03 novembre 2012
I giovani non bastano per la rivoluzione
Bastano la giovinezza e le facce pulite dei giovani “grillini” siciliani (un’antropologia che si riproporrà, e probabilmente con numeri ancor più consistenti, alle prossime elezioni politiche) per sperare in un futuro migliore? In linea di massima direi di no. Nei dintorni del Sessantotto, quando imperversava il più spudorato giovanilismo (il modo migliore per inculare i giovani è farli sentire protagonisti, portarli in palmo di mano – allora, nella società che assaporava il benessere, c’era anche, e forse soprattutto, una ragione economica: i giovani erano diventati un settore di mercato appetibile) scrissi per Linus un articolo intitolato: “Basta con i giovani” che concludeva così: “La cosa migliore, modesta ma onesta, che possono fare i giovani è una sola: invecchiare”. È VERO CHE QUELLI DEL SESSANTOTTO non fanno testo, erano giovani fuori ma già marci dentro. Erano figli della borghesia e della borghesia avevano preso tutti i notori vizi: il cinismo e l’opportunismo. Non volevano cambiare il mondo ma semplicemente sostituirsi ai loro padri nell’esercizio del potere, con metodi, se possibile, ancora più trucidi. Il viso di Paolo Mieli (militante, assieme ad altri rampolli dell’alta borghesia e dell’aristocrazia romana, di PotOp, “molotov e champagne”) diceva, già allora, tutto: non voleva fare nessuna rivoluzione ma diventare, per vie scorciatoie, direttore del Corriere della Sera.
Avranno la stessa sorte i giovani “grillini” una volta preso il potere o una sua fetta? È probabile. Il Tempo, padrone assoluto delle nostre vite, ci logora, affievolisce i nostri entusiasmi, spegne le nostre speranze. Ci si adegua. In C’eravamo tanto amati, un bel film del 1974, con Gassman, Manfredi, la Sandrelli che, passati i tempi spavaldi della giovinezza si ritrovano nei loro quarant’anni, uno dei protagonisti dice, amaramente: “Volevamo cambiare il mondo, ma è il mondo che ha cambiato noi”. “Ci vuole del talento per invecchiare senza diventare adulti” canta Franco Battiato.
I giovani “grillini” hanno però qualche vantaggio rispetto alle generazioni che li hanno preceduti. Per quanto possono invecchiare, incarognire e i loro volti deformarsi è difficile che finiscano per omologarsi totalmente ai mascheroni che sono in circolazione attualmente. Gasparri, Berlusconi, Cicchitto sono dei “top ten” dell’orrore, fisico e morale, e pare impossibile scalzarli da questa speciale classifica.
E POI I GIOVANI “grillini” hanno un guru, un capo, un padre-padrone ultrasessantenne, che li sorveglia, li tartassa, li bacchetta, li punisce, li espelle e che è uno dei pochissimi che “è invecchiato senza diventare adulto”.
Non si tratta però di un endorsement: per il quotidiano della City londinese, il Movimento Cinque Stelle non offre “una coerente soluzione” ai problemi dell’Italia. Sta quindi ai partiti politici riprendere in mano la partita avviando una stagione di riforme, in primis una nuova legge elettorale e nuovi standard etici per i futuri deputati. In caso contrario le élite politiche dell’Italia resteranno le migliori “piazziste” per il “buffone che tanto disprezzano”.
di Massimo Fini
18 ottobre 2012
Ribellarsi è un diritto. Cominciamo?
“Chi uccide il tiranno è lodato e merita un premio”
san Tommaso d’Aquino
“L’albero della libertà deve essere annaffiato di tanto in tanto dal sangue dei patrioti e dei tiranni. E’ il suo concime naturale”.
Thomas Jefferson
Signori, abbiamo dato come “diritto acquisito” la libertà dall’oppressione. Invece , si tratta di una conquista che si deve strappare agli oppressori, facendo loro paura. Ed anche peggio: Tommaso d’Aquino, un santo, non considera omicidio l’uccisione del tiranno. Oggi, i tiranni e oppressori sono numerosissimi e insaziabili del nostro denaro: sono i politici che abbiamo votato e i loro compari imbucati nel settore pubblico. con mezzi legali non è possibile cacciarli dal poteere, perchè costoro hanno “occupato” la legalità: si aumentano gli stipendi “per legge” (la votano loro), rigettano i tagli “per legge”, tormentano noi cittadini con la burocrazia, ci perseguitano chiamandoci evasori, ed è tutto legale. Noi cittadini, che li paghiamo, siamo sottoposti a soprusi, punizioni arbitrarie intollerabili.
Equitalia può bloccarci i conti correnti e le carte di credito, sequestrarci automezzi ed altri beni, senza nemmeno avvertirci: non esiste più il diritto di proprietà in Italia. Le pubbliche persecuzioni hanno portato al suicidio decine di imprendotori, e tutto “legalmente”. La democrazia di fatto non esiste più: i nostri politici hanno ceduto la sovranità popolare che gli avevamo delegato, all’eurocrazia di Bruxelles e alla Bce, entrambi organi non-eletti, fattidi individui coooptati non sappiamo come. E alla fine hanno ceduto il loro “dovere” di governare ad un gruppo di “tecnici” guidati da un presidente della Commissione Trilaterale e da banchieri, a loro volta agli ordini di uno speculatore di Goldman Sachs, Mario Draghi, e di governi stranieri (Berlino). Logica e giustizia voleva che i nostri politici, dopo aver così auto-certificato la loro nullità e inutilità, se ne tornassero a casa. Invece, hanno mantenuto per sé una sola “sovranità”: quella di aumentarsi gli emolumenti a piacere, e di arraffare “contibuti elettorali” e “ai gruppi” che costano miliardi. Con voto unanime, quindi del tutto “legale”.
Il supremo tempio del diritto, la Corte Costituzionale, come abbiamo visto, ha dichiarato incostituzionale il taglio degli stipendi loro (400-600 mila euro annui) e degli altri miliardari di stato. La magistratura gode di una totale impunità, e può commettere gravissimi soprusi contro la libertà dei cittadini. Ne elenco tre: intercettare chiunque in qualunque momento, come il vecchio Kgb sovietico. Incarcerare preventivamente innocenti (Kgb). Scegliere come testimoni privilegiati dei criminali comprovati e già giudicati, i “pentiti” (definiti non a caso “collaboratori di giustizia” e stipenditi: in pratica diventano funzionari ausiliari della magistratura) dando loro la libertà di accusare calunniosamente gli avversari politici dei giudici, senz a obbligo di portare prove oggettive. Basta la parola di criminali, meglio se pluriomicidi mafiosi. La parola di testimoni onesti, invece, non vale nulla senza i “riscontri oggettivi”.
Quando la volontà del popolo s’è espressa con inequivocabile chiarezza e con “referendum”, dichiarando sua volontà di votare col sistema di voto maggioritario, la responsabilità civile dei giudici, l’annullamento del finanziamento pubblico dei partiti – tutto il sistema “democratico” e “legale” s’è adoperato per calpestarla. Non abbiamo il voto maggioritario, ma un proporzionale corretto, perchè faceva comodo a loro. I magistrati non pagano i loro errori. I partiti, sappiamo come continuano ad arraffare impunemente.
Eppure il referendum è il mezzo più legale e legittimo della volontà popolare, scritto nella Costituzione. Chi doveva farlo rispettare? Il presidente della repubblica, la Corte Costituzionale. Non hanno fatto nulla. LA volontà popolare espressa costituzionalmente è stata calpestata, e loro l’hanno lasciata calpestare. Perchè sono parte del potere occupante, del sistema di Dispotismo che si autonomina “democrazia”.
Ebbene: questo avviene perchè siamo stati troppo passivi. Perchè a molti di noi faceva comodo, molti hannno ricevuto qualche beneficio d alla “legalità sequestrata”, la maggioranza per paura: questi oppressori, come tutti gli oppressori, si sono anche accaparrati la forza pubblica ed esercitano la violenza contro di noi. Molti cittadini, probabilmente, pensano sia “illegale” sbattere fuori ccon la forza questi mascalzoni. E’ un dovere.
C’era un articolo (art.50 secondo comma) che lo dichiarava, nella bozza della nostra Costituzione: “Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”. Questa frase fu proposta dai democristiani, Dossetti e Moro, nel 1947. Fu in seguito cancellata perchè la guerra fredda infuriava, e si temeva desse un’arma in più al più potente partito comunista dell’Occidente (già allora metà del nostro popolo, della libertà se ne fotteva: era pronta a darla a Mosca). Ma ciò non significa che la resistenza all’oppressione sia diventata illegale. Al contrario, è una conseguenza diretta della sovranità popolare: chi ha “occupato” i poteri pubblici e li gestisce in modo da violare i diritti fondamentali dei cittadini, deve essere cacciato. Noi cittadini viviamo, ormai è chiaro, sotto occupazione. Spogliati da un occupante, che non ha il minimo interesse alla prosperità comune, alla giustizia e all’equità. Bisogna re-imparare a resistere. E’ dura, saremo minoranza, dovremo entrare in clandestinità, rischiamo il carcere (preventivo, ossia la tortura), la persecuzione giudiziaria e fiscale. Ma se non ci ribelliamo, ci faranno sempre eggio.
L’albero della libertà deve essere annaffiato di tanto in tanto dal sangue dei patrioti e dei tiranni. E’ il suo concime naturale.
di Maurizio Blondet
17 ottobre 2012
La singolare malattia della Monti-dipendenza
Chissà se gli italiani cominceranno a liberarsi dalla singolare malattia della Monti-dipendenza adesso che con la legge di stabilità il governo tecnico ha palesemente “toppato” o, per dirla altrimenti, è stato colto con le mani nella marmellata per avere fatto ricorso ad uno di quei mezzucci di cattura del consenso che sembravano appannaggio esclusivo di una deteriore classe politica. Che altro è difatti la mini riduzione dell'Irpef per i due scaglioni più bassi se non un tentativo di gettare fumo negli occhi? Il modesto beneficio, che secondo Monti dovrebbe costituire la prova della propensione del governo alla riduzione della pressione fiscale non appena se ne affacci la possibilità, è, difatti, accompagnato dall'aumento di un punto dell'Iva. Un aumento che, secondo i calcoli degli esperti, non solo pareggia, ma supera il beneficio Irpef anche per i contribuenti che ne usufruiscono e, soprattutto, colpisce senza compensi tutta la vasta area esente da Irpef per insufficienza del reddito (circa 8 milioni di cittadini, che è corretto definire “poveri”).
Intendiamoci; la recessione economica non è colpa di Monti e va attribuita a fattori (la globalizzazione anzitutto) di molto anteriori alla intronizzazione per mano di Napolitano del governo tecnico. Monti e i suoi ministri hanno soltanto la funzione di fare accettare, se non con gradimento, con rassegnazione, provvedimenti che avrebbero provocato ben più dure reazioni in caso di varo da parte del governo Berlusconi e, in realtà, di qualunque governo politico (di qui la decisione di non sostituirlo immediatamente con un governo Bersani).
Questo in realtà l'hanno capito tutti, ma non tutti (anzi pochi) sembrano rendersi conto che nulla cambierà in meglio quando Monti passerà la mano (se pure lo farà) a un politico, perché le cause della crisi economica sono tuttora vigorosamente all'opera.
Mi auguro di essere cattivo profeta, ma in fondo al tunnel non s'intravede affatto la luce vagheggiata (o vaneggiata) da Monti, ma una situazione destinata a divenire per lungo o lunghissimo tempo la nuova realtà dell'Italia e dell'Europa: una realtà che fino a pochi anni fa avremmo definito da “terzo mondo”. Prendiamo la riforma delle pensioni, adesso calcolate e liquidate per rendere il sistema sostenibile sulla base dei contributi versati, il che già di per sé comporta una netta riduzione degli importi rispetto al precedente sistema retributivo. Non per nulla già da qualche anno i lavoratori vengono sollecitati a munirsi di forme integrative di previdenza e a tal fine si sono proposte varie forme volontarie di fondi-pensione. Purtroppo è fin d'ora certo che, per effetto della crisi e della conseguente difficoltà di trovare un lavoro stabile (o, peggio, una qualunque occupazione remunerata), in particolare le giovani generazioni (ma non solo loro) avranno pensioni al limite del livello di sopravvivenza, che in nessun modo potranno integrare. Difatti i lunghi periodi di disoccupazione da un lato incidono negativamente sull'importo dei contributi versati, dall'altro non consentono di destinare parte dei propri guadagni alla previdenza alternativa. Insomma il cane si morde la coda e non ci prova gusto.
Al momento la situazione sociale è (quasi) sotto controllo non per merito di Monti, che anzi con il continuo aumento del costo della vita gioca all'amico del giaguaro, ma perché le generazioni da poco approdate alla pensione o sul punto di farlo hanno avuto la possibilità di risparmiare e possono dare una mano a chi il lavoro lo sta ancora cercando (e non lo trova o ha rinunciato).
Tuttavia questi “anziani” relativamente fortunati non dureranno in eterno e in ogni caso la loro capacità economica e, quindi, di sostegno ai giovani, già intaccata da una esorbitante pressione fiscale, è destinata a diminuire di anno in anno, perché le pensioni, d'oro o di rame che siano, non vengono adeguate ai reali aumenti del costo della vita.
L'inevitabile approdo è una generalizzata carenza di mezzi (vogliamo chiamarla col suo nome: povertà?), nella quale quasi per tutti diviene essenziale, in particolare nei momenti difficili (malattie, vecchiaia ecc.), il ricorso ai servizi pubblici, invece a loro volta oggetto di provvedimenti incidenti in negativo sul numero e l'efficienza delle prestazioni (si pensi ai continui tagli alla Sanità).
Scarse le speranze di un'inversione di tendenza, dal momento che alla recessione economica si accompagna (l'ha anzi preceduta e si pone come una delle sue cause) la crisi della società civile che, malata di individualismo amorale, si mostra incapace di reagire e assiste immobile e passiva alla disgregazione di se stessa.
di Francesco Mario Agnoli
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03 novembre 2012
I giovani non bastano per la rivoluzione
Bastano la giovinezza e le facce pulite dei giovani “grillini” siciliani (un’antropologia che si riproporrà, e probabilmente con numeri ancor più consistenti, alle prossime elezioni politiche) per sperare in un futuro migliore? In linea di massima direi di no. Nei dintorni del Sessantotto, quando imperversava il più spudorato giovanilismo (il modo migliore per inculare i giovani è farli sentire protagonisti, portarli in palmo di mano – allora, nella società che assaporava il benessere, c’era anche, e forse soprattutto, una ragione economica: i giovani erano diventati un settore di mercato appetibile) scrissi per Linus un articolo intitolato: “Basta con i giovani” che concludeva così: “La cosa migliore, modesta ma onesta, che possono fare i giovani è una sola: invecchiare”. È VERO CHE QUELLI DEL SESSANTOTTO non fanno testo, erano giovani fuori ma già marci dentro. Erano figli della borghesia e della borghesia avevano preso tutti i notori vizi: il cinismo e l’opportunismo. Non volevano cambiare il mondo ma semplicemente sostituirsi ai loro padri nell’esercizio del potere, con metodi, se possibile, ancora più trucidi. Il viso di Paolo Mieli (militante, assieme ad altri rampolli dell’alta borghesia e dell’aristocrazia romana, di PotOp, “molotov e champagne”) diceva, già allora, tutto: non voleva fare nessuna rivoluzione ma diventare, per vie scorciatoie, direttore del Corriere della Sera.
Avranno la stessa sorte i giovani “grillini” una volta preso il potere o una sua fetta? È probabile. Il Tempo, padrone assoluto delle nostre vite, ci logora, affievolisce i nostri entusiasmi, spegne le nostre speranze. Ci si adegua. In C’eravamo tanto amati, un bel film del 1974, con Gassman, Manfredi, la Sandrelli che, passati i tempi spavaldi della giovinezza si ritrovano nei loro quarant’anni, uno dei protagonisti dice, amaramente: “Volevamo cambiare il mondo, ma è il mondo che ha cambiato noi”. “Ci vuole del talento per invecchiare senza diventare adulti” canta Franco Battiato.
I giovani “grillini” hanno però qualche vantaggio rispetto alle generazioni che li hanno preceduti. Per quanto possono invecchiare, incarognire e i loro volti deformarsi è difficile che finiscano per omologarsi totalmente ai mascheroni che sono in circolazione attualmente. Gasparri, Berlusconi, Cicchitto sono dei “top ten” dell’orrore, fisico e morale, e pare impossibile scalzarli da questa speciale classifica.
E POI I GIOVANI “grillini” hanno un guru, un capo, un padre-padrone ultrasessantenne, che li sorveglia, li tartassa, li bacchetta, li punisce, li espelle e che è uno dei pochissimi che “è invecchiato senza diventare adulto”.
Non si tratta però di un endorsement: per il quotidiano della City londinese, il Movimento Cinque Stelle non offre “una coerente soluzione” ai problemi dell’Italia. Sta quindi ai partiti politici riprendere in mano la partita avviando una stagione di riforme, in primis una nuova legge elettorale e nuovi standard etici per i futuri deputati. In caso contrario le élite politiche dell’Italia resteranno le migliori “piazziste” per il “buffone che tanto disprezzano”.
di Massimo Fini
18 ottobre 2012
Ribellarsi è un diritto. Cominciamo?
“Chi uccide il tiranno è lodato e merita un premio”
san Tommaso d’Aquino
“L’albero della libertà deve essere annaffiato di tanto in tanto dal sangue dei patrioti e dei tiranni. E’ il suo concime naturale”.
Thomas Jefferson
Signori, abbiamo dato come “diritto acquisito” la libertà dall’oppressione. Invece , si tratta di una conquista che si deve strappare agli oppressori, facendo loro paura. Ed anche peggio: Tommaso d’Aquino, un santo, non considera omicidio l’uccisione del tiranno. Oggi, i tiranni e oppressori sono numerosissimi e insaziabili del nostro denaro: sono i politici che abbiamo votato e i loro compari imbucati nel settore pubblico. con mezzi legali non è possibile cacciarli dal poteere, perchè costoro hanno “occupato” la legalità: si aumentano gli stipendi “per legge” (la votano loro), rigettano i tagli “per legge”, tormentano noi cittadini con la burocrazia, ci perseguitano chiamandoci evasori, ed è tutto legale. Noi cittadini, che li paghiamo, siamo sottoposti a soprusi, punizioni arbitrarie intollerabili.
Equitalia può bloccarci i conti correnti e le carte di credito, sequestrarci automezzi ed altri beni, senza nemmeno avvertirci: non esiste più il diritto di proprietà in Italia. Le pubbliche persecuzioni hanno portato al suicidio decine di imprendotori, e tutto “legalmente”. La democrazia di fatto non esiste più: i nostri politici hanno ceduto la sovranità popolare che gli avevamo delegato, all’eurocrazia di Bruxelles e alla Bce, entrambi organi non-eletti, fattidi individui coooptati non sappiamo come. E alla fine hanno ceduto il loro “dovere” di governare ad un gruppo di “tecnici” guidati da un presidente della Commissione Trilaterale e da banchieri, a loro volta agli ordini di uno speculatore di Goldman Sachs, Mario Draghi, e di governi stranieri (Berlino). Logica e giustizia voleva che i nostri politici, dopo aver così auto-certificato la loro nullità e inutilità, se ne tornassero a casa. Invece, hanno mantenuto per sé una sola “sovranità”: quella di aumentarsi gli emolumenti a piacere, e di arraffare “contibuti elettorali” e “ai gruppi” che costano miliardi. Con voto unanime, quindi del tutto “legale”.
Il supremo tempio del diritto, la Corte Costituzionale, come abbiamo visto, ha dichiarato incostituzionale il taglio degli stipendi loro (400-600 mila euro annui) e degli altri miliardari di stato. La magistratura gode di una totale impunità, e può commettere gravissimi soprusi contro la libertà dei cittadini. Ne elenco tre: intercettare chiunque in qualunque momento, come il vecchio Kgb sovietico. Incarcerare preventivamente innocenti (Kgb). Scegliere come testimoni privilegiati dei criminali comprovati e già giudicati, i “pentiti” (definiti non a caso “collaboratori di giustizia” e stipenditi: in pratica diventano funzionari ausiliari della magistratura) dando loro la libertà di accusare calunniosamente gli avversari politici dei giudici, senz a obbligo di portare prove oggettive. Basta la parola di criminali, meglio se pluriomicidi mafiosi. La parola di testimoni onesti, invece, non vale nulla senza i “riscontri oggettivi”.
Quando la volontà del popolo s’è espressa con inequivocabile chiarezza e con “referendum”, dichiarando sua volontà di votare col sistema di voto maggioritario, la responsabilità civile dei giudici, l’annullamento del finanziamento pubblico dei partiti – tutto il sistema “democratico” e “legale” s’è adoperato per calpestarla. Non abbiamo il voto maggioritario, ma un proporzionale corretto, perchè faceva comodo a loro. I magistrati non pagano i loro errori. I partiti, sappiamo come continuano ad arraffare impunemente.
Eppure il referendum è il mezzo più legale e legittimo della volontà popolare, scritto nella Costituzione. Chi doveva farlo rispettare? Il presidente della repubblica, la Corte Costituzionale. Non hanno fatto nulla. LA volontà popolare espressa costituzionalmente è stata calpestata, e loro l’hanno lasciata calpestare. Perchè sono parte del potere occupante, del sistema di Dispotismo che si autonomina “democrazia”.
Ebbene: questo avviene perchè siamo stati troppo passivi. Perchè a molti di noi faceva comodo, molti hannno ricevuto qualche beneficio d alla “legalità sequestrata”, la maggioranza per paura: questi oppressori, come tutti gli oppressori, si sono anche accaparrati la forza pubblica ed esercitano la violenza contro di noi. Molti cittadini, probabilmente, pensano sia “illegale” sbattere fuori ccon la forza questi mascalzoni. E’ un dovere.
C’era un articolo (art.50 secondo comma) che lo dichiarava, nella bozza della nostra Costituzione: “Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”. Questa frase fu proposta dai democristiani, Dossetti e Moro, nel 1947. Fu in seguito cancellata perchè la guerra fredda infuriava, e si temeva desse un’arma in più al più potente partito comunista dell’Occidente (già allora metà del nostro popolo, della libertà se ne fotteva: era pronta a darla a Mosca). Ma ciò non significa che la resistenza all’oppressione sia diventata illegale. Al contrario, è una conseguenza diretta della sovranità popolare: chi ha “occupato” i poteri pubblici e li gestisce in modo da violare i diritti fondamentali dei cittadini, deve essere cacciato. Noi cittadini viviamo, ormai è chiaro, sotto occupazione. Spogliati da un occupante, che non ha il minimo interesse alla prosperità comune, alla giustizia e all’equità. Bisogna re-imparare a resistere. E’ dura, saremo minoranza, dovremo entrare in clandestinità, rischiamo il carcere (preventivo, ossia la tortura), la persecuzione giudiziaria e fiscale. Ma se non ci ribelliamo, ci faranno sempre eggio.
L’albero della libertà deve essere annaffiato di tanto in tanto dal sangue dei patrioti e dei tiranni. E’ il suo concime naturale.
di Maurizio Blondet
17 ottobre 2012
La singolare malattia della Monti-dipendenza
Chissà se gli italiani cominceranno a liberarsi dalla singolare malattia della Monti-dipendenza adesso che con la legge di stabilità il governo tecnico ha palesemente “toppato” o, per dirla altrimenti, è stato colto con le mani nella marmellata per avere fatto ricorso ad uno di quei mezzucci di cattura del consenso che sembravano appannaggio esclusivo di una deteriore classe politica. Che altro è difatti la mini riduzione dell'Irpef per i due scaglioni più bassi se non un tentativo di gettare fumo negli occhi? Il modesto beneficio, che secondo Monti dovrebbe costituire la prova della propensione del governo alla riduzione della pressione fiscale non appena se ne affacci la possibilità, è, difatti, accompagnato dall'aumento di un punto dell'Iva. Un aumento che, secondo i calcoli degli esperti, non solo pareggia, ma supera il beneficio Irpef anche per i contribuenti che ne usufruiscono e, soprattutto, colpisce senza compensi tutta la vasta area esente da Irpef per insufficienza del reddito (circa 8 milioni di cittadini, che è corretto definire “poveri”).
Intendiamoci; la recessione economica non è colpa di Monti e va attribuita a fattori (la globalizzazione anzitutto) di molto anteriori alla intronizzazione per mano di Napolitano del governo tecnico. Monti e i suoi ministri hanno soltanto la funzione di fare accettare, se non con gradimento, con rassegnazione, provvedimenti che avrebbero provocato ben più dure reazioni in caso di varo da parte del governo Berlusconi e, in realtà, di qualunque governo politico (di qui la decisione di non sostituirlo immediatamente con un governo Bersani).
Questo in realtà l'hanno capito tutti, ma non tutti (anzi pochi) sembrano rendersi conto che nulla cambierà in meglio quando Monti passerà la mano (se pure lo farà) a un politico, perché le cause della crisi economica sono tuttora vigorosamente all'opera.
Mi auguro di essere cattivo profeta, ma in fondo al tunnel non s'intravede affatto la luce vagheggiata (o vaneggiata) da Monti, ma una situazione destinata a divenire per lungo o lunghissimo tempo la nuova realtà dell'Italia e dell'Europa: una realtà che fino a pochi anni fa avremmo definito da “terzo mondo”. Prendiamo la riforma delle pensioni, adesso calcolate e liquidate per rendere il sistema sostenibile sulla base dei contributi versati, il che già di per sé comporta una netta riduzione degli importi rispetto al precedente sistema retributivo. Non per nulla già da qualche anno i lavoratori vengono sollecitati a munirsi di forme integrative di previdenza e a tal fine si sono proposte varie forme volontarie di fondi-pensione. Purtroppo è fin d'ora certo che, per effetto della crisi e della conseguente difficoltà di trovare un lavoro stabile (o, peggio, una qualunque occupazione remunerata), in particolare le giovani generazioni (ma non solo loro) avranno pensioni al limite del livello di sopravvivenza, che in nessun modo potranno integrare. Difatti i lunghi periodi di disoccupazione da un lato incidono negativamente sull'importo dei contributi versati, dall'altro non consentono di destinare parte dei propri guadagni alla previdenza alternativa. Insomma il cane si morde la coda e non ci prova gusto.
Al momento la situazione sociale è (quasi) sotto controllo non per merito di Monti, che anzi con il continuo aumento del costo della vita gioca all'amico del giaguaro, ma perché le generazioni da poco approdate alla pensione o sul punto di farlo hanno avuto la possibilità di risparmiare e possono dare una mano a chi il lavoro lo sta ancora cercando (e non lo trova o ha rinunciato).
Tuttavia questi “anziani” relativamente fortunati non dureranno in eterno e in ogni caso la loro capacità economica e, quindi, di sostegno ai giovani, già intaccata da una esorbitante pressione fiscale, è destinata a diminuire di anno in anno, perché le pensioni, d'oro o di rame che siano, non vengono adeguate ai reali aumenti del costo della vita.
L'inevitabile approdo è una generalizzata carenza di mezzi (vogliamo chiamarla col suo nome: povertà?), nella quale quasi per tutti diviene essenziale, in particolare nei momenti difficili (malattie, vecchiaia ecc.), il ricorso ai servizi pubblici, invece a loro volta oggetto di provvedimenti incidenti in negativo sul numero e l'efficienza delle prestazioni (si pensi ai continui tagli alla Sanità).
Scarse le speranze di un'inversione di tendenza, dal momento che alla recessione economica si accompagna (l'ha anzi preceduta e si pone come una delle sue cause) la crisi della società civile che, malata di individualismo amorale, si mostra incapace di reagire e assiste immobile e passiva alla disgregazione di se stessa.
di Francesco Mario Agnoli
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