28 aprile 2011

Buffoni





Siamo fra quelli che non credono in chissà quale “botto” della maggioranza sulla Libia: perché?
Poiché il copione non prevede i canoni della tragedia e nemmeno quelli della commedia: pura e semplice farsa, come sempre.
Eppure, qualche ragione i giornali della Lega & associati ce l’hanno: non s’è mai visto un governo compiere un simile, clamoroso autogol alla propria politica, nazionale ed estera.

Il Ministro degli Esteri Frattini, flebile, sussurra che non sarebbe opportuno, no, non si dovrebbe…i nostri aerei non dovrebbero bombardare la Libia, poiché siamo stati potenza coloniale occupante, in quel Paese, per quasi mezzo secolo. Ed abbiamo lasciato, fra le sabbie e gli uadi, un milione di morti impiccati, fucilati, cannoneggiati, bombardati, squarciati.
E’ la nostra cattiva coscienza storica che risuona, afona, come le vicende mai chiarite sulla Somalia, sull’Etiopia e sulla Jugoslavia: se solo avessimo un minimo di coscienza per quel che compimmo lontano dallo Stivale, staremmo zitti e mosca.

Eppure, alla ricorrenza del 25 Aprile, qualcuno torna a tirare fuori la questione delle foibe: pochi sanno chi fu Giuseppe Cobolli Gigli[1], in arte “Giulio Italico”.
Nel Settembre del 1927, sulla rivista fascista Gerarchia, scriveva, a proposito dell’abitato di Pisino (Pazin) che sorge al centro dell’Istria:

“Il paese sorge sul bordo di una voragine che la musa istriana ha chiamato Foiba, degno posto di sepoltura per chi, nella provincia, minaccia con audaci pretese le caratteristiche nazionali dell'Istria.”

Lo scriveva nel 1927, poiché – all’epoca – la pulizia etnica italiana era già avvenuta: poi, alla fine del conflitto, ci fu la vendetta slava.
Giusto ricordare tutte le vittime, ma non appropriarsi di un fenomeno tragico ed appuntarlo al palmares delle proprie “ragioni” e degli altrui “torti”.
Ma si sa: questa è l’Italia buffona, quella che di Storia (e, soprattutto, di storiografia) non sa nulla e s’appende alle labbra dei vari “Grande Fratello”.

Allo stesso modo, ci stiamo un poco stufando delle atmosfere di “comprensione” e “dialogo”, che hanno coinvolto anche personaggi sedicenti di “sinistra”, riguardo il 25 Aprile.
Siamo fra quelli che sempre hanno sostenuto la necessità di giungere ad un quadro storico condiviso, senza nemmeno discutere la pietà per tutte le vittime, qualsiasi divisa indossassero.
Quello che non intendiamo discutere è che quella guerra civile fu combattuta fra parti che avevano identico valore sul piano storico: gli ideali possono anche essere discussi, gli atti no.
Ora, non è il caso di ricordare che l’effimera Repubblica di Salò fu soltanto una creazione tedesca in territorio italiano: Mussolini non riuscì neppure a salvare il proprio genero dalla vendetta nazista.
Perché siamo stanchi?

Poiché notiamo – quei manifesti con scritto “25 Aprile: Buona Pasquetta!” – l’irrisione d’antica marca fascista per gli ideali altrui, per le vicende altrui, per i dolori altrui. Proprio da parte di chi chiede rispetto per i propri.
Se la Destra italiana desidera continuare su questa strada, s’accomodi pure: saremo costretti a tornare al uno sterile – ma coriaceo e fermo – antifascismo.
Sarà l’ennesima occasione perduta per giungere ad una storiografia condivisa, sarà l’ennesimo fallimento.

Già che parliamo di fallimenti, torniamo alla Libia.
Cos’ha in mente il Governo? Non lo sanno neppure loro.
Frattini non vuole bombardare e bombarda, Maroni non vuole i migranti e li accoglie, Berlusconi invitava Gheddafi a Roma ad ogni piè sospinto ed oggi lo tradisce. Che bel quadretto.
E gli interessi italiani?

L’avventura libica cambierà sostanzialmente il quadro del Mediterraneo, poiché il principale partner internazionale della Libia (scambio energia/tecnologia) eravamo noi. Domani, con le brutte arie che tirano sul nucleare, immaginiamo un po’ chi è zeppo di centrali e dovrà trovare delle soluzioni.
Fa quasi sorridere che messer Bruni si stizzisca per dover ricevere qualche migliaio di migranti: al bieco “scambio” della politica energetica, dovrebbe accoglierne milioni.
L’Italia aveva la possibilità di starne fuori, come fece la Grecia per il Kosovo, ma non l’ha fatto: ha ceduto, senza il minimo ripensamento, le basi (il “pezzo” più ambito) alla coalizione dei bombardieri. Qui, bisogna ricordare che l’opposizione è ancor più “bombardiera” della maggioranza.
Che ne sarà della nostra politica energetica? Che ne sarà dei libici?

La nostra politica energetica consiste nel concedere a compagnie estere i nostri (magri) giacimenti petroliferi: fra poche settimane, s’inizierà a trivellare al largo di Pantelleria[2].
Fanno quasi sorridere le dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, “che prometteva di difendere a spada tratta il Canale di Sicilia, costi quel che costi”.
Mettiamo la bella Stefania, e la sua difesa delle coste, insieme alla “difesa” dagli immigrati di Maroni, al “sussurro” di Frattini contro i bombardamenti, alla “solida amicizia” – strombazzata appena pochi mesi fa – di Berlusconi con Gheddafi.
Già che siamo in vena di farsa, vedremmo bene l’amazzone Prestigiacomo al comando della 206° divisione costiera[3], la notte del 10 Luglio 1943, sulla spiaggia di Licata.

La cosa che più ci scompagina i cosiddetti, però, è sapere che l’Italia – a differenza di tutti gli altri Stati del Pianeta – s’accontenta di un misero 4% come royalty per le estrazioni petrolifere. Vale a dire, il 4% a noi ed il 96% alle compagnie: nell’Iran di Mossadeq, la rivolta scoppiò perché la BP si teneva il 94% e lasciava allo Stato solo il 6%. Noi, ancora peggio dell’Iran dello Scià.
Perché?

Non c’è una risposta plausibile. A meno che.
A meno che non lasciamo scorrere l’immaginazione, correlandola al ben conosciuto “cui prodest”.

E’ assai strano che l’Italia – soprattutto un affamatissimo Tremonti – lasci correre sulla possibilità di lucrare sulle estrazioni petrolifere: sono dei boiardi di Stato, ma non sono fessi. Soprattutto se l’interesse toccato è il loro. E allora?

Visto che le altre nazioni richiedono una royalty che varia, in una “forbice” fra il 50 ed il 90%, è assai strano che l’Italia s’accontenti del misero 4%. Però.

Quel 4% finisce nel bilancio dello Stato – quello palese, quello di Tremonti – ma, la cosa, potrebbe non finire lì.
Una compagnia straniera potrebbe essere allettata dalla favorevole occasione, però, però…mettiamo che, ad un certo punto…manchi una qualsiasi certificazione ambientale, oppure qualcosa relativo alla sicurezza o, ancora, si scopra che non è stato presentato un certo prospetto geologico, un approfondimento sulla mensa dei dipendenti, la certificazione dei natanti adibiti al trasporto del personale…l’italica fantasia non ha limiti…

In quel caso, cosa succederebbe?

Beh…nella prospettiva di dover rinviare alle calende greche l’attività d’estrazione…magari la compagnia potrebbe inviare rapidamente a Roma un suo fiduciario, munito di “convincenti” promesse, che le cose andrebbero a posto rapidamente, se…se ci fosse la “collaborazione” fra la compagnia e le autorità competenti, ovviamente ricompensate per l’aggravio di “lavoro”.

A cose fatte, probabilmente, la concessione non costerebbe più il 4%, bensì il 24% od il 34%...ma sempre meno del 50-90% degli altri!

Ovvio che, la differenza, plusvalore, cagnotta…o come la vogliamo chiamare…non finirebbe più nel bilancio ufficiale dello Stato, ma si perderebbe nei mille “rivoli” delle mille “amministrazioni”.

No, ci siamo sbagliati, questa è solo una ricostruzione di fantasia: per dirla con Shakespeare, è soltanto un “Sogno di mezza Primavera”.
La pura realtà è che noi italiani siamo un popolo generoso, che mai ha torto un capello a qualcuno fuori dei propri confini, che accoglie generosamente tutti i migranti, che soccorre amorevolmente anche le compagnie petrolifere nelle loro fatiche. Che bravi che siamo.
di Carlo Bertani

27 aprile 2011

Il caos organizzato che ci aiuta a non pensare

Avete presente il trucco usato dai gestori d’inceneritori, acciaierie, cementifici ed impianti sui generis, per aggirare i limiti di legge concernenti le emissioni inquinanti? Costruiscono camini più alti e più grandi, per aumentare la quantità di aria presente nei fumi, facendo si che le sostanze nocive pur rimanendo inalterate nella quantità e pericolosità si distribuiscano su un’area più vasta e risultino percentualmente più diluite, rientrando così nei limiti come per incanto, nonostante continuino ad ammazzare la gente come e più di prima.
Qualcosa di molto simile accade anche nell'informazione generalista (che è poi l’unica ad incidere realmente sull’opinione pubblica) dove le emissioni inquinanti sono costituite dalle notizie che dovrebbero preoccuparci ed i camini più alti somigliano da vicino al marasma di spazzatura mediatica all’interno del quale esse affogano dopo una breve agonia.
Nel corso dell’ultimo mese è accaduto praticamente di tutto, dalla tragedia di Fukushima alla guerra imperialista in terra di Libia, passando attraverso l’efferato assassinio di Vittorio Arrigoni, gli sbarchi di massa dei profughi tunisini ed il continuo acuirsi della crisi economica di cui non s’intravvede la fine, probabilmente perché connaturata nel decesso definitivo del modello di sviluppo al quale siamo aggrappati. Solo per citare gli avvenimenti più eclatanti fra quelli che meritano attenzione......

Tutti accadimenti di grossa rilevanza, perché in grado di condizionare il nostro presente ed il nostro futuro, la nostra salute e quella dei figli che abbiamo o che verranno. La possibilità di vivere in pace almeno una parte dei giorni che ci restano, l’aspirazione a poter rimanere uomini liberi che portano avanti le proprie idee, senza venire ammazzati da una mano nascosta nell’ombra. La capacità di ricostruire una società dove la vita, il lavoro ed i rapporti umani siano elementi declinati in chiave di arricchimento, anziché rappresentare incubi all’interno dei quali lasciarsi vivere senza una prospettiva.

Tutti accadimenti balzati sulle prime pagine dei giornali e della TV, nel momento in cui la “notizia” poteva essere monetizzata in termini di lettori ed ascoltatori, ma prontamente accantonati non appena la stessa imponeva approfondimenti e riflessioni che avrebbero indotto l’opinione pubblica a porsi delle domande, a mettere in moto le cellule grigie in via di atrofizzazione, a guardarsi intorno per domandarsi, guarda un po’ sulla cartina, ma abbiamo preso la strada giusta?

Accantonati, diluiti, nascosti, con tanta aria e camini più grandi. Metri cubi e metri cubi di notizie spazzatura intorno alle quali catalizzare l’attenzione dei cittadini, indurli a profondersi in dispute senza fine imperniate sul nulla, ipnotizzarli con la facile demagogia del dividi et impera, fuorviarli ricordando loro che in fondo non pensando troppo si vive più a lungo e soprattutto più felici.

Ed ecco Fukushima e la guerra di Libia, sprofondare sempre più in basso sulle pagine dei giornali, fino a scomparire o rimanere relegati nei trafiletti “cartolina” per fare spazio al nuovo look di Noemi o alle tette di Belen, alle quotidiane esternazioni di Berlusconi contro i giudici e dei giudici contro Berlusconi, alle invettive di Fini che litiga con i suoi ex compagni di partito, alla modifica dell’art 1 di una costituzione calpestata tutti i giorni dell’anno e ormai “superata” dal Trattato di Lisbona, senza che nessuno abbia avuto nulla da eccepire. Alle mirabolanti funzioni dei nuovi smart phone ed ai manifesti che qualche imbecille ha appiccicato in giro per Milano, alla fiera del pregiudicato fra i candidati del PD e del PDL per le prossime elezioni, alle parole di Bersani che offendono il silenzio ed ai comizi del premier che l’hanno offeso da tempo.

Accapigliatevi pure, litigatevi il nulla, dividetevi in fazioni e in fazioni delle fazioni, occhieggiate alla prosperosa maggiorata di turno, sognate la nuova BMW da 300 cv con felicità incorporata di serie, ma soprattutto non pensate, non riflettete, non carezzate parti inesplorate del cervello, quello si, potrebbe nuocere gravemente alla vostra salute, ben più di quel poco di radioattività che neppure si vede.
di Marco Cedolin

26 aprile 2011

La crisi di bilancio, i buoni del Tesoro e il Dollaro USA: crollo di un sistema

Il 15 settembre 2010, la pubblicazione di GEAB N ° 47 è stata intitolata «Primavera 2011: Benvenuti negli Stati Uniti dell'austerità / Verso la gravissima crisi del sistema economico e finanziario». Eppure, alla fine dell'estate 2010, la maggior parte degli esperti riteneva in primo luogo, che il dibattito sul deficit di bilancio degli Stati Uniti sarebbe rimasto un mero oggetto di discussione teorica all'interno della Beltway (1) e in secondo luogo, che era impensabile immaginare che gli Stati Uniti si sarebbero impegnati in una politica di austerità, perché era sufficiente che la Fed continuasse a stampare dollari. Eppure...
Eppure, come tutti hanno potuto vedere da alcune settimane, la primavera 2011 ha portato davvero l'austerità negli Stati Uniti (2), la prima dopo la seconda guerra mondiale e la creazione di un sistema globale basato sulla capacità del motore Stati Uniti di generare sempre più ricchezza (reale dal 1950 al 1970, sempre più virtuale in seguito).

In questa fase, LEAP/E2020 può confermare che la prossima fase della crisi sarà davvero il "Gravissimo Crollo del sistema economico, finanziario e monetario mondiale" e che questo fallimento storico avverrà nell'autunno 2011 (3). Le conseguenze monetarie, finanziarie, economiche e geopolitiche di questo "Gravissimo Crollo" saranno di proporzioni storiche e mostreranno la crisi dell'autunno 2008 per quello che realmente era: un semplice detonatore.

La crisi in Giappone (4), le decisioni della Cina e la crisi del debito in Europa avranno certamente un ruolo in questo storico crollo. D'altro canto riteniamo che la questione del debito pubblico dei paesi alla periferia di Eurolandia, a questo punto non è più il fattore dominante del rischio in Europa, ma è il Regno Unito che si troverà nella posizione del "malato d'Europa" (5 ). La zona euro ha infatti stabilito e continua a migliorare tutti i sistemi di monitoraggio necessari per affrontare questi problemi (6). La gestione dei problemi di Grecia, Portogallo e Irlanda dunque avverrà in maniera organizzata. Il fatto che gli investitori privati dovranno adottare un taglio di capelli (come anticipato da LEAP/E2020 prima dell'estate 2010) (7) non appartiene alla categoria dei rischi sistemici, con dispiacere del Financial Times, Wall Street Journal e Wall Street e gli esperti della City, che cercano ogni tre mesi di eseguire di nuovo il "golpe" della crisi della Zona Euro dell'inizio del 2010 (8).

Al contrario, il Regno Unito ha completamente mancato il suo tentativo di "preventiva amputazione chirurgica del bilancio" (9). In realtà, sotto la pressione dei cittadini e in particolare di più di 400.000 britannici che hanno marciato per le strade di Londra il 26/03/2011 (10 ), David Cameron è stato costretto ad abbassare il suo obiettivo di riduzione dei costi sanitari (un punto chiave delle sue riforme) (11). Allo stesso tempo, l'avventura militare libica lo ha anche costretto a ripensare ai suoi obiettivi per i tagli al bilancio del Ministero della Difesa. Abbiamo già accennato nella pubblicazione dell'ultimo numero di GEAB che il finanziamento del governo britannico deve continuare a crescere, riflettendo l'inefficacia delle misure annunciate, la cui realizzazione si sta rivelando nella realtà molto deludente(12). L'unico risultato della coppia politica Cameron/Clegg (13) è attualmente la ricaduta in recessione dell'economia britannica (14) e il rischio evidente di implosione della coalizione di governo dopo il prossimo referendum sulla riforma elettorale.

In questo numero, il nostro team descrive i tre fattori chiave che contraddistinguono questo gravissimo Crollo dell'autunno 2011 e le sue conseguenze. Nel frattempo, i nostri ricercatori hanno cominciato ad anticipare la progressione dell'operazione militare franco-anglo-americana in Libia, che a nostro parere è un potente acceleratore dello smembramento geopolitico mondiale che illumina alcuni degli attuali cambiamenti tettonici nei rapporti tra potenze mondiali. Oltre al nostro indice GEAB $, espandiamo le nostre raccomandazioni per affrontare i pericolosi trimestri a venire.

In sostanza, il processo che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi, compresa l'entrata degli Stati Uniti in un'epoca di austerità (15) è una semplice espressione di bilancio, è una continuazione del bilanciamento dei 30.000 miliardi di attività fantasma che avevano invaso l'economica globale e il sistema finanziario a fine 2007 (16). Mentre circa la metà di questi era scomparso nel 2009, sono stati parzialmente resuscitati per volontà delle grandi banche centrali globali, la Federal Reserve Usa, in particolare, e il suo "Quantitative Easing 1 e 2". Il nostro team ritiene, pertanto, che i 20 trilioni di queste attività fantasma andranno in fumo all'inizio dell'autunno 2011, e molto brutalmente, sotto l'impatto combinato delle tre mega-crisi degli Stati Uniti in gestazione accelerata:

. . la crisi di bilancio, o come gli Stati Uniti si tuffano volenti o nolenti in questa austerità senza precedenti e coinvolgono interi settori dell'economia e della finanza globale

. . la crisi dei titoli del Tesoro americani, o come la Federal Reserve statunitense raggiunge la "fine della strada" che ha avuto inizio nel 1913 e deve affrontare il fallimento, qualsiasi gioco di prestigio contabile venga scelto

. . la crisi del dollaro USA, o come le scosse nella valuta degli Stati Uniti che caratterizzeranno la fine della QE2 nel secondo trimestre del 2011 saranno l'inizio di una massiccia svalutazione (circa il 30% in poche settimane).

Le banche centrali, il sistema bancario globale, i fondi pensione, le multinazionali, le materie prime, la popolazione degli Stati Uniti, le economie dell'area del dollaro e / o dipendenti dal commercio con gli Stati Uniti (17) ... chiunque dipenda strutturalmente dall'economia americana (di cui il governo, la Fed e il bilancio federale sono diventate componenti centrali), le attività denominate in dollari o transazioni commerciali in dollari, subiranno uno shock di 20 miliardi di dollari in attività fantasma che scompariranno puramente e semplicemente dai loro bilanci, dai loro investimenti, causando un grave declino del loro reddito reale.



La spedizione di fondi da parte dei lavoratori americani immigrati, nei loro paesi di origine (il primo numero in valuta locale, al tasso di cambio del dollaro fine 2008/il secondo: lo stesso, al cambio di fine 2010) - Fonte: Wall Street Journal, 04/2011

Intorno alla scossa storica dell'autunno 2011 che segnerà la definitiva conferma delle tendenze significative anticipate dal nostro team in precedenti numeri del GEAB, le principali classi di attività sperimenteranno importanti sconvolgimenti che richiederanno una maggiore vigilanza di tutti gli attori interessati sui loro investimenti. In realtà, questa triplice crisi degli Stati Uniti segnerà la reale uscita dal "mondo dopo il 1945" che ha visto gli Stati Uniti svolgere il ruolo di Atlas e sarà, pertanto, caratterizzato da molti colpi e scosse di assestamento nei trimestri a venire.

Ad esempio, il dollaro può subìre degli effetti a breve termine di rafforzamento del valore, contro le principali valute mondiali (in particolare se i tassi di interesse negli Stati Uniti saliranno molto rapidamente dopo la fine della QE2), anche se, sei mesi dopo, la sua perdita di valore del 30%( rispetto al suo valore corrente) è inevitabile. Possiamo, quindi, solo ripetere il consiglio che è apparso a capo delle nostre raccomandazioni, fin dall'inizio del nostro lavoro sulla crisi: nel contesto di una crisi globale di proporzioni storiche, come quella che stiamo vivendo, l'unico obiettivo razionale per gli investitori non è quello di fare più soldi, ma cercare di perdere il meno possibile.

Ciò sarà particolarmente vero per i prossimi trimestri in cui l'ambiente speculativo diventa altamente imprevedibile nel breve termine. Questa imprevedibilità a breve termine sarà particolarmente dovuta al fatto che le tre crisi degli Stati Uniti che innescheranno il Gravissimo Crollo mondiale in autunno non sono concomitanti. Esse sono strettamente correlate, ma non linearmente. E una di esse, la crisi di bilancio, è direttamente dipendente da fattori umani con una grande influenza sul calendario dell'evento, mentre le altre due (qualunque cosa pensino coloro che vedono i funzionari della Fed come dèi o demoni (18)) sono ora, per la gran parte, incluse nelle tendenze significative dove le azioni dei leaders Usa sono diventate marginali (19).

La crisi di bilancio, o come gli Stati Uniti si tuffano volenti o nolenti in questa austerità senza precedenti e coinvolgono interi settori dell'economia e della finanza globale

I numeri possono far girare la testa: "6000 miliardi di tagli di bilancio in più di dieci anni" (20), ha detto il repubblicano Paul Ryan, "4.000 miliardi in dodici anni" ha ribadito il candidato per il 2012 Barack Obama (21), "tutto questo è lontano dall'essere sufficiente", dichiara uno dei referenti del Tea Party, Ron Paul (22). E comunque, sanziona il FMI, "gli Stati Uniti non sono credibili quando parlano di tagliare il deficit "(23). Questa osservazione insolitamente dura dal FMI, tradizionalmente molto cauto nelle sue critiche agli Stati Uniti, in ogni caso è particolarmente giustificata in termini di uno psicodramma che, per una manciata di decine di miliardi di dollari, ha quasi chiuso lo stato federale, in assenza di accordo tra i due maggiori partiti , uno scenario che, del resto, presto accadrà di nuovo oltre il tetto del debito federale.

Il FMI esprime solo un'opinione ampiamente condivisa da parte dei creditori degli Stati Uniti: se, per qualche decina di miliardi di dollari di riduzione del disavanzo, il sistema politico degli Stati Uniti ha raggiunto quel grado di paralisi, cosa accadrà quando, nei prossimi mesi, saranno necessari tagli di diverse centinaia di miliardi di dollari l'anno? La guerra civile? Questa è, in ogni caso, l'opinione del nuovo governatore della California Jerry Brown (24) che crede che gli Stati Uniti stanno affrontando una crisi di regime identica a quella che ha portato alla guerra civile (25).



Indebitamento del settore pubblico e privato (1979 - 2010) (in rosso: pubblico / in blu: privato) - Fonte: Agorafinancial, 04/2011

Il contesto, dunque, non è semplicemente una paralisi ma un reale confronto a tutto campo tra due visioni del futuro del paese. Più si avvicina la data delle prossime elezioni presidenziali (novembre 2012), più il confronto tra le due parti si intensificherà e si svolgerà indipendentemente da qualsiasi regola di buon comportamento, compresa la salvaguardia del bene comune del paese: "Gli dei rendono folle colui che vogliono distruggere", dice un antico proverbio greco. La scena politica di Washington assomiglierà sempre di più ad un ospedale psichiatrico (26), nei prossimi mesi, rendendo sempre più probabilmente "la decisione bizzarra".

Se, al fine di rassicurare se stessi sul dollaro e le obbligazioni del Tesoro, gli esperti occidentali ripetono a loro volta che i cinesi sarebbero folli a sbarazzarsi di questi beni, accelerando solo la loro caduta in valore, è perchè non hanno ancora capito che è Washington e i suoi errori politici a poter decidere di accelerare questa caduta. E ottobre 2012, con il suo tradizionale voto sul bilancio annuale, sarà il momento ideale per questa tragedia greca che, secondo la nostra squadra, non avrà un lieto fine perché questa non è Hollywood, ma in realtà il resto del mondo che scriverà il seguito dello scenario.

In ogni caso, che accada per scelta politica, o per la chiusura del governo federale o per irresistibili pressioni esterne (27) (tassi di interesse, FMI + Eurolandia + BRIC (28)), sarà proprio nell'autunno 2011 che il bilancio federale degli Stati Uniti subirà una massiccia restrizione per la prima volta. La continuazione della recessione insieme alla fine del QE2 causerà un aumento dei tassi di interesse e quindi un aumento significativo dei costi di manutenzione del debito federale, in un contesto di calo delle entrate fiscali (29) causato da una ricaduta in una profonda recessione. L'insolvenza federale è ormai dietro l'angolo secondo Richard Fisher, presidente della Federal Reserve Bank di Dallas (30).

Per saperne di più leggi su GEAB:

. . la crisi di bilancio, o come gli Stati Uniti si tuffano volenti o nolenti in questa austerità senza precedenti e coinvolgono interi settori dell'economia e della finanza globale

. . la crisi dei titoli del Tesoro americani, o come la Federal Reserve statunitense raggiunge la "fine della strada" che ha avuto inizio nel 1913 e deve affrontare il fallimento, qualsiasi gioco di prestigio contabile venga scelto

. . la crisi del dollaro USA, o come le scosse nella valuta degli Stati Uniti che caratterizzeranno la fine del QE2 nel secondo trimestre del 2011 saranno l'inizio di una massiccia svalutazione (circa il 30% in poche settimane).

di Global Research

28 aprile 2011

Buffoni





Siamo fra quelli che non credono in chissà quale “botto” della maggioranza sulla Libia: perché?
Poiché il copione non prevede i canoni della tragedia e nemmeno quelli della commedia: pura e semplice farsa, come sempre.
Eppure, qualche ragione i giornali della Lega & associati ce l’hanno: non s’è mai visto un governo compiere un simile, clamoroso autogol alla propria politica, nazionale ed estera.

Il Ministro degli Esteri Frattini, flebile, sussurra che non sarebbe opportuno, no, non si dovrebbe…i nostri aerei non dovrebbero bombardare la Libia, poiché siamo stati potenza coloniale occupante, in quel Paese, per quasi mezzo secolo. Ed abbiamo lasciato, fra le sabbie e gli uadi, un milione di morti impiccati, fucilati, cannoneggiati, bombardati, squarciati.
E’ la nostra cattiva coscienza storica che risuona, afona, come le vicende mai chiarite sulla Somalia, sull’Etiopia e sulla Jugoslavia: se solo avessimo un minimo di coscienza per quel che compimmo lontano dallo Stivale, staremmo zitti e mosca.

Eppure, alla ricorrenza del 25 Aprile, qualcuno torna a tirare fuori la questione delle foibe: pochi sanno chi fu Giuseppe Cobolli Gigli[1], in arte “Giulio Italico”.
Nel Settembre del 1927, sulla rivista fascista Gerarchia, scriveva, a proposito dell’abitato di Pisino (Pazin) che sorge al centro dell’Istria:

“Il paese sorge sul bordo di una voragine che la musa istriana ha chiamato Foiba, degno posto di sepoltura per chi, nella provincia, minaccia con audaci pretese le caratteristiche nazionali dell'Istria.”

Lo scriveva nel 1927, poiché – all’epoca – la pulizia etnica italiana era già avvenuta: poi, alla fine del conflitto, ci fu la vendetta slava.
Giusto ricordare tutte le vittime, ma non appropriarsi di un fenomeno tragico ed appuntarlo al palmares delle proprie “ragioni” e degli altrui “torti”.
Ma si sa: questa è l’Italia buffona, quella che di Storia (e, soprattutto, di storiografia) non sa nulla e s’appende alle labbra dei vari “Grande Fratello”.

Allo stesso modo, ci stiamo un poco stufando delle atmosfere di “comprensione” e “dialogo”, che hanno coinvolto anche personaggi sedicenti di “sinistra”, riguardo il 25 Aprile.
Siamo fra quelli che sempre hanno sostenuto la necessità di giungere ad un quadro storico condiviso, senza nemmeno discutere la pietà per tutte le vittime, qualsiasi divisa indossassero.
Quello che non intendiamo discutere è che quella guerra civile fu combattuta fra parti che avevano identico valore sul piano storico: gli ideali possono anche essere discussi, gli atti no.
Ora, non è il caso di ricordare che l’effimera Repubblica di Salò fu soltanto una creazione tedesca in territorio italiano: Mussolini non riuscì neppure a salvare il proprio genero dalla vendetta nazista.
Perché siamo stanchi?

Poiché notiamo – quei manifesti con scritto “25 Aprile: Buona Pasquetta!” – l’irrisione d’antica marca fascista per gli ideali altrui, per le vicende altrui, per i dolori altrui. Proprio da parte di chi chiede rispetto per i propri.
Se la Destra italiana desidera continuare su questa strada, s’accomodi pure: saremo costretti a tornare al uno sterile – ma coriaceo e fermo – antifascismo.
Sarà l’ennesima occasione perduta per giungere ad una storiografia condivisa, sarà l’ennesimo fallimento.

Già che parliamo di fallimenti, torniamo alla Libia.
Cos’ha in mente il Governo? Non lo sanno neppure loro.
Frattini non vuole bombardare e bombarda, Maroni non vuole i migranti e li accoglie, Berlusconi invitava Gheddafi a Roma ad ogni piè sospinto ed oggi lo tradisce. Che bel quadretto.
E gli interessi italiani?

L’avventura libica cambierà sostanzialmente il quadro del Mediterraneo, poiché il principale partner internazionale della Libia (scambio energia/tecnologia) eravamo noi. Domani, con le brutte arie che tirano sul nucleare, immaginiamo un po’ chi è zeppo di centrali e dovrà trovare delle soluzioni.
Fa quasi sorridere che messer Bruni si stizzisca per dover ricevere qualche migliaio di migranti: al bieco “scambio” della politica energetica, dovrebbe accoglierne milioni.
L’Italia aveva la possibilità di starne fuori, come fece la Grecia per il Kosovo, ma non l’ha fatto: ha ceduto, senza il minimo ripensamento, le basi (il “pezzo” più ambito) alla coalizione dei bombardieri. Qui, bisogna ricordare che l’opposizione è ancor più “bombardiera” della maggioranza.
Che ne sarà della nostra politica energetica? Che ne sarà dei libici?

La nostra politica energetica consiste nel concedere a compagnie estere i nostri (magri) giacimenti petroliferi: fra poche settimane, s’inizierà a trivellare al largo di Pantelleria[2].
Fanno quasi sorridere le dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, “che prometteva di difendere a spada tratta il Canale di Sicilia, costi quel che costi”.
Mettiamo la bella Stefania, e la sua difesa delle coste, insieme alla “difesa” dagli immigrati di Maroni, al “sussurro” di Frattini contro i bombardamenti, alla “solida amicizia” – strombazzata appena pochi mesi fa – di Berlusconi con Gheddafi.
Già che siamo in vena di farsa, vedremmo bene l’amazzone Prestigiacomo al comando della 206° divisione costiera[3], la notte del 10 Luglio 1943, sulla spiaggia di Licata.

La cosa che più ci scompagina i cosiddetti, però, è sapere che l’Italia – a differenza di tutti gli altri Stati del Pianeta – s’accontenta di un misero 4% come royalty per le estrazioni petrolifere. Vale a dire, il 4% a noi ed il 96% alle compagnie: nell’Iran di Mossadeq, la rivolta scoppiò perché la BP si teneva il 94% e lasciava allo Stato solo il 6%. Noi, ancora peggio dell’Iran dello Scià.
Perché?

Non c’è una risposta plausibile. A meno che.
A meno che non lasciamo scorrere l’immaginazione, correlandola al ben conosciuto “cui prodest”.

E’ assai strano che l’Italia – soprattutto un affamatissimo Tremonti – lasci correre sulla possibilità di lucrare sulle estrazioni petrolifere: sono dei boiardi di Stato, ma non sono fessi. Soprattutto se l’interesse toccato è il loro. E allora?

Visto che le altre nazioni richiedono una royalty che varia, in una “forbice” fra il 50 ed il 90%, è assai strano che l’Italia s’accontenti del misero 4%. Però.

Quel 4% finisce nel bilancio dello Stato – quello palese, quello di Tremonti – ma, la cosa, potrebbe non finire lì.
Una compagnia straniera potrebbe essere allettata dalla favorevole occasione, però, però…mettiamo che, ad un certo punto…manchi una qualsiasi certificazione ambientale, oppure qualcosa relativo alla sicurezza o, ancora, si scopra che non è stato presentato un certo prospetto geologico, un approfondimento sulla mensa dei dipendenti, la certificazione dei natanti adibiti al trasporto del personale…l’italica fantasia non ha limiti…

In quel caso, cosa succederebbe?

Beh…nella prospettiva di dover rinviare alle calende greche l’attività d’estrazione…magari la compagnia potrebbe inviare rapidamente a Roma un suo fiduciario, munito di “convincenti” promesse, che le cose andrebbero a posto rapidamente, se…se ci fosse la “collaborazione” fra la compagnia e le autorità competenti, ovviamente ricompensate per l’aggravio di “lavoro”.

A cose fatte, probabilmente, la concessione non costerebbe più il 4%, bensì il 24% od il 34%...ma sempre meno del 50-90% degli altri!

Ovvio che, la differenza, plusvalore, cagnotta…o come la vogliamo chiamare…non finirebbe più nel bilancio ufficiale dello Stato, ma si perderebbe nei mille “rivoli” delle mille “amministrazioni”.

No, ci siamo sbagliati, questa è solo una ricostruzione di fantasia: per dirla con Shakespeare, è soltanto un “Sogno di mezza Primavera”.
La pura realtà è che noi italiani siamo un popolo generoso, che mai ha torto un capello a qualcuno fuori dei propri confini, che accoglie generosamente tutti i migranti, che soccorre amorevolmente anche le compagnie petrolifere nelle loro fatiche. Che bravi che siamo.
di Carlo Bertani

27 aprile 2011

Il caos organizzato che ci aiuta a non pensare

Avete presente il trucco usato dai gestori d’inceneritori, acciaierie, cementifici ed impianti sui generis, per aggirare i limiti di legge concernenti le emissioni inquinanti? Costruiscono camini più alti e più grandi, per aumentare la quantità di aria presente nei fumi, facendo si che le sostanze nocive pur rimanendo inalterate nella quantità e pericolosità si distribuiscano su un’area più vasta e risultino percentualmente più diluite, rientrando così nei limiti come per incanto, nonostante continuino ad ammazzare la gente come e più di prima.
Qualcosa di molto simile accade anche nell'informazione generalista (che è poi l’unica ad incidere realmente sull’opinione pubblica) dove le emissioni inquinanti sono costituite dalle notizie che dovrebbero preoccuparci ed i camini più alti somigliano da vicino al marasma di spazzatura mediatica all’interno del quale esse affogano dopo una breve agonia.
Nel corso dell’ultimo mese è accaduto praticamente di tutto, dalla tragedia di Fukushima alla guerra imperialista in terra di Libia, passando attraverso l’efferato assassinio di Vittorio Arrigoni, gli sbarchi di massa dei profughi tunisini ed il continuo acuirsi della crisi economica di cui non s’intravvede la fine, probabilmente perché connaturata nel decesso definitivo del modello di sviluppo al quale siamo aggrappati. Solo per citare gli avvenimenti più eclatanti fra quelli che meritano attenzione......

Tutti accadimenti di grossa rilevanza, perché in grado di condizionare il nostro presente ed il nostro futuro, la nostra salute e quella dei figli che abbiamo o che verranno. La possibilità di vivere in pace almeno una parte dei giorni che ci restano, l’aspirazione a poter rimanere uomini liberi che portano avanti le proprie idee, senza venire ammazzati da una mano nascosta nell’ombra. La capacità di ricostruire una società dove la vita, il lavoro ed i rapporti umani siano elementi declinati in chiave di arricchimento, anziché rappresentare incubi all’interno dei quali lasciarsi vivere senza una prospettiva.

Tutti accadimenti balzati sulle prime pagine dei giornali e della TV, nel momento in cui la “notizia” poteva essere monetizzata in termini di lettori ed ascoltatori, ma prontamente accantonati non appena la stessa imponeva approfondimenti e riflessioni che avrebbero indotto l’opinione pubblica a porsi delle domande, a mettere in moto le cellule grigie in via di atrofizzazione, a guardarsi intorno per domandarsi, guarda un po’ sulla cartina, ma abbiamo preso la strada giusta?

Accantonati, diluiti, nascosti, con tanta aria e camini più grandi. Metri cubi e metri cubi di notizie spazzatura intorno alle quali catalizzare l’attenzione dei cittadini, indurli a profondersi in dispute senza fine imperniate sul nulla, ipnotizzarli con la facile demagogia del dividi et impera, fuorviarli ricordando loro che in fondo non pensando troppo si vive più a lungo e soprattutto più felici.

Ed ecco Fukushima e la guerra di Libia, sprofondare sempre più in basso sulle pagine dei giornali, fino a scomparire o rimanere relegati nei trafiletti “cartolina” per fare spazio al nuovo look di Noemi o alle tette di Belen, alle quotidiane esternazioni di Berlusconi contro i giudici e dei giudici contro Berlusconi, alle invettive di Fini che litiga con i suoi ex compagni di partito, alla modifica dell’art 1 di una costituzione calpestata tutti i giorni dell’anno e ormai “superata” dal Trattato di Lisbona, senza che nessuno abbia avuto nulla da eccepire. Alle mirabolanti funzioni dei nuovi smart phone ed ai manifesti che qualche imbecille ha appiccicato in giro per Milano, alla fiera del pregiudicato fra i candidati del PD e del PDL per le prossime elezioni, alle parole di Bersani che offendono il silenzio ed ai comizi del premier che l’hanno offeso da tempo.

Accapigliatevi pure, litigatevi il nulla, dividetevi in fazioni e in fazioni delle fazioni, occhieggiate alla prosperosa maggiorata di turno, sognate la nuova BMW da 300 cv con felicità incorporata di serie, ma soprattutto non pensate, non riflettete, non carezzate parti inesplorate del cervello, quello si, potrebbe nuocere gravemente alla vostra salute, ben più di quel poco di radioattività che neppure si vede.
di Marco Cedolin

26 aprile 2011

La crisi di bilancio, i buoni del Tesoro e il Dollaro USA: crollo di un sistema

Il 15 settembre 2010, la pubblicazione di GEAB N ° 47 è stata intitolata «Primavera 2011: Benvenuti negli Stati Uniti dell'austerità / Verso la gravissima crisi del sistema economico e finanziario». Eppure, alla fine dell'estate 2010, la maggior parte degli esperti riteneva in primo luogo, che il dibattito sul deficit di bilancio degli Stati Uniti sarebbe rimasto un mero oggetto di discussione teorica all'interno della Beltway (1) e in secondo luogo, che era impensabile immaginare che gli Stati Uniti si sarebbero impegnati in una politica di austerità, perché era sufficiente che la Fed continuasse a stampare dollari. Eppure...
Eppure, come tutti hanno potuto vedere da alcune settimane, la primavera 2011 ha portato davvero l'austerità negli Stati Uniti (2), la prima dopo la seconda guerra mondiale e la creazione di un sistema globale basato sulla capacità del motore Stati Uniti di generare sempre più ricchezza (reale dal 1950 al 1970, sempre più virtuale in seguito).

In questa fase, LEAP/E2020 può confermare che la prossima fase della crisi sarà davvero il "Gravissimo Crollo del sistema economico, finanziario e monetario mondiale" e che questo fallimento storico avverrà nell'autunno 2011 (3). Le conseguenze monetarie, finanziarie, economiche e geopolitiche di questo "Gravissimo Crollo" saranno di proporzioni storiche e mostreranno la crisi dell'autunno 2008 per quello che realmente era: un semplice detonatore.

La crisi in Giappone (4), le decisioni della Cina e la crisi del debito in Europa avranno certamente un ruolo in questo storico crollo. D'altro canto riteniamo che la questione del debito pubblico dei paesi alla periferia di Eurolandia, a questo punto non è più il fattore dominante del rischio in Europa, ma è il Regno Unito che si troverà nella posizione del "malato d'Europa" (5 ). La zona euro ha infatti stabilito e continua a migliorare tutti i sistemi di monitoraggio necessari per affrontare questi problemi (6). La gestione dei problemi di Grecia, Portogallo e Irlanda dunque avverrà in maniera organizzata. Il fatto che gli investitori privati dovranno adottare un taglio di capelli (come anticipato da LEAP/E2020 prima dell'estate 2010) (7) non appartiene alla categoria dei rischi sistemici, con dispiacere del Financial Times, Wall Street Journal e Wall Street e gli esperti della City, che cercano ogni tre mesi di eseguire di nuovo il "golpe" della crisi della Zona Euro dell'inizio del 2010 (8).

Al contrario, il Regno Unito ha completamente mancato il suo tentativo di "preventiva amputazione chirurgica del bilancio" (9). In realtà, sotto la pressione dei cittadini e in particolare di più di 400.000 britannici che hanno marciato per le strade di Londra il 26/03/2011 (10 ), David Cameron è stato costretto ad abbassare il suo obiettivo di riduzione dei costi sanitari (un punto chiave delle sue riforme) (11). Allo stesso tempo, l'avventura militare libica lo ha anche costretto a ripensare ai suoi obiettivi per i tagli al bilancio del Ministero della Difesa. Abbiamo già accennato nella pubblicazione dell'ultimo numero di GEAB che il finanziamento del governo britannico deve continuare a crescere, riflettendo l'inefficacia delle misure annunciate, la cui realizzazione si sta rivelando nella realtà molto deludente(12). L'unico risultato della coppia politica Cameron/Clegg (13) è attualmente la ricaduta in recessione dell'economia britannica (14) e il rischio evidente di implosione della coalizione di governo dopo il prossimo referendum sulla riforma elettorale.

In questo numero, il nostro team descrive i tre fattori chiave che contraddistinguono questo gravissimo Crollo dell'autunno 2011 e le sue conseguenze. Nel frattempo, i nostri ricercatori hanno cominciato ad anticipare la progressione dell'operazione militare franco-anglo-americana in Libia, che a nostro parere è un potente acceleratore dello smembramento geopolitico mondiale che illumina alcuni degli attuali cambiamenti tettonici nei rapporti tra potenze mondiali. Oltre al nostro indice GEAB $, espandiamo le nostre raccomandazioni per affrontare i pericolosi trimestri a venire.

In sostanza, il processo che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi, compresa l'entrata degli Stati Uniti in un'epoca di austerità (15) è una semplice espressione di bilancio, è una continuazione del bilanciamento dei 30.000 miliardi di attività fantasma che avevano invaso l'economica globale e il sistema finanziario a fine 2007 (16). Mentre circa la metà di questi era scomparso nel 2009, sono stati parzialmente resuscitati per volontà delle grandi banche centrali globali, la Federal Reserve Usa, in particolare, e il suo "Quantitative Easing 1 e 2". Il nostro team ritiene, pertanto, che i 20 trilioni di queste attività fantasma andranno in fumo all'inizio dell'autunno 2011, e molto brutalmente, sotto l'impatto combinato delle tre mega-crisi degli Stati Uniti in gestazione accelerata:

. . la crisi di bilancio, o come gli Stati Uniti si tuffano volenti o nolenti in questa austerità senza precedenti e coinvolgono interi settori dell'economia e della finanza globale

. . la crisi dei titoli del Tesoro americani, o come la Federal Reserve statunitense raggiunge la "fine della strada" che ha avuto inizio nel 1913 e deve affrontare il fallimento, qualsiasi gioco di prestigio contabile venga scelto

. . la crisi del dollaro USA, o come le scosse nella valuta degli Stati Uniti che caratterizzeranno la fine della QE2 nel secondo trimestre del 2011 saranno l'inizio di una massiccia svalutazione (circa il 30% in poche settimane).

Le banche centrali, il sistema bancario globale, i fondi pensione, le multinazionali, le materie prime, la popolazione degli Stati Uniti, le economie dell'area del dollaro e / o dipendenti dal commercio con gli Stati Uniti (17) ... chiunque dipenda strutturalmente dall'economia americana (di cui il governo, la Fed e il bilancio federale sono diventate componenti centrali), le attività denominate in dollari o transazioni commerciali in dollari, subiranno uno shock di 20 miliardi di dollari in attività fantasma che scompariranno puramente e semplicemente dai loro bilanci, dai loro investimenti, causando un grave declino del loro reddito reale.



La spedizione di fondi da parte dei lavoratori americani immigrati, nei loro paesi di origine (il primo numero in valuta locale, al tasso di cambio del dollaro fine 2008/il secondo: lo stesso, al cambio di fine 2010) - Fonte: Wall Street Journal, 04/2011

Intorno alla scossa storica dell'autunno 2011 che segnerà la definitiva conferma delle tendenze significative anticipate dal nostro team in precedenti numeri del GEAB, le principali classi di attività sperimenteranno importanti sconvolgimenti che richiederanno una maggiore vigilanza di tutti gli attori interessati sui loro investimenti. In realtà, questa triplice crisi degli Stati Uniti segnerà la reale uscita dal "mondo dopo il 1945" che ha visto gli Stati Uniti svolgere il ruolo di Atlas e sarà, pertanto, caratterizzato da molti colpi e scosse di assestamento nei trimestri a venire.

Ad esempio, il dollaro può subìre degli effetti a breve termine di rafforzamento del valore, contro le principali valute mondiali (in particolare se i tassi di interesse negli Stati Uniti saliranno molto rapidamente dopo la fine della QE2), anche se, sei mesi dopo, la sua perdita di valore del 30%( rispetto al suo valore corrente) è inevitabile. Possiamo, quindi, solo ripetere il consiglio che è apparso a capo delle nostre raccomandazioni, fin dall'inizio del nostro lavoro sulla crisi: nel contesto di una crisi globale di proporzioni storiche, come quella che stiamo vivendo, l'unico obiettivo razionale per gli investitori non è quello di fare più soldi, ma cercare di perdere il meno possibile.

Ciò sarà particolarmente vero per i prossimi trimestri in cui l'ambiente speculativo diventa altamente imprevedibile nel breve termine. Questa imprevedibilità a breve termine sarà particolarmente dovuta al fatto che le tre crisi degli Stati Uniti che innescheranno il Gravissimo Crollo mondiale in autunno non sono concomitanti. Esse sono strettamente correlate, ma non linearmente. E una di esse, la crisi di bilancio, è direttamente dipendente da fattori umani con una grande influenza sul calendario dell'evento, mentre le altre due (qualunque cosa pensino coloro che vedono i funzionari della Fed come dèi o demoni (18)) sono ora, per la gran parte, incluse nelle tendenze significative dove le azioni dei leaders Usa sono diventate marginali (19).

La crisi di bilancio, o come gli Stati Uniti si tuffano volenti o nolenti in questa austerità senza precedenti e coinvolgono interi settori dell'economia e della finanza globale

I numeri possono far girare la testa: "6000 miliardi di tagli di bilancio in più di dieci anni" (20), ha detto il repubblicano Paul Ryan, "4.000 miliardi in dodici anni" ha ribadito il candidato per il 2012 Barack Obama (21), "tutto questo è lontano dall'essere sufficiente", dichiara uno dei referenti del Tea Party, Ron Paul (22). E comunque, sanziona il FMI, "gli Stati Uniti non sono credibili quando parlano di tagliare il deficit "(23). Questa osservazione insolitamente dura dal FMI, tradizionalmente molto cauto nelle sue critiche agli Stati Uniti, in ogni caso è particolarmente giustificata in termini di uno psicodramma che, per una manciata di decine di miliardi di dollari, ha quasi chiuso lo stato federale, in assenza di accordo tra i due maggiori partiti , uno scenario che, del resto, presto accadrà di nuovo oltre il tetto del debito federale.

Il FMI esprime solo un'opinione ampiamente condivisa da parte dei creditori degli Stati Uniti: se, per qualche decina di miliardi di dollari di riduzione del disavanzo, il sistema politico degli Stati Uniti ha raggiunto quel grado di paralisi, cosa accadrà quando, nei prossimi mesi, saranno necessari tagli di diverse centinaia di miliardi di dollari l'anno? La guerra civile? Questa è, in ogni caso, l'opinione del nuovo governatore della California Jerry Brown (24) che crede che gli Stati Uniti stanno affrontando una crisi di regime identica a quella che ha portato alla guerra civile (25).



Indebitamento del settore pubblico e privato (1979 - 2010) (in rosso: pubblico / in blu: privato) - Fonte: Agorafinancial, 04/2011

Il contesto, dunque, non è semplicemente una paralisi ma un reale confronto a tutto campo tra due visioni del futuro del paese. Più si avvicina la data delle prossime elezioni presidenziali (novembre 2012), più il confronto tra le due parti si intensificherà e si svolgerà indipendentemente da qualsiasi regola di buon comportamento, compresa la salvaguardia del bene comune del paese: "Gli dei rendono folle colui che vogliono distruggere", dice un antico proverbio greco. La scena politica di Washington assomiglierà sempre di più ad un ospedale psichiatrico (26), nei prossimi mesi, rendendo sempre più probabilmente "la decisione bizzarra".

Se, al fine di rassicurare se stessi sul dollaro e le obbligazioni del Tesoro, gli esperti occidentali ripetono a loro volta che i cinesi sarebbero folli a sbarazzarsi di questi beni, accelerando solo la loro caduta in valore, è perchè non hanno ancora capito che è Washington e i suoi errori politici a poter decidere di accelerare questa caduta. E ottobre 2012, con il suo tradizionale voto sul bilancio annuale, sarà il momento ideale per questa tragedia greca che, secondo la nostra squadra, non avrà un lieto fine perché questa non è Hollywood, ma in realtà il resto del mondo che scriverà il seguito dello scenario.

In ogni caso, che accada per scelta politica, o per la chiusura del governo federale o per irresistibili pressioni esterne (27) (tassi di interesse, FMI + Eurolandia + BRIC (28)), sarà proprio nell'autunno 2011 che il bilancio federale degli Stati Uniti subirà una massiccia restrizione per la prima volta. La continuazione della recessione insieme alla fine del QE2 causerà un aumento dei tassi di interesse e quindi un aumento significativo dei costi di manutenzione del debito federale, in un contesto di calo delle entrate fiscali (29) causato da una ricaduta in una profonda recessione. L'insolvenza federale è ormai dietro l'angolo secondo Richard Fisher, presidente della Federal Reserve Bank di Dallas (30).

Per saperne di più leggi su GEAB:

. . la crisi di bilancio, o come gli Stati Uniti si tuffano volenti o nolenti in questa austerità senza precedenti e coinvolgono interi settori dell'economia e della finanza globale

. . la crisi dei titoli del Tesoro americani, o come la Federal Reserve statunitense raggiunge la "fine della strada" che ha avuto inizio nel 1913 e deve affrontare il fallimento, qualsiasi gioco di prestigio contabile venga scelto

. . la crisi del dollaro USA, o come le scosse nella valuta degli Stati Uniti che caratterizzeranno la fine del QE2 nel secondo trimestre del 2011 saranno l'inizio di una massiccia svalutazione (circa il 30% in poche settimane).

di Global Research