15 gennaio 2013

Mario Monti: la mediocrità dei falsi santi


        
 

Un anno fa gran parte degli italiani conveniva che un governo di tecnici fosse sicuramente migliore di un governo di politici. La casta, la credibilità all'estero, gli scandali dei finanziamenti pubblici ai partiti, il livello di corruzione pari solo all'Africa nera, tutto portava ad una sola conclusione: i partiti avevano fallito. Fu così che gli stessi italiani credettero di concepire da se' l'idea che affidarsi a degli esterni fosse meglio. L'imposizione di un governo di tecnici, convocato solo grazie a Giorgio Napolitano che ha nominato Monti senatore a vita, è sembrata come il miele che rende più dolce la medicina al fanciullo. Le regole della democrazia, la mancanza di accountability di questi personaggi, ovvero la responsabilità del rendere conto ai cittadini con un mandato revocabile, tutto è passato in secondo piano: “Francia o Spagna purchè se magna”.
Il governo Monti è formato da 17 ministri riconducibili a grandi banche, aziende, soci di concessionari pubblici, e la sua governance è improntata tutta sull'aumento dell'imposizione fiscale. Vediamo un sunto dei provvedimenti più importanti, comprensivi dell'inserimento del pareggio in bilancio in costituzione e della legge di stabilità, dovuti al Fiscal Compact dell'Unione Europea.
In tema immobiliare viene introdotta l'IMU, che sintetizza ICI ed IRPEF fondiaria. L'aliquota applicata è del 4 per mille sulle abitazioni principali, e del 7.6 per mille sugli altri immobili. I comuni sono responsabili dell'eventuale aumento dell'IMU per garantirsi gettito fiscale. Gli immobili all'estero verranno tassati con Ilvie, un'aliquota dello 0.76 al valore d'acquisto. La tassa sui rifiuti diventa Tares, con una quota di 0.30 euro a metro quadro.
Il bollo auto aumenta sia per le cilindrate basic sia per le super cilindrate. In base al riordino delle province, potranno aumentare anche le polizze RC auto.
In ambito bancario, l'orientamento è l'incremento dell'uso del danaro virtuale. Esso assicura anche la tracciabilità dei dati. Nasce Serpico: un computerone delle Agenzie delle Entrate che controlla tutti i movimenti bancari on line. Vengono scoraggiati i prelievi contanti tramite un limite ai 1000 euro. I bolli sui conti deposito subiscono un aumento dello 0.10% annuo. Sono introdotte commissioni sui prestiti in caso di sconfinamento.
Con la Legge di stabilità dell'ottobre 2012 l'Iva cresce di un punto percentuale. Sono così colpiti i beni di prima necessità. L'Irpef, dopo l'iniziale aumento dallo 0.9% all'1.23%, viene ridotta solo per gli ultimi due scaglioni più bassi. Aumenta l'accise sulla benzina. Il fabbisogno sanitario nazionale è tagliato di 1.5 miliardi. E'preventivata la chiusura di 250 ospedali. La Scuola pubblica è tagliata di 47.5 milioni di euro, l'Università di 300.
Per la pubblica amministrazione, le province sono ridotte da 86 a 51 e mutuate in enti di secondo livello. I contratti statali sono bloccati fino al 2014, ed è cancellata l'indennità di vacanza contrattuale. Scatta l'operazione cieli blu: illuminazione di notte è tagliata.
L'età pensionabile passa da 65 a 66 anni per gli uomini, da 60 a 62 anni per le donne. Gli anni di contributi passano da 40 a 42 per gli uomini, a 41 per le donne. Il ministro Elsa Fornero non assicura la copertura di 130mila esodati. Le pensioni di guerra e di invalidità saranno soggette a Irpef. La retribuizione dei giorni di permesso per l'assistenza ai disabili è tagliata del 50%.
Con la riforma del lavoro è ridotta la flessibilità in entrata e aumentata quella in uscita. I contratti a tempo determinato vengono scoraggiati con un'aliquota maggiorata. L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è modificato, e il licenziamento per motivi economici e disciplinari è facilitato. Il reintegro diviene infatti una remota possibilità. L'indennizzo di licenziamento passa a 12-24 mesi dai 15-27. L'apprendistato diviene il mezzo principale per inserirsi nel mondo del lavoro e per ottenere il contratto a tempo indeterminato.
Alla guida della RAI, società di televisione pubblica, Monti promuove presidente Anna Maria Tarantola, vice direttore della Banca d'Italia, e direttore generale Luigi Gubitosi, ex amministratore delegato di Wind. Una politica mediatica a dir poco unilaterale. Tali politiche sono state fatte passare come super partes poiché fiscaliste, ma ora che si è aperta la compagna elettorale gli orientamenti sono tracciabili dagli appoggi sostenuti. Chi supporta Mario Monti? Possiamo divederli in piccoli interessi italiani e grandi interessi stranieri. In Italia ritroviamo nella lista Monti l'Udc di Casini, gli ex ministri Corrado Passera e Andrea Riccardi (fondatore della comunità di Sant'Egidio), Gianfranco Fini e Futuro e Libertà, Luca Cordero di Montezemolo, il Vaticano, la CEI, l'Opus Dei (rappresentata già da un anno nel governo da Passera, suo azionario). E' quello che storicamente è chiamato il centro o eredità della Democrazia Cristiana. E'una benedizione che ha avuto un costo concreto, che si porta dietro l'associazionismo cattolico delle scuole paritarie, finanziate dal governo Monti a scapito delle pubbliche con 200 milioni di euro. Un retroterra che ha consentito l'esenzione dall'IMU per le proprietà del Vaticano, che priva lo Stato di 700 milioni di euro di entrate. La stessa rete di relazioni che ha permesso che, nel bel mezzo dei tagli alla sanità, ospedali in orbita Vaticano quali Il Bambin Gesu' e la Fondazione Gaslini di Genova, ricevessero finanziamenti statali rispettivamente per 12.5 e 5 milioni di euro. I grandi interessi stranieri che spingono per il professore fanno capo alla Commissione Trilaterale, di cui Monti è un ex presidente. E' un parlamento globale di personalità invitate, e non elette, fra banchieri, politici, industriali, accademici, editori. E'stato costituito negli anni settanta dal banchiere americano David Rockefeller. Le tre parti sono costituite da Europa, Stati Uniti e Giappone e si riuniscono in seduta plenaria almeno una volta l'anno attorno alle direttive di tecnocrazia e interdipendenza, ovvero togliere il potere ai politici e ai parlamenti per delegarlo ad un governo mondiale, modello G8. Essa si muove in simbiosi con il Bilderberg Group, piattaforma gemella che vanta anch'essa Monti fra le sue anime. L'Italia inaugurata un anno fa' è dunque indirizzata verso la cancellazione della sovranità nazionale, la formazione di governi non scelti che mettono al centro delle politiche il rigore dei bilanci al posto della dignità dell'individuo. Se l'accademia della linea Bocconi- Trilateral fosse producente, per lo meno nessuno eccepirebbe. Ma la disponibilità economica della popolazione è ridotta dalle tasse, la domanda diminuisce e il deficit pubblico non riesce a rientrare. Cifre di Bankitalia alla mano, nel 2012 il debito pubblico ha raggiunto il massimo storico di 2mila miliardi con il massimo aumento del 2.6% di pressione fiscale. Il tasso di inflazione ha toccato il suo picco degli ultimi 4 anni: il 3%, a dispetto del 2.8% del 2011. Il tasso di crescita dei prezzi dei prodotti ad alto consumo è salito dal 3.5% del 2011 al 4.3% del 2012. Le ore di cassa integrazione sono aumentate da un anno all'altro del + 12.1%. Il tasso di disoccupazione si aggira attorno all'11%. Il New York Times, il Daily Telegraph, tutti i massimi organi di economia internazionale hanno sconfessato il sobrio professorone.
Il Financial Times spara a zero con Wolfgang Munchau: «L’anno di Monti è stato una bolla, buona per gli investitori finché è durata. E probabilmente gli italiani e gli investitori stranieri non ci metteranno molto a capire che ben poco è cambiato nel corso dell’ultimo anno, ad eccezione che l’economia è caduta in una profonda depressione. Due cose devono essere sistemate in Italia: la prima è invertire immediatamente l’austerità, in sostanza smantellare il lavoro di Monti, e la seconda è scendere in campo contro Angela Merkel».
L'ultimo è Paul Krugman, nobel per l'economia: «Tecnocrati “responsabili” costringono le nazioni ad accettare la medicina amara dell’austerità; l’ultimo caso è l’Italia, dove Monti lascia in anticipo, fondamentalmente per aver portato l’Italia in depressione economica».
Dove Monti passa giace una nazione depressa, dove “il posto fisso è monotono”, “i giovani sono choosy e viziatelli”, “il posto fisso per tutti è una illusione”, “L'Europa ha bisogno di gravi crisi per fare passi avanti”. Tenendo questa frase montiana a mente, un altro paese con un ex presidente Trilateral al governo è la Grecia con il banchiere Lucas Papademous. E si noti in che condizioni versa.
Lo scenario elettorale sarà dunque presenziato dall'entrata di un ligneo cavallo di Troia: l'aspetto è quello di accademici in giacca e cravatta rispettati in sede internazionale, dai curricula spettacolari, dalle amicizie più rette, pubblicizzate dalla Chiesa Cattolica e dai vescovi, dirigenti delle università più prestigiose. Chi oserebbe dubitare di tali referenze? Forse solo i cittadini che hanno a cuore la sovranità e le regole democratiche della propria nazione. Una schiera di persone che dovrebbe essere la norma, poiché accomunate dalla giustizia sociale e dalla cura del più debole, naturali predisposizioni dell'uomo. Una composizione che al momento latita, in attesa di un porta bandiera contro la mediocrità dei falsi santi.

di Maria Giovanna Lanotte 

13 gennaio 2013

Per la febbre elettorale non esiste vaccino



Superate le profezie dei Maya, il Natale e pure l'ultimo dell'anno, in un'atmosfera per molti versi surreale, dove qualsiasi anelito di spirito festaiolo é stato stemperato dalla drammatica situazione  in cui versa il paese e con esso gran parte delle famiglie italiane, sembra che l'attenzione dei più sia ormai catalizzata esclusivamente dalla tornata elettorale prossima ventura.
Il debito pubblico (per quanto può valere) continua a salire, il Pil (per quanto può valere) continua a scendere, l'inflazione fa passi da gigante, i consumi crollano, la disoccupazione cresce in maniera esponenziale, la pressione fiscale diventa ogni giorno più immanente e qualsiasi dato ed analisi lascia presagire un 2013 molto peggiore dell'hannus orribilis che ci siamo lasciati alle spalle. Nonostante ciò non esiste situazione così nera da non lasciare uno spiraglio alla speranza, e proprio sulla speranza, unita ad una forte dose d'incoscienza, sembrano essere intenzionati a fare leva i nuovi e vecchi camerieri politici che aspirano ad ottenere una poltrona nel futuro parlamento.
Speranza per tutti, con in regalo confezioni famiglia di perline colorate, sembra dunque la formula scelta da qualunque candidato, per accattivarsi i favori degli italiani e ritagliarsi il ruolo di esecutore dei dettami presenti e futuri della BCE, dell'FMI, dell'Europa e di tutti i grandi poteri che ormai gestiscono in toto il destino dei cittadini.
A ben guardare la campagna elettorale del 2013, già entrata nel vivo prima ancora che l'Epifania arrivasse a portare via le feste, qualche elemento di novità rispetto al passato lo presenta senza dubbio....

In primo luogo é già stato deciso in alto loco il risultato che dovrà emergere dalle urne, se é vero che Giorgio Napolitano e le più alte cariche europee hanno dichiarato pubblicamente in maniera adamantina quali compiti sarà tenuto a svolgere il nuovo governo, qualunque esso sia. In secondo luogo i partiti destinati a scendere nell'agone elettorale non redigeranno più programmi elettorali di centinaia di pagine, infarcite di "ma anche" e "superamenti" di varia natura, ma si limiteranno a pochi semplici slogan, utili per riempire il vuoto e creare false aspettative. Per chiudere, sempre in tema di superamenti, risulta ormai defunta ogni velleità di bipolarismo ed i poli che si contenderanno la carcassa del paese saranno almeno cinque, a meno di sorprese dell'ultima ora.
Mr. Legacoop Bersani guiderà il polo di centrosinistra che incorporato Sel di Nichi Vendola viene accreditato dai sondaggi (sempre assai benevoli) di un consenso superiore al 30%. Si dichiara pronto ad abbracciare l'Europa dei banchieri e la società civile e strizza l'occhio a Mario Monti, indispensabile nel caso i risultati reali arrivino a permettergli di tentare di formare un governo.
Il Cavaliere errante di Arcore, insieme a tutto il polo di centrodestra, consapevole di avere ormai perso ogni chanches, ha scelto la strada della confusione, nel velleitario tentativo di sparigliare le carte e far dimenticare agli italiani il fatto di avere deposto il paese nelle mani dell'usuraio di Goldman Sachs. Oggi con Monti, domani contro Monti, poi ancora con Monti, offrendogli la guida del partito, poi non contro Monti ma solamente contro le sue leggi ed infine con la sua agenda, purchè lui non ci sia. Un po' tortuoso forse, ma nessuno sicuramente potrà affermare che esiste una posizione che non sia stata assunta.
L'usuraio di Goldman Sachs, conscio del fatto che la maniera migliore per tornare al governo fosse quella di connotarsi come ago della bilancia, entra nel tatrino elettorale sorretto da Casini e Fini (esili stampelle in verità), ma soprattutto dalla CEI e dai poteri forti mondiali, il che significa "buona stampa" a gogò e una discreta percentuale degli italiani disposti a sperimentare la sindrome di Stoccolma, se è vero che anche lui, come Bersani, si appella alla società civile per raccogliere il consenso.
Il movimento 5 stelle di Beppe Grillo si presenterà alle urne per la prima volta, con la concreta prospettiva d'intercettare il consenso di buona parte degli scontenti ormai guariti dalla sindrome destra vs sinistra, ma esistono forti dubbi sul fatto che voglia e sappia valorizzare lo socntento di cui sopra, anziché parcheggiarlo su un binario morto, lastricato di slogan anticasta e facili battaglie di facciata.
Antonio Di Pietro, in forte calo di presentabilità e di consensi, ha recuperato in Guatemala il collega Antonio Ingroia, per affidargli il compito di ricompattare in giro per l'Italia quel che resta della sinistra radicale e della galassia ambientalista, nella speranza (ci dovrebbe riuscire) di superare la soglia di sbarramento e riportare in parlamento Ferrero, Diliberto e molte altre icone della sinistra che alla scorsa tornata elettorale si ritrovarono fuori dei giochi. Anche Ingroia, come Bersani e Monti, cerca il consenso di quell'ectoplasma chiamato società civile, ma a differenza di loro sembra poter contare sul diritto di pescare fra i vari movimenti che si battono sul territorio. Sembra essere però partito con il piede sbagliato, praticando la pesca di frodo, dal momento che pur stando a braccetto con Di Pietro (che fu uno dei ministri che portarono avanti il TAV), strizzando l'occhio a Bersani da lui definito una brava persona ed incensando "l'amico" giudice Caselli, si é permesso di stampare sui manifesti il nome del Movimento NO TAV fra quello dei suoi sostenitori, nonostante in Val di Susa nessuno gli avesse dato il permesso di farlo o si sognasse di darglielo.
Nel prossimo mese sicuramente se ne vedranno delle belle, fra scontri in TV, sondaggi pilotati, amicizie di vecchia data messe a repentaglio e nemici indefessi che ritrovano l'amore perduto.
Ma al di là dell'effetto taumaturgico della speranza in quanto tale, come si può sperare di cambiare la qualità del desco, semplicemente scegliendo i camerieri che portano in tavola il cibo, mentre il titolare del ristorante ed i cuochi rimangono gli stessi?
Continueremo a mangiare pesce avariato, anche se fingiamo di non sentirne la puzza, convincendoci che si tratta di una prelibatezza che abbiamo scelto noi.

di Marco Cedolin 

12 gennaio 2013

Un nuovo principe per un nuovo principio nazionale



Pochi giorni di campagna elettorale sono bastati per intuire che i partiti e i candidati, vecchi e nuovisti (nuovi è parola impropria), non hanno la minima percezione della situazione reale in cui ci troviamo e giocano ai piccoli chimici per invertire la tendenza dei sondaggi, o sventolare i propri tendaggi di scena (un tempo, tali insegne si sarebbero chiamate bandiere ma, dopo la presunta fine delle ideologie, sono scomparsi i grandi confronti e non sono rimasti nemmeno i corti orizzonti, al di là del vergognoso spettacolo delle opposte tifoserie da stadio), per recuperare/incrementare consensi.
La fase politica è talmente grave che ci vorrebbe una nuova formazione politica (della quale non c’è evidenza, altro che Grillo e il suo movimento “irretito” nella rete) con le idee chiare sull’avvenire dell’Italia e sulle sorti geopolitiche del Paese, al fine di rifondare lo Stato e ridare speranza ai cittadini. E’ questo il compito storico che abbiamo di fronte, generazione di un altro Stato e dei suoi compiti, tattici e strategici, nonché riconfigurazione del corpo collettivo nazionale intorno a queste priorità epocali. I nostri sono tempi eccezionali che richiedono soluzioni straordinarie e chiunque si limiti ad amministrare l’esistente, o a cimentarsi nel piccolo cabotaggio politicistico, è complice di un sabotaggio pubblico devastante.
Anziché tutto ciò, dunque, qui si continua traccheggiare, a discutere se sia opportuno o meno imbarcare il Centro nella Sinistra, la Lega nel Centro-destra e le ali estreme dappertutto, purché in posizione di complemento, per impedire all’altro schieramento di spuntarla, in quanto se vince Bersani sarà schiavo del soviettismo (?) di Vendola, se vince Berlusconi prevarrà il razzismo leghista e storaciano, mentre, se l’ago della bilancia dovesse essere la lista “cinica” di Monti perderebbero tutti, prelati e finanzieri esclusi. Nel frattempo, restiamo incatenati all’idiozia ragionieristica di questi inetti che da vent’anni dimostrano di essere dei marziani a Roma. Costoro fanno calcoli sul vuoto che non contemplano programmi di cambiamento e piani di rigenerazione dello spirito sociale, ormai polverizzato da lustri di abusi, sotto specie di soprusi partitocratici interni e razzie speculative esterne. Insomma, la democrazia ridotta a votificio per scegliere incompetenti, la cui unica aspirazione è quella di fare le mezze maniche dell’Ue, i passacarte degli organismi internazionali, tanto politici che economici, e gli interessi della propria miserabile bottega.
Al punto in cui siamo giunti, piuttosto, dovremmo chiudere con questi principianti e ricompattarci intorno ad un “Principe figlio di un principio collettivo” che si dimostri in grado di spazzare via i parassiti da ogni sfera sociale e di ricostituire gli apparati statali, predisponendoli ai duri confronti internazionali, alle sfide globali e alle istanze autoctone che decreteranno la posizione, di subordinazione o di indipendenza (o almeno di autonomia), sullo scacchiere mondiale di ogni singolo Paese o area di Paesi, per i prossimi anni. Una sfida enorme sulla quale ci giochiamo la libertà duratura o la sottomissione permanente.
So che molti storceranno il naso nel sentir parlare di Principe e grideranno al fascismo, ma non di questo si tratta, sebbene si renderanno obbligatori atti di “potenza” e di “prepotenza” per scrollarsi di dosso i saprofiti che hanno prosciugato il sangue del popolo. La violenza sarà nelle stesse decisioni trasformative (e non in azioni d’imperio autoreferenziali, come nei dispostimi) che andranno prese per raschiare il marciume e la muffa incrostatisi, da tanti decenni, sulla vita sociale italiana.
Penso, solo per fare un esempio, all’interruzione di quell’emorragia di fondi pubblici, dirottati per lunghe annate, verso le Imprese Decotte di precedenti ondate tecnologiche (definitivamente esauritesi) e la Grande Finanza parassitaria, acciocché venisse garantita la sopravvivenza di gruppi banco-industriali in stretto collegamento con i vertici politici, che non portavano sviluppo all’Italia e sottraevano risorse per i settori più innovativi e strategici.
I veri sperperi di denaro dei contribuenti sono questi, prim’ancora delle ruberie della cosiddetta “casta” e dei trasferimenti statali ai servizi generali che costituiscono il cuore del Welfare State. Sicuramente, anche in quest’ultimo campo sono stati compiuti degli eccessi ed occorrerà razionalizzare e modernizzare ma non si può arrivare al paradosso di tagliare lo Stato Sociale, lasciando inalterate le citate regalie private, danneggiando così due volte i cittadini, prima con il foraggiamento, coi soldi di tutti, di aziende che, nonostante i sussidi non riusciranno a restare sul mercato, e poi restringendo il campo della gratuità e dell’efficienza delle prestazioni istituzionali nella sanità, nell’istruzione, nell’occupazione ecc. ecc. a svantaggio della comunità.  Quindi, finché non vi saranno Agende o dichiarazioni programmatiche che conterranno queste richieste inaggirabili, ogni discorso sarà, e delle due l’una, o una presa in giro o un friggimento di aria da parte di uomini che si danno delle arie non avendo altro nel cervello.
Tornando alla disquisizione sul Principe e chiarendone meglio il significato citeremo Antonio Gramsci, affinché si possa comprendere la portata dell’affermazione: “Il moderno principe… non può essere una persona reale, un individuo concreto, può essere solo un organismo; un elemento di società complesso nel quale abbia inizio il concretarsi di una volontà collettiva riconosciuta e affermatasi parzialmente nell’azione.”
Il grande politico sardo, dunque, non concede nulla al fanatismo carismatico e leaderistico che rappresenta, al più, una reazione emotiva, di labile durata, ai drammi della fase storica, la quale, et pour cause, sfocia nella restaurazione o nella mera riorganizzazione formale degli apparati statali (soprattutto di quelli corazzati di coercizione) non risolutiva dei problemi reali. Gramsci crede, invece, in qualcosa di più consistente ed adeguato ai tempi che si esprime in maniera vasta ed organica, al fine di assicurare la rifondazione della macchina statale, poiché l’obiettivo è, appunto, quello di costruire diverse strutture nazionali e sociali adatte ad affrontare le competizioni contemporanee. Nulla a che vedere, pertanto, con le derive autoritarie che, semmai, appartengono all’attualità tecnocratica, dei tecnici ma anche dei politici. Occorre, in sostanza, rifare l’Italia con un atto creativo e originale, espressione di una volontà collettiva generata ex novo da un nuovo blocco sociale incaricatosi, per spinta d’idee, di proposte e di massa d’urto sociale, di risollevare i destini dello Stivale, percorrendo strade mai battute e facendo sue iniziative accantonate da gruppi dirigenti passivi e corrotti.
Questa volontà collettiva esiste oggi, almeno in nuce? A nostro parere sì e si intravede, seppur flebile e marginalizzata, in quei comparti che hanno resistito alla svendita del patrimonio pubblico e delle imprese strategiche, in quei segmenti della popolazione produttiva che, senza attaccarsi alla mammella pubblica, mandano avanti l’economia e lavorano, a testa bassa, nonostante le difficoltà, ai quali manca, tuttavia, la cultura politica per sentirsi protagonisti di un mutamento da perseguire. Certo, studiando meglio la struttura economica italiana, facendo l’analisi storica del passato e del presente politico, sceverando più perspicuamente la composizione del ceto medio, ora ridotto ad una categoria ripostiglio indistinta, sarà possibile trovare e, persino, inventare quelle colleganze indispensabili a far germogliare il soggetto politico di cui abbisogniamo per l’insorgenza e la risorgenza nazionale.
“Producendo” teoricamente e scovando nella prassi politica i punti di contatto, gli anelli di congiunzione tra sezioni del lavoro autonomo e dipendente, tra piccoli e medi imprenditori e tra drappelli al timone delle imprese di punta sensibili all’argomento, questa volontà nazionale forse prenderà tangibilità e sostanza.
Quelli che ci governano adesso e che si ripropongono alla guida del Belpaese sono un ostacolo alla palingenesi richiesta e non comprendono la portata delle minacce planetarie nella presente epoca multipolare. Anzi, qualcuno lavora apertamente per renderci succubi di trame “aliene” e di obblighi stranieri, che sono tali perché loro sono fiacchi ed arrendevoli. Soltanto un moderno Principe, nel senso qui accennato, ci potrà salvare.

di Gianni Petrosillo 

15 gennaio 2013

Mario Monti: la mediocrità dei falsi santi


        
 

Un anno fa gran parte degli italiani conveniva che un governo di tecnici fosse sicuramente migliore di un governo di politici. La casta, la credibilità all'estero, gli scandali dei finanziamenti pubblici ai partiti, il livello di corruzione pari solo all'Africa nera, tutto portava ad una sola conclusione: i partiti avevano fallito. Fu così che gli stessi italiani credettero di concepire da se' l'idea che affidarsi a degli esterni fosse meglio. L'imposizione di un governo di tecnici, convocato solo grazie a Giorgio Napolitano che ha nominato Monti senatore a vita, è sembrata come il miele che rende più dolce la medicina al fanciullo. Le regole della democrazia, la mancanza di accountability di questi personaggi, ovvero la responsabilità del rendere conto ai cittadini con un mandato revocabile, tutto è passato in secondo piano: “Francia o Spagna purchè se magna”.
Il governo Monti è formato da 17 ministri riconducibili a grandi banche, aziende, soci di concessionari pubblici, e la sua governance è improntata tutta sull'aumento dell'imposizione fiscale. Vediamo un sunto dei provvedimenti più importanti, comprensivi dell'inserimento del pareggio in bilancio in costituzione e della legge di stabilità, dovuti al Fiscal Compact dell'Unione Europea.
In tema immobiliare viene introdotta l'IMU, che sintetizza ICI ed IRPEF fondiaria. L'aliquota applicata è del 4 per mille sulle abitazioni principali, e del 7.6 per mille sugli altri immobili. I comuni sono responsabili dell'eventuale aumento dell'IMU per garantirsi gettito fiscale. Gli immobili all'estero verranno tassati con Ilvie, un'aliquota dello 0.76 al valore d'acquisto. La tassa sui rifiuti diventa Tares, con una quota di 0.30 euro a metro quadro.
Il bollo auto aumenta sia per le cilindrate basic sia per le super cilindrate. In base al riordino delle province, potranno aumentare anche le polizze RC auto.
In ambito bancario, l'orientamento è l'incremento dell'uso del danaro virtuale. Esso assicura anche la tracciabilità dei dati. Nasce Serpico: un computerone delle Agenzie delle Entrate che controlla tutti i movimenti bancari on line. Vengono scoraggiati i prelievi contanti tramite un limite ai 1000 euro. I bolli sui conti deposito subiscono un aumento dello 0.10% annuo. Sono introdotte commissioni sui prestiti in caso di sconfinamento.
Con la Legge di stabilità dell'ottobre 2012 l'Iva cresce di un punto percentuale. Sono così colpiti i beni di prima necessità. L'Irpef, dopo l'iniziale aumento dallo 0.9% all'1.23%, viene ridotta solo per gli ultimi due scaglioni più bassi. Aumenta l'accise sulla benzina. Il fabbisogno sanitario nazionale è tagliato di 1.5 miliardi. E'preventivata la chiusura di 250 ospedali. La Scuola pubblica è tagliata di 47.5 milioni di euro, l'Università di 300.
Per la pubblica amministrazione, le province sono ridotte da 86 a 51 e mutuate in enti di secondo livello. I contratti statali sono bloccati fino al 2014, ed è cancellata l'indennità di vacanza contrattuale. Scatta l'operazione cieli blu: illuminazione di notte è tagliata.
L'età pensionabile passa da 65 a 66 anni per gli uomini, da 60 a 62 anni per le donne. Gli anni di contributi passano da 40 a 42 per gli uomini, a 41 per le donne. Il ministro Elsa Fornero non assicura la copertura di 130mila esodati. Le pensioni di guerra e di invalidità saranno soggette a Irpef. La retribuizione dei giorni di permesso per l'assistenza ai disabili è tagliata del 50%.
Con la riforma del lavoro è ridotta la flessibilità in entrata e aumentata quella in uscita. I contratti a tempo determinato vengono scoraggiati con un'aliquota maggiorata. L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è modificato, e il licenziamento per motivi economici e disciplinari è facilitato. Il reintegro diviene infatti una remota possibilità. L'indennizzo di licenziamento passa a 12-24 mesi dai 15-27. L'apprendistato diviene il mezzo principale per inserirsi nel mondo del lavoro e per ottenere il contratto a tempo indeterminato.
Alla guida della RAI, società di televisione pubblica, Monti promuove presidente Anna Maria Tarantola, vice direttore della Banca d'Italia, e direttore generale Luigi Gubitosi, ex amministratore delegato di Wind. Una politica mediatica a dir poco unilaterale. Tali politiche sono state fatte passare come super partes poiché fiscaliste, ma ora che si è aperta la compagna elettorale gli orientamenti sono tracciabili dagli appoggi sostenuti. Chi supporta Mario Monti? Possiamo divederli in piccoli interessi italiani e grandi interessi stranieri. In Italia ritroviamo nella lista Monti l'Udc di Casini, gli ex ministri Corrado Passera e Andrea Riccardi (fondatore della comunità di Sant'Egidio), Gianfranco Fini e Futuro e Libertà, Luca Cordero di Montezemolo, il Vaticano, la CEI, l'Opus Dei (rappresentata già da un anno nel governo da Passera, suo azionario). E' quello che storicamente è chiamato il centro o eredità della Democrazia Cristiana. E'una benedizione che ha avuto un costo concreto, che si porta dietro l'associazionismo cattolico delle scuole paritarie, finanziate dal governo Monti a scapito delle pubbliche con 200 milioni di euro. Un retroterra che ha consentito l'esenzione dall'IMU per le proprietà del Vaticano, che priva lo Stato di 700 milioni di euro di entrate. La stessa rete di relazioni che ha permesso che, nel bel mezzo dei tagli alla sanità, ospedali in orbita Vaticano quali Il Bambin Gesu' e la Fondazione Gaslini di Genova, ricevessero finanziamenti statali rispettivamente per 12.5 e 5 milioni di euro. I grandi interessi stranieri che spingono per il professore fanno capo alla Commissione Trilaterale, di cui Monti è un ex presidente. E' un parlamento globale di personalità invitate, e non elette, fra banchieri, politici, industriali, accademici, editori. E'stato costituito negli anni settanta dal banchiere americano David Rockefeller. Le tre parti sono costituite da Europa, Stati Uniti e Giappone e si riuniscono in seduta plenaria almeno una volta l'anno attorno alle direttive di tecnocrazia e interdipendenza, ovvero togliere il potere ai politici e ai parlamenti per delegarlo ad un governo mondiale, modello G8. Essa si muove in simbiosi con il Bilderberg Group, piattaforma gemella che vanta anch'essa Monti fra le sue anime. L'Italia inaugurata un anno fa' è dunque indirizzata verso la cancellazione della sovranità nazionale, la formazione di governi non scelti che mettono al centro delle politiche il rigore dei bilanci al posto della dignità dell'individuo. Se l'accademia della linea Bocconi- Trilateral fosse producente, per lo meno nessuno eccepirebbe. Ma la disponibilità economica della popolazione è ridotta dalle tasse, la domanda diminuisce e il deficit pubblico non riesce a rientrare. Cifre di Bankitalia alla mano, nel 2012 il debito pubblico ha raggiunto il massimo storico di 2mila miliardi con il massimo aumento del 2.6% di pressione fiscale. Il tasso di inflazione ha toccato il suo picco degli ultimi 4 anni: il 3%, a dispetto del 2.8% del 2011. Il tasso di crescita dei prezzi dei prodotti ad alto consumo è salito dal 3.5% del 2011 al 4.3% del 2012. Le ore di cassa integrazione sono aumentate da un anno all'altro del + 12.1%. Il tasso di disoccupazione si aggira attorno all'11%. Il New York Times, il Daily Telegraph, tutti i massimi organi di economia internazionale hanno sconfessato il sobrio professorone.
Il Financial Times spara a zero con Wolfgang Munchau: «L’anno di Monti è stato una bolla, buona per gli investitori finché è durata. E probabilmente gli italiani e gli investitori stranieri non ci metteranno molto a capire che ben poco è cambiato nel corso dell’ultimo anno, ad eccezione che l’economia è caduta in una profonda depressione. Due cose devono essere sistemate in Italia: la prima è invertire immediatamente l’austerità, in sostanza smantellare il lavoro di Monti, e la seconda è scendere in campo contro Angela Merkel».
L'ultimo è Paul Krugman, nobel per l'economia: «Tecnocrati “responsabili” costringono le nazioni ad accettare la medicina amara dell’austerità; l’ultimo caso è l’Italia, dove Monti lascia in anticipo, fondamentalmente per aver portato l’Italia in depressione economica».
Dove Monti passa giace una nazione depressa, dove “il posto fisso è monotono”, “i giovani sono choosy e viziatelli”, “il posto fisso per tutti è una illusione”, “L'Europa ha bisogno di gravi crisi per fare passi avanti”. Tenendo questa frase montiana a mente, un altro paese con un ex presidente Trilateral al governo è la Grecia con il banchiere Lucas Papademous. E si noti in che condizioni versa.
Lo scenario elettorale sarà dunque presenziato dall'entrata di un ligneo cavallo di Troia: l'aspetto è quello di accademici in giacca e cravatta rispettati in sede internazionale, dai curricula spettacolari, dalle amicizie più rette, pubblicizzate dalla Chiesa Cattolica e dai vescovi, dirigenti delle università più prestigiose. Chi oserebbe dubitare di tali referenze? Forse solo i cittadini che hanno a cuore la sovranità e le regole democratiche della propria nazione. Una schiera di persone che dovrebbe essere la norma, poiché accomunate dalla giustizia sociale e dalla cura del più debole, naturali predisposizioni dell'uomo. Una composizione che al momento latita, in attesa di un porta bandiera contro la mediocrità dei falsi santi.

di Maria Giovanna Lanotte 

13 gennaio 2013

Per la febbre elettorale non esiste vaccino



Superate le profezie dei Maya, il Natale e pure l'ultimo dell'anno, in un'atmosfera per molti versi surreale, dove qualsiasi anelito di spirito festaiolo é stato stemperato dalla drammatica situazione  in cui versa il paese e con esso gran parte delle famiglie italiane, sembra che l'attenzione dei più sia ormai catalizzata esclusivamente dalla tornata elettorale prossima ventura.
Il debito pubblico (per quanto può valere) continua a salire, il Pil (per quanto può valere) continua a scendere, l'inflazione fa passi da gigante, i consumi crollano, la disoccupazione cresce in maniera esponenziale, la pressione fiscale diventa ogni giorno più immanente e qualsiasi dato ed analisi lascia presagire un 2013 molto peggiore dell'hannus orribilis che ci siamo lasciati alle spalle. Nonostante ciò non esiste situazione così nera da non lasciare uno spiraglio alla speranza, e proprio sulla speranza, unita ad una forte dose d'incoscienza, sembrano essere intenzionati a fare leva i nuovi e vecchi camerieri politici che aspirano ad ottenere una poltrona nel futuro parlamento.
Speranza per tutti, con in regalo confezioni famiglia di perline colorate, sembra dunque la formula scelta da qualunque candidato, per accattivarsi i favori degli italiani e ritagliarsi il ruolo di esecutore dei dettami presenti e futuri della BCE, dell'FMI, dell'Europa e di tutti i grandi poteri che ormai gestiscono in toto il destino dei cittadini.
A ben guardare la campagna elettorale del 2013, già entrata nel vivo prima ancora che l'Epifania arrivasse a portare via le feste, qualche elemento di novità rispetto al passato lo presenta senza dubbio....

In primo luogo é già stato deciso in alto loco il risultato che dovrà emergere dalle urne, se é vero che Giorgio Napolitano e le più alte cariche europee hanno dichiarato pubblicamente in maniera adamantina quali compiti sarà tenuto a svolgere il nuovo governo, qualunque esso sia. In secondo luogo i partiti destinati a scendere nell'agone elettorale non redigeranno più programmi elettorali di centinaia di pagine, infarcite di "ma anche" e "superamenti" di varia natura, ma si limiteranno a pochi semplici slogan, utili per riempire il vuoto e creare false aspettative. Per chiudere, sempre in tema di superamenti, risulta ormai defunta ogni velleità di bipolarismo ed i poli che si contenderanno la carcassa del paese saranno almeno cinque, a meno di sorprese dell'ultima ora.
Mr. Legacoop Bersani guiderà il polo di centrosinistra che incorporato Sel di Nichi Vendola viene accreditato dai sondaggi (sempre assai benevoli) di un consenso superiore al 30%. Si dichiara pronto ad abbracciare l'Europa dei banchieri e la società civile e strizza l'occhio a Mario Monti, indispensabile nel caso i risultati reali arrivino a permettergli di tentare di formare un governo.
Il Cavaliere errante di Arcore, insieme a tutto il polo di centrodestra, consapevole di avere ormai perso ogni chanches, ha scelto la strada della confusione, nel velleitario tentativo di sparigliare le carte e far dimenticare agli italiani il fatto di avere deposto il paese nelle mani dell'usuraio di Goldman Sachs. Oggi con Monti, domani contro Monti, poi ancora con Monti, offrendogli la guida del partito, poi non contro Monti ma solamente contro le sue leggi ed infine con la sua agenda, purchè lui non ci sia. Un po' tortuoso forse, ma nessuno sicuramente potrà affermare che esiste una posizione che non sia stata assunta.
L'usuraio di Goldman Sachs, conscio del fatto che la maniera migliore per tornare al governo fosse quella di connotarsi come ago della bilancia, entra nel tatrino elettorale sorretto da Casini e Fini (esili stampelle in verità), ma soprattutto dalla CEI e dai poteri forti mondiali, il che significa "buona stampa" a gogò e una discreta percentuale degli italiani disposti a sperimentare la sindrome di Stoccolma, se è vero che anche lui, come Bersani, si appella alla società civile per raccogliere il consenso.
Il movimento 5 stelle di Beppe Grillo si presenterà alle urne per la prima volta, con la concreta prospettiva d'intercettare il consenso di buona parte degli scontenti ormai guariti dalla sindrome destra vs sinistra, ma esistono forti dubbi sul fatto che voglia e sappia valorizzare lo socntento di cui sopra, anziché parcheggiarlo su un binario morto, lastricato di slogan anticasta e facili battaglie di facciata.
Antonio Di Pietro, in forte calo di presentabilità e di consensi, ha recuperato in Guatemala il collega Antonio Ingroia, per affidargli il compito di ricompattare in giro per l'Italia quel che resta della sinistra radicale e della galassia ambientalista, nella speranza (ci dovrebbe riuscire) di superare la soglia di sbarramento e riportare in parlamento Ferrero, Diliberto e molte altre icone della sinistra che alla scorsa tornata elettorale si ritrovarono fuori dei giochi. Anche Ingroia, come Bersani e Monti, cerca il consenso di quell'ectoplasma chiamato società civile, ma a differenza di loro sembra poter contare sul diritto di pescare fra i vari movimenti che si battono sul territorio. Sembra essere però partito con il piede sbagliato, praticando la pesca di frodo, dal momento che pur stando a braccetto con Di Pietro (che fu uno dei ministri che portarono avanti il TAV), strizzando l'occhio a Bersani da lui definito una brava persona ed incensando "l'amico" giudice Caselli, si é permesso di stampare sui manifesti il nome del Movimento NO TAV fra quello dei suoi sostenitori, nonostante in Val di Susa nessuno gli avesse dato il permesso di farlo o si sognasse di darglielo.
Nel prossimo mese sicuramente se ne vedranno delle belle, fra scontri in TV, sondaggi pilotati, amicizie di vecchia data messe a repentaglio e nemici indefessi che ritrovano l'amore perduto.
Ma al di là dell'effetto taumaturgico della speranza in quanto tale, come si può sperare di cambiare la qualità del desco, semplicemente scegliendo i camerieri che portano in tavola il cibo, mentre il titolare del ristorante ed i cuochi rimangono gli stessi?
Continueremo a mangiare pesce avariato, anche se fingiamo di non sentirne la puzza, convincendoci che si tratta di una prelibatezza che abbiamo scelto noi.

di Marco Cedolin 

12 gennaio 2013

Un nuovo principe per un nuovo principio nazionale



Pochi giorni di campagna elettorale sono bastati per intuire che i partiti e i candidati, vecchi e nuovisti (nuovi è parola impropria), non hanno la minima percezione della situazione reale in cui ci troviamo e giocano ai piccoli chimici per invertire la tendenza dei sondaggi, o sventolare i propri tendaggi di scena (un tempo, tali insegne si sarebbero chiamate bandiere ma, dopo la presunta fine delle ideologie, sono scomparsi i grandi confronti e non sono rimasti nemmeno i corti orizzonti, al di là del vergognoso spettacolo delle opposte tifoserie da stadio), per recuperare/incrementare consensi.
La fase politica è talmente grave che ci vorrebbe una nuova formazione politica (della quale non c’è evidenza, altro che Grillo e il suo movimento “irretito” nella rete) con le idee chiare sull’avvenire dell’Italia e sulle sorti geopolitiche del Paese, al fine di rifondare lo Stato e ridare speranza ai cittadini. E’ questo il compito storico che abbiamo di fronte, generazione di un altro Stato e dei suoi compiti, tattici e strategici, nonché riconfigurazione del corpo collettivo nazionale intorno a queste priorità epocali. I nostri sono tempi eccezionali che richiedono soluzioni straordinarie e chiunque si limiti ad amministrare l’esistente, o a cimentarsi nel piccolo cabotaggio politicistico, è complice di un sabotaggio pubblico devastante.
Anziché tutto ciò, dunque, qui si continua traccheggiare, a discutere se sia opportuno o meno imbarcare il Centro nella Sinistra, la Lega nel Centro-destra e le ali estreme dappertutto, purché in posizione di complemento, per impedire all’altro schieramento di spuntarla, in quanto se vince Bersani sarà schiavo del soviettismo (?) di Vendola, se vince Berlusconi prevarrà il razzismo leghista e storaciano, mentre, se l’ago della bilancia dovesse essere la lista “cinica” di Monti perderebbero tutti, prelati e finanzieri esclusi. Nel frattempo, restiamo incatenati all’idiozia ragionieristica di questi inetti che da vent’anni dimostrano di essere dei marziani a Roma. Costoro fanno calcoli sul vuoto che non contemplano programmi di cambiamento e piani di rigenerazione dello spirito sociale, ormai polverizzato da lustri di abusi, sotto specie di soprusi partitocratici interni e razzie speculative esterne. Insomma, la democrazia ridotta a votificio per scegliere incompetenti, la cui unica aspirazione è quella di fare le mezze maniche dell’Ue, i passacarte degli organismi internazionali, tanto politici che economici, e gli interessi della propria miserabile bottega.
Al punto in cui siamo giunti, piuttosto, dovremmo chiudere con questi principianti e ricompattarci intorno ad un “Principe figlio di un principio collettivo” che si dimostri in grado di spazzare via i parassiti da ogni sfera sociale e di ricostituire gli apparati statali, predisponendoli ai duri confronti internazionali, alle sfide globali e alle istanze autoctone che decreteranno la posizione, di subordinazione o di indipendenza (o almeno di autonomia), sullo scacchiere mondiale di ogni singolo Paese o area di Paesi, per i prossimi anni. Una sfida enorme sulla quale ci giochiamo la libertà duratura o la sottomissione permanente.
So che molti storceranno il naso nel sentir parlare di Principe e grideranno al fascismo, ma non di questo si tratta, sebbene si renderanno obbligatori atti di “potenza” e di “prepotenza” per scrollarsi di dosso i saprofiti che hanno prosciugato il sangue del popolo. La violenza sarà nelle stesse decisioni trasformative (e non in azioni d’imperio autoreferenziali, come nei dispostimi) che andranno prese per raschiare il marciume e la muffa incrostatisi, da tanti decenni, sulla vita sociale italiana.
Penso, solo per fare un esempio, all’interruzione di quell’emorragia di fondi pubblici, dirottati per lunghe annate, verso le Imprese Decotte di precedenti ondate tecnologiche (definitivamente esauritesi) e la Grande Finanza parassitaria, acciocché venisse garantita la sopravvivenza di gruppi banco-industriali in stretto collegamento con i vertici politici, che non portavano sviluppo all’Italia e sottraevano risorse per i settori più innovativi e strategici.
I veri sperperi di denaro dei contribuenti sono questi, prim’ancora delle ruberie della cosiddetta “casta” e dei trasferimenti statali ai servizi generali che costituiscono il cuore del Welfare State. Sicuramente, anche in quest’ultimo campo sono stati compiuti degli eccessi ed occorrerà razionalizzare e modernizzare ma non si può arrivare al paradosso di tagliare lo Stato Sociale, lasciando inalterate le citate regalie private, danneggiando così due volte i cittadini, prima con il foraggiamento, coi soldi di tutti, di aziende che, nonostante i sussidi non riusciranno a restare sul mercato, e poi restringendo il campo della gratuità e dell’efficienza delle prestazioni istituzionali nella sanità, nell’istruzione, nell’occupazione ecc. ecc. a svantaggio della comunità.  Quindi, finché non vi saranno Agende o dichiarazioni programmatiche che conterranno queste richieste inaggirabili, ogni discorso sarà, e delle due l’una, o una presa in giro o un friggimento di aria da parte di uomini che si danno delle arie non avendo altro nel cervello.
Tornando alla disquisizione sul Principe e chiarendone meglio il significato citeremo Antonio Gramsci, affinché si possa comprendere la portata dell’affermazione: “Il moderno principe… non può essere una persona reale, un individuo concreto, può essere solo un organismo; un elemento di società complesso nel quale abbia inizio il concretarsi di una volontà collettiva riconosciuta e affermatasi parzialmente nell’azione.”
Il grande politico sardo, dunque, non concede nulla al fanatismo carismatico e leaderistico che rappresenta, al più, una reazione emotiva, di labile durata, ai drammi della fase storica, la quale, et pour cause, sfocia nella restaurazione o nella mera riorganizzazione formale degli apparati statali (soprattutto di quelli corazzati di coercizione) non risolutiva dei problemi reali. Gramsci crede, invece, in qualcosa di più consistente ed adeguato ai tempi che si esprime in maniera vasta ed organica, al fine di assicurare la rifondazione della macchina statale, poiché l’obiettivo è, appunto, quello di costruire diverse strutture nazionali e sociali adatte ad affrontare le competizioni contemporanee. Nulla a che vedere, pertanto, con le derive autoritarie che, semmai, appartengono all’attualità tecnocratica, dei tecnici ma anche dei politici. Occorre, in sostanza, rifare l’Italia con un atto creativo e originale, espressione di una volontà collettiva generata ex novo da un nuovo blocco sociale incaricatosi, per spinta d’idee, di proposte e di massa d’urto sociale, di risollevare i destini dello Stivale, percorrendo strade mai battute e facendo sue iniziative accantonate da gruppi dirigenti passivi e corrotti.
Questa volontà collettiva esiste oggi, almeno in nuce? A nostro parere sì e si intravede, seppur flebile e marginalizzata, in quei comparti che hanno resistito alla svendita del patrimonio pubblico e delle imprese strategiche, in quei segmenti della popolazione produttiva che, senza attaccarsi alla mammella pubblica, mandano avanti l’economia e lavorano, a testa bassa, nonostante le difficoltà, ai quali manca, tuttavia, la cultura politica per sentirsi protagonisti di un mutamento da perseguire. Certo, studiando meglio la struttura economica italiana, facendo l’analisi storica del passato e del presente politico, sceverando più perspicuamente la composizione del ceto medio, ora ridotto ad una categoria ripostiglio indistinta, sarà possibile trovare e, persino, inventare quelle colleganze indispensabili a far germogliare il soggetto politico di cui abbisogniamo per l’insorgenza e la risorgenza nazionale.
“Producendo” teoricamente e scovando nella prassi politica i punti di contatto, gli anelli di congiunzione tra sezioni del lavoro autonomo e dipendente, tra piccoli e medi imprenditori e tra drappelli al timone delle imprese di punta sensibili all’argomento, questa volontà nazionale forse prenderà tangibilità e sostanza.
Quelli che ci governano adesso e che si ripropongono alla guida del Belpaese sono un ostacolo alla palingenesi richiesta e non comprendono la portata delle minacce planetarie nella presente epoca multipolare. Anzi, qualcuno lavora apertamente per renderci succubi di trame “aliene” e di obblighi stranieri, che sono tali perché loro sono fiacchi ed arrendevoli. Soltanto un moderno Principe, nel senso qui accennato, ci potrà salvare.

di Gianni Petrosillo