02 aprile 2012

La Germania Prepara le (sue) Banche alla Bancarotta dei Paesi Perifrici

Forse non capisco, ma questa notizia prepara la fine dell’euro – e speriamo – di Draghi, di Monti e di Bruxelles. Da Bloomberg: «La Bundesbank è la prima delle 17 Banche Centrali dell’area euro a rifiutare di accettare come collaterale i titoli di banche garantiti da Stati membri che ricevono aiuto dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale». (European Bailout Stigma Shifts From Banks To Sovereigns As Bundesbank Refuses PIG Collateral) Ricordiamo in breve cosa sono i «collaterali»: quando chiedete un mutuo, offrite alla banca la casa, su cui la banca accende un’ipoteca e che si prenderà se voi non pagate il debito. La casa data in garanzia è un collaterale. Altri collaterali possono essere azioni, obbligazioni, titoli pubblici, BOT, eccetera. Se non intendo male, la notizia significa che la Banca Centrale Tedesca non dà più soldi in prestito alle banche che offrono in garanzia i titoli di debito di Spagna, Italia, Portogallo. O detto altrimenti: niente alle banche che hanno chiesto e ricevuto il miliardone di denaro all’1% creato dal nulla dalla BCE di Mario Draghi, o almeno – sottolineo – non a quelle banche insediate in Stati in difficoltà: Spagna, Italia, Portogallo…. I «collaterali» di quegli Stati non valgono un piffero come garanzia per aver denaro in prestito, ergo i collaterali delle banche di quegli Stati valgono ancor meno. Questa mossa della Bundesbank è un colpo di artiglieria contro la BCE, e un atto di sabotaggio contro Mario Draghi specificamente. Per spargere il miliardone all’1% (LTRO, Long Term Refinancing Operation), Draghi ha accettato dalle banche bisognose «collaterali» più che dubbi, fuffa, spazzatura, crediti poco o nulla esigibili. È noto che i tedeschi nella BCE non hanno apprezzato. Ora, stanno dicendo che chi ha preso quei soldi è marchiato d’infamia («stigma» in inglese), essendosi confessato insolvente – cosa che Draghi aveva esplicitamente negato a febbraio. (…) Ed ora?, si domanda l’ottimo sito Zero Hedge: «Siccome è inevitabile che Spagna e Italia siano le prossime a salire sul carro dei salvataggi (avranno bisogno dei prestiti del Fondo Monetario e del «Firewall» da un miliardo messo su malamente dalla UE, e già ritenuto insufficiente), cosa accade quando 2 trilioni di titoli diventano inadatti come collaterali per l’unica Banca Centrale solvibile del mondo?». Che cosa accade alle centinaia di miliardi di titoli di debito italico-ispanico da rinnovare nell’anno? «Dove va la Buba, tutti gli altri seguiranno», dice Zero Hedge: ossia anche gli altri finanzieri e speculatori negheranno il credito. A meno che non mi sbagli, questo è il crollo. È anche un atto di sabotaggio deliberato della Bundesbank contro la BCE, anzi contro l’Eurozona. Berlino vuole scardinare la moneta unica, senza dirlo? Fino ad oggi, il piano tedesco era di legare la sua partecipazione ai salvataggi dei PIIG a condizioni così dure, austerità, tagli, recessione imposte ai debitori, da rendere «missione impossibile» il risanamento di quei Paesi (…) Zero Hedge insinua che Berlino ha imposto così dure condizioni, e continua a fare affermazioni di insopportabile arroganza, nella speranza che la Grecia – e poi Spagna e Italia – escano dall’euro, anziché subire diktat così inaccettabili sul piano sociale, politico, della dignità nazionale. Invece quelli – fra cui noi, con Monti – continuano a stare aggrappati alla greppia, accettano l’inaccettabile, impegnano i loro cittadini e contribuenti per i secoli a venire con aggravii schiaccianti, pur di non uscire dal sistema. Per una volta non sono d’accordo con l’interpretazione data da Maurizio Blondet e da ZeroHedge. Troppo complicato il complotto tedesco per costringere i paesi periferici ad uscire dall’euro. Se la Germania e gli altri paesi virtuosi (e dunque pagatori degli aiuti) davvero lo volessero, uscirebbero dall’euro. Senza tanti sofismi all’italiana (o alla greca). Credo che la realtà sia assai più semplice e come spesso accade banale (eh si la realtà spesso è di una banalità sconcertante). Torniamo alla notizia data da Bloomberg (e ben tradotta e riassunta da Blondet, qui in originale). «La Bundesbank è la prima delle 17 Banche Centrali dell’area euro a rifiutare di accettare come collaterale i titoli di banche garantiti da Stati membri che ricevono aiuto dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale». Come ormai saprete per accedere ai finanziamenti della BCE all’1% alle banche fu richiesto di presentare un collaterale di scarsa o scarsissima qualità MA dotato di garanzia statale. In altre parole in caso di insolvenza della banca e di insufficienza della garanzia escussa dalla BCE i soldi ce li devono mettere gli stati (si proprio noi, magari con una maggiorazione sul bollettino dell’IMU….oooh non lo sapevate? Strano di solito i Media Sussidiati sono così precisi.) E’ ovvio che se uno stato va in bancarotta trascina con se un certo numero di banche che operano sul suo territorio. Se facciamo il caso che un paese europeo (metti il Portogallo) dichiari lo stato di insolvenza e che come logica conseguenza una banca con un 30 miliardi di prestiti LTRO di quel paese (metti Il Banco di Madeira) dichiari bancarotta e che si scopra che le garanzie date dalla banca alla BCE siano fuffa come da regolamento della stessa BCE, è OVVIO che quel tipo di credito sia cartastraccia. Se al contrario il collaterale-fuffa fosse stato garantito da uno stato ancora solvibile (metti l’Olanda) il problema sarebbe meno grave e alla fine il credito esigibile. Dunque la BUBA ha preso una decisione di normale buon senso (ah questi tedeschi il viziaccio del buon senso proprio non riescono a toglierselo). Ci sono due significati da dare a questa decisione: Quello Principale (Noi Bundesbank) Crediamo che sia molto probabile il fallimento di Stati e Banche europei con i conti non a posto. Dunque non accettiamo più titoli strutturati con questo tipo di garanzia. Quello Secondario Care banche tedesche fareste bene a NON accettare come collaterale i titoli bancari garantiti da stati che ricevono aiuti dall’UE e dall’FMI. Sappiate che la Bundesbank stima altamente probabile il fallimento di uno o più di questi stati (banche incluse). Tradotto dal Tedesco: liberativi il più presto possibile dai Bond Portoghesi, Irlandesi, Greci Interpretato da un banchiere tedesco: dobbiamo vendere i titoli bancari e i titoli di stato di ogni paese a rischio default. Non solo quelli che hanno GIA’ ricevuto aiuti. ….il primo che urla al complotto teutonico lo banno per manifesta imbecillita. di Maurizio Blondet

27 marzo 2012

Economista giapponese accusa l'establishment anglo-americano di aver provocato la Nuova Grande Depressione

Daisuke Kotegawa (Canon Institute for Global Studies) 24 marzo 2012 (MoviSol) – Daisuke Kotegawa, ex funzionario ad alto livello del Ministero delle Finanze giapponese e rappresentante nipponico presso il FMI, ha descritto l'abrogazione della legge Glass-Steagall come "la principale causa strutturale della bolla finanziaria negli Stati Uniti e in Europa, dal 2002 al 2007". Scrivendo per il Canon Institute for Global Studies, di cui è ora il direttore della ricerca, Kotegawa ha anche attaccato la risposta fallimentare del gruppo costituito da Paulson, Geithner e Darling a Londra e a New York quando si verificò il collasso finanziario del 2008, una decisione a suo avviso responsabile dell'aggravamento della crisi globale. Ha paragonato la scelta di quel gruppo a come egli personalmente gestì un'analoga crisi del suo Paese, quella del 1999 (allora era direttore del dipartimento titoli del Ministero delle Finanze), in primo luogo imponendo il disbrigo delle transazioni estere delle società fallite, quindi consentendo al Giappone di assorbire i costi della liquidazione, piuttosto che costringere il resto del mondo a pagare per la crisi nipponica, e parallelamente incarcerando numerosi banchieri, azione da lui ripetutamente suggerita agli Stati Uniti e al Regno Unito, i quali hanno finora fatto orecchie da mercante. Riportiamo alcuni estratti delle sue dichiarazioni, con enfasi aggiunta dalla nostra redazione: «Perché la crisi economica mondiale si è avuta dopo il caso sconcertante della banca Lehman Brothers? Si è discusso pochissimo a tal proposito, con la giusta profondità, probabilmente come riflesso del vizio che affligge i media occidentali, quando si occupano di Wall Street. La totale abrogazione del Glass-Steagall Act nel febbraio 1999 fu la principale causa strutturale della bolla finanziaria negli Stati Uniti e in Europa, dal 2002 al 2007. Fu abrogata sotto l’influsso del ministro del Tesoro Lawrence Summers, durante il processo di liberalizzazione dei mercati finanziari della fine del XX secolo. La legge era stata posta in vigore nel 1933, al fine di separare le banche d’affari dalle banche commerciali, alla luce delle tragiche esperienze della Grande Depressione. La liquidità in surplus creata in un lungo periodo di lassa politica monetaria, durante il primo decennio del XXI secolo, sotto gli auspici del presidente della Federal Reserve di Alan Greenspan, ha alimentato il cosiddetto gioco monetario delle banche d'affari, che è stato inconsistente con le leggi della vera domanda. Una tale politica e un tale amministrazione della Riserva Federale e del Tesoro sono state le cause principali della bolla.» Parlando della sua gestione del collasso finanziario di Yamaichi Securities, ecc. nel 1997: «Lehman Brothers andò in bancarotta, il lunedì 15 settembre 2008, senza sbrigare il suo enorme volume di transazioni transfrontaliere. Ciò ebbe uno stupefacente effetto contagioso sul sistema finanziario mondiale, a cominciare dalla branca londinese di AIG, e scatenò una depressione mondiale paragonabile alla Grande Depressione precedente la Seconda Guerra Mondiale... Liquidare la Lehman Brothers solo dopo il disbrigo delle sue transazioni con l'estero avrebbe impedito la crisi mondiale. In modo sufficientemente comprensibile, se Lehman Brothers fosse stata liquidata solo dopo il disbrigo, il governo degli Stati Uniti avrebbe dovuto impiegare una grande quantità di denaro dei contribuenti per quel salvataggio, per proteggere il sistema finanziario americano, e porre un freno a qualunque effetto contagioso di altri istituti finanziari. Se questo fosse accaduto, il governo avrebbe avuto bisogno di offrire una spiegazione plausibile ai contribuenti dell'uso di una così grande quantità di denaro pubblico. Ciò, molto probabilmente, avrebbe implicato una inchiesta sulle responsabilità della dirigenza e delle autorità di controllo.» «Una simile inchiesta non è mai stata condotta negli Stati Uniti e nel Regno Unito, nei tre anni e mezzo dalla caduta di Lehman Brothers. Al contrario, dieci anni fa in Giappone, la responsabilità dei dirigenti esecutivi degli istituti finanziari falliti, come Yamaichi, LTCB e NCB, furono indagate approfonditamente, mentre la maggioranza degli stessi fu arrestata e perseguita. Da lungo tempo abbiamo indicato alle nostre controparti nei governi degli Stati Uniti e del Regno Unito la necessità di tali inchieste, ma la nostra voce è rimasta inascoltata».

Che la Goldman sia con te

A cosa servono le idee? Ad affrontare la giornata? No, per questa possono bastare i riflessi condizionati di cui anche l’uomo, come gli animali – Pavlov insegna – risulta dotato. A prendere iniziative per essere felici? A effettuare tentativi – magari non individuali, bensì collettivi – per cambiare la realtà, i suoi rapporti di forza, la sua struttura sociale? Già su questo piano potremmo esserci. Anzi, ci siamo. Ma allora la domanda si sposta. Chi ha idee oggi in Italia? Chi mette in campo le idee che ha perché le cose cambino? La Chiesa cattolica? I partiti? I movimenti? Gli intellettuali? Immagino le risposte dei lettori di Nuova Vicenza. Sono risposte realistiche, corrette. Identificabili al punto che si possono omettere.
Viviamo in un paese dove i rapporti di forza, già delineati da tempo, sono, per intima loro natura e grazia, tali da essere stati concepiti per la loro conservazione sine die. Rapporti di forza economici, industriali, ideali, religiosi. Nulla fa pensare che ci sia una sola forza intellettuale, produttrice di idee, detentrice del diritto a cambiarli, a modificarne l’iter.
In Italia il futuro dei prossimi dieci anni è già segnato. Monti è lo spartiacque iniziale fra il passato e i prossimi dieci (forse venti) anni. Con l’avvento di Monti è terminata la fase del conflitto delle idee. L’ultimo a giustificare il conflitto è stato Berlusconi con il suo contrastato regno. Finito Berlusconi, finito il regno visibile (quello invisibile prosegue la corsa), finiti i conflitti, finite le idee. Come potevamo supporre nel corso di quel regno la sua forza era un limite per sé medesimo (sempre lo stesso vuoto, la solita TV, le stesse figure femminili virtuali, gli stessi conflitti con la giustizia) ma soprattutto per gli oppositori, sfiancati dalla sua resistenza e dalla loro concentrazione su un unico obiettivo. L’anti-berlusconismo era troppo impegnato sul proprio versante bellico per avere tempo e modo (e genio) per altri obiettivi. Finito Berlusconi, finito lo schieramento anti, siamo tutti in un deserto. E i Tartari non arrivano mai.
Questa lunga premessa mi è servita per delineare un primo simbolo dell’insussistenza di idee (che hegelianamente dovrebbero portare a novità su una situazione statica): il fenomeno Mario Monti. Il vero golem nazionale, oggi.
Mario Monti viene dal mondo economico della conservazione, il liberismo estremo dei bocconiani. Al di là degli incarichi pubblici che il “pensiero unico” liberista nato negli anni ’80 e tuttora in auge in occidente gli ha affidato (Commissario Europeo alla Concorrenza, eccetera) il nostro professore è stato (ed è?) un esponente di grido dell’americana Goldman Sachs, la famosa banca d’affari uscita da tutte le crisi (a partire dal ’29) con l’aureola, e sempre capace di riciclarsi. Con uno stile unico: tenere i propri uomini in sospeso, sempre in un pendant magico fra il mondo asettico del profitto finanziario e la politica. In un lessico più corretto questo si chiama conflitto di interessi (e di quelli letali, anche, altro che i berluschini) ma non importa.
Oggi la Goldman è a disagio per qualche buccia di banana su cui recentemente è scivolata. Ma certo, se fossi stato fascista ai tempi della peggiore propaganda non avrei esitato a portare la Goldman come esempio di demoplutocrazia. Oggi sarei un nostalgico. Ma ci sono fatti che non si possono nascondere. La Goldman produce influenza planetaria e profitti altissimi. Dal suo scranno centrale cova le istituzioni democratiche e mette i propri uomini a capo di esse.
Esempi. Henry Paulson esce da Goldman come presidente e diventa ministro del tesoro di George W. Bush. Robert Rubin, alto dirigente Goldman diventa ministro del tesoro con Clinton. William Dudley, alto dirigente Goldman, diventa presidente della Federal Reserve di New York. Mario Draghi, prima di diventare governatore della Banca d’Italia e ora presidente della BCE, è stato dirigente Goldman. Lo stesso Romano Prodi, catturato ai tempi dell’IRI da Goldman, è poi diventato presidente del consiglio italiano. E Gianni Letta, braccio destro del signor B., membro dell’Advisory Board di Goldman. E come Letta, Monti, anche lui dell’Advisory Board.
Ricordate i tempi in cui si parlava di pensiero unico? Ci si arrovellava il cervello. Più che dei capi di stato e di governo, lo pensavamo dominio di un grande vecchio. Ma sì, era la Goldman! Virtualmente, senz’altro, fisicamente, quasi certamente, pure. L’esaltazione del profitto finanziario, l’invenzione dei derivati, il profitto che viene dall’etere e via fantasticando, sono tutte creature Goldman. Che non si limita a fare profitti, vuole che la sua filosofia corrompa – per il bene di tutti, naturalmente – la politica. Con i suoi uomini: alti, forti, prestigiosi, a volte un po’ rarefatti.
Monti non potrà mai disdegnare questa sua radice. Per questo non c’è bisogno di idee. Basta mantenere il corso già tracciato dal pensiero unico (che, per definizione è immobile, cioè senza idee). Basta ascoltare Goldman.
di Pino Dato

02 aprile 2012

La Germania Prepara le (sue) Banche alla Bancarotta dei Paesi Perifrici

Forse non capisco, ma questa notizia prepara la fine dell’euro – e speriamo – di Draghi, di Monti e di Bruxelles. Da Bloomberg: «La Bundesbank è la prima delle 17 Banche Centrali dell’area euro a rifiutare di accettare come collaterale i titoli di banche garantiti da Stati membri che ricevono aiuto dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale». (European Bailout Stigma Shifts From Banks To Sovereigns As Bundesbank Refuses PIG Collateral) Ricordiamo in breve cosa sono i «collaterali»: quando chiedete un mutuo, offrite alla banca la casa, su cui la banca accende un’ipoteca e che si prenderà se voi non pagate il debito. La casa data in garanzia è un collaterale. Altri collaterali possono essere azioni, obbligazioni, titoli pubblici, BOT, eccetera. Se non intendo male, la notizia significa che la Banca Centrale Tedesca non dà più soldi in prestito alle banche che offrono in garanzia i titoli di debito di Spagna, Italia, Portogallo. O detto altrimenti: niente alle banche che hanno chiesto e ricevuto il miliardone di denaro all’1% creato dal nulla dalla BCE di Mario Draghi, o almeno – sottolineo – non a quelle banche insediate in Stati in difficoltà: Spagna, Italia, Portogallo…. I «collaterali» di quegli Stati non valgono un piffero come garanzia per aver denaro in prestito, ergo i collaterali delle banche di quegli Stati valgono ancor meno. Questa mossa della Bundesbank è un colpo di artiglieria contro la BCE, e un atto di sabotaggio contro Mario Draghi specificamente. Per spargere il miliardone all’1% (LTRO, Long Term Refinancing Operation), Draghi ha accettato dalle banche bisognose «collaterali» più che dubbi, fuffa, spazzatura, crediti poco o nulla esigibili. È noto che i tedeschi nella BCE non hanno apprezzato. Ora, stanno dicendo che chi ha preso quei soldi è marchiato d’infamia («stigma» in inglese), essendosi confessato insolvente – cosa che Draghi aveva esplicitamente negato a febbraio. (…) Ed ora?, si domanda l’ottimo sito Zero Hedge: «Siccome è inevitabile che Spagna e Italia siano le prossime a salire sul carro dei salvataggi (avranno bisogno dei prestiti del Fondo Monetario e del «Firewall» da un miliardo messo su malamente dalla UE, e già ritenuto insufficiente), cosa accade quando 2 trilioni di titoli diventano inadatti come collaterali per l’unica Banca Centrale solvibile del mondo?». Che cosa accade alle centinaia di miliardi di titoli di debito italico-ispanico da rinnovare nell’anno? «Dove va la Buba, tutti gli altri seguiranno», dice Zero Hedge: ossia anche gli altri finanzieri e speculatori negheranno il credito. A meno che non mi sbagli, questo è il crollo. È anche un atto di sabotaggio deliberato della Bundesbank contro la BCE, anzi contro l’Eurozona. Berlino vuole scardinare la moneta unica, senza dirlo? Fino ad oggi, il piano tedesco era di legare la sua partecipazione ai salvataggi dei PIIG a condizioni così dure, austerità, tagli, recessione imposte ai debitori, da rendere «missione impossibile» il risanamento di quei Paesi (…) Zero Hedge insinua che Berlino ha imposto così dure condizioni, e continua a fare affermazioni di insopportabile arroganza, nella speranza che la Grecia – e poi Spagna e Italia – escano dall’euro, anziché subire diktat così inaccettabili sul piano sociale, politico, della dignità nazionale. Invece quelli – fra cui noi, con Monti – continuano a stare aggrappati alla greppia, accettano l’inaccettabile, impegnano i loro cittadini e contribuenti per i secoli a venire con aggravii schiaccianti, pur di non uscire dal sistema. Per una volta non sono d’accordo con l’interpretazione data da Maurizio Blondet e da ZeroHedge. Troppo complicato il complotto tedesco per costringere i paesi periferici ad uscire dall’euro. Se la Germania e gli altri paesi virtuosi (e dunque pagatori degli aiuti) davvero lo volessero, uscirebbero dall’euro. Senza tanti sofismi all’italiana (o alla greca). Credo che la realtà sia assai più semplice e come spesso accade banale (eh si la realtà spesso è di una banalità sconcertante). Torniamo alla notizia data da Bloomberg (e ben tradotta e riassunta da Blondet, qui in originale). «La Bundesbank è la prima delle 17 Banche Centrali dell’area euro a rifiutare di accettare come collaterale i titoli di banche garantiti da Stati membri che ricevono aiuto dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale». Come ormai saprete per accedere ai finanziamenti della BCE all’1% alle banche fu richiesto di presentare un collaterale di scarsa o scarsissima qualità MA dotato di garanzia statale. In altre parole in caso di insolvenza della banca e di insufficienza della garanzia escussa dalla BCE i soldi ce li devono mettere gli stati (si proprio noi, magari con una maggiorazione sul bollettino dell’IMU….oooh non lo sapevate? Strano di solito i Media Sussidiati sono così precisi.) E’ ovvio che se uno stato va in bancarotta trascina con se un certo numero di banche che operano sul suo territorio. Se facciamo il caso che un paese europeo (metti il Portogallo) dichiari lo stato di insolvenza e che come logica conseguenza una banca con un 30 miliardi di prestiti LTRO di quel paese (metti Il Banco di Madeira) dichiari bancarotta e che si scopra che le garanzie date dalla banca alla BCE siano fuffa come da regolamento della stessa BCE, è OVVIO che quel tipo di credito sia cartastraccia. Se al contrario il collaterale-fuffa fosse stato garantito da uno stato ancora solvibile (metti l’Olanda) il problema sarebbe meno grave e alla fine il credito esigibile. Dunque la BUBA ha preso una decisione di normale buon senso (ah questi tedeschi il viziaccio del buon senso proprio non riescono a toglierselo). Ci sono due significati da dare a questa decisione: Quello Principale (Noi Bundesbank) Crediamo che sia molto probabile il fallimento di Stati e Banche europei con i conti non a posto. Dunque non accettiamo più titoli strutturati con questo tipo di garanzia. Quello Secondario Care banche tedesche fareste bene a NON accettare come collaterale i titoli bancari garantiti da stati che ricevono aiuti dall’UE e dall’FMI. Sappiate che la Bundesbank stima altamente probabile il fallimento di uno o più di questi stati (banche incluse). Tradotto dal Tedesco: liberativi il più presto possibile dai Bond Portoghesi, Irlandesi, Greci Interpretato da un banchiere tedesco: dobbiamo vendere i titoli bancari e i titoli di stato di ogni paese a rischio default. Non solo quelli che hanno GIA’ ricevuto aiuti. ….il primo che urla al complotto teutonico lo banno per manifesta imbecillita. di Maurizio Blondet

27 marzo 2012

Economista giapponese accusa l'establishment anglo-americano di aver provocato la Nuova Grande Depressione

Daisuke Kotegawa (Canon Institute for Global Studies) 24 marzo 2012 (MoviSol) – Daisuke Kotegawa, ex funzionario ad alto livello del Ministero delle Finanze giapponese e rappresentante nipponico presso il FMI, ha descritto l'abrogazione della legge Glass-Steagall come "la principale causa strutturale della bolla finanziaria negli Stati Uniti e in Europa, dal 2002 al 2007". Scrivendo per il Canon Institute for Global Studies, di cui è ora il direttore della ricerca, Kotegawa ha anche attaccato la risposta fallimentare del gruppo costituito da Paulson, Geithner e Darling a Londra e a New York quando si verificò il collasso finanziario del 2008, una decisione a suo avviso responsabile dell'aggravamento della crisi globale. Ha paragonato la scelta di quel gruppo a come egli personalmente gestì un'analoga crisi del suo Paese, quella del 1999 (allora era direttore del dipartimento titoli del Ministero delle Finanze), in primo luogo imponendo il disbrigo delle transazioni estere delle società fallite, quindi consentendo al Giappone di assorbire i costi della liquidazione, piuttosto che costringere il resto del mondo a pagare per la crisi nipponica, e parallelamente incarcerando numerosi banchieri, azione da lui ripetutamente suggerita agli Stati Uniti e al Regno Unito, i quali hanno finora fatto orecchie da mercante. Riportiamo alcuni estratti delle sue dichiarazioni, con enfasi aggiunta dalla nostra redazione: «Perché la crisi economica mondiale si è avuta dopo il caso sconcertante della banca Lehman Brothers? Si è discusso pochissimo a tal proposito, con la giusta profondità, probabilmente come riflesso del vizio che affligge i media occidentali, quando si occupano di Wall Street. La totale abrogazione del Glass-Steagall Act nel febbraio 1999 fu la principale causa strutturale della bolla finanziaria negli Stati Uniti e in Europa, dal 2002 al 2007. Fu abrogata sotto l’influsso del ministro del Tesoro Lawrence Summers, durante il processo di liberalizzazione dei mercati finanziari della fine del XX secolo. La legge era stata posta in vigore nel 1933, al fine di separare le banche d’affari dalle banche commerciali, alla luce delle tragiche esperienze della Grande Depressione. La liquidità in surplus creata in un lungo periodo di lassa politica monetaria, durante il primo decennio del XXI secolo, sotto gli auspici del presidente della Federal Reserve di Alan Greenspan, ha alimentato il cosiddetto gioco monetario delle banche d'affari, che è stato inconsistente con le leggi della vera domanda. Una tale politica e un tale amministrazione della Riserva Federale e del Tesoro sono state le cause principali della bolla.» Parlando della sua gestione del collasso finanziario di Yamaichi Securities, ecc. nel 1997: «Lehman Brothers andò in bancarotta, il lunedì 15 settembre 2008, senza sbrigare il suo enorme volume di transazioni transfrontaliere. Ciò ebbe uno stupefacente effetto contagioso sul sistema finanziario mondiale, a cominciare dalla branca londinese di AIG, e scatenò una depressione mondiale paragonabile alla Grande Depressione precedente la Seconda Guerra Mondiale... Liquidare la Lehman Brothers solo dopo il disbrigo delle sue transazioni con l'estero avrebbe impedito la crisi mondiale. In modo sufficientemente comprensibile, se Lehman Brothers fosse stata liquidata solo dopo il disbrigo, il governo degli Stati Uniti avrebbe dovuto impiegare una grande quantità di denaro dei contribuenti per quel salvataggio, per proteggere il sistema finanziario americano, e porre un freno a qualunque effetto contagioso di altri istituti finanziari. Se questo fosse accaduto, il governo avrebbe avuto bisogno di offrire una spiegazione plausibile ai contribuenti dell'uso di una così grande quantità di denaro pubblico. Ciò, molto probabilmente, avrebbe implicato una inchiesta sulle responsabilità della dirigenza e delle autorità di controllo.» «Una simile inchiesta non è mai stata condotta negli Stati Uniti e nel Regno Unito, nei tre anni e mezzo dalla caduta di Lehman Brothers. Al contrario, dieci anni fa in Giappone, la responsabilità dei dirigenti esecutivi degli istituti finanziari falliti, come Yamaichi, LTCB e NCB, furono indagate approfonditamente, mentre la maggioranza degli stessi fu arrestata e perseguita. Da lungo tempo abbiamo indicato alle nostre controparti nei governi degli Stati Uniti e del Regno Unito la necessità di tali inchieste, ma la nostra voce è rimasta inascoltata».

Che la Goldman sia con te

A cosa servono le idee? Ad affrontare la giornata? No, per questa possono bastare i riflessi condizionati di cui anche l’uomo, come gli animali – Pavlov insegna – risulta dotato. A prendere iniziative per essere felici? A effettuare tentativi – magari non individuali, bensì collettivi – per cambiare la realtà, i suoi rapporti di forza, la sua struttura sociale? Già su questo piano potremmo esserci. Anzi, ci siamo. Ma allora la domanda si sposta. Chi ha idee oggi in Italia? Chi mette in campo le idee che ha perché le cose cambino? La Chiesa cattolica? I partiti? I movimenti? Gli intellettuali? Immagino le risposte dei lettori di Nuova Vicenza. Sono risposte realistiche, corrette. Identificabili al punto che si possono omettere.
Viviamo in un paese dove i rapporti di forza, già delineati da tempo, sono, per intima loro natura e grazia, tali da essere stati concepiti per la loro conservazione sine die. Rapporti di forza economici, industriali, ideali, religiosi. Nulla fa pensare che ci sia una sola forza intellettuale, produttrice di idee, detentrice del diritto a cambiarli, a modificarne l’iter.
In Italia il futuro dei prossimi dieci anni è già segnato. Monti è lo spartiacque iniziale fra il passato e i prossimi dieci (forse venti) anni. Con l’avvento di Monti è terminata la fase del conflitto delle idee. L’ultimo a giustificare il conflitto è stato Berlusconi con il suo contrastato regno. Finito Berlusconi, finito il regno visibile (quello invisibile prosegue la corsa), finiti i conflitti, finite le idee. Come potevamo supporre nel corso di quel regno la sua forza era un limite per sé medesimo (sempre lo stesso vuoto, la solita TV, le stesse figure femminili virtuali, gli stessi conflitti con la giustizia) ma soprattutto per gli oppositori, sfiancati dalla sua resistenza e dalla loro concentrazione su un unico obiettivo. L’anti-berlusconismo era troppo impegnato sul proprio versante bellico per avere tempo e modo (e genio) per altri obiettivi. Finito Berlusconi, finito lo schieramento anti, siamo tutti in un deserto. E i Tartari non arrivano mai.
Questa lunga premessa mi è servita per delineare un primo simbolo dell’insussistenza di idee (che hegelianamente dovrebbero portare a novità su una situazione statica): il fenomeno Mario Monti. Il vero golem nazionale, oggi.
Mario Monti viene dal mondo economico della conservazione, il liberismo estremo dei bocconiani. Al di là degli incarichi pubblici che il “pensiero unico” liberista nato negli anni ’80 e tuttora in auge in occidente gli ha affidato (Commissario Europeo alla Concorrenza, eccetera) il nostro professore è stato (ed è?) un esponente di grido dell’americana Goldman Sachs, la famosa banca d’affari uscita da tutte le crisi (a partire dal ’29) con l’aureola, e sempre capace di riciclarsi. Con uno stile unico: tenere i propri uomini in sospeso, sempre in un pendant magico fra il mondo asettico del profitto finanziario e la politica. In un lessico più corretto questo si chiama conflitto di interessi (e di quelli letali, anche, altro che i berluschini) ma non importa.
Oggi la Goldman è a disagio per qualche buccia di banana su cui recentemente è scivolata. Ma certo, se fossi stato fascista ai tempi della peggiore propaganda non avrei esitato a portare la Goldman come esempio di demoplutocrazia. Oggi sarei un nostalgico. Ma ci sono fatti che non si possono nascondere. La Goldman produce influenza planetaria e profitti altissimi. Dal suo scranno centrale cova le istituzioni democratiche e mette i propri uomini a capo di esse.
Esempi. Henry Paulson esce da Goldman come presidente e diventa ministro del tesoro di George W. Bush. Robert Rubin, alto dirigente Goldman diventa ministro del tesoro con Clinton. William Dudley, alto dirigente Goldman, diventa presidente della Federal Reserve di New York. Mario Draghi, prima di diventare governatore della Banca d’Italia e ora presidente della BCE, è stato dirigente Goldman. Lo stesso Romano Prodi, catturato ai tempi dell’IRI da Goldman, è poi diventato presidente del consiglio italiano. E Gianni Letta, braccio destro del signor B., membro dell’Advisory Board di Goldman. E come Letta, Monti, anche lui dell’Advisory Board.
Ricordate i tempi in cui si parlava di pensiero unico? Ci si arrovellava il cervello. Più che dei capi di stato e di governo, lo pensavamo dominio di un grande vecchio. Ma sì, era la Goldman! Virtualmente, senz’altro, fisicamente, quasi certamente, pure. L’esaltazione del profitto finanziario, l’invenzione dei derivati, il profitto che viene dall’etere e via fantasticando, sono tutte creature Goldman. Che non si limita a fare profitti, vuole che la sua filosofia corrompa – per il bene di tutti, naturalmente – la politica. Con i suoi uomini: alti, forti, prestigiosi, a volte un po’ rarefatti.
Monti non potrà mai disdegnare questa sua radice. Per questo non c’è bisogno di idee. Basta mantenere il corso già tracciato dal pensiero unico (che, per definizione è immobile, cioè senza idee). Basta ascoltare Goldman.
di Pino Dato