
Il vertice europeo sul Fondo Salva Stati e sul patto di stabilità si chiude con un rinvio che lascia tutto com’è. E intanto l’annunciatissimo crollo a catena dei Piigs prosegue come da copione: dopo la Grecia l’Irlanda, e dopo l’Irlanda il Portogallo
Passata di fatto in secondo piano per le cronache concentrate sulla ennesima guerra di aggressione alla Libia, mascherata naturalmente da intervento umanitario, la situazione economica dell'Europa, e in particolare di alcuni Paesi che ne fanno parte, sta attraversando una fase di conferme di quanto andiamo scrivendo da mesi, anzi da anni.
I fatti recenti, come ampiamente previsto da pochi (e tenuto nascosto da tutti gli altri) stanno purtroppo confermando ciò che anche un ragazzino di prima media avrebbe potuto capire: è impossibile risolvere una situazione economica debitoria accendendo un ulteriore debito, peraltro con interessi superiori a quelli della situazione partenza, per non parlare del fatto che non si rimuove la causa principale dei debiti crescenti.
Bastino tre sole notizie delle ultime ore prima di fare qualche, semplice, riflessione.
La prima è la parabola discendente dello stato economico del Portogallo, terza vittima sacrificale, dopo Irlanda e Grecia, nel copione già scritto in merito ai paesi Piigs della nostra Europa. Le dimissioni del premier Socrates, dopo la bocciatura subita nel parlamento portoghese in seguito alla presentazione dell'ennesimo piano di austerità - il quarto, solo nell'ultimo anno - riflette il fatto che la situazione è veramente molto grave. Film già visto, purtroppo: il popolo giustamente non ne vuole sapere di pagare per una crisi causata da altri, per giunta speculatori, scende in piazza a manifestare contro il piano di tagli previsto, e l'opposizione al governo di Lisbona cavalca l'onda della protesta per bloccare di fatto l'operato del governo in carica. Naturalmente senza avere in tasca lo straccio di una soluzione alternativa per rispondere ad attacchi finanziari e speculativi che piovono da altre parti del mondo sull'Europa intera. Il Portogallo deve essere costretto ad accettare gli aiuti imposti dall'Fmi ai tassi usurai di cui Grecia e Irlanda sono già consci. Non ci sono altre strade - così vogliono far credere - per uscire dalla crisi...
Altra notizia: oltre alla situazione in Grecia – dove aumenta la povertà e si tagliano servizi giorno per giorno, e malgrado questo salgono i rendimenti dei titoli pubblici, la popolazione è in collera costante e montante – oggi scopriamo che anche l'Irlanda (ne ha scritto ieri Stasi proprio qui) ha nuova e ulteriore necessità di chiedere eaccettare altri prestiti. Quelli ricevuti non bastano. Non sono bastati...
Terza notizia: il vertice recente di Bruxelles, che avrebbe dovuto decidere sul fondo salva stati e sul patto di stabilità, ha semplicemente rimandato la decisione. Naturalmente i problemi relativi alla situazione in Libia hanno pesato sull’incontro europeo, ma come chiamare, se non guerra, anche ciò che sta succedendo a livello economico nel vecchio continente? Eppure, a questo proposito, per ora c’è il silenzio. Mentre un numero sempre maggiore di popoli d’Europa inizia a urlare sempre di più.
Ergo? Tre cose in rapida successione. La prima: inesorabile, la crisi continua a montare, dunque gli opinionisti, i politici e gli analisti embedded stanno prendendo per i fondelli la popolazione di tutta Europa. Non solo non stiamo uscendo dalla crisi, non solo ci siamo ancora dentro, ma passo passo si sta procedendo ulteriormente verso il baratro. La seconda: gli aiuti imposti ai vari paesi non solo non sono risolutivi delle situazioni debitorie degli stessi, ma addirittura aggravano la situazione, tanto che, come nel più classico e perverso sistema dei debiti sempre crescenti, i paesi già aiutati hanno ulteriore bisogno di aiuto. La terza: in Europa non si ha idea di come cercare di risolvere la situazione. Si è alla mercé della finanza internazionale e non si ha lo straccio di una strategia, economica, politica, ideologica, filosofica, per sottrarsi al terribile gioco a perdere che questo modello impone a tutti i popoli che continuano a farne parte.
I popoli d'Europa, per quel che ci riguarda da vicino, brancolano nel buio, guidati da una classe dirigente inutile, incapace, colpevolmente prona alle Banche e all’Fmi.
di Valerio Lo Monaco




Si pensi ai partiti fino ad arrivare allo Stato. Attualmente vige il meccanismo della delega di potere. Ci sono “libere” elezioni, ma molti su questo hanno dei dubbi legittimi, e chi viene eletto ha una delega in bianco da parte dell’elettorato per fare sostanzialmente quello che vuole, specialmente se può disporre del minculpop dell’apparato informativo, piuttosto rigidamente irreggimentato e basato anch’esso su poche fonti di diffusione delle notizie: oggi tutti i telegiornali e le agenzie si approvvigionano da 4 o 5 fonti internazionali che hanno il monopolio dell’informazione. In pratica la politica dispone di una cambiale firmata in bianco dall’elettorato su un generico programma che a dirla tutta oggi non offre molti spunti di diversità fra le varie parti.
In questo sistema “da uno a tutti” o al massimo “decentralizzato” si privilegia la delega di potere e non si è partecipi delle scelte e delle decisioni, queste si possono solo subire senza poter essere parte attiva. Un altro aspetto è che in questo modo si permette a qualcuno di arrivare a posizioni di potere e benessere a svantaggio di molti alimentando così gli enormi squilibri di cui oggi siamo circondati.
Avremmo un sistema molto più efficiente, meno appetibile per coloro che tentano di prevalere sulle moltitudini e dove le persone non delegano, ma si supportano reciprocamente. Certo questa impostazione richiede una consapevolezza da parte di tutti molto maggiore dell’attuale, una presa di coscienza che l’azione di ognuno è funzionale al benessere e alla circolazione della ricchezza e della libertà in tutto il sistema.