01 giugno 2012

Governo Monti: tecnici o dilettanti allo sbaraglio?

Ho scritto –e non lo ritiro- che il tentativo di Monti va preso sul serio, perché po’ provocare mutamenti durevoli del sistema politico e non certo di segno progressista o democratico. Ma questo, più che alla personale abilità del Presidente del Consiglio (che, di suo, non è esattamente un genio), è dovuto alla forza delle cose che sta piegando la democrazia europea alle ragioni della finanza. Il suo governo, in quanto tale, si sta rivelando una compagine raccogliticcia di figure di mezza tacca. Si immagina che “tecnico” voglia dire competente nel ramo in cui esplica la sua attività e le note trionfalistiche che accompagnarono l’insediamento del governo Monti ci narravano che questi erano i più bravi fra i tecnici, la “creme del la creme”, il meglio della nostra intellighentzja economica, amministrativa, militare ecc. E si comprese subito che in tutto questo c’era sia una buona dose di piaggeria, sia il bisogno di dare coraggio ad una opinione pubblica sgomentata dal rischio di un vicino default (“arrivano i nostri!”). E tutto questo ci può stare, ma, fatta pure la tara, si poteva comunque sperare che comunque fossimo in presenza di un governo fatto da personalità con competenze professionali di livello superiore alla media. Dopo sei mesi di governo dobbiamo prendere atto di aver a che fare con personaggi men che mediocri e di imbarazzante incompetenza. Lasciamo da parte le questioni economiche sulle quali abbiamo già detto e diremo ancora, e scegliamo altri esempi: Ministero degli Esteri, quello dell’Interno, quello della Giustizia e quello della Pubblica istruzione-Università. Di fatto la Farnesina è in sede vacante: il suo titolare formale (di cui facciamo fatica a ricordare nome, ci pare tal Giulio Terzi di Sant’Agata) è un Ambasciatore che tale è rimasto, ignorando che un Ministro non è un super Ambasciatore, ma qualcosa di qualitativamente diverso. Si pensi alla vicenda dei marò arrestati in India. Come connazionale posso anche fare il tifo per loro e sperare che riescano a dimostrare convincentemente che il loro errore è stato una tragica fatalità, ma non c’è dubbio che a stabilire il grado di responsabilità penale deve essere una regolare corte penale. Ci sono ottimi argomenti di diritto internazionale per sostenere che la competenza è della giurisdizione italiana. Il fatto è che qui non si parla di questo ma di “riportare a casa i nostri soldati”, come se fossero stati sequestrati da una banda di pirati o di terroristi e non arrestati dalla polizia di uno stato sovrano. E’ del 28 maggio una lettera delirante di un caporal maggiore reduce dell’Afghanistan che vorrebbe andare “personalmente a liberare” i suoi colleghi (Corriere della Sera ), come se potessimo risolvere la cosa con una azione di commando (ed il “Corriere” gliela pubblica e pure senza nemmeno un commento). Il sindaco di Roma (con decenza parlando) guida fiaccolate con lo stesso obiettivo, in tutte le città compaiono manifesti con slogan incendiari: siamo usciti tutti matti? Vogliamo metterci in testa che l’India è un paese di primo piano e non un aggregato tribale semi-selvaggio? L’arresto è stato eseguito nel rispetto delle norme di procedura penale di uno stato di diritto, dopo possiamo anche discutere se processarli spetti all’Italia o all’India, ma la cosa va risolta per via diplomatica, ricordando che gli Indiani sono la parte lesa, non una banda di malfattori. Che facciamo, gli mandiamo le cannoniere con non abbiamo più? Qui la figura dei selvaggi la stiamo facendo noi, inclusa la sinistra che non dice niente, come se la cosa non la riguardasse. E’ ovvio che, se gli Indiani percepiscono che l’Italia non vuole processare i suoi soldati, ma solo sottrarli ad ogni processo (o, magari, allestire un processo farsa) non mollano e procedono con i propri tribunali. E fanno benissimo, anche se mi duole molto scriverlo. Ora, un ministro degli Esteri che ha una gestione così debole, di un caso del genere, da non riuscire a farsi capire nel suo paese, volete che sia preso sul serio ad di fuori? E infatti, pensate alla sciagurata azione degli inglesi per liberare gli ostaggi in Nigeria ed a come è stata trattata l’Italia e traetene le conseguenze. Della Cancellieri abbiamo detto e non ci ripetiamo. Veniamo alla Giustizia: lasciamo perdere la debolezza delle proposte balbettate dalla signora Paola Severino in questi mesi, ma dove mai avete visto che un sottosegretario della Presidenza del Consiglio tira fuori una proposta di riforma della commissione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura (per di più, come emendamento all’interno di un disegno di legge che parla di tutt’altro) ed il ministro Guardasigilli non ne sa nulla? E veniamo all’Università che finalmente ha un ministro-rettore, uno dell’ambiente che finalmente capisce di cosa si sta parlando! A parte qualche infortunio su doppie cariche ed incompatibilità su cui passiamo la mano leggera, tutto quello che ha fatto sono state essenzialmente due cose: indire un referendum on line sul valore legale della laurea (che ha clamorosamente perso con il 73% di contrari all’abolizione) e fatto campagna a favore di quella solenne bestialità che sono le lezioni universitarie in Inglese (ma di questo diremo). Per il resto si limita a far andare l’università alla deriva lungo i dettami della sciagurata riforma Gelmini, nella quale nessuno si raccapezza e per la cui applicazione dilaga un catastrofico “fai da te” al termine del quale non capiremo come deve funzionare il tutto. E questi sarebbero i tecnici? AIUTO!!!! di Aldo Giannuli

31 maggio 2012

Biagi: un sistema multiparametrico europeo può già prevedere i terremoti

Una rete di 50 ricevitori terrestri e una decina di satelliti su orbita geostazionaria sarebbe sufficiente, con un centro multiparametrico, a prevedere con un 'accuratezza del 90% i terremoti di magnitudo 6 della scala Richter nell'intera regione sismica europea, con dieci giorni di anticipo, ha dichiarato il fisico Pier Francesco Biagi all'EIR. Ad esempio, un gruppo di sismologi di Trieste aveva previsto, con uno studio statistico, l'area esatta del terremoto che ha colpito la zona tra Modena e Ferrara il 20 maggio. Data la natura del metodo impiegato, i ricercatori non potevano indicare la data precisa, ma solo una finestra di parecchi mesi che allo scopo delle previsioni non serve a niente. Tuttavia, combinando quel lavoro con altre osservazioni sperimentali sul terreno e nell'atmosfera, sarebbe stata possibile una previsione accurata. Nel contesto di un tale approccio multiparametrico, il risultato di Trieste è stato "eccellente", ha detto Biagi. Il monitoraggio non si fa a causa della mentalità sbagliata. Eppure, un sisma di magnitudo 9, come quello giapponese del 2011, "è prevedibile". Il team di Biagi ha elaborato una nuova mappa dei precursori del terremoto giapponese, usando dati da 1280 ricevitori GPS. I segnali sono estremamente chiari. Biagi ha potuto costruire una rete di 14 ricevitori interamente con finanziamenti privati organizzati personalmente. Questa rete ha prodotto risultati notevoli, ma c'è bisogno di un centro multiparametrico. Per coprire l'intera area sismica europea sarebbero sufficienti 50 ricevitori, mentre precursori molto importanti, come la variazione chimica dell'atmosfera, devono essere osservati dai satelliti. Circa 10 nano-satelliti, non più costosi di un milione di euro ciascuno, sarebbero sufficienti. Come esempio del problema, che è di natura politico/ideologica/culturale, Biagi ha riferito che la domanda di finanziamenti per un progetto per valutare accuratamente le variazioni di emissioni di radon, un importante precursore, è stata rifiutata dal ministero della Ricerca Scientifica. by Movisol

30 maggio 2012

G8

Secondo i mass-media sempre impegnatissimi nell' acritico sostegno al governo dei tecnocrati, l'appena concluso G8 di Camp David è stato un successo sia in termini generali sia per l'Italia, che ha riacquistato il posto che le compete in Europa e nel mondo. Il merito di questo recupero viene equamente suddiviso fra Mario Monti e Barack Obama col supporto della new entry francese François Hollande. A conferma vengono citate le parole del caro leader, che ha evidenziato la ''convergenza molto forte'' con Hollande e il ruolo svolto da Obama nel creare le condizioni per un dibattito costruttivo, grazie a discussioni fatte intorno al caminetto che contribuiscono a creare un clima informale diverso da quello dei vertici europei, ''ingessati, e non sempre positivi''. Pressoché solitaria voce dissenziente quella di Massimo Fini, che si azzarda a ricordare vicende non più vecchie di un quinquennio e che tuttavia sembrano da tutti dimenticate, scrivendo:“La crisi è partita dall'America, ma quel pseudodemocratico e pseudonero di Obama ha la faccia tosta di impartirci lezioni di moralità economica”. In realtà sono mesi che Obama esprime il timore che la crisi dell'economia europea possa contagiare gli Stati Uniti, fingendo di dimenticare che finora l'unico contagio ha attraversato l'Atlantico in direzione opposta: dall'America all'Europa. La crisi, difatti, non è scoppiata nel 2010, ma nell'estate del 2007 e proprio negli Stati Uniti con l'esplosione della “bolla immobiliare” determinata dai cosiddetti “mutui subprime”, cioè a bassa garanzia, e dal marchingegno escogitato dalle banche americane per scaricare su altri i rischi di questi mutui concessi a chi non era in grado di far fronte agli impegni assunti: la loro “cartolarizzazione” in titoli poi proposti dal sistema bancario a risparmiatori di tutti il mondo (in particolare di quello occidentale), che ben presto si meritarono la definizione di “titoli tossici” per avere diffuso negli altri paesi la crisi americana. La situazione esplose nel 2007, quando le banche si ritrovarono sul groppone poco meno di due milioni di case pignorate a proprietari che non erano più in grado di pagare le rate del mutuo, troppe per trovare, anche a prezzi minimi, acquirenti su un mercato dissestato. Abbiamo scarsa memoria, ma qualcuno dovrebbe ricordare che i mostri telegiornali ci mostrarono strade e strade fiancheggiate da villette e giardinetti stile “american way” poste in vendita a poche centinaia di dollari e tuttavia invendute. Seguirono gli interventi di Washington per salvare Fannie Mae e Freddy Mac, il Citygroup e altri istituti di credito e assicurativi e (15 settembre 2008) il crac della banca d'investimento Lehman Brothers reso più disastrosi per gli investitori di tutto il mondo e anche per molti istituti finanziari europei dal fatto che fino al giorno prima i suoi titoli godevano di un buon “rating” da parte delle agenzie Standard & Poor's, Moody's e Fitch, tutte statunitensi. Si dirà che è storia passata e che, mentre occorre lavorare insieme per uscire dalla crisi, non vale la pena di litigare come fanno i bambini per attribuirsi reciprocamente la colpa. Il fatto è che, come sempre, non si possono curare gli effetti se non si individuano le cause. In particolare, pur se è vero che dal 2009 l'Europa ci ha messo del suo, dal momento che anche tempo e durata contano, sarebbe un grave errore dimenticare non tanto le responsabilità degli Usa (se non per suggerire ad Obama meno iattanza e più umiltà), ma che la crisi riguarda fin d'ora, e non per futuri temuti contagi, l'intero mondo occidentale (Usa inclusi) e che è vecchia non di due-tre, ma di cinque anni. In ogni caso, venendo all'oggi, il G8 di Camp David è stato di qualche consolazione per l'Italia, ma, al contrario di quanto sostiene la piaggeria mass-mediale, non per la ritrovata autorevolezza dell'Italia sul fronte internazionale, ma perché, se noi contiamo su tecnici che hanno dovuto chiamare altri tecnici per fare il loro lavoro, i politici degli altri paesi non se la molto cavano meglio se tutto quello che hanno saputo tirar fuori dalle discussioni “intorno al caminetto” di cui tanto si è compiaciuto il prof. Monti è che occorre coniugare il rigore con la crescita. In realtà se non proprio la crescita (per questa servirebbe un sostanziale mutamento del modello economico), almeno una ripresa, magari una “ripresina”, sarebbe coniugabile col rigore, ma con un rigore non come l'intendono Monti e i suoi colleghi (quelli che Maffeo Pantaleoni classifica come “imbecilli” a causa del loro esclusivo amore per le tasse), ma di tagli alla spesa pubblica improduttiva a cominciare, per dare l'esempio, da una severa sforbiciata ai 224.milioni di euro che, secondo una recente inchiesta, costa alle casse pubbliche italiane il Quirinale, il quadruplo di quanto gli inglesi pagano per Buckingham Palace. di Francesco Mario Agnoli

01 giugno 2012

Governo Monti: tecnici o dilettanti allo sbaraglio?

Ho scritto –e non lo ritiro- che il tentativo di Monti va preso sul serio, perché po’ provocare mutamenti durevoli del sistema politico e non certo di segno progressista o democratico. Ma questo, più che alla personale abilità del Presidente del Consiglio (che, di suo, non è esattamente un genio), è dovuto alla forza delle cose che sta piegando la democrazia europea alle ragioni della finanza. Il suo governo, in quanto tale, si sta rivelando una compagine raccogliticcia di figure di mezza tacca. Si immagina che “tecnico” voglia dire competente nel ramo in cui esplica la sua attività e le note trionfalistiche che accompagnarono l’insediamento del governo Monti ci narravano che questi erano i più bravi fra i tecnici, la “creme del la creme”, il meglio della nostra intellighentzja economica, amministrativa, militare ecc. E si comprese subito che in tutto questo c’era sia una buona dose di piaggeria, sia il bisogno di dare coraggio ad una opinione pubblica sgomentata dal rischio di un vicino default (“arrivano i nostri!”). E tutto questo ci può stare, ma, fatta pure la tara, si poteva comunque sperare che comunque fossimo in presenza di un governo fatto da personalità con competenze professionali di livello superiore alla media. Dopo sei mesi di governo dobbiamo prendere atto di aver a che fare con personaggi men che mediocri e di imbarazzante incompetenza. Lasciamo da parte le questioni economiche sulle quali abbiamo già detto e diremo ancora, e scegliamo altri esempi: Ministero degli Esteri, quello dell’Interno, quello della Giustizia e quello della Pubblica istruzione-Università. Di fatto la Farnesina è in sede vacante: il suo titolare formale (di cui facciamo fatica a ricordare nome, ci pare tal Giulio Terzi di Sant’Agata) è un Ambasciatore che tale è rimasto, ignorando che un Ministro non è un super Ambasciatore, ma qualcosa di qualitativamente diverso. Si pensi alla vicenda dei marò arrestati in India. Come connazionale posso anche fare il tifo per loro e sperare che riescano a dimostrare convincentemente che il loro errore è stato una tragica fatalità, ma non c’è dubbio che a stabilire il grado di responsabilità penale deve essere una regolare corte penale. Ci sono ottimi argomenti di diritto internazionale per sostenere che la competenza è della giurisdizione italiana. Il fatto è che qui non si parla di questo ma di “riportare a casa i nostri soldati”, come se fossero stati sequestrati da una banda di pirati o di terroristi e non arrestati dalla polizia di uno stato sovrano. E’ del 28 maggio una lettera delirante di un caporal maggiore reduce dell’Afghanistan che vorrebbe andare “personalmente a liberare” i suoi colleghi (Corriere della Sera ), come se potessimo risolvere la cosa con una azione di commando (ed il “Corriere” gliela pubblica e pure senza nemmeno un commento). Il sindaco di Roma (con decenza parlando) guida fiaccolate con lo stesso obiettivo, in tutte le città compaiono manifesti con slogan incendiari: siamo usciti tutti matti? Vogliamo metterci in testa che l’India è un paese di primo piano e non un aggregato tribale semi-selvaggio? L’arresto è stato eseguito nel rispetto delle norme di procedura penale di uno stato di diritto, dopo possiamo anche discutere se processarli spetti all’Italia o all’India, ma la cosa va risolta per via diplomatica, ricordando che gli Indiani sono la parte lesa, non una banda di malfattori. Che facciamo, gli mandiamo le cannoniere con non abbiamo più? Qui la figura dei selvaggi la stiamo facendo noi, inclusa la sinistra che non dice niente, come se la cosa non la riguardasse. E’ ovvio che, se gli Indiani percepiscono che l’Italia non vuole processare i suoi soldati, ma solo sottrarli ad ogni processo (o, magari, allestire un processo farsa) non mollano e procedono con i propri tribunali. E fanno benissimo, anche se mi duole molto scriverlo. Ora, un ministro degli Esteri che ha una gestione così debole, di un caso del genere, da non riuscire a farsi capire nel suo paese, volete che sia preso sul serio ad di fuori? E infatti, pensate alla sciagurata azione degli inglesi per liberare gli ostaggi in Nigeria ed a come è stata trattata l’Italia e traetene le conseguenze. Della Cancellieri abbiamo detto e non ci ripetiamo. Veniamo alla Giustizia: lasciamo perdere la debolezza delle proposte balbettate dalla signora Paola Severino in questi mesi, ma dove mai avete visto che un sottosegretario della Presidenza del Consiglio tira fuori una proposta di riforma della commissione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura (per di più, come emendamento all’interno di un disegno di legge che parla di tutt’altro) ed il ministro Guardasigilli non ne sa nulla? E veniamo all’Università che finalmente ha un ministro-rettore, uno dell’ambiente che finalmente capisce di cosa si sta parlando! A parte qualche infortunio su doppie cariche ed incompatibilità su cui passiamo la mano leggera, tutto quello che ha fatto sono state essenzialmente due cose: indire un referendum on line sul valore legale della laurea (che ha clamorosamente perso con il 73% di contrari all’abolizione) e fatto campagna a favore di quella solenne bestialità che sono le lezioni universitarie in Inglese (ma di questo diremo). Per il resto si limita a far andare l’università alla deriva lungo i dettami della sciagurata riforma Gelmini, nella quale nessuno si raccapezza e per la cui applicazione dilaga un catastrofico “fai da te” al termine del quale non capiremo come deve funzionare il tutto. E questi sarebbero i tecnici? AIUTO!!!! di Aldo Giannuli

31 maggio 2012

Biagi: un sistema multiparametrico europeo può già prevedere i terremoti

Una rete di 50 ricevitori terrestri e una decina di satelliti su orbita geostazionaria sarebbe sufficiente, con un centro multiparametrico, a prevedere con un 'accuratezza del 90% i terremoti di magnitudo 6 della scala Richter nell'intera regione sismica europea, con dieci giorni di anticipo, ha dichiarato il fisico Pier Francesco Biagi all'EIR. Ad esempio, un gruppo di sismologi di Trieste aveva previsto, con uno studio statistico, l'area esatta del terremoto che ha colpito la zona tra Modena e Ferrara il 20 maggio. Data la natura del metodo impiegato, i ricercatori non potevano indicare la data precisa, ma solo una finestra di parecchi mesi che allo scopo delle previsioni non serve a niente. Tuttavia, combinando quel lavoro con altre osservazioni sperimentali sul terreno e nell'atmosfera, sarebbe stata possibile una previsione accurata. Nel contesto di un tale approccio multiparametrico, il risultato di Trieste è stato "eccellente", ha detto Biagi. Il monitoraggio non si fa a causa della mentalità sbagliata. Eppure, un sisma di magnitudo 9, come quello giapponese del 2011, "è prevedibile". Il team di Biagi ha elaborato una nuova mappa dei precursori del terremoto giapponese, usando dati da 1280 ricevitori GPS. I segnali sono estremamente chiari. Biagi ha potuto costruire una rete di 14 ricevitori interamente con finanziamenti privati organizzati personalmente. Questa rete ha prodotto risultati notevoli, ma c'è bisogno di un centro multiparametrico. Per coprire l'intera area sismica europea sarebbero sufficienti 50 ricevitori, mentre precursori molto importanti, come la variazione chimica dell'atmosfera, devono essere osservati dai satelliti. Circa 10 nano-satelliti, non più costosi di un milione di euro ciascuno, sarebbero sufficienti. Come esempio del problema, che è di natura politico/ideologica/culturale, Biagi ha riferito che la domanda di finanziamenti per un progetto per valutare accuratamente le variazioni di emissioni di radon, un importante precursore, è stata rifiutata dal ministero della Ricerca Scientifica. by Movisol

30 maggio 2012

G8

Secondo i mass-media sempre impegnatissimi nell' acritico sostegno al governo dei tecnocrati, l'appena concluso G8 di Camp David è stato un successo sia in termini generali sia per l'Italia, che ha riacquistato il posto che le compete in Europa e nel mondo. Il merito di questo recupero viene equamente suddiviso fra Mario Monti e Barack Obama col supporto della new entry francese François Hollande. A conferma vengono citate le parole del caro leader, che ha evidenziato la ''convergenza molto forte'' con Hollande e il ruolo svolto da Obama nel creare le condizioni per un dibattito costruttivo, grazie a discussioni fatte intorno al caminetto che contribuiscono a creare un clima informale diverso da quello dei vertici europei, ''ingessati, e non sempre positivi''. Pressoché solitaria voce dissenziente quella di Massimo Fini, che si azzarda a ricordare vicende non più vecchie di un quinquennio e che tuttavia sembrano da tutti dimenticate, scrivendo:“La crisi è partita dall'America, ma quel pseudodemocratico e pseudonero di Obama ha la faccia tosta di impartirci lezioni di moralità economica”. In realtà sono mesi che Obama esprime il timore che la crisi dell'economia europea possa contagiare gli Stati Uniti, fingendo di dimenticare che finora l'unico contagio ha attraversato l'Atlantico in direzione opposta: dall'America all'Europa. La crisi, difatti, non è scoppiata nel 2010, ma nell'estate del 2007 e proprio negli Stati Uniti con l'esplosione della “bolla immobiliare” determinata dai cosiddetti “mutui subprime”, cioè a bassa garanzia, e dal marchingegno escogitato dalle banche americane per scaricare su altri i rischi di questi mutui concessi a chi non era in grado di far fronte agli impegni assunti: la loro “cartolarizzazione” in titoli poi proposti dal sistema bancario a risparmiatori di tutti il mondo (in particolare di quello occidentale), che ben presto si meritarono la definizione di “titoli tossici” per avere diffuso negli altri paesi la crisi americana. La situazione esplose nel 2007, quando le banche si ritrovarono sul groppone poco meno di due milioni di case pignorate a proprietari che non erano più in grado di pagare le rate del mutuo, troppe per trovare, anche a prezzi minimi, acquirenti su un mercato dissestato. Abbiamo scarsa memoria, ma qualcuno dovrebbe ricordare che i mostri telegiornali ci mostrarono strade e strade fiancheggiate da villette e giardinetti stile “american way” poste in vendita a poche centinaia di dollari e tuttavia invendute. Seguirono gli interventi di Washington per salvare Fannie Mae e Freddy Mac, il Citygroup e altri istituti di credito e assicurativi e (15 settembre 2008) il crac della banca d'investimento Lehman Brothers reso più disastrosi per gli investitori di tutto il mondo e anche per molti istituti finanziari europei dal fatto che fino al giorno prima i suoi titoli godevano di un buon “rating” da parte delle agenzie Standard & Poor's, Moody's e Fitch, tutte statunitensi. Si dirà che è storia passata e che, mentre occorre lavorare insieme per uscire dalla crisi, non vale la pena di litigare come fanno i bambini per attribuirsi reciprocamente la colpa. Il fatto è che, come sempre, non si possono curare gli effetti se non si individuano le cause. In particolare, pur se è vero che dal 2009 l'Europa ci ha messo del suo, dal momento che anche tempo e durata contano, sarebbe un grave errore dimenticare non tanto le responsabilità degli Usa (se non per suggerire ad Obama meno iattanza e più umiltà), ma che la crisi riguarda fin d'ora, e non per futuri temuti contagi, l'intero mondo occidentale (Usa inclusi) e che è vecchia non di due-tre, ma di cinque anni. In ogni caso, venendo all'oggi, il G8 di Camp David è stato di qualche consolazione per l'Italia, ma, al contrario di quanto sostiene la piaggeria mass-mediale, non per la ritrovata autorevolezza dell'Italia sul fronte internazionale, ma perché, se noi contiamo su tecnici che hanno dovuto chiamare altri tecnici per fare il loro lavoro, i politici degli altri paesi non se la molto cavano meglio se tutto quello che hanno saputo tirar fuori dalle discussioni “intorno al caminetto” di cui tanto si è compiaciuto il prof. Monti è che occorre coniugare il rigore con la crescita. In realtà se non proprio la crescita (per questa servirebbe un sostanziale mutamento del modello economico), almeno una ripresa, magari una “ripresina”, sarebbe coniugabile col rigore, ma con un rigore non come l'intendono Monti e i suoi colleghi (quelli che Maffeo Pantaleoni classifica come “imbecilli” a causa del loro esclusivo amore per le tasse), ma di tagli alla spesa pubblica improduttiva a cominciare, per dare l'esempio, da una severa sforbiciata ai 224.milioni di euro che, secondo una recente inchiesta, costa alle casse pubbliche italiane il Quirinale, il quadruplo di quanto gli inglesi pagano per Buckingham Palace. di Francesco Mario Agnoli