13 giugno 2012
Ecco chi sono i responsabili del debito e della crisi
Fate attenzione a ciò che leggete in questo articolo, perché volutamente ho scritto cose che sono vere e cose che non lo sono, o lo sono solo apparentemente.
Una mattina radiosa del gennaio 1998 mi sono svegliato di buon umore e mi son detto: “Adesso basta! Ho già lavorato abbastanza nella mia vita.”
Così sono andato in ufficio ho chiesto un colloquio col capo del personale e gli ho detto: “Mio caro signore, io ho cominciato a lavorare negli anni ’60, adesso, sono passati più di 35 anni e sono stanco, direi che possono bastare, no? Quindi se non le dispiace tolgo il disturbo e mi vado a godere un po’ di riposo dove mi pare. La prego di formalizzare le mie immediate dimissioni e la mia iscrizione tra i pensionati a carico dello Stato”.
Il direttore, pur sorpreso per la mia improvvisa decisione, non ha potuto che complimentarsi con me per la mia felice scelta e mi ha fatto tanti auguri per un sereno e prospero futuro.
Naturalmente quell’anno non sono stato l’unico ad avere quella brillante idea, decine di migliaia di altri lavoratori, stufi di lavorare, mi hanno copiato, e si sono messi a carico dello Stato.
Nello stesso anno mio nipote decideva di sposarsi e voleva comprar casa, ma non aveva soldi, così è andato a informarsi alla sua banca, ma il funzionario gli ha detto che poteva finanziare al massimo il 70% del costo, inoltre il suo reddito doveva essere adeguato a sostenere l’onere del rimborso rateizzato.
Quando ho sentito questa cosa mi sono arrabbiato e ho detto a mio nipote di non preoccuparsi, io conosco diverse banche che saranno contentissime di finanziare anche più del 100% e faranno condizioni di tasso specialissime. Siamo andati insieme in una banca di mia conoscenza ed ha ottenuto quello che voleva senza problemi.
Ma mio nipote non era l’unico a voler comprar casa quell’anno, così anche quell’idea di finanziare di più e meglio l’acquisto delle case è stata imitata da molte banche in Italia, e negli anni a seguire c’è stato un vero e proprio boom del comparto immobiliare, che con il solido sostegno finanziario del comparto bancario, ha potuto rendere felici milioni di persone in cerca di una abitazione.
Qualche anno dopo ho conosciuto due persone attratte dall’impegno politico in Italia. Il primo era un pensionato molto serio e preparato, che voleva dare un valido contributo nella legislazione e gestione della cosa pubblica, la seconda era una signora di mezza età con una partecipazione proprietaria in un giornale locale, la quale vedeva nella politica una favorevolissima opportunità per raggiungere una posizione di grandissimo prestigio nel Parlamento nazionale e anche una buona occasione di incrementare notevolmente il suo reddito e concedersi finalmente un’abitazione di lusso e ... magari anche un brillante cabinato nel porticciolo della sua città.
Si sono presentati entrambi in un partito della coalizione di sinistra e, francamente, sono rimasto sorpreso quando ho visto che il partito ha candidato il pensionato. Pensavo che quel partito, timoroso di non superare la soglia di sbarramento al 4%, avesse molta più convenienza a candidare la “giornalaia”, dato che col suo giornale poteva fare propaganda al partito e guadagnare più voti in generale.
°°°
Cosa c’è di vero in quello che ho scritto? E cosa c’è di falso?
Le storie sono sostanzialmente tutte vere. Palesemente falsa è solo la decisione del partito. Tutti quelli che conoscono i partiti appena meglio che nella superficialità sanno che nessun partito in Italia avrebbe fatto la scelta che ho raccontato. Infatti quel partito (è storia vera!) ha candidato proprio la giornalaia, anche se poi in quella Circoscrizione elettorale non ha comunque conquistato seggi.
La storia dei mutui concessi al 100% (e oltre) invece è vera, ma è falsa l’attribuzione del paese in cui è avvenuta. Non è in Italia ma negli Stati Uniti che sono avvenute quelle follie finanziarie. In Italia le banche non hanno mai dato i mutui con facilità. Ma negli Usa sì, e l’hanno fatto con tale ampiezza che hanno contribuito a creare una bolla finanziaria dalle dimensioni globali. Ho già descritto in articoli precedenti che l’immensa montagna di spazzatura finanziara in circolazione non derivava solo dai mutui detti “subprime”, ma comunque sono stati questi a scatenare l’incendio che si è subito allargato a tutto il sistema. E quando negli USA il castello di carte è crollato, e i finanzieri d’affari si sono accorti che la botte era piena (di porcheria finanziaria) e la moglie era già ubriaca (N.B. ottenere insieme la botte piena e la moglie ubriaca è una magia che riesce solo a loro), hanno cambiato vigna e sono andati in Grecia, Irlanda, Spagna ecc. a vendemmiare, cioè a fare lo stesso giochino che ha permesso loro di fare un sacco di soldi a Wall Street. Un giochino che funzionerà sempre benissimo fintanto che i legislatori e le autorità preposte al controllo su queste operazioni non interverranno a mettere precisi limiti e regole in questa complessa materia.
E infine la storia delle pensioni “facili”, che è falsa e vera nello stesso tempo. Vero è che la normativa ha consentito a troppi di andare in pensione con troppa generosità, ma è chiaramente falso il modo in cui l’ho raccontato. A nessuno è mai stato consentito di svegliarsi alla mattina decidendo improvvisamente di andare da capo del personale a comunicargli la sua volontà di andare in pensione. Se qualcuno lo facesse vedrebbe subito arrivare, chiamata dal capo del personale, la “Croce verde del manicomio provinciale”. È la legge che stabilisce le condizioni per il pensionamento. E chi fa le leggi? Sono i politici! Quindi, se il costo dei pensionamenti è troppo alto è la politica responsabile dello scompenso, non i pensionati.
Tuttavia gli economisti seri sanno che il problema principale non è quello. Il sistema era in equilibrio quando è stato creato, e poteva restare in equilibrio se la politica lo avesse protetto invece che usarlo a fini elettorali. L’equilibrio è stato perso in seguito, e solo in piccola parte a causa dell’aumento della vita media delle persone. La causa principale dell’attuale scompenso (visto in prospettiva) è per l’eccessiva libertà, diventata ad un certo punto necessità, data alle aziende di competere sui costi di produzione andando all’estero a produrre.
In questo modo si è minato dall’interno l’equilibrio non solo del sistema industriale nazionale e del sistema pensionistico (ad esso direttamente collegato), ma di tutto il sistema economico tout court, che ne esce completamente scombussolato, indebolito, e ormai in grande difficoltà a proseguire sulle linee tracciate negli anni ruggenti della nostra democrazia.
È convenuto alla popolazione questa evoluzione del sistema? A giudicare dalla gravità della crisi che attanaglia il paese è facile rispondere di no.
Eppure siamo in democrazia, non è il popolo ad avere la possibilità di decidere, quale strada prendere nelle scelte che incidono sul suo futuro?
Sì, teoricamente è così. Ma questo dipende molto anche dal modo in cui il popolo viene informato.
Perciò ho impostato questo articolo in questo strano modo e descritto alcuni episodi in modo paradossale. Per evidenziarne l’incredibilità e sottolineare l’importanza di avere informazioni complete e corrette.
Eppure nella stampa e televisione di sistema continuano a “bombardarci” di informazioni tendenti a farci credere che “abbiamo speso troppo”; che abbiamo fatto le “cicale”; che adesso dobbiamo fare le “formiche”.
Usano la saggezza popolare per nascondere la verità. Le cicale, cioè gli spreconi; incapaci, e traditori del mandato elettorale sono stati loro: i politici. E hanno potuto farlo grazie anche alla complicità dei media, pubblici e privati; tutti (o quasi) d’accordo nello spartirsi la torta. Adesso che la torta non c’è più dicono che noi ce la siamo mangiata. Invece se la sono mangiata loro, a noi cittadini qualunque hanno lasciato solo le briciole.
Questa è la verità.
di Roberto Marchesi
11 giugno 2012
Cosa resta al cittadino beffato?

10 giugno 2012
La ripresa americana
Sino a poche settimane fa, a fronte della mediocre prestazione dell’economia europea, era sottolineata la pur contenuta ripresa americana, che lasciava presagire una crescita del Pil prossima al 3%. In questo quadro era sbandierato come un risultato eccezionale l’aumento di circa 800.000 posti di lavoro.
Poi è arrivata la “gelata” di fine maggio: l’indice si crescita si è abbassato e soprattutto, i 180.000 nuovi posti di lavoro attesi, si sono ridotti ad un dato molto più striminzito: 59.000.
Obama se l’è cavata dicendo che è tutta colpa dell’Europa (ma pensava “Germania”) che non sta dimostrando coraggio e con la sua “austerità” sta accentuando le tendenze recessive mondiali. Naturalmente nelle affermazioni del Presidente americano c’è del vero: la stupida fissazione dei tedeschi per il pareggio di bilancio è la più sonora sciocchezza che sia dato di vedere e questo incide sulla situazione economica mondiale, ma la spiegazione è troppo sbrigativa. Intanto siamo di fronte ad un rallentamento mondiale dell’economia (e di Cina, India e Russia torneremo a parlare), ed, in questo, gli Usa ci mettono del proprio.
Era vera ripresa quella a cui abbiamo assistito sinora?
In primo luogo, una ripresa intorno al 3% è un risultato meno che mediocre per gli Usa che, dopo le fasi recessive, hanno sempre avuto scatti in avanti del 5-6%. Peraltro questo risultato è avvenuto dopo un ennesimo quantitative easing della Fed che ha inondato il mondo di altri miliardi di dollari, cui si sono accompagnati progetti di stimolo alle imprese. Ciò considerato, non è davvero un gran risultato in sé.
Per di più, dopo i primi mesi, le aspettative sono scese sotto l’asticella del 2%, quel che ha gelato gli entusiasmi delle borse. Tutto sommato, a fine anno si faticherà a tenere il livello di +1,5%. Decisamente poco.
Una riflessione a parte meritano i quasi 800.000 posti di lavoro nuovi. Anche qui, non si tratta davvero di un risultato da favola: in proporzione sarebbero circa 130.000 posti di lavoro in Italia. Un risultato da non disprezzare, ma quando si hanno indici di disoccupazione all’8-9% della forza lavoro, è come dare mezzo bicchiere d’acqua ad uno che non beve da tre giorni.
Ma guardiamoci un po’ dentro.
In primo luogo non si tratta in assoluto di nuovi posti di lavoro, ma di posti in cui erano impiegati immigrati (prevalentemente chicanos) costretti a rimpatriare e dove sono stati piazzati cittadini americani. In effetti la disoccupazione scende un po’ ma dal punto di vista del Pil non si aggiunge uno spillo. In secondo luogo, ci sono stati contratti in scadenza nel 2012 che sono stati protratti un po’ artificiosamente nel 2012 e di altri contratti anticipati dal 2013. Questo vuol dire che si tratta di posti di lavoro che non troveremo il prossimo anno.
Insomma, la crescita effettiva sembra non raggiunga le 160.000 unità. Nulla di cui valga la pena di parlare se non come di un brillante spot elettorale in vista del voto di novembre.
Il guaio è che, nel frattempo, si sta profilando un nuovo crack bancario di vaste proporzioni e forse peggiore del precedente. E peggio ancora ove si consideri la debolezza del sistema bancario europeo: ogni banca ha obbligazioni delle altre in un intreccio inestricabile di crediti e debiti, cosi che il crollo di ciascuna pone le premesse per quello dell’altra in un inarrestabile effetto domino. Naturalmente è possibile calmierare un po’ le cose con nuovi gettiti di liquidità (l’unica cura che i governi occidentali conoscono, compresi i tedeschi, avarissimi con gli stati ma assai prodighi con le banche, perché anche loro hanno qualche gatta da penare con la Commerzbank). Ma su questo conviene essere chiari: questo genere di interventi servono solo a “comperare tempo”, buttando in avanti la palla, ma non possono andare avanti in eterno e, nell’attuale sistema finanziario, finiscono per porre le premesse per la successiva ondata di crisi: il denaro vuol essere costantemente remunerato e, se non finisce in attività produttive, ma in investimenti finanziari, chiede nuovi interessi, quindi produce debito allargato. La liquidità di oggi è solo la premessa per i nuovi debiti di domani.
Obama è stato bravo nel creare la sensazione di essere l’uomo del “secondo new deal” ma si è trattato solo di un abile giochetto ed il suo è stato solo un “keynesismo per banchieri”. La sua politica espansiva è servita essenzialmente a rifinanziare la forte massa di titoli ad alto rischio che vanno scadendo in questo anno, ma non ha prodotto un’unghia di crescita economica.
Le ragioni della crisi dell’Occidente non sono poi così misteriose: mancano investimenti nella produzione che rilancino la base occupazionale e risanino la bilancia commerciale, ma questo è reso impossibile dall’attuale modo di funzionare dell’economia che spinge verso un crescente impiego finanziario di ogni dollaro o euro che esca dalla Fed o dalla Bce. Per invertire la rotta occorrerebbe una drastica riforma punitiva nei confronti della finanza. Ma Obama non ha il coraggio necessario per tentarlo e la sua riforma è stato solo un macilento topolino partorito dalla montagna delle sue dichiarazioni iniziali.
In queste condizioni, è del tutto lecito attendersi che l’anno prossimo, dopo l’appuntamento elettorale di novembre, segnerà una nuova recessione degli Usa.
di Aldo Giannuli
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13 giugno 2012
Ecco chi sono i responsabili del debito e della crisi
Fate attenzione a ciò che leggete in questo articolo, perché volutamente ho scritto cose che sono vere e cose che non lo sono, o lo sono solo apparentemente.
Una mattina radiosa del gennaio 1998 mi sono svegliato di buon umore e mi son detto: “Adesso basta! Ho già lavorato abbastanza nella mia vita.”
Così sono andato in ufficio ho chiesto un colloquio col capo del personale e gli ho detto: “Mio caro signore, io ho cominciato a lavorare negli anni ’60, adesso, sono passati più di 35 anni e sono stanco, direi che possono bastare, no? Quindi se non le dispiace tolgo il disturbo e mi vado a godere un po’ di riposo dove mi pare. La prego di formalizzare le mie immediate dimissioni e la mia iscrizione tra i pensionati a carico dello Stato”.
Il direttore, pur sorpreso per la mia improvvisa decisione, non ha potuto che complimentarsi con me per la mia felice scelta e mi ha fatto tanti auguri per un sereno e prospero futuro.
Naturalmente quell’anno non sono stato l’unico ad avere quella brillante idea, decine di migliaia di altri lavoratori, stufi di lavorare, mi hanno copiato, e si sono messi a carico dello Stato.
Nello stesso anno mio nipote decideva di sposarsi e voleva comprar casa, ma non aveva soldi, così è andato a informarsi alla sua banca, ma il funzionario gli ha detto che poteva finanziare al massimo il 70% del costo, inoltre il suo reddito doveva essere adeguato a sostenere l’onere del rimborso rateizzato.
Quando ho sentito questa cosa mi sono arrabbiato e ho detto a mio nipote di non preoccuparsi, io conosco diverse banche che saranno contentissime di finanziare anche più del 100% e faranno condizioni di tasso specialissime. Siamo andati insieme in una banca di mia conoscenza ed ha ottenuto quello che voleva senza problemi.
Ma mio nipote non era l’unico a voler comprar casa quell’anno, così anche quell’idea di finanziare di più e meglio l’acquisto delle case è stata imitata da molte banche in Italia, e negli anni a seguire c’è stato un vero e proprio boom del comparto immobiliare, che con il solido sostegno finanziario del comparto bancario, ha potuto rendere felici milioni di persone in cerca di una abitazione.
Qualche anno dopo ho conosciuto due persone attratte dall’impegno politico in Italia. Il primo era un pensionato molto serio e preparato, che voleva dare un valido contributo nella legislazione e gestione della cosa pubblica, la seconda era una signora di mezza età con una partecipazione proprietaria in un giornale locale, la quale vedeva nella politica una favorevolissima opportunità per raggiungere una posizione di grandissimo prestigio nel Parlamento nazionale e anche una buona occasione di incrementare notevolmente il suo reddito e concedersi finalmente un’abitazione di lusso e ... magari anche un brillante cabinato nel porticciolo della sua città.
Si sono presentati entrambi in un partito della coalizione di sinistra e, francamente, sono rimasto sorpreso quando ho visto che il partito ha candidato il pensionato. Pensavo che quel partito, timoroso di non superare la soglia di sbarramento al 4%, avesse molta più convenienza a candidare la “giornalaia”, dato che col suo giornale poteva fare propaganda al partito e guadagnare più voti in generale.
°°°
Cosa c’è di vero in quello che ho scritto? E cosa c’è di falso?
Le storie sono sostanzialmente tutte vere. Palesemente falsa è solo la decisione del partito. Tutti quelli che conoscono i partiti appena meglio che nella superficialità sanno che nessun partito in Italia avrebbe fatto la scelta che ho raccontato. Infatti quel partito (è storia vera!) ha candidato proprio la giornalaia, anche se poi in quella Circoscrizione elettorale non ha comunque conquistato seggi.
La storia dei mutui concessi al 100% (e oltre) invece è vera, ma è falsa l’attribuzione del paese in cui è avvenuta. Non è in Italia ma negli Stati Uniti che sono avvenute quelle follie finanziarie. In Italia le banche non hanno mai dato i mutui con facilità. Ma negli Usa sì, e l’hanno fatto con tale ampiezza che hanno contribuito a creare una bolla finanziaria dalle dimensioni globali. Ho già descritto in articoli precedenti che l’immensa montagna di spazzatura finanziara in circolazione non derivava solo dai mutui detti “subprime”, ma comunque sono stati questi a scatenare l’incendio che si è subito allargato a tutto il sistema. E quando negli USA il castello di carte è crollato, e i finanzieri d’affari si sono accorti che la botte era piena (di porcheria finanziaria) e la moglie era già ubriaca (N.B. ottenere insieme la botte piena e la moglie ubriaca è una magia che riesce solo a loro), hanno cambiato vigna e sono andati in Grecia, Irlanda, Spagna ecc. a vendemmiare, cioè a fare lo stesso giochino che ha permesso loro di fare un sacco di soldi a Wall Street. Un giochino che funzionerà sempre benissimo fintanto che i legislatori e le autorità preposte al controllo su queste operazioni non interverranno a mettere precisi limiti e regole in questa complessa materia.
E infine la storia delle pensioni “facili”, che è falsa e vera nello stesso tempo. Vero è che la normativa ha consentito a troppi di andare in pensione con troppa generosità, ma è chiaramente falso il modo in cui l’ho raccontato. A nessuno è mai stato consentito di svegliarsi alla mattina decidendo improvvisamente di andare da capo del personale a comunicargli la sua volontà di andare in pensione. Se qualcuno lo facesse vedrebbe subito arrivare, chiamata dal capo del personale, la “Croce verde del manicomio provinciale”. È la legge che stabilisce le condizioni per il pensionamento. E chi fa le leggi? Sono i politici! Quindi, se il costo dei pensionamenti è troppo alto è la politica responsabile dello scompenso, non i pensionati.
Tuttavia gli economisti seri sanno che il problema principale non è quello. Il sistema era in equilibrio quando è stato creato, e poteva restare in equilibrio se la politica lo avesse protetto invece che usarlo a fini elettorali. L’equilibrio è stato perso in seguito, e solo in piccola parte a causa dell’aumento della vita media delle persone. La causa principale dell’attuale scompenso (visto in prospettiva) è per l’eccessiva libertà, diventata ad un certo punto necessità, data alle aziende di competere sui costi di produzione andando all’estero a produrre.
In questo modo si è minato dall’interno l’equilibrio non solo del sistema industriale nazionale e del sistema pensionistico (ad esso direttamente collegato), ma di tutto il sistema economico tout court, che ne esce completamente scombussolato, indebolito, e ormai in grande difficoltà a proseguire sulle linee tracciate negli anni ruggenti della nostra democrazia.
È convenuto alla popolazione questa evoluzione del sistema? A giudicare dalla gravità della crisi che attanaglia il paese è facile rispondere di no.
Eppure siamo in democrazia, non è il popolo ad avere la possibilità di decidere, quale strada prendere nelle scelte che incidono sul suo futuro?
Sì, teoricamente è così. Ma questo dipende molto anche dal modo in cui il popolo viene informato.
Perciò ho impostato questo articolo in questo strano modo e descritto alcuni episodi in modo paradossale. Per evidenziarne l’incredibilità e sottolineare l’importanza di avere informazioni complete e corrette.
Eppure nella stampa e televisione di sistema continuano a “bombardarci” di informazioni tendenti a farci credere che “abbiamo speso troppo”; che abbiamo fatto le “cicale”; che adesso dobbiamo fare le “formiche”.
Usano la saggezza popolare per nascondere la verità. Le cicale, cioè gli spreconi; incapaci, e traditori del mandato elettorale sono stati loro: i politici. E hanno potuto farlo grazie anche alla complicità dei media, pubblici e privati; tutti (o quasi) d’accordo nello spartirsi la torta. Adesso che la torta non c’è più dicono che noi ce la siamo mangiata. Invece se la sono mangiata loro, a noi cittadini qualunque hanno lasciato solo le briciole.
Questa è la verità.
di Roberto Marchesi
11 giugno 2012
Cosa resta al cittadino beffato?

10 giugno 2012
La ripresa americana
Sino a poche settimane fa, a fronte della mediocre prestazione dell’economia europea, era sottolineata la pur contenuta ripresa americana, che lasciava presagire una crescita del Pil prossima al 3%. In questo quadro era sbandierato come un risultato eccezionale l’aumento di circa 800.000 posti di lavoro.
Poi è arrivata la “gelata” di fine maggio: l’indice si crescita si è abbassato e soprattutto, i 180.000 nuovi posti di lavoro attesi, si sono ridotti ad un dato molto più striminzito: 59.000.
Obama se l’è cavata dicendo che è tutta colpa dell’Europa (ma pensava “Germania”) che non sta dimostrando coraggio e con la sua “austerità” sta accentuando le tendenze recessive mondiali. Naturalmente nelle affermazioni del Presidente americano c’è del vero: la stupida fissazione dei tedeschi per il pareggio di bilancio è la più sonora sciocchezza che sia dato di vedere e questo incide sulla situazione economica mondiale, ma la spiegazione è troppo sbrigativa. Intanto siamo di fronte ad un rallentamento mondiale dell’economia (e di Cina, India e Russia torneremo a parlare), ed, in questo, gli Usa ci mettono del proprio.
Era vera ripresa quella a cui abbiamo assistito sinora?
In primo luogo, una ripresa intorno al 3% è un risultato meno che mediocre per gli Usa che, dopo le fasi recessive, hanno sempre avuto scatti in avanti del 5-6%. Peraltro questo risultato è avvenuto dopo un ennesimo quantitative easing della Fed che ha inondato il mondo di altri miliardi di dollari, cui si sono accompagnati progetti di stimolo alle imprese. Ciò considerato, non è davvero un gran risultato in sé.
Per di più, dopo i primi mesi, le aspettative sono scese sotto l’asticella del 2%, quel che ha gelato gli entusiasmi delle borse. Tutto sommato, a fine anno si faticherà a tenere il livello di +1,5%. Decisamente poco.
Una riflessione a parte meritano i quasi 800.000 posti di lavoro nuovi. Anche qui, non si tratta davvero di un risultato da favola: in proporzione sarebbero circa 130.000 posti di lavoro in Italia. Un risultato da non disprezzare, ma quando si hanno indici di disoccupazione all’8-9% della forza lavoro, è come dare mezzo bicchiere d’acqua ad uno che non beve da tre giorni.
Ma guardiamoci un po’ dentro.
In primo luogo non si tratta in assoluto di nuovi posti di lavoro, ma di posti in cui erano impiegati immigrati (prevalentemente chicanos) costretti a rimpatriare e dove sono stati piazzati cittadini americani. In effetti la disoccupazione scende un po’ ma dal punto di vista del Pil non si aggiunge uno spillo. In secondo luogo, ci sono stati contratti in scadenza nel 2012 che sono stati protratti un po’ artificiosamente nel 2012 e di altri contratti anticipati dal 2013. Questo vuol dire che si tratta di posti di lavoro che non troveremo il prossimo anno.
Insomma, la crescita effettiva sembra non raggiunga le 160.000 unità. Nulla di cui valga la pena di parlare se non come di un brillante spot elettorale in vista del voto di novembre.
Il guaio è che, nel frattempo, si sta profilando un nuovo crack bancario di vaste proporzioni e forse peggiore del precedente. E peggio ancora ove si consideri la debolezza del sistema bancario europeo: ogni banca ha obbligazioni delle altre in un intreccio inestricabile di crediti e debiti, cosi che il crollo di ciascuna pone le premesse per quello dell’altra in un inarrestabile effetto domino. Naturalmente è possibile calmierare un po’ le cose con nuovi gettiti di liquidità (l’unica cura che i governi occidentali conoscono, compresi i tedeschi, avarissimi con gli stati ma assai prodighi con le banche, perché anche loro hanno qualche gatta da penare con la Commerzbank). Ma su questo conviene essere chiari: questo genere di interventi servono solo a “comperare tempo”, buttando in avanti la palla, ma non possono andare avanti in eterno e, nell’attuale sistema finanziario, finiscono per porre le premesse per la successiva ondata di crisi: il denaro vuol essere costantemente remunerato e, se non finisce in attività produttive, ma in investimenti finanziari, chiede nuovi interessi, quindi produce debito allargato. La liquidità di oggi è solo la premessa per i nuovi debiti di domani.
Obama è stato bravo nel creare la sensazione di essere l’uomo del “secondo new deal” ma si è trattato solo di un abile giochetto ed il suo è stato solo un “keynesismo per banchieri”. La sua politica espansiva è servita essenzialmente a rifinanziare la forte massa di titoli ad alto rischio che vanno scadendo in questo anno, ma non ha prodotto un’unghia di crescita economica.
Le ragioni della crisi dell’Occidente non sono poi così misteriose: mancano investimenti nella produzione che rilancino la base occupazionale e risanino la bilancia commerciale, ma questo è reso impossibile dall’attuale modo di funzionare dell’economia che spinge verso un crescente impiego finanziario di ogni dollaro o euro che esca dalla Fed o dalla Bce. Per invertire la rotta occorrerebbe una drastica riforma punitiva nei confronti della finanza. Ma Obama non ha il coraggio necessario per tentarlo e la sua riforma è stato solo un macilento topolino partorito dalla montagna delle sue dichiarazioni iniziali.
In queste condizioni, è del tutto lecito attendersi che l’anno prossimo, dopo l’appuntamento elettorale di novembre, segnerà una nuova recessione degli Usa.
di Aldo Giannuli
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