11 gennaio 2011

Sul Signoraggio

Una risposta ad un lettore sul problema del signoraggio. Tu quale tesi condividi?

Lyndon LaRouche e molti dei suoi collaboratori hanno dovuto subire, a livello anche personale, le conseguenze di non aver mai voluto scendere a compromessi nei confronti di monetarismo, liberismo e di coloro che da sempre lavorano per smantellare la sovranità degli Stati Nazionali, insieme con i loro lacchè nella politica, nel mondo bancario e finanziario; pertanto il Movimento Internazionale che fa capo a Lyndon LaRouche (in Italia Movisol – Movimento Solidarietà) crede a buon titolo di non dover prendere lezioni di antimondialismo da nessuno.

Anche con le banche, con i banchieri centrali e gli speculatori (come Soros, Greenspan, Rohatyn, Trichet, Bernanke, etc.), Lyndon LaRouche e il suo movimento internazionale non sono stati mai teneri, e lo sanno bene coloro che ci seguono da anni.

Detto questo, precisiamo che noi non crediamo all'assioma "il nemico del mio nemico è mio amico", né se dico che una donna è brutta, sono diventato improvvisamente gay; la realtà non è lineare, ma, come insegna Riemann, obbedisce ad un insieme di variabili multiconnesse tra di loro; quindi se abbiamo attaccato una categoria di persone (o meglio di idee), che dicono di battersi contro lo strapotere delle banche e della finanza, non vuol dire nel più assoluto dei modi che abbiamo arretrato minimamente dalla lotta per il bene comune dell'umanità.

Lo scritto "Su Ezra Pound e Signoraggio", voleva provocare (e pare sia riuscito nell'intento) un dibattito su un tema che vediamo sempre più di frequente riproposto, ma che difetta di quei requisiti di rigorosità morale e intellettuale, di cui c'è bisogno per combattere un avversario attrezzato per battaglie ben più impegnative. Nulla di nulla contro coloro che, in buona fede, aderiscono a tale dottrina, perché sicuramente animati da uno spirito di ricerca e dalla voglia di sapere come stanno le cose. Ma non sempre la storia più strana è quella vera.

Precisiamo ancora, per coloro che non conoscessero bene le nostre idee, che noi siamo per il superamento del sistema delle banche centrali e a favore del controllo statale sull'emissione di moneta e di credito, ma, ribadiamo, non per un inesistente problema di signoraggio.

Valore intrinseco e reddito da emissione di moneta

Passando alla risposta ai Suoi quesiti, vorrei prima precisare che parlare di valore "intrinseco" della moneta è di per sé fuorviante. Su di un'isola deserta, possedere monete d'oro non ci mette al riparo dalla fame e dalle intemperie. Questo per dire che persino le monete d'oro, che hanno un controvalore in quel metallo, derivano il loro "valore" da una convenzione: l'oro è prezioso in quanto duttile, malleabile, buon conduttore di elettricità, non soggetto a corrosione, piuttosto raro, etc., ma a ben guardare, aldilà dell'odontoiatria e dell'estetica, non ha così larghi impieghi (un conto è il prezzo, un conto è il valore di una cosa).

I signoraggisti sono fissati con l'oro [1], che per essi dovrebbe costituire il controvalore dell'emissione di moneta; la moneta in questo modo, convertibile nel prezioso metallo, solo allora diventerebbe una vera passività, ovvero supportata dalla promessa di dare qualcosa in cambio. La moneta moderna, secondo questi signori, non sarebbe una vera passività per l'emittente, perché in realtà la Banca Centrale non potrebbe riconoscere nulla in cambio.

A parte la confusione che alcuni fanno tra Gold Standard e sistema a riserva aurea, sorge però una domanda. Ma l'oro da dove viene, con cosa viene acquisito? Con altra moneta? No, perché sarebbe una tautologia. Allora con cosa? Mica nascerà spontaneo nei forzieri? La risposta è ovvia: o il Paese possiede proprie miniere aurifere da sfruttare all'infinito, o deve letteralmente prenderlo all'estero. Per prenderlo all'estero esistono solo due modi. Il primo è: come compensazione per pagamenti internazionali (esportazioni o altro). In questo caso incontriamo però un problema: l'offerta di oro o altri metalli preziosi è piuttosto inelastica, ovvero, la quantità disponibile non può essere aumentata a piacimento e quando si vuole; ne consegue quindi che l'offerta di moneta è limitata. Questo problema si è posto con ricorrenza nei paesi che adottavano la convertibilità in oro: periodiche crisi di liquidità con conseguente deflazione e stagnazione hanno spinto, pian piano e a fasi alterne, ad abbandonare la convertibilità in oro.

Esiste un altro modo per procurarsi oro e altri metalli preziosi dall'estero: quello predatorio, ovvero con la conquista e il saccheggio.

A questo punto: è più imperialista (ci hanno anche accusato di essere imperialisti) il sistema appena descritto, o un sistema che permetta ad OGNI Stato Nazionale sovrano di emettere la propria moneta e di stabilire politiche di sviluppo autonome?

Pensiamoci poi bene. C'è una crisi, prendo i miei soldi e vado alla Banca Centrale o al Tesoro a farmeli cambiare in oro. E poi cosa ci faccio? Devo sempre trovare qualcuno disposto a darmi qualcosa in cambio o farò la fine di Re Mida. Allora non stiamo parlando ancora una volta di una convenzione? Qualcuno accetterà l'oro in cambio di vestiti, cibo e case fin quando esisterà qualcuno che riconoscerà in quel metallo un bene = convenzione.

Se Lincoln durante la Guerra di Secessione avesse vincolato l'emissione di moneta (senza Banca Centrale) all'oro posseduto, probabilmente non ci sarebbe stata una Gettysburg e oggi gli USA sarebbero spaccati in due e anche la nostra storia sarebbe profondamente diversa.

Detto questo, è ovvio che esiste una differenza tra valore facciale della banconota e, ad esempio, il costo per produrla (che è diverso dal valore intrinseco). Tale differenza non costituisce reddito per nessuno, in quanto la moneta non è una merce venduta dalla banca centrale, ma una passività di quest'ultima e, a fronte di essa, non può esserci un ricavo, altrimenti Luca Pacioli si rivolterebbe nella tomba. D'altronde, nel caso contrario, nei conti economici delle banche commerciali, dovrebbe trovarsi una voce di costo per l'acquisto di banconote, che invece non esiste.

Il reddito da signoraggio esiste, ma è altro: è la differenza tra l'interesse che frutterebbero ipoteticamente le banconote tenute in cassa (ovvero quasi sempre zero) e l'interesse che fruttano le attività messe a contropartita delle banconote in circolazione. Questo è identificabile come reddito ed esso va per la maggior parte allo Stato insieme alle tasse che su di esso gravano; la restante parte va ripartita tra i partecipanti della banca centrale (che non sono soci). Ovviamente questo non ha che un minimo della portata di solito sventolata dai fautori della teoria del complotto del signoraggio [2].

Di chi sono le Banche Centrali – il diritto di emettere moneta

Per quanto riguarda la "proprietà" delle Banca Centrale, è chiaro che il fatto che quest'ultima non sia sotto il controllo statale non sia un bene, ma questo non a causa del signoraggio. Come ho cercato di spiegare nel mio precedente articolo, il fatto che ad esempio la Banca d'Italia, sia partecipata (non posseduta, non è una s.p.a.) da banche e istituzioni finanziarie private [3] (in Italia anche dall'INPS), pur non mutandone la natura di ente di diritto pubblico, sarà sicuramente rilevante nel momento in cui essa dovrà esercitare i suoi poteri di vigilanza: storicamente le maglie dei controlli (soprattutto nei confronti dei partecipanti più potenti) si sono allargate, permettendo vere e proprie truffe. Inoltre se osserviamo quello che sta operando la Federal Reserve americana, ovvero l'allargamento della base monetaria senza criterio, questo è diretto al salvataggio delle banche private e non alla creazione di credito per lo sviluppo: ciò non può portare ad altro che ad inflazione.

La stessa politica di austerità dell'Unione Europea, attraverso la BCE, nominalmente indirizzata al salvataggio degli Stati "indisciplinati", è in realtà l'imposizione di una politica fascista di macelleria sociale allo scopo di salvare le banche private che detengono i titoli di Stato di quei paesi.

Quelli presentati sopra sono alcuni esempi di motivi per i quali storicamente l'oligarchia finanziaria ha cercato e ottenuto il controllo delle Banche Centrali, ma ripetiamo per l'ennesima volta, non per ingrassarsi con un inesistente signoraggio. Il motivo principale è di avere in pugno le leve monetarie sottraendole agli stati sovrani, cioè avere la chiave della politica economica, costretta quest'ultima a fare i conti con chi magari oggi invoca austerità di bilancio, liberalizzazioni e privatizzazioni, quando ci sarebbe bisogno di investimenti pubblici.

In questo contesto è facile comprendere come le banche detentrici di pacchetti di controllo della Banca d'Italia ad esempio, si oppongano alla cessione (vendita) delle proprie quote di partecipazione al Tesoro. Il motivo di ciò non è il signoraggio: infatti le suddette banche hanno manifestato la preferenza a cedere (vendere) le proprie quote alla Banca d'Italia stessa [4], cioè, sono disposte a perderne il controllo, purché questo non vada al Tesoro.

È chiaro che il diritto di emettere moneta, come espressione della sovranità, dovrebbe spettare al popolo, che dovrebbe esercitarla nei limiti della Costituzione, come la stessa stabilisce, quindi attraverso il Tesoro. La decisione di affidare al Governatore della Banca d'Italia il potere di regolare l'offerta di moneta (D.P.R. 482 del 1948) fu una scelta fatta nominalmente per prevenire eventuali abusi (in realtà fu la prima pietra di un progetto di lunga durata per la presa del controllo da parte privata). Bankitalia, d'altronde, era praticamente controllata dal Governo, e non c'è dubbio che la moneta veniva emessa indirettamente da quest'ultimo. Da quando il controllo di Bankitalia è passato in mani private, il controllo (politico) sull'emissione di moneta è venuto meno, ma, pur essendo noi completamente favorevoli al ritorno di questo in mani statali (e quindi che, come primo passo venga applicata la legge Tremonti sul passaggio delle quote), ribadiamo per l'ennesima volta che il signoraggio non c'entra un emerito fico secco.

Ancora su Ezra Pound e soci

Per processare Lyndon LaRouche per frode postale, dopo che due corti avevano rigettato l'accusa come pretestuosa, fu trovata una corte in Virginia disposta a farlo. La condanna che ne seguì, per LaRouche e alcuni collaboratori, fu allucinante: Michael Billigton ad esempio fu condannato a 99 anni di prigione! Il processo e le condanne furono chiaramente politiche, provenendo l'operazione da un ufficio del Dipartimento della Giustizia USA, Presidente George Bush Sr., sotto la regia di Henry Kissinger.

L'ex-Ministro della Giustizia, Ramsey Clark, a Janet Reno, il Ministro della Giustizia nominato da Clinton, in una lettera del 1995 scriveva: "Il più scandaloso caso di indagine giudiziaria è quello relativo a Lyndon LaRouche, perché io credo che implichi un più ampio campo di volontaria e sistematica persecuzione giudiziaria ed un abuso di potere, lungo un esteso arco di tempo, al fine di distruggere un movimento politico ed il suo leader. Questo è il caso più eclatante di ogni tempo o comunque che io conosca".

Dopo cinque anni di prigione l'amministrazione Clinton diede un segnale politico netto e LaRouche ottenne la libertà condizionata.

Tentare un parallelo tra i motivi che portarono alla condanna di Ezra Pound (tradimento, cfr. articolo precedente) e a quella di Lyndon LaRouche, non è proprio il caso, così come Bill Clinton non è paragonabile ai personaggi scesi in campo per Pound.

Siamo tutti felici che Pound abbia scampato la forca, perché siamo contrari alla pena di morte, ma sottolineare quali personaggi si siano mobilitati per la sua salvezza, serve per mettere in luce certi legami, precedenti e seguenti a Pound, tra grande business (anche bancario), eversione filo-britannica e malthusianesimo (Fugitives e Nashville Agrarians), razzismo (Ku Klux Klan), ambientalismo, controllo della cultura (Congress for Cultural Freedom), cercando, sempre in modo maieutico, di mettere in evidenza (apparenti) contraddizioni: per cui il paladino contro l'usura viene salvato dai banchieri, ambienti fascisti si associano ad americani e inglesi e producono fenomeni culturali che sfociano tra gli Hippie.

Tutto questo perché ci premeva sottolineare che nel mondo dell'informazione "alternativa" occorre stare molto attenti per non essere irretiti da idee corrotte e arcaiche, ma presentate come novità rivoluzionarie.

Ribadiamo quello per cui Lyndon LaRouche il Movimento Internazionale che a lui fa capo propongono con forza, per uscire dalla crisi e avviare un processo di sviluppo dell'economia reale a livello planetario:

  • Nuova Bretton Woods: ristabilire un sistema finanziario mondiale basato su cambi fissi e con riappropriazione da parte degli Stati Nazionali del diritto di emettere moneta e quindi indirizzare credito a basso tasso d'interesse e lungo termine per lo sviluppo; riorganizzazione fallimentare del sistema finanziario mondiale.
  • Legge Glass Steagall: inversione della deregulation che ha investito il settore finanziario con ritorno allo standard di separazione tra banche ordinarie e banche d'affari e messa al bando dei derivati.
  • Grandi progetti infrastrutturali: lanciare con il credito così liberato la creazione di infrastrutture energetiche, di trasporto, di governo delle acque e del suolo (Nawapa – Transaqua, Ponte Eurasiatico, rinascimento nucleare, etc.).
  • Cooperazione tra Stati Nazionali sovrani sulla scorta del trattato di Westfalia, anziché politica di guerra e scontro di civiltà.


Aureliano Ferri.


Note:

[1] - Tale pensiero fisso esprime gli interessi per l’accumulazione primitiva da parte della classe aristocratica pre-moderna e latifondista. Da qui si spiegano le soluzioni proposte in chiave medievalista (ad es. le monete locali), quindi del tutto fuorvianti, di Auriti, di Ezra Pound, e dei loro epigoni.

[2] - Precisiamo inoltre che le Banche Centrali non acquistano titoli di Stato se non in parte; esse acquistano altri tipi di obbligazioni esistenti sul mercato: quindi non è la Banca Centrale che crea quel debito come sostengono certuni.

[3] - Prima del 1993, la Banca d’Italia, rispetto ad oggi, aveva più o meno lo stesso assetto di titolarità delle quote di partecipazione: il Governo la controllava sostanzialmente, in quanto i principali detentori delle quote erano la Banca Commerciale, il Credito Italiano e il Banco di Roma, quindi banche controllate dall’IRI, quindi dal Governo. Venivano poi altre sei banche controllate anch’esse dal Governo (San Paolo, Banco di Sicilia, Banco di Sardegna, Banco di Napoli, BNL, Montepaschi). C’erano poi anche Generali, FIAT, ma anche INPS ed altri minori. È chiaro che con le sciagurate privatizzazioni, quegli istituti di credito sono passati in mani non pubbliche e nessuno ha provveduto a trattenere le quote di Bankitalia al Tesoro, violando la Costituzione, se non altro perché molti pacchetti azionari, di quegli istituti sono diventati stranieri.

[4] - Cfr. Massimo Mucchetti, "Non sarà facile smontare Tremonti e la 'sua' Bankitalia", Corriere della Sera, 10 dicembre 2006 o Daniele Martini, "AAA vendesi Banca d’Italia, con Tremonti alla regia".

10 gennaio 2011

Perché Washington odia Hugo Chavez

In Italia Non abbiamo un tipo alla Chavez, ma per scelta o lassismo?




A fine novembre, il Venezuela è stata colpito con violenza da piogge torrenziali ed inondazioni che hanno causato 35 morti e hanno lasciato circa 130.000 persone senza casa. Se George Bush fosse stato presidente, invece che Hugo Chavez, gli sfollati sarebbero stati spediti sottotiro in campi di prigionia improvvisati -- come il Superdome-- come è successo con l'uragano Katrina. Ma non è così che lavora Chavez. Il presidente venezuelano ha promulgato velocemente leggi "speciali" che gli hanno concesso poteri per garantire aiuti di emergenza e alloggi per le vittime dell'alluvione. Chavez ha poi sgomberato il palazzo presidenziale e lo ha trasformato in un alloggio per 60 persone, che sarebbe l'equivalente di convertire la Casa Bianca in un rifugio per senzatetto. Le vittime del disastro sono ora sfamati e accuditi dallo stato fino a quando non potranno ritornare alle loro case e a lavorare.



I dettagli degli sforzi di Chavez sono stati ampiamente omessi dai media statunitensi, dove è invece regolarmente demonizzato come un "potente di sinistra" ["leftist strongman" NdT] o un dittatore. I media rifiutano di ammettere che Chavez ha ridotto la diseguaglianza nei redditi, eliminato l'analfabetismo, fornito assistenza medica a tutti i venezuelani e innalzato i tenori di vita. Mentre Bush ed Obama stavano espandendo le loro guerre e spingendo per tagliare le tasse ai ricchi, Chavez era occupato a migliorare le vite dei poveri e bisognosi, respingendo al tempo stesso l'ultima ondata di aggressione statunitense.

Washington disprezza Chavez perchè non è disposto a consegnare le vaste risorse del Venezuela alle multinazionali e ai banchieri. E' per questo che l'amministrazione Bush ha provato a deporre Chavez nel fallito colpo di stato del 2002, ed è per questo che l'incantatore Obama continua tutt'oggi a lanciare attacchi velati a Chavez. Washington vuole un cambio di regime, in modo da insediare una marionetta che consegni le risorse del Venezuela alle grandi compagnie di petrolio e al tempo stesso renda la vita dei lavoratori un inferno.

Documenti rilasciati recentemente da Wikileaks mostrano come l'amministrazione Obama ha accelerato le ingerenze negl'affari interni del Venezuela. Questo è un estratto della recente lettera dell'avvocatessa e autrice, Eva Golinger:

"In un documento segreto scritto dall'attuale vice assistente Segretario dello Stato per l'Emisfero Ovest, Craig Kelly, ed inviato dall'ambasciata di Santiago in giugno 2007 al segretario di stato, alla CIA, al Southern Command del Pentagono, insieme ad una serie di altre ambasciate statunitensi nella regione, Kelly ha proposto "sei principali metodi di azione per il governo statunitense per limitare l'influenza di Chavez” e "ristabilire la leadership statunitense nella regione".

Kelly, il quale ha avuto un ruolo di primo piano come “mediatore” durante il colpo di stato dell'anno scorso in Honduras contro il presidente Manuel Zelaya, classifica nel suo rapporto il presidente Hugo Chavez come un “nemico”.

“Conosci il nemico: dobbiamo capire meglio come Chavez pensa e quello che ha in mente.. Per opporsi alla reale minaccia che lui rappresenta, dobbiamo conoscere meglio i suoi obiettivi e come intende perseguirli. Tutto ciò esige una migliore intelligence in tutti i nostri paesi”. Piu avanti Kelly confessa che il presidente Chavez è un “nemico formidabile, ma, aggiunge, “può essere certamente sconfitto”
(Wikileaks: Documenti Confermano Piani Statunitensi Contro il Venezuela, Eva Golinger, Cartoline dalla Rivoluzione)

Anche le comunicazioni del Dipartimento di stato mostrano che Washington ha finanziato gruppi anti-Chavez attraverso organizzazioni non governative (ONG) che fingono di lavorare per le libertà civili, per i diritti dell'uomo o per la promozione della democrazia. Questi gruppi si nascondono dietro una facciata di legittimità, ma il loro reale intento è di rovesciare il governo democraticamente eletto di Chavez. Obama appoggia questo tipo di strategia tanto quanto lo faceva Bush. L'unica differenza è che il team di Obama è più discreto. Questo è un altro pezzo del rapporto di Golinger con alcuni dettagli sulle origini dei finanziamenti:

“In Venezuela, gli Stati Uniti hanno appoggiato gruppi anti Chavez per oltre 8 anni, inclusi quelli che hanno eseguito il colpo di stato contro il presidente Chavez nell’aprile del 2002. Da allora, i finanziamenti sono aumentati considerevolmente. Un rapporto del maggio 2010 che valutava l'assistenza straniera a gruppi politici in Venezuela, commissionata dalla National Endowment for Democracy (NED), ha rivelato che più di 40 milioni di dollari sono annualmente indirizzati a gruppi anti-Chavez, la maggior parte provenienti da agenzie statunitensi.

Il Venezuela spicca come la nazione latino americana dove il NED ha investito più fondi in gruppi di opposizione durante il 2009, con 1.818.473 dollari, più del doppio rispetto all'anno prima.... Allen Weinstein, uno dei fondatori del NED, ha una volta rivelato al Washington Post, “quello che facciamo noi oggi lo faceva la CIA in clandestinità 25 anni fa...” (I segreti dell'America “Operazioni della società civile”: l'interferenza degli Stati Uniti in Venezuela continua a crescere”, Eva Golinger, Global Research)

Lunedi l'amministrazione Obama ha annullato il visto dell'ambasciatore Venezuelano a Washington come risposta al rifiuto di Chavez di nominare Larry Palmer ambasciatore americano a Caracas. Palmer è stato apertamente critico di Chavez dicendo che vi erano chiare connessioni tra membri dell'amministrazione Chavez e le guerriglie di sinistra nella vicina Colombia. È un modo indiretto di accusare Chavez di terrorismo. Ancora peggio, il background e la storia personale di Palmer suggeriscono che la sua nomina potrebbe essere una minaccia alla sicurezza nazionale del Venezuela. Consideriamo i commenti di James Suggett del “Venezuelanalysis on Axis of Logic”:

“Osservate la storia di Palmer, quando lavorava con le oligarchie, sostenute dagli Stati Uniti, di paesi come la Repubblica Domenicana, Uruguay, Paraguay, e Sierra Leone, Corea del Sud, Honduras, 'promuovendo il North American Free Trade Agreement (NAFTA).” Proprio come la classe dominante americana ha nominato un afro-americano, Barack Obama, per sostituire George W. Bush lasciando tutto il resto intatto, Obama a sua volta ha nominato Palmer per sostituire Patrick Duddy, il quale era coinvolto nel tentato colpo di stato del 2002 contro il presidente Chavez , oltre ad essere nemico dei venezuelani durante il suo mandato come ambasciatore in Venezuela”
(http://axisoflogic.com/artman/publish/printer_60511.shtml)

Il Venezuela è gia pieno di spie e sabotatori americani. Non hanno alcun bisogno di agenti che lavorano all'interno dell'ambasciata. Chavez ha fatto la cosa giusta a rifiutare la nomina di Palmer.

La nomina di Palmer avrebbe solo rafforzato la preesistente politica statunitense con più interferenze, più sovversioni e più creazioni di problemi per Chavez. Il dipartimento di stato è largamente responsabile per quelle che vengono chiamate rivoluzioni colorate in Ucraina, Libano, Georgia, Kyrgyzstan etc; le quali sono state tutte forgiate a stampo, come eventi televisivi a favore degl'interessi di ricchi capitalisti e contro i governi eletti. Adesso la schiera di Hillary vuole provare la stessa strategia in Venezuela. Tocca a Chavez fermarli, ed è per questo che ha passato leggi che “regolano, controllano o proibiscono il finanziamento straniero di attività politiche”. È il solo modo che ha per difendersi dall'intromissione degli Stati Uniti e proteggere la sovranità venezuelana.

Chavez sta anche usando i suoi nuovi poteri per riformare il settore finanziario. Questo è un estratto da un articolo intitolato “L'assemblea nazionale venezuelana passa una legge che rende le attività bancarie un 'servizio pubblico'”:

“Venerdi l'assemblea nazionale venezuelana ha approvato una nuova legislazione che definisce il settore bancario come un'industria “del settore pubblico,” esigendo che le banche in Venezuela contribuiscano a programmi sociali, impegni nella costruzione di case, e altri bisogni sociali e, al tempo stesso, rendendo gli interventi del governo più facili nel caso le banche non soddisfino le priorità nazionali.” ...

La nuova legge protegge i beni dei clienti delle banche nel caso ci siano irregolarità da parte dei proprietari, e stipula che la Superintendencia de Bancos prenda in considerazione gli interessi dei clienti delle banche - e non solo quello degli azionisti - quando vengono prese decisioni che influiscano sulla posizione della banca."

Allora perchè Obama non sta facendo la stessa cosa? E' troppo spaventato o è solo il lacchè di Wall Street? Eccovi un'altra parte dello stesso articolo:

"Nel tentativo di controllare la speculazione, la legge limita l'ammontare di credito che può essere messo a disposizione di invididui o entità private, stabilendo che 20% è il massimo ammontare di capitale che la banca può impiegare come credito. La legge limita inoltre la formazione di gruppi finanziari e vieta il possesso di interessi economici da parte di banche in aziende di brokeraggio e compagnie di assicurazione.

La legge inoltre stabilisce che il 5% dei profitti netti di tutte le banche dovranno essere dedicati esclusivamente a progetti dei consigli comunali. 10% del capitale di una banca deve inoltre essere messo in un fondo per pagare stipendi e pensioni nel caso di bancarotta.

Secondo le stime del 2009 del Softline Consultores, il 5 % dei profitti netti del settore bancario venezuelano avrebbe dato 314 milioni di bolivar in più, o 73,1 milioni di dollari, per programmi sociali volti a soddisfare i bisogni della maggioranza povera del Venezuela.
http://venezuelanalysis.com/news/5880

"Controllare la speculazione"? Questa è una nuova idea. Ovviamente, i leader dell'opposizione chiamano le nuove leggi "un attacco alla libertà economica". Ma questa è un puro nonsenso. Chavez sta solamente proteggendo la gente dalle attività predatorie di banchieri senza scrupoli. La gran parte degli americani sperano che Obama faccia la stessa cosa.

Secondo il Wall Street Journal, "Chavez ha minacciato di espropriare le grandi banche nel passato se non aumentavano i prestiti ai proprietari di piccole aziende e potenziali compratori di case, questa volta sta aumentando la pressione pubblicamente per mostrare la sua preoccupazione per la mancanza di case per 28 milioni di venezuelani."

Caracas soffre di una grande mancanza di case che è ulteriormente peggiorata a causa delle inondazioni. Decine di migliaia di persone hanno ora bisogna di un riparo, ed è per questo che Chavez sta mettendo pressione sulle banche per dare una mano. Ovviamente le banche non vogliono aiutare e stanno quindi piagnucolando. Ma Chavez non si è curato delle loro lamentele e le ha messe sotto osservazione. Infatti martedì ha rilasciato questo conciso avvertimento:

"Qualunque banca sbagli... l'esproprierò, che sia Banco Provincial, Banesco o Banco Nacional de Credito".

Bravo, Hugo. Nel Venezuela di Chavez i bisogni della gente ordinaria hanno la precedenza sui profitti dei banchieri tagliagole. C'è da sorprendersi che Washington lo odi?
di Mike Whitney


Fonte: www.informationclearinghouse.info

Gli Stati Uniti rischiano la bancarotta ma è l´Europa a dover temere di più



Per l´economista Barry Eichengreen l´insolvenza americana segnerebbe la fine del biglietto verde come moneta internazionale. Non è chiaro come Grecia e Irlanda possano uscire dalla recessione e risanare i loro conti pubblici. La Cina non vuole un crollo del dollaro che impoverirebbe le sue riserve. La caduta può essere made in Usa

«Una bancarotta sovrana degli Stati Uniti? Non è probabile però è diventata possibile. E segnerebbe la fine del dollaro come moneta internazionale. Oggi il pessimismo resta più forte verso l´Eurozona, dove l´insolvenza di Grecia e Irlanda è sempre più difficile da evitare». A 24 ore dall´allarme lanciato dal segretario al Tesoro Tim Geithner, che ha evocato un rischio default degli Usa al Congresso, la sua preoccupazione è confermata dal più autorevole storico delle crisi finanziarie.

Barry Eichengreen, docente all´Università di Berkeley, sta presentando il suo nuovo saggio "Exorbitant Privilege" al World Affairs Council. Il "privilegio esorbitante", un´espressione che Eichengreen riprende da Charles de Gaulle, è quello del dollaro: «Vale il 3% del Pil americano il fatto di poter stampare una moneta che le altre nazioni usano come mezzo di pagamento. In altri termini, questo privilegio ci consente di finanziare un deficit pubblico equivalente a un anno di buona crescita del Pil». Ma non è un privilegio eterno, avverte l´economista.

Che cosa giustifica l´allarme di Geithner sul rischio-insolvenza?

«L´attuale situazione politica, con un presidente democratico e una Camera repubblicana, tende a generare politiche economiche squilibrate e non agevola la riduzione del deficit pubblico. In prospettiva, con l´andata in pensione delle prime generazioni del baby-boom, un quarto delle entrate fiscali americane andrà esclusivamente a finanziare il servizio del debito. Se non interveniamo rapidamente sugli squilibri, sarà forte la tentazione di ridurre i debiti attraverso una politica monetaria che crei inflazione. Così l´America scaricherebbe i costi sugli stranieri che detengono tanta parte dei titoli del Tesoro. Ma è un gioco pericoloso: i mercati possono anticiparlo, smettere di acquistare i nostri titoli pubblici. Perciò l´insolvenza degli Stati Uniti è diventata possibile».

Vuol dire che la Cina potrebbe di colpo cessare i suoi acquisti di Treasury Bonds?

«Non per un´iniziativa unilaterale. Sarebbe autolesionista. Parafrasando l´equilibrio del terrore nucleare all´epoca della Guerra Fredda, l´ex consigliere economico di Barack Obama, Larry Summers, definì la situazione odierna come un equilibrio del terrore finanziario. La Cina non vuole determinare da sola un crollo del dollaro che impoverirebbe le sue riserve valutarie. La caduta del dollaro può avvenire solo in quanto "made in Usa". Se continuiamo a non mettere ordine nelle nostre finanze pubbliche, possiamo provocare un´improvvisa crisi di fiducia degli investitori esteri. Questi fenomeni accadono all´improvviso, più rapidamente di quanto si creda: basti ricordare la crisi di sfiducia che ha colpito l´Eurozona di recente».

Lei crede agli scenari di disgregazione dell´Eurozona?

«Oggi il pessimismo colpisce soprattutto l´euro. Non è chiaro come i Paesi più deboli possano al tempo stesso uscire dalla recessione, risanare i loro conti pubblici, senza abbandonare la moneta unica. A meno che la Germania accetti di continuare a finanziarli con massicci trasferimenti. Una bancarotta di Grecia e Irlanda è ormai sempre più probabile. Tuttavia non implica necessariamente che quei Paesi lascino l´euro. La Grecia finirebbe per stare ancora peggio, se tornasse alla dracma».

Che cosa pensa dello scenario opposto, cioè l´uscita dall´Eurozona del Paese più forte, la Germania?

«Io credo che la Germania, malgrado quel che ne pensano gli altri Paesi, sia politicamente troppo investita nell´Unione europea per mollare la moneta unica. Inoltre, per quanto l´euro sia impopolare tra i cittadini, l´industria tedesca sa che è nel suo interesse. Una rinascita del deutschemark si accompagnerebbe a una fortissima rivalutazione con grave danno per l´export. Resta il fatto che l´Unione europea deve rapidamente usare questa crisi per rimediare alle sue lacune».

Qual è la prima riforma necessaria per salvare l´euro?

«Sottrarre i compiti di vigilanza sulle banche alle autorità nazionali. Non dimentichiamo che questa crisi dell´Eurozona è anzitutto una crisi bancaria, com´è evidente nel caso irlandese, e non si può lasciare che a occuparsene siano i singoli Paesi».

Tra gli squilibri monetari mondiali, c´è chi vede la creazione di nuove bolle speculative nei Paesi emergenti come una conseguenza della politica monetaria americana. Il "quantitative easing" applicato da Ben Bernanke stampando moneta è sotto accusa in Brasile, Cina.

«E´ vero, la nuova liquidità generata dalla Federal Reserve in parte affluisce al di fuori delle nostre frontiere, attirata dai rendimenti superiori nelle economie emergenti. E´ un limite alla sua efficacia.

Tuttavia è necessaria, non c´è alternativa, in una situazione in cui restano dei rischi di deflazione per l´economia americana. La Fed valuta al 10% la probabilità di una deflazione, non è poco».

In "Exorbitant Privilege" lei prefigura un nuovo ordine monetario fondato su dollaro, euro, renminbi cinese. Quando?

«Più presto di quanto si crede. Io lo vedo realizzarsi nell´arco di un decennio. E penso che un mondo tripolare sarà più stabile di quello attuale. Il problema è governare la transizione: come traghettarci da qui a là».
di Federico Rampini

11 gennaio 2011

Sul Signoraggio

Una risposta ad un lettore sul problema del signoraggio. Tu quale tesi condividi?

Lyndon LaRouche e molti dei suoi collaboratori hanno dovuto subire, a livello anche personale, le conseguenze di non aver mai voluto scendere a compromessi nei confronti di monetarismo, liberismo e di coloro che da sempre lavorano per smantellare la sovranità degli Stati Nazionali, insieme con i loro lacchè nella politica, nel mondo bancario e finanziario; pertanto il Movimento Internazionale che fa capo a Lyndon LaRouche (in Italia Movisol – Movimento Solidarietà) crede a buon titolo di non dover prendere lezioni di antimondialismo da nessuno.

Anche con le banche, con i banchieri centrali e gli speculatori (come Soros, Greenspan, Rohatyn, Trichet, Bernanke, etc.), Lyndon LaRouche e il suo movimento internazionale non sono stati mai teneri, e lo sanno bene coloro che ci seguono da anni.

Detto questo, precisiamo che noi non crediamo all'assioma "il nemico del mio nemico è mio amico", né se dico che una donna è brutta, sono diventato improvvisamente gay; la realtà non è lineare, ma, come insegna Riemann, obbedisce ad un insieme di variabili multiconnesse tra di loro; quindi se abbiamo attaccato una categoria di persone (o meglio di idee), che dicono di battersi contro lo strapotere delle banche e della finanza, non vuol dire nel più assoluto dei modi che abbiamo arretrato minimamente dalla lotta per il bene comune dell'umanità.

Lo scritto "Su Ezra Pound e Signoraggio", voleva provocare (e pare sia riuscito nell'intento) un dibattito su un tema che vediamo sempre più di frequente riproposto, ma che difetta di quei requisiti di rigorosità morale e intellettuale, di cui c'è bisogno per combattere un avversario attrezzato per battaglie ben più impegnative. Nulla di nulla contro coloro che, in buona fede, aderiscono a tale dottrina, perché sicuramente animati da uno spirito di ricerca e dalla voglia di sapere come stanno le cose. Ma non sempre la storia più strana è quella vera.

Precisiamo ancora, per coloro che non conoscessero bene le nostre idee, che noi siamo per il superamento del sistema delle banche centrali e a favore del controllo statale sull'emissione di moneta e di credito, ma, ribadiamo, non per un inesistente problema di signoraggio.

Valore intrinseco e reddito da emissione di moneta

Passando alla risposta ai Suoi quesiti, vorrei prima precisare che parlare di valore "intrinseco" della moneta è di per sé fuorviante. Su di un'isola deserta, possedere monete d'oro non ci mette al riparo dalla fame e dalle intemperie. Questo per dire che persino le monete d'oro, che hanno un controvalore in quel metallo, derivano il loro "valore" da una convenzione: l'oro è prezioso in quanto duttile, malleabile, buon conduttore di elettricità, non soggetto a corrosione, piuttosto raro, etc., ma a ben guardare, aldilà dell'odontoiatria e dell'estetica, non ha così larghi impieghi (un conto è il prezzo, un conto è il valore di una cosa).

I signoraggisti sono fissati con l'oro [1], che per essi dovrebbe costituire il controvalore dell'emissione di moneta; la moneta in questo modo, convertibile nel prezioso metallo, solo allora diventerebbe una vera passività, ovvero supportata dalla promessa di dare qualcosa in cambio. La moneta moderna, secondo questi signori, non sarebbe una vera passività per l'emittente, perché in realtà la Banca Centrale non potrebbe riconoscere nulla in cambio.

A parte la confusione che alcuni fanno tra Gold Standard e sistema a riserva aurea, sorge però una domanda. Ma l'oro da dove viene, con cosa viene acquisito? Con altra moneta? No, perché sarebbe una tautologia. Allora con cosa? Mica nascerà spontaneo nei forzieri? La risposta è ovvia: o il Paese possiede proprie miniere aurifere da sfruttare all'infinito, o deve letteralmente prenderlo all'estero. Per prenderlo all'estero esistono solo due modi. Il primo è: come compensazione per pagamenti internazionali (esportazioni o altro). In questo caso incontriamo però un problema: l'offerta di oro o altri metalli preziosi è piuttosto inelastica, ovvero, la quantità disponibile non può essere aumentata a piacimento e quando si vuole; ne consegue quindi che l'offerta di moneta è limitata. Questo problema si è posto con ricorrenza nei paesi che adottavano la convertibilità in oro: periodiche crisi di liquidità con conseguente deflazione e stagnazione hanno spinto, pian piano e a fasi alterne, ad abbandonare la convertibilità in oro.

Esiste un altro modo per procurarsi oro e altri metalli preziosi dall'estero: quello predatorio, ovvero con la conquista e il saccheggio.

A questo punto: è più imperialista (ci hanno anche accusato di essere imperialisti) il sistema appena descritto, o un sistema che permetta ad OGNI Stato Nazionale sovrano di emettere la propria moneta e di stabilire politiche di sviluppo autonome?

Pensiamoci poi bene. C'è una crisi, prendo i miei soldi e vado alla Banca Centrale o al Tesoro a farmeli cambiare in oro. E poi cosa ci faccio? Devo sempre trovare qualcuno disposto a darmi qualcosa in cambio o farò la fine di Re Mida. Allora non stiamo parlando ancora una volta di una convenzione? Qualcuno accetterà l'oro in cambio di vestiti, cibo e case fin quando esisterà qualcuno che riconoscerà in quel metallo un bene = convenzione.

Se Lincoln durante la Guerra di Secessione avesse vincolato l'emissione di moneta (senza Banca Centrale) all'oro posseduto, probabilmente non ci sarebbe stata una Gettysburg e oggi gli USA sarebbero spaccati in due e anche la nostra storia sarebbe profondamente diversa.

Detto questo, è ovvio che esiste una differenza tra valore facciale della banconota e, ad esempio, il costo per produrla (che è diverso dal valore intrinseco). Tale differenza non costituisce reddito per nessuno, in quanto la moneta non è una merce venduta dalla banca centrale, ma una passività di quest'ultima e, a fronte di essa, non può esserci un ricavo, altrimenti Luca Pacioli si rivolterebbe nella tomba. D'altronde, nel caso contrario, nei conti economici delle banche commerciali, dovrebbe trovarsi una voce di costo per l'acquisto di banconote, che invece non esiste.

Il reddito da signoraggio esiste, ma è altro: è la differenza tra l'interesse che frutterebbero ipoteticamente le banconote tenute in cassa (ovvero quasi sempre zero) e l'interesse che fruttano le attività messe a contropartita delle banconote in circolazione. Questo è identificabile come reddito ed esso va per la maggior parte allo Stato insieme alle tasse che su di esso gravano; la restante parte va ripartita tra i partecipanti della banca centrale (che non sono soci). Ovviamente questo non ha che un minimo della portata di solito sventolata dai fautori della teoria del complotto del signoraggio [2].

Di chi sono le Banche Centrali – il diritto di emettere moneta

Per quanto riguarda la "proprietà" delle Banca Centrale, è chiaro che il fatto che quest'ultima non sia sotto il controllo statale non sia un bene, ma questo non a causa del signoraggio. Come ho cercato di spiegare nel mio precedente articolo, il fatto che ad esempio la Banca d'Italia, sia partecipata (non posseduta, non è una s.p.a.) da banche e istituzioni finanziarie private [3] (in Italia anche dall'INPS), pur non mutandone la natura di ente di diritto pubblico, sarà sicuramente rilevante nel momento in cui essa dovrà esercitare i suoi poteri di vigilanza: storicamente le maglie dei controlli (soprattutto nei confronti dei partecipanti più potenti) si sono allargate, permettendo vere e proprie truffe. Inoltre se osserviamo quello che sta operando la Federal Reserve americana, ovvero l'allargamento della base monetaria senza criterio, questo è diretto al salvataggio delle banche private e non alla creazione di credito per lo sviluppo: ciò non può portare ad altro che ad inflazione.

La stessa politica di austerità dell'Unione Europea, attraverso la BCE, nominalmente indirizzata al salvataggio degli Stati "indisciplinati", è in realtà l'imposizione di una politica fascista di macelleria sociale allo scopo di salvare le banche private che detengono i titoli di Stato di quei paesi.

Quelli presentati sopra sono alcuni esempi di motivi per i quali storicamente l'oligarchia finanziaria ha cercato e ottenuto il controllo delle Banche Centrali, ma ripetiamo per l'ennesima volta, non per ingrassarsi con un inesistente signoraggio. Il motivo principale è di avere in pugno le leve monetarie sottraendole agli stati sovrani, cioè avere la chiave della politica economica, costretta quest'ultima a fare i conti con chi magari oggi invoca austerità di bilancio, liberalizzazioni e privatizzazioni, quando ci sarebbe bisogno di investimenti pubblici.

In questo contesto è facile comprendere come le banche detentrici di pacchetti di controllo della Banca d'Italia ad esempio, si oppongano alla cessione (vendita) delle proprie quote di partecipazione al Tesoro. Il motivo di ciò non è il signoraggio: infatti le suddette banche hanno manifestato la preferenza a cedere (vendere) le proprie quote alla Banca d'Italia stessa [4], cioè, sono disposte a perderne il controllo, purché questo non vada al Tesoro.

È chiaro che il diritto di emettere moneta, come espressione della sovranità, dovrebbe spettare al popolo, che dovrebbe esercitarla nei limiti della Costituzione, come la stessa stabilisce, quindi attraverso il Tesoro. La decisione di affidare al Governatore della Banca d'Italia il potere di regolare l'offerta di moneta (D.P.R. 482 del 1948) fu una scelta fatta nominalmente per prevenire eventuali abusi (in realtà fu la prima pietra di un progetto di lunga durata per la presa del controllo da parte privata). Bankitalia, d'altronde, era praticamente controllata dal Governo, e non c'è dubbio che la moneta veniva emessa indirettamente da quest'ultimo. Da quando il controllo di Bankitalia è passato in mani private, il controllo (politico) sull'emissione di moneta è venuto meno, ma, pur essendo noi completamente favorevoli al ritorno di questo in mani statali (e quindi che, come primo passo venga applicata la legge Tremonti sul passaggio delle quote), ribadiamo per l'ennesima volta che il signoraggio non c'entra un emerito fico secco.

Ancora su Ezra Pound e soci

Per processare Lyndon LaRouche per frode postale, dopo che due corti avevano rigettato l'accusa come pretestuosa, fu trovata una corte in Virginia disposta a farlo. La condanna che ne seguì, per LaRouche e alcuni collaboratori, fu allucinante: Michael Billigton ad esempio fu condannato a 99 anni di prigione! Il processo e le condanne furono chiaramente politiche, provenendo l'operazione da un ufficio del Dipartimento della Giustizia USA, Presidente George Bush Sr., sotto la regia di Henry Kissinger.

L'ex-Ministro della Giustizia, Ramsey Clark, a Janet Reno, il Ministro della Giustizia nominato da Clinton, in una lettera del 1995 scriveva: "Il più scandaloso caso di indagine giudiziaria è quello relativo a Lyndon LaRouche, perché io credo che implichi un più ampio campo di volontaria e sistematica persecuzione giudiziaria ed un abuso di potere, lungo un esteso arco di tempo, al fine di distruggere un movimento politico ed il suo leader. Questo è il caso più eclatante di ogni tempo o comunque che io conosca".

Dopo cinque anni di prigione l'amministrazione Clinton diede un segnale politico netto e LaRouche ottenne la libertà condizionata.

Tentare un parallelo tra i motivi che portarono alla condanna di Ezra Pound (tradimento, cfr. articolo precedente) e a quella di Lyndon LaRouche, non è proprio il caso, così come Bill Clinton non è paragonabile ai personaggi scesi in campo per Pound.

Siamo tutti felici che Pound abbia scampato la forca, perché siamo contrari alla pena di morte, ma sottolineare quali personaggi si siano mobilitati per la sua salvezza, serve per mettere in luce certi legami, precedenti e seguenti a Pound, tra grande business (anche bancario), eversione filo-britannica e malthusianesimo (Fugitives e Nashville Agrarians), razzismo (Ku Klux Klan), ambientalismo, controllo della cultura (Congress for Cultural Freedom), cercando, sempre in modo maieutico, di mettere in evidenza (apparenti) contraddizioni: per cui il paladino contro l'usura viene salvato dai banchieri, ambienti fascisti si associano ad americani e inglesi e producono fenomeni culturali che sfociano tra gli Hippie.

Tutto questo perché ci premeva sottolineare che nel mondo dell'informazione "alternativa" occorre stare molto attenti per non essere irretiti da idee corrotte e arcaiche, ma presentate come novità rivoluzionarie.

Ribadiamo quello per cui Lyndon LaRouche il Movimento Internazionale che a lui fa capo propongono con forza, per uscire dalla crisi e avviare un processo di sviluppo dell'economia reale a livello planetario:

  • Nuova Bretton Woods: ristabilire un sistema finanziario mondiale basato su cambi fissi e con riappropriazione da parte degli Stati Nazionali del diritto di emettere moneta e quindi indirizzare credito a basso tasso d'interesse e lungo termine per lo sviluppo; riorganizzazione fallimentare del sistema finanziario mondiale.
  • Legge Glass Steagall: inversione della deregulation che ha investito il settore finanziario con ritorno allo standard di separazione tra banche ordinarie e banche d'affari e messa al bando dei derivati.
  • Grandi progetti infrastrutturali: lanciare con il credito così liberato la creazione di infrastrutture energetiche, di trasporto, di governo delle acque e del suolo (Nawapa – Transaqua, Ponte Eurasiatico, rinascimento nucleare, etc.).
  • Cooperazione tra Stati Nazionali sovrani sulla scorta del trattato di Westfalia, anziché politica di guerra e scontro di civiltà.


Aureliano Ferri.


Note:

[1] - Tale pensiero fisso esprime gli interessi per l’accumulazione primitiva da parte della classe aristocratica pre-moderna e latifondista. Da qui si spiegano le soluzioni proposte in chiave medievalista (ad es. le monete locali), quindi del tutto fuorvianti, di Auriti, di Ezra Pound, e dei loro epigoni.

[2] - Precisiamo inoltre che le Banche Centrali non acquistano titoli di Stato se non in parte; esse acquistano altri tipi di obbligazioni esistenti sul mercato: quindi non è la Banca Centrale che crea quel debito come sostengono certuni.

[3] - Prima del 1993, la Banca d’Italia, rispetto ad oggi, aveva più o meno lo stesso assetto di titolarità delle quote di partecipazione: il Governo la controllava sostanzialmente, in quanto i principali detentori delle quote erano la Banca Commerciale, il Credito Italiano e il Banco di Roma, quindi banche controllate dall’IRI, quindi dal Governo. Venivano poi altre sei banche controllate anch’esse dal Governo (San Paolo, Banco di Sicilia, Banco di Sardegna, Banco di Napoli, BNL, Montepaschi). C’erano poi anche Generali, FIAT, ma anche INPS ed altri minori. È chiaro che con le sciagurate privatizzazioni, quegli istituti di credito sono passati in mani non pubbliche e nessuno ha provveduto a trattenere le quote di Bankitalia al Tesoro, violando la Costituzione, se non altro perché molti pacchetti azionari, di quegli istituti sono diventati stranieri.

[4] - Cfr. Massimo Mucchetti, "Non sarà facile smontare Tremonti e la 'sua' Bankitalia", Corriere della Sera, 10 dicembre 2006 o Daniele Martini, "AAA vendesi Banca d’Italia, con Tremonti alla regia".

10 gennaio 2011

Perché Washington odia Hugo Chavez

In Italia Non abbiamo un tipo alla Chavez, ma per scelta o lassismo?




A fine novembre, il Venezuela è stata colpito con violenza da piogge torrenziali ed inondazioni che hanno causato 35 morti e hanno lasciato circa 130.000 persone senza casa. Se George Bush fosse stato presidente, invece che Hugo Chavez, gli sfollati sarebbero stati spediti sottotiro in campi di prigionia improvvisati -- come il Superdome-- come è successo con l'uragano Katrina. Ma non è così che lavora Chavez. Il presidente venezuelano ha promulgato velocemente leggi "speciali" che gli hanno concesso poteri per garantire aiuti di emergenza e alloggi per le vittime dell'alluvione. Chavez ha poi sgomberato il palazzo presidenziale e lo ha trasformato in un alloggio per 60 persone, che sarebbe l'equivalente di convertire la Casa Bianca in un rifugio per senzatetto. Le vittime del disastro sono ora sfamati e accuditi dallo stato fino a quando non potranno ritornare alle loro case e a lavorare.



I dettagli degli sforzi di Chavez sono stati ampiamente omessi dai media statunitensi, dove è invece regolarmente demonizzato come un "potente di sinistra" ["leftist strongman" NdT] o un dittatore. I media rifiutano di ammettere che Chavez ha ridotto la diseguaglianza nei redditi, eliminato l'analfabetismo, fornito assistenza medica a tutti i venezuelani e innalzato i tenori di vita. Mentre Bush ed Obama stavano espandendo le loro guerre e spingendo per tagliare le tasse ai ricchi, Chavez era occupato a migliorare le vite dei poveri e bisognosi, respingendo al tempo stesso l'ultima ondata di aggressione statunitense.

Washington disprezza Chavez perchè non è disposto a consegnare le vaste risorse del Venezuela alle multinazionali e ai banchieri. E' per questo che l'amministrazione Bush ha provato a deporre Chavez nel fallito colpo di stato del 2002, ed è per questo che l'incantatore Obama continua tutt'oggi a lanciare attacchi velati a Chavez. Washington vuole un cambio di regime, in modo da insediare una marionetta che consegni le risorse del Venezuela alle grandi compagnie di petrolio e al tempo stesso renda la vita dei lavoratori un inferno.

Documenti rilasciati recentemente da Wikileaks mostrano come l'amministrazione Obama ha accelerato le ingerenze negl'affari interni del Venezuela. Questo è un estratto della recente lettera dell'avvocatessa e autrice, Eva Golinger:

"In un documento segreto scritto dall'attuale vice assistente Segretario dello Stato per l'Emisfero Ovest, Craig Kelly, ed inviato dall'ambasciata di Santiago in giugno 2007 al segretario di stato, alla CIA, al Southern Command del Pentagono, insieme ad una serie di altre ambasciate statunitensi nella regione, Kelly ha proposto "sei principali metodi di azione per il governo statunitense per limitare l'influenza di Chavez” e "ristabilire la leadership statunitense nella regione".

Kelly, il quale ha avuto un ruolo di primo piano come “mediatore” durante il colpo di stato dell'anno scorso in Honduras contro il presidente Manuel Zelaya, classifica nel suo rapporto il presidente Hugo Chavez come un “nemico”.

“Conosci il nemico: dobbiamo capire meglio come Chavez pensa e quello che ha in mente.. Per opporsi alla reale minaccia che lui rappresenta, dobbiamo conoscere meglio i suoi obiettivi e come intende perseguirli. Tutto ciò esige una migliore intelligence in tutti i nostri paesi”. Piu avanti Kelly confessa che il presidente Chavez è un “nemico formidabile, ma, aggiunge, “può essere certamente sconfitto”
(Wikileaks: Documenti Confermano Piani Statunitensi Contro il Venezuela, Eva Golinger, Cartoline dalla Rivoluzione)

Anche le comunicazioni del Dipartimento di stato mostrano che Washington ha finanziato gruppi anti-Chavez attraverso organizzazioni non governative (ONG) che fingono di lavorare per le libertà civili, per i diritti dell'uomo o per la promozione della democrazia. Questi gruppi si nascondono dietro una facciata di legittimità, ma il loro reale intento è di rovesciare il governo democraticamente eletto di Chavez. Obama appoggia questo tipo di strategia tanto quanto lo faceva Bush. L'unica differenza è che il team di Obama è più discreto. Questo è un altro pezzo del rapporto di Golinger con alcuni dettagli sulle origini dei finanziamenti:

“In Venezuela, gli Stati Uniti hanno appoggiato gruppi anti Chavez per oltre 8 anni, inclusi quelli che hanno eseguito il colpo di stato contro il presidente Chavez nell’aprile del 2002. Da allora, i finanziamenti sono aumentati considerevolmente. Un rapporto del maggio 2010 che valutava l'assistenza straniera a gruppi politici in Venezuela, commissionata dalla National Endowment for Democracy (NED), ha rivelato che più di 40 milioni di dollari sono annualmente indirizzati a gruppi anti-Chavez, la maggior parte provenienti da agenzie statunitensi.

Il Venezuela spicca come la nazione latino americana dove il NED ha investito più fondi in gruppi di opposizione durante il 2009, con 1.818.473 dollari, più del doppio rispetto all'anno prima.... Allen Weinstein, uno dei fondatori del NED, ha una volta rivelato al Washington Post, “quello che facciamo noi oggi lo faceva la CIA in clandestinità 25 anni fa...” (I segreti dell'America “Operazioni della società civile”: l'interferenza degli Stati Uniti in Venezuela continua a crescere”, Eva Golinger, Global Research)

Lunedi l'amministrazione Obama ha annullato il visto dell'ambasciatore Venezuelano a Washington come risposta al rifiuto di Chavez di nominare Larry Palmer ambasciatore americano a Caracas. Palmer è stato apertamente critico di Chavez dicendo che vi erano chiare connessioni tra membri dell'amministrazione Chavez e le guerriglie di sinistra nella vicina Colombia. È un modo indiretto di accusare Chavez di terrorismo. Ancora peggio, il background e la storia personale di Palmer suggeriscono che la sua nomina potrebbe essere una minaccia alla sicurezza nazionale del Venezuela. Consideriamo i commenti di James Suggett del “Venezuelanalysis on Axis of Logic”:

“Osservate la storia di Palmer, quando lavorava con le oligarchie, sostenute dagli Stati Uniti, di paesi come la Repubblica Domenicana, Uruguay, Paraguay, e Sierra Leone, Corea del Sud, Honduras, 'promuovendo il North American Free Trade Agreement (NAFTA).” Proprio come la classe dominante americana ha nominato un afro-americano, Barack Obama, per sostituire George W. Bush lasciando tutto il resto intatto, Obama a sua volta ha nominato Palmer per sostituire Patrick Duddy, il quale era coinvolto nel tentato colpo di stato del 2002 contro il presidente Chavez , oltre ad essere nemico dei venezuelani durante il suo mandato come ambasciatore in Venezuela”
(http://axisoflogic.com/artman/publish/printer_60511.shtml)

Il Venezuela è gia pieno di spie e sabotatori americani. Non hanno alcun bisogno di agenti che lavorano all'interno dell'ambasciata. Chavez ha fatto la cosa giusta a rifiutare la nomina di Palmer.

La nomina di Palmer avrebbe solo rafforzato la preesistente politica statunitense con più interferenze, più sovversioni e più creazioni di problemi per Chavez. Il dipartimento di stato è largamente responsabile per quelle che vengono chiamate rivoluzioni colorate in Ucraina, Libano, Georgia, Kyrgyzstan etc; le quali sono state tutte forgiate a stampo, come eventi televisivi a favore degl'interessi di ricchi capitalisti e contro i governi eletti. Adesso la schiera di Hillary vuole provare la stessa strategia in Venezuela. Tocca a Chavez fermarli, ed è per questo che ha passato leggi che “regolano, controllano o proibiscono il finanziamento straniero di attività politiche”. È il solo modo che ha per difendersi dall'intromissione degli Stati Uniti e proteggere la sovranità venezuelana.

Chavez sta anche usando i suoi nuovi poteri per riformare il settore finanziario. Questo è un estratto da un articolo intitolato “L'assemblea nazionale venezuelana passa una legge che rende le attività bancarie un 'servizio pubblico'”:

“Venerdi l'assemblea nazionale venezuelana ha approvato una nuova legislazione che definisce il settore bancario come un'industria “del settore pubblico,” esigendo che le banche in Venezuela contribuiscano a programmi sociali, impegni nella costruzione di case, e altri bisogni sociali e, al tempo stesso, rendendo gli interventi del governo più facili nel caso le banche non soddisfino le priorità nazionali.” ...

La nuova legge protegge i beni dei clienti delle banche nel caso ci siano irregolarità da parte dei proprietari, e stipula che la Superintendencia de Bancos prenda in considerazione gli interessi dei clienti delle banche - e non solo quello degli azionisti - quando vengono prese decisioni che influiscano sulla posizione della banca."

Allora perchè Obama non sta facendo la stessa cosa? E' troppo spaventato o è solo il lacchè di Wall Street? Eccovi un'altra parte dello stesso articolo:

"Nel tentativo di controllare la speculazione, la legge limita l'ammontare di credito che può essere messo a disposizione di invididui o entità private, stabilendo che 20% è il massimo ammontare di capitale che la banca può impiegare come credito. La legge limita inoltre la formazione di gruppi finanziari e vieta il possesso di interessi economici da parte di banche in aziende di brokeraggio e compagnie di assicurazione.

La legge inoltre stabilisce che il 5% dei profitti netti di tutte le banche dovranno essere dedicati esclusivamente a progetti dei consigli comunali. 10% del capitale di una banca deve inoltre essere messo in un fondo per pagare stipendi e pensioni nel caso di bancarotta.

Secondo le stime del 2009 del Softline Consultores, il 5 % dei profitti netti del settore bancario venezuelano avrebbe dato 314 milioni di bolivar in più, o 73,1 milioni di dollari, per programmi sociali volti a soddisfare i bisogni della maggioranza povera del Venezuela.
http://venezuelanalysis.com/news/5880

"Controllare la speculazione"? Questa è una nuova idea. Ovviamente, i leader dell'opposizione chiamano le nuove leggi "un attacco alla libertà economica". Ma questa è un puro nonsenso. Chavez sta solamente proteggendo la gente dalle attività predatorie di banchieri senza scrupoli. La gran parte degli americani sperano che Obama faccia la stessa cosa.

Secondo il Wall Street Journal, "Chavez ha minacciato di espropriare le grandi banche nel passato se non aumentavano i prestiti ai proprietari di piccole aziende e potenziali compratori di case, questa volta sta aumentando la pressione pubblicamente per mostrare la sua preoccupazione per la mancanza di case per 28 milioni di venezuelani."

Caracas soffre di una grande mancanza di case che è ulteriormente peggiorata a causa delle inondazioni. Decine di migliaia di persone hanno ora bisogna di un riparo, ed è per questo che Chavez sta mettendo pressione sulle banche per dare una mano. Ovviamente le banche non vogliono aiutare e stanno quindi piagnucolando. Ma Chavez non si è curato delle loro lamentele e le ha messe sotto osservazione. Infatti martedì ha rilasciato questo conciso avvertimento:

"Qualunque banca sbagli... l'esproprierò, che sia Banco Provincial, Banesco o Banco Nacional de Credito".

Bravo, Hugo. Nel Venezuela di Chavez i bisogni della gente ordinaria hanno la precedenza sui profitti dei banchieri tagliagole. C'è da sorprendersi che Washington lo odi?
di Mike Whitney


Fonte: www.informationclearinghouse.info

Gli Stati Uniti rischiano la bancarotta ma è l´Europa a dover temere di più



Per l´economista Barry Eichengreen l´insolvenza americana segnerebbe la fine del biglietto verde come moneta internazionale. Non è chiaro come Grecia e Irlanda possano uscire dalla recessione e risanare i loro conti pubblici. La Cina non vuole un crollo del dollaro che impoverirebbe le sue riserve. La caduta può essere made in Usa

«Una bancarotta sovrana degli Stati Uniti? Non è probabile però è diventata possibile. E segnerebbe la fine del dollaro come moneta internazionale. Oggi il pessimismo resta più forte verso l´Eurozona, dove l´insolvenza di Grecia e Irlanda è sempre più difficile da evitare». A 24 ore dall´allarme lanciato dal segretario al Tesoro Tim Geithner, che ha evocato un rischio default degli Usa al Congresso, la sua preoccupazione è confermata dal più autorevole storico delle crisi finanziarie.

Barry Eichengreen, docente all´Università di Berkeley, sta presentando il suo nuovo saggio "Exorbitant Privilege" al World Affairs Council. Il "privilegio esorbitante", un´espressione che Eichengreen riprende da Charles de Gaulle, è quello del dollaro: «Vale il 3% del Pil americano il fatto di poter stampare una moneta che le altre nazioni usano come mezzo di pagamento. In altri termini, questo privilegio ci consente di finanziare un deficit pubblico equivalente a un anno di buona crescita del Pil». Ma non è un privilegio eterno, avverte l´economista.

Che cosa giustifica l´allarme di Geithner sul rischio-insolvenza?

«L´attuale situazione politica, con un presidente democratico e una Camera repubblicana, tende a generare politiche economiche squilibrate e non agevola la riduzione del deficit pubblico. In prospettiva, con l´andata in pensione delle prime generazioni del baby-boom, un quarto delle entrate fiscali americane andrà esclusivamente a finanziare il servizio del debito. Se non interveniamo rapidamente sugli squilibri, sarà forte la tentazione di ridurre i debiti attraverso una politica monetaria che crei inflazione. Così l´America scaricherebbe i costi sugli stranieri che detengono tanta parte dei titoli del Tesoro. Ma è un gioco pericoloso: i mercati possono anticiparlo, smettere di acquistare i nostri titoli pubblici. Perciò l´insolvenza degli Stati Uniti è diventata possibile».

Vuol dire che la Cina potrebbe di colpo cessare i suoi acquisti di Treasury Bonds?

«Non per un´iniziativa unilaterale. Sarebbe autolesionista. Parafrasando l´equilibrio del terrore nucleare all´epoca della Guerra Fredda, l´ex consigliere economico di Barack Obama, Larry Summers, definì la situazione odierna come un equilibrio del terrore finanziario. La Cina non vuole determinare da sola un crollo del dollaro che impoverirebbe le sue riserve valutarie. La caduta del dollaro può avvenire solo in quanto "made in Usa". Se continuiamo a non mettere ordine nelle nostre finanze pubbliche, possiamo provocare un´improvvisa crisi di fiducia degli investitori esteri. Questi fenomeni accadono all´improvviso, più rapidamente di quanto si creda: basti ricordare la crisi di sfiducia che ha colpito l´Eurozona di recente».

Lei crede agli scenari di disgregazione dell´Eurozona?

«Oggi il pessimismo colpisce soprattutto l´euro. Non è chiaro come i Paesi più deboli possano al tempo stesso uscire dalla recessione, risanare i loro conti pubblici, senza abbandonare la moneta unica. A meno che la Germania accetti di continuare a finanziarli con massicci trasferimenti. Una bancarotta di Grecia e Irlanda è ormai sempre più probabile. Tuttavia non implica necessariamente che quei Paesi lascino l´euro. La Grecia finirebbe per stare ancora peggio, se tornasse alla dracma».

Che cosa pensa dello scenario opposto, cioè l´uscita dall´Eurozona del Paese più forte, la Germania?

«Io credo che la Germania, malgrado quel che ne pensano gli altri Paesi, sia politicamente troppo investita nell´Unione europea per mollare la moneta unica. Inoltre, per quanto l´euro sia impopolare tra i cittadini, l´industria tedesca sa che è nel suo interesse. Una rinascita del deutschemark si accompagnerebbe a una fortissima rivalutazione con grave danno per l´export. Resta il fatto che l´Unione europea deve rapidamente usare questa crisi per rimediare alle sue lacune».

Qual è la prima riforma necessaria per salvare l´euro?

«Sottrarre i compiti di vigilanza sulle banche alle autorità nazionali. Non dimentichiamo che questa crisi dell´Eurozona è anzitutto una crisi bancaria, com´è evidente nel caso irlandese, e non si può lasciare che a occuparsene siano i singoli Paesi».

Tra gli squilibri monetari mondiali, c´è chi vede la creazione di nuove bolle speculative nei Paesi emergenti come una conseguenza della politica monetaria americana. Il "quantitative easing" applicato da Ben Bernanke stampando moneta è sotto accusa in Brasile, Cina.

«E´ vero, la nuova liquidità generata dalla Federal Reserve in parte affluisce al di fuori delle nostre frontiere, attirata dai rendimenti superiori nelle economie emergenti. E´ un limite alla sua efficacia.

Tuttavia è necessaria, non c´è alternativa, in una situazione in cui restano dei rischi di deflazione per l´economia americana. La Fed valuta al 10% la probabilità di una deflazione, non è poco».

In "Exorbitant Privilege" lei prefigura un nuovo ordine monetario fondato su dollaro, euro, renminbi cinese. Quando?

«Più presto di quanto si crede. Io lo vedo realizzarsi nell´arco di un decennio. E penso che un mondo tripolare sarà più stabile di quello attuale. Il problema è governare la transizione: come traghettarci da qui a là».
di Federico Rampini