25 maggio 2012
Equitalia è una pistola fumante
Spa a capitale pubblico – inflessibile coi deboli e malleabile con i forti – è al centro di dure contestazioni. Senza nessuna giustificazione per gli evasori, il nodo sono i metodi di “strozzinaggio” di Equitalia che funge da moltiplicatore del debito privato delle fasce sociali più basse del Paese.
equitaliaLe mobilitazioni contro Equitalia nel nostro paese si sono susseguite nelle ultime settimane. Per mobilitazioni qui si intende le proteste pubbliche, popolari ed alla luce del sole come quelle di Napoli e Mestre o come quella degli operai di Termini Imerese all’Agenzia delle Entrate. Un tema, quello del debito privato, che trova ancora poca centralità, suo malgrado, nello spazio dell’analisi politica.
E’ vero che il tema della pressione fiscale lascia spazio a facili sortite demagogiche, come quelle in salsa verde dei leghisti contro le “tasse di Roma ladrona”. Bisogna innanzitutto centrare il tema, ed in questo le recenti mobilitazioni napoletane hanno avuto il merito di definire bene lo spazio rivendicativo. Le tasse vanno pagate e gli evasori fiscali devono essere perseguiti. Partiamo da questo dato, per tranquillizzare da subito tutti quelli che hanno letto con leggerezza le mobilitazioni contro Equitalia: nessuno di quelli che hanno manifestato a Napoli o a Mestre reclama la fine dei tributi.
Fatta questa necessaria premessa, passiamo alla disamina della questione.
Equitalia è una società per azioni a capitale pubblico – Ministero delle Finanze ed Agenzia delle Entrate – che risponde dunque alle esigenze di tutte le s.p.a. ovvero la necessità di fare profitti. La società si configura così come un esempio di quelle mostruosità giuridiche che sono le multiutility contro cui gli italiani si sono già espressi attraverso il referendum dell’estate del 2011.
Equitalia riscuote i tributi per conto dello stato e degli enti locali che hanno esternalizzato la riscossione delle tasse. La sua natura di s.p.a., porta Equitalia ad accumulare interessi attraverso un complesso sistema di aumenti del credito da riscuotere nei confronti degli evasori. Un agio del 9% su ogni tassa non pagata. Una percentuale che è circa il doppio del tasso di interesse medio che gli istituti di credito impongono sui prestiti privati. A questa percentuale di interesse da usura si sommano le spese di notifica, le spese legali e la maturazione degli ulteriori interessi. Nel pieno rispetto di una legge visibilmente singolare ed ingiusta, Equitalia diventa così una macchina da strozzinaggio.
A finire nel mirino di Equitalia ci sono tutti gli evasori fiscali senza nessun tipo di distinzione, siano essi evasori di una semplice multa per divieto di sosta oppure grandi evasori fiscali per milioni di euro. Il carico affidato ad Equitalia durante il 2010 è salito del 43% rispetto al 2007 ed attualmente è di 72 miliardi di euro*, più o meno due finanziarie.
Ma la rigidità della s.p.a. dei tributi sembra sciogliersi come neve al sole davanti ai grandi evasori fiscali a cui vengono proposti accordi con enormi vantaggi. Di contro il resto dei creditori di Equitalia, principalmente lavoratori autonomi, precari e pensionati, vede solo la possibilità di rateizzazione del debito fissata in griglie strette ed inflessibili. La mission di Equitalia contribuisce così alla configurazione di un sistema fiscale palesemente discriminatorio, che risulta inflessibile coi deboli e malleabile con i forti. Una visione suffragata ulteriormente dal rifiuto del governo dei professori di istituire la tassazione dei capitali scudati che avevano goduto della norma del precedente governo sul rientro dei capitali evasi all’estero e l’istituzione di una tassa patrimoniale per finanziare la spesa sociale.
In caso di mancato pagamento dopo la prima notifica della cartella esattoriale, Equitalia può procedere alla variegata gamma di azioni che rientrano nella riscossione coatta. Pignoramento del quinto dello stipendio, fermo amministrativo dei beni immobili, vendita coatta di auto, moto e case, fino al sequestro dei conti correnti come ha fatto Equitalia Calabria nei confronti dei pensionati. E così mentre si consente ai grandi evasori di chiudere accordi al ribasso recuperando qualche milione di euro rispetto a decine di milioni di evaso, sulle fasce sociali più deboli si abbatte la mannaia della riscossione coatta.
Un meccanismo perverso che contribuisce, ai tempi della più grande crisi che il nostro paese abbia mai conosciuto, all’aumento esponenziale del debito privato. Ed è proprio questo il cuore della questione: Equitalia funge da moltiplicatore del debito privato delle fasce sociali più deboli del paese. All’aumento della pressione fiscale dovuta alla “ricetta” dei professori guidati da Mario Monti, che incide sulla consistenza dei salari e delle pensioni, si unisce l’aumento del debito privato nei confronti dello Stato.
Un vero tritacarne soprattutto per i lavoratori autonomi che mentre fanno i conti con l’abbassamento del proprio potere d’acquisto devono contemporaneamente versare al fisco le tasse di oggi e quelle di ieri con gli aumenti da usura imposti da Equitalia. Ai lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione, su cui gli aumenti delle aliquote Irpef agiscono direttamente in busta paga, il tritacarne di Equitalia rischia di ridurre a poche centinaia di euro i salari attraverso il pignoramento del quinto dello stipendio. Il pignoramenti verso terzi operati da Equitalia sono circa 133.000 con un aumento del 50% tra il 2007 ed il 2010*. Una prospettiva che riduce in miseria una persona non per un periodo temporale, ma per tutta la vita che ti resta.
Ecco cosa spinge un cittadino a puntarsi una pistola alla testa. In particolar modo accade nel Mezzogiorno, dove oltre allo Stato spesso l’altro creditore del debito privato è il sistema criminale. Creditori diversi, ma spesso sistemi di riscossione molto simili. Eppure non si comprende come mai in troppi facciano finta di non capire.
Appena un mese fa la CGIL prospettava uno sciopero generale – l’ennesimo solo annunciato e mai praticato – contro le tasse. Eppure a nessuno venne in mente di parlare di demagogia. Nessuno ha mai chiesto la fine delle tasse, eppure sindaci di grandi città come Bologna si lanciano in iperboliche dichiarazioni su camorristi che protestano contro Equitalia. Cogliamo l’occasione per portare a conoscenza del sindaco di Bologna Virginio Merola che i camorristi sono tra quei grandi evasori a cui Equitalia offre accordi molto flessibili.
Dal prossimo anno tutti gli Enti Locali possono dismettere il contratto con Equitalia. Moltissimi sindaci hanno già dismesso il contratto, altri come quello di Napoli hanno annunciato che lo faranno dal gennaio del 2013. Ma il problema, come è evidente, non è Equitalia in sé ma il meccanismo con cui si pensa di riscuotere i tributi per le fasce sociali maggiormente colpite dalla crisi. Se ci si affiderà nuovamente ad una s.p.a. che dovrà fare profitti, se sarà consentito alle nuove società la riscossione coatta dei tributi, allora sarà solo maquillage. C'è da dire che solo il 16% dell'attività di Equitalia è legata però alla riscossione dei tributi dei Comuni, una percentuale comunque piccola rispetto alla fetta di lavoro svolta per lo Stato e le Regioni che è del 48%*.
I professori continuano a parlare della necessità di misure per la crescita economica del paese, ma non serve una laurea alla Bocconi per capire che senza un alleggerimento del debito privato per le fasce più povere non potrà mai esserci nessuna ripresa. Accanto allo smantellamento del welfare ed alla dismissione dello statuto dei lavoratori con il Ddl Fornero, il tema del debito privato per i lavoratori dipendenti risulta avere una drammatica centralità.
Le mobilitazioni delle ultime settimane pongono dei punti di rivendicazioni semplici e chiari: sospensione della riscossione coatta dei tributi per le fasce sociali deboli (a tal proposito è stato già votato a maggioranza un ordine del giorno alla Camera), cessazione dei contratti tra gli Enti Locali ed Equitalia, internalizzazione del servizio di riscossione dei tributi da parte degli Enti Locali, istituzione di una tassa patrimoniale per finanziare la spesa sociale, tassazione dei capitali scudati.
Proposte rispetto alle quali, i tanti che a sinistra hanno storto il naso davanti alle proteste contro Equitalia, farebbero bene a rispondere nel merito.
di Antonio Musella
* dati del Sole 24 Ore
24 maggio 2012
I tentacoli della Finanza internazionale che stritolano l'Italia
Le smancerie di Obama al nostro Presidente del Consiglio sono la mancia in spiccioli che gli Usa elargiscono all’Italia per aver eseguito gli ordini coloniali alla perfezione. Gli osservatori internazionali chiamano questa affettazione con nomi altisonanti ma l’immagine che essa rimanda alla mente è quella del biscotto tirato al cane da compagnia scodinzolante. Se a Monti è stato riconosciuto un ruolo di primo piano al G8 è soltanto perché questo evento è ormai inutile e squalificato, un summit delle chiacchiere (come lo ha definito il Generale Carlo Jean), e di una stanca ritualità ineffettuale, fuori dalle geometrie geopolitiche dell’attuale fase storica di un mondo non più unipolare e timidamente multicentrico.
A Monti viene anche affidato il compito del mediatore tra la rigida Berlino e quel che resta della flaccida Europa, con quest’ultima davvero persuasa che i malanni comunitari abbiano origine nella foresta nera piuttosto che nella selva oscura del Nuovo Mondo, dove la nostra sovranità resta atterrita. Ma che strano intermediario questo professore affossatore al quale la divisa dell’arbitro serve solo per tenere nascosta, appena sopra la pelle, la casacca a stellette e striscette. Innalzare più in alto la bandiera europea per meglio seppellirla, ecco a cosa serve l’ostentato europeismo ex cathedra di questi illuminati spenti, pieni di sé e vuoti di spirito dei tempi. E sì, perché Monti, non può fare diversamente, essendo il prodotto di quei tentacoli finanziari atlantici che adesso rivendicano il momento della reminiscenza e della riconoscenza da parte del loro pupillo, il quale senza manine e spintarelle d’oltreoceano non sarebbe Premier e nemmeno Senatore.
Così descrive il sito scandalistico Dagospia questa truce faccenda: “In qualsiasi parte del globo la politica è fatta di ideali, trame e baratti. Questi ultimi sono un ingrediente fondamentale nella logica del potere, soprattutto di quei poteri forti che non danno niente per niente e al momento buono presentano le cambiali da pagare. Tra gli ambienti che si aspettano da Monti qualche gesto concreto di buona volontà c’è sicuramente Goldman Sachs, la potente merchant bank americana nella quale il Professore ha lavorato a partire dal 2005, e che ha ingaggiato personaggi come Mario Draghi, Romano Prodi, Massimo Tononi e per ultimo il Maggiordomo di Sua Santità, Gianni Letta”. Goldman Sachs passa appunto ora dalla cassa, la Cassa Depositi e Prestiti per la precisione, al fine gestire direttamente l’acquisizione del 30% di Snam, scippata ad Eni, con evidenti scopi d’indebolimento del cane a sei zampe e con l’intento di pilotare le sue sfere di penetrazione estera, prevenendo ulteriori pericolosissimi smottamenti verso est. Qualcuno potrebbe obiettare che trattasi semplicemente di “melina” di Stato, di movimento apparente, perché in un caso come nell’altro, la proprietà resterebbe saldamente in mano pubblica.
Ma lo Stato non è un monolite, i suoi apparati, nei quali agiscono uomini e drappelli in costante conflitto tra loro, possono perseguire obiettivi non convergenti in base ad intenzioni e piani persino contrastanti, in quanto nascenti da differenti esami della realtà e delle molteplici direzioni da far imboccare alle istituzioni e al Paese. Che questa “compravendita” sia sospetta lo dimostra il fatto che la merchant bank americana svolgerà il ruolo di Advisor nell’operazione praticamente gratis, alla cifra simbolica di 1013 euro. Va bene che sono periodi di crisi ma nessuno fa mai niente per niente. Infatti, non sono i soldi che contano in questa circostanza ma l’opportunità di poter manovrare a proprio piacimento l’acquisizione, ricavandosi uno spazio di azione presente e futuro nelle più importanti aziende strategiche nostrane. Sarà un caso che tutto avvenga nell’interregno impolitico e sempre più impopolare dei tecnici che si sono fatti le ossa all’estero, soprattutto negli Usa, prima di ritornare in patria per spezzare le reni agli italiani? Monti è stato dipendente di Goldman Sachs, oltreché membro del Bilderberg e della Trilaterale, organismi “anglo-globali” poco avvicinabili dall’uomo qualunque e per nulla trasparenti che non hanno mai nascosto le proprie manie di grandezza e di dominio sull’orbe terracqueo.
Quel che importa, al di là dell’ossessione mondialista di tali gruppi, spesso più eccitati che conseguenti, è il luogo geografico dove si basano. Tutte le strade portano a Washington ed è proprio qui che si decidono le sorti politiche ed industriali di molte nazioni che non rivendicano e non fanno valere le proprie prerogative nazionali. Guardate chi sono i (ri)baldi caporioni che esultano per questo dubbio affare nel settore energetico nostrano: Franco Bassanini, membro della Fondazione Italia Usa, il quale dal 2008 è a capo della CDP e Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato della medesima Cassa, nonché ex manager di JP Morgan. Se questi vi sembrano disinteressati ed innocenti perseguitori dell’interesse pubblico, in nome della concorrenza e dei vantaggi per i consumatori, allora il sole può riprendere benissimo a girare intorno alla terra, la quale ovviamente è ancora piatta come l’encefalogramma di chi ci crede.
di Gianni Petrosillo
23 maggio 2012
“Le banche non ci aiutano”, a Parma i grillini puntano sulla moneta locale
Dopo la festa, a Parma ora i grillini devono fare i conti con un debito di 600 milioni di euro. Se le banche non sono disposte a rinegoziare, il piano B è l'Università Bocconi, dove due economisti eretici hanno messo a punto un progetto di valuta complementare all'euro. É questo l’asso che è pronto a giocarsi il neo sindaco Pizzarotti che ora corre il rischio che la Regione isoli la nuova Parma, lontanissima dalla filiera rossa Pci-Pds-Ds-Pd.
PARMA- Non la smettono di frinire. La sbornia di Parma, dalle 17.15 di lunedì la Stalingrado grillina d’Italia, è durata tutta la notte tra bandiere e trombette. Nei bar di via Farini e nelle trattorie solo culatello e torta fritta. Gioia in versione Wi-Fi, cioè senza fili, con il quartier generale di Genova. «É l’alba della Terza repubblica», dice Federico Pizzarotti in versione Pifferaio di Hamelin inseguito dalla stampa di mezzo globo e accolto ovunque dagli osanna dei suoi ragazzi. «É la svolta», suggerisce un po’ scarmigliato Giovanni Favia, proconsole in Regione del Movimento Cinque Stelle. Adesso, però, viene il bello. O il brutto, dipende. Il partito anti-partito deve fare subito i conti con il debito monstre del Comune (600 milioni di euro, si calcola), con il profondo rosso del Teatro Regio (dai 7 ai 12 milioni) e con la penale (180 milioni) di Iren per rimettere nel cassetto un inceneritore fresco di pacca. Cifre – e grane padane - da capogiro per un municipio di nemmeno 200mila abitanti. É come un esame di maturità per un bambino che esce dalle elementari. E come si fa? Come dimostrare alle signore che si fermano in bici a raccomandarsi «di non far come gli altri» che qui il tempo delle battute è finito?
Se è vero, come è vero, che le banche non sarebbero disposte a rinegoziare i debiti con i grillini perché non si fidano, c’è un piano B. B come Bocconi, «la casa degli orrori» per Beppe Grillo, il guru nominato pochissimo, tra un mare di piccoli distinguo, dal suo alfiere con la r arrotata. Parma potrebbe dotarsi di una propria «moneta». Sono in corso in queste ore i contatti (anzi le email, per usare il nuovo codice parmigian-grillista 2.0) tra lo staff di Pizzarotti e due economisti eretici dell’Università Bocconi: Massimo Amato, professore di storia economica e Luca Fantacci, docente di storia, istituzioni e crisi del sistema finanziario. La coppia di quarantenni ha messo a punto un progetto di valuta complementare all’euro. Secondo i grillini sarebbe un sistema di credito cooperativo tra aziende per rafforzare il tessuto locale. Un bonus per uscire dal «signoraggio», creando un sistema virtuoso di scambio, simile al baratto, per bypassare la stretta creditizia, senza più interessi privati. In realtà si tratta di un'idea ben più articolata. Comunque è questo l’asso che è pronto a giocarsi Pizzarotti, intenzionato a tirarsi su le maniche («Ma non come Bersani, sia chiaro!») per far fronte ai “buffi”. «Il Fede» non vorrebbe passare come il pianista del Titanic.
Ovvio: questa dal punto di vista mediatico sarebbe una svolta clamorosa. Un esperimento, ma anche l’unica strada per smarcarsi dalla banche che guardano perplesse e preoccupate la svolta di sistema partita dalla città di Maria Luigia. Un modo per continuare a fare ancora più notizia, particolare che al parmigiano medio non dispiace affatto. Pizzarotti ancora non ne parla. Per il momento si è limitato a dire che «chiederemo il bilancio consolidato: partecipate più municipio». Di sicuro c’è che 1.300 dipendenti comunali rischiano di non vedersi accreditato lo stipendio il prossimo 10 giugno. Le strategie - che rivela Linkiesta – sono al vaglio dello staff di tecnici arrivati in soccorso del neo sindaco. Parma come Nantes in corso di sperimentazione, e non più come la piccola Parigi. Anche questo è un segno dei tempi che cambiano. Nella città della Loira, infatti, l'idea partita dalle aule dell’Università Bocconi è in corso di sperimentazione. Il sindaco di Nantes, Jean Marc Ayrault che ha promosso l'esperimento, è ora al governo.
Favia non conferma e non smentisce. Piuttosto ragiona: «Vedremo se tutte le banche ci chiuderanno davvero i rubinetti. E poi vogliamo vedere i veri conti del Comune: le cifre girate in questi giorni sono state messe in giro anche per spaventare i cittadini, per delegittimarci, per dire che non avremmo avuto le capacità per fare fronte a questa situazione». Un altro timore, invece, arriva da Bologna. C’è il rischio che la Regione isoli la nuova Parma, lontanissima dalla filiera rossa Pci-Pds-Ds-Pd , ma anche dal civismo di centrodestra che puntella il resto del territorio. Per questo Favia annuncia che, come consigliere regionale, sarà «il doberman» di Pizzarotti per fare in modo che la città ducale non rimanga fuori dai finanziamenti pubblici. Insomma – tra scene di giubilo e stordimento collettivo – comincia a delinearsi la faccia del grillismo adulto e responsabile. «Niente vaffa» ma solo «calcolatrice alla mano». Proprio come le persone normali «così lontane dalla casta che costa» e «da Roma», come il «Pizza» chiama il Governo centrale in maniera un po’ proto-leghista. Il baratro d’altronde è lì. Tutto sta a saltarlo per allontanare l’ombra di nuovo commissariamento. Auguri.
di Simone Canettieri
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25 maggio 2012
Equitalia è una pistola fumante
Spa a capitale pubblico – inflessibile coi deboli e malleabile con i forti – è al centro di dure contestazioni. Senza nessuna giustificazione per gli evasori, il nodo sono i metodi di “strozzinaggio” di Equitalia che funge da moltiplicatore del debito privato delle fasce sociali più basse del Paese.
equitaliaLe mobilitazioni contro Equitalia nel nostro paese si sono susseguite nelle ultime settimane. Per mobilitazioni qui si intende le proteste pubbliche, popolari ed alla luce del sole come quelle di Napoli e Mestre o come quella degli operai di Termini Imerese all’Agenzia delle Entrate. Un tema, quello del debito privato, che trova ancora poca centralità, suo malgrado, nello spazio dell’analisi politica.
E’ vero che il tema della pressione fiscale lascia spazio a facili sortite demagogiche, come quelle in salsa verde dei leghisti contro le “tasse di Roma ladrona”. Bisogna innanzitutto centrare il tema, ed in questo le recenti mobilitazioni napoletane hanno avuto il merito di definire bene lo spazio rivendicativo. Le tasse vanno pagate e gli evasori fiscali devono essere perseguiti. Partiamo da questo dato, per tranquillizzare da subito tutti quelli che hanno letto con leggerezza le mobilitazioni contro Equitalia: nessuno di quelli che hanno manifestato a Napoli o a Mestre reclama la fine dei tributi.
Fatta questa necessaria premessa, passiamo alla disamina della questione.
Equitalia è una società per azioni a capitale pubblico – Ministero delle Finanze ed Agenzia delle Entrate – che risponde dunque alle esigenze di tutte le s.p.a. ovvero la necessità di fare profitti. La società si configura così come un esempio di quelle mostruosità giuridiche che sono le multiutility contro cui gli italiani si sono già espressi attraverso il referendum dell’estate del 2011.
Equitalia riscuote i tributi per conto dello stato e degli enti locali che hanno esternalizzato la riscossione delle tasse. La sua natura di s.p.a., porta Equitalia ad accumulare interessi attraverso un complesso sistema di aumenti del credito da riscuotere nei confronti degli evasori. Un agio del 9% su ogni tassa non pagata. Una percentuale che è circa il doppio del tasso di interesse medio che gli istituti di credito impongono sui prestiti privati. A questa percentuale di interesse da usura si sommano le spese di notifica, le spese legali e la maturazione degli ulteriori interessi. Nel pieno rispetto di una legge visibilmente singolare ed ingiusta, Equitalia diventa così una macchina da strozzinaggio.
A finire nel mirino di Equitalia ci sono tutti gli evasori fiscali senza nessun tipo di distinzione, siano essi evasori di una semplice multa per divieto di sosta oppure grandi evasori fiscali per milioni di euro. Il carico affidato ad Equitalia durante il 2010 è salito del 43% rispetto al 2007 ed attualmente è di 72 miliardi di euro*, più o meno due finanziarie.
Ma la rigidità della s.p.a. dei tributi sembra sciogliersi come neve al sole davanti ai grandi evasori fiscali a cui vengono proposti accordi con enormi vantaggi. Di contro il resto dei creditori di Equitalia, principalmente lavoratori autonomi, precari e pensionati, vede solo la possibilità di rateizzazione del debito fissata in griglie strette ed inflessibili. La mission di Equitalia contribuisce così alla configurazione di un sistema fiscale palesemente discriminatorio, che risulta inflessibile coi deboli e malleabile con i forti. Una visione suffragata ulteriormente dal rifiuto del governo dei professori di istituire la tassazione dei capitali scudati che avevano goduto della norma del precedente governo sul rientro dei capitali evasi all’estero e l’istituzione di una tassa patrimoniale per finanziare la spesa sociale.
In caso di mancato pagamento dopo la prima notifica della cartella esattoriale, Equitalia può procedere alla variegata gamma di azioni che rientrano nella riscossione coatta. Pignoramento del quinto dello stipendio, fermo amministrativo dei beni immobili, vendita coatta di auto, moto e case, fino al sequestro dei conti correnti come ha fatto Equitalia Calabria nei confronti dei pensionati. E così mentre si consente ai grandi evasori di chiudere accordi al ribasso recuperando qualche milione di euro rispetto a decine di milioni di evaso, sulle fasce sociali più deboli si abbatte la mannaia della riscossione coatta.
Un meccanismo perverso che contribuisce, ai tempi della più grande crisi che il nostro paese abbia mai conosciuto, all’aumento esponenziale del debito privato. Ed è proprio questo il cuore della questione: Equitalia funge da moltiplicatore del debito privato delle fasce sociali più deboli del paese. All’aumento della pressione fiscale dovuta alla “ricetta” dei professori guidati da Mario Monti, che incide sulla consistenza dei salari e delle pensioni, si unisce l’aumento del debito privato nei confronti dello Stato.
Un vero tritacarne soprattutto per i lavoratori autonomi che mentre fanno i conti con l’abbassamento del proprio potere d’acquisto devono contemporaneamente versare al fisco le tasse di oggi e quelle di ieri con gli aumenti da usura imposti da Equitalia. Ai lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione, su cui gli aumenti delle aliquote Irpef agiscono direttamente in busta paga, il tritacarne di Equitalia rischia di ridurre a poche centinaia di euro i salari attraverso il pignoramento del quinto dello stipendio. Il pignoramenti verso terzi operati da Equitalia sono circa 133.000 con un aumento del 50% tra il 2007 ed il 2010*. Una prospettiva che riduce in miseria una persona non per un periodo temporale, ma per tutta la vita che ti resta.
Ecco cosa spinge un cittadino a puntarsi una pistola alla testa. In particolar modo accade nel Mezzogiorno, dove oltre allo Stato spesso l’altro creditore del debito privato è il sistema criminale. Creditori diversi, ma spesso sistemi di riscossione molto simili. Eppure non si comprende come mai in troppi facciano finta di non capire.
Appena un mese fa la CGIL prospettava uno sciopero generale – l’ennesimo solo annunciato e mai praticato – contro le tasse. Eppure a nessuno venne in mente di parlare di demagogia. Nessuno ha mai chiesto la fine delle tasse, eppure sindaci di grandi città come Bologna si lanciano in iperboliche dichiarazioni su camorristi che protestano contro Equitalia. Cogliamo l’occasione per portare a conoscenza del sindaco di Bologna Virginio Merola che i camorristi sono tra quei grandi evasori a cui Equitalia offre accordi molto flessibili.
Dal prossimo anno tutti gli Enti Locali possono dismettere il contratto con Equitalia. Moltissimi sindaci hanno già dismesso il contratto, altri come quello di Napoli hanno annunciato che lo faranno dal gennaio del 2013. Ma il problema, come è evidente, non è Equitalia in sé ma il meccanismo con cui si pensa di riscuotere i tributi per le fasce sociali maggiormente colpite dalla crisi. Se ci si affiderà nuovamente ad una s.p.a. che dovrà fare profitti, se sarà consentito alle nuove società la riscossione coatta dei tributi, allora sarà solo maquillage. C'è da dire che solo il 16% dell'attività di Equitalia è legata però alla riscossione dei tributi dei Comuni, una percentuale comunque piccola rispetto alla fetta di lavoro svolta per lo Stato e le Regioni che è del 48%*.
I professori continuano a parlare della necessità di misure per la crescita economica del paese, ma non serve una laurea alla Bocconi per capire che senza un alleggerimento del debito privato per le fasce più povere non potrà mai esserci nessuna ripresa. Accanto allo smantellamento del welfare ed alla dismissione dello statuto dei lavoratori con il Ddl Fornero, il tema del debito privato per i lavoratori dipendenti risulta avere una drammatica centralità.
Le mobilitazioni delle ultime settimane pongono dei punti di rivendicazioni semplici e chiari: sospensione della riscossione coatta dei tributi per le fasce sociali deboli (a tal proposito è stato già votato a maggioranza un ordine del giorno alla Camera), cessazione dei contratti tra gli Enti Locali ed Equitalia, internalizzazione del servizio di riscossione dei tributi da parte degli Enti Locali, istituzione di una tassa patrimoniale per finanziare la spesa sociale, tassazione dei capitali scudati.
Proposte rispetto alle quali, i tanti che a sinistra hanno storto il naso davanti alle proteste contro Equitalia, farebbero bene a rispondere nel merito.
di Antonio Musella
* dati del Sole 24 Ore
24 maggio 2012
I tentacoli della Finanza internazionale che stritolano l'Italia
Le smancerie di Obama al nostro Presidente del Consiglio sono la mancia in spiccioli che gli Usa elargiscono all’Italia per aver eseguito gli ordini coloniali alla perfezione. Gli osservatori internazionali chiamano questa affettazione con nomi altisonanti ma l’immagine che essa rimanda alla mente è quella del biscotto tirato al cane da compagnia scodinzolante. Se a Monti è stato riconosciuto un ruolo di primo piano al G8 è soltanto perché questo evento è ormai inutile e squalificato, un summit delle chiacchiere (come lo ha definito il Generale Carlo Jean), e di una stanca ritualità ineffettuale, fuori dalle geometrie geopolitiche dell’attuale fase storica di un mondo non più unipolare e timidamente multicentrico.
A Monti viene anche affidato il compito del mediatore tra la rigida Berlino e quel che resta della flaccida Europa, con quest’ultima davvero persuasa che i malanni comunitari abbiano origine nella foresta nera piuttosto che nella selva oscura del Nuovo Mondo, dove la nostra sovranità resta atterrita. Ma che strano intermediario questo professore affossatore al quale la divisa dell’arbitro serve solo per tenere nascosta, appena sopra la pelle, la casacca a stellette e striscette. Innalzare più in alto la bandiera europea per meglio seppellirla, ecco a cosa serve l’ostentato europeismo ex cathedra di questi illuminati spenti, pieni di sé e vuoti di spirito dei tempi. E sì, perché Monti, non può fare diversamente, essendo il prodotto di quei tentacoli finanziari atlantici che adesso rivendicano il momento della reminiscenza e della riconoscenza da parte del loro pupillo, il quale senza manine e spintarelle d’oltreoceano non sarebbe Premier e nemmeno Senatore.
Così descrive il sito scandalistico Dagospia questa truce faccenda: “In qualsiasi parte del globo la politica è fatta di ideali, trame e baratti. Questi ultimi sono un ingrediente fondamentale nella logica del potere, soprattutto di quei poteri forti che non danno niente per niente e al momento buono presentano le cambiali da pagare. Tra gli ambienti che si aspettano da Monti qualche gesto concreto di buona volontà c’è sicuramente Goldman Sachs, la potente merchant bank americana nella quale il Professore ha lavorato a partire dal 2005, e che ha ingaggiato personaggi come Mario Draghi, Romano Prodi, Massimo Tononi e per ultimo il Maggiordomo di Sua Santità, Gianni Letta”. Goldman Sachs passa appunto ora dalla cassa, la Cassa Depositi e Prestiti per la precisione, al fine gestire direttamente l’acquisizione del 30% di Snam, scippata ad Eni, con evidenti scopi d’indebolimento del cane a sei zampe e con l’intento di pilotare le sue sfere di penetrazione estera, prevenendo ulteriori pericolosissimi smottamenti verso est. Qualcuno potrebbe obiettare che trattasi semplicemente di “melina” di Stato, di movimento apparente, perché in un caso come nell’altro, la proprietà resterebbe saldamente in mano pubblica.
Ma lo Stato non è un monolite, i suoi apparati, nei quali agiscono uomini e drappelli in costante conflitto tra loro, possono perseguire obiettivi non convergenti in base ad intenzioni e piani persino contrastanti, in quanto nascenti da differenti esami della realtà e delle molteplici direzioni da far imboccare alle istituzioni e al Paese. Che questa “compravendita” sia sospetta lo dimostra il fatto che la merchant bank americana svolgerà il ruolo di Advisor nell’operazione praticamente gratis, alla cifra simbolica di 1013 euro. Va bene che sono periodi di crisi ma nessuno fa mai niente per niente. Infatti, non sono i soldi che contano in questa circostanza ma l’opportunità di poter manovrare a proprio piacimento l’acquisizione, ricavandosi uno spazio di azione presente e futuro nelle più importanti aziende strategiche nostrane. Sarà un caso che tutto avvenga nell’interregno impolitico e sempre più impopolare dei tecnici che si sono fatti le ossa all’estero, soprattutto negli Usa, prima di ritornare in patria per spezzare le reni agli italiani? Monti è stato dipendente di Goldman Sachs, oltreché membro del Bilderberg e della Trilaterale, organismi “anglo-globali” poco avvicinabili dall’uomo qualunque e per nulla trasparenti che non hanno mai nascosto le proprie manie di grandezza e di dominio sull’orbe terracqueo.
Quel che importa, al di là dell’ossessione mondialista di tali gruppi, spesso più eccitati che conseguenti, è il luogo geografico dove si basano. Tutte le strade portano a Washington ed è proprio qui che si decidono le sorti politiche ed industriali di molte nazioni che non rivendicano e non fanno valere le proprie prerogative nazionali. Guardate chi sono i (ri)baldi caporioni che esultano per questo dubbio affare nel settore energetico nostrano: Franco Bassanini, membro della Fondazione Italia Usa, il quale dal 2008 è a capo della CDP e Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato della medesima Cassa, nonché ex manager di JP Morgan. Se questi vi sembrano disinteressati ed innocenti perseguitori dell’interesse pubblico, in nome della concorrenza e dei vantaggi per i consumatori, allora il sole può riprendere benissimo a girare intorno alla terra, la quale ovviamente è ancora piatta come l’encefalogramma di chi ci crede.
di Gianni Petrosillo
23 maggio 2012
“Le banche non ci aiutano”, a Parma i grillini puntano sulla moneta locale
Dopo la festa, a Parma ora i grillini devono fare i conti con un debito di 600 milioni di euro. Se le banche non sono disposte a rinegoziare, il piano B è l'Università Bocconi, dove due economisti eretici hanno messo a punto un progetto di valuta complementare all'euro. É questo l’asso che è pronto a giocarsi il neo sindaco Pizzarotti che ora corre il rischio che la Regione isoli la nuova Parma, lontanissima dalla filiera rossa Pci-Pds-Ds-Pd.
PARMA- Non la smettono di frinire. La sbornia di Parma, dalle 17.15 di lunedì la Stalingrado grillina d’Italia, è durata tutta la notte tra bandiere e trombette. Nei bar di via Farini e nelle trattorie solo culatello e torta fritta. Gioia in versione Wi-Fi, cioè senza fili, con il quartier generale di Genova. «É l’alba della Terza repubblica», dice Federico Pizzarotti in versione Pifferaio di Hamelin inseguito dalla stampa di mezzo globo e accolto ovunque dagli osanna dei suoi ragazzi. «É la svolta», suggerisce un po’ scarmigliato Giovanni Favia, proconsole in Regione del Movimento Cinque Stelle. Adesso, però, viene il bello. O il brutto, dipende. Il partito anti-partito deve fare subito i conti con il debito monstre del Comune (600 milioni di euro, si calcola), con il profondo rosso del Teatro Regio (dai 7 ai 12 milioni) e con la penale (180 milioni) di Iren per rimettere nel cassetto un inceneritore fresco di pacca. Cifre – e grane padane - da capogiro per un municipio di nemmeno 200mila abitanti. É come un esame di maturità per un bambino che esce dalle elementari. E come si fa? Come dimostrare alle signore che si fermano in bici a raccomandarsi «di non far come gli altri» che qui il tempo delle battute è finito?
Se è vero, come è vero, che le banche non sarebbero disposte a rinegoziare i debiti con i grillini perché non si fidano, c’è un piano B. B come Bocconi, «la casa degli orrori» per Beppe Grillo, il guru nominato pochissimo, tra un mare di piccoli distinguo, dal suo alfiere con la r arrotata. Parma potrebbe dotarsi di una propria «moneta». Sono in corso in queste ore i contatti (anzi le email, per usare il nuovo codice parmigian-grillista 2.0) tra lo staff di Pizzarotti e due economisti eretici dell’Università Bocconi: Massimo Amato, professore di storia economica e Luca Fantacci, docente di storia, istituzioni e crisi del sistema finanziario. La coppia di quarantenni ha messo a punto un progetto di valuta complementare all’euro. Secondo i grillini sarebbe un sistema di credito cooperativo tra aziende per rafforzare il tessuto locale. Un bonus per uscire dal «signoraggio», creando un sistema virtuoso di scambio, simile al baratto, per bypassare la stretta creditizia, senza più interessi privati. In realtà si tratta di un'idea ben più articolata. Comunque è questo l’asso che è pronto a giocarsi Pizzarotti, intenzionato a tirarsi su le maniche («Ma non come Bersani, sia chiaro!») per far fronte ai “buffi”. «Il Fede» non vorrebbe passare come il pianista del Titanic.
Ovvio: questa dal punto di vista mediatico sarebbe una svolta clamorosa. Un esperimento, ma anche l’unica strada per smarcarsi dalla banche che guardano perplesse e preoccupate la svolta di sistema partita dalla città di Maria Luigia. Un modo per continuare a fare ancora più notizia, particolare che al parmigiano medio non dispiace affatto. Pizzarotti ancora non ne parla. Per il momento si è limitato a dire che «chiederemo il bilancio consolidato: partecipate più municipio». Di sicuro c’è che 1.300 dipendenti comunali rischiano di non vedersi accreditato lo stipendio il prossimo 10 giugno. Le strategie - che rivela Linkiesta – sono al vaglio dello staff di tecnici arrivati in soccorso del neo sindaco. Parma come Nantes in corso di sperimentazione, e non più come la piccola Parigi. Anche questo è un segno dei tempi che cambiano. Nella città della Loira, infatti, l'idea partita dalle aule dell’Università Bocconi è in corso di sperimentazione. Il sindaco di Nantes, Jean Marc Ayrault che ha promosso l'esperimento, è ora al governo.
Favia non conferma e non smentisce. Piuttosto ragiona: «Vedremo se tutte le banche ci chiuderanno davvero i rubinetti. E poi vogliamo vedere i veri conti del Comune: le cifre girate in questi giorni sono state messe in giro anche per spaventare i cittadini, per delegittimarci, per dire che non avremmo avuto le capacità per fare fronte a questa situazione». Un altro timore, invece, arriva da Bologna. C’è il rischio che la Regione isoli la nuova Parma, lontanissima dalla filiera rossa Pci-Pds-Ds-Pd , ma anche dal civismo di centrodestra che puntella il resto del territorio. Per questo Favia annuncia che, come consigliere regionale, sarà «il doberman» di Pizzarotti per fare in modo che la città ducale non rimanga fuori dai finanziamenti pubblici. Insomma – tra scene di giubilo e stordimento collettivo – comincia a delinearsi la faccia del grillismo adulto e responsabile. «Niente vaffa» ma solo «calcolatrice alla mano». Proprio come le persone normali «così lontane dalla casta che costa» e «da Roma», come il «Pizza» chiama il Governo centrale in maniera un po’ proto-leghista. Il baratro d’altronde è lì. Tutto sta a saltarlo per allontanare l’ombra di nuovo commissariamento. Auguri.
di Simone Canettieri
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