08 marzo 2013

Grillo rompe l’asse destra-sinistra





tarchi
Da politologo affermato, Marco Tarchi è un osservatore acuto della realtà italiana, che ha indagato negli anni Novanta analizzando la transizione della destra oltre il neofascismo, e più tardi approfondendo la natura di un fenomeno ancora poco compreso come il populismo.
Delle vicende della destra è anche un testimone privilegiato, avendo a suo tempo animato in seno al Fronte della Gioventù la componente dinamica della “Nuova Destra”, che darà vita dalla seconda metà degli anni Settanta alle esperienze dei Campi Hobbit e contribuirà ad aprire il ghetto asfittico del neofascismo ad una ventata di inediti interessi culturali: dai fumetti al rock, dall’ecologia al fantasy, all’insegna della vocazione “metapolitica” mutuata dall’ispiratore francese Alain de Benoist.
Uscito dal Msi nel 1981, Tarchi ha continuato a promuovere una riflessione “non conformista” sui grandi temi della contemporaneità, sfidando i dogmi del pensiero unico liberale e le rigidità dello spartiacque destra-sinistra. Attualmente dirige il bimensile “Diorama Letterario” e il quadrimestrale “Trasgressioni”.

Nel 1948, alla prima prova elettorale, il Msi prese il 2%. Fratelli d’Italia, La Destra e Futuro e Libertà hanno raccolto insieme il 3,05%. È la fine di un mondo o può ancora esistere un soggetto politico di destra?
Se si riferisce a quella destra che, attraverso il Msi, aveva raccolto l’eredità del fascismo, credo sia giunta al capolinea. Lo “sdoganamento” e la conseguente integrazione nella coalizione di centrodestra ne avevano infiacchito identità e originalità, facendo ritenere ai suoi dirigenti che omologarsi fosse l’unica via per avere successo. La perdita dello strutturale rapporto con il Capo, causata dagli strappi di Fini, ha completato l’opera.
L’irruzione sulla scena del grillismo ha chiuso l’era bipolare, o è probabile che anche il Movimento 5 Stelle finisca per riposizionarsi sul tradizionale asse destra-sinistra?
Se il M5S accettasse di collocarsi rispetto a quello spartiacque, perderebbe buona parte dei caratteri di novità che lo hanno reso capace di attrarre un vasto elettorato trasversale e dovrebbe darsi una ben distinguibile connotazione ideologica, spaccandosi in correnti distinte e, su più temi, contrapposte. Sarebbe la sua fine.
Grillo e Casaleggio sembrano aver sbarrato la strada alle avances del Pd. Tra il “modello Crocetta”, l’opposizione al “governissimo” e il ritorno al voto cosa converrebbe di più ai grillini?
Il ritorno al voto, ma non subito, per evitare le accuse – strumentali – di irresponsabilità. Per adeguarsi al “modello Crocetta”, che non significa subordinazione al Pd ma convergenza su specifiche proposte, dovrebbe però avere uno o più interlocutori insediati al governo. Non concedere fiducie ad esecutivi “altrui” mi sembra un’ottima scelta.
Per converso, cosa possono fare i partiti tradizionali per mettere in difficoltà il M5S, o quanto meno per arginarne l’espansione?
Cambiare pelle e atteggiamenti, chiudendo l’era dell’autoreferenzialità e generando una classe politica molto meno versata nella retorica e capace di proiettare un’immagine di efficienza. Impresa ardua.
Secondo lei Berlusconi “esprime il volto populista di un partito che non è integralmente tale”. Vale la stessa cosa per “il partito di Grillo”?
Meno, perché alcune delle tematiche di cui il M5S si fa veicolo – la rivendicazione dell’influenza dell’uomo comune sui processi decisionali, la critica radicale del professionismo politico, la diffidenza verso finanzieri, intellettuali e sindacalisti, l’aspirazione ad uno stretto controllo sull’azione dei rappresentanti eletti e così via – sono tipicamente populiste. Grillo le esprime con più forza e chiarezza, ma il fondo è comune.
Il risultato deludente di Monti e la tenuta del Pdl di Berlusconi riaprono la questione dell’assenza di un “partito liberale di massa”: esiste un centrodestra non sovrapponibile al berlusconismo?
Prima forse bisognerebbe chiedersi che cos’è il centrodestra, che nella maggior parte dei paesi europei non esiste: c’è un centro e ci sono una o più destre. Berlusconi ha mescolato componenti spurie in un contenitore unico. Riuscirà l’agglomerato a sopravvivere al fondatore? Ne dubito. E il liberalismo, in Italia, continua ad essere un prodotto di élite.
Cosa ha contato di più nella debacle del centrosinistra: il non aver saputo smarcarsi da Monti, gli errori in campagna elettorale o l’essere tuttora percepiti come una versione aggiornata del Pci?
Il secondo e il terzo dei fattori da Lei citati. Una parte cospicua dell’elettorato non digerirà mai un partito che continua a perpetuare atteggiamenti e affermazioni che rimandano alla vecchia casa-madre di molti degli attuali dirigenti. Anche la campagna fiacca e tuttavia boriosa di Bersani, segnata da un eccesso di fiducia e superficialità, non ha giovato.
Si è detto che con Renzi il Pd avrebbe potuto vincere, sebbene abbia perso più voti proprio dove il consenso renziano alle primarie era stato più modesto (al Centrosud). Davvero Renzi può essere l’anti-Grillo del centrosinistra?
La candidatura di Renzi alla presidenza del Consiglio avrebbe attratto parecchi ex elettori pidiellini sfiduciati o disgustati, più numerosi dei votanti Pd irritati per lo spostamento “a destra”; quindi avrebbe probabilmente consentito al centrosinistra di farcela. Sui sostenitori di Grillo non avrebbe esercitato alcun freno.
La Lega Nord esce dagli scandali dimezzata ma viva. Proseguirà con la “normalizzazione” maroniana, o dovrà riprendere il registro populista per non cedere altro terreno a Grillo?
La linea di Maroni è ripiegata su un pragmatismo nordista lontano dalle radici populiste del discorso bossiano e dà frutti solo grazie all’alleanza con il Pdl. Serve a sopravvivere, non a rilanciarsi.
Come animatore a suo tempo della Nuova Destra e poi delle “nuove sintesi”, la conforta constatare come le riflessioni sull’inattualità del discrimine destra-sinistra e alcuni vostri interessi si ritrovino nel Movimento 5 Stelle? Crede che anche nei meetup ci sia chi ha letto i suoi libri e quelli di de Benoist?
Dubito che si possa parlare di influenze dirette, ma di affinità ce ne sono, e non poche. Posso solo augurarmi che, se de Benoist non è stato letto sinora nei meetup, cominci ad esserlo d’ora in poi. Credo che alla crescita della cultura politica grillina servirebbe molto.


di Marco Tarchi - Andrea Cascioli 

07 marzo 2013

L'italia che muore







Mentre Bersani filosofeggia intorno a fantasiose redistribuzioni dell'IMU e rivisitazioni della macchina di morte di Equitalia, nel tentativo di mercanteggiarel'appoggio di Grillo. Mentre l'Europa pretende con tono perentorio altre lacrime ed altro sangue subito, senza discussioni. Mentre il golpista trombato Mario Monti si dice pronto a tutto purché non nasca un governo anti europeo. Mentre la politica gigioneggia nei salottini TV su argomenti pregnanti come la legge elettorale ed il diritto di cittadinanza, alternando la rava e la fava con la fava e la rava.
C'è un'Italia che muore e continua a suicidarsi, refrattaria alla giustizia dispensata da Mr. Legacoop/Mps ed alla libertà offerta dal salapuzio di Arcore.
Perfino i media mainstream che su ordine di Mario Monti da un anno avevano eliminato dai propri palinsesti la mezza dozzina di suicidi giornalieri causati dalla disperazione economica, sembrano non essere più in grado di occultare il fenomeno.
Quando come nella tragedia accaduta oggi a Perugia all'interno della sede della Regione Umbria....


il disgraziato rovinato dall'Italia giusta, decide nella sua follia di portare con sè anche altri malcapitati, per forza di cose la notizia tracima e neppure il diktat di Mario Monti riesce a mantenerla sottotraccia. Così come sta accadendo sempre più spesso, quando la persona rovinata e gettata in mezzo ad una strada, nel momento di togliersi la vita porta con sé il coniuge, i fratelli, le sorelle, i parenti.

Nonostante la portata del fenomeno sembri non essere stata colta dal mondo del giornalismo italiano (con l'eccezione di chi redige i necrologi locali), impegnato a dissertare intorno agli equilibri degli schieramenti politici, al toto elezioni del Papa, alla salute della regina d'Inghilterra e alle partite di Champions League, il paese è simile ad una pentola a pressione, con la valvola che non funziona più. Nè la politica sembra intenzionata a trovare in extremis un qualche rimedio, essendosi già impegnata con i propri padroni ad alzare ulteriormente la fiamma, così come ordinato dalla BCE e da Bruxelles.

L'Italia muore di troppa giustizia sbagliata, di troppe famiglie che non ce la fanno più, di troppi drammi economici trasformatisi in tragedie esistenziali, di troppe grida d'aiuto lasciate obliare nel frastuono dell'indifferenza, da chi preferisce parlare di spread, di tatticismi politici, di reazioni dei mercati, di grafici di borsa e di prestigio europeo. Muore e trascina con sé i suoi figli ogni giorno, muore ogni giorno di più, anche se restiamo voltati dall'altra parte e fingiamo di non accorgercene.


di Marco Cedolin 

05 marzo 2013

Dal boom di Grillo il "calcio d'inizio" di un nuovo sistema







Rimini, piazza Cavour: comizio elettorale di Peppe Grillo

I nostri uomini politici e i loro consiglieri, spesso mascherati da giornalisti, sembrano tante Alici nel Paese delle Meraviglie. Per mesi non si sono accorti del fenomeno Grillo, saltabeccando da una TV all'altra non ne parlavano mai se non per accenni generici al 'populismo' o all' 'antipolitica'. Solo negli ultimi giorni della campagna elettorale è affiorata qualche preoccupazione. Eppure bastava uscire dagli studi televisivi e dai teatrini compiacenti, uscire in strada, entrare nei bar, salire su un autobus per capire che aria tirava. Se chiedevi ad un adulto ti rispondeva: «Questa volta non voto, sono stufo di farmi prendere in giro, oppure lo do' a Grillo». I ragazzi, ma a proporzioni invertite, si dichiaravano 'grillini' oppure 'apo'.
Adesso i partiti sono colpiti da choc anafilattico. La scoppola che han preso è addirittura superiore a quella che appare. In percentuale registrano ancora risultati apparentemente rilevanti (intorno al 30%), ma su un parterre dimezzato. In realtà Berlusconi, che si considera un mezzo vincitore, ha perso rispetto al 2008 più di sei milioni di voti e il Pd, fino a ieri inscalfibile partito monolitico con i suoi grandi apparati, quattro milioni. Il 25% delle astensioni più il 25 e passa andato a Grillo significano, puramente e semplicemente, che un italiano su due non crede più al sistema dei partiti. E non è finita.
Ora Bersani, cui formalmente tocca il tentativo di formare un nuovo governo, colto dal panico, dopo avergli dato dell'«indegno», di «uno che porta la gente fuori dalla democrazia» e appioppato altre consimili gentilezze, corteggia Grillo e gli propone 'un'appoggio esterno' al suo futuribile Esecutivo, la presidenza della Camera, un posto di ministro. Ma se conosco l'uomo e i suoi progetti, e un po' gli conosco, non è con questi mezzucci che lo si prende. Non credo nemmeno che Grillo, nonostante si sia espresso in senso contrario, accetterà di votare singoli provvedimenti che rientrano nel suo programma (dimezzamento dei parlamentari, decurtazione dei loro stipendi, abolizione dei vitalizi, eccetera) su cui i partiti, fino a ieri inerti, hanno promesso, solo per paura, di impegnarsi. Perchè non gli conviene. Non gli conviene insozzarsi in alcun modo, in nome di una sbandierata stabilità, con una classe dirigente che ha dichiarato di voler spazzar via, tutta. Gli conviene attendere. Quello del 26 febbraio non è che il primo colpo. L'unica possibilità di formare un governo è una 'Grosse Koalizion' fra Pd e Pdl. Ma in questo caso i due ex maggiori partiti, dopo gli insulti che si sono lanciati in campagna elettorale, perderebbero ulteriormente la faccia, e per le sue insanabili contraddizioni interne un governo del genere cadrebbe nel giro di pochi mesi. Oppure si va ad elezioni subito, naturalmente dopo aver cambiato, in questa occasione si' anche con il voto dei grillini, la legge elettorale. In un caso o nell'altro 5Stelle non conquisterebbe il 25,6 dei consensi, ma il 40 o il 50. E l'avremmo fatta finita, una volta per tutte, con una classe dirigente degenerata.
Dice: è un salto nel buio. Grillo e Casaleggio (anch'egli ora rivalutato nella corsa a compiacere i nuovi vincitori) non vogliono semplicemente abbattere una classe dirigente, intendono rivedere da cima a fondo un modello di sviluppo, quello occidentale, che ci sta portando al tracollo economico dopo aver realizzato quello sociale, etico, umano. Per chi non l'avesse ancora capito Grillo e Casaleggio sono dei tradizionalisti che utilizzano abilmente mezzi modernissimi, il web, contro la Modernità. E' una partita difficilissima e dagli esiti incerti che impegnerà le generazioni a venire. Ma almeno il 26 febbraio è stato dato, in Italia, paese storicamente laboratorio, il calcio d'inizio.
di Massimo Fini 

08 marzo 2013

Grillo rompe l’asse destra-sinistra





tarchi
Da politologo affermato, Marco Tarchi è un osservatore acuto della realtà italiana, che ha indagato negli anni Novanta analizzando la transizione della destra oltre il neofascismo, e più tardi approfondendo la natura di un fenomeno ancora poco compreso come il populismo.
Delle vicende della destra è anche un testimone privilegiato, avendo a suo tempo animato in seno al Fronte della Gioventù la componente dinamica della “Nuova Destra”, che darà vita dalla seconda metà degli anni Settanta alle esperienze dei Campi Hobbit e contribuirà ad aprire il ghetto asfittico del neofascismo ad una ventata di inediti interessi culturali: dai fumetti al rock, dall’ecologia al fantasy, all’insegna della vocazione “metapolitica” mutuata dall’ispiratore francese Alain de Benoist.
Uscito dal Msi nel 1981, Tarchi ha continuato a promuovere una riflessione “non conformista” sui grandi temi della contemporaneità, sfidando i dogmi del pensiero unico liberale e le rigidità dello spartiacque destra-sinistra. Attualmente dirige il bimensile “Diorama Letterario” e il quadrimestrale “Trasgressioni”.

Nel 1948, alla prima prova elettorale, il Msi prese il 2%. Fratelli d’Italia, La Destra e Futuro e Libertà hanno raccolto insieme il 3,05%. È la fine di un mondo o può ancora esistere un soggetto politico di destra?
Se si riferisce a quella destra che, attraverso il Msi, aveva raccolto l’eredità del fascismo, credo sia giunta al capolinea. Lo “sdoganamento” e la conseguente integrazione nella coalizione di centrodestra ne avevano infiacchito identità e originalità, facendo ritenere ai suoi dirigenti che omologarsi fosse l’unica via per avere successo. La perdita dello strutturale rapporto con il Capo, causata dagli strappi di Fini, ha completato l’opera.
L’irruzione sulla scena del grillismo ha chiuso l’era bipolare, o è probabile che anche il Movimento 5 Stelle finisca per riposizionarsi sul tradizionale asse destra-sinistra?
Se il M5S accettasse di collocarsi rispetto a quello spartiacque, perderebbe buona parte dei caratteri di novità che lo hanno reso capace di attrarre un vasto elettorato trasversale e dovrebbe darsi una ben distinguibile connotazione ideologica, spaccandosi in correnti distinte e, su più temi, contrapposte. Sarebbe la sua fine.
Grillo e Casaleggio sembrano aver sbarrato la strada alle avances del Pd. Tra il “modello Crocetta”, l’opposizione al “governissimo” e il ritorno al voto cosa converrebbe di più ai grillini?
Il ritorno al voto, ma non subito, per evitare le accuse – strumentali – di irresponsabilità. Per adeguarsi al “modello Crocetta”, che non significa subordinazione al Pd ma convergenza su specifiche proposte, dovrebbe però avere uno o più interlocutori insediati al governo. Non concedere fiducie ad esecutivi “altrui” mi sembra un’ottima scelta.
Per converso, cosa possono fare i partiti tradizionali per mettere in difficoltà il M5S, o quanto meno per arginarne l’espansione?
Cambiare pelle e atteggiamenti, chiudendo l’era dell’autoreferenzialità e generando una classe politica molto meno versata nella retorica e capace di proiettare un’immagine di efficienza. Impresa ardua.
Secondo lei Berlusconi “esprime il volto populista di un partito che non è integralmente tale”. Vale la stessa cosa per “il partito di Grillo”?
Meno, perché alcune delle tematiche di cui il M5S si fa veicolo – la rivendicazione dell’influenza dell’uomo comune sui processi decisionali, la critica radicale del professionismo politico, la diffidenza verso finanzieri, intellettuali e sindacalisti, l’aspirazione ad uno stretto controllo sull’azione dei rappresentanti eletti e così via – sono tipicamente populiste. Grillo le esprime con più forza e chiarezza, ma il fondo è comune.
Il risultato deludente di Monti e la tenuta del Pdl di Berlusconi riaprono la questione dell’assenza di un “partito liberale di massa”: esiste un centrodestra non sovrapponibile al berlusconismo?
Prima forse bisognerebbe chiedersi che cos’è il centrodestra, che nella maggior parte dei paesi europei non esiste: c’è un centro e ci sono una o più destre. Berlusconi ha mescolato componenti spurie in un contenitore unico. Riuscirà l’agglomerato a sopravvivere al fondatore? Ne dubito. E il liberalismo, in Italia, continua ad essere un prodotto di élite.
Cosa ha contato di più nella debacle del centrosinistra: il non aver saputo smarcarsi da Monti, gli errori in campagna elettorale o l’essere tuttora percepiti come una versione aggiornata del Pci?
Il secondo e il terzo dei fattori da Lei citati. Una parte cospicua dell’elettorato non digerirà mai un partito che continua a perpetuare atteggiamenti e affermazioni che rimandano alla vecchia casa-madre di molti degli attuali dirigenti. Anche la campagna fiacca e tuttavia boriosa di Bersani, segnata da un eccesso di fiducia e superficialità, non ha giovato.
Si è detto che con Renzi il Pd avrebbe potuto vincere, sebbene abbia perso più voti proprio dove il consenso renziano alle primarie era stato più modesto (al Centrosud). Davvero Renzi può essere l’anti-Grillo del centrosinistra?
La candidatura di Renzi alla presidenza del Consiglio avrebbe attratto parecchi ex elettori pidiellini sfiduciati o disgustati, più numerosi dei votanti Pd irritati per lo spostamento “a destra”; quindi avrebbe probabilmente consentito al centrosinistra di farcela. Sui sostenitori di Grillo non avrebbe esercitato alcun freno.
La Lega Nord esce dagli scandali dimezzata ma viva. Proseguirà con la “normalizzazione” maroniana, o dovrà riprendere il registro populista per non cedere altro terreno a Grillo?
La linea di Maroni è ripiegata su un pragmatismo nordista lontano dalle radici populiste del discorso bossiano e dà frutti solo grazie all’alleanza con il Pdl. Serve a sopravvivere, non a rilanciarsi.
Come animatore a suo tempo della Nuova Destra e poi delle “nuove sintesi”, la conforta constatare come le riflessioni sull’inattualità del discrimine destra-sinistra e alcuni vostri interessi si ritrovino nel Movimento 5 Stelle? Crede che anche nei meetup ci sia chi ha letto i suoi libri e quelli di de Benoist?
Dubito che si possa parlare di influenze dirette, ma di affinità ce ne sono, e non poche. Posso solo augurarmi che, se de Benoist non è stato letto sinora nei meetup, cominci ad esserlo d’ora in poi. Credo che alla crescita della cultura politica grillina servirebbe molto.


di Marco Tarchi - Andrea Cascioli 

07 marzo 2013

L'italia che muore







Mentre Bersani filosofeggia intorno a fantasiose redistribuzioni dell'IMU e rivisitazioni della macchina di morte di Equitalia, nel tentativo di mercanteggiarel'appoggio di Grillo. Mentre l'Europa pretende con tono perentorio altre lacrime ed altro sangue subito, senza discussioni. Mentre il golpista trombato Mario Monti si dice pronto a tutto purché non nasca un governo anti europeo. Mentre la politica gigioneggia nei salottini TV su argomenti pregnanti come la legge elettorale ed il diritto di cittadinanza, alternando la rava e la fava con la fava e la rava.
C'è un'Italia che muore e continua a suicidarsi, refrattaria alla giustizia dispensata da Mr. Legacoop/Mps ed alla libertà offerta dal salapuzio di Arcore.
Perfino i media mainstream che su ordine di Mario Monti da un anno avevano eliminato dai propri palinsesti la mezza dozzina di suicidi giornalieri causati dalla disperazione economica, sembrano non essere più in grado di occultare il fenomeno.
Quando come nella tragedia accaduta oggi a Perugia all'interno della sede della Regione Umbria....


il disgraziato rovinato dall'Italia giusta, decide nella sua follia di portare con sè anche altri malcapitati, per forza di cose la notizia tracima e neppure il diktat di Mario Monti riesce a mantenerla sottotraccia. Così come sta accadendo sempre più spesso, quando la persona rovinata e gettata in mezzo ad una strada, nel momento di togliersi la vita porta con sé il coniuge, i fratelli, le sorelle, i parenti.

Nonostante la portata del fenomeno sembri non essere stata colta dal mondo del giornalismo italiano (con l'eccezione di chi redige i necrologi locali), impegnato a dissertare intorno agli equilibri degli schieramenti politici, al toto elezioni del Papa, alla salute della regina d'Inghilterra e alle partite di Champions League, il paese è simile ad una pentola a pressione, con la valvola che non funziona più. Nè la politica sembra intenzionata a trovare in extremis un qualche rimedio, essendosi già impegnata con i propri padroni ad alzare ulteriormente la fiamma, così come ordinato dalla BCE e da Bruxelles.

L'Italia muore di troppa giustizia sbagliata, di troppe famiglie che non ce la fanno più, di troppi drammi economici trasformatisi in tragedie esistenziali, di troppe grida d'aiuto lasciate obliare nel frastuono dell'indifferenza, da chi preferisce parlare di spread, di tatticismi politici, di reazioni dei mercati, di grafici di borsa e di prestigio europeo. Muore e trascina con sé i suoi figli ogni giorno, muore ogni giorno di più, anche se restiamo voltati dall'altra parte e fingiamo di non accorgercene.


di Marco Cedolin 

05 marzo 2013

Dal boom di Grillo il "calcio d'inizio" di un nuovo sistema







Rimini, piazza Cavour: comizio elettorale di Peppe Grillo

I nostri uomini politici e i loro consiglieri, spesso mascherati da giornalisti, sembrano tante Alici nel Paese delle Meraviglie. Per mesi non si sono accorti del fenomeno Grillo, saltabeccando da una TV all'altra non ne parlavano mai se non per accenni generici al 'populismo' o all' 'antipolitica'. Solo negli ultimi giorni della campagna elettorale è affiorata qualche preoccupazione. Eppure bastava uscire dagli studi televisivi e dai teatrini compiacenti, uscire in strada, entrare nei bar, salire su un autobus per capire che aria tirava. Se chiedevi ad un adulto ti rispondeva: «Questa volta non voto, sono stufo di farmi prendere in giro, oppure lo do' a Grillo». I ragazzi, ma a proporzioni invertite, si dichiaravano 'grillini' oppure 'apo'.
Adesso i partiti sono colpiti da choc anafilattico. La scoppola che han preso è addirittura superiore a quella che appare. In percentuale registrano ancora risultati apparentemente rilevanti (intorno al 30%), ma su un parterre dimezzato. In realtà Berlusconi, che si considera un mezzo vincitore, ha perso rispetto al 2008 più di sei milioni di voti e il Pd, fino a ieri inscalfibile partito monolitico con i suoi grandi apparati, quattro milioni. Il 25% delle astensioni più il 25 e passa andato a Grillo significano, puramente e semplicemente, che un italiano su due non crede più al sistema dei partiti. E non è finita.
Ora Bersani, cui formalmente tocca il tentativo di formare un nuovo governo, colto dal panico, dopo avergli dato dell'«indegno», di «uno che porta la gente fuori dalla democrazia» e appioppato altre consimili gentilezze, corteggia Grillo e gli propone 'un'appoggio esterno' al suo futuribile Esecutivo, la presidenza della Camera, un posto di ministro. Ma se conosco l'uomo e i suoi progetti, e un po' gli conosco, non è con questi mezzucci che lo si prende. Non credo nemmeno che Grillo, nonostante si sia espresso in senso contrario, accetterà di votare singoli provvedimenti che rientrano nel suo programma (dimezzamento dei parlamentari, decurtazione dei loro stipendi, abolizione dei vitalizi, eccetera) su cui i partiti, fino a ieri inerti, hanno promesso, solo per paura, di impegnarsi. Perchè non gli conviene. Non gli conviene insozzarsi in alcun modo, in nome di una sbandierata stabilità, con una classe dirigente che ha dichiarato di voler spazzar via, tutta. Gli conviene attendere. Quello del 26 febbraio non è che il primo colpo. L'unica possibilità di formare un governo è una 'Grosse Koalizion' fra Pd e Pdl. Ma in questo caso i due ex maggiori partiti, dopo gli insulti che si sono lanciati in campagna elettorale, perderebbero ulteriormente la faccia, e per le sue insanabili contraddizioni interne un governo del genere cadrebbe nel giro di pochi mesi. Oppure si va ad elezioni subito, naturalmente dopo aver cambiato, in questa occasione si' anche con il voto dei grillini, la legge elettorale. In un caso o nell'altro 5Stelle non conquisterebbe il 25,6 dei consensi, ma il 40 o il 50. E l'avremmo fatta finita, una volta per tutte, con una classe dirigente degenerata.
Dice: è un salto nel buio. Grillo e Casaleggio (anch'egli ora rivalutato nella corsa a compiacere i nuovi vincitori) non vogliono semplicemente abbattere una classe dirigente, intendono rivedere da cima a fondo un modello di sviluppo, quello occidentale, che ci sta portando al tracollo economico dopo aver realizzato quello sociale, etico, umano. Per chi non l'avesse ancora capito Grillo e Casaleggio sono dei tradizionalisti che utilizzano abilmente mezzi modernissimi, il web, contro la Modernità. E' una partita difficilissima e dagli esiti incerti che impegnerà le generazioni a venire. Ma almeno il 26 febbraio è stato dato, in Italia, paese storicamente laboratorio, il calcio d'inizio.
di Massimo Fini