14 maggio 2012
Sen bacchetta l’Europa troppo arrendevole con i banchieri
Il premio Nobel indiano per l’Economia boccia i tagli alla spesa pubblica e lamenta i cedimenti alle logiche liberiste
Non sempre gli studiosi e i professori universitari insigniti del Premio Nobel per l’Economia sono collusi con la canaglia liberista e non sempre condividono la deriva imposta dall’Alta Finanza e dai governi che si sono trasformati in loro agenzie di affari. L’indiano Amartya Sen, premiato nel 1998, è uno di quei rari studiosi che non hanno ancora portato il cervello all’ammasso e che non credono che quello in cui viviamo sia il migliore dei mondi possibili e che il potere politico, oltre a quello reale, debba essere lasciato ai banchieri.
Soprattutto Sen, che proviene da un Paese l’India che deve lottare con una persistente povertà di massa che coesiste, in virtù di un boom economico, con la nascita di una vasta classe media e di una classe di super ricchi, non può accettare la politiche di smantellamento dello Stato sociale imposte dalla Commissione europea ai Paesi membri dell’Unione.
Tagliare la spesa pubblica porterà soltanto recessione, ha sostenuto Sen intervenendo ad un convegno a Bologna. Lo studioso ha infatti definito “un grosso errore” concentrarsi sui tagli.
Un errore, ha insistito, che si sta rivelando molto costoso per l'Unione europea. Inoltre, ha accusato, in Europa c'è un'altra grave carenza. Quella di una mancanza di analisi e di giudizio pubblico su queste politiche. Insomma, voleva dire Sen, è tragico che i politici europei, che sono stati eletti con il voto popolare, abbiano deciso di cedere il potere legale a tecnocrati, uomini di fiducia dell’Alta Finanza, o anche nel caso di governi normali, abbiano deciso di adottare politiche economiche ultra-liberiste che vanno contro gli interessi dei cittadini. In Europa ha osservato Sen, non c'è un accordo politico generale sul come uscire dalla crisi. I Paesi europei si sono fatti commissariare.
Oggi, ha accusato, siamo di fronte ad una “leadership finanziaria europea”, che promuove questi tagli alla spesa pubblica per ridurre il deficit. E Sen ha spiegato di volersi riferire alla Banca centrale europea e “alle altre banche”. Espressione che fa pensare subito alle banche inglesi e alle filiali di quelle Usa che da anni speculano contro i Paesi europei, contro i loro titoli di Stato e di riflesso contro l’euro per sostenere e salvare il dollaro e la sterlina.
Da parte delle autorità europea, manca una sfida che venga lanciata ufficialmente al pensiero dominante. Quello, ha precisato, che è rappresentato dalle banche, dalle istituzioni finanziarie, dalle agenzie di rating e dalla Bce. Non si vede e non si sente, ha accusato, un dibattito vero e proprio e di alto livello su queste politiche. Affermazione che deve intendersi nel senso che la politica europea ha accantonato il suo ruolo storico di indirizzo e di traino della politica economica e ha smesso di porsi come il soggetto che deve ridistribuire il reddito prodotto verso i settori più emarginati della società. Soprattutto, voleva dire Sen, la politica europea ha deciso di accettare ad occhi chiusi i principi del Libero Mercato lasciando che fosse la famigerata “mano invisibile” a creare le premesse per la migliore allocazione delle risorse.
Un principio che era falso già ai tempi di Adamo Smith e che è ancora più falso oggi che un capitalismo affamato e vorace ha imposto l’abbattimento delle frontiere e la nascita di un grande mercato globale. Un capitalismo finanziario che ormai dirige tutta l’economia mondiale e che è in grado di fare nascere e cadere i governi come birilli. Un capitalismo che non incontra alcuna remora a speculare contro i titoli di Stato di questo o quel Paese anche se questo dovesse metterli in ginocchio e innescare una povertà di massa.
Sen che proviene da un Paese dove la povertà di massa è un fatto reale, conosce bene i suoi polli. Conosce bene le dinamiche finanziarie ed economiche globali e i soggetti che le alimentano. Sa bene che la povertà non può fare altro che aumentare senza un intervento diretto degli Stati per correggere gli squilibri che si venissero a creare in termini di distribuzione del reddito e per evitare una deriva sociale del tipo di quella che stiamo vivendo.
Quello che i governi dovrebbero invece fare, ha detto, è di espandere la crescita economica attraverso nuova spesa e investimenti pubblici. Questo, ha spiegato, porterebbe ad una riduzione del disavanzo perché aumenterebbe il reddito e la ricchezza pubblica. Purtroppo, ha notato, l’unico dibattito, se così si può definire, sull’ideologia economica dominante, è quello svolto dalle proteste di Occupy o degli Indignados. A questi si possono aggiungere i voti di protesta a cui si sta assistendo in Europa. Ma non c’è, ha lamentato, un dibattito paritario, ma soltanto uno di tipo asimmetrico. Uno insomma nel quale chi detiene il potere reale, le banche, continua a comandare e ai dissidenti è consentito soltanto di alzare la voce senza essere in grado di cambiare le cose. Non c’è insomma un dibattito nel quale vengano contestati i fondamenti dell’ideologia liberista dominante.
L’economista indiano ha infine criticato il tentativo della Germania di Angela Merkel di leggere la realtà europea in una maniera a lei congeniale. Una lettura che può andare bene per la Germania ma che sarebbe un errore se venisse imposta a tutti gli altri. Anche in questo caso, in mancanza di una critica, sarebbe la dimostrazione che il dibattito manca. Anche se, ha concluso, la Germania ha fatto tante cose per l'Europa.
di Filippo Ghira
12 maggio 2012
Come denunciare il golpe bancario?
Circola una recente denuncia penale che sta facendo sognare molte brave persone, ma che rischia di infliggere una grossa delusione. Per una ragione tecnica. Però non disperate, perché resta una possibilità di azione – correggendo il tiro.
Nel 2005, nella prima edizione del mio saggio €uroschiavi, formulai una denuncia penale per crimini di assoggettamento dell’Italia al potere straniero ed eversione della Costituzione mediante la cessione a privati e a potenze esterne (BCE) della sovranità monetaria. Indicavo come autori dei fatti i vertici politici e le autorità monetarie. Ipotizzavo i reati di cui agli art. 241, 283 e 416 bis (associazione mafiosa). Tra l’altro, scrivevo:
«Attentato all’indipendenza dello Stato (art. 241 CP): [I]. Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza dello Stato, è punito con l’ergastolo.
Questo reato potrebbe essere stato commesso da quei governanti che illegittimamente hanno donato la sovranità monetaria prima alla Banca d’Italia e poi alla BCE, e sottoponendo così la Repubblica al potere indipendente e sovrano di organismi privati e, il secondo, addirittura esterno alla Repubblica stessa. La denominazione di “istituto di diritto pubblico” applicata recentemente alla Banca d’Italia è ingannevole e non cambia le cose: per quanto le norme statutarie siano formulate dallo Stato, la gestione e la proprietà sono totalmente autoreferenziali e private.
Attentato contro la costituzione dello Stato (art. 283 CP): [I]. Chiunque commette un fatto diretto a mutare la Costituzione dello Stato, o la forma del Governo, con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
Questo reato potrebbe essere stato commesso da quei governanti che illegittimamente hanno concorso a istituire il sistema di dominio della finanza privata sullo Stato. »
Qualcuno raccolse il mio suggerimento e presentò una denuncia su questo schema. Ma nel 2006 le istituzioni reagirono prontamente, e si misero al sicuro, con una legge che ha sanato il loro operato passato e futuro. Così l’opera di eversione costituzionale e di sottoposizione dell’Italia a poteri esterni è potuta progredire.
Come hanno fatto, tecnicamente? Hanno modificato il Codice Penale introducendo, nelle fattispecie di reato applicabili, il requisito dell’elemento della violenza. Se non si usa violenza, non si realizza il reato di attentato contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato, o alla Costituzione, etc. E quanto, da parte delle istituzioni, si sovverte la Costituzione o si assoggetta lo Stato a poteri esterni, lo si fa con leggi e trattati, non con la violenza. Così coperti, nello stesso anno, 2006, hanno riformato lo Statuto della Banca d’Italia, per legittimarne la completa privatizzazione.
Ecco, ad esempio, il testo dell’art. 241 nella formulazione modificata (sopra ho riprodotto quella originaleprecedente):
«C.p. art. 241. Attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato [c.p. 4] o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche.»
Recentemente, l’avv. Paola Musu e il giornalista Paolo Barnard, promotore in Italia della Modern Money Theory, hanno reso noto di aver sporto denuncia penale contro i vertici dello Stato per reati contro l’ordine costituzionale e l’indipendenza dello Stato, commessi attraverso la cessione della sovranità monetaria e politica al sistema bancario privato, o perlomeno a guida privata, intorno a cui ruota l’Euro.
I denuncianti individuano i colpevoli “in particolare nelle persone del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti, dei ministri in carica, dei membri del Parlamento che hanno votato le succitate misure di svuotamento democratico dello Stato italiano e della nostra Carta Costituzionale, ciascuno nelle persone attualmente e medio tempore in carica in relazione all’arco temporale interessato, nonché tutte le altre persone eventualmente coinvolte.”
I reati che essi ravvisano sono i seguenti:
241 c.p. attentato contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato;
270 c.p. associazioni sovversive;
283 c.p. attentato contro la Costituzione dello Stato;
287 c.p. usurpazione di potere politico;
289 c.p. attentato contro gli organi costituzionali;
294 c.p. attentato contro i diritti politici del cittadino;
304 c.p. cospirazione politica mediante accordo;
305 c.p. cospirazione politica mediante associazione.
Musu e Barnard pare non si siano accorti del suddetto “dettaglio”. La loro denuncia espone fatti che erano reati prima di quella legge del 2006, ma ora non lo sono più (tranne i reati riferibili agli artt. 287 e 294, che però non credo siano realizzati).
Quindi la loro denuncia difficilmente avrà il seguito sperato. Però aspettate prima di gettare la spugna.
L’istituzione di un apparato di potere come il Sistema Europeo delle Banche Centrali o, peggio, come il Meccanismo Europeo di Stabilità, costituisce, sostanzialmente, una eversione radicale delle costituzioni democratiche di molti paesi coinvolti e la loro sottomissione a un potere esterno, autocratico, non democratico. Per il Codice Penale italiano, però, tale attività non integra più i reati suddetti né quello di Alto tradimento (art. 90, 2° comma, della Costituzione, a carico del capo dello Stato). Non integra i detti reati, perché, dal 2006, tutte quelle fattispecie di reato richiedono anche l’elemento della violenza, che è stato introdotto dalla Legge 24/02/2006 n. 85, denominata “Modifiche del Codice Penale in materia di reati di opinione.” In realtà il legislatore non mirava ad aumentare la libertà di opinione, ma a legittimare l’attentato alla libertà e all’indipendenza dello Stato, la sovversione del suo ordinamento, l’eversione dell’ordine democratico, che erano in via di esecuzione.
Riformulando quegli articoli, si sapeva dove si voleva arrivare: a proibire la rivoluzione ma a legittimare il colpo di Stato, il colpo di palazzo – cioè legittimare la violazione della costituzione da parte del potere costituito. Quindi chi compie una violenza estrema ma usando armi legislative, agisce nel lecito; chi per contro, reagendo contro quella violenza estrema, che subisce sulla propria vita, dignità, libertà, compie una violenza minima, come incendiare cassonetti, ma illecita, quello sì, quello commette reato. Però ha ancora il diritto di suicidarsi. Questo diritto non glielo hanno ancora tolto, né tassato.
Che fare, a questo punto?
Le cose cambierebbero se pm e giudici iniziassero a considerare come violenza, ai fini della ravvisabilità dei predetti reati, anche quella compiuta mediante manipolazioni dei mercati e altri mezzi finanziari, le manovre per far impennare lo spread o crollare i titoli di Stato, e simili. Perciò tecnicamente consiglio a chi si diletta nel presentare simili denunce, di spiegare, nelle loro denunce e memorie aggiuntive, che sussiste l’elemento della violenza, e in che cosa consiste.
Ma c’è qualcosa di ancora più interessante, specialmente in questo periodo di crescente tassazione, di suicidi fiscali, e di riluttanza del potere politico a tagliare la spesa pubblica parassitaria – 60 miliardi solo per tangenti, scrive la Corte dei Conti. Tra sprechi e creste, almeno 70 miliardi se ne vanno ogni anno nelle voci gonfiate di spese per acquisti di beni e servizi. E almeno altrettanti per appalti pure gonfiati. Dovevano fare la spending review, dovevano applicare i costi standard per porre fine alla moltiplicazione per 5 dei costi da Milano a Palermo, e ora finiscono per concedere, forse, 2,2 miliardi di risparmi, poi forse altri 2. Cioè la politica dice: io faccio buchi nei bilanci perché spreco e rubo, e siccome sprecare e rubare è mio interesse, non smetto di farlo, e i buchi che apro li dovete colmare voi cittadini con le tasse, e se non vi va bene potete suicidarvi.
Però à chiaro che buona parte, gran parte, di quei 140 miliardi di sprechi e ruberie va ad organizzazioni mafiose che manovrano gli appalti e i subappalti assieme alla politica.
E allora si può studiare di denunciare per concorso esterno in associazione mafiosa coloro che, come ministri, pubblici amministratori e funzionari di controllo, pur vedendo come molte spese pubbliche sono gonfiate per procurare profitti alla criminalità organizzata, omettono e hanno omesso di impedire tali illeciti, e continuano a mandare avanti quella spesa a spreco e mangerie, e magari ne traggono benefici in termini di voti nelle elezioni.
di Marco Della Luna
11 maggio 2012
Grillo, Orlando, Doria, Tosi…. Domenica ha vinto la politica, altroché!
Ha vinto la politica, ha perso l’antipolitica. La schiera di commentatori che racconta il contrario si divide tra i molti in malafede e i pochi sinceramente ingannati dal proprio stesso eterno conformismo.
I politici che si stracciano le vesti sono sinceramente preoccupati, ma solo per la sorte delle organizzazioni che gli danno da vivere e che indegnamente si fregiano del nome glorioso di partiti. Il disprezzo nei confronti dei grillini mostrato dal peggior presidente della Repubblica dai tempi di Antonio Segni dimostra solo quanto poco l’uomo sia cambiato dai tempi in cui inneggiava ai carri armati sovietici per le strade di Budapest.
E’ difficile ricordare un esito elettorale altrettanto lineare, chiaro, impermeabile a fraintendimenti o equivoci. Ovunque gli elettori, di sinistra come di centro e di destra, hanno premiato gli outsider, bocciando con ciò stesso e senza appello l’ondata antipolitica che ci flagella da un decennio.
Gli stessi elettori che a Palermo hanno plebiscitato Leoluca Orlando si sarebbero dimostrati ben più guardinghi se a sostenerlo fossero stati gli apparati di partito del centrosinistra. Gli hanno creduto, così come a Genova si sono fidati dell’ homo novus Doria, proprio perché quegli apparati gli erano ostili. La stessa identica pulsione ha decretato, sul versante opposto, il trionfo di Tosi a Verona.
Quei voti non contraddicono il successo dei grillini: lo confermano e lo accompagnano, sono facce dello stesso prisma. Un’altra di quelle facce, diverse in apparenza e identiche nella sostanza, è il risultato deludente, almeno rispetto alle attese di qualche mese fa, di Sinistra ecologia e libertà. Il partito di Vendola, dopo aver destato immense speranze, paga il non aver saputo abbandonare con sufficiente drasticità i giochi politici nei quali si è impantanata la promessa di una nuova concezione della politica per la sinistra italiana.
Il voto per gli outsider è stata una prova di maturità. Cosa offriva in alternativa il mercato della politica? La difesa di una prigione chiamata Europa, sulle scelte della quale i popoli nulla possono ma che devono solo adeguarsi a servir tacendo. Una concezione della politica come arte della rassegnazione e profezia di sconfitta per tutti e per ciascuno. La negazione quotidiana e metodica di ogni principio democratico. La derubricazione di fatto dei cittadini a sudditi. Elementi diversi ma omogenei, la cui somma è precisamente la vera antipolitica. L’ostentazione dei ben noti privilegi castali risulta così odiosa proprio perché si staglia su questo sfondo, ben più rilevante della sovrabbondanza di auto blu e affini.
I movimenti reali e spontanei di rivolta, come quello che percorre oggi, finalmente, l’Italia e l’Europa, non sono comitati centrali. Si attaccano a quel che trovano, lo colonizzano e lo rimodellano dall’interno. Questo hanno fatto anche domenica in Italia.
Il vento politico che si è espresso compiutamente in quel voto è il solo carburante di cui questo Paese dispone oggi, qui e ora, per cambiare le cose, rompere le catene di un europeismo inteso come plumbea dittatura, ripristinare la democrazia sostanziale e magari addirittura ampliarla.
E’ comprensibile che il sistema compiutamente antidemocratico nel quale siamo piano piano scivolati fino al collo tenti di disinnescare quella spinta invocando l’anatema dell’antipolitica. Però chi di quel sistema non fa parte dovrebbe evitare di dargli una mano fingendo di confondere i grillini con le camice brune.
di Andrea Colombo
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14 maggio 2012
Sen bacchetta l’Europa troppo arrendevole con i banchieri
Il premio Nobel indiano per l’Economia boccia i tagli alla spesa pubblica e lamenta i cedimenti alle logiche liberiste
Non sempre gli studiosi e i professori universitari insigniti del Premio Nobel per l’Economia sono collusi con la canaglia liberista e non sempre condividono la deriva imposta dall’Alta Finanza e dai governi che si sono trasformati in loro agenzie di affari. L’indiano Amartya Sen, premiato nel 1998, è uno di quei rari studiosi che non hanno ancora portato il cervello all’ammasso e che non credono che quello in cui viviamo sia il migliore dei mondi possibili e che il potere politico, oltre a quello reale, debba essere lasciato ai banchieri.
Soprattutto Sen, che proviene da un Paese l’India che deve lottare con una persistente povertà di massa che coesiste, in virtù di un boom economico, con la nascita di una vasta classe media e di una classe di super ricchi, non può accettare la politiche di smantellamento dello Stato sociale imposte dalla Commissione europea ai Paesi membri dell’Unione.
Tagliare la spesa pubblica porterà soltanto recessione, ha sostenuto Sen intervenendo ad un convegno a Bologna. Lo studioso ha infatti definito “un grosso errore” concentrarsi sui tagli.
Un errore, ha insistito, che si sta rivelando molto costoso per l'Unione europea. Inoltre, ha accusato, in Europa c'è un'altra grave carenza. Quella di una mancanza di analisi e di giudizio pubblico su queste politiche. Insomma, voleva dire Sen, è tragico che i politici europei, che sono stati eletti con il voto popolare, abbiano deciso di cedere il potere legale a tecnocrati, uomini di fiducia dell’Alta Finanza, o anche nel caso di governi normali, abbiano deciso di adottare politiche economiche ultra-liberiste che vanno contro gli interessi dei cittadini. In Europa ha osservato Sen, non c'è un accordo politico generale sul come uscire dalla crisi. I Paesi europei si sono fatti commissariare.
Oggi, ha accusato, siamo di fronte ad una “leadership finanziaria europea”, che promuove questi tagli alla spesa pubblica per ridurre il deficit. E Sen ha spiegato di volersi riferire alla Banca centrale europea e “alle altre banche”. Espressione che fa pensare subito alle banche inglesi e alle filiali di quelle Usa che da anni speculano contro i Paesi europei, contro i loro titoli di Stato e di riflesso contro l’euro per sostenere e salvare il dollaro e la sterlina.
Da parte delle autorità europea, manca una sfida che venga lanciata ufficialmente al pensiero dominante. Quello, ha precisato, che è rappresentato dalle banche, dalle istituzioni finanziarie, dalle agenzie di rating e dalla Bce. Non si vede e non si sente, ha accusato, un dibattito vero e proprio e di alto livello su queste politiche. Affermazione che deve intendersi nel senso che la politica europea ha accantonato il suo ruolo storico di indirizzo e di traino della politica economica e ha smesso di porsi come il soggetto che deve ridistribuire il reddito prodotto verso i settori più emarginati della società. Soprattutto, voleva dire Sen, la politica europea ha deciso di accettare ad occhi chiusi i principi del Libero Mercato lasciando che fosse la famigerata “mano invisibile” a creare le premesse per la migliore allocazione delle risorse.
Un principio che era falso già ai tempi di Adamo Smith e che è ancora più falso oggi che un capitalismo affamato e vorace ha imposto l’abbattimento delle frontiere e la nascita di un grande mercato globale. Un capitalismo finanziario che ormai dirige tutta l’economia mondiale e che è in grado di fare nascere e cadere i governi come birilli. Un capitalismo che non incontra alcuna remora a speculare contro i titoli di Stato di questo o quel Paese anche se questo dovesse metterli in ginocchio e innescare una povertà di massa.
Sen che proviene da un Paese dove la povertà di massa è un fatto reale, conosce bene i suoi polli. Conosce bene le dinamiche finanziarie ed economiche globali e i soggetti che le alimentano. Sa bene che la povertà non può fare altro che aumentare senza un intervento diretto degli Stati per correggere gli squilibri che si venissero a creare in termini di distribuzione del reddito e per evitare una deriva sociale del tipo di quella che stiamo vivendo.
Quello che i governi dovrebbero invece fare, ha detto, è di espandere la crescita economica attraverso nuova spesa e investimenti pubblici. Questo, ha spiegato, porterebbe ad una riduzione del disavanzo perché aumenterebbe il reddito e la ricchezza pubblica. Purtroppo, ha notato, l’unico dibattito, se così si può definire, sull’ideologia economica dominante, è quello svolto dalle proteste di Occupy o degli Indignados. A questi si possono aggiungere i voti di protesta a cui si sta assistendo in Europa. Ma non c’è, ha lamentato, un dibattito paritario, ma soltanto uno di tipo asimmetrico. Uno insomma nel quale chi detiene il potere reale, le banche, continua a comandare e ai dissidenti è consentito soltanto di alzare la voce senza essere in grado di cambiare le cose. Non c’è insomma un dibattito nel quale vengano contestati i fondamenti dell’ideologia liberista dominante.
L’economista indiano ha infine criticato il tentativo della Germania di Angela Merkel di leggere la realtà europea in una maniera a lei congeniale. Una lettura che può andare bene per la Germania ma che sarebbe un errore se venisse imposta a tutti gli altri. Anche in questo caso, in mancanza di una critica, sarebbe la dimostrazione che il dibattito manca. Anche se, ha concluso, la Germania ha fatto tante cose per l'Europa.
di Filippo Ghira
12 maggio 2012
Come denunciare il golpe bancario?
Circola una recente denuncia penale che sta facendo sognare molte brave persone, ma che rischia di infliggere una grossa delusione. Per una ragione tecnica. Però non disperate, perché resta una possibilità di azione – correggendo il tiro.
Nel 2005, nella prima edizione del mio saggio €uroschiavi, formulai una denuncia penale per crimini di assoggettamento dell’Italia al potere straniero ed eversione della Costituzione mediante la cessione a privati e a potenze esterne (BCE) della sovranità monetaria. Indicavo come autori dei fatti i vertici politici e le autorità monetarie. Ipotizzavo i reati di cui agli art. 241, 283 e 416 bis (associazione mafiosa). Tra l’altro, scrivevo:
«Attentato all’indipendenza dello Stato (art. 241 CP): [I]. Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza dello Stato, è punito con l’ergastolo.
Questo reato potrebbe essere stato commesso da quei governanti che illegittimamente hanno donato la sovranità monetaria prima alla Banca d’Italia e poi alla BCE, e sottoponendo così la Repubblica al potere indipendente e sovrano di organismi privati e, il secondo, addirittura esterno alla Repubblica stessa. La denominazione di “istituto di diritto pubblico” applicata recentemente alla Banca d’Italia è ingannevole e non cambia le cose: per quanto le norme statutarie siano formulate dallo Stato, la gestione e la proprietà sono totalmente autoreferenziali e private.
Attentato contro la costituzione dello Stato (art. 283 CP): [I]. Chiunque commette un fatto diretto a mutare la Costituzione dello Stato, o la forma del Governo, con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
Questo reato potrebbe essere stato commesso da quei governanti che illegittimamente hanno concorso a istituire il sistema di dominio della finanza privata sullo Stato. »
Qualcuno raccolse il mio suggerimento e presentò una denuncia su questo schema. Ma nel 2006 le istituzioni reagirono prontamente, e si misero al sicuro, con una legge che ha sanato il loro operato passato e futuro. Così l’opera di eversione costituzionale e di sottoposizione dell’Italia a poteri esterni è potuta progredire.
Come hanno fatto, tecnicamente? Hanno modificato il Codice Penale introducendo, nelle fattispecie di reato applicabili, il requisito dell’elemento della violenza. Se non si usa violenza, non si realizza il reato di attentato contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato, o alla Costituzione, etc. E quanto, da parte delle istituzioni, si sovverte la Costituzione o si assoggetta lo Stato a poteri esterni, lo si fa con leggi e trattati, non con la violenza. Così coperti, nello stesso anno, 2006, hanno riformato lo Statuto della Banca d’Italia, per legittimarne la completa privatizzazione.
Ecco, ad esempio, il testo dell’art. 241 nella formulazione modificata (sopra ho riprodotto quella originaleprecedente):
«C.p. art. 241. Attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato [c.p. 4] o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche.»
Recentemente, l’avv. Paola Musu e il giornalista Paolo Barnard, promotore in Italia della Modern Money Theory, hanno reso noto di aver sporto denuncia penale contro i vertici dello Stato per reati contro l’ordine costituzionale e l’indipendenza dello Stato, commessi attraverso la cessione della sovranità monetaria e politica al sistema bancario privato, o perlomeno a guida privata, intorno a cui ruota l’Euro.
I denuncianti individuano i colpevoli “in particolare nelle persone del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti, dei ministri in carica, dei membri del Parlamento che hanno votato le succitate misure di svuotamento democratico dello Stato italiano e della nostra Carta Costituzionale, ciascuno nelle persone attualmente e medio tempore in carica in relazione all’arco temporale interessato, nonché tutte le altre persone eventualmente coinvolte.”
I reati che essi ravvisano sono i seguenti:
241 c.p. attentato contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato;
270 c.p. associazioni sovversive;
283 c.p. attentato contro la Costituzione dello Stato;
287 c.p. usurpazione di potere politico;
289 c.p. attentato contro gli organi costituzionali;
294 c.p. attentato contro i diritti politici del cittadino;
304 c.p. cospirazione politica mediante accordo;
305 c.p. cospirazione politica mediante associazione.
Musu e Barnard pare non si siano accorti del suddetto “dettaglio”. La loro denuncia espone fatti che erano reati prima di quella legge del 2006, ma ora non lo sono più (tranne i reati riferibili agli artt. 287 e 294, che però non credo siano realizzati).
Quindi la loro denuncia difficilmente avrà il seguito sperato. Però aspettate prima di gettare la spugna.
L’istituzione di un apparato di potere come il Sistema Europeo delle Banche Centrali o, peggio, come il Meccanismo Europeo di Stabilità, costituisce, sostanzialmente, una eversione radicale delle costituzioni democratiche di molti paesi coinvolti e la loro sottomissione a un potere esterno, autocratico, non democratico. Per il Codice Penale italiano, però, tale attività non integra più i reati suddetti né quello di Alto tradimento (art. 90, 2° comma, della Costituzione, a carico del capo dello Stato). Non integra i detti reati, perché, dal 2006, tutte quelle fattispecie di reato richiedono anche l’elemento della violenza, che è stato introdotto dalla Legge 24/02/2006 n. 85, denominata “Modifiche del Codice Penale in materia di reati di opinione.” In realtà il legislatore non mirava ad aumentare la libertà di opinione, ma a legittimare l’attentato alla libertà e all’indipendenza dello Stato, la sovversione del suo ordinamento, l’eversione dell’ordine democratico, che erano in via di esecuzione.
Riformulando quegli articoli, si sapeva dove si voleva arrivare: a proibire la rivoluzione ma a legittimare il colpo di Stato, il colpo di palazzo – cioè legittimare la violazione della costituzione da parte del potere costituito. Quindi chi compie una violenza estrema ma usando armi legislative, agisce nel lecito; chi per contro, reagendo contro quella violenza estrema, che subisce sulla propria vita, dignità, libertà, compie una violenza minima, come incendiare cassonetti, ma illecita, quello sì, quello commette reato. Però ha ancora il diritto di suicidarsi. Questo diritto non glielo hanno ancora tolto, né tassato.
Che fare, a questo punto?
Le cose cambierebbero se pm e giudici iniziassero a considerare come violenza, ai fini della ravvisabilità dei predetti reati, anche quella compiuta mediante manipolazioni dei mercati e altri mezzi finanziari, le manovre per far impennare lo spread o crollare i titoli di Stato, e simili. Perciò tecnicamente consiglio a chi si diletta nel presentare simili denunce, di spiegare, nelle loro denunce e memorie aggiuntive, che sussiste l’elemento della violenza, e in che cosa consiste.
Ma c’è qualcosa di ancora più interessante, specialmente in questo periodo di crescente tassazione, di suicidi fiscali, e di riluttanza del potere politico a tagliare la spesa pubblica parassitaria – 60 miliardi solo per tangenti, scrive la Corte dei Conti. Tra sprechi e creste, almeno 70 miliardi se ne vanno ogni anno nelle voci gonfiate di spese per acquisti di beni e servizi. E almeno altrettanti per appalti pure gonfiati. Dovevano fare la spending review, dovevano applicare i costi standard per porre fine alla moltiplicazione per 5 dei costi da Milano a Palermo, e ora finiscono per concedere, forse, 2,2 miliardi di risparmi, poi forse altri 2. Cioè la politica dice: io faccio buchi nei bilanci perché spreco e rubo, e siccome sprecare e rubare è mio interesse, non smetto di farlo, e i buchi che apro li dovete colmare voi cittadini con le tasse, e se non vi va bene potete suicidarvi.
Però à chiaro che buona parte, gran parte, di quei 140 miliardi di sprechi e ruberie va ad organizzazioni mafiose che manovrano gli appalti e i subappalti assieme alla politica.
E allora si può studiare di denunciare per concorso esterno in associazione mafiosa coloro che, come ministri, pubblici amministratori e funzionari di controllo, pur vedendo come molte spese pubbliche sono gonfiate per procurare profitti alla criminalità organizzata, omettono e hanno omesso di impedire tali illeciti, e continuano a mandare avanti quella spesa a spreco e mangerie, e magari ne traggono benefici in termini di voti nelle elezioni.
di Marco Della Luna
11 maggio 2012
Grillo, Orlando, Doria, Tosi…. Domenica ha vinto la politica, altroché!
Ha vinto la politica, ha perso l’antipolitica. La schiera di commentatori che racconta il contrario si divide tra i molti in malafede e i pochi sinceramente ingannati dal proprio stesso eterno conformismo.
I politici che si stracciano le vesti sono sinceramente preoccupati, ma solo per la sorte delle organizzazioni che gli danno da vivere e che indegnamente si fregiano del nome glorioso di partiti. Il disprezzo nei confronti dei grillini mostrato dal peggior presidente della Repubblica dai tempi di Antonio Segni dimostra solo quanto poco l’uomo sia cambiato dai tempi in cui inneggiava ai carri armati sovietici per le strade di Budapest.
E’ difficile ricordare un esito elettorale altrettanto lineare, chiaro, impermeabile a fraintendimenti o equivoci. Ovunque gli elettori, di sinistra come di centro e di destra, hanno premiato gli outsider, bocciando con ciò stesso e senza appello l’ondata antipolitica che ci flagella da un decennio.
Gli stessi elettori che a Palermo hanno plebiscitato Leoluca Orlando si sarebbero dimostrati ben più guardinghi se a sostenerlo fossero stati gli apparati di partito del centrosinistra. Gli hanno creduto, così come a Genova si sono fidati dell’ homo novus Doria, proprio perché quegli apparati gli erano ostili. La stessa identica pulsione ha decretato, sul versante opposto, il trionfo di Tosi a Verona.
Quei voti non contraddicono il successo dei grillini: lo confermano e lo accompagnano, sono facce dello stesso prisma. Un’altra di quelle facce, diverse in apparenza e identiche nella sostanza, è il risultato deludente, almeno rispetto alle attese di qualche mese fa, di Sinistra ecologia e libertà. Il partito di Vendola, dopo aver destato immense speranze, paga il non aver saputo abbandonare con sufficiente drasticità i giochi politici nei quali si è impantanata la promessa di una nuova concezione della politica per la sinistra italiana.
Il voto per gli outsider è stata una prova di maturità. Cosa offriva in alternativa il mercato della politica? La difesa di una prigione chiamata Europa, sulle scelte della quale i popoli nulla possono ma che devono solo adeguarsi a servir tacendo. Una concezione della politica come arte della rassegnazione e profezia di sconfitta per tutti e per ciascuno. La negazione quotidiana e metodica di ogni principio democratico. La derubricazione di fatto dei cittadini a sudditi. Elementi diversi ma omogenei, la cui somma è precisamente la vera antipolitica. L’ostentazione dei ben noti privilegi castali risulta così odiosa proprio perché si staglia su questo sfondo, ben più rilevante della sovrabbondanza di auto blu e affini.
I movimenti reali e spontanei di rivolta, come quello che percorre oggi, finalmente, l’Italia e l’Europa, non sono comitati centrali. Si attaccano a quel che trovano, lo colonizzano e lo rimodellano dall’interno. Questo hanno fatto anche domenica in Italia.
Il vento politico che si è espresso compiutamente in quel voto è il solo carburante di cui questo Paese dispone oggi, qui e ora, per cambiare le cose, rompere le catene di un europeismo inteso come plumbea dittatura, ripristinare la democrazia sostanziale e magari addirittura ampliarla.
E’ comprensibile che il sistema compiutamente antidemocratico nel quale siamo piano piano scivolati fino al collo tenti di disinnescare quella spinta invocando l’anatema dell’antipolitica. Però chi di quel sistema non fa parte dovrebbe evitare di dargli una mano fingendo di confondere i grillini con le camice brune.
di Andrea Colombo
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