lo potevano ripagare semplicemente inventandosi il denaro necessario (suona incredibile ma è esattamente così), come fanno oggi gli USA o il Giappone. Avevano cioè il potere sovrano di gestire la propria moneta e di conseguenza i propri debiti in autonomia, e questo rassicurava i mercati finanziari che non andavano nel panico sul debito nazionale di allora come invece è accaduto oggi con la Grecia (e domani con tutti i sedici Paesi dell’Euro).
E infatti, nonostante USA o Giappone siano indebitati fino al collo, nonostante l’Inghilterra sia messa forse peggio della Grecia in quanto a debiti, i mercati non sono nel panico per loro. Il motivo, lo ripeto, è che USA, Giappone o Inghilterra hanno moneta sovrana, cioè possono spendere senza doversi PRIMA indebitare, e possono ripagare i loro debiti inventandosi moneta, cose che noi 16 non possiamo fare più. Considerate inoltre che un ‘caso greco’ non si verificò mai, per esempio, con l’Italia spendacciona, indebitata, inflazionistica ma con moneta sovrana degli anni ’60 e ‘70. Al contrario, quell’Italia era assai prospera, e la sua ricchezza di allora ancora oggi ci nutre.
Ecco cosa sta accadendo. Di chi è la colpa? Dell’inganno dell’Euro voluto a tavolino dai grandi burocrati europei (Prodi, Ciampi e centrosinistra in Italia) per l’esclusivo interesse del Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori (e degli USA naturalmente), i quali oggi (ma già da prima) ci saccheggiano imponendoci misure di tagli a tutto ciò che è pubblico per comprarselo domani a due soldi. Possono farlo perché oggi noi, per i motivi sopraccitati, siamo indebitati veramente, e siamo ricattabili. Non per nulla alla Commissione Europea trovano pianta stabile 229 lobbisti del Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori, in un rapporto di 4 a 1 rispetto a chi perora la causa dei cittadini.
p.s. Sapete chi ha voluto l’Italia nell’unione monetaria? La confindustria tedesca, che ha voluto inchiodare la nostra industria nella moneta unica così che ci fosse impossibile in futuro svalutare la lira per renderci competitivi contro il marco e vendere più di loro. Capito? Prodi non è scemo, è un criminale. Altro che caso Anemone.
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