02 aprile 2013

I dieci saggi tra golpe Bilderberg e rivoluzione democratica






Che quello di Napolitano sia un mezzo golpe, un bis di quello che rovesciò Berlusconi nel novembre 2011, è credibile, anzi evidente: al di là del pasticcio del mezzo incarico a Bersani, l’affidare a 10 cosiddetti saggi la soluzione dello stallo parlamentare è una forzatura che punta ad ingabbiare la crisi entro i binari ristretti delle persone scelte per l’operazione:  5 o 6 esponenti targabili centrosinistra, e/o magistratura cosiddetta progressista, poteri bancari, establishment ufficiale. Nessun 5stelle, un solo Leghista e un piddiellino di nome Quagliarello, quello che pretende “più Europa” e non “più Italia” per uscire dalla crisi. Non c’è neanche, a mo’ di pendant più meno fittizio del piattino di re Giorgio, un sindacalista, un esponente dell’associazionismo dei consumatori, una qualche voce alternativa capace di parlare alla pancia del “Popolo sovrano”. Saggi a cui verrebbe affidata la designazione del nuovo ‘incaricato’, a loro immagine e somiglianza, finalizzata a una riedizione del governo Monti, con o senza Monti, facendo leva su quella sinistra e destra finanziarie che albergano sia nel PD che nel PDL. Ma …
Ma il golpe potrebbe trasformarsi anche nel suo contrario: in assenza di governo – come ha notato giustamente Grillo – si torna alla centralità del Parlamento, arena possibile per cominciare veramente ad affrontare i problemi dell’Italia giocando a carte scoperte.  Fuori i veri programmi ora, senza l’alibi della necessità di nuove elezioni per tornare a promettere l’abolizione dell’IMU che giusto ieri o l’altro ieri, in un talk show Gasparri ha svelato essere stata una falsa promessa elettorale.
A occhio e croce verranno fuori tre cose: primo, nel centrodestra e centrosinistra tradizionali, costretti a confrontarsi in aula su progetti concreti emergerà con più forza e più apertamente l’ala ‘finanziaria’ e ‘eurodogmatica’: una trasversalità meno compressa dai rispettivi vertici, più ‘libera’ di trescare assieme.
Secondo, verrà fuori la confusione dei e nei partiti: per esempio nel Pdl. E’ convincente l’editoriale de Il Giornale di Pasqua (la tesi del golpe, appunto), ma Sallusti a un certo punto scrive che Renzi è “avversario ben più ostico per il centrodestra”. Vero? Ma come mai allora è stata nominata  coordinatrice dell’organizzazione – in probabile concorrenza-alternativa sia ad Alfano sia al ‘congelato’ Sandro Bondi - proprio la Santanché, che durante le primarie PD tifava Renzi, in nome di un tragicomico ‘anticomunismo’ che aveva per obbiettivo il pericolosissimo bolscevico Bersani?  Che Sallusti menta o sbagli, bisogna vedere a ‘quale’ centrodestra si rivolge la sua battuta: quello dello “spirito del 94” quello opposto modello Abruzzo del banchiere Tancredi, il cui rinvio a giudizio per corruzione guarda caso non è citato nella inchiesta ‘regione per regione’ de l’Espresso  in edicola, o quello ‘elettorale’ di Berlusconi, lotta dura senza paura.
Infine è probabile un’ulteriore ascesa di Beppe Grillo. 5 stelle presenterà le proposte più radicali per uscire dalla crisi e su queste dovranno  confrontarsi gli altri partiti. Quanto poi durerà questo confronto in aula senza la formazione di un governo ‘vero’, che non sia quello Monti,  è da vedersi: è chiaro che re Giorgio  vede solo come un incidente di percorso la linea Grillo di dar la parola ai rappresentanti del popolo italiano. Forse aspetta solo che venga eletto il nuovo Presidente: i 10 saggi sono stati scelti probabilmente anche e soprattutto con questo obbiettivo, e c’è solo da sperare che i loro ‘consigli’ – Napolitano bis? D’Amato, il privatizzatore dell’industria di Stato nel 1992? Monti? O chi altro? – non trovino mai la maggioranza. Per l’Italia comincerebbero altri 7 anni di incubi, magari con una nuova guerra ‘legittima’ a cui partecipare. Come quella di Libia, che il Presidente sponsorizzo’ dall’inizio alla fine, la fine della guerra e la fine di Gheddafi, legittimamente linciato dai ‘liberatori’ della Jamahirya.

di Claudio Moffa 

01 aprile 2013

Anche Slovenia e Bulgaria sono vittime della strategia dell'UE della "terra bruciata"



  La lealtà nei confronti della folle politica dell'Unione Europea ha fatto cadere altri due governi. Il 20 febbraio si è dimesso il governo bulgaro del Premier Boiko Borisov a seguito di tre settimane di proteste di massa contro la sua politica di austerità, mentre una settimana dopo il Parlamento sloveno ha costretto alle dimissioni il primo ministro conservatore Janez Jansa accusato di corruzione.
Dilaga lo scontento in Slovenia, la cui appartenenza all'Eurozona è stata premiata con una crisi bancaria, una disoccupazione del 12% ed un'economia che cade nella recessione più rapidamente dell'Eurozona. Girano voci che il paese sarà presto costretto a chiedere aiuti per poter pagare 2 miliardi di Euro di debiti nei prossimi mesi. Alenka Bratusek, leader del Partito Socialista che è stata incaricata di formare un nuovo governo, ha dichiarato di essere contraria all'austerità e che "non ci sarà uno scenario greco in Slovenia". Se il suo tentativo fallirà si andrà ad elezioni anticipate.
In Bulgaria, il paese più povero dell'UE, il salario medio è di 250 Euro e la pensione media è di 130 Euro, il che fa proclamare ai funzionari UE che il paese ora è "competitivo". Le manifestazioni di piazza sono state scatenate dagli aumenti delle bollette della luce, ed hanno condotto alle dimissioni del Premier Borisov, con le nuove elezioni previste per il 12 maggio.
Borisov e il suo partito di destra GERB attuavano fanaticamente la politica di austerità dell'UE, così come la sua politica anti-nucleare ed anti-russa, al punto che Borisov ha annunciato l'interesse della Bulgaria nello stazionamento del sistema antimissile USA in Europa prima ancora che glielo chiedessero.
Prima di entrare a far parte dell'UE, la Bulgaria esportava il 14% della propria elettricità in Macedonia, Serbia e Grecia, ma come requisito per entrare a far parte dell'Unione è stata costretta a chiudere i blocchi 3 e 4 della centrale nucleare di Kozlouduy, che produceva la metà dell'energia elettrica. Per compensare la perdita di energia, si avviarono i lavori per una nuova centrale nucleare a Belene, con reattori russi di terza generazione. Il progetto di Belene era stato approvato sia dall'Agenzia Atomica Internazionale che dall'UE, e la tecnologia era considerata tra le più sicure al mondo. Ma poi, nel marzo 2012, il partito GERB, nel mezzo di una campagna di Greenpeace, Friends of the Earth ed altre ONG ha chiuso il progetto, benché la maggioranza della popolazione avesse votato a suo favore in gennaio in un referendum non vincolante organizzato dal Partito Socialista. Il reattore 1 sarà completato e trasferito a Kozlouduy.
L'ex ministro socialista dell'Economia e dell'Energia Petar Dimitrov ha ammonite che la cancellazione del progetto della centrale di Belene provocherà un aumento dei prezzi ad un livello "intollerabile" e costringerà la Bulgaria a diventare importatrice netta di energia. Inoltre l'UE ha imposto che il 16% dell'energia del paese provenga da fonti rinnovabili molto costose. E sia l'UE che l'amministrazione Obama pretendono che il paese riduca i propri rapporti con la russa Gazprom.

by (MoviSol)

31 marzo 2013

La presidente argentina esorta i leader europei a opporsi ai “predatori finanziari”



 Aprendo la nuova legislatura del Congresso Nazionale il 1 marzo, la Presidente dell’Argentina Cristina Fernandez de Kirchner ha puntato il dito contro i leader mondiali che si piegano ai fondi speculativi e che cercano di distruggere le nazioni, invece di difendere il benessere delle loro popolazioni.
Cristina Fernandez ha parlato del default argentino nel 2001-2002 e della conseguente ristrutturazione del debito sovrano, che ha costretto i detentori di titoli di stato (in larga parte stranieri) ad accettare una riduzione del valore nominale, gonfiato, di tali titoli, indicando il disastro in Europa. "E’ probabile che molti altri paesi, prima o poi, pur negando il disastro, ristrutturando e attuando salvataggi bancari, saranno costretti a ristrutturare il proprio debito riducendo i pagamenti ed i tempi di rimborso. Altrimenti come potranno pagare paesi come Grecia, Spagna e ora l’Italia, che a quanto scopriamo ha il dramma di non avere un governo?"
In questo contesto, ha aggiunto, le battaglie giudiziarie dell’Argentina contro gli speculatori e i loro fondi pirata, che continuano ad esigere il pieno pagamento, più gli interessi, sui titoli che detengono, sono emblematici, non solo in termini economici e finanziari, ma anche come un test politico. "La questione è se i principali leader mondiali, i membri del G-20, i capi degli istituti di credito ed i governi di varie nazioni del mondo lasceranno che una manciata di predatori finanziari – che si contano sulle dita di una mano – mandino in rovina il mondo intero, creino milioni di disoccupati, persone disperate che si suicidano, che hanno perso il lavoro, non possono andare a scuola, hanno perso la casa, o se daranno invece la priorità alla loro società, alla loro nazione, alla loro storia ed al loro patrimonio. Questo è in ballo oggi" ha dichiarato la Fernandez.
Riferendosi al calo della produzione industriale in Europa, e in particolare in Italia, ha considerato che "viviamo in un mondo strano, dove i leader che hanno più responsabilità, perché nei loro paesi si è generata la crisi, non hanno una percezione di ciò che sta avvenendo". E si è chiesta: "Come è possibile che si voglia sacrificare intere nazioni a dei piccoli gruppi" che esattamente come i fondi pirata che predano in Argentina "cercano di imporre le proprie condizioni al mondo intero?"
La Presidente argentina sottolinea che lo sviluppo scientifico e tecnologico è alla base del suo governo così come lo era di quello del suo scomparso marito, Nestor Kirchner, dichiarando che è sua ferma intenzione ricostruire l’infrastruttura scientifica che è stata decimata dalla giunta militare e dal regime del FMI dagli anni Settanta agli anni Novanta, costringendo decine di migliaia di scienziati e studenti universitari a lasciare il paese. Questo sarà al centro dell’attenzione anche in futuro, ha notato, giacché il paese dipende da ciò.
Quello che infuria il FMI, ha aggiunto, è che "fondamentalmente abbiamo avuto successo senza seguire la sua politica. Anzi, siamo andati contro tutte le cose che ci hanno detto di fare, e andiamo benissimo. Ecco perché vogliono punirci, non ci perdonano questo successo".

by  (MoviSol) 

02 aprile 2013

I dieci saggi tra golpe Bilderberg e rivoluzione democratica






Che quello di Napolitano sia un mezzo golpe, un bis di quello che rovesciò Berlusconi nel novembre 2011, è credibile, anzi evidente: al di là del pasticcio del mezzo incarico a Bersani, l’affidare a 10 cosiddetti saggi la soluzione dello stallo parlamentare è una forzatura che punta ad ingabbiare la crisi entro i binari ristretti delle persone scelte per l’operazione:  5 o 6 esponenti targabili centrosinistra, e/o magistratura cosiddetta progressista, poteri bancari, establishment ufficiale. Nessun 5stelle, un solo Leghista e un piddiellino di nome Quagliarello, quello che pretende “più Europa” e non “più Italia” per uscire dalla crisi. Non c’è neanche, a mo’ di pendant più meno fittizio del piattino di re Giorgio, un sindacalista, un esponente dell’associazionismo dei consumatori, una qualche voce alternativa capace di parlare alla pancia del “Popolo sovrano”. Saggi a cui verrebbe affidata la designazione del nuovo ‘incaricato’, a loro immagine e somiglianza, finalizzata a una riedizione del governo Monti, con o senza Monti, facendo leva su quella sinistra e destra finanziarie che albergano sia nel PD che nel PDL. Ma …
Ma il golpe potrebbe trasformarsi anche nel suo contrario: in assenza di governo – come ha notato giustamente Grillo – si torna alla centralità del Parlamento, arena possibile per cominciare veramente ad affrontare i problemi dell’Italia giocando a carte scoperte.  Fuori i veri programmi ora, senza l’alibi della necessità di nuove elezioni per tornare a promettere l’abolizione dell’IMU che giusto ieri o l’altro ieri, in un talk show Gasparri ha svelato essere stata una falsa promessa elettorale.
A occhio e croce verranno fuori tre cose: primo, nel centrodestra e centrosinistra tradizionali, costretti a confrontarsi in aula su progetti concreti emergerà con più forza e più apertamente l’ala ‘finanziaria’ e ‘eurodogmatica’: una trasversalità meno compressa dai rispettivi vertici, più ‘libera’ di trescare assieme.
Secondo, verrà fuori la confusione dei e nei partiti: per esempio nel Pdl. E’ convincente l’editoriale de Il Giornale di Pasqua (la tesi del golpe, appunto), ma Sallusti a un certo punto scrive che Renzi è “avversario ben più ostico per il centrodestra”. Vero? Ma come mai allora è stata nominata  coordinatrice dell’organizzazione – in probabile concorrenza-alternativa sia ad Alfano sia al ‘congelato’ Sandro Bondi - proprio la Santanché, che durante le primarie PD tifava Renzi, in nome di un tragicomico ‘anticomunismo’ che aveva per obbiettivo il pericolosissimo bolscevico Bersani?  Che Sallusti menta o sbagli, bisogna vedere a ‘quale’ centrodestra si rivolge la sua battuta: quello dello “spirito del 94” quello opposto modello Abruzzo del banchiere Tancredi, il cui rinvio a giudizio per corruzione guarda caso non è citato nella inchiesta ‘regione per regione’ de l’Espresso  in edicola, o quello ‘elettorale’ di Berlusconi, lotta dura senza paura.
Infine è probabile un’ulteriore ascesa di Beppe Grillo. 5 stelle presenterà le proposte più radicali per uscire dalla crisi e su queste dovranno  confrontarsi gli altri partiti. Quanto poi durerà questo confronto in aula senza la formazione di un governo ‘vero’, che non sia quello Monti,  è da vedersi: è chiaro che re Giorgio  vede solo come un incidente di percorso la linea Grillo di dar la parola ai rappresentanti del popolo italiano. Forse aspetta solo che venga eletto il nuovo Presidente: i 10 saggi sono stati scelti probabilmente anche e soprattutto con questo obbiettivo, e c’è solo da sperare che i loro ‘consigli’ – Napolitano bis? D’Amato, il privatizzatore dell’industria di Stato nel 1992? Monti? O chi altro? – non trovino mai la maggioranza. Per l’Italia comincerebbero altri 7 anni di incubi, magari con una nuova guerra ‘legittima’ a cui partecipare. Come quella di Libia, che il Presidente sponsorizzo’ dall’inizio alla fine, la fine della guerra e la fine di Gheddafi, legittimamente linciato dai ‘liberatori’ della Jamahirya.

di Claudio Moffa 

01 aprile 2013

Anche Slovenia e Bulgaria sono vittime della strategia dell'UE della "terra bruciata"



  La lealtà nei confronti della folle politica dell'Unione Europea ha fatto cadere altri due governi. Il 20 febbraio si è dimesso il governo bulgaro del Premier Boiko Borisov a seguito di tre settimane di proteste di massa contro la sua politica di austerità, mentre una settimana dopo il Parlamento sloveno ha costretto alle dimissioni il primo ministro conservatore Janez Jansa accusato di corruzione.
Dilaga lo scontento in Slovenia, la cui appartenenza all'Eurozona è stata premiata con una crisi bancaria, una disoccupazione del 12% ed un'economia che cade nella recessione più rapidamente dell'Eurozona. Girano voci che il paese sarà presto costretto a chiedere aiuti per poter pagare 2 miliardi di Euro di debiti nei prossimi mesi. Alenka Bratusek, leader del Partito Socialista che è stata incaricata di formare un nuovo governo, ha dichiarato di essere contraria all'austerità e che "non ci sarà uno scenario greco in Slovenia". Se il suo tentativo fallirà si andrà ad elezioni anticipate.
In Bulgaria, il paese più povero dell'UE, il salario medio è di 250 Euro e la pensione media è di 130 Euro, il che fa proclamare ai funzionari UE che il paese ora è "competitivo". Le manifestazioni di piazza sono state scatenate dagli aumenti delle bollette della luce, ed hanno condotto alle dimissioni del Premier Borisov, con le nuove elezioni previste per il 12 maggio.
Borisov e il suo partito di destra GERB attuavano fanaticamente la politica di austerità dell'UE, così come la sua politica anti-nucleare ed anti-russa, al punto che Borisov ha annunciato l'interesse della Bulgaria nello stazionamento del sistema antimissile USA in Europa prima ancora che glielo chiedessero.
Prima di entrare a far parte dell'UE, la Bulgaria esportava il 14% della propria elettricità in Macedonia, Serbia e Grecia, ma come requisito per entrare a far parte dell'Unione è stata costretta a chiudere i blocchi 3 e 4 della centrale nucleare di Kozlouduy, che produceva la metà dell'energia elettrica. Per compensare la perdita di energia, si avviarono i lavori per una nuova centrale nucleare a Belene, con reattori russi di terza generazione. Il progetto di Belene era stato approvato sia dall'Agenzia Atomica Internazionale che dall'UE, e la tecnologia era considerata tra le più sicure al mondo. Ma poi, nel marzo 2012, il partito GERB, nel mezzo di una campagna di Greenpeace, Friends of the Earth ed altre ONG ha chiuso il progetto, benché la maggioranza della popolazione avesse votato a suo favore in gennaio in un referendum non vincolante organizzato dal Partito Socialista. Il reattore 1 sarà completato e trasferito a Kozlouduy.
L'ex ministro socialista dell'Economia e dell'Energia Petar Dimitrov ha ammonite che la cancellazione del progetto della centrale di Belene provocherà un aumento dei prezzi ad un livello "intollerabile" e costringerà la Bulgaria a diventare importatrice netta di energia. Inoltre l'UE ha imposto che il 16% dell'energia del paese provenga da fonti rinnovabili molto costose. E sia l'UE che l'amministrazione Obama pretendono che il paese riduca i propri rapporti con la russa Gazprom.

by (MoviSol)

31 marzo 2013

La presidente argentina esorta i leader europei a opporsi ai “predatori finanziari”



 Aprendo la nuova legislatura del Congresso Nazionale il 1 marzo, la Presidente dell’Argentina Cristina Fernandez de Kirchner ha puntato il dito contro i leader mondiali che si piegano ai fondi speculativi e che cercano di distruggere le nazioni, invece di difendere il benessere delle loro popolazioni.
Cristina Fernandez ha parlato del default argentino nel 2001-2002 e della conseguente ristrutturazione del debito sovrano, che ha costretto i detentori di titoli di stato (in larga parte stranieri) ad accettare una riduzione del valore nominale, gonfiato, di tali titoli, indicando il disastro in Europa. "E’ probabile che molti altri paesi, prima o poi, pur negando il disastro, ristrutturando e attuando salvataggi bancari, saranno costretti a ristrutturare il proprio debito riducendo i pagamenti ed i tempi di rimborso. Altrimenti come potranno pagare paesi come Grecia, Spagna e ora l’Italia, che a quanto scopriamo ha il dramma di non avere un governo?"
In questo contesto, ha aggiunto, le battaglie giudiziarie dell’Argentina contro gli speculatori e i loro fondi pirata, che continuano ad esigere il pieno pagamento, più gli interessi, sui titoli che detengono, sono emblematici, non solo in termini economici e finanziari, ma anche come un test politico. "La questione è se i principali leader mondiali, i membri del G-20, i capi degli istituti di credito ed i governi di varie nazioni del mondo lasceranno che una manciata di predatori finanziari – che si contano sulle dita di una mano – mandino in rovina il mondo intero, creino milioni di disoccupati, persone disperate che si suicidano, che hanno perso il lavoro, non possono andare a scuola, hanno perso la casa, o se daranno invece la priorità alla loro società, alla loro nazione, alla loro storia ed al loro patrimonio. Questo è in ballo oggi" ha dichiarato la Fernandez.
Riferendosi al calo della produzione industriale in Europa, e in particolare in Italia, ha considerato che "viviamo in un mondo strano, dove i leader che hanno più responsabilità, perché nei loro paesi si è generata la crisi, non hanno una percezione di ciò che sta avvenendo". E si è chiesta: "Come è possibile che si voglia sacrificare intere nazioni a dei piccoli gruppi" che esattamente come i fondi pirata che predano in Argentina "cercano di imporre le proprie condizioni al mondo intero?"
La Presidente argentina sottolinea che lo sviluppo scientifico e tecnologico è alla base del suo governo così come lo era di quello del suo scomparso marito, Nestor Kirchner, dichiarando che è sua ferma intenzione ricostruire l’infrastruttura scientifica che è stata decimata dalla giunta militare e dal regime del FMI dagli anni Settanta agli anni Novanta, costringendo decine di migliaia di scienziati e studenti universitari a lasciare il paese. Questo sarà al centro dell’attenzione anche in futuro, ha notato, giacché il paese dipende da ciò.
Quello che infuria il FMI, ha aggiunto, è che "fondamentalmente abbiamo avuto successo senza seguire la sua politica. Anzi, siamo andati contro tutte le cose che ci hanno detto di fare, e andiamo benissimo. Ecco perché vogliono punirci, non ci perdonano questo successo".

by  (MoviSol)