03 gennaio 2012

E venga il caos





http://www.griseldaonline.it/foto/repubblica_metropoli/Stabile,%20Metropoli%20nel%20caos.jpg

Ha detto Monti che i conti torneranno. Invece, tutta l’aristocrazia del denaro e i baroni della crapula a spese dello Stato non sono mai andati via, non si sono mai staccati dai propri privilegi mentre l’Italia veniva infilzata dallo spread e dai mercati. I nobili ed i notabili decadenti ed improduttivi, per non decadere del tutto, si sono messi a disposizione dei principi stranieri offrendo l’appoggio di un governo collaborazionista che toglie a chi lavora per dare al parassita ed al liquidatore di beni strategici. Gli sciamani della salvezza nazionale per rimediare ai nostri malanni economici sono arrivati ad invocare ed ottenere l’ascesa al potere degli déi minori della finanza ristretta e della piccola accademia locale nella convinzione di poter placare, per affinità parentale, l’ira delle divinità mondiali onnipossenti che già ci colpivano con le loro saette geopolitiche. Il risultato è che ora arrivano fulmini da tutte le parti. I dioscuri Napolitano e Monti sono i principali responsabili di questa punizione apocalittica. Stanno realizzando un sacco contro la patria, con scasso della sovranità nazionale, celando la loro manovra con i rituali della responsabilità e con le astruse formule tecniche che anziché segnalare la loro competenza indicano soltanto la loro arroganza. Il Paese non è più in grado di decidere per se stesso, riceve ordini dall’estero via telefono (ma soprattutto telepaticamente) e rinuncia alla sua indipendenza per potersi affiancare al tavolo dei prepotenti in posizione defilata e riversa. Prega in ginocchio per non essere ulteriormente percosso ma la posizione assunta non ispira nessuna pietà negli aguzzini. Questa condizione di minorità internazionale non ci porterà da nessuna parte perché dell’Europa, senza coraggio e coscienza, concepita dagli Usa come un cuscinetto, noi siamo diventati il misero lettino. A brandelli sulla branda in cui siamo stati legati ogni giorno gli avvoltoi vengono a mangiarci il fegato e la speranza. E’ vero quanto dicono molti analisti e cioè che questa crisi non può essere risolta esclusivamente dall’interno in quanto la sua natura è sovranazionale. Anzi, più ci diamo dentro con sacrifici ed immolazioni sull’altare della borsa più bruciamo le nostre possibilità di ripresa. Tuttavia, il fulcro del problema non è monetario, non dipende dalla debolezza dell’euro, dall’assenza di una linea fiscale unitaria, dal ruolo della BCE ecc. ecc. Semmai questi sono gli effetti infausti di una inesistente integrazione comunitaria che copre il vuoto politico intorno a cui il Continente ha costruito il suo tempio comune. Le catene che ci tengono stretti a Bruxelles sono dunque immaginarie, non esistono anche se tintinnano, eppure non riusciamo a muoverci ed a spezzare l’incantesimo. Più dei catenacci europei sono le nostre gambe inferme e pesanti ad impedirci di scattare fuori da questo incubo chiamato Ue, mentre i nostri “partners” cercano di coprirsi dalle raffiche sistemiche conciando la nostra pelle. L’unica forza politica che non si è accodata alla processione dei partiti col capo cosparso di cenere, al corteo dei finti cordoglianti che funeralizzano il futuro del popolo italiano è la Lega. Forse più per calcoli elettorali che per sincero sentimento sociale. Ad ogni modo le sole “bestemmie” contro i semidei del semistato che hanno semi-distrutto la Costituzione innalzandola più in alto per affossarla meglio sono uscite dalle bocche dei torvi federalisti. Calderoli ha praticamente chiesto l’impeachment di Napolitano anche se per la strada arzigogolata di una Commissione d’inchiesta parlamentare. E sono stati altri colleghi dell’ex ministro, verdi non più come leghisti ma ormai solo come marziani rispetto ai mutanti istituzionali lobotomizzati dalla tecnica, a sollevare più volte il conflitto d’interessi e ad attirare l’attenzione sugli addentellati di Monti con massonerie e poteri marci mondiali. Se il movimento di Bossi non si fosse fatto corrompere così a lungo dall’aria pestilenziale romana ci sarebbe da augurarsi che le minacce separatiste riuscissero finalmente ad incanalarsi in un seguito di piazza e di tumulto. Chissà che non sia proprio lo spauracchio più temuto degli ultimi decenni, quello della secessione, a diventare la scintilla di un sommovimento col quale innescare tendenze di malcontento e di rivolta in tutta la Penisola, da nord a sud. Fino al disordine generale. Dopo il casino berlusconiano e il casinò montiano col banco che perde sempre chiediamo il caos ingovernabile anche per il protettorato che ora sta giocando di sponda con le potenze estere per assicurarci una lenta e dolorosa agonia. Il crollo totale sta diventando un auspicio, proprio come nei primi anni del secolo scorso allorché, da Salvemini a Bordiga, si sperava che qualcuno o qualcosa spazzasse via lo Stato liberale ormai marcio nella fondamenta. Abbiamo superato il punto di non ritorno e gli iettatori di gabinetto tentano ancora di raggirarci con i conti da far tornare. Meglio che venga giù tutto per provare a ricostruire il tempo e lo spazio di un’ Italia libera e padrona del suo destino.

di Gianni Petrosillo

02 gennaio 2012

Big bank: indebitatevi di più e il mondo vi sorriderà






http://prestitiblog.com/files/2011/11/usura.jpg

Cosa ci riserva il 2012 in tema di crisi? La Germania lascerà l’euro oppure la Bce si deciderà ad emettere gli eurobond? Va quasi da sé che una cosa esclude l’altra. Se l’euro e l’Europa perdono la locomotiva tedesca, pensare a una mutualizzazione del debito sovrano degli altri paesi membri è pura follia. In realtà, non dovrebbero accadere nessuna delle due cose: perché alla Germania conviene tenersi una moneta sicuramente più debole dell’eventuale nuovo marco, ai fini di cambio sul mercato extra-continentale, e perché secondo Mario Draghi, in una recentissima intervista al Financial Time «non ci possono essere emissioni comuni» (di eurobond, s’intende) essendo impensabile «una garanzia reciproca ed una possibilità di spesa separata». E siccome, il percorso per arrivare a un bilancio unico per tutti i 26 paesi della Ue è quanto meno impervio, l’ipotesi delle euro-obbligazioni non sembra essere esattamente dietro l’angolo.

Eppure, qualcosa deve essere fatto. Anzi, è già stato fatto. Anche se non è esattamente quanto sarebbe auspicabile. Infatti, qualche settimana fa, la Bce ha gentilmente elargito a 500 banche sparse sul continente qualcosa come 489,2 miliardi di euro al fine di garantire la liquidità per finanziare l’economia reale delle piccole imprese e delle famiglie che, così ci fanno sapere, per l’80% ricorrono ai prestiti degli istituti di credito. Alle banche italiane, sono andati 40,2 miliardi di euro, ovvero più del doppio di quanto la manovra da lacrime e sangue messa in atto dal Governo Monti, fra Imu, accise e Iva, ci farà pagare. Insomma, la Banca centrale europea versa alle banche italiane, al tasso irrisorio dell’1%, una montagna di soldi per finanziare famiglie e imprese che sono costrette ad indebitarsi, ad un tasso ben superiore all’1%, per pagare i debiti dello stato. Bisogna ammetterlo: il meccanismo infernale del debito permanente di tutti, uomini e stati, verso chi stampa i nostri soldi per poi prestarceli ad interesse è geniale. E non consente vie di uscita: più paghi, più sarai costretto a pagare.

Per esempio, la Crédit Suisse, fine analista delle cose finanziarie europee, prevede che nel 2012 i titoli di stato decennali italiani toccheranno il tasso record del 9% e quelli francesi il 5%. L’intero sistema monetario europeo, a quel punto, potrebbe collassare. A meno che… A meno che non siano gli stessi speculatori a fare un passo indietro nel timore che il crollo faccia diventare carta straccia i titoli in loro possesso. Il che varrebbe quanto il bel gesto del torturatore che protraesse l’agonia del condannato per paura di perdere il lavoro.

In questo scenario che chiamare buio è un eufemismo, c’è pure chi ha trovato la radice del male: consumiamo poco. Consumando poco, non incentiviamo la produzione. E se non incentiviamo la produzione, è recessione. Infatti, per il 2012 le più rinomate agenzie di rating prevedono un andazzo di questo tipo per il Pil: Francia +0,5% (dal previsto +0,8%), della Germania +0,8% (da +1%) e dell’Italia +0,1% (da +0,2%). «La recessione che si sta avvicinando all’Europa ha colpito prima Spagna, Portogallo e Grecia e adesso si sta allargando verso i Paesi “core” della zona euro, Francia e Germania» commenta Jean Michel Six, capo-economista di Standard & Poor’s. La domanda, allora, è: come si fa a sostenere la produzione se i soldi destinati al consumo se ne vanno per pagare il fisco e, al contempo, salari e pensioni vengono congelati? Semplice: che glieli ha dati a fare quasi 500 miliardi di euro la Bce alle banche territoriali? Accendete un altro mutuo e il mondo vi sorriderà.

C’è una parola chiave che il vertice di Bce, il privatizzatore di tutto il privatizzato in Italia fra il 1993 e il 2001, Mario Draghi, usa con costanza: “credibilità”. A parer suo è tutto un problema di credibilità. Più sei credibile, più inneschi il meccanismo virtuoso degli investimenti. E come si fa ad essere credibili? Pagando i debiti. Ma se pago i debiti, contraendo nuovi debiti, sono più o meno credibile per gli investitori? Secondo Mario Draghi, lo sei. E con la recessione come la mettiamo? Finanziamo le banche che finanziano te: così puoi consumare di nuovo e di più. Insomma, più ti impoverisci, più ti indebiti e più sei credibile. Più sei credibile e più puoi indebitarti. Sembra quasi la perifrasi del celebre ed esilarante siparietto di Gianni e Pinotto dove, alla domanda: «Who’s on first?» la risposta del nome del giocatore di prima base, «Who» innescava la ripetizione della domanda e della risposta in un equivoco infinito. Solo che, nel nostro caso, non c’è proprio niente da ridere.
di Miro Renzaglia

31 dicembre 2011

L'anno che non verrà









Da sempre Capodanno rappresenta Il simbolico spartiacque fra un anno che sta morendo, con tutto il suo carico di accadimenti (buoni e cattivi) ed uno che sta nascendo, vestito per l’occasione di carezzevoli illusioni e condito di languide speranze. Una sorta di limbo dove rimanere per un istante sospesi fra il prima e il poi, a tracciare bilanci di vita e sognare vite che non ci apparteranno mai, prima che la giostra del divenire stemperi l’attimo ed il futuro si faccia presente, riportandoci alla realtà.
Guardare al 2012 che arriva, ostentando speranza ed ottimismo rappresenta però, più che in altre occasioni, un’esperienza dedicata a pochi intimi, dal momento che la ratio e la matematica ci riporterebbero immediatamente sulla terra, rendendoci consapevoli del fatto che il nuovo anno sarà molto peggiore del precedente, essendo state poste tutte le basi (ma proprio tutte) perché ci si ritrovi a rimpiangere gli ultimi dodici mesi, nonostante abbiano rappresentato il gradino più basso della storia recente nazionale ed internazionale.
In Italia nel lasso di tempo di un paio di settimane è stata alienata ogni residua e fittizia illusione di democrazia e le banche, nella persona dell’usuraio Monti, hanno di fatto esautorato i camerieri politici dal loro ruolo di mestieranti della commedia, ridimensionandoli ad arredamento del palazzo, oltretutto molto costoso e kitsch......


Il problema in sé potrebbe apparire di secondaria importanza, dal momento che il bestiario politico da tempo immemorabile prendeva ordini dal padrone, ma purtroppo così non è, perché dovendo il servo politico confrontarsi ogni 5 anni con il teatrino elettorale, si trovava giocoforza costretto a svolgere una minima opera di mediazione. E’ pur vero che il sistema monopartitico creato in occidente scimmiottando il modello americano garantiva ampi margini di sicurezza, privando il cittadino di qualsiasi possibilità di scegliere realmente, così come è vero che la classe politica aveva ormai assunto un carattere puramente autoreferenziale.
Ma è altrettanto lapalissiano il fatto che qualsiasi governo politico avesse inteso mandare i cittadini a vivere sotto i ponti, togliendo loro il proprio patrimonio e la possibilità di sostentarsi economicamente, avrebbe trovato comunque qualche difficoltà nel perpetrarsi nel tempo.
Monti e la congrega di banchieri da lui rappresentati non sono espressione delle urne e con le urne non dovranno confrontarsi mai. Incarnano esclusivamente i grandi interessi finanziari, sono servi alle dipendenze del denaro e il denaro non è dotato di sensibilità sociale, non è incline alle mediazioni, non deve moderarsi temendo di perdere voti, non possiede sentimenti e neppure pietà. Persegue un solo scopo, moltiplicarsi all’infinito nella maniera più rapida possibile, poco importa quali siano i costi in termini di macelleria sociale, dal momento che conosce un solo costo, quello monetario.
La dittatura del denaro è in assoluto la peggior forma di governo possibile, nel 2011 ne abbiamo avuto un primo assaggio con la soppressione delle pensioni per tutte le nuove generazioni (e buona parte delle vecchie), l’aumento indiscriminato di tasse e costi a carico di una popolazione già fortemente impoverita, la riduzione delle opportunità di lavoro. Ma solo nel 2012 saremo in grado di apprezzare la reale dimensione del disastro che sta precipitando sulle nostre teste e il contatto con la realtà risulterà con tutta probabilità drammatico.

Il 2011 è stato anche l’anno in cui si è dovuto prendere coscienza della disarmante vulnerabilità dei cittadini qualora intendano difendere il territorio in cui vivono da grandi e piccole opere di devastazione ambientale. L’illusione (da me più volte condivisa) che una popolazione fortemente determinata e con la forza dei numeri potesse opporsi alle ruspe ed ai cantieri si è palesata di fatto priva di fondamento. Non esistono più remore nel bastonare cittadini inermi e quando monta la protesta le forze dell’ordine sonodisposte ad uccidere, senza che la stampa e l’opinione pubblica considerino la cosa disdicevole.
In una situazione di questo genere ogni forma di resistenza fisica, più o meno pacifica, non può che risultare perdente, dal momento che si tratta di un confronto impari, dove chi mena ti può anche ammazzare restando dalla parte della ragione.
Non è un caso che tutte le opere più controverse siano state costruite o cantierizzate con l’uso della violenza, dalla base militare americana Dal Molin al TAV in Val di Susa, passando attraverso inceneritori, autostrade, centrali a carbone, turbogas e chi più ne ha ne metta.
Ai cittadini non resta altra via che protestare con le bandierine attraverso cortei pacifici (che magari contribuiscono a creare la carriera di qualche politico o sindacalista d’accatto) nell’attesa che l’opera sia completata, o confrontarsi militarmente con "soldati" che arrivano dall’Afghanistan, con la consapevolezza che quando ti ritroverai in ospedale verrai tacciato come una “bestia violenta” che ha ricevuto ciò che si meritava.

Ma il 2011 è stato anche l’anno dello sdoganamento definitivo delle guerre di conquista coloniale attraverso il metodo della rivoluzione colorata, costruita, finanziata e pilotata dal colonizzatore.
La Libia ha dimostrato chiaramente come la pratica garantisca ampie prospettive di successo a fronte di costi economici tutto sommato esigui. In pochi mesi un prospero paese è stato distrutto, chi lo governava da decine di anni ammazzato come un cane, i civili che lo sostenevano sterminati in massa. Il tutto senza che nessuno avesse nulla da obiettare e con la compiacenza di tutte le istituzioni internazionali, ormai palesemente braccio burocratico della colonizzazione occidentale.
Dopo l’inferno libico la strada è tracciata e c’è da scommettere che i prossimi inferni saranno ancora peggiori e, se possibile, perfino più raccapriccianti.

E’ stato anche l’anno dei droni, usati in maniera sempre più massiccia per sterminare le popolazioni, mentre all’altro capo del mondo un ragazzotto si cimenta con il joystik come si trattasse di un videogame. Delle telecamere ormai più numerose delle vetrine che filmano ogni attimo della tua vita. Della guerra al contante, con l'imposizione agli anziani pensionati di aprire un conto corrente. Dei movimenti che s’indignano a comando. Dei benpensanti che difendono la costituzione quando hanno interessi per farlo, ma ne dimenticano l’esistenza subito dopo. Della farsa dei referendum, studiati ad arte per raggirare chi votava. Del disastro di Fukushima, troppo presto caduto nell'oblio. Dell'assassiniodell'ologramma di Bin Ladin. Dei troppi “movimenti” che avevano fatto delle piazze le loro case quando governava Berlusconi, ma sono evaporati con l’arrivo di Monti. Dei sindacati che dopo avere svenduto tutto non sanno più cosa mettere in saldo e dei saldi ormai anticipati a Capodanno, perché iniziarli a Natale potrebbe risultare disdicevole.

In alto i calici e brindiamo, a cosa? Ad una morte inconsapevole con il sorriso sulle labbra, che in fondo è meglio di quando te l’aspetti.
di Marco Cedolin

03 gennaio 2012

E venga il caos





http://www.griseldaonline.it/foto/repubblica_metropoli/Stabile,%20Metropoli%20nel%20caos.jpg

Ha detto Monti che i conti torneranno. Invece, tutta l’aristocrazia del denaro e i baroni della crapula a spese dello Stato non sono mai andati via, non si sono mai staccati dai propri privilegi mentre l’Italia veniva infilzata dallo spread e dai mercati. I nobili ed i notabili decadenti ed improduttivi, per non decadere del tutto, si sono messi a disposizione dei principi stranieri offrendo l’appoggio di un governo collaborazionista che toglie a chi lavora per dare al parassita ed al liquidatore di beni strategici. Gli sciamani della salvezza nazionale per rimediare ai nostri malanni economici sono arrivati ad invocare ed ottenere l’ascesa al potere degli déi minori della finanza ristretta e della piccola accademia locale nella convinzione di poter placare, per affinità parentale, l’ira delle divinità mondiali onnipossenti che già ci colpivano con le loro saette geopolitiche. Il risultato è che ora arrivano fulmini da tutte le parti. I dioscuri Napolitano e Monti sono i principali responsabili di questa punizione apocalittica. Stanno realizzando un sacco contro la patria, con scasso della sovranità nazionale, celando la loro manovra con i rituali della responsabilità e con le astruse formule tecniche che anziché segnalare la loro competenza indicano soltanto la loro arroganza. Il Paese non è più in grado di decidere per se stesso, riceve ordini dall’estero via telefono (ma soprattutto telepaticamente) e rinuncia alla sua indipendenza per potersi affiancare al tavolo dei prepotenti in posizione defilata e riversa. Prega in ginocchio per non essere ulteriormente percosso ma la posizione assunta non ispira nessuna pietà negli aguzzini. Questa condizione di minorità internazionale non ci porterà da nessuna parte perché dell’Europa, senza coraggio e coscienza, concepita dagli Usa come un cuscinetto, noi siamo diventati il misero lettino. A brandelli sulla branda in cui siamo stati legati ogni giorno gli avvoltoi vengono a mangiarci il fegato e la speranza. E’ vero quanto dicono molti analisti e cioè che questa crisi non può essere risolta esclusivamente dall’interno in quanto la sua natura è sovranazionale. Anzi, più ci diamo dentro con sacrifici ed immolazioni sull’altare della borsa più bruciamo le nostre possibilità di ripresa. Tuttavia, il fulcro del problema non è monetario, non dipende dalla debolezza dell’euro, dall’assenza di una linea fiscale unitaria, dal ruolo della BCE ecc. ecc. Semmai questi sono gli effetti infausti di una inesistente integrazione comunitaria che copre il vuoto politico intorno a cui il Continente ha costruito il suo tempio comune. Le catene che ci tengono stretti a Bruxelles sono dunque immaginarie, non esistono anche se tintinnano, eppure non riusciamo a muoverci ed a spezzare l’incantesimo. Più dei catenacci europei sono le nostre gambe inferme e pesanti ad impedirci di scattare fuori da questo incubo chiamato Ue, mentre i nostri “partners” cercano di coprirsi dalle raffiche sistemiche conciando la nostra pelle. L’unica forza politica che non si è accodata alla processione dei partiti col capo cosparso di cenere, al corteo dei finti cordoglianti che funeralizzano il futuro del popolo italiano è la Lega. Forse più per calcoli elettorali che per sincero sentimento sociale. Ad ogni modo le sole “bestemmie” contro i semidei del semistato che hanno semi-distrutto la Costituzione innalzandola più in alto per affossarla meglio sono uscite dalle bocche dei torvi federalisti. Calderoli ha praticamente chiesto l’impeachment di Napolitano anche se per la strada arzigogolata di una Commissione d’inchiesta parlamentare. E sono stati altri colleghi dell’ex ministro, verdi non più come leghisti ma ormai solo come marziani rispetto ai mutanti istituzionali lobotomizzati dalla tecnica, a sollevare più volte il conflitto d’interessi e ad attirare l’attenzione sugli addentellati di Monti con massonerie e poteri marci mondiali. Se il movimento di Bossi non si fosse fatto corrompere così a lungo dall’aria pestilenziale romana ci sarebbe da augurarsi che le minacce separatiste riuscissero finalmente ad incanalarsi in un seguito di piazza e di tumulto. Chissà che non sia proprio lo spauracchio più temuto degli ultimi decenni, quello della secessione, a diventare la scintilla di un sommovimento col quale innescare tendenze di malcontento e di rivolta in tutta la Penisola, da nord a sud. Fino al disordine generale. Dopo il casino berlusconiano e il casinò montiano col banco che perde sempre chiediamo il caos ingovernabile anche per il protettorato che ora sta giocando di sponda con le potenze estere per assicurarci una lenta e dolorosa agonia. Il crollo totale sta diventando un auspicio, proprio come nei primi anni del secolo scorso allorché, da Salvemini a Bordiga, si sperava che qualcuno o qualcosa spazzasse via lo Stato liberale ormai marcio nella fondamenta. Abbiamo superato il punto di non ritorno e gli iettatori di gabinetto tentano ancora di raggirarci con i conti da far tornare. Meglio che venga giù tutto per provare a ricostruire il tempo e lo spazio di un’ Italia libera e padrona del suo destino.

di Gianni Petrosillo

02 gennaio 2012

Big bank: indebitatevi di più e il mondo vi sorriderà






http://prestitiblog.com/files/2011/11/usura.jpg

Cosa ci riserva il 2012 in tema di crisi? La Germania lascerà l’euro oppure la Bce si deciderà ad emettere gli eurobond? Va quasi da sé che una cosa esclude l’altra. Se l’euro e l’Europa perdono la locomotiva tedesca, pensare a una mutualizzazione del debito sovrano degli altri paesi membri è pura follia. In realtà, non dovrebbero accadere nessuna delle due cose: perché alla Germania conviene tenersi una moneta sicuramente più debole dell’eventuale nuovo marco, ai fini di cambio sul mercato extra-continentale, e perché secondo Mario Draghi, in una recentissima intervista al Financial Time «non ci possono essere emissioni comuni» (di eurobond, s’intende) essendo impensabile «una garanzia reciproca ed una possibilità di spesa separata». E siccome, il percorso per arrivare a un bilancio unico per tutti i 26 paesi della Ue è quanto meno impervio, l’ipotesi delle euro-obbligazioni non sembra essere esattamente dietro l’angolo.

Eppure, qualcosa deve essere fatto. Anzi, è già stato fatto. Anche se non è esattamente quanto sarebbe auspicabile. Infatti, qualche settimana fa, la Bce ha gentilmente elargito a 500 banche sparse sul continente qualcosa come 489,2 miliardi di euro al fine di garantire la liquidità per finanziare l’economia reale delle piccole imprese e delle famiglie che, così ci fanno sapere, per l’80% ricorrono ai prestiti degli istituti di credito. Alle banche italiane, sono andati 40,2 miliardi di euro, ovvero più del doppio di quanto la manovra da lacrime e sangue messa in atto dal Governo Monti, fra Imu, accise e Iva, ci farà pagare. Insomma, la Banca centrale europea versa alle banche italiane, al tasso irrisorio dell’1%, una montagna di soldi per finanziare famiglie e imprese che sono costrette ad indebitarsi, ad un tasso ben superiore all’1%, per pagare i debiti dello stato. Bisogna ammetterlo: il meccanismo infernale del debito permanente di tutti, uomini e stati, verso chi stampa i nostri soldi per poi prestarceli ad interesse è geniale. E non consente vie di uscita: più paghi, più sarai costretto a pagare.

Per esempio, la Crédit Suisse, fine analista delle cose finanziarie europee, prevede che nel 2012 i titoli di stato decennali italiani toccheranno il tasso record del 9% e quelli francesi il 5%. L’intero sistema monetario europeo, a quel punto, potrebbe collassare. A meno che… A meno che non siano gli stessi speculatori a fare un passo indietro nel timore che il crollo faccia diventare carta straccia i titoli in loro possesso. Il che varrebbe quanto il bel gesto del torturatore che protraesse l’agonia del condannato per paura di perdere il lavoro.

In questo scenario che chiamare buio è un eufemismo, c’è pure chi ha trovato la radice del male: consumiamo poco. Consumando poco, non incentiviamo la produzione. E se non incentiviamo la produzione, è recessione. Infatti, per il 2012 le più rinomate agenzie di rating prevedono un andazzo di questo tipo per il Pil: Francia +0,5% (dal previsto +0,8%), della Germania +0,8% (da +1%) e dell’Italia +0,1% (da +0,2%). «La recessione che si sta avvicinando all’Europa ha colpito prima Spagna, Portogallo e Grecia e adesso si sta allargando verso i Paesi “core” della zona euro, Francia e Germania» commenta Jean Michel Six, capo-economista di Standard & Poor’s. La domanda, allora, è: come si fa a sostenere la produzione se i soldi destinati al consumo se ne vanno per pagare il fisco e, al contempo, salari e pensioni vengono congelati? Semplice: che glieli ha dati a fare quasi 500 miliardi di euro la Bce alle banche territoriali? Accendete un altro mutuo e il mondo vi sorriderà.

C’è una parola chiave che il vertice di Bce, il privatizzatore di tutto il privatizzato in Italia fra il 1993 e il 2001, Mario Draghi, usa con costanza: “credibilità”. A parer suo è tutto un problema di credibilità. Più sei credibile, più inneschi il meccanismo virtuoso degli investimenti. E come si fa ad essere credibili? Pagando i debiti. Ma se pago i debiti, contraendo nuovi debiti, sono più o meno credibile per gli investitori? Secondo Mario Draghi, lo sei. E con la recessione come la mettiamo? Finanziamo le banche che finanziano te: così puoi consumare di nuovo e di più. Insomma, più ti impoverisci, più ti indebiti e più sei credibile. Più sei credibile e più puoi indebitarti. Sembra quasi la perifrasi del celebre ed esilarante siparietto di Gianni e Pinotto dove, alla domanda: «Who’s on first?» la risposta del nome del giocatore di prima base, «Who» innescava la ripetizione della domanda e della risposta in un equivoco infinito. Solo che, nel nostro caso, non c’è proprio niente da ridere.
di Miro Renzaglia

31 dicembre 2011

L'anno che non verrà









Da sempre Capodanno rappresenta Il simbolico spartiacque fra un anno che sta morendo, con tutto il suo carico di accadimenti (buoni e cattivi) ed uno che sta nascendo, vestito per l’occasione di carezzevoli illusioni e condito di languide speranze. Una sorta di limbo dove rimanere per un istante sospesi fra il prima e il poi, a tracciare bilanci di vita e sognare vite che non ci apparteranno mai, prima che la giostra del divenire stemperi l’attimo ed il futuro si faccia presente, riportandoci alla realtà.
Guardare al 2012 che arriva, ostentando speranza ed ottimismo rappresenta però, più che in altre occasioni, un’esperienza dedicata a pochi intimi, dal momento che la ratio e la matematica ci riporterebbero immediatamente sulla terra, rendendoci consapevoli del fatto che il nuovo anno sarà molto peggiore del precedente, essendo state poste tutte le basi (ma proprio tutte) perché ci si ritrovi a rimpiangere gli ultimi dodici mesi, nonostante abbiano rappresentato il gradino più basso della storia recente nazionale ed internazionale.
In Italia nel lasso di tempo di un paio di settimane è stata alienata ogni residua e fittizia illusione di democrazia e le banche, nella persona dell’usuraio Monti, hanno di fatto esautorato i camerieri politici dal loro ruolo di mestieranti della commedia, ridimensionandoli ad arredamento del palazzo, oltretutto molto costoso e kitsch......


Il problema in sé potrebbe apparire di secondaria importanza, dal momento che il bestiario politico da tempo immemorabile prendeva ordini dal padrone, ma purtroppo così non è, perché dovendo il servo politico confrontarsi ogni 5 anni con il teatrino elettorale, si trovava giocoforza costretto a svolgere una minima opera di mediazione. E’ pur vero che il sistema monopartitico creato in occidente scimmiottando il modello americano garantiva ampi margini di sicurezza, privando il cittadino di qualsiasi possibilità di scegliere realmente, così come è vero che la classe politica aveva ormai assunto un carattere puramente autoreferenziale.
Ma è altrettanto lapalissiano il fatto che qualsiasi governo politico avesse inteso mandare i cittadini a vivere sotto i ponti, togliendo loro il proprio patrimonio e la possibilità di sostentarsi economicamente, avrebbe trovato comunque qualche difficoltà nel perpetrarsi nel tempo.
Monti e la congrega di banchieri da lui rappresentati non sono espressione delle urne e con le urne non dovranno confrontarsi mai. Incarnano esclusivamente i grandi interessi finanziari, sono servi alle dipendenze del denaro e il denaro non è dotato di sensibilità sociale, non è incline alle mediazioni, non deve moderarsi temendo di perdere voti, non possiede sentimenti e neppure pietà. Persegue un solo scopo, moltiplicarsi all’infinito nella maniera più rapida possibile, poco importa quali siano i costi in termini di macelleria sociale, dal momento che conosce un solo costo, quello monetario.
La dittatura del denaro è in assoluto la peggior forma di governo possibile, nel 2011 ne abbiamo avuto un primo assaggio con la soppressione delle pensioni per tutte le nuove generazioni (e buona parte delle vecchie), l’aumento indiscriminato di tasse e costi a carico di una popolazione già fortemente impoverita, la riduzione delle opportunità di lavoro. Ma solo nel 2012 saremo in grado di apprezzare la reale dimensione del disastro che sta precipitando sulle nostre teste e il contatto con la realtà risulterà con tutta probabilità drammatico.

Il 2011 è stato anche l’anno in cui si è dovuto prendere coscienza della disarmante vulnerabilità dei cittadini qualora intendano difendere il territorio in cui vivono da grandi e piccole opere di devastazione ambientale. L’illusione (da me più volte condivisa) che una popolazione fortemente determinata e con la forza dei numeri potesse opporsi alle ruspe ed ai cantieri si è palesata di fatto priva di fondamento. Non esistono più remore nel bastonare cittadini inermi e quando monta la protesta le forze dell’ordine sonodisposte ad uccidere, senza che la stampa e l’opinione pubblica considerino la cosa disdicevole.
In una situazione di questo genere ogni forma di resistenza fisica, più o meno pacifica, non può che risultare perdente, dal momento che si tratta di un confronto impari, dove chi mena ti può anche ammazzare restando dalla parte della ragione.
Non è un caso che tutte le opere più controverse siano state costruite o cantierizzate con l’uso della violenza, dalla base militare americana Dal Molin al TAV in Val di Susa, passando attraverso inceneritori, autostrade, centrali a carbone, turbogas e chi più ne ha ne metta.
Ai cittadini non resta altra via che protestare con le bandierine attraverso cortei pacifici (che magari contribuiscono a creare la carriera di qualche politico o sindacalista d’accatto) nell’attesa che l’opera sia completata, o confrontarsi militarmente con "soldati" che arrivano dall’Afghanistan, con la consapevolezza che quando ti ritroverai in ospedale verrai tacciato come una “bestia violenta” che ha ricevuto ciò che si meritava.

Ma il 2011 è stato anche l’anno dello sdoganamento definitivo delle guerre di conquista coloniale attraverso il metodo della rivoluzione colorata, costruita, finanziata e pilotata dal colonizzatore.
La Libia ha dimostrato chiaramente come la pratica garantisca ampie prospettive di successo a fronte di costi economici tutto sommato esigui. In pochi mesi un prospero paese è stato distrutto, chi lo governava da decine di anni ammazzato come un cane, i civili che lo sostenevano sterminati in massa. Il tutto senza che nessuno avesse nulla da obiettare e con la compiacenza di tutte le istituzioni internazionali, ormai palesemente braccio burocratico della colonizzazione occidentale.
Dopo l’inferno libico la strada è tracciata e c’è da scommettere che i prossimi inferni saranno ancora peggiori e, se possibile, perfino più raccapriccianti.

E’ stato anche l’anno dei droni, usati in maniera sempre più massiccia per sterminare le popolazioni, mentre all’altro capo del mondo un ragazzotto si cimenta con il joystik come si trattasse di un videogame. Delle telecamere ormai più numerose delle vetrine che filmano ogni attimo della tua vita. Della guerra al contante, con l'imposizione agli anziani pensionati di aprire un conto corrente. Dei movimenti che s’indignano a comando. Dei benpensanti che difendono la costituzione quando hanno interessi per farlo, ma ne dimenticano l’esistenza subito dopo. Della farsa dei referendum, studiati ad arte per raggirare chi votava. Del disastro di Fukushima, troppo presto caduto nell'oblio. Dell'assassiniodell'ologramma di Bin Ladin. Dei troppi “movimenti” che avevano fatto delle piazze le loro case quando governava Berlusconi, ma sono evaporati con l’arrivo di Monti. Dei sindacati che dopo avere svenduto tutto non sanno più cosa mettere in saldo e dei saldi ormai anticipati a Capodanno, perché iniziarli a Natale potrebbe risultare disdicevole.

In alto i calici e brindiamo, a cosa? Ad una morte inconsapevole con il sorriso sulle labbra, che in fondo è meglio di quando te l’aspetti.
di Marco Cedolin