12 ottobre 2010

Terzigno: un esempio da seguire



Terzigno è un comune di 16.000 abitanti, situato alle pendici del Vesuvio. Un comune che da alcune settimane sta facendo i conti con la militarizzazione costante del proprio territorio, messa in atto da centinaia di agenti in tenuta anti sommossa. Quasi ogni notte i cittadini, trattati come facinorosi e delinquenti, vengono a contatto con le forze dell'ordine, nel tentativo d'impedire l'ingresso dei camion carichi di spazzatura maleodorante, ricevendo in cambio una "congrua" razione di manganellate.
I cittadini di Terzigno hanno ormai preso l'abitudine di scendere in strada, preferendo dedicarsi all'impegno civile anzichè restare in panciolle davanti alla TV, perchè vogliono opporsi con tutte le proprie forze all'apertura di una seconda discarica all'interno del territorio in cui vivono che è parte integrante del Parco Nazionale del Vesuvio.
Se l'idea balzana consistente nel costruire una discarica all'interno di un Parco Nazionale non fosse già di per sè stessa azione dissennata in grado di giustificare la reazione di qualsiasi cittadino in grado d'intendere e volere, qualora non ancora lobotomizzato da schermi barbaglianti di fesserie e fesserie barbaglianti di progresso, si potrebbe anche aggiungere che a causa delle discariche in paese si respira ormai un lezzo marcescente, la frutta cresce con mutazioni degne di un film dell'orrore e nei vigneti neppure gli uccelli si azzardano ad "assaggiare" l'uva.

La scorsa notte centinaia di cittadini di Terzigno, fra un blocco stradale e una scarica di manganellate, hanno organizzato una protesta tanto pacifica quanto incisiva, consistente nel bruciare all'interno dei bidoni usati per riscaldarsi le proprie tessere elettorali....
Partendo dai camion che sversano la munnezza e passando attraverso le forze dell'ordine abituate ad "accarezzarli" ogni sera, sono in pratica risaliti ai mandanti da cui derivano i loro problemi, realizzando come l'unica azione sensata consista nello smettere (con un pò di sforzo disintossicarsi si può) di dare deleghe in bianco ad omuncoli e parassiti abituati ad amministrare la cosa pubblica nell'interesse privato.
Il gesto naturalmente ha avuto un carattere dimostrativo, volto ad evidenziare lo stato di esasperazione in cui versa la popolazione, ma la strada scelta è senza dubbio quella giusta.
Basta deleghe in bianco a faccendieri politici che avvelenano la gente con discariche, inceneritori, centrali a carbone e scorie nucleari.
Basta deleghe in bianco a politicanti cementificatori che distruggono le montagne per scavare megatunnel attraverso i quali far passare il nulla.
Basta deleghe in bianco a guerrafondai inebetiti che mandano i nostri soldati combattere le guerre americane e usano la commozione derivante dalle vittime per ottenere il viatico all'uso di nuove bombe e nuove armi di sterminio.
Basta deleghe in bianco ad una classe politica che ottiene consensi sulla base di programmi generalisti privi di senso compiuto e alla logica del "meno peggio" ed usa quello stesso consenso per parlare ed agire contro gli interessi dei cittadini taliani ma nel nome degli italiani tutti.

Un esempio, quello dei cittadini di Terzigno, da seguire da parte di tutti coloro che in questo disgraziato paese vedono il proprio diritto ad esistere e vivere in un modo dignitoso, calpestato proprio da parte di chi ingenuamente hanno delegato a rappresentarli. Ammesso che delegare abbia in senso, nessuna delega in bianco potrà mai nutrire l'ambizione di possederlo.
di Marco Cedolin

11 ottobre 2010

Il cerchio sovrastrutturale

Ho lasciato il messaggio che segue sul blog del vice direttore de Il Giornale Nicola Porro (ed egli non lo ha cassato quindi ritengo di non essere uscito fuori tema):” Mi scusi Porro, ma come? Arpisella le dice che dietro Fini ci sono quelli che c’erano dietro la D’Addario e a lei nemmeno la curiosità viene?
Anzi, liquida in fretta il suo interlocutore senza capire meglio di cosa stesse parlando. Ma che ca.zo! Dietro la D’Addario c’erano servizi segreti stranieri e dietro Fini ci sono “ambienti americani”... E voi che sprecate il tempo dietro la casa monegasca. Va bene, l’abbiamo capito che Fini si fa i cazzi suoi ed è pure peggio degli altri ma agli italiani la verità vera la volete raccontare? Questo è coraggio! Dire che siamo assediati e circondati da nemici e traditori e che nemici e traditori non sono Putin e Gheddafi ma i nostri alleati occidentali. Fate un’opera buona per una volta e non comportatevi come i botoli rumorosi di cui parlava Schopenhauer quando faceva riferimento ai giornalisti, questi operai pagati alla giornata…Volete fare casino? E fatelo ma almeno per una causa superiore…”
Oggi, sul quotidiano della famiglia Berlusconi, Gabriele Villa, riprendendo le parole di Arpisella portavoce della Marcegaglia, rilancia questa questione del cerchio sovrastrutturale (in realtà un fatto di forze materiali soverchianti che si raddoppiano sul palcoscenico politico ufficiale dove agiscono, almeno in Italia, finti partiti e ricole istituzioni completamente depotenziate) che decide le cose sulla testa di tutti e contro gli interessi del Paese. Bene, ancora una volta l'articolista si fa delle domande non peregrine ma evita accuratamente di dare quelle risposte che sono, tuttavia, nella mente di ognuno di noi. Se fossimo una nazione libera ed indipendente concentreremmo (da destra e da sinistra) le energie per spezzare questa situazione di subordinazione nei confronti di poteri ed ambienti stranieri che vogliono neutralizzare lo Stato per perpetuare la loro dominanza. Ed invece niente, si accenna a qualcosa ma senza squarciare quel velo di menzogne e di ipocrisia che da troppo tempo copre la verità. Ciò accade perché buona parte l'establishment nostrano è connivente con quel sistema di forze esterne mentre chi non lo è non ha la vitalità necessaria per opporre resistenza. Il risultato di questa situazione è un'impotenza generale che mortifica pesantemente il paese e lo spinge sempre di più sull'orlo del baratro. Siamo nella merda, se non ve ne foste accorti...

di Gabriele Villa (fonte il Giornale)
Cos'è il "cerchio sovrastrutturale che va oltre Berlusconi" di cui Arpisella parla al telefono? Per il portavoce il caso D'Addario sarebbe stato architettato da una sorte di "Spectre"
Abbiamo un cerchio alla testa, noi de «il Giornale». Anzi di più, abbiamo un «cerchio sovrastrutturale» sopra le nostre teste. Ne sentiamo il peso da qualche giorno, lo percepiamo. Sappiamo oramai con certezza, dopo le parole criptiche ma preoccupanti e preoccupate, pronunciate da Rinaldo Arpisella, l'uomo di fiducia di Emma Marcegaglia, nell'oramai famosa conversazione telefonica con Nicola Porro, che questo cerchio aleggia nell'aria. Ma dobbiamo, purtroppo, prendere atto che, almeno per il momento, questa strana, inquietante presenza, resta per noi, «relegati in via Negri, a Milano» (sempre per continuare a citare Il Grande Informato), come qualcosa di simile a un Unidentified Flying Object, un Ufo cioè. Che, ci crediate o no, sta girando e rigirando, attorno a un'Italia ignara, compiendo un'orbita particolarmente strana che, sempre parole di Arpisella, passa da Fini alla D'Addario, a Casini, attraversando praterie sconfinate, laghi, boschi, mari e monti ma anche, immaginiamo, piccole, medie e grandi industrie. Come si fa dunque a rimanere insensibili a questo grido di dolore? Come possiamo non farci delle domande o, meglio, non farle agli informati uomini (e donne) di Confindustria, per trovare risposte che possano rasserenare il nostro spirito e le nostre menti e consentirci di lavorare con più tranquillità nel nostro eremo di via Gaetano Negri a Milano? Ecco dunque la prima di queste nostre, crediamo più che lecite, domande:

1)Che cos'è questo misterioso «cerchio sovrastrutturale»? Chi ne fa parte e quali sono i suoi obbiettivi?
Dice Arpisella a Porro nel colloquio telefonico intercettato: «...Ci sono sovrastrutture che passano sopra la mia testa, la tua testa...». E ancora: «...Ma tu non sai che c... c'è altro in giro, ti parlo da amico cioè...è un'ottica corta cioè.. è allora il cerchio sovrastrutturale va oltre me...». La frase dell'uomo di fiducia della presidente di Confidustria somiglia a un messaggio in codice. Che come tale va necessariamente e urgentemente decodificato, soprattutto perché fa intuire che il «cerchio» potrebbe essere una sorta di organizzazione gerarchica clandestina, una struttura parallela che, in qualche modo, controlla tutte le leve del potere in Italia. Sarebbe interessante conoscere i nomi degli adepti che costituiscono gli anelli di questo cerchio e come questi personaggi si muovano all'interno dei palazzi e delle stanze dove si manifesta, invece, l'ufficialità del potere, quello che è noto a tutti.
2)Chi è o chi sono i misteriosi registi dell'operazione D'Addario?
«Ci sono quelli che c'erano dietro la D'Addario, dai su!». Rinaldo Arpisella sembra sicuro di sapere con esattezza chi siano i mandanti della vicenda D'Addario, la escort gettata nelle braccia del premier, con tanto di registratore nella borsetta. Sarebbe interessante conoscere che cosa sanno in Confindustria di questa vicenda.
3)Chi c'è dietro la svolta anti berlusconiana di Fini?
Arpisella: «Dai, secondo te chi c'è dietro Fini?». Porro: «Chi c'è dietro Fini, tu lo sai? Io no». Anche su questa delicatissima questione i vertici dell'imprenditoria italiana danno l'impressione di sapere esattamente come siano andate le cose e perché il presidente della Camera abbia cambiato radicalmente il suo atteggiamento nei riguardi del premier, arrivando addirittura a fondare un partito. C'è da dedurre che in Confindustria sappiano anche quale assicurazioni sulla futura carriera politica abbia ricevuto il manipolo dei seguaci di Fini e da chi le abbia ricevute.
4)Perché secondo la Confindustria le decisioni più importanti vengono prese all'insaputa dei politici?
«No, no fermati un attimo non sai alcune cose. Purtroppo voi siete relegati lì, in via Negri senza comprendere, capire che non esiste solamente la politica Fini, la politica Casini...». Anche in questo caso le parole dell'uomo di fiducia della Marcegaglia danno la netta sensazione che i giochi della politica italiana si facciano lontano dalla politica e dai politici italiani. In altre stanze, in altri luoghi. Perché non dirlo cortesemente anche a noi, perché non spiegarci dove si «fa» veramente la politica italiana, giusto per darci la possibilità di intervistare le persone appropriate d'ora in poi.
5)Chi fa parte di questa nuova e inquietante Spectre che governerebbe l'Italia?
«...Il cerchio sovrastrutturale va oltre me, va oltre Feltri, va oltre Berlusconi, va oltre...». E qui siamo all'apoteosi, alla Madre di tutte le inquietanti rivelazioni che Arpisella a mezza bocca fa o vorrebbe fare a Porro. È evidente che l'Italia deve fare i conti con una sorta di Spectre, acronimo come ben sa 007, di Supremo Progetto Esecutivo per il Controspionaggio, Terrorismo, Ritorsioni ed Estorsioni. Diteci dunque chi è il capo (che nella Spectre del cinema è noto come Numero 1) di questa Spectre nostrana e diteci anche, tra un planning e un report, signore e signori della Confindustria, chi sono gli altri affiliati di questa organizzazione cioè i Numero 2, 3, 4. E dove si riuniscono. Dentro vulcani, o su isole deserte o nelle sale Bingo?
Siamo sicuri che risponderete a tutte le nostre domande. Ma senza dare un colpo al Cerchio e uno alla botte, per favore.
di Gianni Petrosillo

La cambiale, il titolo non voluto dall’usura bancaria


La cambiale, l’amata e odiata vecchia farfalla, titolo finanziario considerato vetusto, impiegata a volte dai cravattari di borgata come garanzia sul rientro del capitale, è ormai raramente utilizzata come normale mezzo di pagamento commerciale.
Stranamente lo strumento base su cui si fonda il concetto di titolo di credito, banconote ed assegni compresi, è stato quasi completamente abbandonato, nonostante abbia aiutato nel recente passato a rimettere in piedi l’economia dell’Italia devastata dalla guerra. La cambiale, il titolo derivato dalla famosa “lettera di cambio”, pare sia stata inventata nel Celeste Impero più di mille anni fa, e nel medioevo sia stata importata in Europa dai mercanti.
Praticamente, attraverso un ordine scritto e sottoscritto ove è indicata la data di scadenza, il luogo del pagamento ed il debitore, si “cartolarizza” un credito certo derivato da un qualunque contratto, rendendolo liquido ed impiegandolo direttamente per pagare un proprio debito senza l’impiego del denaro. Il beneficiario possessore del titolo potrà a sua volta utilizzarlo per pagare ciò che deve ad un terzo.
Il Regio Decreto 1669 del 1933, conosciuto meglio come “Legge Cambiale”, ancora in vigore, ha riordinato le norme di questi titoli di credito, imponendo anche la tassa del 12 per 1000 sull’importo esposto. La normale cambiale, chiamata anche “cambiale tratta” o anche semplicemente “tratta”, è lo strumento finanziario direttamente derivato dalla lettera di cambio, emessa dal creditore, traente, a fronte di un credito certo di un debitore, trattario, il quale, se accetta l’impegno sul titolo sottoscrivendolo, diviene accettante. Nel vaglia cambiario invece, comunemente chiamato “cambiale”, il traente ed il trattario sono unificati nella figura dell’emittente, risultando colui che chiama se stesso al pagamento. Quando è battuta la tratta, nell’ordine esposto compare la parola “pagherete”, mentre invece è indicato con “pagherò”. È possibile garantire il credito della cambiale con avalli, pegni e, come avviene di rado con una particolare procedura, anche con ipoteca immobiliare. La cambiale può essere emessa anche “non all’ordine”, assumendo la forma di cessione di credito.
Il titolo non onorato deve essere depositato presso un pubblico ufficiale di zona appositamente incaricato, che effettuerà le dovute ricerche ed in mancanza di pagamento lo restituirà al beneficiario congiuntamente all’atto contro il trattario, l’accettante o l’emittente detto “protesto”: gli estremi dei protesti contro l’accettante e contro l’emittente saranno riportati sul pubblico “bollettino dei protesti”. È possibile dispensare il debitore dal protesto apponendo sul davanti del titolo la clausola “senza spese”, ma, nel caso di cambiale insoluta, questa manterrà la forza di titolo esecutivo. Qualche anno fa, a fronte del dilagare del numero dei protestati, alcune norme in materia sono state alleggerite.
Con la Legge 43 del 1994 è stato istituito un titolo denominato “cambiale finanziaria”, emessa in serie solo da soggetti autorizzati recanti notevoli garanzie, nel taglio minimo di 100 milioni di lire (euro 51.645,69), da utilizzarsi principalmente per la dilazione di grosse transazioni naturalmente precluse alla stragrande maggioranza di imprese e privati.
Come mai allora questo strumento di credito semplice, e per certi versi dovutamente garantito, sta andando in disuso? È l’impresa o il privato che non ne hanno più bisogno, oppure toglie ai professionisti dell’usura una grossa fetta di mercato?
La cambiale non può non essere resa intrasferibile per concetto, dato che è nata proprio per la movimentazione del credito, e non può essere inchiodata per legge ad un solo passaggio come è stato fatto di recente per il normale assegno bancario, quel particolare titolo cambiario nel quale il pagamento a vista della somma è ordinato incondizionatamente, poiché coperto da una provvista depositata anticipatamente dal traente su un conto presso uno stabilimento della banca trattaria.
È evidente che con un mezzo come l’assegno, sicuramente più comodo, non è possibile operare senza istituti di credito, e non è possibile usufruire direttamente delle proprie spettanze se non quando queste siano maturate. Salvo che non si venga tentati di ricorrere all’ombrello della fideiussione bancaria, solitamente accordata con fuori il sole e tolta alla prima pioggerellina. Con la cambiale invece la banca non è un obbligo ma una scelta, e chi possiede la forza o la volontà di farne a meno, sicuramente risparmia nei movimenti. Difatti nel caso di girata ad un creditore si eliminano completamente gli oneri finanziari, si riducono le esposizioni e si mantiene la possibilità di operare anche se già protestati. Inoltre, a differenza degli assegni in cui il trattario è la banca, per ridurre i disguidi nei pagamenti delle cambiali, l’ufficiale incaricato, prima di elevare il protesto, deve eseguire le ricerche e tentare di incassare la somma presso i debitori, accertandosi in mancanza delle cause di insolvenza. È questa libertà ed affidabilità che infastidisce gli strozzini legalizzati. Meno passaggi, significano meno fidi, meno taglieggio e meno controllo sulla produzione e sul commercio.
Nel tempo, per scoraggiare gli indecisi, costoro hanno adottato la soluzione di moltiplicare le spese per l’incasso delle cambiali, di aumentare i giorni precedenti alla scadenza per la loro presentazione, di allungare i tempi per l’accredito della somma incassata o per la restituzione materiale di quelle respinte, sempre corredate da vergognose addizionali di spesa sul protesto. Per non parlare del fatto che chi utilizza questo titolo viene considerato come un parvenu senza garanzie e con clienti scadenti. In pratica si è fatto di tutto, qualche volta facendo elevare anche ingiusti protesti, per inculcare nell’immaginario collettivo che non bisogna operare con le cambiali.
Non si può non notare che l’unica novità di una legge concepita 80 anni fa per un’Italia in larga parte agricola, è stata quella di introdurre una cambiale seriale il cui pezzo minimo corrisponde grossomodo al valore di un piccolo appartamento.
Ma cosa ha fatto l’attuale classe politica per garantire e migliorare l’utilizzo della cambiale. Nulla, anzi, nel tempo ha favorito la riduzione della sua applicazione. Basti pensare, tanto per fare un esempio, che questi titoli sono lavorabili anche attraverso il canale postale, ma i potentati bancari hanno imposto dei termini all’allora ente pubblico rendendo estremamente difficoltosa la procedura d’incasso. Oggi non è possibile lavorare le cambiali direttamente sul conto corrente postale o con il libretto di risparmio, ma bisogna avviarle, singolarmente e nel misero termine di 10/15 giorni prima della scadenza, solo attraverso la separata e complicata procedura di riscossione, neppure esposta sui listini, sconosciuta alla maggior parte degli impiegati postali, limitante l’importo a qualche migliaio di euro. Per contro, gli incassi postali risultano più veloci ed economici di quelli bancari. Attenzione: “Sono state le associazioni bancarie che hanno stabilito come doveva comportarsi un comparto dello Stato, non l’opposto. Pazzesco!”
Sarebbe stato semplice, invece, con una legge a tutela del credito aziendale (stiamo parlando di eresie e di fantapolitica), impostare una cambiale ad uso esclusivamente commerciale, sia tratta che vaglia, protestabile o senza spese, con emissione e trasferibilità riservata a tutte le aziende di produzione, vendita e somministrazione di beni e servizi non finanziari, impostabile esclusivamente per crediti netti esclusi da spese ed interessi, con scadenza minima di tre mesi, compilabile su un modello indicante la tipologia aziendale, il nome, la residenza e il domicilio, la data di costituzione, e tutti i codici di riferimento di ogni soggetto interveniente, sia esso trattario, traente, emittente o giratario. La trasferibilità dovrà permettersi esclusivamente con girata pro-solvenda o con cessione pro-soluta, e l’incasso dovrà essere permesso per qualsiasi importo anche dai servizi di riscossione. Per completare la cambiale si potrà indicare del credito, oltre all’importo, tutti i riferimenti contabili, e del soggetto debitore alcune notizie sull’affidabilità come il monte titoli emessi ed i protesti risultanti alla verifica. Pubblici ufficiali incaricati potranno autenticare le sottoscrizioni e, pure in fase successiva all’emissione del titolo, certificare le notizie inserite. Nel caso il titolo non abbia i requisiti di cambiale commerciale, ma mantenga quelli del modello ordinario, non sarà annullata, ma subirà solo un automatico declassamento alla certificazione o alla presentazione. Onde non causare danni maggiori del previsto e altri disguidi, dovrà esserci un unico ufficio protesti di zona, predisposto per il deposito della provvista, totale o parziale, con cui garantire anticipatamente il pagamento dei titoli emessi. Il bollettino dei protesti di questi titoli dovrà essere consultabile esclusivamente da operatori commerciali. Il recupero del credito insoluto esposto su questa cambiale dovrà essere garantito nel più breve termine giudiziale in esenzione di spesa.
Solo completandole nella tipologia, garantendo maggiormente i soggetti a cui vengono trasferite, si potrà veramente ritornare ad operare con le “farfalle”, per il buon funzionamento di ogni azienda, e per dispetto di chi sfrutta il lavoro di queste ultime da decenni. Ieri, chi vendeva il denaro era considerato un essere immondo, oggi condiziona la vita di tutti. La sottomissione totale delle genti sta continuando. Lentamente ma inesorabilmente.
di Pierluigi Pagliughi

12 ottobre 2010

Terzigno: un esempio da seguire



Terzigno è un comune di 16.000 abitanti, situato alle pendici del Vesuvio. Un comune che da alcune settimane sta facendo i conti con la militarizzazione costante del proprio territorio, messa in atto da centinaia di agenti in tenuta anti sommossa. Quasi ogni notte i cittadini, trattati come facinorosi e delinquenti, vengono a contatto con le forze dell'ordine, nel tentativo d'impedire l'ingresso dei camion carichi di spazzatura maleodorante, ricevendo in cambio una "congrua" razione di manganellate.
I cittadini di Terzigno hanno ormai preso l'abitudine di scendere in strada, preferendo dedicarsi all'impegno civile anzichè restare in panciolle davanti alla TV, perchè vogliono opporsi con tutte le proprie forze all'apertura di una seconda discarica all'interno del territorio in cui vivono che è parte integrante del Parco Nazionale del Vesuvio.
Se l'idea balzana consistente nel costruire una discarica all'interno di un Parco Nazionale non fosse già di per sè stessa azione dissennata in grado di giustificare la reazione di qualsiasi cittadino in grado d'intendere e volere, qualora non ancora lobotomizzato da schermi barbaglianti di fesserie e fesserie barbaglianti di progresso, si potrebbe anche aggiungere che a causa delle discariche in paese si respira ormai un lezzo marcescente, la frutta cresce con mutazioni degne di un film dell'orrore e nei vigneti neppure gli uccelli si azzardano ad "assaggiare" l'uva.

La scorsa notte centinaia di cittadini di Terzigno, fra un blocco stradale e una scarica di manganellate, hanno organizzato una protesta tanto pacifica quanto incisiva, consistente nel bruciare all'interno dei bidoni usati per riscaldarsi le proprie tessere elettorali....
Partendo dai camion che sversano la munnezza e passando attraverso le forze dell'ordine abituate ad "accarezzarli" ogni sera, sono in pratica risaliti ai mandanti da cui derivano i loro problemi, realizzando come l'unica azione sensata consista nello smettere (con un pò di sforzo disintossicarsi si può) di dare deleghe in bianco ad omuncoli e parassiti abituati ad amministrare la cosa pubblica nell'interesse privato.
Il gesto naturalmente ha avuto un carattere dimostrativo, volto ad evidenziare lo stato di esasperazione in cui versa la popolazione, ma la strada scelta è senza dubbio quella giusta.
Basta deleghe in bianco a faccendieri politici che avvelenano la gente con discariche, inceneritori, centrali a carbone e scorie nucleari.
Basta deleghe in bianco a politicanti cementificatori che distruggono le montagne per scavare megatunnel attraverso i quali far passare il nulla.
Basta deleghe in bianco a guerrafondai inebetiti che mandano i nostri soldati combattere le guerre americane e usano la commozione derivante dalle vittime per ottenere il viatico all'uso di nuove bombe e nuove armi di sterminio.
Basta deleghe in bianco ad una classe politica che ottiene consensi sulla base di programmi generalisti privi di senso compiuto e alla logica del "meno peggio" ed usa quello stesso consenso per parlare ed agire contro gli interessi dei cittadini taliani ma nel nome degli italiani tutti.

Un esempio, quello dei cittadini di Terzigno, da seguire da parte di tutti coloro che in questo disgraziato paese vedono il proprio diritto ad esistere e vivere in un modo dignitoso, calpestato proprio da parte di chi ingenuamente hanno delegato a rappresentarli. Ammesso che delegare abbia in senso, nessuna delega in bianco potrà mai nutrire l'ambizione di possederlo.
di Marco Cedolin

11 ottobre 2010

Il cerchio sovrastrutturale

Ho lasciato il messaggio che segue sul blog del vice direttore de Il Giornale Nicola Porro (ed egli non lo ha cassato quindi ritengo di non essere uscito fuori tema):” Mi scusi Porro, ma come? Arpisella le dice che dietro Fini ci sono quelli che c’erano dietro la D’Addario e a lei nemmeno la curiosità viene?
Anzi, liquida in fretta il suo interlocutore senza capire meglio di cosa stesse parlando. Ma che ca.zo! Dietro la D’Addario c’erano servizi segreti stranieri e dietro Fini ci sono “ambienti americani”... E voi che sprecate il tempo dietro la casa monegasca. Va bene, l’abbiamo capito che Fini si fa i cazzi suoi ed è pure peggio degli altri ma agli italiani la verità vera la volete raccontare? Questo è coraggio! Dire che siamo assediati e circondati da nemici e traditori e che nemici e traditori non sono Putin e Gheddafi ma i nostri alleati occidentali. Fate un’opera buona per una volta e non comportatevi come i botoli rumorosi di cui parlava Schopenhauer quando faceva riferimento ai giornalisti, questi operai pagati alla giornata…Volete fare casino? E fatelo ma almeno per una causa superiore…”
Oggi, sul quotidiano della famiglia Berlusconi, Gabriele Villa, riprendendo le parole di Arpisella portavoce della Marcegaglia, rilancia questa questione del cerchio sovrastrutturale (in realtà un fatto di forze materiali soverchianti che si raddoppiano sul palcoscenico politico ufficiale dove agiscono, almeno in Italia, finti partiti e ricole istituzioni completamente depotenziate) che decide le cose sulla testa di tutti e contro gli interessi del Paese. Bene, ancora una volta l'articolista si fa delle domande non peregrine ma evita accuratamente di dare quelle risposte che sono, tuttavia, nella mente di ognuno di noi. Se fossimo una nazione libera ed indipendente concentreremmo (da destra e da sinistra) le energie per spezzare questa situazione di subordinazione nei confronti di poteri ed ambienti stranieri che vogliono neutralizzare lo Stato per perpetuare la loro dominanza. Ed invece niente, si accenna a qualcosa ma senza squarciare quel velo di menzogne e di ipocrisia che da troppo tempo copre la verità. Ciò accade perché buona parte l'establishment nostrano è connivente con quel sistema di forze esterne mentre chi non lo è non ha la vitalità necessaria per opporre resistenza. Il risultato di questa situazione è un'impotenza generale che mortifica pesantemente il paese e lo spinge sempre di più sull'orlo del baratro. Siamo nella merda, se non ve ne foste accorti...

di Gabriele Villa (fonte il Giornale)
Cos'è il "cerchio sovrastrutturale che va oltre Berlusconi" di cui Arpisella parla al telefono? Per il portavoce il caso D'Addario sarebbe stato architettato da una sorte di "Spectre"
Abbiamo un cerchio alla testa, noi de «il Giornale». Anzi di più, abbiamo un «cerchio sovrastrutturale» sopra le nostre teste. Ne sentiamo il peso da qualche giorno, lo percepiamo. Sappiamo oramai con certezza, dopo le parole criptiche ma preoccupanti e preoccupate, pronunciate da Rinaldo Arpisella, l'uomo di fiducia di Emma Marcegaglia, nell'oramai famosa conversazione telefonica con Nicola Porro, che questo cerchio aleggia nell'aria. Ma dobbiamo, purtroppo, prendere atto che, almeno per il momento, questa strana, inquietante presenza, resta per noi, «relegati in via Negri, a Milano» (sempre per continuare a citare Il Grande Informato), come qualcosa di simile a un Unidentified Flying Object, un Ufo cioè. Che, ci crediate o no, sta girando e rigirando, attorno a un'Italia ignara, compiendo un'orbita particolarmente strana che, sempre parole di Arpisella, passa da Fini alla D'Addario, a Casini, attraversando praterie sconfinate, laghi, boschi, mari e monti ma anche, immaginiamo, piccole, medie e grandi industrie. Come si fa dunque a rimanere insensibili a questo grido di dolore? Come possiamo non farci delle domande o, meglio, non farle agli informati uomini (e donne) di Confindustria, per trovare risposte che possano rasserenare il nostro spirito e le nostre menti e consentirci di lavorare con più tranquillità nel nostro eremo di via Gaetano Negri a Milano? Ecco dunque la prima di queste nostre, crediamo più che lecite, domande:

1)Che cos'è questo misterioso «cerchio sovrastrutturale»? Chi ne fa parte e quali sono i suoi obbiettivi?
Dice Arpisella a Porro nel colloquio telefonico intercettato: «...Ci sono sovrastrutture che passano sopra la mia testa, la tua testa...». E ancora: «...Ma tu non sai che c... c'è altro in giro, ti parlo da amico cioè...è un'ottica corta cioè.. è allora il cerchio sovrastrutturale va oltre me...». La frase dell'uomo di fiducia della presidente di Confidustria somiglia a un messaggio in codice. Che come tale va necessariamente e urgentemente decodificato, soprattutto perché fa intuire che il «cerchio» potrebbe essere una sorta di organizzazione gerarchica clandestina, una struttura parallela che, in qualche modo, controlla tutte le leve del potere in Italia. Sarebbe interessante conoscere i nomi degli adepti che costituiscono gli anelli di questo cerchio e come questi personaggi si muovano all'interno dei palazzi e delle stanze dove si manifesta, invece, l'ufficialità del potere, quello che è noto a tutti.
2)Chi è o chi sono i misteriosi registi dell'operazione D'Addario?
«Ci sono quelli che c'erano dietro la D'Addario, dai su!». Rinaldo Arpisella sembra sicuro di sapere con esattezza chi siano i mandanti della vicenda D'Addario, la escort gettata nelle braccia del premier, con tanto di registratore nella borsetta. Sarebbe interessante conoscere che cosa sanno in Confindustria di questa vicenda.
3)Chi c'è dietro la svolta anti berlusconiana di Fini?
Arpisella: «Dai, secondo te chi c'è dietro Fini?». Porro: «Chi c'è dietro Fini, tu lo sai? Io no». Anche su questa delicatissima questione i vertici dell'imprenditoria italiana danno l'impressione di sapere esattamente come siano andate le cose e perché il presidente della Camera abbia cambiato radicalmente il suo atteggiamento nei riguardi del premier, arrivando addirittura a fondare un partito. C'è da dedurre che in Confindustria sappiano anche quale assicurazioni sulla futura carriera politica abbia ricevuto il manipolo dei seguaci di Fini e da chi le abbia ricevute.
4)Perché secondo la Confindustria le decisioni più importanti vengono prese all'insaputa dei politici?
«No, no fermati un attimo non sai alcune cose. Purtroppo voi siete relegati lì, in via Negri senza comprendere, capire che non esiste solamente la politica Fini, la politica Casini...». Anche in questo caso le parole dell'uomo di fiducia della Marcegaglia danno la netta sensazione che i giochi della politica italiana si facciano lontano dalla politica e dai politici italiani. In altre stanze, in altri luoghi. Perché non dirlo cortesemente anche a noi, perché non spiegarci dove si «fa» veramente la politica italiana, giusto per darci la possibilità di intervistare le persone appropriate d'ora in poi.
5)Chi fa parte di questa nuova e inquietante Spectre che governerebbe l'Italia?
«...Il cerchio sovrastrutturale va oltre me, va oltre Feltri, va oltre Berlusconi, va oltre...». E qui siamo all'apoteosi, alla Madre di tutte le inquietanti rivelazioni che Arpisella a mezza bocca fa o vorrebbe fare a Porro. È evidente che l'Italia deve fare i conti con una sorta di Spectre, acronimo come ben sa 007, di Supremo Progetto Esecutivo per il Controspionaggio, Terrorismo, Ritorsioni ed Estorsioni. Diteci dunque chi è il capo (che nella Spectre del cinema è noto come Numero 1) di questa Spectre nostrana e diteci anche, tra un planning e un report, signore e signori della Confindustria, chi sono gli altri affiliati di questa organizzazione cioè i Numero 2, 3, 4. E dove si riuniscono. Dentro vulcani, o su isole deserte o nelle sale Bingo?
Siamo sicuri che risponderete a tutte le nostre domande. Ma senza dare un colpo al Cerchio e uno alla botte, per favore.
di Gianni Petrosillo

La cambiale, il titolo non voluto dall’usura bancaria


La cambiale, l’amata e odiata vecchia farfalla, titolo finanziario considerato vetusto, impiegata a volte dai cravattari di borgata come garanzia sul rientro del capitale, è ormai raramente utilizzata come normale mezzo di pagamento commerciale.
Stranamente lo strumento base su cui si fonda il concetto di titolo di credito, banconote ed assegni compresi, è stato quasi completamente abbandonato, nonostante abbia aiutato nel recente passato a rimettere in piedi l’economia dell’Italia devastata dalla guerra. La cambiale, il titolo derivato dalla famosa “lettera di cambio”, pare sia stata inventata nel Celeste Impero più di mille anni fa, e nel medioevo sia stata importata in Europa dai mercanti.
Praticamente, attraverso un ordine scritto e sottoscritto ove è indicata la data di scadenza, il luogo del pagamento ed il debitore, si “cartolarizza” un credito certo derivato da un qualunque contratto, rendendolo liquido ed impiegandolo direttamente per pagare un proprio debito senza l’impiego del denaro. Il beneficiario possessore del titolo potrà a sua volta utilizzarlo per pagare ciò che deve ad un terzo.
Il Regio Decreto 1669 del 1933, conosciuto meglio come “Legge Cambiale”, ancora in vigore, ha riordinato le norme di questi titoli di credito, imponendo anche la tassa del 12 per 1000 sull’importo esposto. La normale cambiale, chiamata anche “cambiale tratta” o anche semplicemente “tratta”, è lo strumento finanziario direttamente derivato dalla lettera di cambio, emessa dal creditore, traente, a fronte di un credito certo di un debitore, trattario, il quale, se accetta l’impegno sul titolo sottoscrivendolo, diviene accettante. Nel vaglia cambiario invece, comunemente chiamato “cambiale”, il traente ed il trattario sono unificati nella figura dell’emittente, risultando colui che chiama se stesso al pagamento. Quando è battuta la tratta, nell’ordine esposto compare la parola “pagherete”, mentre invece è indicato con “pagherò”. È possibile garantire il credito della cambiale con avalli, pegni e, come avviene di rado con una particolare procedura, anche con ipoteca immobiliare. La cambiale può essere emessa anche “non all’ordine”, assumendo la forma di cessione di credito.
Il titolo non onorato deve essere depositato presso un pubblico ufficiale di zona appositamente incaricato, che effettuerà le dovute ricerche ed in mancanza di pagamento lo restituirà al beneficiario congiuntamente all’atto contro il trattario, l’accettante o l’emittente detto “protesto”: gli estremi dei protesti contro l’accettante e contro l’emittente saranno riportati sul pubblico “bollettino dei protesti”. È possibile dispensare il debitore dal protesto apponendo sul davanti del titolo la clausola “senza spese”, ma, nel caso di cambiale insoluta, questa manterrà la forza di titolo esecutivo. Qualche anno fa, a fronte del dilagare del numero dei protestati, alcune norme in materia sono state alleggerite.
Con la Legge 43 del 1994 è stato istituito un titolo denominato “cambiale finanziaria”, emessa in serie solo da soggetti autorizzati recanti notevoli garanzie, nel taglio minimo di 100 milioni di lire (euro 51.645,69), da utilizzarsi principalmente per la dilazione di grosse transazioni naturalmente precluse alla stragrande maggioranza di imprese e privati.
Come mai allora questo strumento di credito semplice, e per certi versi dovutamente garantito, sta andando in disuso? È l’impresa o il privato che non ne hanno più bisogno, oppure toglie ai professionisti dell’usura una grossa fetta di mercato?
La cambiale non può non essere resa intrasferibile per concetto, dato che è nata proprio per la movimentazione del credito, e non può essere inchiodata per legge ad un solo passaggio come è stato fatto di recente per il normale assegno bancario, quel particolare titolo cambiario nel quale il pagamento a vista della somma è ordinato incondizionatamente, poiché coperto da una provvista depositata anticipatamente dal traente su un conto presso uno stabilimento della banca trattaria.
È evidente che con un mezzo come l’assegno, sicuramente più comodo, non è possibile operare senza istituti di credito, e non è possibile usufruire direttamente delle proprie spettanze se non quando queste siano maturate. Salvo che non si venga tentati di ricorrere all’ombrello della fideiussione bancaria, solitamente accordata con fuori il sole e tolta alla prima pioggerellina. Con la cambiale invece la banca non è un obbligo ma una scelta, e chi possiede la forza o la volontà di farne a meno, sicuramente risparmia nei movimenti. Difatti nel caso di girata ad un creditore si eliminano completamente gli oneri finanziari, si riducono le esposizioni e si mantiene la possibilità di operare anche se già protestati. Inoltre, a differenza degli assegni in cui il trattario è la banca, per ridurre i disguidi nei pagamenti delle cambiali, l’ufficiale incaricato, prima di elevare il protesto, deve eseguire le ricerche e tentare di incassare la somma presso i debitori, accertandosi in mancanza delle cause di insolvenza. È questa libertà ed affidabilità che infastidisce gli strozzini legalizzati. Meno passaggi, significano meno fidi, meno taglieggio e meno controllo sulla produzione e sul commercio.
Nel tempo, per scoraggiare gli indecisi, costoro hanno adottato la soluzione di moltiplicare le spese per l’incasso delle cambiali, di aumentare i giorni precedenti alla scadenza per la loro presentazione, di allungare i tempi per l’accredito della somma incassata o per la restituzione materiale di quelle respinte, sempre corredate da vergognose addizionali di spesa sul protesto. Per non parlare del fatto che chi utilizza questo titolo viene considerato come un parvenu senza garanzie e con clienti scadenti. In pratica si è fatto di tutto, qualche volta facendo elevare anche ingiusti protesti, per inculcare nell’immaginario collettivo che non bisogna operare con le cambiali.
Non si può non notare che l’unica novità di una legge concepita 80 anni fa per un’Italia in larga parte agricola, è stata quella di introdurre una cambiale seriale il cui pezzo minimo corrisponde grossomodo al valore di un piccolo appartamento.
Ma cosa ha fatto l’attuale classe politica per garantire e migliorare l’utilizzo della cambiale. Nulla, anzi, nel tempo ha favorito la riduzione della sua applicazione. Basti pensare, tanto per fare un esempio, che questi titoli sono lavorabili anche attraverso il canale postale, ma i potentati bancari hanno imposto dei termini all’allora ente pubblico rendendo estremamente difficoltosa la procedura d’incasso. Oggi non è possibile lavorare le cambiali direttamente sul conto corrente postale o con il libretto di risparmio, ma bisogna avviarle, singolarmente e nel misero termine di 10/15 giorni prima della scadenza, solo attraverso la separata e complicata procedura di riscossione, neppure esposta sui listini, sconosciuta alla maggior parte degli impiegati postali, limitante l’importo a qualche migliaio di euro. Per contro, gli incassi postali risultano più veloci ed economici di quelli bancari. Attenzione: “Sono state le associazioni bancarie che hanno stabilito come doveva comportarsi un comparto dello Stato, non l’opposto. Pazzesco!”
Sarebbe stato semplice, invece, con una legge a tutela del credito aziendale (stiamo parlando di eresie e di fantapolitica), impostare una cambiale ad uso esclusivamente commerciale, sia tratta che vaglia, protestabile o senza spese, con emissione e trasferibilità riservata a tutte le aziende di produzione, vendita e somministrazione di beni e servizi non finanziari, impostabile esclusivamente per crediti netti esclusi da spese ed interessi, con scadenza minima di tre mesi, compilabile su un modello indicante la tipologia aziendale, il nome, la residenza e il domicilio, la data di costituzione, e tutti i codici di riferimento di ogni soggetto interveniente, sia esso trattario, traente, emittente o giratario. La trasferibilità dovrà permettersi esclusivamente con girata pro-solvenda o con cessione pro-soluta, e l’incasso dovrà essere permesso per qualsiasi importo anche dai servizi di riscossione. Per completare la cambiale si potrà indicare del credito, oltre all’importo, tutti i riferimenti contabili, e del soggetto debitore alcune notizie sull’affidabilità come il monte titoli emessi ed i protesti risultanti alla verifica. Pubblici ufficiali incaricati potranno autenticare le sottoscrizioni e, pure in fase successiva all’emissione del titolo, certificare le notizie inserite. Nel caso il titolo non abbia i requisiti di cambiale commerciale, ma mantenga quelli del modello ordinario, non sarà annullata, ma subirà solo un automatico declassamento alla certificazione o alla presentazione. Onde non causare danni maggiori del previsto e altri disguidi, dovrà esserci un unico ufficio protesti di zona, predisposto per il deposito della provvista, totale o parziale, con cui garantire anticipatamente il pagamento dei titoli emessi. Il bollettino dei protesti di questi titoli dovrà essere consultabile esclusivamente da operatori commerciali. Il recupero del credito insoluto esposto su questa cambiale dovrà essere garantito nel più breve termine giudiziale in esenzione di spesa.
Solo completandole nella tipologia, garantendo maggiormente i soggetti a cui vengono trasferite, si potrà veramente ritornare ad operare con le “farfalle”, per il buon funzionamento di ogni azienda, e per dispetto di chi sfrutta il lavoro di queste ultime da decenni. Ieri, chi vendeva il denaro era considerato un essere immondo, oggi condiziona la vita di tutti. La sottomissione totale delle genti sta continuando. Lentamente ma inesorabilmente.
di Pierluigi Pagliughi