08 marzo 2011

Forze speciali statunitensi sbarcano in Libia, dove addestrano i ribelli anti-Gheddafi




Navi da guerra USA sono entrate nel Mar Mediterraneo. Gheddafi: migliaia Libici di moriranno se gli Stati Uniti o la NATO invaderanno la Libia
Adrian Novac HotNews.ro 2 Marzo 2011


Commandos inglesi a Bengasi – Agerpres

Forze Speciali dell’Esercito USA sono sbarcati in Libia, per addestrare i ribelli che combattono contro il regime di Muammar Gheddafi, afferma il Pakistan Observer. Secondo i rapporti, sul posto si trovano anche “consiglieri militari” inglesi e francesi, che hanno il compito di stabilire le basi di addestramento nelle regioni orientali del paese, controllato dai sostenitori dell’opposizione. Le due navi d’assalto statunitensi, USS Ponce e USS Kearsarge sono arrivate nel Mediterraneo, secondo una dichiarazione resa da un ufficiale statunitense in condizione di anonimato. Gli Stati Uniti non hanno specificato se la portaerei USS Enterprise, che si trova nel Mar Rosso, sarà inviata anch’essa nel Mediterraneo, ha detto Reuters Mercoledì. Un’altra nave da guerra statunitense, il cacciatorpediniere USS Barry, ha già attraversato il Canale di Suez Lunedi, e sarà nel sud-ovest del Mediterraneo.
L’amministrazione Obama ha detto che sta valutando tutte le opzioni per affrontare la crisi in Libia, anche se il Pentagono è alle prese con gli attuali costi delle guerre in Afghanistan e in Iraq.
Secondo le informazioni fornite da un diplomatico libico che si trovava in zona, le forze speciali delle tre potenze occidentali sono sbarcati in Cirenaica, e oggi hanno stabilito basi e centri di addestramento “per rafforzare le truppe ribelli che in diverse regioni si oppongono ai soldati di Gheddafi“. Un funzionario libico, che non ha voluto essere identificato, ha detto che i soldati statunitensi e britannici arrivarono nell’area il 23 e 24 febbraio, trasportati da navi da guerra e da piccole imbarcazioni appartenenti alla Marina USA e francese, presso Bengasi e Tobruk. Diverse informazioni indicano che le forze speciali occidentali avviano attualmente gli sforzi per “neutralizzare” l’aviazione libica, al fine di limitare il potere del regime di Gheddafi.
Nel frattempo, i leader militari statunitensi preparano una lista di opzioni da proporre al presidente Barack Obama, e svolgono anche le discussioni con i loro omologhi europei, ma la probabilità di un intervento militare rimane incerta. “Credo che le opzioni vanno da una dimostrazione di forza al coinvolgimento in qualcosa di più grande,” ha detto un funzionario Usa, aggiungendo che “il presidente Obama non ha adottato alcuna decisione sull’uso dei militari“. In seguito, la Casa Bianca ha inviato i vascelli trasferiti al fine di sostenere un eventuale aiuto umanitario, ma ha sottolineato che “non esclude una qualsiasi altra opzione“, un linguaggio diplomatico che segnala che l’azione militare è una possibilità.
Venerdì scorso, 40 influenti personalità neo-conservatrici USA hanno inviato una lettera a Obama, chiedendogli di preparare un “decreto” per una operazione militare per la rimozione di Gheddafi. Inoltre, tre navi da guerra indiane, tra cui la nave d’assalto INS Jalashwa, si sta dirigendo verso le acque vicino la Libia.

Truppe fedeli a Gheddafi hanno attaccato due città nelle mani dei ribelli, riuscendo a prenderne il controllo
I ribelli libici ha assunto di nuovo, incredibilmente, il controllo della città orientale di Marsa Brega (dove c’è un importante terminale petrolifero), dopo che le forze fedeli al colonnello Muammar Gheddafi hanno annunciato di aver bombardato la città e preso il controllo dalle mani degli insorti, la mattina, secondo Reuters. “Molto probabilmente chiederemo aiuti provenienti dall’estero, abbiamo bisogno di attacchi aerei in punti strategici, per rimuovere Muammar Gheddafi dal potere“, ha detto alla Reuters Gheriani Mustafa, un portavoce per i gruppi di insorti. “Hanno cercato di riprendersi Brega questa mattina, ma non ci sono riusciti. La città è tornata nelle mani dei rivoluzionari“, ha aggiunto.
Le truppe fedeli a Gheddafi hanno lanciato un attacco alla città di Ajdabiyah (che si trova nell’est del paese, a 500 km da Tripoli), che ospita anche delle installazioni petrolifere importanti, e sono riusciti a prenderne il controllo, afferma SkyNews.

Muammar Gheddafi: migliaia di Libici moriranno se gli Stati Uniti o la NATO invaderanno la Libia
Il leader di Tripoli, Muammar Gheddafi ha detto Mercoledì che il mondo non capisce il sistema libico che mette il potere “nelle mani del popolo“, riferiva la Reuters citando una trasmissione della televisione di Stato. La folla in sala ha applaudito Gheddafi. L’ambasciatrice USA alle Nazioni Unite, Susan Rice, ha detto Martedì in reazione alla intervista rilasciata il giorno prima da Gheddafi, che il leader libico delira e non è in grado di guidare il paese. Secondo la Rice, Gheddafi che ride alle domande, mentre lui “macella la sua stessa gente” mostra che è disconnesso dalla realtà.

Ecco alcune delle dichiarazioni rilasciate Mercoledì da Muammar Gheddafi:
Metto le dita negli occhi di coloro che dubitano che la Libia è gestita da qualcuno che non sia il suo popolo
La Libia è un sistema di democrazia diretta
Muammar Gheddafi non è il presidente, non può d dimettersi, non ha un parlamento che può esser sciolto, non ho cariche da cui dimettermi
La Libia è un sistema del popolo e nessuno può resistere al potere del popolo
Il popolo è libero di scegliere l’autorità che ritengono più adatta
Non vi è alcuna protesta in Oriente
Le cellule di Al Qaida hanno attaccato le forze di sicurezza e hanno rubato le loro armi
Come è cominciato tutto? Minuscole cellule di Al-Qaida sotto copertura
Sono pronto ad andare ad un dibattito con una di questi di al Qaida, uno di loro … ma nessuno è venuto a discutere… non hanno chiesto nulla
Diffondere le notizie sulla Libia nel mondo delle stazioni e dalle agenzie che hanno corrispondenti in Libia
Sfido a trovare che dei pacifici dimostranti sono stati uccisi
Negli USA, in Francia e altrove, se le persone attaccano negozi e cercando di rubare delle armi, gli sparano
Chiedere all’ONU e alla NATO di organizzare rapidamente comitati per sapere quante persone sono state uccise
Come possono le Nazioni Unite prendere decisioni basate su informazioni false al 100%?
Vedo una cospirazione per il controllo del petrolio e la terra della Libia
Vogliono farci diventare ancora una volta schiavi degli italiani? Non lo accetteremo mai
In Libia inizieremo una sanguinosa guerra, migliaia di libici moriranno se Stati Uniti o la NATO invaderanno la Libia

Gheddafi: “O io o al-Qaida”
Tol Press 6 marzo, 2011
Il colonnello Gheddafi incontra gli inviati di JDD. (Bernard Bisson/JDD)




In esclusiva mondiale, il capo di stato libico ha ricevuto Sabato, due inviati speciali di JDD nel suo quartier generale a Tripoli. Ecco alcuni estratti da questa intervista eccezionale pubblicata Domenica su JDD.

La minaccia terroristica
“Quando ci fu confusione in Tunisia ed Egitto (…) Al-Qaida ha incaricato le sue cellule dormienti in Libia di emergere (…) I ragazzi non sapevano di al-Qaida o dell’ideologia di questa organizzazione. Ma i membri di queste cellule gli hanno dato pillole allucinogene. (…) Oggi, questi giovani si sono assuefatti a queste pillole e pensano che le armi sono una sorta di fuochi d’artificio.”
“Sono veramente sorpreso che non si capisca che questa è una lotta contro il terrorismo (…) I nostri servizi di intelligence stanno cooperando. Vi abbiamo aiutato molto in questi ultimi anni! Allora, perché quando siamo noi in battaglia contro il terrorismo qui, in Libia, nessuno ci ricambia l’aiuto!”
“Ci sarà un Jihad islamico di fronte a voi, nel Mediterraneo, (…) le persone di bin Laden imporranno le taglia su terra e su mare. Torneremo ai tempi del Barbarossa, dei pirati, degli ottomani che impongono le taglie alle navi. Questa sarà veramente una crisi globale e un disastro per tutti.”

Il ruolo della Francia nella crisi
“Vorrei che una squadra d’indagine delle Nazioni Unite o dell’Unione africana venga qui in Libia. Consentiremo alla Commissione di andare sul campo senza alcun ostacolo.”
“La Francia ha grandi interessi in Libia. Abbiamo lavorato con il signor Sarkozy, abbiamo lavorato insieme su diversi casi, cause diverse. La Francia sarebbe stata la prima a inviare una commissione d’inchiesta. Spero che cambierà il suo atteggiamento verso di noi. (…) Che la Francia assuma rapidamente la guida dell’inchiesta, bloccando la risoluzione ONU al Consiglio di Sicurezza, e faccia fermare l’intervento straniero nella regione di Bengasi.”

Nessuna crisi del regime
“Da noi, il potere è del popolo. Non abbiamo nessun presidente che si dimetta, né un parlamento che si sciolga, né elezioni contraffatte, non una Costituzione da modificare. Noi non abbiamo rivendicazioni di giustizia sociale, perché qui è il popolo a decidere. Io non ho alcun potere, come invece Ben Ali e Hosni Mubarak.”
“Il regime qui in Libia, va bene. E’ stabile. Voglio essere ben capito: se minacciano, se destabilizzano, si avrà la confusione, bin Laden, i gruppuscoli armati. Questo è ciò che accadrà. Avrete immigrazione, migliaia di persone invaderanno l’Europa dalla Libia. E non ci sarà nessuno a fermarli. Agitate lo spettro della minaccia islamica…”

La violenza
“Non ho mai sparato sul mio popolo! E voi non credereste che il regime algerino in anni di lotta all’estremismo islamico, non abbia fatto uso della forza! E non credereste che il bombardamento israeliano di Gaza e le vittime civili siano causati dai gruppi armati che ci sono? E in Afghanistan o in Iraq, non sapete che i militari degli Stati Uniti fanno regolarmente delle vittime civili? E la NATO in Afghanistan non ha mai sparato contro i civili? Qui, in Libia, non abbiamo sparato a nessuno.”

Fortuna personale
“Ho sfidato tutti a dimostrare che ho un solo dinaro mio! Questo blocco dei beni è una pirateria in più imposta al denaro dello Stato libico. Vogliono rubare i soldi dallo stato libico e mentono e dicono che sono i soldi della Guida! Ancora una volta, c’è l’inchiesta per dimostrare a chi appartiene il denaro. Io sono tranquillo. Non ho che questa tenda.”



Si osservi questa foto, conferma le affermazioni dell’articolo del sito romeno:
Gli uomini qui ripresi caricano una cassa di munizioni speciali, si tratta di proiettili da 106mm per dei cannoni senza rinculo anti-carro M40A1 di fabbricazione statunitense. Tale arma non è in dotazione alle forze armate libiche; inoltre la scritta HESH-T, ovvero Proiettile ad Alto Esplosivo a Testata Dirompente – Tracciante, dimostra che i proiettili sono di fabbricazione inglese, poiché questo tipo di proiettili sono chiamati così solo nel Regno Unito, mentre nel resto del mondo vengono denominati HEP-T (Proiettile ad Alto Esplosivo al Plastico – Tracciante). Inoltre l’esplosivo HESH-T/HEP-T è impiegato solo dai paesi membri della NATO, Israele, India e Svezia. Non possono che avere origine esterna alla Libia, non sono stati prelevati dagli arsenali delle forze armate libiche.
di Alessandro Lattanzio

07 marzo 2011

Così la Spagna a rischio default è diventata un paradiso fiscale


Secondo El País la filiale spagnola di ExxonMobil, la più grande corporation del Pianeta, non paga un solo centesimo di tasse. Ed è solo un esempio tra i tanti. Mentre i cittadini sostengono le manovre post crisi le multinazionali evadono legalmente il fisco. Due anni fa il Guardian aveva denunciato il fisco creativo delle corporation britanniche

Lieve sforzo di immaginazione. Provate a pensare per un attimo di essere cittadini spagnoli. Per anni vi hanno convinto che l’economia andava bene, che la crescita era sostenibile e che tutto sarebbe filato perfettamente liscio per moltissimo tempo ancora. Siete stati caldamente invitati a indebitarvi per consumare di più e già che c’eravate avete scelto di dare retta a quelle banche che erano disposte a concedervi un mutuo a fronte di garanzie pressoché nulle. Avevate un lavoro e una casa di proprietà, il sole splendeva e le vostre squadre di calcio (le più indebitate dell’area euro, ma ancora non lo sapevate) giocavano il miglior fútbol del Continente. Poi un giorno tutto è andato a rotoli. Avete perso la casa (ora in mano alle banche ma con un valore reale magari dimezzato), il lavoro (che manca ormai al 20,3% della popolazione attiva) e ovviamente il credito facile. Come se non bastasse avete anche scoperto che la maggior parte delle vostre tasse non servirà a finanziare i servizi sociali che dovrebbero esservi garantiti andando, al contrario, a sostenere le politiche anti default messe in atto dal governo.

Ora, come reagireste se vi dicessero che il soggetto privato spagnolo che ha guadagnato più di chiunque altro negli ultimi due anni non ha pagato e non pagherà un centesimo di tasse e che, piccolo particolare, tutto ciò avviene in modo perfettamente legale?

La risposta non è nota ma in questi giorni forse qualcuno proverà a trovarla. Visto che tutto questo, incredibile ma vero, è realmente accaduto. La denuncia l’ha presentata El País, il più diffuso e prestigioso quotidiano di Spagna. ExxonMobil Spain, filiale madrilena della più grande corporation del Pianeta (383 miliardi di dollari di ricavi annuali), ha accumulato negli ultimi due anni 9.907 milioni di euro di profitto lordo. Ed altrettanti di profitto netto. Tradotto: ha versato esattamente zero euro di tasse. Ma la storia non si conclude qui. Perché, a quanto pare, per una serie di complicate ragioni, nel corso del 2009 la filiale iberica della multinazionale Usa sarebbe riuscita nell’impresa di registrare un imponibile negativo di un milione e mezzo. In altri termini, il fisco spagnolo le deve ancora dei soldi. E non manca ovviamente l’aspetto comico: sapete quante persone lavorano per Exxon Spain? Una. Che scuce alla compagnia appena 44 mila euro all’anno.

Sembra folle eppure, come si diceva, è tutto logico quanto legale. Colpa di un regime fiscale favorevole capace di trascinare in Spagna le multinazionali di mezzo mondo ma anche di trasformare il Paese in vero e proprio paradiso fiscale. Il principio della legge è chiaro: impedire che una corporation paghi le tasse contemporaneamente sia sui profitti della casa madre sia su quelli della filiale. E poco importa che la struttura proprietaria distribuisca le società della catena nei paradisi veri e propri, magari appena dietro casa.

Un esempio su tutti: nel 2009 la ExxonMobil Luxembourg, che ovviamente ha sede nel Granducato, ha versato alla sua azionista ExxonMobil Spain un dividendo di 3,65 miliardi. Grazie alla normativa contro la doppia tassazione tale cifra non è stata sottoposta al prelievo. La stessa holding spagnola ha successivamente girato due tranches di 2,26 e 1,38 miliardi rispettivamente alla casa madre statunitense ottenendo a rigor di legge la completa esenzione fiscale. Quello di Exxon, ricorda El País, non è certo un esempio isolato. Multinazionali come Google (che ha holding sparse tra l’Olanda, l’Irlanda e il resto del mondo che le permettono di subire negli Usa un’imposizione reale del 2,4%) ma anche Vodafone, Hewlett Packard, American Express e General Mills si avvalgono delle medesime strategie contabili. Pare inoltre che Facebook che stia tuttora studiando una soluzione simile.

L’ingiustizia ai danni dei contribuenti spagnoli non è diversa da quella che si accanisce da anni sui taxpayers britannici. Un’inchiesta condotta due anni fa dal Guardian rivelò ad esempio che il colosso delle bevande Diageo aveva trasferito la proprietà di celebri marchi miliardari come Johnnie Walker, J&B e Gilbey’s gin a una propria filiale olandese ottenendo, de facto, una pressoché totale esenzione fiscale con un ammontare delle imposte pagate pari ad appena 43 milioni di sterline a fronte di profitti annuali di circa 2 miliardi. La pressione fiscale effettiva “patita” dall’azienda, in altre parole, era stata del 2%.

Esempi analoghi erano regolarmente forniti da altri giganti come Glaxo, Astra e Shell e non stupiva che, secondo i dati dell’agenzia delle entrate del Regno Unito, nel 2006 quasi i due terzi delle 700 principali compagnie britanniche avessero pagato imposte inferiori ai 10 milioni di sterline e che il 30% non avesse sborsato nemmeno un penny. A raggiungere la vetta della finanza creativa era stata però la major del settore pubblicitario WPP Group. Attraverso un’impressionante serie di operazioni contabili, regolarmente bloccate e altrettanto regolarmente sostituite da contromosse ancor più spericolate, la compagnia riuscì a versare nelle casse dell’erario meno di 5 milioni di sterline in sei anni. Nel 2008 non pagò di fatto alcuna tassa in Gran Bretagna.
di Matteo Cavallito

L’immunità: un pasticcio bipartisan






Ennesima contraddizione del Pd. Da un lato promuove l’inutile raccolta di firme per cacciare Berlusconi. Dall’altro sottoscrive una proposta di legge per reintrodurre il vecchio articolo 68 della Costituzione. In una versione ancora più favorevole ai parlamentari inquisiti


Chi può arrivare a pensare di garantire l’impunità non solo al plurinquisito capo del governo, ma all’intera casta parlamentare? Ma il Partito Democratico, naturalmente. La sedicente opposizione raccoglie dieci milioni di firme (gulp!) contro l’odiato Berlusconi, e a Roma presenta una proposta di legge assieme al Pdl per ripristinare l’immunità parlamentare. Anzi, precisiamo: confezionandone una aggiornata ai tempi, estrema, l’ultima frontiera del privilegio. In cui, cioè, non si torna allo scudo voluto dai padri costituenti onde evitare il fumus persecutionis, ma si cancella la possibilità di indagare a prescindere, salvando coloro che dovrebbero essere chiamati col loro nome: delinquenti comuni. Ancorché eletti dal popolo.

La pensata porta la firma bipartisan di Franca Chiaromonte (Pd) e Luigi Compagna (Pdl), appoggiati dai democratici Sircana e Morando e dall’Udc D’Alia. Prevede che al termine delle indagini, per rinviare a giudizio un parlamentare, il giudice dovrebbe chiedere il permesso alla Camera di appartenenza, che avrebbe 90 giorni per bloccare il processo. Per qualsiasi tipo di reato contestato, senza eccezioni. Nella vecchia immunità modificata nel 1993 sull’onda di Tangentopoli, invece, le Camere potevano negare l’autorizzazione a procedere solo in casi eccezionali, là dove non ci fosse notizia di reato e l’ostilità del magistrato inquirente fosse acclarata (il “fumus persecutionis”, appunto). Nel 1948 quando venne promulgata la Carta costituzionale, infatti, si veniva da vent’anni di fascismo e l’urgenza unanimemente sentita era quella di mettere al riparo la politica da eventuali attacchi giudiziari che volessero colpire l’espressione, magari troppo forte e al limite del lecito, delle opinioni. Ripeto: opinioni, ossia tutto ciò che aveva a che fare con l’attività politica legata alla funzione di deputato o senatore. Non intendevano certo, i padri costituenti oggi fin troppo citati, assicurare un colpo di spugna preventivo per i crimini.

Nel momento in cui, sotto il diluvio di inchieste di Mani Pulite, ci si arrese all’evidenza che la “persecuzione politica” era un argomento pretestuoso che lorsignori agitavano sistematicamente per giustificare l’abuso dell’istituto immunitario, si eliminò la necessità dell’autorizzazione a procedere che di fatto era stata snaturata. Senza fare gli esterofili obbligati, si noti che nelle altre democrazie occidentali un tale sistema di autodifesa corporativa non c’è. In Inghilterra non esiste alcuna immunità parlamentare. In Germania, seppur prevista, viene di fatto annullata in quanto all’inizio di ogni legislatura il parlamento autorizza automaticamente eventuali indagini a carico dei suoi membri. Lo stesso in Spagna, dove, eccetto in un caso, mai in trent’anni le Cortes hanno negato un’autorizzazione a procedere.

Ma la Chiaromonte del Pd vive in un mondo tutto suo e dichiara con sommo sprezzo del pericolo: «Punto chiave della proposta di legge 1942 è quello di ripristinare i principi ed i valori della Carta Costituzionale secondo lo spirito dei padri costituenti, gli stessi contenuti nell'abrogato articolo 68 della Costituzione, laddove infatti si proponeva l'immunità parlamentare dei membri delle due camere, previo autorizzazione a procedere del Parlamento nei casi gravi. In questa maniera si garantiva, e si garantirebbe nel caso passasse la mia proposta, non l'impunità dei membri del Parlamento, ma la necessaria separazione dei compiti tra organi politici ed organi della magistratura».

Domanda: quali sarebbero questi rispettivi compiti? Costituzione alla mano, la magistratura dovrebbe indagare i cittadini, parlamentari compresi, se accusati di aver compiuto un reato (potere giudiziario), e i politici dal canto loro dovrebbero legiferare (potere legislativo) e, se al governo, governare (potere esecutivo). È il buon vecchio Montesquieu. La dottrina Chiaromonte, invece, segue la vulgata Berlusconi-Alfano, come noto due insigni giuristi e filosofi della politica, secondo i quali la divisione dei poteri contempla l’ingiudicabilità di chi siede in parlamento e la corrispettiva genuflessione dei pm. Un diritto speciale per i rappresentanti del popolo, che per il fatto di essere tali sono superiori ai normali cittadini anche se corrotti, malversatori e mafiosi.

I mandarini del Pd, naturalmente, non si sono esposti nell’operazione di soccorso alla maggioranza. Nessun Bersani, D’Alema o Veltroni c’ha messo la faccia. Hanno lasciato che andasse avanti una peone, la Chiaromonte, in modo da poterla scaricare se la mossa dovesse rivelarsi non più utile. Perché è palese che un principio di dignità basilare come l’uguaglianza di fronte alla legge è maneggiata dagli “oppositori” di Silvio come merce di scambio e di trattativa: tu dai l’immunità a me, io concedo qualcos’altro a te. E se così non fosse, l’escamotage può sempre tornar buono per mostrarsi all’opinione pubblica come disponibili al dialogo, il famigerato e becero dialogo. Di riffa o di raffa, la suprema Carta che tutti hanno in bocca viene usata come uno straccio per quello sporco lavoro di inciucio che corre parallelo alle roboanti campagne di protesta anti-berlusconiana. E la chiamano opposizione.

di Alessio Mannino

08 marzo 2011

Forze speciali statunitensi sbarcano in Libia, dove addestrano i ribelli anti-Gheddafi




Navi da guerra USA sono entrate nel Mar Mediterraneo. Gheddafi: migliaia Libici di moriranno se gli Stati Uniti o la NATO invaderanno la Libia
Adrian Novac HotNews.ro 2 Marzo 2011


Commandos inglesi a Bengasi – Agerpres

Forze Speciali dell’Esercito USA sono sbarcati in Libia, per addestrare i ribelli che combattono contro il regime di Muammar Gheddafi, afferma il Pakistan Observer. Secondo i rapporti, sul posto si trovano anche “consiglieri militari” inglesi e francesi, che hanno il compito di stabilire le basi di addestramento nelle regioni orientali del paese, controllato dai sostenitori dell’opposizione. Le due navi d’assalto statunitensi, USS Ponce e USS Kearsarge sono arrivate nel Mediterraneo, secondo una dichiarazione resa da un ufficiale statunitense in condizione di anonimato. Gli Stati Uniti non hanno specificato se la portaerei USS Enterprise, che si trova nel Mar Rosso, sarà inviata anch’essa nel Mediterraneo, ha detto Reuters Mercoledì. Un’altra nave da guerra statunitense, il cacciatorpediniere USS Barry, ha già attraversato il Canale di Suez Lunedi, e sarà nel sud-ovest del Mediterraneo.
L’amministrazione Obama ha detto che sta valutando tutte le opzioni per affrontare la crisi in Libia, anche se il Pentagono è alle prese con gli attuali costi delle guerre in Afghanistan e in Iraq.
Secondo le informazioni fornite da un diplomatico libico che si trovava in zona, le forze speciali delle tre potenze occidentali sono sbarcati in Cirenaica, e oggi hanno stabilito basi e centri di addestramento “per rafforzare le truppe ribelli che in diverse regioni si oppongono ai soldati di Gheddafi“. Un funzionario libico, che non ha voluto essere identificato, ha detto che i soldati statunitensi e britannici arrivarono nell’area il 23 e 24 febbraio, trasportati da navi da guerra e da piccole imbarcazioni appartenenti alla Marina USA e francese, presso Bengasi e Tobruk. Diverse informazioni indicano che le forze speciali occidentali avviano attualmente gli sforzi per “neutralizzare” l’aviazione libica, al fine di limitare il potere del regime di Gheddafi.
Nel frattempo, i leader militari statunitensi preparano una lista di opzioni da proporre al presidente Barack Obama, e svolgono anche le discussioni con i loro omologhi europei, ma la probabilità di un intervento militare rimane incerta. “Credo che le opzioni vanno da una dimostrazione di forza al coinvolgimento in qualcosa di più grande,” ha detto un funzionario Usa, aggiungendo che “il presidente Obama non ha adottato alcuna decisione sull’uso dei militari“. In seguito, la Casa Bianca ha inviato i vascelli trasferiti al fine di sostenere un eventuale aiuto umanitario, ma ha sottolineato che “non esclude una qualsiasi altra opzione“, un linguaggio diplomatico che segnala che l’azione militare è una possibilità.
Venerdì scorso, 40 influenti personalità neo-conservatrici USA hanno inviato una lettera a Obama, chiedendogli di preparare un “decreto” per una operazione militare per la rimozione di Gheddafi. Inoltre, tre navi da guerra indiane, tra cui la nave d’assalto INS Jalashwa, si sta dirigendo verso le acque vicino la Libia.

Truppe fedeli a Gheddafi hanno attaccato due città nelle mani dei ribelli, riuscendo a prenderne il controllo
I ribelli libici ha assunto di nuovo, incredibilmente, il controllo della città orientale di Marsa Brega (dove c’è un importante terminale petrolifero), dopo che le forze fedeli al colonnello Muammar Gheddafi hanno annunciato di aver bombardato la città e preso il controllo dalle mani degli insorti, la mattina, secondo Reuters. “Molto probabilmente chiederemo aiuti provenienti dall’estero, abbiamo bisogno di attacchi aerei in punti strategici, per rimuovere Muammar Gheddafi dal potere“, ha detto alla Reuters Gheriani Mustafa, un portavoce per i gruppi di insorti. “Hanno cercato di riprendersi Brega questa mattina, ma non ci sono riusciti. La città è tornata nelle mani dei rivoluzionari“, ha aggiunto.
Le truppe fedeli a Gheddafi hanno lanciato un attacco alla città di Ajdabiyah (che si trova nell’est del paese, a 500 km da Tripoli), che ospita anche delle installazioni petrolifere importanti, e sono riusciti a prenderne il controllo, afferma SkyNews.

Muammar Gheddafi: migliaia di Libici moriranno se gli Stati Uniti o la NATO invaderanno la Libia
Il leader di Tripoli, Muammar Gheddafi ha detto Mercoledì che il mondo non capisce il sistema libico che mette il potere “nelle mani del popolo“, riferiva la Reuters citando una trasmissione della televisione di Stato. La folla in sala ha applaudito Gheddafi. L’ambasciatrice USA alle Nazioni Unite, Susan Rice, ha detto Martedì in reazione alla intervista rilasciata il giorno prima da Gheddafi, che il leader libico delira e non è in grado di guidare il paese. Secondo la Rice, Gheddafi che ride alle domande, mentre lui “macella la sua stessa gente” mostra che è disconnesso dalla realtà.

Ecco alcune delle dichiarazioni rilasciate Mercoledì da Muammar Gheddafi:
Metto le dita negli occhi di coloro che dubitano che la Libia è gestita da qualcuno che non sia il suo popolo
La Libia è un sistema di democrazia diretta
Muammar Gheddafi non è il presidente, non può d dimettersi, non ha un parlamento che può esser sciolto, non ho cariche da cui dimettermi
La Libia è un sistema del popolo e nessuno può resistere al potere del popolo
Il popolo è libero di scegliere l’autorità che ritengono più adatta
Non vi è alcuna protesta in Oriente
Le cellule di Al Qaida hanno attaccato le forze di sicurezza e hanno rubato le loro armi
Come è cominciato tutto? Minuscole cellule di Al-Qaida sotto copertura
Sono pronto ad andare ad un dibattito con una di questi di al Qaida, uno di loro … ma nessuno è venuto a discutere… non hanno chiesto nulla
Diffondere le notizie sulla Libia nel mondo delle stazioni e dalle agenzie che hanno corrispondenti in Libia
Sfido a trovare che dei pacifici dimostranti sono stati uccisi
Negli USA, in Francia e altrove, se le persone attaccano negozi e cercando di rubare delle armi, gli sparano
Chiedere all’ONU e alla NATO di organizzare rapidamente comitati per sapere quante persone sono state uccise
Come possono le Nazioni Unite prendere decisioni basate su informazioni false al 100%?
Vedo una cospirazione per il controllo del petrolio e la terra della Libia
Vogliono farci diventare ancora una volta schiavi degli italiani? Non lo accetteremo mai
In Libia inizieremo una sanguinosa guerra, migliaia di libici moriranno se Stati Uniti o la NATO invaderanno la Libia

Gheddafi: “O io o al-Qaida”
Tol Press 6 marzo, 2011
Il colonnello Gheddafi incontra gli inviati di JDD. (Bernard Bisson/JDD)




In esclusiva mondiale, il capo di stato libico ha ricevuto Sabato, due inviati speciali di JDD nel suo quartier generale a Tripoli. Ecco alcuni estratti da questa intervista eccezionale pubblicata Domenica su JDD.

La minaccia terroristica
“Quando ci fu confusione in Tunisia ed Egitto (…) Al-Qaida ha incaricato le sue cellule dormienti in Libia di emergere (…) I ragazzi non sapevano di al-Qaida o dell’ideologia di questa organizzazione. Ma i membri di queste cellule gli hanno dato pillole allucinogene. (…) Oggi, questi giovani si sono assuefatti a queste pillole e pensano che le armi sono una sorta di fuochi d’artificio.”
“Sono veramente sorpreso che non si capisca che questa è una lotta contro il terrorismo (…) I nostri servizi di intelligence stanno cooperando. Vi abbiamo aiutato molto in questi ultimi anni! Allora, perché quando siamo noi in battaglia contro il terrorismo qui, in Libia, nessuno ci ricambia l’aiuto!”
“Ci sarà un Jihad islamico di fronte a voi, nel Mediterraneo, (…) le persone di bin Laden imporranno le taglia su terra e su mare. Torneremo ai tempi del Barbarossa, dei pirati, degli ottomani che impongono le taglie alle navi. Questa sarà veramente una crisi globale e un disastro per tutti.”

Il ruolo della Francia nella crisi
“Vorrei che una squadra d’indagine delle Nazioni Unite o dell’Unione africana venga qui in Libia. Consentiremo alla Commissione di andare sul campo senza alcun ostacolo.”
“La Francia ha grandi interessi in Libia. Abbiamo lavorato con il signor Sarkozy, abbiamo lavorato insieme su diversi casi, cause diverse. La Francia sarebbe stata la prima a inviare una commissione d’inchiesta. Spero che cambierà il suo atteggiamento verso di noi. (…) Che la Francia assuma rapidamente la guida dell’inchiesta, bloccando la risoluzione ONU al Consiglio di Sicurezza, e faccia fermare l’intervento straniero nella regione di Bengasi.”

Nessuna crisi del regime
“Da noi, il potere è del popolo. Non abbiamo nessun presidente che si dimetta, né un parlamento che si sciolga, né elezioni contraffatte, non una Costituzione da modificare. Noi non abbiamo rivendicazioni di giustizia sociale, perché qui è il popolo a decidere. Io non ho alcun potere, come invece Ben Ali e Hosni Mubarak.”
“Il regime qui in Libia, va bene. E’ stabile. Voglio essere ben capito: se minacciano, se destabilizzano, si avrà la confusione, bin Laden, i gruppuscoli armati. Questo è ciò che accadrà. Avrete immigrazione, migliaia di persone invaderanno l’Europa dalla Libia. E non ci sarà nessuno a fermarli. Agitate lo spettro della minaccia islamica…”

La violenza
“Non ho mai sparato sul mio popolo! E voi non credereste che il regime algerino in anni di lotta all’estremismo islamico, non abbia fatto uso della forza! E non credereste che il bombardamento israeliano di Gaza e le vittime civili siano causati dai gruppi armati che ci sono? E in Afghanistan o in Iraq, non sapete che i militari degli Stati Uniti fanno regolarmente delle vittime civili? E la NATO in Afghanistan non ha mai sparato contro i civili? Qui, in Libia, non abbiamo sparato a nessuno.”

Fortuna personale
“Ho sfidato tutti a dimostrare che ho un solo dinaro mio! Questo blocco dei beni è una pirateria in più imposta al denaro dello Stato libico. Vogliono rubare i soldi dallo stato libico e mentono e dicono che sono i soldi della Guida! Ancora una volta, c’è l’inchiesta per dimostrare a chi appartiene il denaro. Io sono tranquillo. Non ho che questa tenda.”



Si osservi questa foto, conferma le affermazioni dell’articolo del sito romeno:
Gli uomini qui ripresi caricano una cassa di munizioni speciali, si tratta di proiettili da 106mm per dei cannoni senza rinculo anti-carro M40A1 di fabbricazione statunitense. Tale arma non è in dotazione alle forze armate libiche; inoltre la scritta HESH-T, ovvero Proiettile ad Alto Esplosivo a Testata Dirompente – Tracciante, dimostra che i proiettili sono di fabbricazione inglese, poiché questo tipo di proiettili sono chiamati così solo nel Regno Unito, mentre nel resto del mondo vengono denominati HEP-T (Proiettile ad Alto Esplosivo al Plastico – Tracciante). Inoltre l’esplosivo HESH-T/HEP-T è impiegato solo dai paesi membri della NATO, Israele, India e Svezia. Non possono che avere origine esterna alla Libia, non sono stati prelevati dagli arsenali delle forze armate libiche.
di Alessandro Lattanzio

07 marzo 2011

Così la Spagna a rischio default è diventata un paradiso fiscale


Secondo El País la filiale spagnola di ExxonMobil, la più grande corporation del Pianeta, non paga un solo centesimo di tasse. Ed è solo un esempio tra i tanti. Mentre i cittadini sostengono le manovre post crisi le multinazionali evadono legalmente il fisco. Due anni fa il Guardian aveva denunciato il fisco creativo delle corporation britanniche

Lieve sforzo di immaginazione. Provate a pensare per un attimo di essere cittadini spagnoli. Per anni vi hanno convinto che l’economia andava bene, che la crescita era sostenibile e che tutto sarebbe filato perfettamente liscio per moltissimo tempo ancora. Siete stati caldamente invitati a indebitarvi per consumare di più e già che c’eravate avete scelto di dare retta a quelle banche che erano disposte a concedervi un mutuo a fronte di garanzie pressoché nulle. Avevate un lavoro e una casa di proprietà, il sole splendeva e le vostre squadre di calcio (le più indebitate dell’area euro, ma ancora non lo sapevate) giocavano il miglior fútbol del Continente. Poi un giorno tutto è andato a rotoli. Avete perso la casa (ora in mano alle banche ma con un valore reale magari dimezzato), il lavoro (che manca ormai al 20,3% della popolazione attiva) e ovviamente il credito facile. Come se non bastasse avete anche scoperto che la maggior parte delle vostre tasse non servirà a finanziare i servizi sociali che dovrebbero esservi garantiti andando, al contrario, a sostenere le politiche anti default messe in atto dal governo.

Ora, come reagireste se vi dicessero che il soggetto privato spagnolo che ha guadagnato più di chiunque altro negli ultimi due anni non ha pagato e non pagherà un centesimo di tasse e che, piccolo particolare, tutto ciò avviene in modo perfettamente legale?

La risposta non è nota ma in questi giorni forse qualcuno proverà a trovarla. Visto che tutto questo, incredibile ma vero, è realmente accaduto. La denuncia l’ha presentata El País, il più diffuso e prestigioso quotidiano di Spagna. ExxonMobil Spain, filiale madrilena della più grande corporation del Pianeta (383 miliardi di dollari di ricavi annuali), ha accumulato negli ultimi due anni 9.907 milioni di euro di profitto lordo. Ed altrettanti di profitto netto. Tradotto: ha versato esattamente zero euro di tasse. Ma la storia non si conclude qui. Perché, a quanto pare, per una serie di complicate ragioni, nel corso del 2009 la filiale iberica della multinazionale Usa sarebbe riuscita nell’impresa di registrare un imponibile negativo di un milione e mezzo. In altri termini, il fisco spagnolo le deve ancora dei soldi. E non manca ovviamente l’aspetto comico: sapete quante persone lavorano per Exxon Spain? Una. Che scuce alla compagnia appena 44 mila euro all’anno.

Sembra folle eppure, come si diceva, è tutto logico quanto legale. Colpa di un regime fiscale favorevole capace di trascinare in Spagna le multinazionali di mezzo mondo ma anche di trasformare il Paese in vero e proprio paradiso fiscale. Il principio della legge è chiaro: impedire che una corporation paghi le tasse contemporaneamente sia sui profitti della casa madre sia su quelli della filiale. E poco importa che la struttura proprietaria distribuisca le società della catena nei paradisi veri e propri, magari appena dietro casa.

Un esempio su tutti: nel 2009 la ExxonMobil Luxembourg, che ovviamente ha sede nel Granducato, ha versato alla sua azionista ExxonMobil Spain un dividendo di 3,65 miliardi. Grazie alla normativa contro la doppia tassazione tale cifra non è stata sottoposta al prelievo. La stessa holding spagnola ha successivamente girato due tranches di 2,26 e 1,38 miliardi rispettivamente alla casa madre statunitense ottenendo a rigor di legge la completa esenzione fiscale. Quello di Exxon, ricorda El País, non è certo un esempio isolato. Multinazionali come Google (che ha holding sparse tra l’Olanda, l’Irlanda e il resto del mondo che le permettono di subire negli Usa un’imposizione reale del 2,4%) ma anche Vodafone, Hewlett Packard, American Express e General Mills si avvalgono delle medesime strategie contabili. Pare inoltre che Facebook che stia tuttora studiando una soluzione simile.

L’ingiustizia ai danni dei contribuenti spagnoli non è diversa da quella che si accanisce da anni sui taxpayers britannici. Un’inchiesta condotta due anni fa dal Guardian rivelò ad esempio che il colosso delle bevande Diageo aveva trasferito la proprietà di celebri marchi miliardari come Johnnie Walker, J&B e Gilbey’s gin a una propria filiale olandese ottenendo, de facto, una pressoché totale esenzione fiscale con un ammontare delle imposte pagate pari ad appena 43 milioni di sterline a fronte di profitti annuali di circa 2 miliardi. La pressione fiscale effettiva “patita” dall’azienda, in altre parole, era stata del 2%.

Esempi analoghi erano regolarmente forniti da altri giganti come Glaxo, Astra e Shell e non stupiva che, secondo i dati dell’agenzia delle entrate del Regno Unito, nel 2006 quasi i due terzi delle 700 principali compagnie britanniche avessero pagato imposte inferiori ai 10 milioni di sterline e che il 30% non avesse sborsato nemmeno un penny. A raggiungere la vetta della finanza creativa era stata però la major del settore pubblicitario WPP Group. Attraverso un’impressionante serie di operazioni contabili, regolarmente bloccate e altrettanto regolarmente sostituite da contromosse ancor più spericolate, la compagnia riuscì a versare nelle casse dell’erario meno di 5 milioni di sterline in sei anni. Nel 2008 non pagò di fatto alcuna tassa in Gran Bretagna.
di Matteo Cavallito

L’immunità: un pasticcio bipartisan






Ennesima contraddizione del Pd. Da un lato promuove l’inutile raccolta di firme per cacciare Berlusconi. Dall’altro sottoscrive una proposta di legge per reintrodurre il vecchio articolo 68 della Costituzione. In una versione ancora più favorevole ai parlamentari inquisiti


Chi può arrivare a pensare di garantire l’impunità non solo al plurinquisito capo del governo, ma all’intera casta parlamentare? Ma il Partito Democratico, naturalmente. La sedicente opposizione raccoglie dieci milioni di firme (gulp!) contro l’odiato Berlusconi, e a Roma presenta una proposta di legge assieme al Pdl per ripristinare l’immunità parlamentare. Anzi, precisiamo: confezionandone una aggiornata ai tempi, estrema, l’ultima frontiera del privilegio. In cui, cioè, non si torna allo scudo voluto dai padri costituenti onde evitare il fumus persecutionis, ma si cancella la possibilità di indagare a prescindere, salvando coloro che dovrebbero essere chiamati col loro nome: delinquenti comuni. Ancorché eletti dal popolo.

La pensata porta la firma bipartisan di Franca Chiaromonte (Pd) e Luigi Compagna (Pdl), appoggiati dai democratici Sircana e Morando e dall’Udc D’Alia. Prevede che al termine delle indagini, per rinviare a giudizio un parlamentare, il giudice dovrebbe chiedere il permesso alla Camera di appartenenza, che avrebbe 90 giorni per bloccare il processo. Per qualsiasi tipo di reato contestato, senza eccezioni. Nella vecchia immunità modificata nel 1993 sull’onda di Tangentopoli, invece, le Camere potevano negare l’autorizzazione a procedere solo in casi eccezionali, là dove non ci fosse notizia di reato e l’ostilità del magistrato inquirente fosse acclarata (il “fumus persecutionis”, appunto). Nel 1948 quando venne promulgata la Carta costituzionale, infatti, si veniva da vent’anni di fascismo e l’urgenza unanimemente sentita era quella di mettere al riparo la politica da eventuali attacchi giudiziari che volessero colpire l’espressione, magari troppo forte e al limite del lecito, delle opinioni. Ripeto: opinioni, ossia tutto ciò che aveva a che fare con l’attività politica legata alla funzione di deputato o senatore. Non intendevano certo, i padri costituenti oggi fin troppo citati, assicurare un colpo di spugna preventivo per i crimini.

Nel momento in cui, sotto il diluvio di inchieste di Mani Pulite, ci si arrese all’evidenza che la “persecuzione politica” era un argomento pretestuoso che lorsignori agitavano sistematicamente per giustificare l’abuso dell’istituto immunitario, si eliminò la necessità dell’autorizzazione a procedere che di fatto era stata snaturata. Senza fare gli esterofili obbligati, si noti che nelle altre democrazie occidentali un tale sistema di autodifesa corporativa non c’è. In Inghilterra non esiste alcuna immunità parlamentare. In Germania, seppur prevista, viene di fatto annullata in quanto all’inizio di ogni legislatura il parlamento autorizza automaticamente eventuali indagini a carico dei suoi membri. Lo stesso in Spagna, dove, eccetto in un caso, mai in trent’anni le Cortes hanno negato un’autorizzazione a procedere.

Ma la Chiaromonte del Pd vive in un mondo tutto suo e dichiara con sommo sprezzo del pericolo: «Punto chiave della proposta di legge 1942 è quello di ripristinare i principi ed i valori della Carta Costituzionale secondo lo spirito dei padri costituenti, gli stessi contenuti nell'abrogato articolo 68 della Costituzione, laddove infatti si proponeva l'immunità parlamentare dei membri delle due camere, previo autorizzazione a procedere del Parlamento nei casi gravi. In questa maniera si garantiva, e si garantirebbe nel caso passasse la mia proposta, non l'impunità dei membri del Parlamento, ma la necessaria separazione dei compiti tra organi politici ed organi della magistratura».

Domanda: quali sarebbero questi rispettivi compiti? Costituzione alla mano, la magistratura dovrebbe indagare i cittadini, parlamentari compresi, se accusati di aver compiuto un reato (potere giudiziario), e i politici dal canto loro dovrebbero legiferare (potere legislativo) e, se al governo, governare (potere esecutivo). È il buon vecchio Montesquieu. La dottrina Chiaromonte, invece, segue la vulgata Berlusconi-Alfano, come noto due insigni giuristi e filosofi della politica, secondo i quali la divisione dei poteri contempla l’ingiudicabilità di chi siede in parlamento e la corrispettiva genuflessione dei pm. Un diritto speciale per i rappresentanti del popolo, che per il fatto di essere tali sono superiori ai normali cittadini anche se corrotti, malversatori e mafiosi.

I mandarini del Pd, naturalmente, non si sono esposti nell’operazione di soccorso alla maggioranza. Nessun Bersani, D’Alema o Veltroni c’ha messo la faccia. Hanno lasciato che andasse avanti una peone, la Chiaromonte, in modo da poterla scaricare se la mossa dovesse rivelarsi non più utile. Perché è palese che un principio di dignità basilare come l’uguaglianza di fronte alla legge è maneggiata dagli “oppositori” di Silvio come merce di scambio e di trattativa: tu dai l’immunità a me, io concedo qualcos’altro a te. E se così non fosse, l’escamotage può sempre tornar buono per mostrarsi all’opinione pubblica come disponibili al dialogo, il famigerato e becero dialogo. Di riffa o di raffa, la suprema Carta che tutti hanno in bocca viene usata come uno straccio per quello sporco lavoro di inciucio che corre parallelo alle roboanti campagne di protesta anti-berlusconiana. E la chiamano opposizione.

di Alessio Mannino