22 aprile 2012

Seppellire i cadaveri

Mario Monti avrebbe dovuto resuscitare l’Italia ma è riuscito soltanto ad incrementare il numero dei suicidi. Ventiquattro imprenditori non hanno retto ai rastrellamenti della guardia di finanza, ai blitz dell’agenzia delle entrate, agli assalti di Equitalia e alla introduzione di nuovi balzelli che hanno dato il colpo di grazia a settori già alla canna del gas per via della crisi internazionale. Lo stesso vale per altri vessati dal fisco, dai lavoratori autonomi, ai subordinati, dai professionisti ai pensionati che se non si ammazzano prima sono condannati ad una vita di stenti. C’è poi chi tenta il gesto estremo perché un’occupazione non la vede, nonostante i vari tavoli sindacali, nemmeno sedendosi ad un tavolo a tre gambe. Il Rigor Montis non livella, come nella famosa poesia di Totò, ma colpisce selettivamente salvando banche, finanza e grandi imprese, ovvero i gruppi fatui che stanno infossando il Paese. Questa gente non è seria perché non appartiene alla morte ma alla bella vita dei salotti e dei talk show, eppure pretende di dare lezioni di sobrietà agli altri, con una intonazione da requiem sulle spese pubbliche che non riguardano loro. Nel frattempo, i partiti sepolti da una coltre di discredito esigono di continuare ad incassare l’obolo dei rimborsi elettorali poiché senza la colletta di Stato temono di schiattare e nel rantolare delirante sovrappongono impropriamente il loro decesso a quello della politica. Ma quest’ultima, anima della vita associata, forza spirituale dei popoli, ha abbandonato il corpo putrefatto della partitocrazia da più di vent’anni e non c’è pericolo che spiri insieme agli aspiratori a ciclo continuo di denaro dei contribuenti, facenti investimenti in corredi faraonici di diamanti, case, titoli esotici e cazzi propri. Tuttavia, il problema non è tanto l’accumulo di risorse e i fondi neri che se utilizzati per le buone battaglie avrebbero un senso, come è sempre accaduto nella storia repubblicana. I moralisti si mettano l’anima in pace perché occorre infilare le mani e i piedi nella mota per mettere in moto il progresso. Il dato allarmante dunque, molto al di là delle campagne di de profundis etico dei collaborazionisti della carta stampata e dei comici impolitici, sempre pronti a cavalcare i bassi umori popolari e gli infimi istinti primordiali, è che essi pretendono la greppia collettiva per continuare ad ingrassare i propri apparati elefantiaci, delegando ai supertecnici e agli organismi mondiali le scelte economiche e politiche del governo. Se stanno lì esclusivamente per pianificare le feste dell’unità facendo la festa all’unità statale è meglio che si tolgano di torno. E presto. Ora che la gente ha compreso di poter fare a meno di Bersani, Alfano, Bossi, Fini, Casini, Vendola ecc. ecc., adesso che il consenso verso i partiti è sceso molto al di sotto di una fisiologica soglia di disinteresse stagionale, costoro vorrebbero riprendersi la scena per mettere in atto un’altra pantomima elettorale che non risolverà le sofferenze del Paese ma le aggraverà per inabilità manifesta a governare. Si può imbiancare il sepolcro quanto si vuole ma se dai tumuli vanno e vengono zombies senza calore non ci vuole tanto a capire che sempre dinanzi ad un cimitero di ideali ci troviamo. Nemmeno basterà additare l’apocalisse dello spread o la dannazione delle borse, apparizioni relativamente recenti, per far sembrare il funerale in corso una momentanea cerimonia all’insegna della sobrietà. Il sistema politico italiano si è ucciso tanto tempo fa, quando la funerea e funesta macchina delle tenebre, presentatasi alla gente come una gioiosa macchina da guerra, alleata alle schiere giustazialistiche e alle legioni confindustriali, vendette la patria alle truppe straniere per garantirsi la propria misera sopravvivenza cadaverica. Gli italiani hanno elaborato il lutto da tempo e non si faranno commuovere dalle lacrime dei coccodrilli che prima si sono divorati il Paese ed ora vorrebbero amministrarne le restanti macerie. Bisogna inumare le salme e gli scheletri dei tempi trapassati per non finire imbalsamati, questa è l’unica alternativa che ci resta. Ps. Anche qualche giornale inserito nel circuito dei media ufficiali comincia a credere che, essendo tutti gli uomini e i partiti di questa fase storica ampiamenti compromessi con lo sfacelo generale, non è detto si tratterà degli stessi protagonisti del prossimo futuro dell’Italia. Scrive oggi Belpietro nel suo editoriale: chi dice che i partiti saranno questi? Cosa ci fa credere che la prossima volta dovremo sempre scegliere i soliti gatti? Perchè non potrebbe esserci un nuovo Cavaliere a guidare i sogni italiani? Sono d’accordo, ma basta con i Cavalieri felloni e libidinosi poichè adesso è il turno dei Grandi Chirurghi spietati. di Gianni Petrosillo

21 aprile 2012

Il BRICS sfida l'ordine mondiale

La vista dei BRICS è stato un pugno nell’occhio per i paesi sviluppati sin dal principio. Il senso di irritabilità sta ora sta cedendo il passo ad un’inquietudine che rasenta l’ostilità. C’è la pressante necessità che il BRICS acquisisca una fissa dimora e un nome. È vero, dal vertice di New Delhi non è emerso nulla di clamoroso. Tuttavia, ci sono nuove avvisaglie che annunciano una potenziale impennata del BRICS. E ciò causa inquietudine al mondo sviluppato. In breve, come ricorda la Dichiarazione di Delhi dei paesi BRICS, esso è una “piattaforma per il dialogo e la cooperazione tra i paesi che rappresentano il 43% della popolazione mondiale”. Il che già è dire molto. Non c’è nulla di simile al BRICS oggi nel mondo sviluppato. Il G7 è diventato una reliquia della storia. Il panorama atlantico è cupo, con Europa e Stati Uniti che lottano con le rispettive crisi economiche, abbandonando la pretesa di essere i campioni del mondo. La Dichiarazione di Delhi fa un palese tentativo di conseguire una maggiore rappresentanza dei paesi emergenti e in via di sviluppo presso le istituzioni della governance globale. Questa non è una vacua rivendicazione. Perché il BRICS ha anche una speciale esperienza da condividere – essendosi “rapidamente ripreso dalla crisi globale”. L’Occidente non aveva mai sentito nulla di simile prima. Non si tratta del Sud del mondo che reclama per avere “di più”. Questa è un’aperta richiesta di “condivisione del potere”. Non si era mai parlato all’Occidente in questo modo durante tutti questi secoli, dalla Rivoluzione Industriale in poi. Il corso della storia sta chiaramente cambiando. La Dichiarazione di Delhi afferma: “Crediamo sia cruciale per le economie avanzate adottare responsabili politiche macroeconomiche e finanziarie, evitare la creazione di eccessiva liquidità globale e intraprendere riforme strutturali per innalzare una crescita che crei occupazione. Attiriamo l’attenzione sui rischi relativi agli ingenti e volatili flussi di capitali transfrontalieri che le economie emergenti stanno affrontando. Chiediamo ulteriori riforme e controllo finanziario internazionale, rafforzando la coordinazione delle politiche, la regolamentazione finanziaria, la cooperazione in materia di supervisione e promuovendo un solido sviluppo dei mercati finanziari globali e del sistema bancario.” Il mondo in via di sviluppo non aveva mai ammonito in questo modo il mondo sviluppato. Il BRICS ha fatto valere le proprie credenziali per fare tali richieste, dal momento che rappresenta le economie che stanno avendo una crescita economica generale e “contribuiscono significativamente alla ripresa globale”. La Dichiarazione di Delhi continua criticando la lentezza delle riforme concernenti le quote e la governance nel Fondo Monetario Internazionale e il funzionamento della Banca Mondiale, e mette in discussione la prerogativa dell’Occidente di essere a capo di queste istituzioni. Significativamente, il BRICS sta alzando la voce proprio mentre la Russia si accinge ad assumere la Presidenza del G20 nel 2013. Un risultato concreto del vertice di Delhi è l’accordo di considerare la possibilità di istituire una nuova Banca per lo Sviluppo, per mobilitare risorse per progetti riguardanti infrastrutture e sviluppo sostenibile nei paesi BRICS e in altri paesi in via di sviluppo, al fine di “integrare” il ruolo della Banca Mondiale e di altre istituzioni finanziarie regionali. L’idea è quella di liberarsi del perdurante dominio dei paesi sviluppati su queste istituzioni finanziarie. L’ideale, ciò che la Banca Mondiale e l’intera rete delle banche per lo sviluppo regionali già esistenti preferirebbero, sarebbe continuare a usare il denaro del BRICS e mantenere il modello esistente di egemonia occidentale. Al contrario, una banca del BRICS minaccerà la radicata pratica occidentale di usare le istituzioni finanziarie internazionali per prescrivere e imporre politiche economiche ai paesi in via di sviluppo e di conseguenza promuovere gli interessi commerciali dei paesi sviluppati e perfino stabilire l’egemonia politica. Le implicazioni sono considerevoli, in particolare per la geopolitica dell’Africa. Al summit di Delhi è stato richiesto un rapporto sulla creazione di una banca per lo sviluppo per il prossimo vertice annuale del BRICS in Sudafrica. È interessante notare che il Sudafrica rappresenta la voce del continente africano all’interno del BRICS. Inoltre, l’ingresso della Russia nell’Organizzazione Mondiale del Commercio cambierà notevolmente la capacità (e la volontà politica) del BRICS di salvaguardare il sistema commerciale multilaterale regolamentato e influenzare un risultato positivo ed equilibrato del Doha Round. Allo stesso modo, il vertice di Delhi è stato testimone della conclusione dell’Accordo quadro sull’estensione delle facilitazioni di credito in valuta locale sotto il Meccanismo Cooperativo Interbancario del BRICS e dell’Accordo multilaterale sulla facilitazione della conferma delle lettere di credito tra EXIM e le banche per lo sviluppo. Senza dubbio, questi saranno strumenti facilitativi utili per promuovere il commercio all’interno del BRICS. Un accanito attacco è iniziato da Occidente. Le critiche rivolte al BRICS parlano da sé: i paesi del BRICS aderiscono a “valori diversi”; gli altri paesi BRICS sono ostili all’ascesa della Cina; la Russia è un “paese in declino” e non ha “molto in comune” con il resto del BRICS inteso come attore significativo nell’economia mondiale, eccezion fatta per le sue vaste riserve energetiche; perciò, i paesi del BRICS non sono “alleati naturali”; gli indiani hanno timore dell’accerchiamento cinese e sono molto in ansia per l’”enorme squilibrio” tra loro, sebbene abbiano “molti interessi economici in comune”; la Cina, a sua volta, è preoccupata per lo spettro dell’alleanza asiatica guidata dagli Stati Uniti schierata contro di lei, di cui fa parte l’India; il Sudafrica sta lottando per sostenere la crescita; la Russia rimane “instabile”; il Brasile promette bene, mentre Cina e India sono paesi enormi con uno straordinario potenziale e record impressionanti. Il BRICS non è un “raggruppamento naturale” . Senza dubbio, alcune di queste argomentazioni hanno un valore, ma d’altro canto, il processo del BRICS riguarda l’ampliamento progressivo della comunanza di interessi tra i paesi membri e non la creazione di un blocco di nazioni con la stessa mentalità basata su un insieme di cosiddetti valori comuni. È un processo pragmatico che concede spazio e autonomia ai paesi membri, che a sua volta fornisce al BRICS la libertà di lavorare nel tempo alla creazione di una massa critica. La verità è che la massa critica si sta costituendo ed è già visibile. Mentre acquisisce fiducia in se stesso, il BRICS sta spiegando le ali. Il vertice del 2011 in Cina fece piccoli passi verso l’armonizzazione delle posizioni degli Stati membri sulle questioni di politica internazionale. Il BRICS ha fatto un ulteriore passo avanti durante il summit di Delhi per adottare una posizione comune sulla Siria, la “zona calda” numero uno nella politica mondiale di oggi. La Dichiarazione di Delhi pone l’accento su un processo politico inclusivo guidato dalla Siria stessa e sul dialogo nazionale, invitando la comunità internazionale a rispettare l’indipendenza, l’integrità territoriale e la sovranità del paese. Il cosiddetto “Piano d’Azione di Delhi” approvato durante il vertice sottolinea la volontà da parte degli Stati membri di rafforzare il processo BRICS. Esso prevede incontri regolari e frequenti dei ministri degli esteri, delle finanze, del commercio, dell’agricoltura, della salute e dei governatori delle banche centrali (oltre agli incontri degli alti ufficiali in varie aree di cooperazione) a latere di eventi internazionali rilevanti. L’intenzione è quella di coordinare una posizione comune del BRICS su un’ampia sfera di interessi comuni a livello mondiale. Ciò che bisogna evidenziare è la decisione di tenere degli incontri “autonomi” degli Alti Rappresentanti dei paesi BRICS responsabili della sicurezza nazionale. Nel contesto indiano, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale è la figura chiave per quanto concerne il più alto livello del processo decisionale in politica estera e di sicurezza – ed è degno di nota che si tratti anche del rappresentante designato per guidare il corso delle relazioni tra India e Cina. Il BRICS riserva interessanti possibilità all’India per lavorare con la Cina sulle questioni globali. Visto da un’altra angolazione, il processo del BRICS esplora le aspirazioni comuni delle due potenze asiatiche nell’emergente ordine mondiale. Esse sono completamente libere di definire la priorità delle problemi. Il cuore del questione è che il BRICS fornisce un ambiente amichevole e rilassato nel quale possono aver luogo riflessioni costruttive tra i paesi membri, così come a livello bilaterale. Nel caso sia stato trascurato, a latere del vertice di Delhi, le leadership cinese e indiana si sono prese del tempo per discutere sulla loro relazione. Quando i critici occidentali ironizzano brutalmente sul fatto che al BRICS manchi la “malta”, ecc., sono sulla strada sbagliata. Il BRICS non è stato pensato per essere un edificio di vetro e acciaio. È un processo nato dalla volontà comune di fondere le aspirazioni condivise riguardo il nuovo ordine mondiale. Date le porzioni crescenti di PIL mondiale delle economie del BRICS, esse reclamano maggiore partecipazione nell’architettura globale. Mentre i cani abbaiano, la carovana è determinata a passare. Questo è il messaggio emerso dal summit di Delhi del BRICS. di Melkulangara Bhadrakumar
(Traduzione dall’inglese di Francesca Malizia)

20 aprile 2012

Il debito pubblico

La vera prigione in cui siamo rinchiusi, è quella che ha per sbarre la nostra ignoranza. Se sapessimo come realmente stanno le cose, diventeremmo di colpo liberi senza bisogno di forzare i cancelli e rompere le catene. Questo, e non altri, è il vero obiettivo dei "padroni del mondo": se riescono a mantenerci sempre nel buio della nostra ignoranza, magari distogliendo la nostra attenzione con argomenti futili e creandoci nemici inesistenti o paure infondate, saranno certi di poterci sempre far fare quello che vogliono. E quando c'è il rischio che potremmo "mangiare la foglia", non ci consentono di esprimerci (con il voto). "Cumannari iè megghiu chi futtiri" diciamo noi siciliani doc che, dai fenici in poi, di "comandanti" ne abbiamo visti davvero tanti e, da ognuno, abbiamo imparato quel nostro freddo disincanto di fronte alla promesse dei potenti che, col tempo, s'è trasformato in "complicità" con i ribelli (i briganti) e sfiducia nelle istituzioni. Il 99% degli italiani è convinto che il debito pubblico sia una cosa detestabile e rappresenti un ipoteca sul futuro del paese e sulle generazione future. Per questo, e non per altro, la stragrande maggioranza degli italiani è d'accordo sui sacrifici da fare per ridurre quel debito "mostruoso"... prima che ci divori tutti (noi ed i nostri figli). Ebbene, italiani ed italiane, sono entrambi stronzate: sia la mostruosità del debito pubblico che l'ipoteca sul futuro. Il debito pubblico, l'ho detto mille volte, ha reso possibile la ricchezza privata (dei cittadini). Il deficit dello Stato si trasferisce nel risparmio dei cittadini. Se lo Stato italiano non avesse il debito che ha, voi non avreste comprato e pagato la vostra casa e non avreste soldi in banca o altrove... e, dunque, ritenerlo detestabile è come sputare nel piatto in cui s'è mangiato. Uno Stato che non ha debiti (come l'ex Unione sovietica) è abitato da cittadini che non possiedono un cazzo. Non è un'opinione, è matematica. Il Giappone ha il 225% di debito pubblico e i suoi cittadini sono tra i più ricchi del mondo. L'Italia ha il 120% di debito pubblico e la ricchezza degli italiani è, di gran lunga, la più elevata d'Europa e, con il Giappone, tra le prime al mondo. Sono numeri compari, mica supercazzole da bar. Il debito dello Stato è il risparmio dei suoi cittadini. Se non capite questo, qualsiasi peracottaro con un po di parlantina, riesce a prendervi per il culo convincendovi a fare (quasi volentieri) cose assolutamente nefaste per voi e per il vostro paese. Grazie a questa colossale minchiata, i tedeschi ci hanno imposto il fiscal compact: la più grande truffa dell'era moderna. E l'ipoteca sul futuro? Gli interessi sul debito, dicono i cazzari che rappresentano questa minaccia inesistente, dovranno essere pagati dai nostri figli e nipoti e, quindi, noi gli staremmo togliendo il pane di bocca... Ma che sciocchezza è mai questa? E' vero che gli interessi sul debito saranno pagati tra 20 anni dalla prossima generazione (esattamente come noi stiamo pagando gli interessi correnti), ma a chi andranno quegli interessi? A coloro che deterranno, tra 20 anni, i titoli del debito... Cioè la stessa generazione futura che da una parte paga gli interessi (attraverso le tasse) e dall'altra li incassa (attraverso le cedole sui titoli di Stato). Esattamente come succede adesso e succedeva 20 anni fa. Il risultato finale si concretizza in una beata minchia di niente... perché questo è un gioco a somma zero. Quindi, picciotti e picciotte, tranquillizzatevi: non state togliendo il pane di bocca proprio a nessuno. Riepilogando: il debito pubblico ha consentito agli italiani di essere i più ricchi d'Europa e tra i più ricchi al mondo, e l'ipoteca sul futuro dei nostri figli e nipoti, è una favola per bambini scimuniti. Se siete tra quelli che ci hanno creduto e vi siete fatti convincere che era necessario "fare sacrifici" per ripagare il nostro debito, ebbene, vi siete lasciati pigliare per il culo. Non vi basta la mia "spiegazione"? Leggete i libri di John Kenneth Galbraith, Hyman Minsky e Randall Wray (tre economisti di fama mondiale) e troverete le stesse conclusioni supportate da equazioni e numeri (Wray, in particolare, le dimostra in maniera lapalissiana). Ma, e la domanda nasce spontanea, se è le cose stanno così, perché ci bombardano continuamente con le conclusioni contrarie? Paisanu... perché ti devono fottere. Come potrebbero, diversamente, convincerti a "ridare indietro" parte della tua ricchezza (i tuoi risparmi)? Senza quelle storielle della mostruosità del debito pubblico e dell'ipoteca del futuro dei tuoi figli, neanche Dio ti convincerebbe ad accettare tutti i tagli, le tasse ed il resto... senza fare bordello... come se sapessi, tra te e te, che la medicina è amara, ma non c'è alternativa. Non è così? E a chi vanno quei tuoi risparmi? Quando lo Stato produce deficit (spese più alte delle tasse), i piccioli (del suo debito) vanno ad incrementare i tuoi risparmi. Quando, invece, lo Stato produce surplus (tasse più alte delle spese) i tuoi risparmi fanno il percorso inverso: da te allo Stato. Il fiscal compact, dunque, produrrà quello spostamento (da te verso lo Stato) nella misura del 50% dell'attuale debito pubblico, ovvero 1000 miliardi di euro... Mi hai capito compare? Nei prossimi 20 anni i cittadini italiani si impoveriranno di 1000 miliardi di euro: il 67% del Pil... il 3.35% l'anno. Ti hanno convinto che sei stato tu a togliere il pane dalla bocca ai tuoi figli e nipoti (con la cazzabubbola del mostruoso debito pubblico che ipoteca il loro futuro)... e invece, loro glielo hanno tolto davvero (con il fiscal compact)... Lo vedi con chi hai a che fare? Gente con le palle ed il pelo sullo stomaco, che usa la comunicazione per convincerti di qualsiasi cosa gli convenga... anche che tu sei il carnefice, e invece sei la vittima (ricordi la favola dell'agnello ed il lupo di Fedro?). Se gli italiani sapessero come stanno davvero le cose, sarebbero già in piazza con le roncole ed i forconi... ma non lo sanno e, in più, gli danno da discutere delle minchiate tipo l'articolo 18... e così se la pijiano nder culo senza neanche bisogno di vaselina. Vi annuncio che Bossi e Maroni hanno lanciato un referendum per annettere la Lombardia alla Svizzera. In qualità di cittadino lombardo e viste le prospettive dell'Italia, voterei "si" all'annessione. Ma poi mi chiedo perché mai gli svizzeri dovrebbero volerci? Se anche loro facessero un referendum (sull'accettare la Lombardia nella Confederazione) temo una disfatta dei "si". Mi sa che ci tocca lottare qui. di G. Migliorino

22 aprile 2012

Seppellire i cadaveri

Mario Monti avrebbe dovuto resuscitare l’Italia ma è riuscito soltanto ad incrementare il numero dei suicidi. Ventiquattro imprenditori non hanno retto ai rastrellamenti della guardia di finanza, ai blitz dell’agenzia delle entrate, agli assalti di Equitalia e alla introduzione di nuovi balzelli che hanno dato il colpo di grazia a settori già alla canna del gas per via della crisi internazionale. Lo stesso vale per altri vessati dal fisco, dai lavoratori autonomi, ai subordinati, dai professionisti ai pensionati che se non si ammazzano prima sono condannati ad una vita di stenti. C’è poi chi tenta il gesto estremo perché un’occupazione non la vede, nonostante i vari tavoli sindacali, nemmeno sedendosi ad un tavolo a tre gambe. Il Rigor Montis non livella, come nella famosa poesia di Totò, ma colpisce selettivamente salvando banche, finanza e grandi imprese, ovvero i gruppi fatui che stanno infossando il Paese. Questa gente non è seria perché non appartiene alla morte ma alla bella vita dei salotti e dei talk show, eppure pretende di dare lezioni di sobrietà agli altri, con una intonazione da requiem sulle spese pubbliche che non riguardano loro. Nel frattempo, i partiti sepolti da una coltre di discredito esigono di continuare ad incassare l’obolo dei rimborsi elettorali poiché senza la colletta di Stato temono di schiattare e nel rantolare delirante sovrappongono impropriamente il loro decesso a quello della politica. Ma quest’ultima, anima della vita associata, forza spirituale dei popoli, ha abbandonato il corpo putrefatto della partitocrazia da più di vent’anni e non c’è pericolo che spiri insieme agli aspiratori a ciclo continuo di denaro dei contribuenti, facenti investimenti in corredi faraonici di diamanti, case, titoli esotici e cazzi propri. Tuttavia, il problema non è tanto l’accumulo di risorse e i fondi neri che se utilizzati per le buone battaglie avrebbero un senso, come è sempre accaduto nella storia repubblicana. I moralisti si mettano l’anima in pace perché occorre infilare le mani e i piedi nella mota per mettere in moto il progresso. Il dato allarmante dunque, molto al di là delle campagne di de profundis etico dei collaborazionisti della carta stampata e dei comici impolitici, sempre pronti a cavalcare i bassi umori popolari e gli infimi istinti primordiali, è che essi pretendono la greppia collettiva per continuare ad ingrassare i propri apparati elefantiaci, delegando ai supertecnici e agli organismi mondiali le scelte economiche e politiche del governo. Se stanno lì esclusivamente per pianificare le feste dell’unità facendo la festa all’unità statale è meglio che si tolgano di torno. E presto. Ora che la gente ha compreso di poter fare a meno di Bersani, Alfano, Bossi, Fini, Casini, Vendola ecc. ecc., adesso che il consenso verso i partiti è sceso molto al di sotto di una fisiologica soglia di disinteresse stagionale, costoro vorrebbero riprendersi la scena per mettere in atto un’altra pantomima elettorale che non risolverà le sofferenze del Paese ma le aggraverà per inabilità manifesta a governare. Si può imbiancare il sepolcro quanto si vuole ma se dai tumuli vanno e vengono zombies senza calore non ci vuole tanto a capire che sempre dinanzi ad un cimitero di ideali ci troviamo. Nemmeno basterà additare l’apocalisse dello spread o la dannazione delle borse, apparizioni relativamente recenti, per far sembrare il funerale in corso una momentanea cerimonia all’insegna della sobrietà. Il sistema politico italiano si è ucciso tanto tempo fa, quando la funerea e funesta macchina delle tenebre, presentatasi alla gente come una gioiosa macchina da guerra, alleata alle schiere giustazialistiche e alle legioni confindustriali, vendette la patria alle truppe straniere per garantirsi la propria misera sopravvivenza cadaverica. Gli italiani hanno elaborato il lutto da tempo e non si faranno commuovere dalle lacrime dei coccodrilli che prima si sono divorati il Paese ed ora vorrebbero amministrarne le restanti macerie. Bisogna inumare le salme e gli scheletri dei tempi trapassati per non finire imbalsamati, questa è l’unica alternativa che ci resta. Ps. Anche qualche giornale inserito nel circuito dei media ufficiali comincia a credere che, essendo tutti gli uomini e i partiti di questa fase storica ampiamenti compromessi con lo sfacelo generale, non è detto si tratterà degli stessi protagonisti del prossimo futuro dell’Italia. Scrive oggi Belpietro nel suo editoriale: chi dice che i partiti saranno questi? Cosa ci fa credere che la prossima volta dovremo sempre scegliere i soliti gatti? Perchè non potrebbe esserci un nuovo Cavaliere a guidare i sogni italiani? Sono d’accordo, ma basta con i Cavalieri felloni e libidinosi poichè adesso è il turno dei Grandi Chirurghi spietati. di Gianni Petrosillo

21 aprile 2012

Il BRICS sfida l'ordine mondiale

La vista dei BRICS è stato un pugno nell’occhio per i paesi sviluppati sin dal principio. Il senso di irritabilità sta ora sta cedendo il passo ad un’inquietudine che rasenta l’ostilità. C’è la pressante necessità che il BRICS acquisisca una fissa dimora e un nome. È vero, dal vertice di New Delhi non è emerso nulla di clamoroso. Tuttavia, ci sono nuove avvisaglie che annunciano una potenziale impennata del BRICS. E ciò causa inquietudine al mondo sviluppato. In breve, come ricorda la Dichiarazione di Delhi dei paesi BRICS, esso è una “piattaforma per il dialogo e la cooperazione tra i paesi che rappresentano il 43% della popolazione mondiale”. Il che già è dire molto. Non c’è nulla di simile al BRICS oggi nel mondo sviluppato. Il G7 è diventato una reliquia della storia. Il panorama atlantico è cupo, con Europa e Stati Uniti che lottano con le rispettive crisi economiche, abbandonando la pretesa di essere i campioni del mondo. La Dichiarazione di Delhi fa un palese tentativo di conseguire una maggiore rappresentanza dei paesi emergenti e in via di sviluppo presso le istituzioni della governance globale. Questa non è una vacua rivendicazione. Perché il BRICS ha anche una speciale esperienza da condividere – essendosi “rapidamente ripreso dalla crisi globale”. L’Occidente non aveva mai sentito nulla di simile prima. Non si tratta del Sud del mondo che reclama per avere “di più”. Questa è un’aperta richiesta di “condivisione del potere”. Non si era mai parlato all’Occidente in questo modo durante tutti questi secoli, dalla Rivoluzione Industriale in poi. Il corso della storia sta chiaramente cambiando. La Dichiarazione di Delhi afferma: “Crediamo sia cruciale per le economie avanzate adottare responsabili politiche macroeconomiche e finanziarie, evitare la creazione di eccessiva liquidità globale e intraprendere riforme strutturali per innalzare una crescita che crei occupazione. Attiriamo l’attenzione sui rischi relativi agli ingenti e volatili flussi di capitali transfrontalieri che le economie emergenti stanno affrontando. Chiediamo ulteriori riforme e controllo finanziario internazionale, rafforzando la coordinazione delle politiche, la regolamentazione finanziaria, la cooperazione in materia di supervisione e promuovendo un solido sviluppo dei mercati finanziari globali e del sistema bancario.” Il mondo in via di sviluppo non aveva mai ammonito in questo modo il mondo sviluppato. Il BRICS ha fatto valere le proprie credenziali per fare tali richieste, dal momento che rappresenta le economie che stanno avendo una crescita economica generale e “contribuiscono significativamente alla ripresa globale”. La Dichiarazione di Delhi continua criticando la lentezza delle riforme concernenti le quote e la governance nel Fondo Monetario Internazionale e il funzionamento della Banca Mondiale, e mette in discussione la prerogativa dell’Occidente di essere a capo di queste istituzioni. Significativamente, il BRICS sta alzando la voce proprio mentre la Russia si accinge ad assumere la Presidenza del G20 nel 2013. Un risultato concreto del vertice di Delhi è l’accordo di considerare la possibilità di istituire una nuova Banca per lo Sviluppo, per mobilitare risorse per progetti riguardanti infrastrutture e sviluppo sostenibile nei paesi BRICS e in altri paesi in via di sviluppo, al fine di “integrare” il ruolo della Banca Mondiale e di altre istituzioni finanziarie regionali. L’idea è quella di liberarsi del perdurante dominio dei paesi sviluppati su queste istituzioni finanziarie. L’ideale, ciò che la Banca Mondiale e l’intera rete delle banche per lo sviluppo regionali già esistenti preferirebbero, sarebbe continuare a usare il denaro del BRICS e mantenere il modello esistente di egemonia occidentale. Al contrario, una banca del BRICS minaccerà la radicata pratica occidentale di usare le istituzioni finanziarie internazionali per prescrivere e imporre politiche economiche ai paesi in via di sviluppo e di conseguenza promuovere gli interessi commerciali dei paesi sviluppati e perfino stabilire l’egemonia politica. Le implicazioni sono considerevoli, in particolare per la geopolitica dell’Africa. Al summit di Delhi è stato richiesto un rapporto sulla creazione di una banca per lo sviluppo per il prossimo vertice annuale del BRICS in Sudafrica. È interessante notare che il Sudafrica rappresenta la voce del continente africano all’interno del BRICS. Inoltre, l’ingresso della Russia nell’Organizzazione Mondiale del Commercio cambierà notevolmente la capacità (e la volontà politica) del BRICS di salvaguardare il sistema commerciale multilaterale regolamentato e influenzare un risultato positivo ed equilibrato del Doha Round. Allo stesso modo, il vertice di Delhi è stato testimone della conclusione dell’Accordo quadro sull’estensione delle facilitazioni di credito in valuta locale sotto il Meccanismo Cooperativo Interbancario del BRICS e dell’Accordo multilaterale sulla facilitazione della conferma delle lettere di credito tra EXIM e le banche per lo sviluppo. Senza dubbio, questi saranno strumenti facilitativi utili per promuovere il commercio all’interno del BRICS. Un accanito attacco è iniziato da Occidente. Le critiche rivolte al BRICS parlano da sé: i paesi del BRICS aderiscono a “valori diversi”; gli altri paesi BRICS sono ostili all’ascesa della Cina; la Russia è un “paese in declino” e non ha “molto in comune” con il resto del BRICS inteso come attore significativo nell’economia mondiale, eccezion fatta per le sue vaste riserve energetiche; perciò, i paesi del BRICS non sono “alleati naturali”; gli indiani hanno timore dell’accerchiamento cinese e sono molto in ansia per l’”enorme squilibrio” tra loro, sebbene abbiano “molti interessi economici in comune”; la Cina, a sua volta, è preoccupata per lo spettro dell’alleanza asiatica guidata dagli Stati Uniti schierata contro di lei, di cui fa parte l’India; il Sudafrica sta lottando per sostenere la crescita; la Russia rimane “instabile”; il Brasile promette bene, mentre Cina e India sono paesi enormi con uno straordinario potenziale e record impressionanti. Il BRICS non è un “raggruppamento naturale” . Senza dubbio, alcune di queste argomentazioni hanno un valore, ma d’altro canto, il processo del BRICS riguarda l’ampliamento progressivo della comunanza di interessi tra i paesi membri e non la creazione di un blocco di nazioni con la stessa mentalità basata su un insieme di cosiddetti valori comuni. È un processo pragmatico che concede spazio e autonomia ai paesi membri, che a sua volta fornisce al BRICS la libertà di lavorare nel tempo alla creazione di una massa critica. La verità è che la massa critica si sta costituendo ed è già visibile. Mentre acquisisce fiducia in se stesso, il BRICS sta spiegando le ali. Il vertice del 2011 in Cina fece piccoli passi verso l’armonizzazione delle posizioni degli Stati membri sulle questioni di politica internazionale. Il BRICS ha fatto un ulteriore passo avanti durante il summit di Delhi per adottare una posizione comune sulla Siria, la “zona calda” numero uno nella politica mondiale di oggi. La Dichiarazione di Delhi pone l’accento su un processo politico inclusivo guidato dalla Siria stessa e sul dialogo nazionale, invitando la comunità internazionale a rispettare l’indipendenza, l’integrità territoriale e la sovranità del paese. Il cosiddetto “Piano d’Azione di Delhi” approvato durante il vertice sottolinea la volontà da parte degli Stati membri di rafforzare il processo BRICS. Esso prevede incontri regolari e frequenti dei ministri degli esteri, delle finanze, del commercio, dell’agricoltura, della salute e dei governatori delle banche centrali (oltre agli incontri degli alti ufficiali in varie aree di cooperazione) a latere di eventi internazionali rilevanti. L’intenzione è quella di coordinare una posizione comune del BRICS su un’ampia sfera di interessi comuni a livello mondiale. Ciò che bisogna evidenziare è la decisione di tenere degli incontri “autonomi” degli Alti Rappresentanti dei paesi BRICS responsabili della sicurezza nazionale. Nel contesto indiano, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale è la figura chiave per quanto concerne il più alto livello del processo decisionale in politica estera e di sicurezza – ed è degno di nota che si tratti anche del rappresentante designato per guidare il corso delle relazioni tra India e Cina. Il BRICS riserva interessanti possibilità all’India per lavorare con la Cina sulle questioni globali. Visto da un’altra angolazione, il processo del BRICS esplora le aspirazioni comuni delle due potenze asiatiche nell’emergente ordine mondiale. Esse sono completamente libere di definire la priorità delle problemi. Il cuore del questione è che il BRICS fornisce un ambiente amichevole e rilassato nel quale possono aver luogo riflessioni costruttive tra i paesi membri, così come a livello bilaterale. Nel caso sia stato trascurato, a latere del vertice di Delhi, le leadership cinese e indiana si sono prese del tempo per discutere sulla loro relazione. Quando i critici occidentali ironizzano brutalmente sul fatto che al BRICS manchi la “malta”, ecc., sono sulla strada sbagliata. Il BRICS non è stato pensato per essere un edificio di vetro e acciaio. È un processo nato dalla volontà comune di fondere le aspirazioni condivise riguardo il nuovo ordine mondiale. Date le porzioni crescenti di PIL mondiale delle economie del BRICS, esse reclamano maggiore partecipazione nell’architettura globale. Mentre i cani abbaiano, la carovana è determinata a passare. Questo è il messaggio emerso dal summit di Delhi del BRICS. di Melkulangara Bhadrakumar
(Traduzione dall’inglese di Francesca Malizia)

20 aprile 2012

Il debito pubblico

La vera prigione in cui siamo rinchiusi, è quella che ha per sbarre la nostra ignoranza. Se sapessimo come realmente stanno le cose, diventeremmo di colpo liberi senza bisogno di forzare i cancelli e rompere le catene. Questo, e non altri, è il vero obiettivo dei "padroni del mondo": se riescono a mantenerci sempre nel buio della nostra ignoranza, magari distogliendo la nostra attenzione con argomenti futili e creandoci nemici inesistenti o paure infondate, saranno certi di poterci sempre far fare quello che vogliono. E quando c'è il rischio che potremmo "mangiare la foglia", non ci consentono di esprimerci (con il voto). "Cumannari iè megghiu chi futtiri" diciamo noi siciliani doc che, dai fenici in poi, di "comandanti" ne abbiamo visti davvero tanti e, da ognuno, abbiamo imparato quel nostro freddo disincanto di fronte alla promesse dei potenti che, col tempo, s'è trasformato in "complicità" con i ribelli (i briganti) e sfiducia nelle istituzioni. Il 99% degli italiani è convinto che il debito pubblico sia una cosa detestabile e rappresenti un ipoteca sul futuro del paese e sulle generazione future. Per questo, e non per altro, la stragrande maggioranza degli italiani è d'accordo sui sacrifici da fare per ridurre quel debito "mostruoso"... prima che ci divori tutti (noi ed i nostri figli). Ebbene, italiani ed italiane, sono entrambi stronzate: sia la mostruosità del debito pubblico che l'ipoteca sul futuro. Il debito pubblico, l'ho detto mille volte, ha reso possibile la ricchezza privata (dei cittadini). Il deficit dello Stato si trasferisce nel risparmio dei cittadini. Se lo Stato italiano non avesse il debito che ha, voi non avreste comprato e pagato la vostra casa e non avreste soldi in banca o altrove... e, dunque, ritenerlo detestabile è come sputare nel piatto in cui s'è mangiato. Uno Stato che non ha debiti (come l'ex Unione sovietica) è abitato da cittadini che non possiedono un cazzo. Non è un'opinione, è matematica. Il Giappone ha il 225% di debito pubblico e i suoi cittadini sono tra i più ricchi del mondo. L'Italia ha il 120% di debito pubblico e la ricchezza degli italiani è, di gran lunga, la più elevata d'Europa e, con il Giappone, tra le prime al mondo. Sono numeri compari, mica supercazzole da bar. Il debito dello Stato è il risparmio dei suoi cittadini. Se non capite questo, qualsiasi peracottaro con un po di parlantina, riesce a prendervi per il culo convincendovi a fare (quasi volentieri) cose assolutamente nefaste per voi e per il vostro paese. Grazie a questa colossale minchiata, i tedeschi ci hanno imposto il fiscal compact: la più grande truffa dell'era moderna. E l'ipoteca sul futuro? Gli interessi sul debito, dicono i cazzari che rappresentano questa minaccia inesistente, dovranno essere pagati dai nostri figli e nipoti e, quindi, noi gli staremmo togliendo il pane di bocca... Ma che sciocchezza è mai questa? E' vero che gli interessi sul debito saranno pagati tra 20 anni dalla prossima generazione (esattamente come noi stiamo pagando gli interessi correnti), ma a chi andranno quegli interessi? A coloro che deterranno, tra 20 anni, i titoli del debito... Cioè la stessa generazione futura che da una parte paga gli interessi (attraverso le tasse) e dall'altra li incassa (attraverso le cedole sui titoli di Stato). Esattamente come succede adesso e succedeva 20 anni fa. Il risultato finale si concretizza in una beata minchia di niente... perché questo è un gioco a somma zero. Quindi, picciotti e picciotte, tranquillizzatevi: non state togliendo il pane di bocca proprio a nessuno. Riepilogando: il debito pubblico ha consentito agli italiani di essere i più ricchi d'Europa e tra i più ricchi al mondo, e l'ipoteca sul futuro dei nostri figli e nipoti, è una favola per bambini scimuniti. Se siete tra quelli che ci hanno creduto e vi siete fatti convincere che era necessario "fare sacrifici" per ripagare il nostro debito, ebbene, vi siete lasciati pigliare per il culo. Non vi basta la mia "spiegazione"? Leggete i libri di John Kenneth Galbraith, Hyman Minsky e Randall Wray (tre economisti di fama mondiale) e troverete le stesse conclusioni supportate da equazioni e numeri (Wray, in particolare, le dimostra in maniera lapalissiana). Ma, e la domanda nasce spontanea, se è le cose stanno così, perché ci bombardano continuamente con le conclusioni contrarie? Paisanu... perché ti devono fottere. Come potrebbero, diversamente, convincerti a "ridare indietro" parte della tua ricchezza (i tuoi risparmi)? Senza quelle storielle della mostruosità del debito pubblico e dell'ipoteca del futuro dei tuoi figli, neanche Dio ti convincerebbe ad accettare tutti i tagli, le tasse ed il resto... senza fare bordello... come se sapessi, tra te e te, che la medicina è amara, ma non c'è alternativa. Non è così? E a chi vanno quei tuoi risparmi? Quando lo Stato produce deficit (spese più alte delle tasse), i piccioli (del suo debito) vanno ad incrementare i tuoi risparmi. Quando, invece, lo Stato produce surplus (tasse più alte delle spese) i tuoi risparmi fanno il percorso inverso: da te allo Stato. Il fiscal compact, dunque, produrrà quello spostamento (da te verso lo Stato) nella misura del 50% dell'attuale debito pubblico, ovvero 1000 miliardi di euro... Mi hai capito compare? Nei prossimi 20 anni i cittadini italiani si impoveriranno di 1000 miliardi di euro: il 67% del Pil... il 3.35% l'anno. Ti hanno convinto che sei stato tu a togliere il pane dalla bocca ai tuoi figli e nipoti (con la cazzabubbola del mostruoso debito pubblico che ipoteca il loro futuro)... e invece, loro glielo hanno tolto davvero (con il fiscal compact)... Lo vedi con chi hai a che fare? Gente con le palle ed il pelo sullo stomaco, che usa la comunicazione per convincerti di qualsiasi cosa gli convenga... anche che tu sei il carnefice, e invece sei la vittima (ricordi la favola dell'agnello ed il lupo di Fedro?). Se gli italiani sapessero come stanno davvero le cose, sarebbero già in piazza con le roncole ed i forconi... ma non lo sanno e, in più, gli danno da discutere delle minchiate tipo l'articolo 18... e così se la pijiano nder culo senza neanche bisogno di vaselina. Vi annuncio che Bossi e Maroni hanno lanciato un referendum per annettere la Lombardia alla Svizzera. In qualità di cittadino lombardo e viste le prospettive dell'Italia, voterei "si" all'annessione. Ma poi mi chiedo perché mai gli svizzeri dovrebbero volerci? Se anche loro facessero un referendum (sull'accettare la Lombardia nella Confederazione) temo una disfatta dei "si". Mi sa che ci tocca lottare qui. di G. Migliorino